Untiteled
by Mimma

Era decisamente una giornata no! Il cercapersone non aveva mai smesso di assillarla col suo acuto trillo; quando era di sopra, la chiamavano dal pronto soccorso, e mentre era con qualche paziente, la reclamavano ai piani alti per le questioni burocratiche.
Si domandava se sarebbe arrivata a fine giornata senza cadere in un attacco isterico! In più le sembrava che, oggi particolarmente, il rapporto con gli altri medici fosse eccessivamente teso: ogni cosa era velata da quel tagliente sarcasmo e senso di sfida che in altri periodi l'aveva tanto eccitata e divertita. Forse l'età cominciava a farsi sentire…e a questo pensiero il suo nervosismo aumentava.

Camminando frettolosamente e meccanicamente verso sala visita 2, e reggendo con la sinistra alcune scartoffie e la cartella del prossimo paziente (una signora di 57 anni con la gastrite), tentò goffamente di girare il polso per guardare l'ora: i fogli scivolarono a terra e la cartella le cadde sul piede, non poté trattenere un fragoroso e stressato sospiro isterico.
" 2 e 20 ", Mark le sorrideva davanti e si apprestava a raccogliere le cose a terra.
" Fammi indovinare: devi ancora mangiare eh?"
Kerry inarcò le sopracciglia:
" Ho una paziente."
" La prendo io; è questa la cartella?"
" Non è necessario Mark"
" Poche storie, stacanovista, vai a mangiare qualcosa."
Gli sorrise e annuì. Si passò l'indice sulla fronte e si diresse in salottino: un break, finalmente. "…grazie " disse con un cenno della mano.

Aprì il suo armadietto, appese la stampella all'anta, e passò i palmi delle mani sugli occhi e sulle guance: percepiva il profumo di talco dei guanti di lattice, e questa era una cosa che le piaceva, dell'essere medico…sorrise tra sé. Si guardò nello specchio: ogni volta, partiva dall'iride, e poi estendeva lo sguardo al viso intero. Lo faceva sin da quando aveva memoria, probabilmente sin da quando sua nonna le aveva detto che se si scruta bene l' occhio si riesce a intravedere l'anima. Nonna, mamma, papà… oddio! Aveva nuovamente dimenticato di richiamare l'agenzia delle adozioni! Le stavano lasciando parecchi messaggi, chissà che diavolo avevano da riferirle: di sicuro non notizie che le avrebbero sconvolto la quotidianità. " Buongiorno dottoressa Weaver, volevamo comunicarle che abbiamo rinvenuto il suo stesso gruppo sanguigno in una persona compatibile con la sua scheda in…Oklahoma, o che so io!". D'altronde dopo l'ultima esperienza, con la povera signora Brennan, era riluttante ad assecondare qualsiasi tipo di fantasia.

Nel frattempo aveva indossato il cappotto e afferrato la stampella: si accingeva tutta assorta a raggiungere Doc. Magoo's. Uscì nell'aria fresca e ventosa di Chicago, che le mosse indietro i capelli; scosse leggermente la testa per cacciare quei pensieri che l'avrebbero portata troppo lontano per breve una pausa pranzo come quella che l'aspettava.




Ora se non altro non era più affamata; non che si fosse goduta il pranzo, figurarsi, l'avevano cercata ben due volte in neanche mezz'ora. Quando si era decisa a cedere e a fare ritorno al pronto soccorso, troppo affabilmente all' accettazione l'avevano informata sorridendo che non c'era più bisogno di lei, perché " Carter era arrivato".
Ormai aveva perso il conto dei sospiri di insofferenza che aveva emesso in quella maledetta giornatale mancava soltanto di perdere un paziente! no, meglio non pensarlo neppure!
" Kerry!" Elizabeth la reclamò da dietro una barella insanguinata e circondata di paramedici che sbraitavano per sovrastare le urla del violento paziente.
Il ferito era un ragazzotto poco più che ventenne che la guardava con astio; aveva il torace crivellato di colpi d'arma da fuoco, e nonostante questo non se ne stava fermo un attimo! Maledizione, loro erano lì per salvarlo, non per braccarlo! Almeno questo poteva capirlo, e smetterla di dimenarsi! Kerry procedette con le manovre di routine che ormai avrebbe effettuato anche ad occhi chiusi. Il ragazzo venne salvato. Come accedeva quasi sempre, non si sarebbe di certo degnato di ringraziarli; era tanto non essersi beccati un pugno da quel soggetto.

