il GRILLO parlante
per un'informazione equa e solidale nell'Est veronese
 
supplemento a "la Voce Civica", Aut.Trib.VR n.1215 del 27 maggio 1996 - Direttore Responsabile: Amedeo Tosi

La responsabilità degli articoli e delle informazioni è tutta ed esclusiva dei rispettivi autori. «il GRILLO parlante» ospita volentieri ogni opinione e si assume la responsabilità degli articoli «a cura della Redazione» e di quelli non firmati.

«il GRILLO parlante» N.36 è stato inviato a 1071 recapiti e-mail

PRUDENZA
"Anche se l'elefante è dimagrito, non oserà attraversare un ponte di liane" (proverbio Toma - nazione: Guinea)

Provo orrore di tutti quelli che, come usano i generali, pensano che si
possa metter tra parentesi il fatto che una vita umana sia distrutta. (Pedalino)

 
Appuntamenti da non perdere
 
 
 
23/08/01 - SOAVE (VR) - I 100 PASSI
 
Presso il Parco Zanella di Soave (VR), proiezione del film "I 100 passi" di Marco Tullio Giordana (ITALIA 2000 - 114 min.) con Luigi Lo Cascio, Luigi Maria Burrano, Lucia Sardo. Ingresso £ 5000. Il palinsesto è promosso da Legambiente.
 
 
23/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 «L'Unità ritorna tra noi», incontro con il giornalista Piero Sansonetti.
Arena spettacoli - ore 21.00 «Les Tambours Du Bronx».
 
 
23/08/01 - LEGNAGO (VR) - FESTIVAL ETNICO (presso Parco comunale)
 
Area Cinema - ore 21,30 «Afro Cuban Express» rassegna di cortometraggi africani e cubani
 
24/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 Giancarlo Caselli, Maurizio de Luca e Antonio Ingroia presentano il libro «L'eredità scomoda - da Falcone ad Andreotti: 7 anni a Palermo» (ed. Feltrinelli).
Arena spettacoli: ore 21.00 Ilaria Peretti & Double Side «Stream of freedom - Janis Joplin Tribute»
Concerti gruppi DAGADA (Rock) e SHIVA (Alternative Rock). Inizio ore 21,30  
 
24/08/01 - LEGNAGO (VR) - FESTIVAL ETNICO (presso Parco comunale)
 
Area Convegni - ore 20,30 Tavola rotonda «Alternativa Porto Alegre. Uno sguardo sui nuovi modelli di sviluppo» Interverranno: Gianni Minà, G. Rasimeli (Presidente Cons. nazionale ARCI) e Titti Valpiana (deputata PRC)
Area Concerti - ore 22,30 «Capoeira Angola Vadacao»
 
25/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 "Scrittori in festa. Scrittori in piazza», incontro con "Festivaletteratura" di Mantova
Arena Spettacoli - ore 21 Ballo liscio con «Gli Zeta»
Concerto dei REGINA MaB (Rock).  Inizio ore 21,30                   
 
25/08/01 - SOMMACAMPAGNA (VR) - POPOLI IN FESTA
 
Sabato 25 agosto, nell'ambito della fiera, ci sarà a Sommacampagna la serata  di Popoli in festa. Questo appuntamento annuale ha ormai una lunga storia, la stessa storia del Comitato per l'Educazione alla Mondialità che insieme all'Assessorato alla Cultura organizza l'avvenimento. Nato negli anni della guerra in Iraq, appena precedenti la guerra nell'ex-Jugoslavia, il Comitato ha fatto incontrare la nostra Comunità con testimoni di grandi avvenimenti internazionali e con gruppi  provenienti dal mondo. Ha in seguito organizzato innumerevoli viaggi nei campi profughi per portare aiuti offerti dalle famiglie di Sommacampagna, ha lavorato perché i profughi dei campi non si sentissero abbandonati e perché in un campo nascesse una scuola. Ha sostenuto progetti di solidarietà e di sviluppo, ha fatto in modo che un giovane serbo in pericolo perché contrario alla guerra fosse accolto dalla nostra Comunità, ha partecipato a tutte le edizioni della marcia Perugia-Assisi, ha organizzato serate culturali. Spesso ha collaborato e collabora con altri Comitati comunali e con associazioni nazionali. Ogni anno il Comitato ha organizzato serate di incontro con altre culture, specialmente attraverso la musica e il cibo. Sabato 25 agosto in Piazza Carlo Albero, vicino al Municipio, dalle ore 20.00 si potranno gustare piatti tipici di vari paesi dell'America Latina, dell'Asia e dell'Africa. Per tutta la serata del 25 agosto si potrà ascoltare il gruppo  Ziganamama e danzare con la sua musica. Il gruppo nasce nel 1997 con l'intento di far conoscere, attraverso la musica e la danza, ad un pubblico il più possibile vasto la cultura e le tradizioni del popolo rom e del popolo ebraico, accostando due etnie che, pur presentando evidenti diversità, sono accomunate dallo stesso culto per la libertà.
 
 
25/08/01 - LEGNAGO (VR) - FESTIVAL ETNICO (presso Parco comunale)
 
Ore 17 - Teatro, spettacolo di clownerie
Area convegni - ore 18 Tavola Rotonda: «La ricchezza dell'Africa: un continente oscurato dalle potenze occidentali». Interverranno: Padre Gino Barsella (Direttore di Nigrizia); Esponenti delle comunità africane presenti sul territorio.
Area concerti - ore 21,30 Spettacolo di trampolieri
Area concerti - ore 22,30 Concerto M.Camardi presenta «La frontiera scomparsa» con Kammerensemble, viaggio contaminato da jazz e suoni del mondo.
 
 
DAL 23/8 AL 9/9 - VERONA - COLTRO... IN MOSTRA 

Nell'ambito della Festa Provinciale dell'Unità (23 agosto - 9 settembre 2001) , in collaborazione con la Libreria Rinascita, sarà allestita nell'unità 24 degli ex magazzini generali di Verona la mostra di Davide Coltro "Viventi", a cura di Camilla Bertoni. Il pubblico costituisce parte integrante al lavoro di Coltro; ogni sera procederà infatti il "censimento dei viventi" grazie al quale, in un work in progress, prende forma l'archivio, potenzialmente infinito, delle individualità umane. Un fotocopiatore e la successiva elaborazione digitale sono gli strumenti usati. La performance, a cui tutti sono invitati a partecipare, costituisce il primo passo della ricerca di Coltro: il fotocopiatore, una macchina di cui l'artista ha dovuto imparare a sfruttare le potenzialità, sfornando una "copia", una riproposizione in chiave contemporanea della maschera dell'antichità, in realtà "smaschera" le persone rubando, a volte forzando, l'espressione di un attimo. Obiettivo primario di questa ricerca, visibile di volta in volta nelle singole installazioni, è tracciare un percorso di immagini condivisibile dalle persone che lo alimentano con le loro individualità. I singoli, "smascherati", mentre si specchiano e si scoprono nei loro ritratti, indagando se stessi intuiscono l'appartenenza alla collettività umana. I documenti dell'archivio possono essere ingranditi al computer e, a seconda delle esigenze espositive, applicati a vari supporti. Dalle scarne pareti dell'unità 24 degli ex magazzini generali emergeranno così sia le gigantografie che la raccolta in progress di espressioni registrate direttamente dal fotocopiatore. Diversamente da quello realizzato con la macchina fotografica, il ritratto "fotostatico" fa emergere il volto da una inquietante oscurità e da una mancanza di contesto che rende misteriose e affascinanti le espressioni dei viventi. La luce mediata dallo strumento meccanico, disegna nel buio con inedita definizione i particolari dei volti, caricando di valore formale queste suggestive icone. PRESENTAZIONE: sabato 25 agosto ore 18.30.

26/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 Vincenzo Cerami presenta «Fantasmi» (Ed. Einaudi), partecipano Vincenzo Mollica e Milo Manara.
Arena spettacoli - ore 21 Ballo liscio con «I Barry»
Concerto dei DIRGE (Croosover) e NOVADIVA (Rock italiano). Inizio ore 21,30      
 
26/08/01 - LEGNAGO (VR) - FESTIVAL ETNICO (presso Parco comunale)
 
Parco giochi, ore 17 - Spazio bimbi con spettacolo di burattini
Area convegni, ore 18 - Tavola Rotonda «Sem Terra e bambini di strada. Il Brasile dei contrasti» Interverrà G. Stoppiglia (Presidente Associazione Macondo)
Area concerti, ore 21 - Teatro, da un testo di E.Galeano "Las palabras andantes", voce recitante di F. Rinaldi, accompagnato da chitarra.
Area concerti, ore 22 - Ritmi caraibici
 
 
27/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 Domenico Starnone presenta "Via Gemito" (Ed. Feltrinelli, premio Strega 2001), introduce Giulio Galletto, critico letterario.
Arena spettacoli - ore 21 Ballo liscio con «I Rodigini»
Concerto della ZANETTI JAZZ QUINTET (Jazz). Inizio ore 21,30.
 
28/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Arena spettacoli - ore 21 ballo liscio con Ruggero Scandiuzzi
 
 
29/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Arena spettacoli - ore 21 Francesco De Gregori in concerto
Concerto dei FARABRUTTO (Combat-Rock), un viaggio tra il sociale e il sogno. Inizio ore 21,30.
 
31/08/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 Gianni Minà presenta «Latinoamerica - e tutti i Sud del mondo». Partecipano: Gabriele Colleoni (giornalista) e Giorgio Gabanizza (esecutivo nazionale di "Altri Mondi")
Dance Music: Lounge, Chill Out, Chill House, Jungle, Rap, Sincro House - Special Guest DJ CHILL. Inizio ore 21,30.               
 
