BK's Night

 Parte II

 

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Ma quella notte Oscar non rientrò. Era sera inoltrata. Avvicinandosi, pensierosa, molto preoccupata per André e piuttosto scontenta di sé, alla proprietà dei Jarjayes, le era sembrato come di essere seguita. Si era voltata di scatto, ma non c'era nessuno. Eppure, percepiva gli spostamenti d'aria. Quel problema l'aveva distratta dalle sue meditazioni... Poi, uscendo dalle scuderie, qualcuno l'aveva immobilizzata da dietro, impedendole di chiamare aiuto, e, tenendola sotto tiro, l'aveva costretta a seguirlo.

"Non una parola. O sparo."

Non poteva essere che lui. "L'idiota mascherato...", soffocò in extremis un apprezzamento poco signorile. Provò un impeto di rabbia tanto forte, che il cuore le fece male. Non per sé. Ma per quello che lui aveva fatto ad André. Si mosse bruscamente, ma lui la colpì col calcio della pistola e la trascinò con sé, dopo averla legata. Oscar avrebbe voluto ridere di sé, che, i capelli impastati di sangue e in mano al Cavaliere Nero, continuava ad avere in mente André e la sua rabbia verso quell'uomo. Non era da lei... da pazzi! Almeno avrebbe voluto vederlo, sapere come stava... Cercò di richiamare la mente all'ordine e si impose di fare il punto della situazione. Doveva prestare più attenzione... Avrebbe anche potuto tentare la fuga, ma, appena fuori dalla proprietà, qualcosa la dissuase definitivamente. Rosalie, issata su un cavallo, anche lei imbavagliata,[1] era inopinatamente comparsa accanto ad un complice del suo rapitore.

"Ma cosa credi di fare?"

"Niente. Mi limito a sequestrarti riproponendomi di approfittare della cosa!" spiegò, candidamente, il ladro.

"E Rosalie, cosa c'entra in tutto questo?" Oscar aveva la mente sempre più confusa. La testa cominciava a farle male e la vista le si appannava... Non percepì la risposta, perché il buio l'avvolse e vi sprofondò.

 

Si svegliò in una specie di cella, le pareti di pietra. Rosalie, libera dal bavaglio, le stava accanto con un'espressione terribilmente corrucciata. Doveva essere notte fonda.

"Come vi sentite..."

Oscar cercò di alzarsi a sedere, ma la testa le girava ancora.

"Mi dispiace... è colpa mia..."

"Sta' tranquilla... tu non c'entri...", la rassicurò Oscar. "Ma come è successo?" si informò.

"Ero venuta a controllare se il vostro cavallo era nelle scuderie, dato che non vi vedevo in casa, e, all'improvviso, sono comparsi... Ho avuto paura... Mi hanno legato e portato fuori..."

"Che ora era?"

"Al tramonto..."

Roba da pazzi, pensò Oscar. Non hanno neppure atteso il buio! O una banda di impuniti, ben sicuri delle proprie protezioni, o degli incredibili sprovveduti... Vorranno un riscatto, considerò. Che altro potevano volere, se non un lauto finanziamento della propria causa? "Approfittare della cosa", aveva specificato l'idiota mascherato, rifletté Oscar. Quello doveva significare... Si stupì di apostrofarlo in quella maniera. Prima dell'incidente di André era incuriosita dal personaggio, aveva desiderato in qualche modo entrarvi in contatto, ma, ora, non riusciva a provare se non risentimento... E la sua curiosità stava cedendo il passo al disprezzo. Anche perché aveva avuto un prezzo troppo alto. Non c'era più niente da scherzare...

Rosalie non osava aggiungere una parola, tanto si sentiva responsabile per l'accaduto, e si limitava a spiare l'espressione di Oscar, cercandovi un segnale positivo. D'improvviso, Oscar si riscosse. Cercò di fingere indifferenza, mentre le domandava: "Rosalie, hai visto André, oggi?"

