il GRILLO parlante
per un'informazione equa e solidale nell'Est veronese
 
supplemento a "la Voce Civica", Aut.Trib.VR n.1215 del 27 maggio 1996
Direttore Responsabile ed Editoriale: Amedeo Tosi
Redazione:  località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (VR)

La responsabilità degli articoli e delle informazioni è tutta ed esclusiva dei rispettivi autori. il GRILLO parlante ospita volentieri ogni opinione e si assume la responsabilità degli articoli a cura della Redazione e di quelli non firmati.

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ASCOLTARE I CONSIGLI
 
"Capita a volte che il saggio sia consigliato da un pazzo"
(proverbio Beti - nazione: Camerun)
 
IN RICORDO DELLE VITTIME DELLA LORO "GIUSTIZIA INFINITA"
Mezzo secolo di giustizia e pace nel mondo (!?!)
1947 Uruguay : Spiegamento di bombardieri ; 1947-49 Grecia : Appoggio ai fascisti durante la guerra civile ; 1948-1954 : Filippine CIA dirige la repressione dei Huks ; 1950 : Porto Rico ; Contro la ribellione indipendentista ; 1951-1953 Corea. ; 1953 Iran : CIA porta lo Shah al potere ; 1954 Guatemala : CIA appoggia l'invasione ; 1958 Libano : Operazioni contro dei " ribelli " ; 1960-1975 : Viet Nam ; 1961 Cuba : CIA dirige un tentativo di invasione ; 1962 Cuba : Blocco navale ; 1962 Laos : Operazioni di commando ; 1964 Panama : Sopprime rivoltosi ; 1965 Indonesia : CIA appoggia il colpo di stato ; 1965-1966 Repubblica Dominicana : Sbarco di marines durante le elezioni ; 1966-1967 Guatemala : Intervento dei Green berets contro dei " ribelli " ; 1969-1975 Cambogia : Bombardamenti e incursioni ; 1970 Oman : Marines dirigono l'attacco Iraniano ; 1971-1973 Laos : Bombardamenti e infiltrazioni ; 1973 Cile : CIA mette Pinochet al potere ; 1975 Cambogia : Attacco contro una nave da guerra ; 1976-1992 Angola : CIA aiuta le truppe Sud Africane ; 1982 Libia : Due migs siriani abbattuti ; 1981-1992 El Salvador : Appoggio alla lotta contro i " ribelli " ; 1981-1990 Nicaragua : CIA dirige la Contra ; 1982-1984 Libano : Marines aiutano i falangisti e bombardano i musulmani e le posizioni siriane ; 1983-1989 Honduras : Costruzione di base militari vicino alla frontiera ; 1983-1984 Granada : Invasione quattro anni dopo la rivoluzione ; 1984 Iran : Due aeri Iraniani distrutti ; 1986 Libia : Bombardamenti ; 1986 Bolivia : Interventi militari contro nelle zone di produzione di coca ; 1987-1988 Iran : Aiuto all'Iraq ; 1989 Libia : Due aeri distrutti ; 1989 Filippine : Copertura aera contro il colpo di stato ; 1989-1990 Panama : Colpo di stato ; 1990 - Iraq ; 1992-1994 Somalia : Intervento durante la guerra civile ; 1994-1996 Haiti : Blocco navale ; 1997 Liberia : Scontri durante un operazione di evacuazione ; 1998 Sudan :Bombardamenti ; 1998 ; Afganistan : Bombardamenti ; 1998 Iraq :4 giorni di bombardamenti. 2001 ????? (di Alessia Berardinelli).
 
Petizione per gridare il tuo "no" alla guerra:
http://www.retelilliput.org/petizione.asp
Firma anche tu!

29 e 30 settembre 2001 presso Corte Molon (VR)

Prima Festa della Rete di Lilliput

VERONA CAPACE DI FUTURO

...in cui oltre a presentarci in maniera festosa alla città, vorremmo proporre e discutere insieme le nostre idee, le nostre aspirazioni, i nostri sogni.

PROGRAMMA
Sab 29/9 ore 17                 Tavola rotonda: la Rete e le sue proposte per Verona
Sab 29/9 ore 21                 Musica e balli proposti da BANDA BRISCA
Dom 30/9 ore 9,30             S.Messa celebrata da don Giulio Girardello
Dom 30/9 ore 10,30       Conferenza sul tema : “Come nassce un progetto del Commercio Equo e Solidale
                                            con Fabiano Ramin del Comitato Progetti CTM
Dom 30/9 ore 14,30           FESTA DEI BAMBINI animata da Gianni ed Eugenio

         Franceschini e Marisa Dolci con laboratori a sorpresa

Sempre aperti gli STAND dei gruppi aderenti alla Rete di Lilliput di Verona. Come arrivare: Corte Molon è in Lungadige Attiraglio, vicino alla Diga del Chievo. N.B. alla domenica il lungadige è riservato a ciclisti e pedoni: in auto dovete percorrere via Mameli dopo l’incrocio con il ponte Saval, seguire le frecce. Informazioni: la segreteria della Rete di Lilliput è aperta ogni martedì dalle ore 17.00 alle ore 19.00 in via Spagna 8 – Telefono 045.8009803

Sabato sera e domenica a pranzo (ore 12.30) assaggiate la vera cucina lillipuziana con prodotti del commercio equo e solidale!!! NODO VERONA - http://web.tiscali.it/retelilliputverona - retelilliputverona@tiscalinet.it
 

 
Appuntamenti da non perdere
 
 
29/09/01 - San Bonifacio (VR) - Presentazione libro: «Dai molti vuoti»
 
In occasione del Settembre Sambonifacese, Renzo Favaron presenterà il libro "Dai molti vuoti" (ed. Piero Manni). La Presentazione avrà luogo presso la Sala Civica Barbarani (via Marconi) di San Bonifacio il 29 settembre alle ore 17.
 
 
29/09/01 - Mestre - ECONOMIA NONVIOLENTA, AMBIENTE, SOCIETA' SOSTENIBILE E SOLIDALE
 
Sabato 29 settembre ore 15.00  MESTRE, VIA SERNAGLIA Convegno nazionale sul tema: ECONOMIA NONVIOLENTA, AMBIENTE, SOCIETA' SOSTENIBILE E SOLIDALE - CONTRIBUTI PER UNA "CARTA DI GAIA" . Intervengono: Nanni Salio, fisico, del Mov. Nonviolento - MIR, dirett. dell'Ecoistituto Piemonte - Idee ed esperienze di economia nonviolenta, Maurizio Meloni, della rivista AltrEconomia - rete di Lilliput - Contro le multinazionali, un’economia solidale, don Gianni Fazzini, coordinatore nazionale di Bilanci di Giustizia - Esperienze di sobrietà felice, Gianni Tamino, docente di biologia Università Padova - Dall’Ecologia all’Economia ecologica.
 

30/09/01 - Soave (VR) - «Nasce il Cerchio magico»

Il Cerchio Magico è un'associazione di servizi educativi e ricreativi che, a partire dal mese in corso, inizia la sua attività in Soave e in vari comuni dell'Est veronese. Essa intende promuovere corsi e laboratori didattici per bambini e adulti, mostre e brevi stages, animazioni e manifestazioni artistiche e culturali volte alla conoscenza e all'utilizzo di varie tecniche espressive: il disegno, la pittura, la scultura, l'incisione e l'uso creativo dei materiali. Al fine di far conoscere ai bambini, genitori, insegnanti, operatori sociali e cittadini le proprie proposte, il Cerchio Magico ha ideato una presentazione un po' insolita, scevra da rituali formali, vicina il più possibile al bisogno dei bambini e delle bambine di incontrarsi, giocare, vivere a contatto diretto con l'ambiente naturale nel rispetto delle persone e delle cose. DOMENICA 30 SETTEMBRE, dalle ore 10,30 alle 18 nel verde di Parco Zanella (Soave) si potrà "entrare" nel Cerchio Magico. Durante la giornata saranno allestiti 3 laboratori (1 - L'albero dei desideri, creazioni con la carta; 2 - Terra, acqua, fuoco, creazioni con la creta; 3 - Il gioco dei colori, creazioni con materie e colore) che consentiranno ai partecipanti di sperimentare piacevolmente, in qualsiasi momento, l'utilizzo creativo della carta, della creta e del colore. Per informazioni: Paola Zinnamosca, tel/fax 045 8904308 - email: paolazin@tiscalinet.it ; Vittoria Scrinzi, 045 7450820; Luciana Bertinato, 045 7681159.

 
02/10/01 - Mestre - ATTUALITA' DELLA NONVIOLENZA NELLE LOTTE ALLE INGIUSTIZIE IN TUTTO IL PIANETA

Martedì 2 ottobre 2001 ore 18.00 - nascita di Gandhi (2-10-1869)   MESTRE, VIA SERNAGLIA , convegno su "ATTUALITA' DELLA NONVIOLENZA  NELLE LOTTE ALLE INGIUSTIZIE IN TUTTO IL PIANETA". Intervengono: Mao Valpiana, direttore della rivista Azione Nonviolenta; don Albino Bizzotto, dei "Beati i Costruttori di Pace", di ritorno dall’AfricaMarina Gavagnin, dell’Associazione El Fontego - Bottega del Mondo, illustra l’esperienza di una cooperativa di donne in Bangladeshcon proiezione di video originali su Gandhi; ore 20.00 - buffet vegetariano indiano (offerta libera a sostegno della Associazione El Fontego - Bottega del Mondo); ore 21.00 - proiezione del film Gandhi.
 
04/10/01 - Verona - Piccola festa... con la «Casa per la Nonviolenza» 

Giovedì 4 ottobre S. Francesco d’Assisi. Per inaugurare la ristrutturazione del tetto e della facciata  della Casa per la Nonviolenza (Via Spagna 8,  37123 Verona), facciamo una piccola festa in via Spagna 8 (Quartiere Orti di Spagna). In un momento cupo per l’umanità, mentre la logica della guerra sembra vincere sulle ragioni della pace, vogliamo celebrare la vita dell’uomo e del santo Francesco, figlio di Pietro Bernardone, persuaso della nonviolenza. Gandhi e Capitini guardarono a lui come ad un grande Maestro. Dalle ore 16 alle ore 20 chiusura della strada al traffico. Programma: Ore 16 merenda - Ore 17 riflessione su “San Francesco alle Crociate” – testimonianze - Ore 18 incontro tra amici della nonviolenza: “che fare, oggi?” - Ore 19 aperitivo - Ore 20 cena di autofinanziamento alla Neurosteria. Una piccola festa, basata sulla gratuità, dove ognuno è chiamato a dare ciò che può per costruire insieme la nonviolenza organizzata . Una piccola festa per aiutarci ad esprimere il meglio di noi: compassione, mitezza, tenerezza, amore, umiltà: sono valori francescani universali . Una piccola festa, aperta a tutti gli amici della nonviolenza, per riscoprire le radici profonde e l’anima della cultura occidentale e di quella orientale

…Rispose il Santo: “Messere, se avessimo dei beni, dovremmo disporre anche di armi per difenderci. E’ dalla ricchezza che provengono questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l’amore di Dio quanto l’amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene materiale a questo mondo.” ( Fonti francescane – La Leggenda dei Tre Compagni ). (Movimento Nonviolento - Via Spagna 8,  37123 Verona - tel. 045 8009803 fax 045 8009212 - email: azionenonviolenta@sis.it - sito: www.nonviolenti.org)

 
04/10/01 - San Zeno di Colognola ai Colli (VR) - La vita, i pensieri, gli scritti di don Alberto Benedetti

Il Gruppo «Consumo Critico» Val d'Illasi e Bilanci di Giustizia organizzano GIOVEDI’ 4 OTTOBRE alle ore 20,30 presso la sala parrocchiale di San Zeno di Colognola ai Colli un incontro – riflessione su «LA VITA, I PENSIERI, GLI SCRITTI» DI DON ALBERTO BENEDETTI SEMPLICE PRETE, STUDIOSO, TESTIMONE DI PROFONDO AMORE ALLA TERRA NELL’ESSENZIALITA’ DELLA VITA QUOTIDIANA. Relatore: ALESSANDRO ANDERLONI autore del libro "IL PRETE DEI CASTAGNARI". "Ama il Creatore. Ama la terra. Lavora gratuitamente, conta su quello che hai e sii povero. Ama qualcuno che non se lo merita...Fai le domande che non hanno risposta. Investi nel millennio. Pianta castagnari. Sostieni che il tuo raccolto principale. E’ la foresta che non hai piantato. E che non vivrai per raccogliere…."

04/10/01 - Sommacampagna (VR) - L'Ulivo: IL FEDERALISMO E LE " AREE METROPOLITANE

Il COMITATO VERONESE PER L'ULIVO invita tutti GIOVEDÌ 4 OTTOBRE ORE 20.30 Presso la Sala Consigliare del COMUNE DI SOMMACAMPAGNA per parlare sul tema: «IL FEDERALISMO E LE " AREE METROPOLITANE" Un'opportunità per lo sviluppo ?». Programma della serata: Ore 20.30 Presentazione del Comitato Veronase dell'Ulivo. Maura Zambon; Ore 20.45  Breve introduzione di ( Gustavo Franchetto Vice P. Regione Veneto); COMUNICAZIONI - ORE 21.00 Federalismo: un processo Democratico ( Sen Luigi Viviani ); Ore 21.30 Il ruolo delle partecipate e i Servizi al Cittadino e alle Imprese (Federico Testa Consigliere d'Amministrazione AGSM). Ore 21.45   i Servizi Sanitari nelle Aree Metropolitane, Dottor Giovanni Butturini; Ore 22.00 le sinergie nel sistema trasportistico e la Riforma del Trasporto Pubblico (Marchi Ferdinando CNA). Ore 22.30 La gestione del Territorio. (Arch. Magagna Claudio). Seguirà un breve dibattito.

