il GRILLO parlante
per un'informazione equa e solidale nell'Est veronese
 
supplemento a "la Voce Civica", Aut.Trib.VR n.1215 del 27 maggio 1996 - Direttore Responsabile: Amedeo Tosi

La responsabilità degli articoli e delle informazioni è tuttta ed esclusiva dei rispettivi autori. «il GRILLO parlante» ospita volentieri ogni opinione e si assume la responsabilità degli articoli «a cura della Redazione» e di quelli non firmati.

«il GRILLO parlante» N.35 è stato inviato a 1052 recapiti e-mail

IL G8 DI EMILIO FEDE: «Quelli che stanno protestando sono drogati, pezzenti, bande di delinquenti che dovrebbero essere arrestati e tenuti in galera a vita». (TG4, 20 luglio 2001, ore 16,05)

MEMORIA. HIROSHIMA, 6 AGOSTO 1945
"Lui: Tu non hai visto niente a Hiroshima. Niente.
Lei: Io ho visto tutto. Tutto."
(Marguerite Duras, Hiroshima mon amour, Gallimard, Paris 1960 -
sceneggiatura del film omonimo di Alain Resnais, 1959 -, all'inizio).

 
IN PRIMO PIANO
 
"Spostare il vertice Fao è estremamente grave, il governo italiano vuole scaricare sul sud i problemi della povertà come ha fatto il G8, che ha concesso solo elemosina. Per risolvere i problemi della fame occorre rimettere in discussione le regole del mercato"
 
La fame di Berlusconi
Intervista ad Alex Zanotelli di GIULIANA SGRENA

Abbiamo raggiunto, telefonicamente, Alex Zanotelli a Nairobi. Ha appena letto sul Daily Nation la notizia che il vertice della Fao di novembre potrebbe tenersi proprio in Kenya "perché - scrive il giornale - il governo italiano non vuole tenere un altro summit internazionale in Italia dopo la violenza scoppiata a Genova".

Che cosa ne pensa di questa sortita di Berlusconi?

E' estremamente grave e vuol dire prima di tutto che Berlusconi è rimasto profondamente scioccato da Genova. Non voglio esprimermi sul problema della violenza perché ho ricevuto solo dei rapporti frammentari, ma sicuramente questa ha offuscato una organizzazione e molta gente che voleva manifestare seriamente. Genova ha colpito profondamente Berlusconi che non vuole contestazioni. Per cui rimuovere un vertice di tale importanza da Roma, dove c'è il quartier generale della Fao, e portarlo a Nairobi o in un'altra città del sud del mondo, mi sembra una decisione politica estremamente grave sia sul piano interno che internazionale: è una dimostrazione del suo atteggiamento nei confronti di alcune realtà.

Dopo aver detto che a Genova si erano affrontati i problemi dell'Africa, ora si vuole allontanare un vertice che dovrebbe entrare nel merito dei problemi.

Se lo scopo di questo vertice è quello di dimezzare il numero di chi soffre per fame entro il 2015, mi sembra un obiettivo decisivo per l'Africa. Comunque, la mia reazione sul vertice del G8 di Genova è stata di profonda delusione per le decisioni prese. I soldi stanziati - 1 miliardo e 300 milioni di dollari - per combattere le malattie infettive e l'Aids sono solo elemosina, una colletta dei grandi per i poveri di questo mondo. E' ora di finirla con la carità, non è questo il modo di affrontare il problema. Agli otto grandi si chiedeva una decisione politica per lottare contro l'Aids. La risposta era molto semplice: si trattava, mercato o non mercato, di chiedere alle case farmaceutiche di ridurre al minimo i prezzi delle medicine perché diventino accessibili alla maggior parte dei 24 milioni di malati di Aids che ci sono in Africa. Togliere i brevetti e non fare l'elemosina con 1 miliardo e 300 milioni di dollari, una miseria se pensiamo che spendiamo 900 miliardi di dollari all'anno in armi e 13 miliardi, solo in occidente, di cosmetici. Quindi il problema della povertà e dell'Aids in Africa non è stato preso seriamente in considerazione dal G8, è pura illusione quella che si è fatta apparire a Genova.

L'intenzione di Berlusconi di trasferire il vertice è un'altra dimostrazione di scarsa considerazione?