Rosalie, delusa dal fatto che Oscar mostrasse interesse per lui, soprattutto in una tale circostanza, in cui, finalmente, poteva essere al centro della sua attenzione, annuì.

"Come stava..." insisté, l'ansia repressa nella voce.

Rosalie sospirò, scontenta. Oscar, i sensi stranamente all'erta, dato l'argomento del discorso, temette che l'atteggiamento della ragazza significasse che la situazione si era aggravata...

"Dimmi...", la incitò, quasi dimenticando di nascondere la propria ansia.

La ragazza si rassegnò. André le era simpatico e con lei si era sempre comportato bene, ma, da quando aveva notato un cambiamento nell'atteggiamento di Oscar nei suoi confronti, lui aveva assunto uno ruolo molto meno indefinito ai suoi occhi. Quello che Oscar si era ostinata, prima, a nascondere a se stessa e, poi, a voler tenere celato, le era, invece, assolutamente chiaro. E non da poco tempo.

"Oggi André era strano...", rifletté, quasi con se stessa. "Sembrava rattristato, lontano. Non ha detto niente. Poi, nel pomeriggio, la febbre è salita..."

Oscar provò una gran pena. Quella scena, in effetti, avrebbe davvero potuto risparmiarsela... Rabbuiata, rimase in silenzio, senza mostrare più attenzione verso Rosalie. La quale, d'altro canto, di fronte al suo mutismo, si sentì esclusa. Non avrebbe voluto ammettere di intuire la ragione del turbamento di Oscar. Ma, in realtà, tutto le era chiaro. E le faceva male. Oscar... Una persona così speciale. Così distante, bella e unica. Perché mai doveva interessarsi ad André? Finché lui era stato solo il suo più caro amico, aveva avuto ancora un po' di speranza. Allora, Oscar non sembrava considerarlo come un uomo... Lui era lì e lei non lo considerava.[2] E tutto filava liscio. Ma, ora... Perché André? Perché Oscar aveva cominciato a considerarlo da altro punto di vista? Come un uomo... Oscar era un essere assolutamente asessuato, che, nei suoi pensieri, incarnava l'amore ideale. O, meglio, il suo ideale di amore. E si aspettava, come minimo, che non si innamorasse mai o che, nel malaugurato caso, scegliesse qualcosa di più irraggiungibile... Fersen, per esempio, sarebbe stato perfetto! E, invece... Proprio André, che era assolutamente a portata di mano! Pericolosissimo! Avrebbe voluto piangere. Quasi provava rabbia! Non ci poteva credere! Proprio uno come André! Uno così tranquillo, normale. Scosse la testa, per la delusione... Non poteva accettare né che Oscar mostrasse tanto interesse per un uomo; né, tanto meno, per il proprio attendente... Certo, André era simpatico... ma... lei non si sarebbe mai innamorata di un uomo! Oscar era perfetta, considerò, il cuore gonfio di emozione. E irraggiungibile, si disse, la tristezza che le velò lo sguardo. Tuttavia, ora Oscar era solo per lei. Erano sole. E lei era quasi felice. Se solo Oscar l'avesse considerata. Le sarebbero bastate poche parole amichevoli. Solo quelle. Così poco per Oscar, così tanto per lei.

Quella Oscar che, completamente dimentica di lei, era distesa, un braccio a ripararsi dalla luce fioca. "André... quest'oscurità mi dà un senso di oppressione..." Respirava piano. "E tu? Tu che devi restare al buio... Come fai? Come puoi resistere?" Era stanca.

I muti pensieri di Rosalie vennero fortunatamente, per Oscar, interrotti dall'ingresso dell'idiota mascherato. Oscar lo guardò con sufficienza e non poté trattenersi dall'ironizzare: "Ma non te lo togli mai, quel costume? Sempre conciato così, anche nella tana?"

Lui non fece una piega. Riteneva di essere abituato alla presupponenza dei nobili. "Me lo toglierei volentieri in privato con la tua bella amica!", la prese in giro, ammiccando ad una inorridita Rosalie.[3] Poi riprese: "Ho scritto a tuo padre chiedendogli un congruo riscatto in armi, per la tua salvezza. Domani mattina avrà una sorpresa inaspettata..."