01/09/01 - MILANO - THAILANDIA
 
Serata dedicata alla Thailandia al Festival dell'Unita' di Milano - Lampugnano, con Nicoletta Negri (info: seiko@katamail.com)

01/09/01 - VERONA - FESTA DE L'UNITA' (presso ex Magazzini generali - info:045 8203050)
 
Sala dibattiti - ore 21,30 Gianfranco Pasquino presenta «Critica alla Sinistra italiana» (Ed. Laterza). Introduce Giangaetano Poli, presidente della Direzione Provinciale DS
Arena spettacoli - ore 21 Ballo liscio con Loretta Giorgi
 
 
12/09/01 - MILANO - NICARAGUA
 
Serata dedicata al Nicaragua al Festival dell'Unita' di Milano - Lampugnano, con Augusto Colombo. (info: seiko@katamail.com)


in primo piano
 
Padre Alex Zanotelli
presenta il libro:
«LORENZO MILANI “I CARE ancora Lettere, progetti, appunti e carte varie inedite e/o restaurate» a cura di GIORGIO PECORINI - (EDITRICE MISSIONARIA ITALIANA)

Su una parete della nostra scuola  c'è scritto grande: "I care". È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. "Me ne importa, mi sta a cuore". È il contrario esatto del motto fascista "Me ne frego". (Don Lorenzo Milani: Lettera ai giudici, 1965)Stasera ho provato a mettere un disco di Beethoven per vedere se posso ritornare al mio mondo e alla mia razza e sabato far dire a Rino: "Il priore non riceve perché sta ascoltando un disco". [...] Volevo anche scrivere sulla porta "I don't care più", ma invece me ne care ancora molto.   (Lettera di don Milani a Francuccio Gesualdi, 4 aprile 1967)

PRESENTAZIONE di p. Alex Zanotelli

Giornate intense queste a Korogocho, giornate piene di tensione, perché il problema della terra, su cui la baraccopoli è costruita, diventa sempre più scottante. Korogocho, una delle peggiori baraccopoli alla periferia di Nairobi, è costruita su una piccola collina di due chilometri per uno. I1, 60% della popolazione della città ‑ oltre due milioni di persone ‑ è costretta a vivere nell'l,5% del territorio della municipalità, "sardinizzata" in oltre cento baraccopoli dove il degrado ambientale, urbano e sociale è spaventoso. Korogocho potrebbe essere l'ultimo girone infernale di questa "città del sole" governata da un apartheid economico raffinato. In tale situazione non è facile unire i poveri, divisi oltre tutto tra proprietari delle baracche e affittuari (oltre l'80%!). Noi ci siamo schierati decisamente a fianco dei più poveri... Lavorare e lottare con gli impoveriti dal sistema non è facile, proprio perché si è al limite dell'umano. Ma proprio per questo abbiamo scelto di essere qui. È una lotta difficile questa: camminare con loro, lavorare con loro, lottare con loro. È una sfida unica. È un osso duro per i nostri denti ("fai largo ai poveri, senza farti largo" diceva don Milani)..., ma è proprio per questo che ho scelto di esserci. Gesù non ha fatto lo stesso nella sua Galilea delle genti? È stato davvero volto dell'Abbà per tutta la poveraglia della sua terra impoverita dall'imperialismo romano. Penso che se don Milani fosse vivo oggi farebbe anche lui l'opzione dei poveri. È questo il significato dell'opzione per Barbiana (per Milani era una scelta, non un esilio!). "Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri", afferma nella Replica ai Cappellani Militari, "allora vi dirò che reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori dall'altro. I primi sono la mia patria, i secondi sono i miei stranieri". Ecco perché quando mi è stato chiesto di scrivere la presentazione di questo libro ho sentito l'obbligo di accettare. n legame che mi unisce a don Milani, e al suo alunno Francesco Gesualdi, è molto forte. Don Milani è stato uno dei maestri più influenti della mia vita. Né avrei mai pensato di diventare compagno di cordata del suo amatissimo discepolo, Francuccio. La vita sembra tutta un caso... poi scopri che qualcuno con mano invisibile (non quella del mercato, per fortuna!) sa riannodare tanti fili sparsi. Non ho mai conosciuto don Milani di persona. Negli anni in cui il suo nome veniva alla ribalta io ero ben lontano dall'Italia, negli USA a studiare, e poi in Sudan. Fu infatti a El‑Abeid, nel lontano 1967, che cominciai a leggere di don Milani sulle pagine de "Il Regno". Fui folgorato dalle sue posizioni sull'obiezione di coscienza, sulla guerra, sull'esercito..., sulla storia italiana letta da un'altra prospettiva. La Lettera ai giudici fu certamente il testo che più mi colpì, perché veniva a scardinare una mia cultura personale militarista e violenta. Fu questo per me l'inizio di un ripensamento radicale delle mie posizioni, che mi porterà quindici anni dopo, precisamente nel 1985, al lancio di "Beati i Costruttori di Pace" (per me fu un cambiamento a 180 gradi). Questo movimento era il tentativo di saldare il binomio Vangelo e pace dentro la Chiesa del Triveneto ("Beati" nasce nel cuore della Chiesa del Nord‑Est). Purtroppo, il tentativo naufragò subito. E pensare che l'arcivescovo di Udine, Battisti, aveva già preparato una bella lettera pastorale a nome dei vescovi del Triveneto in risposta a "Beati". Ma la reazione delle forze politiche italiane (DC in testa!), in particolare di Spadolini ("quei preti rossi del Triveneto") e l'opposizione rabbiosa della segreteria di Stato fecero fallire il primo serio tentativo di far assumere ufficialmente l'istanza della nonviolenza evangelica dalla Chiesa italiana. Battisti pubblicherà poi quella lettera a nome proprio. E tra i vescovi del Triveneto e "Beati" regnò il gelo! L'allora arcivescovo di Trieste, Bellomi, che aveva firmato a nome dei vescovi (con la benedizione del cardinale Cé) fu marginalizzato. Ne soffrì molto (non potrò mai dimenticare le sue lacrime quando venne a salutarmi a Korogocho). E per la Chiesa, in chiave di pace, si è continuato così fino ad oggi, con la celebrazione del Giubileo delle Forze Armate e il rifiuto del Giubileo degli Obiettori (il cardinale Biffi non ha forse affermato che "la nonviolenza non è una virtù evangelica"?!) Ma la pace è solo uno dei problemi che questa nostra Chiesa non riesce ad affrontare seriamente. Economia e politica sono due aspetti fondamentali del vivere umano che come Chiesa non riusciamo a coniugare in modo serio. Una realtà, questa, che don Milani aveva colto bene nella Lettera a don Piero, in appendice ad Esperienze pastorali: "Parli dunque pure il prete di governi e di politica, ma solo per criticarli. Mostri al cristiano soltanto quanto lontano egli sia dall'ideale altissimo del Cristianesimo e mai lodi le realizzazioni terrene dei cattolici che (se anche dovessero divenire molto meglio di quel che tragicamente sono) saranno sempre orribili parodie dell'ideale". Niente meglio di questa affermazione esprimeva il mio stato d'animo quando lavoravo alla rivista dei comboniani "Nigrizia". Quello che sentivo più forte era proprio questo tradimento. Il tradimento delle istanze evangeliche, in un'Italia retta in primis dalla DC che diceva di ispirarsi a principi cristiani, mi appariva talmente ovvio che solamente un cieco poteva non vederlo. (La Chiesa ufficiale, con larga benedizione vaticana, si ostinava a sostenere che questo era il "minor male" per salvarci dal "grande male", il comunismo. Si esaltava così il trionfo dei principi machiavellici: il fine giustifica i mezzi!). In tutto questo, gli scritti di don Milani mi hanno sovente illuminato e stimolato (insieme a quelli di due suoi grandi amici preti, Balducci e Turoldo! Furono questi i miei maestri, non Marx!). Si arrivò così al noto editoriale: Il volto italiano della fame africana ("Nigrizia", gennaio 1985). Scoppiò il finimondo politico ed ecclesiastico. Il siluramento fu automatico (aprile 1987). Anche per me, però, Korogocho non fu l'esilio, ma una scelta voluta e ricercata. Era il bisogno di sentire sulla mia pelle la tragedia dei poveri. Era un imperativo di prete e di missionario. Sono dodici anni che cammino nelle strade fangose o polverose dei poveri. Proprio all'inizio di questo mio camminare a Korogocho fui raggiunto da una lettera del "cucciolo" di don Milani, Francuccio Gesualdi. Mi chiedeva se potevo scrivere una presentazione del suo libro Lettera ad un consumatore del Nord, che si richiamava senza dubbio al genere tipico della scuola di Barbiana: la Lettera. Non conoscevo personalmente Francuccio. Accettai alla fine il suo invito. Era il primo testo che scrivevo da Korogocho, dove ero arrivato solo da qualche mese. Con la fionda di Davide si intitolava quella presentazione. Da qui nacque un'amicizia con Francesco Gesualdi, che andò sempre rafforzandosi. Fu grazie a lui che mi buttai nell'avventura della campagna contro la Del Monte. Fin dal mio arrivo a Korogocho avevo seguito, ma dall'esterno, la gestione di quella multinazionale. Ma ero talmente preso dalla realtà di Korogocho che non trovavo tempo per altro. Gesualdi continuò a stuzzicarmi, forse memore delle parole che gli aveva scritto il vecchio maestro: "Mi piacerebbe che tu lavorassi nel sindacato a livello di rapporti internazionali con il Terzo Mondo". Fu solo nel '97 che un giovane laureato di Korogocho, Stefen Onma, si rese disponibile per una ricerca seria che coinvolse il sindacato di Daniele Knile, splendida figura di resistente. Una volta compiuta la ricerca, Gesualdi venne di persona per valutare la situazione. Fu una gioia ospitarlo nella nostra baracca. Decise che si poteva lanciare una campagna di boicottaggio contro la Del Monte (era la prima volta che questo avveniva nell'Africa Nera!), una campagna che ha dato molto in fretta i suoi frutti. Siamo infatti alla vigilia di un insperato successo: la Del Monte sembra ormai pronta a trattare. Questa vittoria si proietta su altre drammatiche realtà di sfruttamento: l'industria dei fiori, del tè, del caffè. È l'inizio di qualcosa di nuovo in Africa. E questo grazie a un discepolo di don Milani, che tenta di tradurre il messaggio del maestro nell'oggi. Questo mi sembra molto importante, perché ci ricorda quanto sia giusto il non utilizzare nessuno, perché ciascuno è chiamato da Dio a rispondere creativamente al momento storico che vive. Don Milani ha risposto creativamente al suo tempo con la scuola di Barbiana; il suo discepolo con il consumo critico, con i nuovi stili di vita, con i boicottaggi: "Là dove oggi si può e si deve fare nuova scuola, nuova educazione per la liberazione degli oppressi per la difesa della natura, per la speranza delle future generazioni". Purtroppo la Chiesa italiana non ha ancora capito la "profezia" di don Milani, né che grande dono è stato per lei. Nei vari anniversari, non una parola da parte della Conferenza Episcopale Italiana sulla sua figura. Che vergogna! "Il suo maggiore tormento ‑ scriveva Liana Fiorani ‑ fu di non essere riconosciuto come prete al centro della Chiesa e non ai margini. Voleva essere prete, nient'altro che prete!". Più intelligente, in questo, il politico Veltroni che ha scippato il motto di don Milani "I care" per farlo divenire quello del suo partito, senza però assumere lo spessore polisco del pensiero del priore di Barbiana. Questo significa strumentalizzare don Milani! Allo stesso modo non è giusto sbandierare Korogocho senza assumere le istanze politiche degli impoveriti. C'è più che mai bisogno oggi di giovani ("ho voluto più bene a voi ragazzi che a Dio" ha scritto don Milani nel testamento) che abbiano il coraggio di rispondere creativamente alle nuove sfide che incombono nella storia umana. Giovani decisi a battersi per un'Italia capace di futuro, per un mondo capace di futuro. "Non vedremo sbocciare santi - scriveva don Milani - finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all'ingiustizia sociale". Spero che il grido immenso di sofferenza degli impoveriti di Korogocho e di tutte le Korogocho del mondo trovi menti e cuori attenti. Don Milani avrebbe esclamato: "Me ne care ancora molto!". (padre Alex Zanotelli)