5 e 6/10/01 - S.Martino B.A. e Verona - DANZE SACRE DELLE MASCHERE DOGON

DANZE SACRE DELLE MASCHERE DOGON spettacolo della compagnia Awa Dances from Sangha - Mali: 1) Teatro Peroni - San Martino Buon Albergo (VR) Piazza del Popolo - venerdì 5 ottobre 2001- ore 21; 2) Teatro Camploy - Verona - Via Cantarane 32, sabato 6 ottobre 2001- ore 21 - ingresso gratuito - offerta libera. Sabato 6 ottobre ore 16-18, presso  atelier/palestra del teatro Camploy : «WORKSHOP DI DANZE E MASCHERE»laboratorio con alcuni danzatori e musicisti Dogon a numero chiuso - iscrizione: £. 50.000. Inoltre, sempre sabato 6 ottobre ore 18 presso il Teatro Camploy, «RITUALITÀ E MITOLOGIA DELLA SOCIETÀ DELLE MASCHERE» seminario introduttivo allo spettacolo con Sekou Dolo, Apam Dolo, Marco Gay, Lelia Pisani, Giulia Valerio. Iscrizione: £. 20.000

07/10/01 - Verona - UNA FESTA DI INCONTRO

I soci e amici di Metis Africa organizzano una giornata dedicata all' ospitalità, all'incontro, allo scambio in onore degli Awa Dances del Mali. Sono previste varie attività, al chiuso e all'aperto, e specialità culinarie Corte Molon- Verona - Lungadige Attiraglio domenica 7 ottobre, dalle ore 17 fino a tarda sera
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a Rita Bartolucci - tel. 045 8303266 - e mail: mari.pat@tiscalinet.it
Metis Africa o.n.l.u.s., con sede a Verona in via S. Felicita 9, è stata fondata per favorire una cooperazione a specchio con la popolazione dei dogon del Mali, e per finanziare la costruzione di una scuola elementare e di un centro di salute nel villaggio di Bodio, vicino a Bandiagara nell' altopiano Dogon. Il progetto è stato elaborato con O.R.I.S.S. (Organizzazione Interdisciplinare Sviluppo e Salute).

11/10/01 - San Bonifacio (VR) - Volontari Croce Rossa

La delegazione di San Bonifacio della Croce Rossa Italiana (CRI) organizza un corso di reclutamento di volontari del soccorso. Per spiegare l’iniziativa si terrà un incontro pubblico giovedì 11 ottobre alle ore 20,30 presso la sede della CRI, sita in via Tombole a San Bonifacio. Per informazioni: tel. 0456102222, lunedì, martedì, mercoledì dalle ore 20,30 alle 22

12/10/01 - Padova - CONFERENZA REGIONALE VOLONTARIATO GIUSTIZIA DEL  VENETO

E' convocato per il giorno 12 ottobre 2001 presso la chiesa Tempio della Pace  via Niccolò Tommaseo 47  Padova ( 5 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria) alle ore 15,30 fino alle 18,30 il consiglio regionale della conferenza volontariato giustizia con il seguente ordine del giorno: Comunicazioni del responsabile regionale; Valutazione applicazione del Protocollo d'intesa negli istituti di prevenzione e pena del Veneto; Principali problemi e priorità d'intervento negli istituti di prevenzione e pena del Veneto; Programma CRVG 2001-2003; Varie ed eventuali. Auspico una significativa rappresentanza delle varie associazioni che operano in tutti gli istituti di prevenzione e pena del veneto per concentrare l'impegno su obiettivi comuni per una migliore rappresentatività e forza contrattuale. Segnalo il sito www.volontariatogiustizia.it  per maggiori informazioni sulla Conferenza Volontariato Giustizia e per reperire documenti. Colgo l'occasione per anticipare  alcuni prossimi appuntamenti di cui daremo maggiori dettagli: 25 ott. Riflessioni sul ruolo della persona all'interno del sistema penale, Padova; 26 ott.   Giornata di studi sul volontariato penitenziario e  Informazione, Due Palazzi Padova; 24/nov. Convegno "Sportelli Giustizia" CSV veneto a VeronaIl responsabile regionale Maurizio Mazzi (Associazione "LA FRATERNITÀ"  Via Provolo 28, - 37132 VERONA - tel/fax 045/8004960 - cell. 347 0064001)

14/10/01 - San Bonifacio (VR) - Sul Carega con il CAI

La sezione di San Bonifacio del CAI (Club Alpino Italiano) organizza per domenica 14 ottobre una escursione sul Gruppo del Carega, significativamente intitolata «Compostrin, i colori d’autunno». Per informazioni: Paolo Luciani (045 6100495).


in primo piano

INTERVISTA A GINO STRADA (Emergency)
Dal cuore dell'Afghanistan
di VAURO SENESI

L'Afghanistan è un pessimo posto in cui andare, di questi tempi. Ne fuggono a centinaia di migliaia, attraverso i passi che si affacciano sul Pakistan. A risalire la corrente sono pochi temerari, professionisti della pace e della guerra: un pugno di giornalisti che cerca l'imbarco su scassati elicotteri mujaheddin, un'imprecisata quantità di teste di cuoio britanniche che ci arrivano col paracadute, sparuti gruppi di musulmani che vanno a arruolarsi nella jihad prossima ventura, a piedi. E poi c'è un chirurgo italiano che in Afghanistan ha un pezzo di cuore e due ospedali.
Hanaba è nel Panshir, ben dentro la valle che fu il regno di Ahmed Shah Massud prima che lo ammazzassero, come misura preparatoria al massacro delle Torri gemelle. Dopo dieci giorni di tentativi, Gino Strada è riuscito a rientrare in Afghanistan e a tornare nel "suo" ospedale, quello di Hanaba. La ricetta è stata molta pazienza, ottime conoscenze, un buon cavallo e un telefono satellitare. La sua organizzazione, Emergency, oltre a quello di Hanaba ha un ospedale a Kabul (chiuso dopo un'incursione di Taleban, che non ritenevano maschi e femmine correttamente divisi). Aveva lasciato la capitale in luglio, quando l'Afghanistan era il paese delle donne murate nei burqua, dei buddha scalpellati a cannonate e della povertà più spaventosa. Subito dopo gli attacchi ha cercato di tornare, ma ora l'Afghanistan è il centro di un mirino planetario - e della povertà più spaventosa, naturalmente. Quella non si è mossa mai.

La prima cosa che ti chiedo naturalmente è: come stai?

Bene. Insomma... voglio dire, il viaggio è stato duro, cinque giorni con la jeep e poi con il cavallo. In sella non è male, però si va sempre a quote tra i tre e i cinquemila metri, abbiamo superato un passo alto come il Monte Bianco. Un viaggio terribile anche perché tra la partenza e l'arrivo non c'è niente in mezzo, e devi pur trovare riparo.

Questo paese ti sta molto a cuore a quanto sembra.

Mi piacciono loro, mi piace la gente dell'Afghanistan. E' gente che sta pagando ormai da troppo tempo.

"Loro" non sono il nemico?

Assolutamente no. Io non mi sento più americano di quanto non mi senta afghano, anzi se devo proprio scegliere.... Credo che questo paese abbia pagato abbastanza per le scorribande di tutti quelli che ci hanno giocato, dall'Unione sovietica agli Stati uniti, dall'Inghilterra al Pakistan, all'Arabia saudita. E hanno pagato loro in carne ed ossa, non dimentichiamoci che questa guerra ha fatto una cifra vicina ai due milioni di morti. La gente che incontri è gente che non ha niente a che fare con la guerra, che non sa neanche che la guerra c'è, se non quando si trova una bomba che gli piove addosso o una mina che gli scoppia sotto. Per forza della gente così ti sta a cuore.

E' vero che le organizzazioni umanitarie e il personale dell'Onu hanno lasciato il paese?

Emergency non ha lasciato perché non abbiamo alcuna ragione per lasciare. Ciascuno fa le sue scelte, ma credo che proprio ora serva essere vicino agli afghani.Bisogna dimostrare che non stiamo giocando, perché la memoria delle cose resta e tra dieci anni diranno "sì, però quando hanno minacciato di attaccarli - speriamo sia solo una minaccia - avete mollato". Se si vuole un dialogo con queste persone, con la loro cultura, bisogna per forza fare dei pezzi di strada insieme. Altrimenti arriva lo scontro.

Ormai in Italia ti conoscono tutti, alcuni pensano che sei un eroe e altri che sei un pazzo incosciente.

Fesserie. Certamente la prima, quella di essere un eroe, ma credo anche la seconda cioè di essere pazzo. Noi siamo qui per fare il nostro mestiere, ed è quello di curare le vittime di guerra, non soltanto i feriti nel senso più lato. Perché anche chi non può avere un'appendicectomia o una gravidanza sicura perché la guerra ha distrutto tutto è una vittima di guerra. E allora che facciamo, siamo qui per curare le vittime di guerra e proprio quando la guerra si avvicina ce ne andiamo? Siamo qui semplicemente per fare il nostro lavoro, o almeno uno dei due compiti che compaiono nello statuto della nostra organizzazione.

Qual è l'altro?

Quello di promuovere una cultura di pace e di solidarietà. L'importante è capire che le due cose non sono diverse, sono semplicemente due modi diversi per riaffermare il principio che la vita umana ha un senso, un valore che mette fine a ogni discussione. Credo che la cultura di pace nasca dall'iniziativa di pace, è il fatto di fare delle cose che ti da anche diritto di parola.

Andrai anche a Kabul?

Oggi o domani mi metterò in contatto con le autorità di Kabul. Spiegheremo la situazione, spero che le autorità talebane siano disponibili. Abbiamo sempre cercato di riaprire l'ospedale, che avevamo chiuso dopo aver subito un'aggressione armata. Però in questo momento credo sia nostra responsabilità dire chiaro che, anche se non siamo d'accordo su un sacco di cose, qui c'è una potenziale catastrofe umanitaria. Allora teniamo questo ospedale pronto a funzionare, se ce ne fosse bisogno, e se poi non ce n'è bisogno tanto meglio. A me non piace parlare di pacifismo in senso astratto, e credo che aprire un ospedale dove lavora anche personale straniero sia uscire dall'astrazione.

Dicevi che molti afghani di questa guerra non sanno nulla. Che clima hai trovato tra le persone? Hanno la percezione di ciò che incombe su di loro?

Sono tutti molto preoccupati di quello che può succedere, però credo che la gente comune non capisca. Perché si sta parlando di attaccare l'Afghanistan? Perché si è identificato l'Afghanistan come la culla del terrorismo internazionale? E che c'entra la popolazione afghana? Non c'entra niente. Allora bisogna essere seri, non si può continuare con i giochini. Il terrorismo internazionale islamico è stato creato, finanziato, addestrato, pianificato dagli Stati uniti d'America insieme con l'Arabia saudita per quanto riguardava il finanziamento, e dal Pakistan per quanto riguardava l'organizzazione pratica logistica. Questo è un dato incontrovertibile, sta già nei libri di storia. Come sono arrivate fin qui persone di 22 nazionalità diverse? A Kabul ci sono algerini, sudanesi, filippini, ceceni, magrebini, marocchini, egiziani, iracheni. Chi ha dato loro le armi? Se gli Usa attaccheranno, qualche elicottero americano verrà abbattuto da missili americani.

Tra le molte ipotesi che si fanno, ora c'è quella di appoggiare la guerriglia mujaheddin in funzione anti-taleban.

Io non esprimo posizioni politico-militari. Tutte le volte stiamo a discutere di cosa fare, senza renderci conto che stiamo elaborando la terapia per un malato terminale. Ma non si potrebbe pensare alla cura quando cominciano i sintomi? Le vittime hanno tutte quante la stessa faccia, a Kabul come a New York. Preferirei che si cominciasse a ragionare sul perché ce ne sono. Anche i gesti più tremendi non nascono dal nulla.

Questi clamori di guerra hanno già provocato degli effetti?

Hanno già provocato dei morti, che mi sembra più preciso. Quando su una popolazione di una quindicina di milioni di persone poverissime si determina un aumento del costo dei generi alimentari di prima necessità (del riso, della farina, dello zucchero) del 30-40 per cento in due settimane, vuol dire che domani uno su tre non mangia. E spesso muore.

Che prospettive ha questa gente?

Qui le prospettive non sono rosee per nessuno, anche perché dall'Afghanistan se ne sono andati tutti. Hai presente la gente comune, i più poveri? Ancora una volta pagheranno loro. Io spero che si crei un grande movimento di opinione pubblica che dica: bisogna aiutare i più sfortunati, specie quando noi siamo responsabili della loro situazione. Bisogna aiutarli e non bombardarli. Perché lì dentro, sotto ciò che vedono i piloti super-tecnologici e super-intelligenti, ci sono carne, muscoli, ossa, roba che noi chiamiamo esseri umani. (il Manifesto, 27/09/01)


Marcia per la pace Perugia-Assisi

Stiamo raccogliendo informazioni sulle iniziative che si stanno organizzando in vista dell'importante appuntamento del 14 ottobre. Vi preghiamo di comunicarcele.

PERUGIA, 10 OTTOBRE 2001 - “SALA BRUGNOLI” Palazzo della REGIONE UMBRIA, Piazza Italia

I BALCANI E L’EUROPA: INTEGRAZIONE O NUOVI MURI?

Ricostruzione, sviluppo umano, prospettive dell’integrazione nell’Unione Europea;  Il ruolo della società civile e delle comunità locali per la  cooperazione dal basso

1° sessione (9.00-13.00): Ricostruzione, cooperazione, integrazione nei Balcani e dei Balcani nell’Unione Europea: bilancio  e  prospettive delle politiche istituzionali

Saluti: Maria Rita Lorenzetti Presidente Regione Umbria; Renato Locchi Sindaco di Perugia. Introduzione: Giulio Marcon, Presidente dell’ICS. Relazioni: Andrea Segrè, Università di Bologna; Milica Uvalic, già Vice Ministra dell’Economia della FRY, Università di Perugina; Mario Zucconi, Università di Urbino. Interventi: Attilio Massimo Iannucci, Vice Direttore della DGCS; John Philips Agenzia Europea per la Ricostruzione.