Oscar fece uno sforzo per trattenersi. L'avrebbe strangolato, se lo avesse avuto un attimo tra le mani! Anzi... prima... "Ti strapperò gli occhi con le mie mani" avrebbe voluto dirgli. "Ti farò provare lo stesso dolore"... Invece, i pugni serrati, le unghie conficcate nei palmi, tacque, guardandolo in faccia, cercando di ricacciare indietro lacrime rabbiose.

"Non ci conterei..." si limitò ad osservare. Sembrava fredda e padrona di sé. La sua voce suonava sicura.

E, invece... Non poteva fare niente, questa era la verità. Era impotente... Sia quanto al problema immediato di fuggire da lì, sia quanto al problema di vendicare André. Certo, avrebbe potuto approfittare del fatto che lui guardava Rosalie con interesse o, perlomeno, con curiosità e che Rosalie anche sembrava molto interessata da lui.[4] Ma lui era armato... Non era il caso...

"Mi sembra di averlo già visto...", mormorò timidamente Rosalie quando lui fu uscito. "Non riesco a ricordare... ma..."

"Anche a me pare un volto noto..." considerò Oscar. "Ma dove possiamo averlo incontrato..."

"Io credo a Parigi... diverso tempo fa... certo non a Corte..." considerò Rosalie.

"Non so..." Oscar rabbrividì. Non era il caso di dormire, ma era stanca e dolorante...

 

La mattina dopo, quando il messaggio giunse a Palazzo Jarjayes, André era ancora febbricitante. Non realizzò l'assenza di Oscar. Non udì il tramestio ai piani di sotto, le voci allarmate. Non si accorse neppure che Alexandra aveva preso posto accanto al suo letto ed era rimasta con lui per un po', libera dalla sorveglianza di Oscar. Avrebbe voluto dire tante cose ad André, mentre lo contemplava, accarezzandogli il viso ed i capelli. Ma lui non era come gli altri uomini. La intimidiva con la sua correttezza, nascosta dietro un modo di fare amichevole, ma riservato. Non era possibile fargli determinati discorsi, a meno di non rischiare che lui perdesse definitivamente ogni stima in lei... In fin dei conti, non era neppure come loro.

Solo nel tardo pomeriggio, quando la nonna venne a svegliarlo per la medicazione, André lo seppe.

"Oscar..." Per un momento rimase come perso. L'unica cosa che riusciva a considerare era che Oscar era chissà dove, in mano di quell'uomo. Poi, mentre Nanny si affaccendava con medicamenti, garze e catino d'acqua, la sua mente prese a collegare i vari nessi. Le mappe tracciate con Oscar, gli inseguimenti notturni, il Palazzo reale di Parigi... Il palazzo! Quello era certamente un accettabile punto di partenza per le ricerche, considerò. Era ovvio, però, che non avrebbe potuto mettervi piede se non come qualcuno che vi aveva libero accesso. Fu ovvio che doveva impersonare, ancora una volta, il Cavaliere Nero. Prospettiva che, francamente, non lo affascinava.