Mi sembra che, alla conferenza stampa con Bush, Berlusconi abbia detto che attraverso questa economia che abbiamo, globalizzata e globalizzante, certamente i poveri usciranno dalla loro povertà e dalla loro miseria. Si ritorna alla vecchia teoria delle gocce che cascano giù e favoriscono i poveri, una teoria che si è dimostrata in questi cinquant'anni una grande falsità storica.

A Nairobi sono arrivate le notizie di Genova?

I giornali ne hanno parlato solo un po', anche perché di problemi qui ne hanno tanti...

Il Kenya accetterebbe il trasferimento a Nairobi?

Penso che il Kenya non avrebbe problemi, visti i soldi - e sono introiti in dollari - che entrano con le conferenze internazionali.

Per venire al vertice Fao - che non è la stessa cosa del G8, anche le proteste non avrebbero lo stesso segno - ma non c'è dubbio che anche nella Fao se non c'è una volontà politica dei paesi ricchi, si richiano obiettivi non realizzabili o fallimentari.

Sarò ancora una volta brutale. Anche un vertice Fao non può far nulla, ricordiamoci che da molti anni ormai sta lavorando e facendo promesse mai mantenute. Degli stessi fondi Fao - quelli stanziati dai governi - l'80% viene usato per il mantenimento delle strutture. Le agenzie dell'Onu sono strutture elefantiache il cui costo di mantenimento è notevole, lo dicevamo già quando stavo a Nigrizia e non vediamo nessun cambiamento. Per cui un vertice Fao è praticamente inutile perché non ha potere decisionale sul piano politico, sono i governi che decidono. Tutto l'apparato organizzativo delle Nazioni unite è ormai parte integrante del sistema dell'economia mondiale, non è alternativo: è il sistema che si autogenera.

Voler sfrattare il vertice non è simbolicamente molto negativo?

E' una decisione politica molto grave. Pensavo che Silvio Berlusconi fosse molto più intelligente. E' chiaro che una decisione del genere, se portata avanti, gli creerà ulteriori problemi: aumenterà l'opposizione della maggior parte della gente che è andata a Genova, profondamente motivata; questo movimento non è una questione di partiti o di organizzazioni sovvenzionate dallo stato, si basa su idealità, contesta il sistema e di fronte a molta gente che soffre cerca di reagire. Questa è la forza morale del movimento, un movimento inarrestabile, Berlusconi può fare quello che vuole ma più decisioni del genere prenderà e più questo movimento troverà forza, perché si convincerà sempre più di avere ragione.

Se tu dovessi proporre al prossimo vertice Fao un obiettivo determinante per far fronte alla fame nel sud del mondo che proporresti?

Il problema è questo: nessuno vuole rimettere in discussione le regole del mercato, non abbiamo il coraggio di mettere al primo posto l'uomo, l'uomo che soffre, e poi trovare le regole, abbiamo bisogno di regole che però servano all'uomo e non che lo vendano in nome del mercato. Ci troviamo di fronte a una realtà mondiale assurda: 30/40 milioni di persone l'anno muoiono di fame mentre noi buttiamo via il cibo. Quindi bisogna ripensare le leggi del mercato in funzione dell'uomo, ripensare al tipo di agricoltura. E' ridicolo che si punti il dito sui paesi poveri mentre negli Stati uniti i contadini sono sovvenzionati dal governo federale per non produrre. Un altro esempio: il Kenya, ora sta esportando tè, caffè e anche fiori, ma mentre fino alla metà degli anni 80 era autosufficiente in chiave alimentare, ora importa dal 60 all'80% del proprio fabbisogno, è inevitabile se si produce in funzione dell'esportazione per ottenere valuta pregiata per pagare i debiti o i macchinari. E sono chiarissime le conseguenze: per molti sarà la fame. Occorrono decisioni politiche, non carità, si deve ripensare veramente all'economia globale ma non in funzione di quel 20% che si pappa l'80-82% dei beni di questo mondo, ma in funzione di tutti. Il vertice Fao non lo potrà fare perché i governi lo impediscono. Se non si affrontano i problemi alla radice i vertici serviranno da passerella dei grandi, magari anche con qualche bel discorso, come quello di Fidel Castro all'ultimo vertice di Roma, ma alla fine senza conseguenze.

 

G8 TESTIMONIANZE / 3
 
 
A GENOVA MIA FIGLIA C'ERA
 
Il racconto di una mamma della provincia di Verona.
 