2* sessione (15.00-18.30): Di quale sviluppo economico e sociale hanno bisogno i Balcani ? Economia locale e sociale, sviluppo comunitario, capacity building: il ruolo della società civile e degli enti locali

Intervengono nelle due sessioni: Fatos Lubonja  Fondazione albanese per la societa’ civile Albania; Niko Veizaj Sindaco di Valona Albania; Gjergji Duro Sindaco di Korca Albania; Nebojsa Medojevic Center for transition Montenegro; Sejfudin Tokic Vice President House of People Bosnia Erzegovina; Senad Pecanin Bosnia Erzegovina; Kim Mehmeti Centro per la comprenzione multietnica Fyrom; Mirjana Najcevska Universita’ di Skopje Fyrom; Nedzet Mustafa Sindaco di Suto Orizari Fyrom; Flaka Surroi Community Development  Fund Kosovo; Svetlana Vukomanovic Center for non profict Sector Serbia; Jovan Teokarevic Institute for European  Serbia; Shaip Kamberi Presidente Comitato per la difesa dei diritti umani Valle di Presevo; Damir Grubisa IMO Istituto per le relazioni internazionali Croazia; Zinaida Marjanovic Donne in Nero Belgrado Serbia; Rappresentanti di associazioni, Ong, enti locali italiani

Durante il forum verranno presentati: l’appello: “L’Europa oltre i confini” promosso da ICS (Consorzio italiano di Solidarietà) e Osservatorio per i Balcani; La II edizione del dossier sulla ricostruzione dei Balcani

Promozione: Regione dell’Umbria, Comune di Perugia, Consorzio Italiano di Solidarietà, Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace; Coordinamento ed organizzazione: Consorzio Italiano di Solidarietà; Con la collaborazione di: Osservatorio per i Balcani. (Informazioni e adesioni c/o ICS - reggiani.ics@tin.it)

Informazioni sulla «Marcia per la pace»: www.krenet.it/a/mpace


MASSMEDIA e TAM TAM vari 

SITI DA VISITARE 
 
1) Agenzia giornalistica internazionale: www.fidest.net/   
2) Rete Lilliput: www.retelilliput.org
3) Rivista "Nigrizia":  www.nigrizia.it  
4) Agenzia giornalistica www.misna.org
7) Da Monteforte d'Alpone... www.stilelibero.org
8) Pedagogisti on line www.educare.it
9) Consumi Etici www.consumietici.it
 
 
MOSAICO DI PACE: RICHIEDILO! 

È in distribuzione in questi giorni il nuovo numero di "Mosaico di pace", la rivista mensile promossa da Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace. La novità principale di questo numero, firmato come sempre da padre Alex Zanotelli, missionario comboniano già direttore di "Nigrizia", è la rinnovata veste grafica che, anche grazie a quattro pagine in più, contribuisce a offrire una rivista più gradevole e più facile da leggere a quanti hanno a cuore i problemi della pace, della giustizia internazionale, della salvaguardia del pianeta, del dialogo tra le chiese in momento in cui il mondo sembra essere sull'orlo del baratro. La copertina e l'intero numero sono dedicati all'"altra-Genova". Il riferimento è ovviamente al vertice del G8 di luglio, ma soprattutto al movimento anti-global che lì si è dato appuntamento e "che ha proposto, pregato, pensato e contestato senza violenza e che oggi si interroga". A cominciare dall'editoriale-lettera aperta di Tonio Dell'Olio al Presidente Berlusconi perché "chieda scusa ai manifestanti pacifici che costituiscono stragrande maggioranza del GSF" per le affermazioni fatte il 22 luglio parlando di "collusione del Genoa Social Forum con gli elementi violenti che hanno turbato lo svolgimento delle manifestazioni". Berlusconi, infatti, "non ha atteso la conclusione delle indagini (peraltro ancora in corso), non ha ascoltato il diverso parere dei rappresentanti del GSF e ha sbrigativamente emesso la sua sentenza." E per finire, ancora una richiesta di scuse: "Delle ipocrisie dei Capi di Governo dei Paesi che figurano nei primi posti delle classifiche per la vendita di armi e per l’inquinamento ambientale, vorremmo chiedesse scusa non solo a noi ma soprattutto ai più poveri del mondo." Il dossier cerca infine di focalizzare l'attenzione sul dopo-Genova e sulle sfide che si pongono ai pacifisti: da "Globalizzazione, Crisi del Capitalismo" di Walden Bello all'agenda futura del senatore-verde Francesco Martone, dal contributo dell'ex senatore Stefano Semenzato sul progetto di scudo spaziale a un'intervista al prof. Antonio Papisca sui diritti umani e sul ruolo dell'Onu, senza dimenticare le risposte di Brunetto Salvarani alla domanda "E i cattolici da che parte stanno?". Per avere il testo completo dell'editoriale, o per ricevere una copia della rivista, rivolgersi alla segreteria di redazione: Mosaico di Pace: Via Petronelli n.6, 70052 Bisceglie (Bari), tel.080/395.35.07, fax: 080/395.34.50, e-mail: mosaicodipace@paxchristi.it

CARTA N°12... IN EDICOLA
 
Cari amici, ecco la consueta segnalazione dell'uscita in edicola del nuovo numero di Carta settimanale. Il nostro giornale contiene réportages, inchieste e interviste che servono a comprendere meglio quella che chiamiamo, nel titolo di copertina, l'"igiene del mondo", la guerra: la base americana di Sigonella, in Sicilia, è in allarme; un responsabile dell'associazione degli arabi-americani spiega la loro difficile situazione; la discussione, a Los Angeles, nel movimento antiliberista; un profilo di bin Laden e delle complicità statunitensi che gli hanno permesso di diventare quel che oggi è; un ampio racconto di cosa è l'Afghanistan e della sua storia recente; la fiera degli armamenti di Londra, che non ha chiuso i battenti nemmeno dopo gli attentati negli Usa. Agli articoli di Naomi Klein, Lanfranco Caminiti e Carla Benedetti, docente italiana a New York, e all'intervista a Pasquino Panato, missionario comboniano negli Usa, è affidato il compito di offrire approfondimento sui temi della pace e della guerra.
E ancora: un grande réportage da Gorizia e un articolo dalla Slovenia sul confine più caldo e sul più grande centro di detenzione per immigrati, in costruzione in Friuli; un'intervista allo svizzero Jean Ziegler sul prossimo vertice Fao: "La fame non è una fatalità";
il diario della scrittrice Fabrizia Ramondino dal suo viaggio nel Sahrawi. Come non bastasse, allegato al settimanale, e in regalo, vi è un supplemento che contiene le sintesi degli interventi (non rivisti dagli autori) al Public forum di Genova di Riccardo Petrella, Marco Revelli, José Bové, Susan George, Oronto Douglas e Giorgio Cremaschi, un articolo di Samir Amin e un'anticipazione dal prossimo libro di Mario Pianta. Un omaggio a chi sostiene che il movimento per "un altro mondo possibile" non ha argomenti. (Redazione di Carta)
 
FEMMIS - Notiziario telematico femminile Missionarie Comboniane
 
PACE INFINITA! - Eccoci ancora una volta in moto. Ci scusiamo con voi per il lungo silenzio. Abbiamo "spento" per qualche tempo la voce di femmis ma per darle più forza. Abbiamo voluto aggiornare la veste grafica delle sue pagine, ma lo spirito è sempre quello: mantenere alta e udibile la voce e il cammino della donna nel mondo. Oggi più che mai, quando venti di guerra sembrano buttare all'aria pazienti anni di ricerca per una convivenza pacifica tra i popoli. Vi invitiamo a ritornare a visitarci al solito indirizzo www.femmis.org (per  la Redazione di Femmis, Elisa Kidanè).
 
CITTA' SANTA E LACERATA. GERUSALEMME PER EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI
di Luigi Sandri (luidav@tin.it)
 
Carissima, carissimo, ho il piacere di comunicarti che finalmente è ormai "nato", e sarà nelle librerie la prossima settimana, un mio denso libro, ma pensato per i "non addetti ai lavori", e dunque (spero) agile, sulla intricata situazione storica, teologica, geopolitica di Gerusalemme. I kamikaze islamici che l'11 settembre 2001 si sono abbattuti contro le "Twin towers" di New York e contro il Pentagono hanno anche idealmente colpito Gerusalemme, rischiando di ridurre in cenere il già traballante "processo di pace" tra Israele e l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, un nodo cruciale per l'intero Mondo musulmano. Di fronte ai nuovi, drammatici sviluppi della situazione è più che mai necessario tentare, prima di tutto, di capire. Per quali ragioni storiche e teologiche ebrei, cristiani e musulmani si sono contesi da sempre la Città santa? Che dicono, di questa, la Bibbia e il Corano? Quale il contesto geopolitico in cui si situa il sanguinoso contrasto tra israeliani e palestinesi per la "spartizione" della stessa terra? Perché il tentativo di riconciliazione tra lo Stato ebraico e l'Olp, iniziato nel 1993, si è poi arenato, rischiando di incendiare il Medio Oriente? Per tentare di sbrogliare nodi così complessi occorre rivisitare quattro millenni di storia, osservando gli eventi da tre punti di vista - quello di ebrei, di cristiani e di musulmani - per poi farli convergere in un cammino comune guidato dalla giustizia. 
Da Abramo a Sharon, da Gesù a Wojtyla, da Muhammad ad Arafat, Gerusalemme ha conosciuto nei secoli i giorni della benedizione e quelli della devastazione. Anche oggi, pur in un soverchiante clamore delle armi, l'ultima parola potrebbe ancora essere delle donne e degli uomini che vogliono la "pace" ("shalom" in ebraico, "salam" in arabo). Ma occorre un supplemento di saggezza e di coraggio da parte di tutti. Perché il tempo stringe.
Nella tua città il libro si dovrebbe trovare sia nelle librerie cattoliche, che in quelle laiche (in particolare Feltrinelli). Se, comunque, hai problemi per trovarlo, puoi prenotarlo, o richiederlo - a condizioni di favore - a: "Confronti" - Abbonamenti - Via Firenze, 38 - 00184 Roma tel 06-4820.503, 4890.3241 e-mail: abbonamenti@confronti.net, oppure a: Cipax - Via Ostiense, 152 - 00154 Roma tel 06-5728.7347 e-mail: cipax@romacivica.net .
Il libro si intitola: CITTA' SANTA E LACERATA. GERUSALEMME PER EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI - Editrice Monti, Saronno, p. 420, Lire 40.000 [Editrice Monti, Via Legnani, 4 - 21047 Saronno - VA --- tel 02.9670.3732, e-mail: editrice@padremonti.it]
 


Questo è l'appello, firmato da alcuni esponenti del mondo culturale italiano, contro la nuova legge "salvaladri".

Sulle rogatorie vibrante denuncia di personalità della cultura. Successioni, falso in bilancio, rogatorie

BOTTINI DI GUERRA

La sera del 24 settembre il presidente Bush ha emanato un "executive order" per colpire interessi e operazioni finanziarie di 27 organizzazioni sospette di terrorismo. Il decreto presidenziale vuole tagliare il cordone ombelicale che alimenta finanziariamente il terrorismo, e perciò è puntato su banche, borse e finanziarie di tutto il mondo. L'Italia è sospettata di essere, insieme alla Svizzera, al Panama, a paradisi fiscali asiatici, un territorio che il terrorismo utilizza per finanziarie i suoi crimini. Le nostre banche, e quelle degli altri paesi nel mirino, dovranno dunque ripulire i propri movimenti dal denaro sporco che li inquina, altrimenti saranno considerate complici delle 27 organizzazioni sospettate di finanziare i criminali. La mattina del 25 settembre, la Camera dei deputati italiana, insensibile a tutti gli appelli dell'opposizione democratica, iniziava l'esame conclusivo del disegno di legge che ratifica e vanifica al tempo stesso l'accordo italo-svizzero di collaborazione giudiziaria tra i due Paesi: il cosiddetto accordo sulle rogatorie. L'obbiettivo del governo Berlusconi e della sua maggioranza parlamentare è quello di approvare definitivamente il disegno di legge il 27 settembre, avendolo il Senato approvato per suo conto il 3 agosto, quando gli italiani erano distratti dalle vacanze. Fra il 3 agosto e il 25 settembre c'è stato l'attentato terroristico di Bin Laden alle Torri di New York e al Pentagono di Washington, con aerei di linea dirottati e trasformati in bombe di carne umana. Ciò nonostante, e nonostante il decreto del presidente  Bush, la maggioranza di Berlusconi non si è mossa di un centimetro dalle posizioni assunte fin dal primo giorno della legislatura, con l'obbiettivo di sottrarre alcuni nomi eccellenti a processi penali il cui svolgimento ed esito sono condizionati dalla possibilità o meno, per i giudici italiani, di utilizzare le prove provenienti dalla Svizzera. Le prove riguardano, fra l'altro, il "processo delle toghe sporche", relativo alla corruzione di giudici da parte di avvocati affinché emettessero sentenza favorevole alla Fininvest nella causa per l'acquisto della Mondadori. L'accordo di collaborazione giudiziaria fra Italia e Svizzera, concluso dal governo Prodi il 10 settembre 1998, viene ratificato ora, mediante l'approvazione di una legge - appunto - di ratifica che però sterilizza i contenuti dell'accordo, trasformando il processo in una corsa ad ostacoli con l'effetto di arrivare alla decorrenza dei termini e, quindi, alla prescrizione dei reati. La legge, che dovrebbe consistere in un articolo unico di due righe, con l'affermazione che la Repubblica italiana ratifica l'accordo, non si limita a devastare i contenuti  dell'accordo stesso, ma riforma anche il codice di procedura penale (art. 729), allo scopo di rendere NON utilizzabili in Italia i documenti trasmessi dalla Svizzera se in essi sia rilevabile una qualsiasi irregolarità formale nell'atto di trasmissione, fosse anche solo un TIMBRO. Inoltre, gli atti bancari debbono essere "certificati" dalle banche stesse secondo una procedura che la Svizzera non adotta, sicché diventa problematica la possibilità di utilizzare i documenti forniti dalle banche. Di questi e di altri ostacoli frapposti alla giustizia, escogitati da avvocati-parlamentari della Destra, si gioveranno certamente i colleghi di partito e di Casa (delle Libertà) di quegli avvocati-parlamentari (legati a Berlusconi) apertamente soci, cortigiani e dipendenti dello stesso Berlusconi, ma non  è impossibile che se ne giovino, insieme, grandi mafiosi, finanzieri corrotti e terroristi. E' un fatto che nel momento stesso in cui il ministro Scajola invoca uno "spazio giuridico europeo" nonché  l'Europol e il mandato di cattura europeo, i colleghi di Scajola votino una legge per favorire, insieme agli amici italiani, possibili criminali stranieri. E la votino con tanta urgenza, solo perché alcuni imputati non potrebbero attendere oltre senza venire condannati. Ha detto il procuratore della Repubblica di Ginevra, Bernard Bertossa, in un'intervista sulle possibilità di accedere alle casseforti supersegrete che alimentano il terrorismo: "Stento a vedere il signor Berlusconi o la Famiglia reale dell'Arabia Saudita trasformarsi di colpo in nemici del denaro sporco". Così si parla del nostro governo all'estero, dopo che i famosi primi "Cento giorni" si sono risolti in una serie di regali finanziari e processuali al premier e ai suoi amici: dall'esenzione fiscale per le eredità supermiliardarie alla notevole depenalizzazione del falso in bilancio al sabotaggio delle rogatorie internazionali alla mancata soluzione del conflitto d'interessi che, come ricorderanno gli elettori italiani, avrebbe dovuto esser proposta al Consiglio dei ministri nei primi cinquanta giorni di governo.
Trovate qui gli indirizzi Internet dei firmatari di questa vergognosa Proposta di Legge. Vi invitiamo a scrivere dicendo loro quello che ne pensate. - On. Gaetano Pecorella (Pres. Commissione  Giustizia) pecorella_g@camera.it - Sen. Marcello Dell'Utri (Forza Italia - firmatario della proposta di legge) m.dellutri@senato.it - Sen. Enrico Pianetta (Forza Italia - firmatario) e.pianetta@senato.it - Sen. Raffaele Iannuzzi (Forza Italia - firmatario)- r.iannuzzi@senato.it - Sen. Guglielmo Castagnetti (Forza Italia - firmatario) g.castagnetti@senato.it  - Sen. Paolo Guzzanti (Forza Italia - firmatario) p.guzzanti@senato.it - Sen. Aventino Frau (Forza Italia - firmatario) a.frau@senato.it
 