 
MASSMEDIA e TAM TAM vari
 
 
ALCUNI LIBRI SULLA CARRIERA DI UN PRESIDENTE
1) Michele Caccavale, Il grande inganno, Kaos, Milano 1997; 2) Pino Corrias, Massimo Gramellini, Curzio Maltese, 1994. Colpo grosso, Baldini & Castoldi, Milano 1994; 3) Floriano De Angeli (a cura di), Archivio Berlusconi, Cuccia & Co., Mafia Connection, Gropello C. 1994; 4) Floriano De Angeli (a cura di), Berlusconi 1, Mafia Connection, Gropello C. 1993; 5) Floriano De Angeli (a cura di), Galassia Berlusconi. 1. Mappa generale, Mafia Connection, Gropello C. 1994; 6) Floriano De Angeli (a cura di), Galassia Berlusconi. 2. Mappa dei transfughi e riciclati della Prima Repubblica, Mafia Connection, Gropello C. 1994; 7) Giuseppe Fiori, Il venditore, Garzanti, Milano 1995; 8) Claudio Fracassi, Michele Gambino, Berlusconi. Una biografia non autorizzata, suppl. ad "Avvenimenti", Roma 1994; 9) Procura della Repubblica di Palermo, Direzione distrettuale antimafia, L'onore di Dell'Utri, Kaos, Milano 1997; 10) Giovanni Ruggeri, Berlusconi. Gli affari del Presidente, Kaos, Milano 1994;11) Giovanni Ruggeri, Mario Guarino, Berlusconi. Inchiesta sul signor TV, Kaos, Milano 1994; 12) Leo Sisti, Peter Gomez, L'intoccabile. Berlusconi e Cosa nostra, Kaos, Milano 1997; 13) Tribunali di Milano e Napoli, Le mazzette della Fininvest, Kaos, Milano 1996; 14) Elio Veltri, Marco Travaglio, L'odore dei soldi. Origini e misteri delle fortune di Silvio Belrusconi, Editori Riuniti, Roma 2001.

PARCO DEL GIGANTE
 
Il Parco del Gigante, con un intervento organico, ha rivisitato le carrabili forestali e gli antichi sentieri trasversali esistenti, adattato il tracciato alle due ruote ed alle quattro zampe, collocato la segnaletica, evidenziati i servizi per ciclisti, cavalli e cavalieri.  Per questo motivo si è pensato di realizzare una guida, dedicandola a tutti coloro che intendono esplorare il parco: Ciclopista Ippovia del Gigante (£.14.000). Questa propone sostanzialmente tre itinerari per MTB. Il percorso principale è  costituito dal collegamento est-ovest di tutto il fronte a ridosso del limite toscano, il secondo itinerario si dirama lungo l'anello del Ventasso, mentre seguendo l'ultimo percorso si raggiungono le località delle pendici nord del Cusna scollinando al passo della Cisa.  La Ciclopista Ippovia del Gigante ha anche la sezione dedicata al trekking a cavallo. Alla realizzazione di questa carto-guida hanno contribuito TUTTINBICI-FIAB-Reggio Emilia, FITEEC-ANTE Emilia Romagna, Servizio Regionale Parchi e Riserve, Regione Emilia Romagna. I libri Ediciclo, li potrete trovare nelle migliori librerie, o richiederli direttamente alla casa editrice che si riserverà di effettuare degli sconti in caso di ordinativi cospicui. (www.ediciclo.it)
 
E' uscito, edito dalla Rete Bioregionale Italiana e Arianna Editrice il libro di Gary Snyder «Ri-abitare nel Grande Flusso». "Gary Snyder, è autore di "Turtle Island", per il quale ha ricevuto il premio Pulitzer nel 1974, "The Practice of the Wild" (Nel Mondo Selvaggio, red edizioni 1992) "Coming into the Watershed" e molti altri libri di poesia e saggi. Gary Snyder ha scalato montagne, studiato Zen in Giappone, incontrato il Dalai Lama nel 1962 ed è stato uno dei padri fondatori della Beat Generation. Dal 1985 insegna all'Università della California a Davis. Nel corso di quattro decenni Gary Snyder si è dedicato ad una singolare ed originale visione che fonde il Buddhismo Zen, la tradizione dei Nativi Americani, i valori dell'ecologia e della wilderness. Questa visione ha informato il suo lavoro, ha ispirato il movimento Bioregionale e la Deep Ecology e ha creato un peculiare modello per ciò che significa essere umani oggi."
 
Indice:
Consapevolezza Madre Terra: le sue balene (poesia) - L'energia è eterna gioia
Chi siamo, dove siamo Per/Da Lew (poesia) - Entrando nel cinquantesimo millennio
Il selvatico dentro, il selvatico fuori Senza (poesia) - L'etichetta della libertà
La Bioregione Per tutti (poesia) - Arrivando nel Bacino Fluviale
Il posto e la pratica Manici d'ascia (poesia) - Kitkitdizze: un nodo nella Rete
Ecologia profonda Alle cascate di Frazier Creek (poesia) - Onorando il selvatico (intervista)
 
Il libro costa £. 14.000 e si può richiedere alla: Rete Bioregionale Italiana c/o Lato Selvatico, Via Bosco 106, 46020 Portiolo (MN) Bioregione Bacino Fluviale del Po - Tel. 0376/611265  E-Mail. morettig@iol.it  Versamenti sul ccp. n° 14831242 intestato a Moretti Giuseppe, Via Digagnola 24, 46020 Portiolo (MN). Aggiungere £. 2000 per spese postali  * Sconti per ordini superiori alle 5 copie.
 
PRAXIS
 
E' disponibile il n. 21 di PRAXIS rivista per un nuovo orientamento rivoluzionario

Contiene:
- A Ponente. Note su una manifestazione oscurata
- E ora? Genova è stata una prova generale. Tiriamo le prime somme. - di M. Priorati
- La Battaglia di Genova. Può questo nuovo movimento darsi una prospettiva rivoluzionaria? - di D-17
- La Trappola di Genova - Il presagio della battaglia e la polemica col movimentismo - AA.VV
- Sri Lanka: il J.V.P., lo sciovinismo singalese e la questione Tamil
- Critica della religione e realizzazione della filosofia nella tradizione dialettica - di S. Garroni
- Materialismo e soggettivismo - di V. Coordiner
- Intransigenza e dogmatismo. Il caso Bordiga - di M. Ciotti
- L'ultimo Althusser e il materialismo aleatorio - di C. Preve
- Antifascismo ribelle. Ad ottanta anni dalla prima resistenza antifascista - di E. Francescangeli
- Fascismo di sinistra, Thiriartismo e nazional-comunismo - Risposta ad E. Francescangeli
Per abbonarsi o avere una copia omaggio contattaci: marxista@tin.it
 - tel-fax: 0742.78828
 
SITI DA VISITARE 
 
 
2) LA REDAZIONE NAMIR - sperimenta per la prima volta la pubblicazione di un libro nato per Internet. Molti di voi conosceranno LUANA in rete per i suoi articoli graffianti - ed e' proprio con questa autrice che desideriamo iniziare questa sperimentazione letteraria - pubblicando «AIRONE BASSO» di Luana lulù con la sua intervista, lo puoi leggere cliccando su questo indirizzo : http://web.genie.it/utenti/n/namirdue/ puoi completamente copiarlo e stamparlo in cartaceo.
Se sei uno scrittore e vuoi partecipare a questa iniziativa di LIBRI IN RETE - inviaci il tuo materiale letterario in email - dopo attenta nostra lettura riceverai proposta di pubblicazione nel nostro sito del completo lavoro. L'importante e' che non sia mai stato stampato in cartaceo da nessuna casa editrice.
 

 
INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI
 
 
NOI, COSTRUTTORI DI FAME 
di DON TONINO BELLO
(articolo pubblicato sul Manifesto del 20 agosto 1992, dieci anni fa. Segnalazione di Domenico Manaresi)
 