Kerry si sfilò velocemente i guanti grondanti sangue e strappò via il camice; con una mano si massaggiò la nuca e reclinò all'indietro la testa. Era sola nella sala emergenza. Le piaceva quel posto, aveva la caratteristica di passare dal più totale caos al gelido silenzio in pochi istanti: un attimo si respirava adrenalina, l'attimo dopo respirare poteva risultare quasi oltraggioso.
- Bip bip bip bip bip bip…-
"Hmm…ma che ho fatto di male?!"
La chiamavano dall'accettazione. Ci si recò in fretta, domandandosi che altro…
" Che c'è, Jerry?!"
" Hem, dottoressa la vogliono al telefono, agenzia 'Your Family' o qualcosa del genere…" aveva l'espressione di chi deve accarezzare un leone. Kerry se ne rese conto e gli sorrise, pur avendo i nervi a fior di pelle.
" Grazie Jerry, per favore, fatti lasciare il messaggio, dì che non sai dove trovarmi."
"Certo. Sì, pronto, mi lasci pure un messaggio, la dottoressa al momento è irreperibile. Sì…sì…ah, d'accordo. A lei."
Le passò il foglietto, neanche lo guardò, lo infilò direttamente in tasca del camice e rivolse lo sguardo al grande orologio sopra il bancone, e poi al tabellone.
" Jerry io me ne vado."
" A domani dottoressa."
Fuori già si era fatto buio, il gelido e ventoso inverno di Chicago era alle porte, con neve, ghiaccio e festività. Non aveva voglia di andare a casa, la malinconia sarebbe aumentata, e al solo pensiero si impigriva e si infastidiva. Non aveva voglia di rilassarsi, ma soltanto di stare sola e non pensare. Guidò sicura verso il lago; arrivata, uscì dall'auto e ritta in piedi fissò il freddo imbrunire che si rifletteva sull'acqua. I colori la rimandavano alla sua infanzia, ogni tono era un'età. Quel grigio metallico misto al blu pre serale era senza dubbio l'adolescenza, irta, in salita, e disseminata di prove, raramente serena, ma non priva di soddisfazioni.
Come la vita che stava facendo.