 
Rogatorie, la maggioranza battuta da un emendamento
 
ROMA - Il disegno di legge che rende più complesso l'iter delle rogatorie internazionali da giorni infiamma il dibattito politico interno, all'ombra delle più ampie discussioni su un eventuale attacco americano: la maggioranza difende la legge a spada tratta, l'opposizione cerca in tutti i modi, compreso l'ostruzionismo, di bloccarla. E oggi, a Montecitorio, il centrodestra cade, inciampando su un emendamento presentato da Giuliano Pisapia, deputato indipendente di Rifondazione comunista, e approvato con scrutinio segreto dall'aula. Conseguenza: Casa delle libertà battuta, il provvedimento deve tornare all'altro ramo del Parlamento. Il voto segreto è stato possibile visto che, come ha rilevato il capogruppo del Prc Franco Giordano, la materia riguarda i diritti di libertà: e, dunque, i promotori dell'emendamento hanno potuto chiedere, e ottenere, che lo scrutinio non fosse palese. "Ed è il segno - ha dichiarato Giordano - di un malessere che esiste nel centrodestra, dove in molti si sono resi ben conto che queste norme erano un favore per qualcuno". Il riferimento è ovviamente, al premier Silvio Berlusconi. L'emendamento, approvato con 250 voti favorevoli e 228 contrari, stabilisce che "costituisce truffa in materia fiscale la condotta di chi, con artifici o raggiri, inducendo in errore l'autorità amministrativa, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto, con danno all'ente pubblico defraudandolo di un tributo la cui entità comporta un reato fiscale". Ora il provvedimento torna al Senato; quanto alla Camera, dopo la votazione il presidente, Pierferdinando Casini, ha sospeso la seduta per mezz'ora. Ovvio che a giochi fatti la discussione si concentri adesso sul calcolo dei voti. Su chi, tra i parlamnetari della maggioranza, non abbia rispettato le consegne del centrodestra. Se sui nomi dei "franchi tiratori" impazza il pettegolezzo, il calcolo dei voti rivela che dai banchi della Cdl sono stati 25 color che ahnno disatteso le indicazioni. Complessivamente, i votanti sono stati 465 mentre al momento del voto erano presenti 240 deputati della maggioranza e 225 dell'opposizione. I sì sono stati 250 (25 in più dei deputati di opposizione presenti), i no 215. Dei 347 deputati di Fi, An, Ccd-Cdu e Lega non hanno votato in 108: 44 in missione e 64 assenti. Di questi 108, a non partecipare oggi alle votazioni sono stati 46 deputati di Fi, 37 di An, 14 del Ccd-Cdu, 11 della Lega. Quanto alle opposizioni, hanno votato fra Ulivo e Prc in 225: 122 Ds, 68 Margherita, 8 Prc, 8 Sdi, 7 Pdci, 6 Verdi, 4 iscritti al Misto dell'Ulivo, 2 delle Minoranze Linguistiche.
Dopo una breve sospensione la sedute è ripresa e il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha respinto le critiche di quanti hanno contestato la sua decisione di votare a scrutinio segreto l'emendamento: "Ho seguito il regolamento visto che l'emendamento incideva sui diritti e le libertà personali". (27 settembre 2001, segnalazione di Paolo Veronese))
 

ABROGHIAMO IL RAZZISMO!

La legge sull’immigrazione, che modifica la già discutibile Legge 40/98, meglio conosciuta come Turco-Napolitano, sta per avere il suo battesimo definitivo in Parlamento. A meno di clamorosi colpi di scena (es.: approvazione di emendamenti proposti dall’opposizione), l’Italia sarà dotata della legge più liberticida e razzista d’Europa in materia di immigrazione. L’immigrato perde la sua naturale condizione di essere umano per diventare solo un ingranaggio usa-e-getta nel mondo del lavoro, nel disprezzo totale delle regole più elementari di umanità e di diritto. Proprio ora che il mondo ha più che mai bisogno dei valori legati alla pace e alla solidarietà tra i popoli, il governo Berlusconi lancia la sua sfida a questi valori. Noi la raccogliamo, mobilitandoci per una grande iniziativa volta alla proposizione di un referendum popolare per l’abrogazione della nuova legge. In attesa della pubblicazione del testo definitivo, vorremmo conoscere la vostra opinione su questa proposta. La redazione Namir dallA DENUNCIA di una nostra utente richiama - per un impegno civile - a firmare questo testo - inviandoci una email ad - artenamir@genie.it con scritto in oggetto NO AL RAZZISMO - tutte le email e le vostre opinioni saranno pubblicate all'nterno della pagina del nostro giornale - http://web.genie.it/utenti/n/namirdue/ e inviate successivamente a chi di dovere invitando i parlamentari a prenderne atto.


INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI

Berlusconi: coincidenze e laicità

Cari amici, Berlusconi ha infilato due perle gigantesche...Prima ha parlato di coincidenza tra terrorismo e movimento no-global (preferisco dire new-global o global justice o movimento per la pace), poi ha esaltato la superiorità della "civiltà occidentale". 1. Sì, ci sono molte coincidenze oggi. Ne elenco due. La prima riguarda la tardiva e ipocrita scoperta dell'ampia ramificazione economica-finanziaria dell'impero di Bin Laden, una multinazionale trasversale e intrecciata alle grandi multinazionali e alle banche "occidentali". Anche nel "nostro" sistema economico stanno le radici e i canali del sostegno al terrorismo. Anche questo è un aspetto della globalizzazione neoliberista che intendiamo contrastare con la forza della nonviolenza. La seconda concerne il tentativo (oggi ridimensionato) di intralciare e di impedire le rogatorie internazionali (che avrebbe facilitato corrotti, mafiosi, malavitosi e terroristi). Le multinazionali binladeniane sono organizzazioni mafiose modernissime e sofisticate. In tale contesto, è utile informare sulla pubblicazione della sentenza di Capaci dove si parla di "rapporto fruttuoso" tra Cosa Nostra Dell'Utri e Berlusconi e si delinea una trama di "convergenti interessi" da esplorare dal punto di vista penale. 2. Le dichiarazioni berlusconiane, oltre a rivelare un'immensa ignoranza (non esiste civiltà "occidentale" senza l'apporto arabo-mussulmano fin dal Medioevo), collocano il Presidente del Consiglio nel partito fondamentalista (che sostiene e alimenta altri fondamentalismi). Potrebbe essere la terza coincidenza...Nessuno ora potrà dire che la pecora nera del governo è Bossi e che Berlusconi è il buono, l'equilibrato che garantisce per lui e per tutti. E' caduta la maschera... Gli esponenti religiosi che stanno rispondendo a Berlusconi rivelano una razionalità  "occidentale" assai più forte della sua. In particolare, il messaggio profetico di Giovanni Paolo II oggi è molto più laico dei finti laicismi di questa destra italiana e del suo maggiore partito. Fraterni saluti. Shalom. Salam. Sergio Paronetto (Pax Christi - Verona) 

1) NORDEST E ASSALTI IN VILLA

CON IL TARLO DELLA PAURA

di ILVO DIAMANTI

Non ci facciamo mancare niente, a Nordest. Laboratorio totale. Di economia, mercato, politica. Paura. Una paura che corre lungo il percorso che collega le villette del Veneto extraurbano. Poste nella cerchia esterna alle città, dove giungono coloro che fuggono dalla concitazione. Dal traffico. Dalla folla. Nelle periferie di Vicenza e di Verona. Nell'arco pedemontano. Che arriva fino a Brescia e Bergamo. D'altronde, la casa in mezzo ai campi, fra le colline, per il Nordest, non costituisce l'approdo dei nuovi ricchi. E', invece, un riferimento antico. Un segno di riconoscimento. Di sicurezza. La casa in proprietà. Che nella tradizione contadina coincide con il luogo di produzione, più che di vita. Il centro dove agisce la famiglia-impresa. Dove depositare gli attrezzi, i raccolti. Dove persone e animali vivono vicino. La casa in proprietà. Nel corso dei decenni se la sono costruita in tanti. Spesso da soli. O con i familiari. Sfruttando tutto il tempo "libero" (?). Il fine settimana. Perché per un popolo di migratori, per gente povera, la casa è la sicurezza. La promessa che ti fermerai. Prima o poi. E nessuno ti potrà mandare via, anche in tempi di incertezza del lavoro. Perché disponi di un tetto. E di quattro mura. Per questo la paura che assedia le villette dei piccoli imprenditori, e non solo, segna un punto di svolta, rispetto alla tradizione di questa terra. Uno spartiacque. Tra un passato segnato dal rapporto amichevole della società locale con lo sviluppo e con l'ambiente. E il presente, nel quale la ricchezza individuale e familiare comporta rischi. Non è un fatto nuovo, in verità. E' ormai da vent'anni che il Veneto ha raggiunto un elevato sviluppo economico. Che ha conquistato il benessere. Mentre è da meno - un decennio, forse - che la società lo ha scoperto. Che si è resa conto di essere diventata più ricca. E agisce di conseguenza. Cambiando stili di vita e di consumo.I villini, le auto di lusso (la cui diffusione in Veneto ha raggiunto i livelli più alti, in ambito nazionale). I viaggi. Si lavora tantissimo. Ma si gode anche di più. Si coltiva il piacere. E si persegue il consumo vistoso. Per dichiarare a tutti che si è arrivati. Con tanti sacrifici. Partendo da zero, o poco più. Ma si arrivati. E ne valeva la pena.
Ciò che, fino a qualche tempo fa non era chiaro riguardava le implicazioni meno gradevoli di tutto ciò. I cambiamenti del paesaggio, saturo. Talora devastato. Le strade intransitabili. La campagna consumata. Le città dilatate. Inserite in uno spazio edificato sempre più esteso, sempre più irriconoscibile. Difficile essere davvero felici in questo mondo dove i confini si scolorano. Dove le relazioni sociali si frammentano. Dove è difficile viaggiare. Dove non si cammina più. Dove non incontri più la gente. Un mutamento generale, rapido.Il costo di un successo arrivato rapidamente, per tante, tante persone. Non ce ne rendevamo conto del tutto, fino a qualche tempo fa. Da ciò, anche da ciò, il sottile senso di inquietudine e di insicurezza che si respira. Perché viviamo sempre più soli. Stranieri a casa nostra. Non solo e non tanto perché cresce l'immigrazione. Perché le minacce alla nostra vita individuale e familiare crescono. Ma perché noi stessi abbiamo stravolto il nostro mondo. E stentiamo a riconoscerlo.Tanto più oggi, che l'incertezza si colora di scuro. Diventa paura. Paura delle aggressioni alle ville isolate della periferia veneta. Delle bande di rapinatori (albanesi e non solo) che colpiscono ormai con regolarità quotidiana. Ma anche dei mille reati, meno eclatanti, che affliggono le nostre piccole città, i nostri piccoli paesi. I furti di appartamento. Gli scippi. Le auto che scompaiono. La tentazione di farne "solo" un problema di ordine pubblico è forte. Legittima. D'altronde, combattere la malavita è un compito delle forze di polizia. Però, come non vedere, in questo "modello di criminalità", in questo "modello di reati", il riflesso del nostro "modello di sviluppo"?
Ma il Veneto, il Nordest, è un territorio di piccole imprese, di piccole ricchezze, piccole ville. Sparse. Che inevitabilmente attirano la malavita. Bersagli difficili da difendere. Ma facili da aggredire.
Il Nordest, poi. Fino a dieci anni fa frontiera chiusa, di fronte a un mondo chiuso. Oggi, dopo la caduta del muro, è una frontiera aperta. Che permette alle imprese e agli imprenditori di delocalizzare, ai lavoratori dei paesi dell'est di emigrare da noi in fretta. Una frontiera che, peraltro, ci collega a un'area devastata dalla guerra, da molti anni. Bacata da economie e organizzazioni illegali. Siamo diventati una terra ricca, urbanizzata, che si allarga ulteriormente oltre confine, a Nordest; una metropoli diffusa e inconsapevole, che si allunga verso la Lombardia. Che, per questo, entra nello spazio di riferimento delle bande criminali. Anzi ne costituisce il centro. Fra i Balcani e le metropoli (consapevoli) del Nordovest. E' difficile rendersene conto. Accettarlo. Eppure i fatti di questi giorni sono lì a ricordarcelo. Che siamo cambiati. Che dobbiamo pensarci e organizzarci diversamente. Che è passato il tempo in cui tutti vivevamo con le porte aperte. Anche perché, negli stessi paesi, tenere le porte aperte significa finire avvelenati dagli scarichi delle auto. E, per i bambini, uscire in strada, dietro a casa, significa correre dei rischi. L'ambiente non ci è più amico. E' passato il tempo in cui il controllo sociale era determinato dalla presenza e dalla vita delle persone sul territorio. Nessuno, di sospetto, passava senza che venisse percepito. Identificato. Mentre oggi nessuno conosce più nessuno, nelle città; neanche nei paesi. E i più fortunati, d'altronde, dai paesi e dalle città se ne fuggono.Tuttavia è difficile fermare il tarlo della paura che ci rode possa senza ripensare l'organizzazione della nostra società, del nostro territorio. O meglio: certamente, possiamo chiedere e ottenere più controllo esterno, per abbassare il rischio criminale. E possiamo, inoltre, ricorrere maggiormente ai sistemi di sicurezza. Polizie pubbliche e private. Carabinieri e vigilantes. Impianti d'allarme. Finestre e porte blindate. Pitbull e rotweiller nei giardini. Armi accanto al letto. Mura invalicabili. Costeggiate, chissà, da corsi d'acqua affollati da piranas. Scavalcati da ponti levatoi. Ma davvero così diventeremo più felici? Più liberi? Più "sicuri"? Meno prigionieri e meno stranieri a casa nostra?(Domenica, 9 Settembre 2001 - IL GAZZETTINO, segnalazione di Paolo Veronese)
 