TRA LE INVOCAZIONI delle litanie dei santi che si cantano ancora oggi in chiesa, ce n'è una che dice così: “A peste, fame et bello, libera nos Domine”. Liberaci, o Signore, dalla peste, dalla fame e dalla guerra. Vien da pensare che, più che da un uomo di Dio, sia stata compilata da una commissione di sociologi. Perché, rapida come un telegramma, riassume interminabili trattati sulla fenomenologia delle interconnessioni tra armi, miseria, droga e tutti gli altri accidenti che ci tolgono la pace. Forse dovremmo sorridere meno delle giaculatorie. Di queste frecce veloci, cioè, che vanno verso il cielo. Se non ce la sentiamo di usarle come preghiera potrebbero servirci almeno come modello di analisi. La peste, la fame e la guerra, appunto. Le loro idre stanno funestando, tutte tre assieme, gli ultimi scampoli di ferragosto. E, una volta dribblate le vicende di W.Allen, i problemi di Funari e lo spettro reviviscente di Maradona, atterriscono i lettori da tutte le righe del giornale. Anzitutto la peste. Non quella bubbonica. Ma quella che lascia i segni di ben altri lividi: la droga. In questi giorni, sequestri a quintali in ogni angolo di porto. Turbe di giovani travolti dalla bufera. Genitori distrutti, senza approdi di speranza al loro tormento. Corteggio di violenze, che germogliano su questa libidine dell'assurdo. Esplosione di criminalità legata agli osceni mercati di morte. Rituali tenebrosi, che la diaspora livida delle siringhe evoca all'alba… E poi la guerra. Questa guerra disumana dei Balcani che, alle consuete scenografie delle madri che si disperano e dei roghi che crepitano sulle macerie di antiche civiltà, aggiunge i fotogrammi dei lager dove la gente viene sterminata con allucinante premeditazione. Questa guerra contro cui le nostre ambiguità riduttive, le approssimazioni di comodo le reticenze dettate dalla paura di apparire troppo ingenui ... non ci hanno fatto gridare con più coraggio, con maggiore tempestività e senza sconti di copertina. E infine la fame. Quando fino a ieri dicevamo che ci sono cinquanta milioni di persone che muoiono ogni anno per mancanza di cibo si poteva anche rimanere indifferenti di fronte a questa aritmetica della miseria. Ma oggi che perfino i rotocalchi rosa riproducono lo smarrimento delle madri della Somalia che stringono figli smagriti a seni senza latte, non possiamo più continuare a vivere come prima. I fantasmi di questi infelici dovrebbero perseguitarci come l'ombra di Banquo perseguitava Macbeth. E le fugaci zoomate dei teleschermi su queste larve di umanità dovrebbero bloccarci la digestione. SOMALIA: terra disperata, dove la bomba “M” (miseria) sta mietendo più vittime della bomba “H”. Somalia: pista obbligatoria per l'atterraggio della nostra attenzione sul pianeta della fame. Somalia: provocazione per tutti coloro che si sono comodamente sistemati al banchetto della vita. Perché non sono i coperti che mancano sulla mensa. Sono i posti in più che non si vogliono aggiungere a tavola! E' ora di muoversi. E' già scattata la catena della solidarietà, e va dato atto a tanti organismi umanitari, alla Caritas in primo luogo, del coraggio con cui stanno sfidando le nostre pigrizie balneari. Ma non vorremmo che le nostre fossero risposte date solo agli assalti emotivi, pagando il pedaggio al sentimento con l'“una tantum” di una buona offerta per i diseredati africani. La tragedia della Somalia ci obbliga a prendere sul serio uno slogan di qualche anno fa che diceva: contro la fame, cambia la vita! Convèrtiti, cioè. Metti da parte l'egoismo. Rifiuta l'idolatria del danaro. Guàrdati dal demone perverso dell'accaparramento. Battiti perché cambino certe leggi che regolano il mercato. Favorisci col tuo impegno l'avvento di un nuovo ordine economico internazionale. Ma questa tragedia ci impegna anche a reagire con coraggio nei confronti di tutte quelle forme di cooperazione internazionale in cui non si faccia leva sulla crescita autonoma dei popoli. Se l'epilogo di una lunga storia d'impegno finanziario dell'Italia col governo della Somalia è questo, allora c'è da rivedere criticamente una formula tanto enfatizzata, ma che alla fine non si è discostata gran che dai moduli del più ripetitivo e interessato colonialismo. A questi due cambi di mentalità dobbiamo volgere l'attenzione nel prossimo futuro. Con atteggiamento pensieroso e gravido di progetti, oltre che commosso. Senza questo atteggiamento tutti gli altri discorsi sulla solidarietà risulteranno ambigui. Se pure non si porteranno dentro i germi dell'egoismo, destinati tristemente a produrre “fiori del male” in un deserto di violenza. DON TONINO BELLO, Vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi
 
 
LUCIANO BENINI: DOPO GENOVA, LA NONVIOLENZA
 
Johan Galtung, il più importante studioso di teoria e pratica di risoluzione nonviolenta dei conflitti, dice che la violenza diretta e' tipica dei dilettanti mentre quella indiretta e' prerogativa dei professionisti. I governanti, i militari, gli opinionisti e i sostenitori dei paesi più ricchi e industrializzati del mondo, i G8, sono responsabili, a vari livelli, di un sistema politico-economico che produce miseria per i quattro quinti dell'umanità e morte per fame di 40 milioni di persone ogni anno; sono responsabili della quasi totalità della produzione ed esportazione di armi e della morte di centinaia di migliaia di persone nelle varie guerre dall'Iraq alla Serbia; le loro scelte stanno mettendo a repentaglio la stessa vita futura del pianeta con disastri ambientali sempre più gravi. Eppure presso l'opinione pubblica riescono a passare, essendo professionisti della violenza, addirittura per benefattori dell'umanità, tutti intenti a stanziare fondi per questa o quell'altra emergenza sanitaria o sociale. All'opposto qualche centinaio di giovani, convinti che spaccare la testa a qualche poliziotto equivalga a far fuori un po' di soldati dell'impero, rischiano di apparire, agli occhi dell'opinione pubblica, come i veri violenti, mentre in realtà sono solamente dei dilettanti della violenza. Il movimento anti-globalizzazione e' a favore dell''unificazione del mondo umano. Il movimento e' mondiale: internazionale, interculturale, intergenerazionale, altruista. E' contro una mondializzazione iniqua, nella quale cresce la ricchezza per pochi e cresce l'ingiustizia per molti. E' a favore dell'ONU e contro ogni organizzazione o riunione di alcuni (G8, NATO, ecc.) contro altri. Chiede la cancellazione del debito estero (che i paesi impoveriti hanno già abbondantemente pagato) e l'introduzione della Tobin Tax contro le speculazioni finanziarie. Attua il risparmio etico e il consumo critico. Susan George, una delle menti più lucide del movimento antiglobalizzazione, ha scritto che "per la prima volta nella storia esiste un movimento mondiale che porta avanti delle rivendicazioni non legate ai propri interessi ma agli interessi di tutti, un movimento che avanza richieste in favore e in difesa dell'umanità intera", aggiungendo che "si tratta del più importante movimento mondiale da almeno trent'anni a questa parte". In effetti quello che ha cominciato a coagularsi a Seattle e ha preso corpo fino a Genova e' un movimento che ha saputo dare compattezza e prospettiva ad una miriade di gruppi e associazioni terzomondiste, ambientaliste, dei diritti umani, pacifiste e nonviolente che da decenni operano in tutto il mondo a favore della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato. Un movimento del genere ha, a mio avviso, tutte le potenzialità per mettere a repentaglio il potere del sistema militare-industriale che tiranneggia il mondo almeno dalla fine della seconda guerra mondiale. Un sistema iniquo nato col colonialismo e rafforzatosi col neocolonialismo e che voleva chiudere definitivamente il cerchio affidando alla trinità satanica, come la chiama Zanotelli (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio), il governo del mondo. Scongiurato l'accordo sul MAI col quale si sarebbe tolto ai governi il diritto di legiferare in materia di commercio e finanza internazionale, il potere mondiale tenta comunque, con l'idolo della globalizzazione, di trasformare il mondo in un immenso mercato globale senza regole e senza etica. Che la globalizzazione sia questa e non le amenità con cui politici e analisti cercano di spacciarla per darne una interpretazione positiva e' affermato a chiare lettere anche al punto 19 del documento preparatorio del sinodo dei vescovi cattolici che si terrà dal 30 settembre al 27 ottobre 2001: "Gli effetti della globalizzazione si sentono ormai con la logica impietosa di programmi economici ispirati ad un liberismo sfrenato che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, esclusi come sono dai programmi di sviluppo, al punto che alcuni parlano ormai di un nuovo disordine mondiale. Preoccupa giustamente il futuro se sono lasciate fuori della giusta partecipazione al bene comune intere popolazioni che appartengono alla stessa famiglia di Dio ed hanno in comune gli stessi diritti. Spesso le comunità indigene sono derubate delle ricchezze delle materie prime e delle risorse naturali dei propri Paesi in uno sleale sfruttamento del territorio e delle popolazioni. Perfino la terra, nonostante una sensibilità sempre più positiva verso l'ecologia, soffre, come forse non era accaduto prima nella storia dell'umanità, di cambiamenti climatici dell'ecosistema che suscitano interrogativi sul futuro del nostro pianeta. Preoccupa la degradazione dell'ambiente". La Chiesa, che nel secolo diciannovesimo per opporsi al marxismo aveva visto la classe operaia e i poveri, cioè i privilegiati del Signore, allontanarsi da essa in una lacerazione che solo di recente comincia ad essere ricucita, ha saputo intuire in tempo la straordinaria importanza di un movimento come quello antiglobalizzazione e vi e' entrata in pieno con cardinali, vescovi, preti e suore, singoli credenti e associazioni ecclesiali e laicali, con la sola eccezione di Comunione e Liberazione. "Globalizziamo diritti e solidarietà", dice la Chiesa cattolica, questa e' la globalizzazione che ci piace. In questo quadro da un anno migliaia di gruppi e associazioni preparavano l'evento di Genova per offrire all'opinione pubblica mondiale l'immagine di un movimento pacifico e nonviolento, e per questo forte e risoluto, in grado di contestare puntualmente le sciagurate scelte dei G8 e di proporre una alternativa seria e credibile al sistema politico-economico oggi imperante. Era chiaro che tale sistema, costituito da governanti, militari, opinionisti e sostenitori dei paesi più ricchi e industrializzati del mondo, avrebbe fatto di tutto per screditare il movimento e farlo passare come una massa confusa e violenta di giovani senza idee e senza prospettive. Per questo occorreva fare di tutto per non cadere nelle trappole preparate dal sistema. A Genova erano presenti due-trecento mila persone pacifiche e motivate, pronte a manifestare le proprie idee e a non cadere in nessuna provocazione alla violenza. Sul versante opposto c'erano i Black Blocks, veri professionisti della violenza, nazi-fascisti e militanti senza alcuna ideologia o idea, che si addestrano per distruggere, ferire e provocare disordini. Poi c'erano qualche migliaia di "tute bianche", giovani dei centri sociali il cui leader qualche mese prima di Genova aveva farneticato di guerriglia urbana, Genova a ferro e fuoco, alzare il livello dello scontro, invadere la zona rossa, portare l'attacco al cuore dello stato e via dicendo. Qualche giorno prima di Genova le tute bianche avevano poi accettato di partecipare alle manifestazioni solo difendendosi e senza alcuna forma di violenza, con gli scudi ma senza bastoni. Ma intanto la violenza, almeno quella verbale, era stata seminata e qualcuno, purtroppo, c'e' andato di mezzo. Non so bene come siano andate le cose, se l'uno voleva far fuori un poliziotto credendolo un soldato dell'impero e l'altro ha dovuto difendersi sparando, oppure se per difendersi dalle camionette della polizia lanciate contro i manifestanti Carlo Giuliani ha preso in mano un estintore. Ciò che non si puo' accettare e' che due ragazzi poco più che ventenni si siano trovati di fronte, uno con un estintore in mano e l'altro con la pistola. Coloro che volevano trasformare le iniziative di Genova in violenza e morte hanno avuto buon gioco. Perché c'e' stata tanta violenza a Genova? Anzitutto occorre porsi le domande che si e' posto don Oreste Benzi e la comunità Papa Giovanni XXIII: "Come e' possibile che ventimila uomini (tra agenti e carabinieri), e gli otto servizi segreti più efficienti del mondo, non sapessero dell'esistenza e delle intenzioni dei circa duemila appartenenti al gruppo dei Black Blocks, nonostante le precise e circostanziate denunce della Provincia di Genova e di molti cittadini che da parecchi giorni avevano indicato i luoghi dove alloggiavano e si armavano? Come mai le forze dell'ordine non sono intervenute per arrestarli e disarmarli preventivamente? Come hanno potuto i Black Blocks muoversi liberamente in una città militarizzata con continui controlli a tappeto su ogni singolo cittadino? Rispetto a quanto detto e unitamente alle numerose testimonianze oculari, chiediamo ai vertici competenti delle forze dell'ordine di far luce in modo inequivocabile sulle inquietanti ipotesi di connivenze con i Black Blocks". Va detto in aggiunta che a Genova erano stati mandati nuclei speciali di poliziotti che hanno di fatto gestito l'intera operazione convinti che con un governo di destra potevano permettersi qualunque violenza, sapendo di restare impuniti. E se si aggiunge che fra le forze dell'ordine c'erano molti giovani di leva, senza alcuna preparazione specifica su come affrontare manifestazioni di piazza, si capisce bene come ci possa essere stata tanta violenza gratuita. Non si tratta di avanzare una generica accusa a poliziotti e carabinieri (che nella stragrande maggioranza dei casi sono giovani che rischiano quotidianamente la vita per una paga non certo adeguata, anche se fra di loro c'e' stato chi picchiava vantandosi di agire in conformità all'ideologia fascista), ma di chiedere con forza che sia individuato e punito chi ha deliberatamente organizzato le cose perché la violenza scoppiasse invece che fosse fermata sul nascere. Esemplare a tal proposito la dichiarazione di Luigi Bettazzi, Antonio Riboldi e Giuseppe Casale - vescovi emeriti in pensione di Ivrea, Acerra e Foggia - che hanno sentito il dovere morale di non rimanere nell'ambiguità. "In cinquant'anni di episcopato, dalla fine dell'ultima guerra, non avevamo mai veduto simili efferatezze. Di fronte alle immagini di brutale e selvaggia violenza di molti tra polizia e carabinieri ci domandiamo da cosa sia generata questa deriva pericolosa. Molti agenti picchiavano la gente comune - famiglie con bambini, giovani e studenti appartenenti ad associazioni di volontariato sociale, perfino disabili - come se stessero punendo l'espressione di idee non gradite a qualcuno. (...) La Chiesa e i cristiani non possono tacere, men che meno per opportunità contingenti, quando la dignità umana di chiunque viene calpestata e umiliata". E per fortuna che ancora una volta la nonviolenza ha limitato i danni. Ecco una notizia ANSA del 20 luglio: "Devo ringraziare quei quindici che si sono messi in ginocchio e ci hanno salvato". A parlare e' un poliziotto. Esprime graditudine nei confronti di un gruppo di pacifisti che, all'arrivo del corteo dei Black Blocks, si sono inginocchiati in fondo a via Palestro, davanti allo schieramento dei poliziotti, invitando il gruppo a fermarsi. Si era appena conclusa la manifestazione pacifica e colorata degli ambientalisti e della Rete Lilliput partita da piazza Manin. Il corteo si era sciolto, dopo le azioni simboliche davanti alla grata di protezione alla zona rossa di via Assarotti, e una parte dei manifestanti si era riversata su piazza Marsala per un sit-in. "Toglietevi il casco" ripetevano i giovani all'indirizzo dei poliziotti in assetto antisommossa. Gianluca, 21 anni, ha raccolto l'invito e subito dopo tutti gli altri lo hanno seguito. A quel punto una ragazza entusiasta si e' alzata ed e' andata ad abbracciare il poliziotto. "Noi ci siamo tolti il casco - dice un altro poliziotto - e loro ci hanno dimostrato solidarieta'. I Black Blocks di fronte a loro hanno desistito". E ancora val la pena di ricordare come segno di speranza l'immagine di Luca, un uomo sulla sedia a rotelle, che durante il sit-in nonviolento in piazza Portello (uno dei varchi della zona rossa) riceve la bandana da un commosso poliziotto che ringrazia i giovani per la testimonianza offerta. Ha scritto Enrico Peyretti: "Pensiamo e scriviamo "nonviolenza" in parola unica per dirne la grande valenza positiva, non di pura e insufficiente astensione dal dare inizio alla violenza, come quando si pensa e si scrive l'espressione in due parole ("non violenza"), pura negazione relativa e transitoria. La nonviolenza in quel significato positivo, attivo, costruttivo, e' radicalmente alternativa anzitutto alla prima e maggiore violenza, quella strutturale dell'ingiustizia sistematica, poi anche alla violenza fisica, materiale, interiorizzata nella rabbia di chi protesta unicamente o principalmente in modo negativo e distruttivo. Chi fa così imita, riproduce e addirittura giustifica la maggiore violenza strutturale, regalando agli oppressori (e ai loro strumenti umani, le polizie) la possibilità di apparire oppressi agli occhi dell'opinione pubblica più condizionata, ma anche giustamente offesa per azioni distruttive a danno non certo dei potenti, ma di terzi incolpevoli". L'alternativa al sistema politico-economico-militare dominante passa in pieno attraverso l'assunzione chiara e consapevole, personale e politica, tattica e strategica, della nonviolenza. Ne saranno capaci i gruppi, i movimenti, i partiti che da Genova sembrano vogliano imboccare la strada dell'alternativa? [Ringraziamo Luciano Benini per averci inviato questo intervento. Luciano Benini e' presidente del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), uno dei più importanti movimenti nonviolenti. Per contatti: lucben@libero.it] (Centro di ricerca per la pace <nbawac@tin.it>)
 
