IL MEDAGLIONE DI NEMESI
I MUSICI MALEDETTI
TRENTESIMO CAPITOLO
Appena la dea Eos
scomparve dalla vista di tutti i presenti, Rix e Mentres si avviarono verso il
portone del nero palazzo.
Da terra i ragazzi
lo osservarono attentamente per la prima volta. Era enorme, doveva avere minimo
mille camere, stando alle dimensioni; ma le finestre erano pochissime, e tutte
sul lato sopra il portone d'ingresso, difronte a loro, ma erano enormi e
spaventose. Ricordavano le finestre d'antiche cattedrali medioevali, alte e
strette con le vetrate scurissime. Il portone non era certo da meno, doveva
essere d'ebano, stando al colore scuro, con intarsi di bronzo. Da lontano non
si distinguevano certo bene, ma gli intarsi raffiguravano certamente scene
cruente e sanguinose delle più grandi guerre del genere umano e divino. Il
resto del palazzo era indistinguibile dallo strano cielo nero come la pece; le
mura corvine sembravano essere lì da quando era nato il mondo. Grandi gargoiles
sovrastavano i cinque angoli dell'edificio, che aveva una pianta pentagonale
assolutamente perfetta, incutendo timore e rispetto.
Rix avanzava
sicura verso quel cupo edificio, come se tutto questo le appartenesse, come se
nella sua vita non avesse visto altro e non fosse vissuta in nessun altro luogo.
Hyoga iniziò ad
aver paura che la leggenda stesse per avverarsi. Forse la vicinanza di Ares
aveva risvegliato la parte malvagia e maledetta del suo cosmo… No! Non voleva
pensarci! Rix non poteva tradirli!
I cavalieri con
meno ferite si alzarono quasi subito, aiutando poi più gravi.
-
Rix! Aspettaci, ci sono dei feriti gravi!
-
Lasciateli qui, cosa volete me né importi!
Questa risposta
fece scattare qualcosa in Hyoga, sempre così freddo e distaccato all'apparenza.
Lasciò il povero Ikki alle cure di Megrez, e si avvicinò con una strana furia
alla sacerdotessa. Quando le fu dietro, l'afferrò per il polso, strattonandola
con forza, e costringendola a girarsi.
-
Che diavolo ti prende? Tu non sei così! Io
ti conosco!
Il tono di voce
tradiva le forti emozioni del suo animo. Tentava di essere duro e inflessibile,
ma l'amore che provava per quella strana ragazza era troppo forte.
Rix ebbe una
stranissima reazione: prima liberò, con calma, il polso dalla stretta di Hyoga,
poi lo guardò in faccia con uno strano sorriso, misto di cinismo e
commiserazione. Gli schioccò un bacio sulle labbra e, ridendo di gusto, si
voltò e continuò ad avanzare verso il palazzo.
Il cavaliere del
Cigno rimase talmente stordito da questa reazione da perdere di vista tutto il
resto. Vedeva solo Rix, la sua dolcissima Rix, vittima di un'antica leggenda
che si allontanava da lui e dal bene… insieme a Mentres. Adesso capiva cosa era
successo durante il loro scontro. Era Mentres che aveva vinto, non Rix; era
Mentres che aveva convinto Rix delle sue idee. Non aveva voluto crederci fino
ad allora, ma ormai la realtà lo metteva difronte al suo incubo peggiore.
Appena i due
furono dinanzi al portone, questo si spalancò con un rumore sinistro e
terribile. Entrarono.
Nel frattempo
erano arrivati Thor e il povero Seiya, ridotto malissimo, ma con indosso
l'armatura d'oro di sagitter; Alcor, ancora dolorante dopo lo scontro con il
terribile Argus, e Artax, che certamente non poteva sostenere un'altra
battaglia.
Hyoga, subito
seguito dagli altri, si precipitò dietro i due cavalieri di Nemesi prima che il
portone si chiudesse alle loro spalle.
Uno spettacolo
terrificante si presentò ai loro occhi. Non c'era quasi nessuno nella grande
sala che li aveva accolti, solo loro, Rix e Mentres, difronte a loro, a poca
distanza, e un uomo, bellissimo, sul gigantesco e oscuro trono posto in fondo
alla sala, talmente grande da contenere uno stadio. Il palazzo non aveva altre
camere, c'era solo quella, a forma pentagonale, come la base del palazzo,
divisa in tre ambienti per mezzo di due colonnati che si restringevano
avvicinandosi al trono, formando uno strano triangolo con la parete dove si
trovava la porta.
L'uomo aveva i
capelli corvini, con strani e affascinanti riflessi rosso fuoco. Gli occhi
erano chiusi, ma già così il suo volto esprimeva cattiveria e ferocia.
Rix si fece avanti
e lo chiamò a gran voce:
-
Ares!
Lui aprì gli
occhi.
-
Sacerdotessa Bellatrix! Siete arrivata qui!
Mi congratulo. Ma ora avete una solo speranza di vivere. Consegnatemi il
medaglione!
Nessuno osò
parlare, molti trattennero il respiro fino a che quella voce soave ma imperiosa
non finì di rimbombare nell'immenso locale vuoto.
-
Ecco l'oggetto che desiderate!