 
2) SAN BONIFACIO. L’ennesimo episodio di criminalità ha suscitato grande impressione e la reazione delle autorità
Ronda notturna contro i rapinatori
San Bonifacio. Il nuovo episodio di criminalità che domenica notte ha colpito la famiglia Gattazzo in via Tombole ha suscitato non solo grande impressione ma anche un’immediata reazione da parte delle autorità. Da uno dei protagonisti coinvolti nel fatto criminoso, Franco Castelli, cugino di Gastone Gattazzo, che abita al piano terra proprio sotto l’appartamento del cugino e degli zii Mario e Nella, si apprendono altri particolari sulla rapina. «Ero appena andato a letto e stavo leggendo un libro», racconta Castellani, «quando ho sentito le grida dei miei zii. Senza capire subito cosa stesse accadendo, sono uscito in cortile proprio nel momento in cui mio cugino, riuscito a divincolarsi da uno dei tre malviventi che lo aveva costretto a scendere in cantina sotto la minaccia di una grossa chiave inglese, stava uscendo dalla porta inseguito dal suo carceriere. Rincuorato dalla mia presenza Gastone avrebbe voluto catturare il suo assalitore, ma io l’ho dissuaso per evitare pericolose reazioni del malvivente. In qel momento», prosegue, «ho visto che i due rapinatori, saliti in casa per cercare soldi e ori, scendevano precipitosamente dalle scale e si davano alla fuga scavalcando il cancello automatico che nel frattempo si era richiuso».
Richiamati dal trambusto sono subito usciti di casa anche i vicini che hanno fatto in tempo a vedere la macchina dei ladri imboccare via Puccini, una strada senza uscita che finisce nel cortile della famiglia Andreetta. Accortisi dell’errore, i fuggitivi hanno fatto retromarcia e hanno imboccato un sentiero nei campi, lungo il canale Dugaletta, sentiero che però finisce con un cancello di tubolari e rete. Hanno sfondato il cancello e si sono poi dileguati probabilmente verso Gazzolo.
Al giovane Gattazzo hanno rubato i soldi e il cellulare, nonché il mazzo delle chiavi di casa. Peggio è andata ai suoi genitori, soprattutto al padre che ha ricevuto una scarpata in faccia da uno dei tre slavi e si è trovato la canottiera bucata dal cacciavite puntatogli addosso. «Ho dovuto portare al pronto soccorso sia mio cugino che mio zio», prosegue Castelli, che sottolinea l’impressione positiva che gli hanno dato i carabinieri, giunti sul posto e dimostratisi subito molto disponibili. «I molti episodi di criminalità stanno creando preoccupazione», conclude Castelli. A non condividere l’ipotesi che la Mercedes di Gattazzo sia stato il motivo scatenante della rapina è il capitano Riccardo Genco, comandante della Compagnia dei carabinieri, che fa notare come i tre malviventi abbiano rifiutatro le chiavi della macchina. Aggiunge che non fa testo il tentativo di furto della Mercedes di un mese fa a Corrado Serato, in quanto in quell’occasione furono all’opera dei ragazzetti minorenni. «Secondo noi», dice il capitano, «potrebbe essere solo una coincidenza, anche perché vi sono macchine più costose ancora. Qui non si tratta di una rapina come quelle che avvengono nel vicentino 3 o 4 volte al giorno, oppure nel padovano, dove rubano le Mercedes».
Secondo i carabinieri si tratta molto probabilmente di extracomunitari che imperversano nella zona di Vicenza. Infatti le indagini in corso stanno cercando di fare delle comparazioni su quanto succede nel vicentino e nel padovano per capire se può trattarsi degli stessi malviventi. Gianni Rossi, presidente degli Artigiani Upa, che abita a poche centinaia di metri dalla famiglia Gattazzo, dice: «C’è molta preoccupazione, soprattutto nella zona di Prova, dove in quest’ultimo anno ci sono stati numerosi casi simili. Tant’è che qualche giovane in questi giorni ha deciso di farsi il porto d’armi, anche se essere armati non serve», sottolinea Rossi, «perché non si può sempre avere l’arma a portata di mano e poi è peggio, perché si rischia che il malvivente reagisca sparando».
«Inoltre», aggiunge, «questa tecnica dell’attesa dei malviventi fuori casa rende praticamente inutili anche le porte blindate e gli allarmi antifurto. L’unica soluzione è che il Governo cambi le leggi e dia più potere alle forze dell’ordine».
Sull’accaduto è intervenuto anche il sindaco Antonio Casu, secondo il quale il problema è grave e va risolto. Sottolinea che il progetto del vigile di quartiere sta andando avanti con il bando di concorso per tre nuovi vigili ai quali poi se ne aggiungeranno altri due. Ma il vigile di quartiere riguarda le ore diurne e non la notte. «Per questo», riferisce Casu, «ci siamo mossi per trovare una soluzione durante un incontro con il comandante della Polizia urbana e il comandante della Compagnia dei carabinieri». E aggiunge: «Lunedì ho telefonato in Prefettura e poi ho parlato anche con l’assessore provinciale Moretti, il quale mi ha detto che destinerà dei fondi per i Comuni che devono far fronte a queste esigenze di sicurezza. Domani avrò un incontro con una società di vigilanza privata, dopo aver discusso il problema con l’assessore alla Sicurezza, Andreina Paderno, per istituire un servizio di vigilanza sul territorio, d’intesa con le associazioni dei commercianti, artigiani e industriali, che già pagano un analogo servizio».
Il sindaco riferisce infine che è in previsione la ricerca di una soluzione con altri Comuni della zona, come Caldiero che è già d’accordo: un’organizzazione unica per affrontare questo problema sarebbe anche meno onerosa. (Gianni Bertagnin, L'Arena - Mercoledì 5 Settembre 2001 )
 
3) BUSSOLENGO. Guardie giurate in servizio di pattuglia a tutela delle botteghe e dei bar
 
Gli esercenti arruolano vigilantes
 
Bussolengo. Un piano per la sicurezza e la difesa del territorio è stato presentato in sala consiliare dai rappresentanti provinciali dell’Asco (associazione commercianti), dalla delegazione del comprensorio Baldo-Garda e dal presidente dei commercianti di Bussolengo, Antonio Perlini. Si tratta di un rapporto di collaborazione cominciato un paio di mesi fa con la ditta Adige televigilanza del gruppo La Vigile San Marco e che consiste nell’istituzione di una serie servizi di sicurezza che vengono a integrare quelli delle forze dell’ordine. «La vigilanza su Bussolengo», ha spiegato il presidente Perlini, «entra a far parte di un piano dell’Asco che al suo interno, oltre a comprendere una vasta gamma di servizi convenzionati a favore degli associati, include anche un progetto sicurezza che abbraccia l’intero comprensorio del Garda-Baldo». Il neopresidente provinciale Fernando Morando ha sottolineato che l’iniziativa, già operante nel comprensorio Baldo-Garda, si propone di tutelare quelle forme di attività economica più esposte come le oreficerie, le tabaccherie, i bar, «teatro spesso di episodi violenti negli ultimi tempi». «I commercianti», ha continuato Morando, «hanno capito che noi vogliamo collaborare per rendere più sicuri i nostri paesi. Questo piano ho voluto inserirlo nel mio programma come presidente provinciale Asco, sulla scorta degli ottimi risultato già ampiamente collaudati sul Lago. Per questo lo si vorrebbe stendere a tutta la provincia». Positiva l’accoglienza da parte delle autorità comunali presenti. Il delegato al commercio Aldo Bonfiol ha rilevato che le condizioni di sicurezza offerte agli operatori economici si traducono in una migliore qualità per la vita dei cittadini. Luigi Visconti, delegato alla sicurezza del cittadino e alla polizia municipale, ha fornito i dati delle ultime iniziative comunali. «Per la vigilanza notturna», ha detto, «il servizio dei vigili è stato triplicato. Auspico che un servizio di segnalazione notturna possa essere svolto anche da altre persone come cittadini o associazioni di volontariato».
Matteo Bottin, responsabile del progetto per l’Adige televigilanza, ha fornito le cifre: «Un servizio analogo è in corso a Grezzana, Settimo di Pescantina, Peschiera, Bardolino, Garda e Povegliano. A Bussolengo la risposta è stata molto buona e sono già un centinaio le adesioni fornite dalle ditte. Al di là del controllo di ogni singola attività, siamo in grado di fornire un servizio di pronto intervento a fronte di un collegamento di allarme o di Sos per commercianti e privati».
Positivo anche il commento del comandante dei vigili di Bussolengo, Enrico Bartolomei: «Grazie a questo progetto sicurezza avremo modo di ampliare la collaborazione già esistente. (Lino Cattabianchi, L'Arena - Giovedì 2 Agosto 2001)

Una Chiesa che esclude

di Umberto Mazzone. *Professore di Storia della Chiesa all'Università di Bologna

Il cardinale arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi ha colto l'occasione dell'apertura del convegno Multiculturalità e identità, promosso e organizzato dall'Istituto Veritatis Splendor per riprendere alcune tematiche che gli sono da tempo particolarmente care: la questione del dialogo tra cristiani non cristiani e tra credenti e non credenti e la questione dell'immigrazione.Personalmente rimango sempre alquanto interdetto dagli interventi del nostro cardinale. Vi è un tale spessore di sicurezze e di indiscutibilità nelle sue affermazioni che incute timore. Ne emerge una Chiesa che non sa essere madre, ma che si fa subito matrigna arcigna e pronta ad escludere.Una Chiesa la cui elaborazione teorica ruota preferibilmente intorno al pensiero della Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant'Uffizio) piuttosto che al magistero di un pontefice prudente come Paolo Vl, la cui enciclica Ecclesia suam del 1964 diviene un po' l'origine della mancanza di chiarezza teologica sulla questione del dialogo interreligioso e di tutte le rilassatezze dottrinali successive. Il nostro Cardinale, nella sua insistenza su questi temi, coglie però dei problemi veri della nostra essere società, del nostro essere nel mondo.  Mi permetto però di suggerire che la sua proposta vada ribaltata in maniera completamente speculare. Non temere che il dialogo interreligioso possa divenire causa di perdita di identità dl fede, ma riconoscere come il dialogo tra credenti e non credenti, tra cristiani e non cristiani, sia per se stesso espressione di fede e rimanga oggi, uno dei pochi spiragli aperti per una comunicazione di pace tra culture e tradizioni diverse. Non deve essere certo un dialogo "buonista" o che ricerca confusi sincretismi. Ma deve essere una relazione che permetta a partire dalle tre grandi religioni del libro, ebraica, cristiana e islamica, di svelare, qui e ora, la comune condizione umana e di evitare l’ingresso in una mentalità di guerra di religioni o di scontri di civiltà. Il dialogo, vero, forte, struggente, sofferto, diviene uno degli strumenti fondamentali per la convivenza tra gli uomini e una vita di speranza. È vera manifestazione di una fede profonda e non pasticciata. Se da tutte le Chiese, da tutte le fedi non si leva unitariamente un segnale di ribellione ad ipotesi di nuovi conflitti sempre più sanguinosi e segnati dalla differenza religiosa (ma la Chiesa cattolica già ha dato una indicazione in questa direzione con la dichiarazione di pochissimi giorni fa della Commissione degli episcopati europei che ricorda come "la nostra fede comune in un unico Dio deve condurci a perseguire il dialogo tra ebrei, musulmani e cristiani"). Nella tragica gravità del momento presente risultano quindi troppo passive e insufficienti le parole del cardinal Giacomo Biffi, che riconosce solo che "a priori non possiamo trascurare di ascoltare il non credente con qualche speranza". Credo che di ben altro spessore universale sia il dono che la fede cristiana può ancora dare ad un mondo in crisi. Infine la questione dell'immigrazione. Nulla di nuovo rispetto all'ampiamente noto, e assai discusso, intervento del 30 settembre 2000 al seminario della Fondazione Migrantes. L’invito del Cardinale ai pubblici reggitori di cercare criteri di "selezione" (ma anche la scelta del termine non pare delle più felici) basati sulla maggiore integrabilità degli immigranti, a meno di non volere sfidare "un futuro di lacrime e sangue per il nostro popolo", lascia apertamente intendere che questo criterio deve essere identificato con quello del riconoscersi nel cristianesimo. È una via che spero, per mera questione di civiltà, nessuno stano voglia perseguire. Unico elemento di distinzione che una collettività politicamente organizzata potrebbe porre è quello del riconoscersi nei fondamenti dei diritti dell'uomo così come internazionalmente definiti, ma non certo l'appartenenza ad una fede anziché ad un altra.Vedremo nei prossimi giorni se, e come, il convegno scientifico della Veritatis splendor, volutamente aperto solo a studiosi di orientamento cristiano, saprà sciogliere le rigidità del cardinale.

