La violenza psichica nella violenza fisica.

Di Carla Corradi

E-mail: lallacorradi@libero.it

 

Acquerello di C.Corradi

 

 

Ci sono parole, comportamenti che nessuna legge punisce e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in modo grave e spesso irreversibile.
La provocazione continua, l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica.

Come si può definire la violenza psichica? È quella strategia che mira a uccidere, distruggere, annientare, portare al suicidio una persona, senza sporcarsi le mani con spargimento di sangue. La caratteristica fondamentale di questi comportamenti è la crudeltà esercitata dall'aggressore, il quale ben sa che lesioni fisiche o violenze sessuali potrebbero essere punibili come reato.

Le strategie che mette in atto chi decide di annientare un essere umano sono molto subdole e mirano prima di tutto ad anestetizzare la vittima designata in modo che non possa reagire. Spesso, specie nell'ambito familiare, con essa si è prima instaurato un legame affettivo, per cui è già difficile individuare il limite sottile che separa un rapporto funzionante ancora da quello decisamente patologico. L'aggressore manda spesso messaggi contrastanti nel senso che dice una cosa e ne pensa un'altra (doppio legame), mettendo in questo modo l'oggetto delle sue manovre in uno stato di confusione e nell'incapacità a capire cosa sta succedendo. Né la vittima ha la possibilità di chiarire, perché l'interruzione della comunicazione bilaterale è un'altra delle manovre che l'aggressore instaura. Subentra così il senso di colpa di chi inizia a subire e con esso un tentativo di perfezionismo per cercare di spostare o annullare il bersaglio. Se tenta una reazione, dopo un periodo lungo di esasperazione, allora viene accusata di essere cattiva o malata.

Ho esercitato la psicoterapia per quasi trent'anni e molte volte mi sono trovata verificare quanto peso abbiano dovuto nei miei clienti i comportamenti sopra elencati, quanto siano stati causa del mare dell'anima e quanto abbiano intaccato la gioia di vivere e di crescere.
Ho visto donne a cui fisicamente non era stato torto un capello, ma che erano state sistematicamente distrutte nella loro identità e nel loro ruolo di donne e di madri.
Ho aiutato donne che da bambine erano state violentate da padri, fratelli, parenti e amici e che hanno sempre taciuto, perché la colpa era stata fatta cadere su di loro, o il silenzio era stato estorto con la minaccia di alta violenza. Ho pure molto frequentemente curato il mal d'amore, come si dice, ma condito da menzogne, inganni, infedeltà, che sono aggravanti di una situazione già di per sé dolorosa. E, anche se conosco le motivazioni psichiche dell'aggressore, sono qui per denunciare nel sociale le cause che necessitano di un intervento più esteso.

Spesso si strumentalizza proprio l'amore per prevaricare: l'amore materno che costringe a subire per proteggere i figli, l'amore del partner che non reagisce per non distruggere il rapporto, l'amore che tutto perdona e al quale tutto è richiesto, ma purtroppo anche l'amore del bambino per il genitore del quale bisogno.

Né è esente da violenza psicologica il luogo di lavoro, dove pressoché gli stessi meccanismi operano al fine di annientare un essere umano, che spesso non è una persona qualunque e pertanto costituisce una minaccia per l'aggressore o gli aggressori. Per questo fenomeno è stato coniato il termine Mobbing. 1)
Nell'esercito c'è il nonnismo, che altro non è che imporre al subalterno la volontà del superiore con minacce molto forti alla sua integrità fisica o psichica, nelle sette il plagio e la coercizione, nella scuola il bullismo e per ultimo non meno importante lo Stolking.

Ma non sfuggono alla violenza psicologica nemmeno gli animali, che sottoponiamo a modi di vita densi di sofferenza, che sfruttiamo e poi abbandoniamo, come se non possedessero la loro dignità di esseri viventi, o non provassero sentimenti ed emozioni. 2) 3) e 4).

La violenza psicologica è  causa di stati depressivi e anche di suicidi, perché la vittima è incapace di reagire, in quanto logorata, ma  c'è soprattutto la vergogna di ammettere di essere trattati male, la paura a chiedere aiuto, per non subire un'altra violenza.
Ma la cosa che mi sembra più grave è che ci siamo assuefatti, come se fossero comportamenti normali. Ritengo inoltre che anche nella violenza fisica ci sia una violenza psichica: nelle percosse, nelle lesioni, nello stupro e perfino nella tortura quello che fa veramente male è il significato psichico dell'azione, cioè l'avvertire di essere un oggetto nelle mani dell'aggressore teso a distruggerci l'anima.
Dove si esercita una violenza psicologica, sia l'ambiente familiare, sia il lavoro, sia l'esercito, le prigioni, la scuola, sempre il comune denominatore è la mancanza di una norma etica che porti a superare il mero egoismo, in favore di una responsabilità delle proprie azioni, e la mancanza del rispetto della persona umana e del suo diritto alla vita. Ma c'è pure l'ignoranza delle conseguenze che determinati traumi subiti provocano, specie se i comportamenti lesivi sono attuati più per un bisogno di sopraffazione che per una reale crudeltà mentale. Perché diverse sono le motivazioni che portano l'aggressore a distruggere: violenze subite nell'infanzia e non elaborate psichicamente trovano terreno fertile a che una persona da adulta cerchi di infliggere quello che ha subito per difendere la sua precaria identità.
In queste persone già disturbate nel loro passato operano meccanismi inconsci che fanno in modo che l'autore sia incapace di sentirsi in colpa, di riconoscere la sua incapacità di soffrire o meglio di provare sentimenti positivi. Esse temono inoltre un coinvolgimento profondo e reale con un altro essere umano e pertanto lo designano come detentore di tutto il male che è in loro, lo colpevolizzano, lo distruggono per mantenere un equilibrio che ha bisogno di nutrirsi della vita di altre persone.
L'aggressore però non è sempre un perverso mentale e pertanto un malato, come afferma l'autrice francese Hirigoyen 5), altrimenti dovrebbe essere solo curato e non punito. Spesso è una persona definita normale, ma solo cattiva e intelligente.