 
AZIONE DI PACE PER L'AFRICA: "NOUS VOULONS LA PAIX"
 
Quanto valgono un bambino o una donna africana? L'Africa non ci chiede anzitutto compassione, ne' soldi, ne' progetti. Le persone in Africa, come nelle altre parti del mondo, vorrebbero essere riconosciute nei loro diritti e incontrate nel loro quotidiano, sentirsi come noi appartenenti a un unico mondo e partecipare con responsabilita' alla stessa storia. Ci riesce piu' facile contestare i potenti che ascoltare e prendere sul serio i poveri. Eppure basterebbe cosi' poco. Nel marzo scorso a Butembo (nord Kivu), in occasione del Simposio Internazionale per la Pace in Africa (S.I.P.A.), siamo stati testimoni di un evento emozionante: la sola ma numerosa presenza di persone semplici provenienti da vari paesi del mondo, ha favorito l'esplosione della speranza di un'intera popolazione, che con l'accoglienza e la festa ha in qualche modo anticipato la gioia  della pace. Ha visto i rappresentanti della società civile del Kivu protagonisti del dialogo per il superamento del conflitto armato con la nonviolenza. Ha ottenuto a sorpresa un risultato immediato con il ritiro delle postazioni militari da alcune localita'. La guerra, iniziata il 2 agosto 1998, nella Repubblica Democratica del Congo e' sopita lungo i vari fronti, ma e' tuttora attiva all'interno dei territori con scontri e saccheggi da parte di bande armate, chiudendo tutta la popolazione in una morsa progressiva di impoverimento, di paura e di oppressione. A Moba e a Kalemie, nell'est del Paese, il 75% dei bambini muore prima di aver raggiunto i 2 anni. E sempre nell'est, dall'agosto '98 all'aprile 2001, su 20 milioni di abitanti, sono 2,5 milioni i morti per causa della guerra (Rapporto dell'International Rescue Commitee, aprile 2001). Non sono numeri o fredde statistiche: sono volti, nomi, persone come noi. Le migliaia di mani strette a Butembo volevano esprimere una volontà di solidarietà duratura e non occasionale e continuano ad interpellarci sulle forme da dare al nostro impegno di pace. La porzione di mondo alla quale apparteniamo spende la maggior parte della vita per stare dentro alla logica del mercato, rincorrendo un benessere da consumare sulla pelle degli altri. Perché, assieme alla porzione di mondo che non ha voce ne' diritti, non convogliare le energie per la vita e la gioia delle persone, realizzando un benessere da condividere? Acquisterebbero un senso diverso anche le nostre giornate. E' tutta l'Africa che ci interpella ma partiamo dalla situazione concreta dei Grandi Laghi. Con questo appello vorremmo raggiungere quante più persone possibili in tutta Europa per realizzare tre iniziative: 1) un incontro-convegno il 18 ottobre a Bruxelles al Parlamento Europeo con le ONG europee per sollecitare i responsabili dell'Unione Europea a perseguire una politica piu' attiva e piu' coerente per la pace in Africa; 2) un'assemblea sull'Africa "Dalla schiavitu' al diritto" dal 7 al 9 dicembre a ridosso della Giornata della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo; 3) un incontro a Kisangani a fine febbraio - inizio marzo 2002 (S.I.P.A. 2) con i rappresentanti della società civile della regione dei Grandi Laghi per ascoltarli, affiancarli e farcene portavoce, dando anche alla nostra azione e ai nostri rapporti maggiore continuità e concretezza. E' stata scelta Kisangani perché città martire, dove tutti gli eserciti si sono scontrati e perché centro delle contraddizioni di tutte le parti attualmente in conflitto. Siamo ancora attesi, in tanti, da tutte le organizzazioni della società civile che continuano a lottare e a rischiare per uscire dalla guerra e costruire la pace nella libertà e nella democrazia. Spesso pensiamo che siamo troppo piccoli per affrontare problemi cosi' grandi; rinunciamo gia' in partenza, perche' solo i potenti possono decidere! Eppure sappiamo quanto siamo importanti per le persone che amiamo e per quelle da cui siamo amati! Anche noi, come tanti, ci sentiamo in difficolta', ma confidiamo in questa forza che e' dentro al cuore di ciascuno. Finora sono state le merci a dettare legge, noi crediamo nella forza dell'incontro fra i popoli, al loro prioritario diritto alla pace, per questo vogliamo camminare assieme. Sappiamo che la situazione di grande sofferenza delle popolazioni in Africa dipende anche dal modo in cui viene perseguito e gestito il potere a livello locale, ma siamo consapevoli che la responsabilita' della riconciliazione e della pacificazione dei popoli e' anche nostra e non ci vogliamo sottrarre o delegare ad altri il compito della costruzione e della salvaguardia della pace. Promotori: Associazione nazionale Beati i Costruttori di Pace; Chiama l'Africa; Operazione Colomba - Associazione Papa Giovanni XXIII; Emmaus; Agesci; Missionari Comboniani; Missionari Dehoniani; Missionari Saveriani
Segreteria organizzativa c/o Beati i Costruttori di Pace, tel. 049/8070522, tel./fax 049/8070699, e-mail: beati.africa@libero.it
 