Del Bene e del Male
di EDUARDO GALEANO

Nella lotta del Bene contro il Male è sempre il popolo a metterci i morti.I terroristi hanno ucciso lavoratori di cinquanta paesi, a New York e a Washington, nel nome del Bene contro il Male. E nel nome del Bene contro il Male, il presidente Bush giura vendetta: "Eliminaremo il Male da questo mondo", annuncia. Eliminare il Male? Che cosa sarebbe il Bene senza il Male? Non solo i fanatici religiosi hanno bisogno di nemici per giustificare la loro follia. Anche l'industria degli armamenti e il gigantesco apparato militare degli Stati Uniti hanno bisogno di nemici per giustificare la loro esistenza. Buoni e cattivi, cattivi e buoni: gli attori si cambiano la maschera, gli eroi diventano mostri e i mostri eroi, a seconda delle esigenze di coloro che scrivono il dramma.
Non c'è niente di nuovo. Lo scienziato tedesco Werner von Braun era cattivo quando inventò i missili V-2 che Hitler sganciò su Londra, ma divenne buono il giorno in cui mise il suo talento al servizio degli Stati Uniti.
Stalin era buono durante la seconda guerra mondiale e cattivo dopo, quando si mise a comandare l'Impero del Male. Negli anni della guerra fredda, scrisse John Steinbeck: "Forse tutti hanno bisogno dei russi. Scommetto che anche in Russia hanno bisogno dei russi. Forse loro li chiamano americani". Poi i russi sono diventati buoni. Adesso anche Putin dice: "Il Male dev'essere castigato". Saddam Hussein era buono e buone erano le armi chimiche che impiegò contro gli iraniani e i kurdi. Dopo divenne cattivo. Si chiamava ormai Satán Hussein quando gli Stati Uniti, che avevano appena invaso Panama, invasero l'Iraq perché l'Iraq aveva invaso il Kuwait. Fu Bush Padre a occuparsi di questa guerra contro il Male. Con lo spirito umanitario e compassionevole che caratterizza la sua famiglia, uccise più di centomila iracheni, perlopiù civili.
Satán Hussein continua ad essere dov'era, ma questo nemico numero uno dell'umanità è scaduto nella categoria di nemico numero due. Il flagello del mondo, adesso, si chiama Osama bin Laden. La Cia gli aveva insegnato tutto quello che sa in materia di terrorismo: bin Laden, amato e armato dal governo degli Stati Uniti, era uno dei principali "guerrieri della libertà" contro il comunismo dell'Afganistan. Bush Padre occupava la vicepresidenza quando il presidente Reagan disse che questi eroi erano "l'equivalente morale dei Padri Fondatori dell'America". Hollywood era d'accordo con la Casa Bianca. A quei tempi, venne girato Rambo 3: gli afgani musulmani erano i buoni. Adesso, nell'epoca di Bush Figlio, tredici anni dopo, sono cattivi, cattivissimi.
***
Henry Kissinger è stato fra i primi a reagire di fronte alla recente tragedia. "Sono colpevoli come i terroristi coloro che gli offrono appoggio, finanziamento e ispirazione", ha sentenziato con parole che il presidente Bush ha ripetuto ore dopo.
Se è così, bisognerebbe incominciare col bombardare Kissinger. Verrebbe fuori che lui è colpevole di molti più crimini di quelli commessi da bin Laden e da tutti i terroristi che ci sono nel mondo, in molti paesi, che agivano al servizio dei vari governi nordamericani, e a cui diede "appoggio, finanziamenti e ispirazione": al terrore di stato in Indonesia, Cambogia, Cipro, Filippine, Sudafrica, Iran, Bangladesh, e nei paesi sudamericani, che subirono la guerra sporca del piano Condor.
L'11 settembre 1973, esattamente 28 anni prima delle odierne fiammate, era bruciato il palazzo presidenziale in Cile. Kissinger aveva anticipato l'epitaffio di Salvador Allende e della democrazia cilena, commentando il risultato delle elezioni: "Non dobbiamo mica accettare che un paese diventi marxista per l'irresponsabilità del suo popolo". Il disprezzo per la volontà popolare è una delle molte coincidenze fra il terrorismo di stato e il terrorismo privato. Per fare un esempio, l'Eta, che uccide la gente in nome dell'indipendenza dei Paesi Baschi, dice attraverso uno dei suoi portavoce: "I diritti non hanno nulla a che vedere con maggioranze o minoranze". Si assomigliano molto fra di loro il terrorismo artigianale e quello di alto livello tecnologico, quello dei fondamentalisti religiosi e quello dei fondamentalisti del mercato, quello dei disperati e quello dei potenti, quello dei pazzi isolati e quello dei professionisti in uniforme. Tutti condividono lo stesso disprezzo per la vita umana: gli assassini dei cinquemila cittadini triturati sotto le macerie delle torri gemelle, che crollarono come castelli di sabbia, e gli assassini dei duecentomila guatemaltechi, in maggioranza indigeni, che sono stati sterminati senza che mai la tele o i giornali del mondo prestassero loro la minima attenzione. Loro, i guatemaltechi, non furono sacrificati da nessun fanatico musulmano, bensì dai militari terroristi che ricevettero "appoggio, finanziamenti e ispirazione" dai successivi governi degli Stati Uniti. Tutti gli innamorati della morte coincidono anche nella loro ossessione per ridurre in termini militari le contraddizioni sociali, culturali e nazionali. In nome del Bene contro il Male, in nome dell'Unica Verità, tutti risolvono tutto prima uccidendo e poi chiedendo. E per questa via, finiscono per alimentare il nemico che combattono. Furono in larga misura le atrocità di Sendero Luminoso a incubare il presidente Fujimori, che con un consenso popolare considerevole mise su un regime di terrore e svendette il Perù per due soldi. Sono state in larga misura le atrocità degli Stati Uniti in Medio Oriente a incubare la guerra santa del terrorismo di Allah.
***
Sebbene adesso il capo della Civiltà stia esortando a una nuova Crociata, Allah è innocente per i crimini che si commettono in suo nome. In fin dei conti, Dio non ordinò l'olocausto nazista contro i fedeli di Javè e non fu Javè a suggerire il massacro di Sabra e Chatila o a ordinare l'espulsione dei palestinesi dalla loro terra. Javè, Allah e Dio non sono forse tre nomi di una stessa divinità?
Una tragedia di equivoci: non si sa più chi è chi. Il fumo delle esplosioni fa parte di una cortina di fumo assai più grande che ci impedisce di vedere. Di vendetta in vendetta, i terrorismi ci obbligano a procedere a sbalzi. Vedo una foto, pubblicata di recente: su un muro di New York una mano ha scritto: "Occhio per occhio lascia il mondo cieco".
La spirale della violenza genera violenza e anche confusione, dolore, paura, intolleranza, odio, pazzia. A Porto Alegre, all'inizio di quest'anno, l'algerino Ahmed Ben Bella aveva detto: "Questo sistema, che ha già fatto impazzire le mucche, sta facendo impazzire la gente". E i pazzi, pazzi di odio, agiscono alla stessa stregua del potere che li genera.
Un bimbo di tre anni, di nome Luca, in questi giorni ha detto: "Il mondo non sa dove sta di casa". Stava guardando una cartina. Avrebbe potuto stare guardando un telegiornale. (Copyright Ips, traduzione di Marcella Trambaioli )

«Caro Presidente, ci sentiamo peggio»
 
Caro Presidente George W. Bush, nostro figlio Greg è una delle vittime  dell'attacco al Worl Trade Center di martedì 11 settembre. In questi ultimi giorni abbiamo letto la Sua risposta circa la risoluzione con la quale il Congesso Le dà pieni poteri per rispondere all'attacco terroristico.
La Sua decisione di rispondere a questo attacco non ci fa sentire meglio rispetto alla morte di nostro figlio. Ci fa sentire peggio. Ci fa sentire come se il nostro governo stesse usando la memoria di nostro figlio per giustificare il fatto di causare dolore ad altri figli e genitori di altri paesi. Non è la prima volta che una persona della Sua posizione ha avuto pieni poteri per poi rammaricarsene. Non è tempo di gesti vani per farci sentire meglio. Non è tempo di agire come dei prepotenti. La sproniamo a pensare come il nostro governo possa trovare soluzioni pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciano cadere al livello disumano dei terroristi. Cordialmente (Phyllis e Orlando Rodriguez).
 
 
Twins Towers
di Ettore Masina

“C’è un tempo per piangere e uno per gioire” dice il Qoèlet, in un lungo elenco delle possibili vicende della storia.  Ma c’è un tempo che lo scrittore biblico non aveva previsto ed è il tempo dell’orrore e della confusione. E’ il tempo che stiamo vivendo. Anche quando il Qoèlet fu composto, 2200 anni fa, la storia aveva pagine sanguinose: ma tutto era (o sembrava) chiaro: l’eroismo e la ferocia, i volti degli uccisori e quelli delle vittime, i loro nomi, le conseguenze di una strage. Oggi conosciamo veramente soltanto la crudeltà del massacro, le emozioni che abbiamo provato davanti alle immagini televisive, i sentimenti che si agitano ancora in noi, la confusa certezza, dell’imminenza di una bufera nella quale potremmo essere coinvolti come foglie secche. Il primo superstite dell’orrore delle Torri che ho visto comparire sul mio teleschermo era un negro, anziano, con un cappello a visiera. Che fosse un negro, lo si scopriva soltanto guardando i suoi lineamenti, una polvere compatta lo aveva rivestito di un bianco spettrale. L’uomo portava occhiali e anche le lenti di quegli occhiali erano rese opache dalla polvere. Tuttavia egli non accennava a pulirle. Sembrava che non volesse più vedere, che andasse avanti come un automa e difatti sul suo volto non c’era altra espressione che quella dello smarrimento. Penso che camminasse cercando un luogo per dimenticare. E anch’io vorrei camminare con lui, ma quel luogo non c’è. Siamo tutti costretti a ricordare. Ma ricordare non può voler dire rimanere incapsulati in uno choc che ci impedisca di pensare e di agire razionalmente. Nelle lunghe ore in cui sono rimasto, come centinaia di milioni di persone di tutta la Terra, seduto davanti al televisore, quasi ipnotizzato, guardando quel cielo senza luce mi è capitato di ripensare a un verso di Shakespeare: “Questo mattino reca una lugubre pace. Il sole, per il dolore, non vuole mostrare il suo volto”. Quel verso sta in “Romeo e Giulietta”, tenera storia di due giovani sposi ma anche terribile racconto di un odio insensato; e certo la parola “pace” voleva dire silenzio stupefatto, orrore, senso di inermità davanti a un tetro capolavoro del male. E’ la “pace” che in queste ore inchioda anche noi: qualcuno in preghiera, qualcun altro ai tavoli su cui i generali distendono le carte geografiche e scelgono dove colpire, qualcun altro, infine - i più - in una fonda paura, paralizzante. La tragedia contemplata in diretta sui nostri teleschermi sembra prepararne un’altra, più vasta, planetaria. Ancora una guerra nella storia dell’umanità. Penso che non possiamo dimenticare la tragedia ma dobbiamo “leggerla” in tutti i suoi aspetti. Non soltanto, dunque, l’odio e la strage: ma anche la generosità con la quale il popolo di New York si è mosso subito, cercando in tutti i modi di esprimere una solidarietà attiva  per le vittime del massacro e per le loro famiglie. E’ un esempio di fraternità ma è anche un’indicazione politica e di sanità psicologica. Come scrisse Sigmund Freud a Einstein poco prima del secondo conflitto mondiale, alla distruttività della propensione alla guerra si deve rispondere mobilitando l’Eros, l’amore; e il fondatore della psicoanalisi citava il vangelo “…Ama il prossimo tuo come te stesso”. Che è l’esatta antitesi del terrorismo, il quale travolge nella stessa morte i suoi autori e le loro vittime. E’ soltanto con l’amore che si può vincere l’odio. I governanti e i generali non vogliono capire che non è con le armi che si sradicherà il terrorismo: ci sarà sempre qualche disperato o qualche fanatico che deciderà di diventare una bomba umana. Le Torri erano già state attaccate (6 morti, 150 feriti) nel 1993 da un uomo – fu detto - di bin Laben. Due anni più tardi una setta fondamentalista “cristiana” americana fece saltare un grattacielo di Oklahoma City: 168 morti, 500 feriti. Quando (e se) bin Laben sarà stato preso e, come merita, esemplarmente punito per il suo crimine contro l’umanità, sarà fatta giustizia ma sradicata soltanto una delle spaventose minacce che gravano sulla nostra civiltà. La guerra può, forse, distruggere alcuni governi favoreggiatori del terrorismo, ma non deve toccarne i popoli. Se la nostra civiltà risponderà alla orribile strage delle Torri con altre stragi anche numericamente maggiori, com’è proprio di ogni guerra, non soltanto sarà compiuto un peccato mortale collettivi ma sarà più facile al terrorismo nascere e muoversi in un panorama popolare di odio accresciuto. Il miliardario Bin Laben (tale per attività capitalistiche negli Stati Uniti, in Giappone, in Norvegia etc.) non rappresenta il Sud dei poveri. E’ una scheggia impazzita dell’Islam e una persona che può permettersi il lusso di tessere una gigantesca rete di fanatici nel cuore stesso dell’impero americano. Ma non è un emissario dei poveri e non si cura del loro destino. Lo spinge il fanatismo religioso, non lo spirito di giustizia. Colpire il Sud dei poveri per distruggere il suo invisibile impero, significherebbe compiere un’immensa ingiustizia. “Rawa”, l’associazione delle donne afgane in esilio, ha pubblicato un appello in cui dice: “Il governo degli USA e il popolo americano devono sapere che c'e' una grande differenza tra la gente povera e martoriata dell'Afghanistan e i terroristi criminali Talebani e Jehadi. (…) Attaccare l'Afghanistan e uccidere la sua gente piu' derelitta e sofferente, non alleviera' in alcun modo il lutto del popolo americano”. Non aumenterà la sicurezza del Nord.  Quando sono andato a controllare la citazione di Shakespeare, ho trovato che , subito dopo l’immagine del sole che non vuole vedere il massacro e dopo il grido: “Povere vittime del nostro odio!”, egli conclude la tragedia con un incitamento rivolto alla folla che va addensandosi intorno ai corpi esanimi dei protagonisti: “Partiamo di qua per parlare più a lungo di questi tristi eventi”. Io credo che sia un consiglio che ci riguarda. E’ impossibile, cercare di ragionare sui luoghi della strage, mentre riviviamo la tragedia del bambino che la madre strinse al seno mentre l’aereo su cui viaggiavano si schiantava su una delle torri o quella del marito che sapendo di dover morire entro pochi attimi telefonò alla moglie chiedendo “Sono andate a scuola le bambine? Io vi amo, tu lo sai che voi siete tutto il mio amore”; o contemplando per l’ennesima volta le immagini delle decine di persone che si gettarono impazzite dalle finestre dei grattacieli. E’ necessario scostarsi un po’, non permettere che il lutto offuschi la nostra vista perché il lutto, talvolta, genera mostri, violenza, desiderio di vendetta. E’ necessario sapere che tutto è cambiato per noi, gente del Nord; aggredita nella nostra isola di benessere in mezzo a un oceano di disperazione; ma nulla è cambiato per la miseria del Sud. Oggi il Sud sembra soltanto, sulle pagine dei giornali e nei torrenti di parole che escono dai teleschermi, una giungla da bonificare non con i trattori e con gli aratri ma con le armi più sofisticate; un cuore di tenebre da colpire a morte. Follìa! Gli studenti  di Berkeley scrivono sui cartelli delle loro manifestazioni pacifiste una frase di Gandhi: “Occhio per occhio rende cieco il mondo” Noi che ci sforziamo di guardare la Terra con gli occhi del vangelo dobbiamo, dopo la sosta sulle tombe, riprendere il lavoro per un mondo più giusto. Dobbiamo reimparare l’amore e il coraggio dell’amore. Dobbiamo testardamente aprire il cuore ai poveri, volere per loro una giustizia che non è quella “infinita” reclamata dai potenti offesi ma il diritto alla vita, alla dignità e alla libertà di tutti gli esseri umani.