Quel biglietto lo ritrovò tutto stropicciato in tasca, lì ci aveva tenuto la mano per ripararsi dal freddo sferzante del lungolago.
- Importanti sviluppi, contattare l'agenzia al più presto - la grafia infantile e morbida di Jerry le ricordava quell'impegno che il suo innato senso del dovere non le avrebbe mai permesso di trascurare. Avrebbe chiamato l'indomani mattina. Ora le ci voleva soltanto un bel bagno caldo, e un po' di bourbon: dopo questo, la giornata le sarebbe risultata molto migliore. Mise il CD di Sheryl Crow e cominciò a cantare a squarciagola.
La notte fu senza dubbio pacifica e tiepida, nessuna ansia la disturbò, né interruppe il riposo che venne godu
to come poche altre volte. Il mattino ebbe gran poco oro in bocca, nonostante ogni suo ottimo proposito. Comunque, era un altro giorno. L'agenzia! Meglio togliersi subito il pensiero; afferrò la cornetta, e compose il numero.
- Bip bip bip...- il suo cercapersone, puntualmente, appena acceso, già prendeva a squillare.
" Ooh al diavolo!!" avrebbe chiamato dall'ospedale. Le sembrava un segno del destino non riuscire a telefonare a quella maledetta agenzia.
Si ricordò di quante ore aveva passato al telefono con Mlungisi, anni e anni addietro: ci aveva speso una fortuna in telefonate intercontinentali. Certo lui l'aveva ben ripagata…eccome…Sfumò i pensieri e i ricordi, li ripose con cura, ed entrò al lavoro.
Questo era il suo primo comandamento : il privato sempre fuori dalla porta. Con tutti i suoi pro e contro, come tutte le regole, d'altronde.
" Kerry grazie al Cielo! Siamo stra-sovraccarichi!" Carter aveva l'aria disperata, esausta e terribilmente implorante.
" Eccomi" si stupì di quanto gentile e disponibile fosse stato il suo tono. Doveva essere Carter a metterla di buonumore; lo aveva sempre reputato un gran buon soggetto, sia dal punto di vista professionale sia da quello umano.
" Che è successo, esplosione o incidente stradale?"
" Purtroppo entrambi. Tamponamenti a catena causati da un'autocisterna esplosa e in fiamme, non sono ancora riusciti a estinguere il fuoco."
" Dio…" Kerry si domandò se sarebbero stati in grado di salvarli tutti, e come sempre in questi casi pregò di non trovare qualche conoscente tra i pazienti. Si diresse al banco dell'accettazione per controllare il tabellone.
"Dottoressa scusi, so che non è il momento, ma le faccio presente che l'agenzia ha già chiamato due volte da stamattina…"
"Hai indovinato Jerry, non è il momento!" prese a contrassegnare i pazienti per livello di gravità, e assegnò agli assistenti i loro casi. Afferrò la radio e avvisò i paramedici che non avrebbero accettato più emergenze.
" Randy chiami immediatamente Cleo e Kovach!"
" Chi lo prende questo??" Zadro chiedeva aiuto per un ragazzo '22 anni, bianco, pressione 80 su 60, profonda lacerazione al torace, sveglio e cosciente'.
Kerry e Peter ci lavorarono su per almeno un'ora, ma infine soddisfatti lo spedirono su in chirurgia, fuori pericolo.
Non erano che le 14 e l'inferno era già cominciato, e finito.
"Ottimo lavoro, signori" Kerry li aveva riuniti in accettazione "Malucci, è poi arrivata la moglie di quel pover' uomo?" purtroppo per il conducente dell'autocisterna non c'era stato nulla da fare.
"E' in Emergenza 2, ho pensato di lasciarla tranquilla un momento con suo marito."
"Certo, d'accordo. Signori: si torna al lavoro."
Avevano fatto veramente un ottimo lavoro: su tutti i pazienti, ne avevano perso soltanto uno. Quando andava così, Kerry si sentiva fiera e…fondamentale; era un po' come essere il coach della squadra che vince il campionato. Certo il merito non era tutto suo, ma il suo orgoglio e la sua super personalità, che Jerry aveva definito da imperatrice, la facevano sentire…più in alto. Scorse il tabellone e, cosa che era rigorosamente vietata agli assistenti, si scelse un caso particolarmente 'gustoso'. Con un flash si ricordò che quello era un aggettivo che Ellis usava spesso per definire i pazienti che lo intrigavano di più… improvvisamente si vide come lui, e posò di scatto la cartella, prendendo semplicemente il primo paziente in lista d'attesa.

Il pomeriggio trascorse nella normalità, e avendo saltato il pranzo, verso sera lo staff intero, lei compresa, era un po' inquieto e affamato.
"Capo, la mia ultima paziente è stata appena ricoverata in Medicina, io andrei a cercarmi un sandwich, vuole che le prenda qualcosa da mangiare?" Malucci aveva addosso il giaccone ed era sulla via d'uscita, già sicuro di ottenere il permesso.
"Grazie Malucci" decise di mentire per affrettare la conclusione di quel dialogo "ma tra un po' vado su a mensa… magari chiedi a Carter, o al dottor Greene."
"No, se ne sono già andati."
"Cosa??"
"Oggi avevano il turno sull'eliambulanza…"
"Ah già…l'avevo dimenticato… va bene allora tu vai pure. Sai se ci siano altri assistenti?"
"Credo che di là ci sia rimasto Benton, aveva da finire un cretino che si è frullato le dita…" ridacchiò sarcasticamente.
"Ciao, Malucci." Kerry tagliò corto. C'erano momenti in cui quel ragazzino la rendeva nervosa, e altri in cui si sentiva per lui quasi una tutrice. Dopo che Malucci uscì fischiettando rimase praticamente sola, e la cosa non le dispiaceva particolarmente. D'altronde era sempre stata una solitaria, per questo aveva scelto di andare in Africa, partendo da zero, armata solo della sua conoscenza medica.
Decise di rintanarsi in saletta medici, si portò dietro qualche cartella e una lattina di Diet Coke e, ovviamente, l'ingombrante carico della sua coscienza.
Non fece neppure in tempo ad alzare lo sguardo che incrociò il citofono sulla parete, il che le ricordò automaticamente che non aveva ancora effettuato quella chiamata.
Stancamente si issò in piedi e si diresse all'accettazione
" Randy, mi cercheresti il numero dell' agenzia 'Your Family', Frank deve averlo lasciato scritto da qualche parte."
" Certo dottoressa, ora do un'occhiata. " rispose cordialmente Randy riponendo fugacemente la limetta da unghie.
Composto velocemente il numero, Randy passò la cornetta a Kerry che si predispose ad una chiacchierata inutile che doveva affrontare con gentilezza e gratitudine, anche se il servizio svolto dall'agenzia non era certo gratuito. Si appoggiò al banco dell'accettazione e con fare paziente attese la fine dell'intero gingle di presentazione, al termine del quale le avrebbero passato un addetto.