A Genova mia figlia c`era. Sono orgogliosa di lei, dei suoi vent`anni, del suo coraggio, della sua voglia di capire, di sapere cosa c`è oltre la porta della consuetudine, delle regole, della legge e dell´obbedienza. Io a Genova non c´ero. Non ho piú  l´etá per le manifestazioni, ma ho vissuto con lei una esperienza singolare che voglio raccontare. Tutto ha inizio qualche tempo prima, il giorno del concerto di Manu Chao in piazza Duomo. Lei che vive e studia a Milano ci va e poi mi telefona: ¨Mamma ci sono andata, sono andata al concerto. É stato un avvenimento storico, te lo assicuro, sto-ri-co... Una energia, una emozione... e poi tanta gente, di tutti i tipi,  di tutti le etá... cantavano, ballavano...¨ É emozionata, eccitata e io l´ascolto divertita. A volte mi dá da pensare ( diciamola tutta, mi preoccupa perfino) la linearitá della sua vita, cosí regolare, cosí perfetta. Studia, lavora, ascolta musica, pochi amici, un solo amore da cinque anni, un conto corrente che non é in rosso come il mio. Non ho mai fatto fatica con leí, é sempre stata affidabile; niente droga, niente alcool, niente trasgresioni che dessero pensiero. Di tutto questo io e suo padre, che nutriamo una grande fiducia in questa incredibile avventura che é la vita, siamo molto orgogliosi. Del suo pensiero indipendente e libero, del suo odio per ogni forma di violenza, del suo andare nella vita con cautela ma con decisione, ci sentiamo un po'responsabile e ce ne compiaciamo. Siamo felici di essere per lei un punto di riferimento e non  un limite. Da quella sera, dicevo, le viene l'idea di esserci anche a Genova. Giá c'é nell' aria quel chiamarsi, quel fervore che io ben conosco perché ho vissuto altre forme di protesta in altri tempi e che non mi capitava di percepire piú da tanto tempo. Possibile che i giovani oggi siano cosi tranquilli, cosi accomodanti, che non abbiano niente per cui lottare insieme? Mi chiedo spesso. Perché la vita é fatta di luci e di ombre e nella nostra societá le ombre sono tante anche se appare tutto cosi lucido e prevedibile. Quando si prepara una manifestazione c'é anche la paura di ció che puó succedere al di lá delle buone intenzioni, e i fatti di Göteborg sono ancora molto presenti perché non se ne possa tenere conto. Per cui quando mi annuncia: "mamma, io vado a Genova" il cuore mi resta sospeso un attimo. Ma non dico niente e ascolto. "Come e con chi ci vai?" Le chiedo. "Vado con la Ludo. Parto sabato poi mi fermo lí a dormire e domenica andiamo al mare." "Mi sembra un bel progetto. Se hai voglia di partecipare, fallo." Cosi le dico, ma il cuore mi trema un poco. Il giorno dopo mi richiama: "Mamma, la Ludo si é ammalata. Da sola a Genova non ci vado. E poi mi sembra tutta una pagliacciata. Figurati che hanno fatto perfino le magliette; praticamente come al Festivalbar.. no non ci vado.. peró un po'mi dispiace di non andarci. Tu che dici?" "Ro (soprannome della figlia, ndr), io non posso decidere per te. Che tu ci vada o non ci vada é comunque una scelta che saprá dirti qualcosa. Decidi per ció che ti fa sentire meglio e non per ció che pensi si debba fare. É la cosa migliore." Mi viene in mente Donatella, tanti anni fa a una manifestazione per non so piú che. C'eravamo noi e c'era sua  figlia. Una parte del corteo voleva deviare verso le carceri. La figlia chiede:"Mamma, vorrei andare, tu che dici?" e Donatella risponde:"Te lo proibisco" Lo dice di getto e la figlia piange e l' accusa di essere repressiva. Si sfoga e poi se ne va con le amiche da un altra parte, sollevata. Donatella, invece, é affranta. Camminiamo insieme e mi dice tutta la sua pena e fatica di dover decidere per l'altra nel modo piú giusto. Non ama proibirle qualcosa senza motivo. Ma ci sono momenti in cui il cuore le dice che é giusto farlo, una sorta di sesto senso. Tutte e due lo sanno, madre e figlia, inconsciamente, fa parte