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Pagina aperta de 'Il Ponte'

La politica deve indossare nuovi panni

Caro Tiziano Arlotti. Mi ha molto interessata la tua lettera apparsa nel «Ponte» del 20 gennaio, per un motivo diverso da quello che ti ha spinto a scriverla nella tua veste di Assessore ai lavori pubblici. Tu parli soprattutto di due problemi. L'«invasività» dei rappresentanti di categoria che siedono nei Consigli d'amministrazione, e la necessità di far comprendere a parecchie persone che una Giunta fresca (non arrivata neppure all'anno di vita), ha un suo progetto di città che va fatto capire a chi ne chiede un altro, a chi cerca di intorbidare le acque. E concludi con una frase molto giusta: «Alla politica spetta il compito di denudare il Re».

Il fatto è che gli eventi degli ultimi dieci anni hanno denunciato che ad essere denudata è la stessa politica. Mi riferisco a tutta la vicenda che passa sotto il titolo di «mani pulite», ed alla cosiddetta alternanza di governo.

Con efficacia il titolo (redazionale, immagino) alla tua lettera recita che «C'era una volta la politica». C'era una volta, non soltanto perché c'era maggiore impegno (mentre oggi navighiamo in apparenza nel disinteresse più generale), ma anche perché oggi, a livello nazionale, sembriamo essere governati non più dai gruppi politici dei partiti tradizionali, ma da gruppi di potere che si sono costituiti in partiti per legittimare la loro «discesa in campo» a tutela di interessi privati. E' così cambiata la politica (in meglio o in peggio, ognuno giudicherà da solo: a me, che sono sempre stato lontano da partiti e da ruoli di potere, sembra decisamente in peggio). E' talmente cambiata che si personifica nell'unità inscindibile tra un movimento come Forza Italia ed il suo leader, fondatore e finanziatore, Silvio Berlusconi.

Però se questo cambiamento è avvenuto, la colpa non è soltanto del Cavaliere: dove ci sono dei vuoti, sùbito avviene che essi si colmino, secondo una legge fisica (che nessun governo o parlamento potrà modificare a proprio favore). La classe politica dirigente di quella che, con una convenzione retorica, chiamano della Prima Repubblica, non aveva personalizzato il potere (non c'era nessuna dittatura di un singolo uomo per ogni partito), ma aveva trasformato i partiti in quell'assieme di potere che permetteva di controllare tutto e tutti, per cui impunemente si praticava l'istituzione della tangente, con la scusa che era necessaria al mantenimento delle istituzioni-partito, ed allo svolgimento delle loro funzioni nella società civile. Neppure il finanziamento pubblico era riuscito ad arginare questi fenomeni che chiamiamo di corruzione, ma che i politici d'antan giudicavano come ossigeno indispensabile alla prosecuzione della vita democratica.

Tutto ciò, in poco tempo, è stato denunciato come fatto insostenibile: la politica è stata messa a nudo, e si è pensato che abolendo i partiti si sarebbe abolita la corruzione, e la vita civile sarebbe proseguita in modo migliore, anzi nel modo decisamente migliore che ogni utopia sogna per le proprie massime.

Purtroppo, la fase due (il risveglio), quando i vecchi elefantiaci partiti non ci sono stati più, si è rivelata drammatica ed amara, per chi conserva in sé il senso della distinzione e del ragionamento davanti agli eventi: la corruzione continua, la politica non è servizio per la società, non è impegno a favore di tutti, soprattutto di chi è «bisognoso». Ognuno si fa la barba per sé, non solo nell’attuale maggioranza, bensì anche nell’opposizione: che dire delle situazioni (parassitarie) ben remunerate di presidenze di enti e società? Dove sta il servizio per il prossimo? Non è un’apparenza, ma realtà molto avvilente, la corsa a poltrone che portano a cospicui assegni mensili. Non parlatemi, per favore, di missione del politico, altrimenti quel politico (di ogni bandiera) rinuncerebbe a siffatti lauti guadagni.

La politica di oggi ha un profilo bonapartista. Ma i sogni di gloria non sono soltanto quelli di Berlusconi, non dovendosi scordare la rovinosa illusione di D'Alema che con la Bicamerale aveva sognato una spartizione del potere con l'avversario, dimenticando che una Costituzione si riscrive soltanto dopo eventi tragici e traumatici come furono (ad esempio) quelli che dallo Statuto albertino portarono alla nuova Legge fondamentale dello Stato italiano entrata in vigore il primo gennaio 1948. (Ha ragione il prof. Luciano Canfora che in una lettera al «Corsera» ha scritto: «Il sottile D’Alema, che pensava di avere in cambio il successo della Bicamerale, ha portato il Paese a questa disastrosa ‘impasse’ etica prima ancora che giuridica».)

Quotidianamente assistiamo agli atti di molti apprendisti stregoni, che a secondo delle ore della giornata propongono questa o quella riforma costituzionale, dimenticando che l'armonia tra le «parti» di uno Stato è qualcosa di talmente importante e serio, che se viene a mancare si corrono gravi rischi (come dimostra l'attuale atteggiamento del Governo versus Magistratura).

Dunque, la politica denudata occorre che indossi nuovi panni per arrivare a ripristinare quell'equilibrio tra le «parti» che la nostra Costituzione prevede. Occorre che rifletta su se stessa. La politica c'è ancora. Non era tutta rose e fiori quella di un tempo, nepotista, esclusivista, prepotente, partigiana. Non è tutta rose e fiori quella di oggi, che si manifesta ancora nepotista, esclusivista, prepotente, partigiana. C'era la massoneria un tempo, c'è anche oggi, forse ancora più forte, meglio mascherata di una volta (nonostante le campagne ‘pubblicitarie’), ma stranamente più agguerrita di prima. C'è il perverso gusto di quasi tutti i politici di credersi onnipotenti (caro Tiziano, non parlo di te, beninteso).

C'è l'assurda, immorale situazione che nulla si può fare nella società italiana, a livello nazionale o a livello locale, senza il sostegno di un partito, di un suo esponente, o dei gruppi massonici (e ‘paramassonici’). Io mi sono sempre e soltanto interessato di questioni culturali: possibile che esclusivamente a politici e massoni sia consentito di agire indisturbati? E che contro chi non appartiene a queste due categorie, si possano commettere impunemente scippi e sgambetti? Occhio, ragazzi: qui ne va di mezzo non la sorte dei partiti (che possono morire o rinascere come i funghi, con rimborsi pubblici anche ai loro giornali che nessuno legge se non chi li compila), bensì la sorte della stessa democrazia.

La cosa è molto più seria delle critiche che gli eterni brontoloni rivolgono alla Giunta, caro Tiziano. Il Comune deve aprire le proprie porte a tutti. L'Ente pubblico dovrebbe essere garanzia di imparzialità. In nome di quella democrazia che non deve restare parola vana in mezzo a tante vane chiacchiere da sofisti.

Per capire la serietà del nostro momento, è utile leggere l’analisi che Giulietto Chiesa ha scritto sulla «Stampa» del 18 gennaio: moltissimi di quelli che hanno votato per l’attuale opposizione di governo, non si sentono più rappresentati per scelte che non condividono, come quelle sulla guerra infinita che rischia di sconvolgere il mondo intero.

Antonio Montanari

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