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Sotto i campanili di Coriano
La storia delle chiese locali in un libro di Casadei e Buda

«Quanta storia potrebbero scrivere i nostri campanili e le nostre parrocchie!», osserva giustamente don Egidio Brigliadori, Vicario foraneo, nella prefazione al volume «Parrocchie e chiese nel Corianese», curato da Maurizio Casadei e da Alessandro Buda, ed edito dallo stesso Comune di Coriano con il contributo della Banca di Ospedaletto e di Amia, Amir, Mercatone Uno, SGR servizi e Valleverde.

Il sindaco di Coriano Ivonne Crescentini avverte subito l'importanza dell'opera, ricordando come l'attività pastorale di molti sacerdoti (da don Mondaini a don Foschi, da don Tamagnini a don Bertozzi), si sia «esercitata anche nella crescita di una coscienza democratica e civile del popolo corianese in un confronto duro con il fascismo, ma spesso anche con le forze di Sinistra».

Le due citazioni che ho riportato, pur partendo da punti di vista opposti (quello spirituale di don Egidio, e quello diciamo così temporale, ovvero civile, di Ivonne Crescentini), approdano alla stessa, identica conclusione: la necessità di ripercorrere le tappe di un cammino compiuto, per ricavarne e sottolinearne le caratteristiche fondamentali. Il che non vuol dire, escogitare una conclusione di comodo che metta tutti d'accordo, ma sottolineare i vari momenti di un processo di cambiamento e di evoluzione sociale che può aver visto contrapposizioni dure, ma che era senza dubbio rivolto al bene comune.

Quindi è da sottoscrivere come affermazione corretta quella a cui il sindaco Crescentini perviene quando individua come ragione delle cultura laica e di quella religiosa, «un'etica dell'impegno» della quale (non soltanto) Coriano ha ancora bisogno «per continuare ad avere una Comunità di persone che agiscono non solo sulla base degli egoismi e degli interessi privati».

Don Egidio a sua volta termina la sua bella pagina introduttiva sottolineando la necessità di conoscere la storia per mantenere «quella continuità di memoria senza della quale rischieremmo di perdere la nostra stessa identità di esseri sociali».

Maurizio Casadei, come sempre attento ed appassionato cultore di questi studi, ha iniziato il suo impegnativo lavoro con una sezione che introduce alla rassegna delle singole chiese (a Coriano, S. Andrea in Besanigo, Passano, Monte Tauro, Vecciano, Mulazzano, Cerasolo, Ospedaletto). In questa sezione, passa in rassegna elementi di storia civile e religiosa, individuando quella struttura fondamentale su cui si sviluppa poi il discorso successivo: il Vicariato di Coriano, osserva ad esempio, nasce alla fine dell'Ottocento, e questo fatto è «un ulteriore riconoscimento alla centralità che il paese ha assunto in ogni campo».

Casadei, dalla lunga frequentazioni di archivi e biblioteche, ha ricavato una felice esperienza che lo porta a ben inquadrare per il lettore soprattutto non specialista i dati di fondo da cui partire poi per le analisi particolari. E queste pagine sono particolarmente felici per il taglio espositivo e lo stile che evita gli scogli eruditi che non interessano a nessuno, e mira invece dritto al racconto dei dati essenziali.

Quando affronta le singole località e le singole chiese, l'esposizione presenta piccole vicende che assumono però un carattere generale: prendo ad esempio il discorso sulla chiesa di Passano proprio per il suo carattere «periferico», come scrive Casadei. Ricostruita nel 1775, è danneggiata ma non distrutta dal terremoto del Natale 1786, resiste a quelli dell'Ottocento e del 1916, ma è sacrificata dalle bombe nel settembre 1944. Bastano pochi cenni per riassumere vicende di due secoli, e per suggerirci una riflessione su quante sofferenze hanno segnato la vita della gente che entro quella chiesa chiedeva conforto per sé e pace per chi se ne andava: penso al dramma della guerra, che una celebre foto ci ripropone. E' quella di don Serafino Tamagnini che, dopo il passaggio del fronte, e quindi dopo la liberazione delle nostre zone, rientra con un gruppo di sfollati dal territorio (neutrale, ma non troppo) di San Marino.

Don Serafino è là davanti che guida il gruppo, con il senso di responsabilità che tanti altri sacerdoti hanno avuto come lui, in tanti altri momenti storici anche differenti da questo, ma pur sempre drammatici per chi li ha vissuti (penso all'arrivo dei francesi sul finire del Settecento).

In quei momenti il prete di campagna, dei borghi più isolati o lontani diventa veramente il simbolo di un'unione che nessuna forza umana può garantire con la stessa serietà e serenità come può invece fare il sacerdote.

A questo aspetto accenna anche Alessandro Buda, curatore delle pagine iniziali sull'«Evoluzione di un vicariato fra Otto e Novecento», dove si parla della vicenda locale nel contesto più generale della storia italiana. Ben consapevole dei rischi che la generalizzazione dei discorsi può far correre a chi compone queste indagini, l'autore inserisce continui richiami alla realtà alla quale deve fare riferimento. Ed a questo proposito tornano utili i richiami ai testi del bibliotecario locale Paolo Zaghini che, ad esempio, ricorda come nel 1859 fossero arrestati alcuni parroci di Coriano a Monte Tauro a testimonianza delle tensioni esistenti fra Stato e Chiesa.

(Coriano è la patria del celebre abate filosofo Giovanni Antonio Battarra. Come tutti gli abati del 1700, non può essere preso a termine di paragone per descrivere la Chiesa del tempo, perché essi non avevano impegni pastorali. Per di più, il Nostro era distinto da un caratterino che lo segnalò in modo particolare, anche perché le sue idee si scontravano con censure che erano tipiche di allora. Non è quindi un prelato, e non lo possiamo inserire tra i sacerdoti «possessori terrieri».)

Anche Buda conclude con il ricordo di quei sacerdoti che ha citato il sindaco. Formatisi in un'età «incline soprattutto a salvaguardare i preconcetti dogmatici ed a rifiutare aperture politico-culturali», scrive, essi nella pratica quotidiana del Vangelo e della pietà cristiana, compirono le loro scelte, opponendosi alla violenza e soccorrendo le loro popolazioni. Questo dimostra due fatti molto semplici. Che non possiamo considerare le persone come semplice prodotto del clima storico in cui esse si sono formate. E che la Storia ci pone davanti continuamente a scelte che dobbiamo compiere in coscienza e con lo sguardo rivolto al bene comune. Quell'immagine di don Serafino Tamagnini era la processione del dolore vissuto, che soltanto la fede nella Provvidenza aveva aiutato a sopportare.

Antonio Montanari

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