Se trasporto questa problematica nel sociale e la denuncio con la poca forza che ho è perché le cause non sono da ricercarsi solo dentro la persona, ma per questo genere di delitti sono anche nella società, nella cultura dominante, nella violenza propinata da tutte le fonti,  e per di più in quella subdola che ci arriva già nei cartoni animati, per proseguire nei film, nella pubblicità e perché no? anche in internet. L'inconscio non è più solo dentro di noi, ma è soprattutto fuori di noi, in quello che non conosciamo, e perciò non possiamo combattere. 6)

Ci sono spesso le avvisaglie o i sintomi  che possono portare ad atti così estremi da parte dell'uomo violento e questi vanno cercati in gran parte nella psiche di ognuno, nelle sue modalità di risposta a una frustrazione che può essere la gelosia, la paura dell’abbandono e con esso  la caduta drammatica delle aspettative di un progetto di vita che è stato disatteso e per il quale non si riesce a trovare adattamenti, accettazione, capacità di ricominciare. Questo, a mio parere è da far risalire alla mancata educazione a reagire al ”No”. Il No è il limite posto alla soddisfazione immediata dell'impulso e comporta il rispetto della libertà altrui, della sua vita, dei suoi sentimenti. C’è una mancanza a frenare la forza distruttiva che passerebbe dal desiderio all’atto, una carenza di riflessione sugli effetti delle proprie azioni e sulla responsabilità delle stesse, un egocentrismo di tipo infantile spinto dall’istinto del piacere (tutto e subito) e non dal senso di realtà, che va appreso con l’educazione. 7)
Ci sono ovviamente cause culturali: dare per scontato la superiorità dell’uomo sulla donna e il considerare quest’ultima più un oggetto da possedere che un individuo da rispettare. Perfino nei tribunali si effettua una forma di violenza legale, quando si mette in pratica una persecuzione con mezzi corretti e non, da parte di mariti avvocati, che usano la giurisprudenza, non la giustizia, per raggiungere scopi di sopraffazione verso una vittima che non può o non sa difendersi. Suggerirei di dare la possibilità della difesa d'ufficio a tutte le donne vittime di abuso, perché la difesa d'ufficio non viene concessa a chi ha un introito di poco superiore a quello stabilito e le donne vittime spesso non hanno capacità economiche, essendo queste state tolte come un'altra forma di violenza.

 L'articolo 32 della costituzione italiana dice: " la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti... " proprio perché il legislatore non specifica se si tratta di salute fisica o psichica, si sarebbe autorizzati a interpretare la legge come la scienza psicologica e psichiatrica ormai confermano, ma non è così, perché sia l'interpretazione della legge, sia la consuetudine ci portano a pensare che il male, quello quantificabile e punibile, possa essere solo fisico o economico.
Invece anche il male psichico ha un costo: psicofarmaci, psicoterapia, ricoveri, assenza dal lavoro, morte, per non parlare del rapporto distorto e carente che la vittima instaura con figli e parenti, vittime a loro volta e forse futuri carnefici.

Da poco si è cognato un nuovo termine per definire la violenza contro le donne "femminicidio" che invade ogni giorno la cronaca dei giornali e per il quale è stata approvato il decreto legge in data 11 Ottobre 2013.

Bisogna informare, educare, parlare, battersi, creare opinioni, comunicare, aiutare chi non può difendersi da solo, sensibilizzare l'opinione pubblica e fare in modo che le istituzioni, in particolare i gruppi formatisi a sostegno dei più deboli si pongano come obiettivo la salvaguardia dell'inviolabilità e del rispetto della personalità. La stessa legge sul femminicidio 8) dovrebbe essere il più possibile anche preventiva e protettiva delle vittime e che permetta loro un recupero della loro integrità e un loro inserimento sociale con cure adeguate gratuite o a carico dell'aggressore.

A mio parere si dovrebbe allontanare il persecutore in case che garantiscano l'impossibilità di perpetuare l'aggressione, non le donne che subiscono un'ulteriore violenza quando sono accolte nelle case protette, così costrette a lasciare il loro ambiente e a nascondersi con i figli. Si dovrebbe inoltre imporre all'aggressore una rieducazione obbligatoria come si fa in qualche struttura (come ad esempio nella Famiglia Materna a Rovereto TN)

 

Bibliografia.

1)A.e R. Gilioli:Cattivi capi, cattivi colleghi. Mondadori . 2000
2)C.Corradi:A chi spara il cacciatore? Lorenzini.Udine.88
3) C.Corradi:L’amore è un gatto blu? Publiprint. 92.
4)A cura di Carla Corradi: Anima Animalis. Alcione 2006
5) M.F.Hirigoyen: Molestie morali. Einaudi.Torino. 2000
6)J.Hillman: Politica della bellezza. Moretti & Vitali. 99. Pag.30
7)P. Cendron: Il prezzo della follia. Il Mulino. 84
8) Il 28 aprile 2001 è stata approvata la legge n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”
9)In data 11 ottobre 2013 è stato approvato il decreto legge sul Femminicidio.