In quel momento :" Kerry Weaver?" una voce gentile di donna giunse da dietro le spalle.




Sempre reggendo la cornetta tra la spalla e il viso e con in mano la sua Diet Coke appena assaggiata, si voltò con fare interrogativo per accertarsi di chi avesse alle spalle.
Poi ci fu un istante, quando vide quella donna, in cui le parve di essere piombata in una stanza insonorizzata, perché non le giungeva più alcun rumore, e tutto intorno si era fatto molto attutito, come sott'acqua.
La donna si fece avanti e protendendo una mano si presentò sorridendo cordialmente:
" Io sono Camille Lodgers e … bè, credo di avere qualcosa in comune con lei."
Quella che Kerry si trovava davanti era una donna sui quarant'anni, dai modi gentili ed educati, con lunghi capelli ramati raccolti in una treccia e con dei fenomenali occhi blu che la guardavano con curiosità e benevolenza. La sua gemella.
Ancora parecchio stordita, Kerry rientrò gradualmente in contatto con la realtà e le porse la mano, stringendo delicatamente e timidamente, ma non le riusciva di spiccicare parola. Nuovamente la donna le venne incontro :
" C'è un posto per parlare? La… ti, inviterei a bere un caffè. O sei in servizio? Ci diamo del tu, vero?" era chiaro che era entusiasta e molto più a suo agio, della sorella.
" Sì, certo, del tu. Un posto per parlare…c'è, ma accetto più volentieri il caffè."
Da dietro il bancone Randy osservava stupita, ma con fare attento, lo svolgersi della scena, come un battitore che aspetta il lancio della pallina. E infatti
" Randy puoi richiamare Malucci e magari Kovach? Io sono in pausa, e non so se verrò a finire il turno"
"Certo dottoressa, ora sistemo tutto." ammiccò con complicità. "Due Weaver! Ora ho visto veramente tutto qua dentro!" pensò in seguito tra sé, seguendo con lo sguardo le due donne che entravano nel salottino.
"Ti ha scovato l'agenzia?" Kerry finalmente cominciò a dialogare e diede la prima spalata a quella che si presentava come una gigantesca montagna di novità.
" Veramente io ho scovato te, tramite l'agenzia ", sorrise affabilmente, " ci eravamo rivolte alla stessa. Segni del destino, no?"
" Wow" le sembrava una fantasia elaborata dallo psicoanalista. " Di dove sei?"
" Syracuse, stato di New York. E' una cittadina carina, ma niente in confronto a questa tua Chicago!"
" Già, in effetti adoro questa città. Io le domande le riservo per dopo."
" D'accordo, anche se dubito che esauriremo gli argomenti così velocemente!"
" Hai ragione. Ti va bene se andiamo al bar qui davanti?"
" Certo, guidi tu."
Raggiunsero DocMagoo's da dove per fortuna Malucci se ne era già andato. Si sedettero e ordinarono due caffè lunghi con latte e senza zucchero, praticamente all unisono. Kerry commentò che di quel passo sarebbero sfociate nel melodrammatico, e si sorrisero ironicamente.
" Allora" di nuovo Camille si mise al timone " direi di cominciare con le cose fondamentali: i tuoi ci sono ancora?"
" No, purtroppo no. Da due anni circa."
" Oh. Mi spiace. Bè se ne vuoi uno dei miei… tanto ho anche due suoceri a coprire le perdite!"
" Però, sei fortunata! Deduco che tu sia -felicemente?- sposata. Hai figli?"
" Matthew, che ha 21 anni, e Missy, Melissa, che ne ha 18. Pensa, Matthew frequenta Medicina."
" Degno nipote!" risero.
Si guardarono negli occhi e un brivido percorse le loro schiene.