Bush, Bin Laden, reali sauditi: fine di una love story
Protestano i fedeli esecutori degli ordini finanziario-spionistici del re e della Cia. Basta cercare su Internet
di FRANCESCO PICCIONI

Un'intera pagina di Le Monde, domenica, a pagamento. Per "smentire categoricamente" le voci di "complesse partecipazioni finanziarie" con Osama Bin Laden. Prima ancora che Bush rendesse pubblica la sua ridicola "guerra finanziaria al terrorismo", Gaith Rashad Pharaon - aristocratico saudita e presidente della Pharaon Investment Group con sede a Parigi, tormentato da voci di stampa decisamente malevole - si è alzato per dire "Giù le mani dal mio onore", dai miei investimenti; dal "lavoro di una vita", diremmo in Italia. Ha certamente le sue brave ragioni, il signor Pharaon. In fondo si è sempre mosso tenendo ben fermo lo sguardo su due stelle polari: la famiglia reale saudita e le covert operation della Cia. Un finanziere accorto, dunque, che da 30 anni si muove con disinvoltura e discrezione in mezzo alla spazzatura disseminata a piene mani da quei tangheri di texani che arrivano con il sigaro in bocca, il cappellaccio in testa e stendono gli stivali sui suoi preziosi tavoli. E danno ordini. Lui, secondo un rapporto della Federal Reserve, aveva accettato di buon grado di essere il front man, l'uomo di punta della Bcci nei tentativi d'assalto alla First National Bank. Ma del resto era entrato nella famigerata Bank of Credits and Commerce International per l'amicizia di famiglia con Agha Hassan Abedi e lo sceicco Kamal Adham, cognato di re Feisal. Faceva parte di quel consiglio d'amministrazione insieme a Khalid Bin Mahfouz (sposato con una Bin Laden, indicato come un fedelissimo di Osama), lo stesso Kamal Adham e addirittura Clark Clifford, ex ministro della difesa Usa e consigliere di ben quattro presidenti degli Stati uniti (da Truman a Johnson), amico dei fratelli Dulles, due "miti" nella Cia. Pharaon è una persona perbene, rispettata. In Arabia Saudita fa affari insieme allo sceicco Abdullah Bakhsh, altro finanziere accorto che sedeva addirittura nel consiglio di amministrazione della Harken Energy - nell'88 - insieme ad Alan Quasha (intimo dell'ex dittatore filippino Marcos) e George W. Bush. Una botte di ferro. I consigli di amministrazione della Bcci e della Harken sono composti dalle stesse persone, o comunque dello stesso giro. Gente che gestiva gli incassi provenienti da un ricco traffico di droga per finanziare i Contras nicaraguegni prima e la guerra in Afghanistan contro i sovietici, poi. Ma, anche lì, aveva obbedito agli ordini Usa. O della Cia? La domanda può sembrare strana, ma proprio con quella serie di operazioni (passata alla storia come "scandalo Iran-Contras") la Cia aveva preso a finanziare una propria "politica estera", senza più passare attraverso il giudizio - e il controllo della spesa - del Congresso. Osama era cresciuto anche abbeverandosi a quella fonte, la Bcci. Ne aveva tratto tutto quanto serviva per lanciare alla grande la "guerra santa" antisovietica, inventando quasi di sana pianta un movimento integralista che solo nell'Iran degli ayatollah sembrava avere qualche seguito popolare.
Ma di tutto questo la Cia, ovvero la famiglia Bush - padre, figlio, James Baker e Dick Cheney - erano perfettamente al corrente. Anzi: quel gioco l'avevano inventato loro. Perché, ora, additarlo all'odio del mondo solo per la sua frequentazione con la famiglia Bin Laden? Come scrive nel suo appello francese, quella "è una delle famiglie più conosciute e rispettate del Medio Oriente". Lo sanno tutti, lì, che i Bin Laden sono la faccia e la finanza pubblica della famiglia reale di Riad. E' vero, per esempio, che in Francia controllavano la Banque Al Saudi, poi parzialmente integrata nell'Indosuez. Ma in quel CdA - che comprendeva come sempre Salem Bin Laden, Khalid Bin Mahfouz, lo sceicco Bogshan - il presidente onorario era il principe Muhammad Ben Fahd, figlio del re. Un nome che era una garanzia. E' vero anche che Yeslam Bin Salem, nella Zurich company, si era trovato in società con la famiglia Shakarshi, noti soprattutto per il riciclaggio del traffico di droga. Ma anche questi lavoravano per la Cia e la guerra antisovietica in Afghanistan. Quindi era "tutto ok", no? Perché, altrimenti, i Bush ci avrebbero tenuto tanto ad avere i Bin Laden come soci in affari? Pharaon lo sa bene: le attività finanziarie di Salem, lo sfortunato socio petrolifero di George W. Bush morto in uno dei tanti "incidenti" aerei che tormentano la famiglia saudita; quelle un po' più violente di Osama; quelle di Yeslam insieme agli Shakarshi - non avvenivano per iniziativa personale della famiglia Bin Laden. Erano "contratti" - politici o finanziari - che recavano la firma dei due membri più influenti della famiglia reale: i principi Muhannad Ben Fahd e Saud Ben Nayef. Una guerra ai Bin Laden bombarda direttamente anche il trono saudita.


ZOOM ASSOCIAZIONI
 
 
Centro Sportivo Italiano: «Progetto Handicap & Sport» 

Il Centro Sportivo Italiano (CSI) di Verona, in collaborazione con le ULSS 20, 21, 22 e varie amministrazioni comunali promuove anche quest’anno il Progetto «Handicap & Sport»: una iniziativa che ha l’obiettivo di sviluppare l’integrazione delle persone diversamente abili residenti in zona (dai 14 ai 40 anni, prevalentemente con deficit neuro-psichico), attraverso il gioco e lo sport, negli spazi del tempo libero spesso desolatamente vuoti. Se molta attenzione è dedicata dai vari Servizi all’inserimento scolastico e lavorativo, alla cura e riabilitazione, poco viene fatto per promuovere la salute e la qualità della vita, nel tempo libero, della persona  diversamente abile. Progetto «Handicap & Sport» diviene anche un’occasione speciale per coinvolgere tantissimi giovani volontari nel giocare e fare sport con ragazzi in palestra, in canoa, in montagna. L’obiettivo è dunque duplice: favorire l’integrazione della persona disabile nel tessuto sociale, utilizzando lo sport nel tempo libero come strumento di crescita e di valorizzazione delle capacità che rendono ogni persona unica e irripetibile; la sensibilizzazione, la formazione e il coinvolgimento della comunità affinché possa farsi carico della possibile riduzione dell’handicap attraverso un coinvolgimento diretto del gioco, dal quale scaturiscono nuove occasioni di conoscenza reciproca. 

UTENZA E ATTIVITA’

Il CSI ha rilevato come spesso l’adulto neuropsichiatrico, avendo terminato il periodo scolastico, o non appartenendo a cooperative ed associazioni abbia l’esigenza di svolgere attività ludico-motorio-sportiva nel tempo libero. In questi anni hanno aderito al progetto più di 250 disabili e le loro famiglie, oltre 300 volontari che hanno potuto apprezzare la continuità e l’intenzionalità nell’operare nel campo sportivo ed educativo. L’attività è diversificata secondo la conformazione dei gruppi e le capacità dei singoli utenti, ai quali vengono proposti o giochi adeguatamente destrutturati, oppure giochi propedeutici alla pratica sportiva, compreso l’inserimento in società sportive locali. L’apprendimento di nuove abilità altro non fa che aumentare in essi il livello di autostima e autonomia nella gestione del tempo libero. Gli utenti sono suddivisi in gruppi di 8-10 seguiti da 2-3 operatori qualificati coadiuvati da gruppi di volontari. Nei mesi di maggio e giugno è prevista una serie di uscite in canoa o di escursioni in montagna. Sempre in maggio viene inoltre organizzata a Verona «La Grande Sfida» con la partecipazione di gruppi provenienti da tutta Italia. Inoltre esiste un gruppo podistico, un gruppo sport invernali e, nel corso dell’anno, vengono proposti tornei adattati di basket, palla base, calcio, staffetta e palla rilanciata. 

FORMAZIONE ED INVITO

La commissione «Handicap & Sport» del CSI si fa carico della formazione in itinere degli operatori, nonché della formazione di nuovi operatori e della sensibilizzazione dei volontari. L’iniziativa di quest’anno dovrebbe decollare verso il 20 ottobre e proporre iniziative fino alla metà del mese di giugno. Il CSI invita pertanto i giovani desiderosi di dedicare qualche ora del proprio tempo libero al progetto che, nelle intenzioni, verrà attivato in varie zone della provincia di Verona (San Bonifacio, Verona, S. Pietro in Cariano, Affi, Bussolengo, Sommacampagna, Isola della Scala,  Legnago, Cerea, Zevio, Bovolone, Bogara e San Giovanni Lupatoto) di mettersi in contatto con il Centro Sportivo Italiano (comitato provinciale di Verona), via Seminario, 10 – sito internet: www.csiverona.it ; E-mail: csi_vr_hs@libero.it ; Tel. 045 8004917.

GREENPEACE: «PERICOLO ATTENTATI: BLOCCATE SUBITO I TRASPORTI DI MATERIALE NUCLEARE»

Roma, martedì 25 settembre 2001 - Bisogna bloccare subito i trasporti di materiale atomico per il rischio di attentati. Lo chiede Greenpeace, dopo che l'impianto di riprocessamento del plutonio di Sellafield, in Inghilterra, è stato chiuso perché le quantità di combustibile nucleare irradiato e i rifiuti ad alta radioattività superano le capacità di stoccaggio. La decisione di chiudere l'impianto è stata presa dall'Ispettorato inglese per le installazioni atomiche e la chiusura è stata disposta fino a nuovo ordine. L'impianto di Sellafield ospita ancora del materiale nucleare rigenerato proveniente dalle centrali nucleari italiane che il nostro Paese dovrebbe riprendersi, anche se al momento non dispone di un'impianto idoneo. Greenpeace Italia aveva bloccato 5 anni fa un nuovo trasporto di materiale nucleare dalla centrale di Caorso (Piacenza) all'impianto inglese. Secondo gli esperti, se venissero presi di mira dai terroristi gli impianti di riprocessamento di Sellafield e di La Hague (Francia), assisteremmo a catastrofi ecologiche di dimensioni immani. Preoccupazione sul rischio attentati è stata espressa anche da Spencer Abrahams, delegato USA per l'energia, davanti all'Agezia internazionale per l'energia atomica (AIEA). Gli USA, riconoscendo il pericolo, hanno sospeso ogni trasporto di  materiale atomico fino a nuovo ordine. 55 tonnellate di plutonio provenienti da diversi stati americani, in direzione della Carolina del Sud, sono state bloccate dalle Autorità competenti. In Europa, invece, la Svizzera ha annunciato, nonostante le proteste di Greenpeace, che non interromperà il trasporto di materiale atomico e che un nuovo convoglio diretto a La Hague partirà nelle prossime settimane.


 
SORRISI (pochi) & CEFFONI
 
 
Dario Fo & Franca Rame News
Il C@C@O della domenica (23/9/01)
 
 
Care amiche, cari amici,
non abbiamo voluto tediarvi nelle edizioni di Cacao quotidiano perche' essendo un giornale di buone notizie non era il caso di metterci dentro le nostre disavventure. Fatto sta che e' stata una settimana pesante nella quale abbiamo dovuto ribattere a una durissima campagna di diffamazione. La mail "Dai una possibilita' alla pace", grazie a quanti l'hanno diffusa, ha avuto un successo straordinario e ha fatto il giro del mondo tradotta in molte lingue. Evidentemente quel testo che conteneva pieta' e dolore, proponeva un'opposizione pacifica ed "economica" alla guerra e mostrava il cinismo del potere e' stato visto come una minaccia grave. Cosi' e' partita una campagna di diffamazione basata sulla manipolazione del testo originale realizzata dal Corriere della Sera.
 
Come hanno rovesciato il senso delle nostre parole
Sul Corriere della Sera, sabato 15 settembre il testo della nostra newsletter settimanale e' stato citato invertendo la sequenza dello scritto in modo tale da capovolgere il senso del discorso. E addirittura l'articolo era intitolato con una frase attribuita a noi che non  e' presente nel nostro testo: Dario Fo e Franca Rame:"Uccide piu' la speculazione". Come si puo' vedere nel testo integrale pubblicato in questa pagina il nostro articolo inizia con l'espressione del nostro dolore per il massacro: "Dai una possibilita' alla pace!!! Quello che e' successo indurrebbe al panico, al silenzio, alla disperazione. Il mondo e' stato colpito da un ennesimo crudele massacro. Ma e' necessario, anche se doloroso, parlare. Cercare di capire." Poi abbiamo denunciato il cinismo di chi ha continuato a speculare in borsa mentre la gente moriva: "Le borse del mondo non si sono fermate neppure un secondo, hanno continuato a far soldi, a cercare utili selvaggi..." E si concludeva: "E non c'e' da stupirsi. I grandi speculatori sguazzano in un'economia che uccide ogni anno decine di milioni di persone con la miseria, che volete che siano 20 mila morti a New York?." Nell'articolo pubblicato dal Corriere invece la prima frase e': "I grandi speculatori sguazzano in un'economia che uccide ogni anno decine di milioni di persone con la miseria, che volete che siano 20 mila morti a New York?" In poche parole, una denuncia contro l'insensibilita' morale degli operatori dell'alta finanza e' diventata una nostra dichiarazione di cinismo e di disinteresse per la sofferenza umana. E piu' in la' l'estensore dell'articolo ci definisce "duri, provocatori, alternativi"... Praticamente a un passo dal diventare fiancheggiatori del terrore. Abbiamo protestato con la direzione del Corriere e abbiamo inviato una lettera con la richiesta di rettifica. E' uscito un articolo che riportava correttamente le nostre posizioni ma non spiegava che il testo pubblicato il 15 settembre conteneva una versione manipolata del nostro scritto. Quindi, chiaramente,  non si e' voluto riparare al danno causato da quella loro manipolazione.
 