Dicendo questo
estrasse da una piccolissima tasca posta all'interno dell'armatura il sacro
medaglione di Nemesi
-
Ma non sono qui per questo…
Parlava con uno
strano tono, compiaciuto, di superiorità; intanto si avvicinava, lentamente, al
trono e ad Ares.
-
… sono qui perché un tuo generale ha
commesso un errore. Un gravissimo errore.
-
Di cosa stai parlando?
-
Della leggenda dei musici maledetti! Non
dirmi che non la conosci? Sei stato tu ha crearla e a darle vita!
-
Cosa vuoi ora? Riavere tuo fratello? Mi
spiace, lui è nato dal male e al male apparterrà per sempre!
-
È qui che sbagli. Non è lui il gemello nato
da te, nato dal male……
Pronunciando
queste parole si strappò il largo bracciale di stoffa che le copriva il polso
sinistro dall'inizio di quel viaggio. Alzò il braccio, mostrandone il dorso al
dio e urlò con tutto il fiato che aveva:
-
…sono io! Sono io il figlio del dio della
guerra! La perfetta unione tra bene e male!
Ares rimase fermo
e zitto per alcuni secondi, come se non sapesse cosa fare o pensare. Poi fece
un gesto imperioso e ordinò alla ragazza di andare più vicino.
Rix non se lo fece
certo ripetere. Appena gli fu abbastanza vicina gli tese il braccio sinistro.
Lui lo afferrò con foga, osservando qualcosa sul suo polso.
Gli unici che
sapevano cosa stesse osservando erano Ikki, Megrez e il povero Hyoga.
-
Cosa sta succedendo?
Questa domanda era
uscita con un filo di voce dalla bocca del fragile Shun. Ikki fu l'unico ad
avere il coraggio di rispondere fra i tre.
-
Un'antica leggenda narrava che un giorno
sarebbe nato un cavaliere col dono della musica, che avrebbe distrutto il regno
del dio della guerra, il terribile Ares, ma al leggenda diceva anche che questo
cavaliere sarebbe nato con un gemello, generato dalla stessa madre, con un
altro uomo, per intercessione divina, simbiosi perfetta tra bene e male, con un
potere immenso. Si narrava che il destino del regno di Ares sarebbe dipeso da
questo secondo musico: se lui fosse stato dalla parte del bene, Ares sarebbe
stato distrutto, altrimenti…
Le parole gli
morirono i gola.
-
Questo cosa centra?
Shiryu, per la
prima volta in vita sua, non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Fu Megrez a
prendere la parola al posto di Ikki.
-
Purtroppo la leggenda si è avverata, anni
fa, in una notte di febbraio, quando sono nati Bellatrix e… Mime. Il figlio del
male fu subito riconosciuto e marchiato con una piccola alfa sul polso.
Nessuno osò più
parlare, gli occhi di tutti erano fissi sul di Ares e sulla sua legittima
figlia: Bellatrix della freccia.
-
Ora che sei qui, posso donarti il tuo
destino. Il destino di essere sovrana di tutti i popoli. Io e te, insieme,
domineremo gli altri dei, neanche il sommo Zeus potrà fermarci!
La voce di Ares
era eccitata e convulsa. Aveva finalmente capito perché quell'imbranato di
Mime, che gli avevano spacciato per figlio suo, non riusciva a compiere la
trasformazione. Non era lui il prescelto.
-
Adesso, padre…
ci mise una
stranissima sacralità in quella parola "padre", alzando la voce in
modo che sentissero tutti.
-
… voglio la spada! Voglio i miei pieni
poteri!
-
E l'avrai! Tu sei la prescelta per regnare
con me su tutti i regni terreni e celesti!
Il dio si alzò dal
trono e vi girò intorno. Dal suo retro estrasse una spada di rara bellezza, era
completamente rossa, con rubini di varie tonalità e grandezze. Il più scuro e
più grande si trovava sulla sommità del manico e sembrava risplendere di luce
propria. L'attaccatura della lama all'elsa era piena di gemme di ogni forma,
mentre la lama era intarsiata con decorazioni rosse, per tutta la sua
lunghezza, fino alla punta.
Appena ebbe in
pugno la spada, un lampo di luce rossa e nera avvolse Trix per alcuni,
interminabili, istanti.
Quando la luce
sparì Rix non era più la stessa. I suoi stupendi capelli castani e vaporosi
erano divenuti lisci e di un corvino scuro come la notte, gli occhi,
normalmente pieni di gioia, bontà erano assolutamente freddi e distaccati. In
oltre avevano dei terrificanti riflessi rossi, evidenziati dal pesante e
provocante trucco che era comparso sul suo volto stupendo viso. La sua armatura
era scomparsa, lasciando il posto ad un abito da sera nero come la pace; aveva
una profonda scollatura sul davanti, e due lunghissimi spacchi ai lati della
lunga gonna, che lasciavano vedere le gambe perfette e le scarpe col tacco,
nere anch'esse, che cingevano i candidi piedi. L'abito non aveva maniche e si reggeva
con due sottili bretelline. Il tutto era completato da eleganti gioielli
argentati. L'unica cosa che poteva ricordare la vera Rix era il medaglione di
Nemesi al collo, e quello della nascita divina stretto nella mano destra. La
sinistra stringeva ancora la spada maledetta.