Giovedì 7 Febbraio 2002
Denuncia di docenti ed esperti alla
vigilia della riforma Moratti. I possibili rimedi
I nostri
insegnanti bocciati in informatica
Nelle
scuole medie e superiori solo pochi sanno usare il computer e Internet
E’ un coro unanime e preoccupato: solo
pochi insegnanti italiani usano Internet e il computer a scuola, la
stragrande maggioranza li esclude dalla didattica ed è delusa da
promesse, a volte esagerate, di una rivoluzione pedagogica nel nome
dell’hi-tech. E tutto questo malcontento si manifesta alla vigilia di
una riforma della scuola, proposta dal ministro Moratti, che prevede
l’insegnamento dell’informatica anche nelle scuole elementari. Colpa
degli insegnanti troppo pigri? No, sostengono gli esperti.
TECNOLOGIE CARENTI - «I docenti italiani non hanno preclusioni nei
confronti delle nuove tecnologie didattiche - sottolinea Francesco Pira,
docente all’Università di Trieste - e, addirittura, ci sono gruppi
all’avanguardia in Europa. Semmai maestri e prof non hanno avuto un
quadro di riferimento e spesso sono stati abbandonati a se stessi. O,
peggio, hanno dovuto sopportare la dittatura di tecnocrati o venditori
che, mascherati da educatori, hanno cercato di vendere computer e software
infischiandosi della didattica».
Così, accanto al quadro desolante di un’Italia carente di tecnologia
(secondo uno studio di Between-Re Mida pubblicato dal Corriere mancano
almeno 190 mila computer) ecco arrivare l’immagine, con tante ombre e
poche luci, di un Paese nel quale la formazione degli insegnanti è
carente e fumosa.
«Ciò che mi fa più paura realmente non è la carenza di computer ma il
disagio fortissimo degli insegnanti - spiega Pier Cesare Rivoltella,
docente di Metodi e tecniche delle interazioni educative all’università
Cattolica di Milano -. Hanno bisogno di formazione, si sentono indietro
rispetto ai colleghi di altri paesi Europei. Attenzione, se non colmiamo
questo gap culturale rischiamo realmente di uscire dall’Europa delle
tecnologie didattiche».
Secondo Rivoltella gli errori sono stati molti gravi. «Si è creduto di
ovviare ai problemi con corsi standard di alfabetizzazione informatica ed
è mancato un piano serio che guardasse al futuro. Cosa si dovrebbe fare?
Intanto costituire un gruppo di studio, una commissione di tecnici ed
educatori e non di burocrati, capaci di capire le esigenze degli
insegnanti e proporre insieme a loro un modo nuovo di fare didattica. Poi
dovrebbero essere studiati modelli flessibili da applicare alle singole
scuole, come hanno fatto in Inghilterra con ottimi frutti. Infine si
dovrebbe partire con la formazione vera e propria. Una parte dedicata alla
preparazione tecnologica dei docenti, un’altra alle applicazioni
curriculari. Non è possibile che ci siano insegnanti che ancora si
chiedono a cosa servono il computer e Internet per fare lezione».
Le critiche di Rivoltella non sono isolate. Anche Antonio Calvani, docente
di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento all’Università
di Firenze e tra i massimi esperti in Italia, ammette l’arretratezza
italiana. «La preparazione informatica media degli insegnanti italiani è
al di sotto della media europea - spiega Calvani -. E tutto questo
nonostante l’Italia abbia recuperato una parte del gap negli ultimi
dieci anni, grazie anche alle intuizioni di Lombardi e Berlinguer. Abbiamo
gravi difficoltà nelle strutture, c’è una grossa carenza di servizi di
supporto e gli insegnanti si trovano spesso da soli alle prese con
problemi tecnici. La formazione tecnologica ha spesso carattere episodico,
senza precisi quadri di riferimento. In Francia, per esempio, si pianifica
in tempi più lunghi e sono stati creati servizi di supporto tecnico a
livello territoriale in grado di intervenire quando una scuola ha problemi».
E loro, gli insegnanti delle scuola dell’obbligo e delle superiori cosa
dicono? «Io sono molto preoccupato - dice Marco Guastavigna, professore
di Lettere all’Istituto Beccari di Torino -. Invece di avviare una
riflessione sugli ambiti disciplinari dove il computer e Internet possono
essere importanti per la didattica, si pensa alla patente europea di
informatica, ovvero a test tecnici per far conoscere un po’ il computer.
Insomma, è come se si insegnasse a qualcuno a guidare un’auto senza
spiegargli a che cosa serve».
SOFTWARE
INNOVATIVO - Luciano Ardiccioni, professore di Filosofia alle superiori e
autore di Eugenio, un software innovativo per fare didattica con il
computer, è convinto vi sia una carenza di contenuti ma non è
pessimista. «All’introduzione delle macchine nelle scuole non ha
corrisposto una disponibilità di materiale didattico informatico
adeguato. Esiste comunque la possibilità di rimediare. Innanzitutto vanno
valorizzati i contenuti: occorre mostrare, cioè, che l’informatica e la
rete Internet offrono una quantità di materiale didattico
"tradizionale" (a partire dai testi dei classici) infinitamente
superiore a quella fornita da qualsiasi altro strumento didattico e che
l’informatica offre strumenti "tradizionali" di lavoro, di
interpretazione e di analisi molto efficaci, ai quali possono essere
aggiunti nuovi metodi didattici».
Marco
Gasperetti
convinto vi sia una carenza di contenuti ma non è
pessimista. «All’introduzione delle macchine nelle scuole non ha
corrisposto una disponibilità di materiale didattico informatico
adeguato. Esiste comunque la possibilità di rimediare. Innanzitutto vanno
valorizzati i contenuti: occorre mostrare, cioè, che l’informatica e la
rete Internet offrono una quantità di materiale didattico
"tradizionale" (a partire dai testi dei classici) infinitamente
superiore a quella fornita da qualsiasi altro strumento didattico e che
l’informatica offre strumenti "tradizionali" di lavoro, di
interpretazione e di analisi molto efficaci, ai quali possono essere
aggiunti nuovi metodi didattici».
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