Altre falsificazioni
Un'operazione simile e' stata costruita da Libero, di Vittorio Feltri. Che addirittura ha rovesciato il senso del nostro sdegno per le reazioni di alcuni palestinesi che inneggiavano ai kamikaze terroristici. Noi abbiamo scritto: "Altra immagine agghiacciante: la gente per strada, nei quartieri palestinesi, dilaniati dalla guerra civile, che festeggiava il massacro..." Il giornalista di Libero ha invece falsificato il nostro discorso mettendoci in bocca le seguenti parole:"Sangue chiama sangue ed e' comprensibile che i Palestinesi dei territori  occupati festeggino il macello di New York e Washington. E' normale che i popoli sfruttati si ribellino" Anche in questo caso abbiamo telefonato al direttore che si e' rifiutato di parlarci. Abbiamo chiesto una rettifica tramite una lettera senza ottenere nessun risultato. Ora e' evidente che ci siamo rivolti ad un legale per ottenere soddisfazione del danno che abbiamo ricevuto. Come prevedibile questi articoli sono stati ripresi da decine di testate italiane e straniere, radio e televisioni, e noi ora ci troviamo, come altre volte negli ultimi 50 anni, nella sgradevole situazione di essere vittime di un linciaggio immotivato. Alcuni sono arrivati a affermare che accusiamo dell'attentato alle Torri Gemelle i sionisti. E anche qui ci sarebbe da darci, giustamente, dei pazzi,  ma ancora si tratta di una citazione scorretta. Il testo originale era: "Attenzione: non si puo' dire, in questo momento, chi abbia armato la mano dei kamikaze. Estremisti islamici? Estremisti di destra americani? Sionisti pazzi? Chi lo sa?... i mercanti di armi e i capi terroristi brindano ebbri di felicita' insieme ai generali e agli ammiragli, stanchi di questa pace strisciante." Il  nostro discorso si realizzava in forma paradossale e aveva il significato di indicare non questa o quella fazione come colpevole ma di far capire che, al di la' delle responsabilita' degli estremisti islamici, esiste un partito del terrore e della guerra che punta compatto verso scelte che mirano a portare il mondo nel caos. E ribadiamo che per resistere all'azione di questo partito della guerra, l'unica scelta possibile e' la pace.
 
Ecco come scatenare il linciaggio
Alleanza Nazionale ha addirittura presentato un'interpellanza parlamentare contro di noi, sempre citando il nostro discorso manipolato dal Corriere della Sera. Ci sono arrivate decine di messaggi di insulti e negli Usa, addirittura, si sottoscrivono petizioni contro di noi. Molti amici, anche dall'estero, prendendo per autentiche quelle false dichiarazioni ci hanno scritto esterefatti. Tra loro, Robert Brustein direttore dell'American Repertory Theatre di Boston (dove avremmo dovuto debuttare con i nostri spettacoli che abbiamo, nonostante le numerose insistenze da parte degli organizzatori, annullato in segno di solidarieta' e rispetto del dolore e del lutto di tutta la nazione) ci chiede "Dario, veramente hai scritto queste parole? Non posso crederci!" Infatti, non c'e' proprio da crederci. Purtroppo, per quanto ci si dia da fare a smentire, sara' difficile ristabilire per intero la verita'. La calunnia, come tutte le infamita', apre ferite che sono lente da sanare.
 
Kamikaze pazzi e Missili intelligenti
E' esploso un clima da caccia alle streghe. O stai da una parte o stai dall'altra. Guai se ti permetti di parlare di buon senso e di pace. I terroristi non stanno dalla parte degli oppressi. Essi sono dei parassiti dei poveri e dei diseredati. Ma se si vogliono battere i terroristi bisogna sanare la piaga della miseria e dell'ingiustizia perche' solo cosi' si puo'  fermare la follia del terrorismo. E abbiamo paura che per vendicarsi della orrenda strage si finisca per produrre altri disastri e vittime innocenti. Per fortuna non siamo soli a pensarla in questo modo. Il nostro discorso ci sembra semplice ed elementare, ed e' proprio incredibile che una moltitudine di sedicenti democratici trovi tanta difficolta' a comprenderlo. (segnalazione di Luisa Fattori)

 
PAROLE IN LIBERTA'
di Vincenzo Andraous
(centrostampa@cdg.it - Tel. 0382 3814417)
Vincenzo Andraous è nato a Catania il 28-10-1954,  una figlia Yelenia che definisce la sua rivincita più grande, detenuto nel carcere di Pavia, ristretto da ventotto anni e condannato all’ergastolo “FINE PENA MAI”. Da qualche tempo usufruisce di permessi premio e di lavoro esterno semilibertà svolgendo attività di Tutor presso la Comunità “Casa Del Giovane “di Pavia. E’impegnato in attività sociali e culturali con scuole, parrocchie, associazioni e movimenti culturali. E’titolare di alcune rubriche mensili su riviste e giornali, ha conseguito circa 80 premi letterari, pubblicando libri di poesia, di saggistica sul carcere e la devianza, nonché la propria autobiografia. Ha pubblicato: “Non mi inganno” edito da Ibiskos di Empoli; “Per una Principessa in jeans”   edito da Ibiskos di Empoli;  “Samarcanda” edito da Cultura 2000 di Siracusa; “Avrei voluto sedurre la luna“ edito da Vicolo del Pavone di Piacenza; “Carcere è società” edito da Vicolo del Pavone di Piacenza; “Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita” edito da Liberal di Firenze; “Oltre il carcere” edito dal Centro Stampa della “Casa del Giovane” di Pavia. “Oltre il carcere” è un libro che tenta di camminare sull’esperienza dell’autore, senza per questo rimanere prigioniero della presunzione di insegnare nulla a nessuno.Ci sono pagine che raccontano quanto avviene e spesso non avviene all’interno del perimetro carcerario. Atteggiamenti e gesti che vorrebbero provocare in ognuno un cambiamento per raggiungere secondo le proprie capacità quella necessaria consapevolezza per rimediare alle ferite inferte alla vita. Avamposti della memoria per i più giovani, sui rischi della trasgressione, nell’affidarsi ai valori estremi delle passioni estreme, votate all’annientamento. C’è il progetto di un percorso comunitario che può diventare stile di vita al servizio degli altri, apprendendo l’arte dell’ascolto e della promozione umana, attraverso l’impiego del sapere e del sentire, per una rielaborazione delle proprie esperienze vissute.
Prima, durante, dopo. 

In questi giorni stavo leggendo di un convegno dal titolo: CARCERE E SOCIETA', e mi sono chiesto perché invece non titolarlo: CARCERE E' SOCIETA'. Quell'accento mancante a mio avviso non è cosa di poco conto, a tal punto che mi convinco sempre di più che una persona detenuta debba fare ricorso alle proprie energie interiori per riuscire a vincersi e migliorarsi, ciò senza l'utopia del carcere-imbonitore, ma “nonostante il carcere”, diventando a nostra volta soggetti sociali attivi e non solamente “soggetti passivi”. Questa riflessione parte dalla constatazione che nonostante la mia condizione di prigioniero, di uomo in colpa, mi ritengo comunque parte di un insieme, in quanto: sono, vivo, miglioro, perché appunto parte di una ampia collettività. Senza ciò io stesso non sono più. In questi anni di impegno ho capito che é proprio dall'esperienza che nasce la necessità di cercare ripetutamente dei chiarimenti. La spinta a mettermi in discussione, a mettermi in gioco, per riuscire a conoscere di più di me stesso e degli altri, mi é venuta soprattutto dagli incontri avuti con le altre e dal confronto che ne è derivato, nel tentativo di comprendere che rieducare, risocializzare, sarà possibile solo se la società accetterà di diventare parte attiva di questo percorso, se essa stessa diverrà parte essenziale di una vera azione sociale. E ciò senza  usare le parole come "mezzo recitato" per invocare il sentimento del perdono o della pietà. In questa accezione si tratta di prendere coscienza tanto dei problemi, quanto del fatto che, per risolverli, ci sarà sempre un costo da pagare, se vogliamo perseguire  dei benefici comuni. In ballo non ci sono solamente i dubbi derivanti dalle scienze umane, dal mistero che riveste la natura umana, dal cambiamento auspicato e sospinto avanti dalle leggi, che continuamente vengono emendate e stravolte dalle emergenze, leggi e decreti che dimostrano una patologia dell'assurdo persino nella loro impossibile corretta applicazione. Continuamente si parla di bilanci negativi tra costi e benefici, di sterminate responsabilità, di avventati passi in avanti. Forse é anche così, ma perché non chiedersi come sia possibile avere delle aspettative tanto elevate circa la rieducazione, la risocializzazione, il trattamento individualizzato, se poi gli investimenti in tal senso, solamente a parole sono ingenti, ma nei fatti ( tutti verificabili ) sono ridicoli. Ciò soprattutto alla luce di alcuni accadimenti che, seppur rimangono una minima percentuale negativa, rispetto ai tanti altri casi di effettiva reintegrazione nel tessuto sociale, comunque rappresentano uno sconvolgimento delle coscienze e degli intelletti, per cui l'emotività induce a non vedere i vuoti a monte. Innescando la reazione che favorisce lo scavalcamento e, peggio, la non visibilità sulla mancanza di strutture e mezzi a supporto di quelli leggi e della stessa ideologia del trattamento risocializzante. Il sovraffollamento é sotto gli occhi di tutti, ma a mio modo di vedere non é solo questo il motivo di una certa inefficacia; vi é pure la carenza di operatori penitenziari e non: di Educatori, Psicologi, Assistenti Sociali e Magistrati di Sorveglianza, di quelle figure cioè fondamentali, appunto, per quell'opera trattamentale di cui prima parlavo, e che la legge stessa cita a caratteri cubitali, ma che davvero mancano. So bene di non avere  titoli nel mio carniere per obiettare, ma confidando sul titolo dell'esperienza e dell'impegno, ritengo che l'altro grande problema consista nel favorire e costruire una cultura nuova più consona allo spirito delle leggi e delle norme che vigono anche all'interno di una prigione, una cultura complementare alla Riforma Penitenziaria e non in collisione con essa. Una cultura nuova come ha detto qualcuno tanti anni addietro - ma che forse nessuno ha ascoltato - che permetta, a chi vive a contatto diretto e quotidiano con il recluso, un modo nuovo di concepire e mettere in pratica la propria professionalità e le proprie responsabilità. Inutile negarlo, ancor ora in questo pianeta esiste e permane uno sbilanciamento su un versante prettamente di controllo, di disciplina, di custodia. e ciò sebbene il cammino sia iniziato da tempo. La domanda che sovente pongo a me stesso, ma pure agli operatori penitenziari durante le nostre chiacchierate é: ma tutto questo non assomiglia a una contraddizione in termini? Infatti un carcere che risponde a condizioni strettamente custodialistiche e prisonizzanti, è, nell'effetto, antitetico allo spirito e alle attese della legge stessa. Giustamente è innanzitutto al detenuto che viene chiesto di essere all’altezza del servizio offerto ( e per me si tratta di intenderlo come una conquista di coscienza e non solo come mera possibilità statuale ), ma tutto ciò  è solo il male di superficie, perché c’è  un male più grande. Questa prigione é per davvero un mondo che vive del suo ? Oppure il carcere é società ? Io  mi sento parte della società, da essa provengo e ad essa intendo tornare, a fronte di decenni di carcere già scontato. Per cui la società non può chiamarsi fuori, tanto meno considerare questo perimetro un agglomerato o un corpo morto a lei estraneo: e questo non solo perché lei stessa con i suoi squilibri, le sue ingiustizie e i disvalori, ne partorisce le trasgressioni e le conseguenti devianze che comportano quel sovraffollamento a cui prima accennavo. Il carcere é società, proprio perché esso ha “ un prima, un durante e un dopo”. Un PRIMA dove l'individuo che commette il reato, viene tolto dalla società e giustamente punito, un DURANTE in cui quel soggetto dovrà vivere e non sopravvivere regredendo, un DOPO perché quella persona ritornerà in seno alla società di cui é parte. Perciò se io ritorno nella società non può esserci nessuna separatezza, estraneità, affinché la società stessa si senta esentata dal dover fare i conti con questa realtà. Allora come può una società non sentirsi chiamata in causa, non avere la consapevolezza che é suo preciso interesse occuparsi di ciò che avviene dentro un carcere, perché volenti o nolenti, esiste un dopo, e questo dopo positivo dipende da un durante solidale costruttivo e non indifferente. I tre passaggi elencati dovrebbero esser il collante per quel ripensamento culturale che alimenti attenzione solidale tra società e carcere. Perché ho posto quell'accento iniziale? Perché ho parlato di un prima, un durante e un dopo ? Qualche tempo addietro nel corso di un dibattito a cui ero stato invitato, ho sentito un cittadino indicare il carcere come il contenitore dei mostri. La sua affermazione mi ha fatto pensare. Eppure di giorno in giorno si scopre che il mostro di turno é un magistrato, un avvocato, un politico, un ministro; un poliziotto, il salumiere; uno di noi,  uno come noi, perché tutti possiamo sbagliare, siamo tutti a rischio. Di seguito quel cittadino ( con cui ora é nata stima reciproca) ha contestato che lui é sicuro di non sbagliare, di essere al di sopra di ogni sospetto, che nulla di lui può esser messo in discussione, che insomma lui non ha e non avrà mai a che fare con carceri e carcerati. Ascoltandolo ho ricordato quando anch'io (certamente per altro verso), procedevo per assolutismi, per ricercati sofismi, per visioni unidimensionali e mi ripetevo: che parlino pure, tanto non mi beccheranno mai. Infatti da 26 anni  ho dismesso i panni del più furbo. Nel rispetto comunque delle sue opinioni gli ho risposto che nessun uomo é un alieno, perché tutti nessuno escluso, partecipiamo alla comune umanità, persino in quella più derelitta e sconfitta relegata in un carcere ( ed in carcere siano tutti degli sconfitti ). Non mi stupisce quindi la tendenza di quanti si ritengono, sì, simili a chi sbaglia, ma di contro ribadiscono che il detenuto non é un uomo, non é una persona, e dunque non é un loro simile. E più leggo queste ultime mie righe, più la mente mi porta a sperare di riuscire a smuovere una  riflessione sui molteplici legami che rendono solidale la società al carcere, sulla necessità di renderci conto che il problema della Giustizia e del Carcere riguarda tutti, e tocca tutti da vicino, a tal punto che farsene carico non é un questione di pura pietà o altruismo, bensì di un vero e proprio interesse collettivo.


Progetto Sorriso - Salvador

«Progetto Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador avviata un anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.

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