 
MARIA LUIGIA CASIERI: COSTRUIRE LA PACE COMINCIANDO DAL BAMBINO
 
Non credo che cominciare dal bambino possa significare illudersi che l'incontro con un insegnante illuminato o il fugace passaggio in una scuola buona possa lasciare una traccia indelebile nella storia di un bambino, con la speranza che questo poi fruttera' quando sarà uomo. Costruire oggi sul bambino perche' diventerà l'uomo di domani, la classe dirigente di domani o semplicemente il cittadino di domani. Troppa acqua dovrà passare sotto i ponti, e con l'acqua troppe ore di televisione, troppi compagni furbastri, troppi adulti "insensibili" ed insensati, troppe frustrazioni o troppo poche, troppe istituzioni, organizzazioni, dei saperi, delle relazioni... troppo o troppo poco di tutto. I risultati non sono garantiti, il nostro frutto e' fragile, e' deperibile, non sopravvive agli scossoni e nemmeno al pacato, quasi impercettibile ma non invano, fluire del tempo. E allora cominciare dal bambino significa innanzitutto cominciare dagli adulti per il bambino, cominciare da quegli adulti che assumono verso i bambini e le bambine il ruolo di genitori, di educatori, di insegnanti, di formatori ed in special modo da quegli adulti che a diverso titolo fanno parte dell'organizzazione scolastica istituzionalmente e formalmente investita del compito della formazione e dell'istruzione. Ebbene qui si pongono molte domande, domande che interpellano gli insegnanti soprattutto ma non solo, in quanto professionisti, in quanto membri ed espressione di un'istituzione, in quanto persone. La prima domanda e' fondante e investe la credibilità delle persone e delle strutture e impone lo scandaglio su quanto e dove e come i proclami teorici siano contraddetti ed inficiati dalle reali scelte concrete, quelle che passano ad esempio attraverso le scelte e la distribuzione delle risorse. Cominciare dal bambino dunque non e' tanto perché oggi noi si costruisca e si modelli, come novelli creatori, l'uomo nuovo che renderà migliore il domani, ma perché noi oggi con le scelte e le pratiche che poniamo in atto costruiamo quell'eredita', dono o fardello che i bambini e le bambine porteranno con se'. Non solo, ma nel loro crescere troveranno comunita' di adulti in cui radicarsi e con cui dialogare, in cui trovare il proprio spazio di impegno e in cui vedere riconosciuta la propria identita'. Qual e', dunque, il momento magico in cui un bambino non e' più un bambino e ci si aspetta che si assuma delle responsabilità, quando si guarderà intorno e cercherà quelle comunità di adulti... Ebbene il momento e' adesso, la resa dei conti e' già iniziata, il dialogo tra generazioni non si improvvisa e non viene da solo. Basta guardare le nostre città, i nostri condomini con garage e posto-macchina ma senza un posto per i bambini, dove si invecchia tristemente nella solitudine che accelera una senescenza illusoriamente contrastata dai farmaci. Ma e' possibile anche un condominio dove nel garage i bambini si incontrano, dove una nonna forse senza nipoti scende a prendere il fresco e a cercare irrequieta compagnia, dove una mamma indaffarata approfitta dell'occhio vigile di questa nonna improvvisata, qualcuno racconta, qualcuno discute, qualcuno annaffia un vaso di fiori. Ancora una volta la centralita' del bambino comporta una ridefinizione delle priorità intorno a cui una società si organizza. Guardiamo per un solo momento alle relazioni tra genitori e figli ponendo fugacemente una questione, come un sasso gettato in uno stagno. Considerare il bambino come se fosse l'ombelico del mondo e dargliene l'illusione, evitare di contraddirlo, di porre limiti e confini, di proporre regole e responsabilità, nell'intento di sottrarlo a frustrazioni e sofferenze, a sforzo e sacrifici, rende i bambini più forti, più consapevoli, più liberi, più umani o ne denega il diritto fondamentale di radicarsi in una relazione seria e reciprocamente impegnativa e responsabilizzante, in cui il bambino trae la propria sicurezza non dalle strategie di evitamento dei genitori ma dalla loro capacita' di farsi carico delle  sue sofferenze, di rielaborarle e restituirle dotate di senso, tali da poter essere contenute ed affrontate? Da ultimo uno sguardo alla scuola. Mille letture sarebbero possibili, mille approfondimenti. Anche qui ci limitiamo ad una sola inquadratura. E' opportuno riflettere sulla pluralità di appartenenze in cui la scuola e le scuole sono radicate, perché l'assenza di appartenenze rende una scuola sradicata, disadattata, priva di radici e di prospettiva sul futuro, luogo di superficiale indifferenza, inadatto alla costruzione di radici e identita'. La pluralita' di comunità da cui la scuola e' attraversata, dalla comunità scientifica alle comunità che incarnano valori religiosi o politici, consente la realizzazione di due dimensioni molto importanti. In primo luogo l'infanzia e' presa sul serio e interpella gli adulti su ciò che per loro conta. Una credibile idea di scuola non e' quella che inganna i bambini trastullandoli con cose di poco conto. Ciò su cui chiediamo ai bambini di investire importanti porzioni di tempo e di farlo dentro la scuola e' la costruzione condivisa, dialogata, di punti di vista sull'uomo e sul mondo, che consentano di costruire conoscenze e competenze all'interno di un sistema di credenze e di significati, di relazioni e di scelte morali. Su questo stesso percorso l'adulto non può non essere a sua volta coinvolto. Qui si giocano molte responsabilità personali ma anche molte responsabilità istituzionali. Si pensi all'uso "usa e getta" che spesso si fa della scuola per l'infanzia, quando la frequenza diventa saltuaria e quando i tempi di tale frequenza possono essere condizionati da esigenze talvolta in evidente conflitto con i bisogni formativi e dove i tempi curricolari non sono mai stati stabiliti. Ma si pensi anche alla riforma della formazione dei docenti in cui una volta di piu' si riproduce la spaccatura all'interno della funzione docente tra insegnanti di scuola primaria e di scuola secondaria, in cui deve essere sembrato normale al legislatore che per insegnare ai bambini piccoli fosse sufficiente una conoscenza superficiale di un po' di tutto. Temo chi pensa di poter ingannare l'infanzia. In secondo luogo e' possibile pensare la scuola come crocevia di pluralismo, luogo privilegiato in cui le differenze coesistono democraticamente e dove si impara a riconoscerle, a valorizzarle come ricchezza ma anche ad assumersi la responsabilita' di operare delle scelte. E' evidente che investire piuttosto sul diritto a scuole separate significa, a monte, riconoscere che non e' possibile ne' dialogo, ne' condivisione, ne' crescita comune nella reciproca conoscenza e convivenza; significa pensare che sia lecito trasmettere l'idea che esista una sola visione del mondo o che una sola sia quella giusta: la propria. Le scelte dell'oggi sono il destino di domani, ogni profezia si autorealizza.  Temo chi teme la convivenza delle diversita'. [Maria Luigia Casieri e' nata a Portici (NA) nel 1961, ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato". Assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani. Rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo. Per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori. Dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia]
 
 
PER UN PUGNO DI COLTAN

Nelle foreste del Congo si estrae un "misterioso" minerale da cui si ricava il tantalio, essenziale per produrre computer, telefoni cellulari, play-station. Migliaia di garimpeiros della new economy si affannano attorno al coltan, combattono tra loro e distruggono l'ambiente. Assediati da piccoli eserciti di taglieggiatori e da grandi masse affamate
MARCO D'ERAMO


Secondo il giornale L'Avenir di Kinshasa dell'8 agosto, sei congolesi rischiano la pena di morte, dopo essere stati catturati dalle truppe rwandesi, perché tre di loro hanno rifiutato di vendere ai soldati i loro 25 sacchi di coltan, giudicando irrisorio il prezzo offerto. Su un altro giornale di Kinshasa, Le Phare, questa volta del 5 agosto, compare la notizia che prigionieri hutu sono stati inviati nella regione del Kivu (nord est del Congo) per estrarre artigianalmente coltan. Nel capoverso successivo, lo stesso articolo elenca i massacri e gli incendi perpetrati nella zona a seguito di una spedizione congiunta di soldati ugandesi e congolesi inviata a Butembo per recuperare un carico di "almeno 5 tonnellate di coltan". Di 1.500 prigionieri rwandesi inviati in Kivu a scavare coltan parla anche il sito congoonline.com. Dal canto suo, il giornale New Vision di Kampala (Uganda) lascia intendere che la famiglia del presidente ugandese Youweri Museveni deterrebbe azioni nella compagnia congolese Dara Forest che commercia in coltan.
Ma che diavolo è questo coltan? E perché mai è tanto ricercato? E' con stupore che scopriamo che senza il coltan, il nostro mondo tecnologico si fermerebbe subito. E' dalla raffinazione del coltan che si estrae il tantalio, un elemento metallico (numero atomico 73), assai simile al niobio, scoperto nel 1802 dal chimico svedese Gustav Eckeberg, un materiale che ha caratteristiche utilissime: è pesantissimo (ha peso atomico 180,9: tre volte più pesante del ferro, appena più leggero dell'oro), è assai resistente al calore (ha un punto di fusione elevato: 2996 C), è inattaccabile da quasi tutti gli acidi a temperatura ambiente ed è un ottimo conduttore. La polvere di tantalio è un elemento indispensabile per fabbricare i condensatori che regolano il flusso di corrente nei circuiti integrati. Condensatori al tantalio si trovano praticamente in ogni computer, in ogni palmer, in ogni telefono cellulare, in ogni play-station. L'anno scorso, nel 2000, quando la new economy era in pieno boom, si registrò una temporanea penuria di tantalio sui mercati mondiali e pare che proprio a questa penuria fu dovuto il ritardo con cui arrivò nei negozi la tanto pubblicizzata Play Station 2 della Sony.
Ora, questo minerale si trova in abbondanza nel terriccio della foresta pluviale nelle regioni interne del Congo ed estrarlo è assai facile, basta disboscare un po' di foresta, scavare e filtrare il fango con dell'acqua, finché il coltan si deposita al fondo (grazie al suo peso). Da un certo punto di vista, l'estrazione del coltan è perciò egualitaria: bastano un'ascia, una pala, un setaccio in fondo alla giungla. In una giornata, un uomo forte riesce a setacciare circa un chilo di coltan. In questo paese distrutto da cento anni di colonialismo e da una recente guerra civile che - solo nel Congo orientale - ha fatto più di 2,5 milioni di morti, questo residuo scuro al fondo dei secchi rappresentava una manna dal cielo.