Una gemella. Proprio quando sentiva di avere ormai accettato il fatto di trovarsi sola al mondo, di non avere veri legami di sangue da rintracciare, ecco spuntare dal nulla il simbolo della relazione più intima e complice che esista nei sistemi familiari. Una gemella. Kerry se ne stava sdraiata a letto con una mano sotto la testa e l'altra adagiata sul ventre: fissava il soffitto e da fuori entrava una luce argentata che a malapena illuminava la trapunta. Era notte fonda, aveva lasciato le tende scostate. Si rese conto che avrebbe fatto tardi al lavoro, aveva il turno delle 6, cioè a poco meno di tre ore di distanza. Avrebbe chiamato Mark. Si rese conto anche che poteva chiedere un giorno. Non poteva evitare di mettere a confronto le loro due vite: Camille era la classica mamma, una come tante che aveva conosciuto al Pronto Soccorso. Uno stereotipo che in fondo l'aveva sempre attirata molto. La vita dedicata alla famiglia. Evidentemente Camille aveva avuto quello che a lei era mancato, un'infanzia nel nido. Gli adottivi Weavers erano ricchi, Kerry era stata viziata e amata, ma in modo particolare, tra collegi privati e corsi di musica, in visita ai migliori ortopedici del mondo e in viaggio per l'Europa con suo padre. Probabilmente invece Camille dell'infanzia e adolescenza ricordava la torta di mele della nonna, il campus, i ragazzi del football, i campeggi. Non riusciva a chiudere occhio, era troppo eccitata. Pensava a tutte le domande che avrebbe dovuto rivolgere a sua sorella (come le suonava estraneo!) l'indomani. Avrebbe telefonato ai nipoti. Poi si chiese che domande le avrebbe rivolto Camille. Tracciò mentalmente la propria storia sentimentale, decise che non avrebbe tacciato particolari, anche a costo di turbare la mentalità della sorella, che a prima vista le era sembrata un po' provincialotta. Ma forse la sottovalutava. Aveva ancora davanti agli occhi il suo viso, i suoi movimenti, i suoi vestiti. Il cappotto che faceva trapelare una sciarpa fatta a mano, un caldo cardigan color pastello. Le sue valigie di fattura modesta avevano un aria veramente vissuta, anche rispetto alle sue, che bene o male avevano girato il mondo. Forse Camille conosceva la vita più di quanto lei non avrebbe mai fatto. Le aveva detto di non essere mai riuscita a rintracciare la loro madre, seppur avesse cominciato i tentativi verso i vent'anni. Kerry le descrisse di come reagì male alla notizia, di quante agenzie avesse consultato, e naturalmente dell'amara esperienza con la signora Brennan. Quell'argomento non l'aveva poi coinvolta come aveva previsto: credeva sarebbe stato il punto cardine del loro incontro. Tuttavia avevano raggiunto un grado di confidenza incredibile in poche ore. Dunque si rivelò molto più interessante e magico comparare le loro vite, portare alla luce analogie di comportamento che sembravano scene da copione, svelare piccoli intimi segreti che prima di allora credeva non potessero essere abbastanza significanti per essere raccontati. Camille le aveva aperto la porta del mondo della quotidianità e della straordinarietà delle piccole cose. Una filosofia domestico-zen che le era completamente sconosciuta. Kerry ugualmente la affascinò raccontandole, con la semplicità di chi descrive cose comuni, di Parigi, della Gran Bretagna, dei musei, delle opere liriche, del dorato mondo dell'upper class americana. Venne fuori che erano state a New York per lo stesso numero di volte. Camille batteva le mani e rideva felice con allegria solare, Kerry più compostamente sorrideva sollevando le spalle socchiudendo gli occhi, ogni volta che emergeva qualche dettaglio che riconoscevano identico. Combaciavano tra loro e si completavano.
Da quel giorno Kerry non si sarebbe più addormentata sapendo di essere sola.


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