Appena la nonna fu uscita, si apprestò ai preparativi del suo piano. Le sue mani si mossero da sole. Non poteva rimanere bendato. Un'esitazione. Il dottore era stato chiaro. Buio, immobilità. Era altrettanto chiaro cosa rischiava. Ma era anche chiaro che non trovava alternative. Poteva proteggere la ferita finché non fosse arrivato al palazzo, ma, poi, avrebbe dovuto comunque scoprirla. Si liberò dalla benda e, lentamente, aprì gli occhi. Tutto era sfocato, doveva essere per la pressione che le fasciature avevano esercitato fino a quel momento. La luce nella stanza, pur debolissima, sembrava ferirlo. Attese a lungo. La situazione migliorava. Progressivamente, l'occhio destro percepiva immagini meno sfocate, seppure prive di profondità. Ci volle ancora un po'. Si mise in piedi e, a fatica, raggiunse lo specchio. Aveva paura di guardarsi, di scoprire gli effetti della ferita. Sollevò lo sguardo lentamente, con cautela. Trasalì. La zona era abbastanza gonfia, tumefatta. Il taglio era ancora di un rosso scuro, vivo. I margini della ferita, accostati, non erano ancora cicatrizzati. Intorno, l'ematoma non si era del tutto riassorbito e la zona più vicina al centro era bluastra, mentre le aree esterne avevano assunto un colorito giallastro. La ferita sembrava pulsare, gli doleva ad ogni movimento suo e dell'occhio. L'occhio, poi, mostrava ancora evidenti tracce di emorragia. Non era un bello spettacolo, nel complesso. Non poteva circolare così, era troppo vistoso, rispetto al vero Cavaliere Nero. Bisognava trovare una maniera di occultare la ferita, almeno in parte. Scosse un po' la testa e lasciò che i capelli ricadessero liberamente davanti all'occhio. Si guardò di nuovo. Poteva andare... Inoltre, non riusciva a muoversi, se non con estrema cautela. Come avrebbe potuto cavalcare? Con la scusa di dover attendere il buio più completo, avrebbe approfittato per radunare le energie. Preso da questi problemi, completamente dimentico della medicazione, controllò lo stato del costume. La nonna aveva fatto pulire le macchie di sangue... Efficiente come al solito, considerò André. Guardò fuori. Tra poco sarebbe stato tempo di andare.

 

Si mosse facendosi strada lungo i muri, guidato dai lumi. Si recò alle scuderie con indosso una camicia bianca ed i soli calzoni neri. Per non destare troppi sospetti, teneva sotto il braccio il resto dell'armamentario: la camicia nera, la giacca ed il pesante mantello. Scosse la testa, sorridendo tra sé: non poteva fare a meno di trovare buffe tutte quelle manovre, per non parlare dell'idea del costume... Avrebbe terminato di cambiarsi là.

Mentre indossava il mantello, una voce, dall'ombra, lo fece trasalire. "Stai andando a salvarla, vero?" Il tono era teso.

Per un attimo aveva temuto che il suo piano andasse in fumo. "Beh, non vado certo a farmi medicare, conciato così..." ridacchiò lui, sollevato, quando realizzò che si trattava di Alexandra, buttandola sullo scherzo. "Ma tu eri lì a goderti lo spettacolo?", aggiunse, alludendo al fatto che doveva aver assistito a parte della sua vestizione.

"Veramente, ero qui da prima e, se vuoi saperlo, mi sono guardata bene dall'interromperti!", osservò lei, che la vestizione se l'era goduta per intero." Era molto interessante...", aggiunse.

"E meno male che i pantaloni me li ero messi in camera...", commentò André a mezza voce.

Ma la ragazza non aveva alcuna voglia di scherzare: "Ma cosa vuoi fare? Non capisci che lei non ti apprezzerà mai?", lo incalzò.

André si voltò verso di lei. Era pallido per lo sforzo, il viso tirato per la sofferenza, la voce incrinata dalla fatica. "Non è questo il problema", disse calmo. "Oscar è in pericolo. E anche Rosalie. Ed io, forse, posso aiutarle."

"Che razza di donna è quella che ti fa rischiare così per salvarla? Io non te lo chiederei mai!"

"Oscar non mi ha chiesto niente..." ribatté lui.

"Certo! Per lei non esisti..." osservò, sarcastica.

"Scusami, adesso devo andare..." André cercò di non essere troppo scontroso.

Alexandra aveva capito che non c'era niente da fare. André non avrebbe sentito ragioni. Rimase in silenzio ad osservarlo mentre terminava di sellare il cavallo. Avrebbe voluto avvicinarsi, ma temeva la sua reazione. O, meglio, la dimostrazione della sua indifferenza.

"Non andare, per favore...", implorò un'ultima volta.

Lui si girò, sorridendo. "Perché non vieni a darmi una mano, invece?", scherzò. "Potresti essermi utile..."