I garimpeiros della new economy
E così, quando i prezzi del coltan hanno cominciato a salire sul mercato mondiale, ecco un'ondata di congolesi riversarsi nelle giungle orientali, garimpeiros dell'hi tech (vedi oipaz della settimana scorsa): all'inizio di quest'anno il coltan valeva 80 dollari Usa al chilo. Decine di migliaia di persone si sono precipitate nelle giungle della Okapi Found Reserve, fino ad allora regno delle giraffe okapi, di circa 10.000 elefanti e dei Mbute, cioè i pigmei che vivevano di caccia e raccolta. Solo in questa riserva si aprirono 20 miniere (tutte illegali) a cielo aperto.
Una reporter del New York Times Magazine ha visitato uno di questi campi che all'epoca del suo massimo splendore ospitava 300 minatori e 37 prostitute (ma nel più affollato campo della regione bivaccavano 3.000 minatori e centinaia di prostitute), con la "madama" locale che affittava una capanna e una donna a un minatore per un chilo di coltan al mese (ma per una ragazza giovane ci voleva un chilo in più) e che poi vendeva pane e cibo a prezzi astronomici in coltan, come anche gli antibiotici contro la gonorrea (27 dollari per ogni cucchiaino di antibiotico in polvere), col risultato curioso, riferisce la giornalista americana, che in fondo alla giungla tropicale vedevi comparire all'improvviso ragazze pittatissime camminare a piedi nudi nella melma con in mano le scarpe con i tacchi alti, a cercare cibo in un villaggio vicino.
Per un paio di mesi un minatore poté guadagnare circa 2.000 dollari al mese, in un paese in cui la maggior parte della gente tira avanti con un dollaro ogni cinque giorni. E questo nonostante i soldati ugandesi chiedessero ogni giorno la loro parte di coltan (due cucciai da minestra) in cambio di sigarette e una bottiglia di birra, e poi le varie fazioni di guerriglia chiedessero il pizzo (in coltan) per assicurare la protezione. Proprio come i garimpeiros sudamericani, i minatori di coltan hanno sperperato i soldi guadagnati in birra, in poveri beni di consumo (una radio a pile), in cibo. E come i garimpeiros, dopo il loro passaggio hanno lasciato la desolazione.
Per i loro setacci hanno strappato la corteccia a migliaia di alberi di eko, indispensabili ai pigmei perché di essi si nutrono le api.
In 10.000, tra minatori e commercianti, si sono precipitati nel Kahuzi-Biega National Park, dove, prima della guerra civile, vivevano 10.000 gorilla: ora sono meno di 1.000, uccisi dalle trappole o dalle mine: "rischiano di essere la prima specie di grandi primati portata all'estinzione dalla tecnologia avanzata", ha scritto un rapporto dell'Iucn (World Conservation Union), che ogni anno riferisce all'Unesco e al suo World Heritage Bureau and Committee sullo stato di preservazione dei siti naturali considerati patrimonio dell'umanità. Le foto dei gorilla morti hanno fatto il giro del mondo.

Ecodevastazione
Come scrive la reporter del New York Times Magazine, "la storia del coltan sembrava chiara: la globalizzazione stava causando la rovina in un paese disperato. Per la nostra passione per i gingilli elettronici, guerriglie si arricchivano, gorilla venivano massacrati, e gli indigeni venivano pagati una miseria per devastare l'ecosistema locale". Perché davvero il coltan "è il rovescio melmoso della faccia ecologica dell'economia high tech". Conrad non avrebbe potuto immaginare che quest'impasto fangoso sarebbe stato il cuore di tenebra della civiltà informatica: il coltan della sua epoca era quel caucciù per cui Leopoldo del Belgio fece tagliare nasi e mani ai congolesi e per cui cinque milioni di loro morirono prima che l'augusto sovrano cedesse allo stato belga il proprio possedimento personale. Davvero bisognerebbe rileggere alla luce di oggi l'aureo libretto di Mark Twain.
Così, di fronte allo scandalo crescente, a marzo, lo Iucn ha chiesto un embargo per il coltan proveniente dal Congo e dai paesi limitrofi. E poiché le multinazionali dell'alta tecnologia ci tengono molto alla propria immagine ecologica e ambientalistica, di industrie "rispettose dell'ambiente", molte di loro hanno accettato: così la Motorola e la Nokia hanno chiesto ai propri fornitori di non usare tantalio proveniente dal Congo. I maggiori produttori di condensatori al tantalio, come Kemet della South Corlina o Cabot Corporation (Boston) hanno chiesto ai propri fornitori di certificare che il tantalio non venga dall'Africa centrale.
La realtà è molto meno chiara: intanto l'amore per i gorilla delle grandi imprese del settore si è espresso a costo zero quando hanno accettato di rispettare l'embargo, cioè senza intaccare minimamente i loro profitti, perché proprio in quel momento la recessione colpiva la new economy. La domanda di telefonini e computer crollava (come il corso delle azioni high tech) e perciò i loro magazzini erano stracolmi di tantalio e di condensatori, tanto è vero che tra marzo e giugno il corso del chilo di coltan è passato da 80 a 8 dollari. In secondo luogo, è aumentata moltissimo l'estrazione di coltan in Australia, dove ormai il gigante minerario Sons of Gwalia fornisce la metà del tantalio mondiale.

Supplizio di Tantalo
Così oggi, i campi di minatori delle giungle orientali del Congo sono spopolati. Qualcuno continua a scavare, ma molto più a lungo e per molto meno soldi. Voci di protesta cominciano a levarsi contro l'embargo voluto dalle Nazioni unite: anche gli ambientalisti locali sostengono che l'estrazione del coltan è comunque meno distruttiva del disboscamento, l'altra risorsa a portata di mano. E poi, bene o male, il coltan iniettava un po' di denaro, qualche centinaio di milioni di dollari, in un'economia disperata. Anche se la fetta maggiore andava agli eserciti, alle bande, ai politici e ai profittatori, un qualche rivoletto di quella manna scura, umida e pesante finiva nelle tasche di qualche dannato della terra.
Adesso, neanche più quello. "Vi importa più delle foto di gorilla morti che della vita degli uomini" dicono. Perché è sempre più vero il bruciante aforisma di quella grande dama keynesiana che fu l'economista Joan Robinson: "Essere sfruttati è terribile, ma il peggio è quando non c'è nessuno che ti sfrutti". Così anche in un altro senso il coltan rischia di essere per la new economy quello che fu il caucciù per il colonialismo imperialistico di fine Ottocento: gli eccidi, lo schiavismo, le devastazioni imposti dalla monocultura del caucciù si rivelarono vani e svanirono nel nulla appena fu inventata la gomma sintetica. Così le vite vendute dei minatori congolesi stanno diventando "vite svendute", grazie ai rifornimenti dall'Australia.
Uno dei più crudeli miti greci è quello del supplizio di Tantalo, il figlio di Zeus che osò imbandire agli dei le carni del loro figlio Pelope, e fu perciò condannato al suo proverbiale supplizio: eternamente morire di sete e fame davanti a una fresca sorgente che scorre e irresistibili manicaretti ambedue irraggiungibili. Il Congo è uno dei paesi al mondo più forniti di ricchezze naturali, il suo sottosuolo è una vera cornucopia. Ma i suoi umani muoiono di fame e di stenti camminando su tanta ricchezza. Sono milioni di Tantali. Forse è per un'ironia del destino che il metallo del coltan porti il nome "tantalio" in onore del semidio greco, visto che nessuno riusciva a dissolvere l'ossido di questo metallo negli acidi: trovare il procedimento giusto risultava un vero supplizio di Tantalo. (articolo segnalato da Paolo Veronese)


ZOOM ASSOCIAZIONI 

 
LANFRANCO MENCARONI PRESENTA L'ASSOCIAZIONE AMICI DI ALDO CAPITINI
[Ringraziamo Lanfranco Mencaroni per averci inviato questa breve nota di presentazione dell'esperienza di cui e' infaticabile animatore. Per contatti: e-mail: l.mencaroni@libero.it, sito: www.citinv.it/associazioni/ANAAC/ . Una breve notizia su Lanfranco Mencaroni e' nel notiziario di ieri. Sempre nel notiziario di ieri e' una breve nota di presentazione della figura e delle opere di Aldo Capitini] L'Associazione Amici di Aldo Capitini raccoglie amici vecchi e nuovi che cercano con vari mezzi di far circolare gli scritti di Capitini, perché consapevoli che il confronto su tanti dei suoi temi non potra' che essere arricchito dalla conoscenza storica, dalla riflessione originale, dalla ricchezza filosofica e religiosa del loro autore. Quindi diffusione dei suoi libri, ristampa di quelli introvabili, commenti degli scritti su Capitini che escono in continuazione, a cominciare da ottimi libri, premi di laurea sul pensiero di Capitini, diffusione del CDRom dedicato a Capitini, cura di tre siti nella rete per aiutare gli interessati nella ricerca, traduzione di Capitini e di scritti su Capitini in lingue straniere, ecc. Nel periodico "Cosinrete" mettiamo in risalto gli interventi dei media sui temi capitiniani, con brevi commenti esplicativi, pro e contro. Siamo in rete da tre anni, con la speranza che serva alla diffusione della nonviolenza attiva.
 