Lo vide portare fuori il cavallo e partire al galoppo. Era freddo. Troppo freddo anche per nevicare.

 

La strada sembrava ancora più buia, quella notte. André era senza forze. Vedeva appannato, a tratti. La ferita gli faceva male, tanto che, a metà strada, dovette fermarsi, appoggiato ad un albero, a radunare le energie.

 

Oscar e Rosalie lo, videro, trasecolate, stendere, sotto le spoglie del loro carceriere, uno dei suoi presunti complici.

"André!!" intuirono all'unisono.

"Che piacere rivedervi, ragazze!", scherzò lui, mentre si assicurava che l'uomo fosse ben legato e richiudeva la porta. "State bene?"

"Ma come hai fatto?"

"Mi hanno lasciato entrare senza problemi... Poi, ho incontrato lui", sorrise, fiero dell'espediente, indicando il malcapitato, "è bastato dirgli che volevo trasferirvi... e lui mi ha portato da voi...", concluse.

Oscar gli si avvicinò. Un po' troppo, notò Rosalie. Lo osservò in viso, l'espressione seria, triste. "Hai tolto la benda..." Lo prese per le braccia. "Fammi vedere..." Gli scostò i capelli coi quali lui aveva cercato di nascondere la ferita... Impallidì.

André girò bruscamente il viso dall'altra parte. Poi, temendo di avere avuto una reazione eccessiva, scherzò: "Non è il mio profilo migliore, Oscar..."

Lei sorrise. "Sei sempre bello...", disse senza pensarci. E avvampò, quando realizzò cosa aveva appena affermato e, soprattutto, come poteva essere interpretato.

Rosalie tossicchiò, André rimase per un attimo perplesso.

"Bene... Dobbiamo trovare il modo di uscire da qui..." disse lui, glissando.

"E di catturare l'idiota mascherato...", aggiunse Oscar, sarcastica.

"Carino, il nome!", commentò lui, ironico. "Quando l'hai coniato?"

"Ieri notte: sai, ero lievemente alterata... così ho lasciato correre la mia vena poetica...". Oscar aveva un tono sferzante.

"Più che poetico, mi sembra il commento acido di una zitella..." le fece notare André. "Sai, alla tua età..."

"Ma io ti rovino..." Oscar lo gelò, furibonda. E lei che non aveva fatto altro che pensare a lui tutta la notte...

"E pure un tantino retrograda, ostile alle novità!", aggiunse, trionfante.

Oscar incassò il colpo: una registrazione perfetta di quello che poteva sembrare il suo modo di vedere... ma che imbecille... Lo sapeva benissimo che lei, in realtà, non era così! Proprio lui osava colpirla in quel modo! "Adesso vedrai, brutto cretino", pensò. "Andiamo, Rosalie", disse, cingendo le spalle della povera ragazza, che, una volta tanto, era al centro dell'attenzione, e trascinandola con sé verso la porta.

"Aspetta, Oscar... Non è prudente: meglio che vada avanti io a controllare..."

Oscar lo ignorò, deliberatamente. "Avanti, Rosalie."

"Fa' come ti pare...", le rispose lui. Fece per muoversi, ma soffocò un grido. Vacillò, si portò una mano al viso e si appoggiò al muro.

Oscar mollò Rosalie per sostenerlo. "Che ti succede?"

Era pallido. "Niente... una fitta..." Si raddrizzò. "Adesso sto bene..."

 

 

Continua...

Mail to laura_chan55@hotmail.com

 

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[1] Mi veniva da scrivere legata come un salame... ma immagino fosse poco poetico...J

[2] Rubo queste osservazioni ad Elena Liberati -che qui ringrazio-, che le ha espresse in uno dei suoi messaggi alla mailing list ladyoscar@topica.com.

[3] Questa è per Daniela! J

[4] Di questo, perlomeno, si illude Oscar, ben lontana dall'avere anche solo il minimo dubbio che l'ideale di Rosalie sia un altro...