Greenpeace

Il governo indonesiano vieta l'estrazione e la vendita di Ramin. Greenpeace chiede a consumatori e imprese: non acquistate più questo legno

Il governo indonesiano ha messo al bando il Ramin (Gonystylus bancanus) per contrastare il taglio illegale incontrollato che sta minacciando le foreste primarie del paese (1). Il Ramin e' un legno raro molto usato nell'industria del mobile e delle rifiniture in Europa e negli stati Uniti. E' stato documentato da più fonti che il taglio illegale di Ramin nelle foreste indonesiane, e perfino all'interno di parchi nazionali, come quello di Tanjung Puting, e' uno dei fattori primari di minaccia per la sopravvivenza degli Orangutan. Circa l'80% delle foreste che l'Orangutan abitava sono state gia' distrutte negli ultimi venti anni. Negli ultimi 10 anni il numero di esemplari di Orangutan si e' dimezzato, e ora questo grande primate, uno dei più vicini parenti dell'uomo, rischia di scomparire per sempre a causa del taglio illegale di legno. Il Ramin viene comunemente impiegato per fabbricare infissi, pannelli, coperture, rifiniture, battiscopa, porte, scale e compensato. In Italia e' comunemente venduto da diverse imprese, tra cui grandi catene del fai-da-te come Brico Center/Leroy-Merlin (spesso lo si trova sotto il nome di "Ramino").
Greenpeace chiede a consumatori, artigiani e rivenditori di non acquistare più questo legno.  Ora che i produttori  legali si rivolgeranno  verso altre essenze legnose, i consumatori sanno che il Ramin proviene esclusivamente dal taglio illegale, che minaccia direttamente la sopravvivenza di animali rari come l'Orangutan.
E' tempo che il governo italiano si decida a controllare le crescenti importazioni dei legni tropicali nel nostro paese, troppo spesso legate a pratiche illegali. L'Italia ha per esempio vertiginosamente aumentato le proprie importazioni di legno della Liberia (del duemila per cento!) proprio mentre questo paese veniva denunciato dalle Nazioni Unite di utilizzare il commercio del legno per sovvenzionare la guerra civile in Sierra Leone. Greenpeace chiede anche al governo italiano di dare l'esempio e di impegnarsi a non acquistare più legno da foreste primarie, privo di certificazione affidabile (FSC).

NOTE
(1) Lo scorso aprile il ministro indonesiano per le foreste ha decretato il bando del Ramin e ha fatto richiesta al segretariato della Commissione Internazionale per le Specie Minacciate (Convention on International Trade) di inserirla nell'Appendice III della convenzione con quota zero, il che significa  il divieto di importazione di questo legno senza uno specifico certificato delle  autorita'  indonesiane. (Fonte: Greenpeace http://www.greenpeace.it)

SOS Salvador
Progetto Sorriso

«Progetto Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador avviata un anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.


CORRISPONDENZE DAL BURUNDI
 
Prosegue la pubblicazione di articoli scritti e tradotti dai giovani del Centre Jeunes Kamenge di Bujumbura (Burundi). Si tratta di pezzi pubblicati sul loro giornale interno "Arc-enciel" [Arcobaleno]. Il Centre Kamenge, promosso dai Missionari Saveriani, è un punto di riferimento molto importante, per migliaia di giovani che vogliono sognare e vivere in un mondo diverso, dove la Pace e la Solidarietà fioriscano in una regione - quella dei Grandi Laghi e delle Mille colline -  martoriata.
Vi segnaliamo che anche il settimanale Famiglia Cristiana ha dedicato nell'ultimo numero (nr. 33) un ampio servizio su Kamenge (pagg. 54, 55 e 56) che pubblicheremo nei prossimi numeri del «GRILLO parlante». Per sostenere la missione dei Saveriani in questa regione dell'Africa, rivolgersi alla Procura di Parma: tel. 0521 960420 - 960466
 
 
LA VITA E LA LETTURA AL CENTRE JEUNES KAMENGE
 
I giovani dei Quartieri Nord si dicono soddisfatti dell'installazione del CJK nella loro località che, dal 1993 é stata scossa da tempeste di violenze etnico-politiche, che hanno fatto diversi morti e lasciato tutti gli altri nella miseria estrema. Se si entra nel Centro, ci si trova dei giovani dinamicamente occupati dallo sport, la lettura, i film, da dei corsi quali taglio-cucito, l'informatica, l'inglese, l'italiano, lo spagnolo, che permettono loro di conoscersi di più e a volte da riunioni delle associazioni.  Salutano con grandi ringraziamenti la nobile impresa effettuata dai padri Saveriani e le suore che li aiutano a seguire i giovani guidandoli verso un futuro molto socievole. I giovani incontrati sul posto nella biblioteca del Centro affermano che non trovano consolazione che nella lettura che permette loro di scacciare dal loro spirito le miserie causate loro dalla guerra fratricida che ha conosciuto il Burundi dal 1993 e il caos economico generale che ha seguito. Alcuni attestano persino che questa biblioteca serve loro da riuscita a scuola e nella loro vita quotidiana perché vi si imparano tante meraviglie nei libri e nei giornali che ci si trova. "Lasciateci la pace, nobili politici; favorite prima di tutto la nostra educazione e la nostra protezione; poi, dopo, avrete a proporci la vostra politica", dicono decisamente i giovani del Centre Jeunes Kamenge amanti la lettura. Calma, ben rischiarata e ben tenuta, la biblioteca conta dei libri di ogni genere, su quasi tutti gli ambiti scientifici e letterari; dei giornali e delle riviste svariati.  La sua porta è aperta in grande a tutti senza distinzione alcuna, solo i giovani di meno di 30 anni si presentano con la carta del Centro e quelli che hanno passato quest'età si presentano con la loro carta d'identità. L'atmosfera che vi regna durante la giornata, in piena attività rivela che il rispetto dell'altro fa l'armonia di questo Centro di Giovani.

Nsabimana Pascal
N° 08369 CJK

LAVORARE ASSIEME UN PASSO VERSO LA PACE
 
Ho avuto l'onore di appartenere al primo gruppo di arti plastiche.  Per più di due mesi durante i quali ho partecipato a questa attività, ho beneficiato di abbastanza cose.  Ho avuto la grande gioia di poter fare conoscenza di coloro con i quali lavoravo.  Mi sono sforzato di conoscerli il più possibile.  Questo mi ha permesso di avere uno spirito più aperto, di dissipare i pregiudizi che avevo a proposito degli altri e di conseguenza ho provato a avere un punto di vista positivamente ragionevole sugli altri. Ho anche capito questo: anche se noi siamo diversi gli uni dagli altri, questa differenza o queste differenze dovrebbero non dividerci ma unirci. Si, ho ben capito, se non ho torto naturalmente, che noi eravamo e siamo capaci di favorire la pace facendo ponti delle barriere che sono le differenze. Impariamo a apprezzare ciò che di buono c'è negli altri. Interessiamoci ai punti che sono tutti comuni (bisogno di sentirci amati e rispettati, evitare le sofferenze fisiche e morali, la pace). Non pensiamo mai che il nostro gruppo etnico detiene il monopolio del bene. Mostriamoci servizievoli e amicali. Favoriamo la comunicazione: parlare e ascoltare soprattutto mettendosi al posto degli altri, impariamo a conoscere meglio gli altri, mettiamo al loro posto vedendo le cose da uno stesso punto di vista che il loro, si! siamo disinteressati. Invito tutti a venir gustare la gioia che procura il fatto di lavorare assieme al Centre Jeunes Kamenge.

Bizimana Mith Déogratias


SORRISI & CEFFON
I

ETICHETTE TROVATE SU ARTICOLI REGOLARMENTE IN VENDITA:


Su uno shampoo di Taiwan:
USARE RIPETUTAMENTE PER DANNI SERI.
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PUOI ESSERE UN VINCITORE! NON E' NECESSARIO ACQUISTARE. I DETTAGLI ALL'INTERNO.
(E' un invito al taccheggio?)
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Sulla bottiglia di una bevanda a base di latte aromatizzato:
DOPO L'APERTURA, MANTENERE VERTICALE
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Su uno spray contro gli insetti della Nuova Zelanda:
QUESTO PRODOTTO NON E' TESTATO SUGLI ANIMALI.
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In una guida statunitense per settare un nuovo computer:
PER EVITARE LA CONDENSA, LASCIARE CHE LA SCATOLA SI RISCALDI FINO ALLA TEMPERATURA AMBIENTE PRIMA DELL' APERTURA.
(Ragionevole, ma l' istruzione era ALL'INTERNO della scatola.)
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Su un prodotto giapponese usato per alleviare le emorroidi dolorose:
STANDO SDRAIATI NEL LETTO INSERIRE POSCOOL LENTAMENTE FINO ALL'IMPUGNATURA NEL CONDOTTO ANALE. MENTRE SI INSERISCE POSCOOL PER CIRCA 5 MINUTI, CONSERVARE LA CALMA.
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In alcuni paesi, sulla parte inferiore delle bottiglie di coca cola:
APRIRE L'ALTRA ESTREMITA'.
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Su un pacchetto dell'uva passa di Sunmaid:
PERCHE' NON PROVA A METTERLO SOPRA I SUOI CEREALI FAVORITI?
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Su un casco-phon:
NON USARE MENTRE SI DORME.
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Sulla manopola di un distributore di sapone:
ATTENZIONE - USARE SAPONE NORMALE.
(Quale sarebbe non normale?)
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Su una scatola di dessert "Tesco" Tiramisù (stampato sulla parte inferiore della scatola):
NON GIRARE SOTTO-SOPRA.
(Troppo tardi!)
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Sui contrassegni del "Pane Di Spencer":
IL PRODOTTO SARA' CALDO DOPO IL RISCALDAMENTO.
(Siete sicuri? Sperimentiamo.)
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Su un presepe di natale che si illumina fatto in Cina:
SOLTANTO PER UN USO ALL'INTERNO O ALL'ESTERNO.
(Dove altro potrei usarlo?)
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Su un forno giapponese:
NON USARE PER L'ALTRO USO.
(Ora sono curioso.)
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Sulle arachidi di Sainsbury:
ATTENZIONE - CONTIENE ARACHIDI.
(Davvero? E perché non va bene?)
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Su un pacchetto di arachidi della American Airlines:
ISTRUZIONI - APRI IL PACCHETTO, MANGIA LE ARACHIDI.
(Sono felice, quello di prima mi preoccupava!)
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Su un motosega svedese:
NON TENTARE DI ARRESTARE LA CATENA CON LE MANI O CON I GENITALI.
(Che razza di avviso è?)
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Su un costume da superman per bambini:
L' USO DI QUESTO INDUMENTO NON VI PERMETTE DI VOLARE
(Va bene, distruggiamo una fantasia universale dell'infanzia!)


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