del gioco. E quella volta Donatella aveva visto giusto. Alle carceri ci furono tafferugli e violenze. Altri tempi, altre lote che sono contenta di aver vissuto, che mi hanno arricchita. E il mio cuore cosa dice adesso? Lo ascolto. É tranquillo, puó contare sul fatto che Ro non é sicuramente  autodistruttiva e che se deciderá di andare saprá avere cura di sé. Penso che si debba essere in contatto con il nucleo profondo dei nostri figli e non soltanto con i pericoli esteriori che possono aggredirli. Entrare in contatto, ascoltare in profonditá, oltre le parole che si dicono, le convinzioni e i vissuti che ci appartengono. Ascoltare i nostri figli sembra, ma é tuttaltro che facile. Le telefonate tra me e mia figlia si susseguono ogni giorno. Una volta mi comunica che ha deciso di andare, la volta dopo si smentisce. Alla fine, proprio il venerdí degli scontri, io la informo che c'e´ un bus che parte da Verona all'alba di sabato, organizzato da quelli del commercio solidale e da Lilliput, che provi a telefonare. Telefona. Di bus hanno dovuto organizzarne tre per accogliere tutti quelli che volevano esserci, a Genova. La decisione é presa, andrá. Arriva la sera da Milano. E' eccitata, impaurita, determinata. Ha la stessa espressione di quando giocava da piccola al lupo cattivo. Le immagini della TV ci sono piombate addosso, agghiaccianti. Giuliani sull'asfalto in una pozza di sangue, i black-bloc  con spranghe e bastoni, i Carabinieri con gas lacrimogeni, scudi, manganelli. Eppure lei non demorde, vuole esserci. Telefona al padre: " Papi vado, parto domattina presto. Dammi consigli. Che faccio contro i gas lacrimogeni? E per riparare la testa e la schiena? Papi ho paura..." Suo padre, come sempre, ha un effetto calmante, la tranquillizza, la riporta   al controllo delle emozioni. La mattina alle cinque l'accompagno a Verona, al punto d'incontro. A poco, a poco arrivano tutti. Centocinquanta persone, lo sguardo assonnato e tranquillo. Li guardo e ne riconosco tanti, amici dai volti cambiati, dai capelli ormai grigi, ma  con lo sguardo  diritto e vigile di sempre. Sono con i figli, con i nipoti. Famiglie intere. Niente slogans, niente striscioni, niente bastoni.Solo la decisione di esserci e le mani vuote. Sento che mia figlia é in buone mani. La saluto, l'abbraccio, le sussurro: "Stai attenta, non permettere a nessuno di farti del male." Sorride sbuffando e parte. Torno a casa, mi piazzo davanti al televisore. Dovrei preparare la valigia per la partenza del giorno dopo, ma non riesco a scollarmi dal mio posto di osservazione e le immagini che cominciano ad arrivare fin dalle prime ore del mattino, non fanno presagire nulla di buono. Si annuncia che il corteo dei manifestanti pacifici si muoverá alle undici, ma i cronisti sono sempre dietro le file della polizia e aspettano, preannunciano gli scontri. Alle  dieci e trenta chiamo: "Ro, sono io. Tutto bene?" "Siamo appena arrivati, c'é tanta confusione. Sí, sí, il viaggio bene, tutto tranquillo.Speriamo di riuscire a metterci in corteo. Ti chiamo dopo, ciao." Da quel momento ha inizio un ininterrotto chiamarci. Lei vuole essere aggiornata su quel che passano in TV, io le chiedo cosa sta sucedendo lá. Non é la mia apprensione di mamma ad aver determinato questa specie di reportage. É stato  un tacito accordo, la consapevolezza che l' esperienza che io stavo vivendo come spettatore televisivo era in tutto e per tutto diversa dalla sua che a Genova c'era di persona. "Mamma cosa dicono?" "Pare che in Piazza Kennedy si stiano preparando agli scontri. La polizia é tutta schierata, con scudi e tutto. Non capisco perché non li abbiano ancora fermati 'sti violenti, dopo quello che é successo ieri. E tu dove sei?" "Non so bene. Ho visto il Tommy. Mi ha detto che lui scende giú. Ma io non posso, devo stare con quelli della Rete di Lilliput e loro hanno deciso che é pericoloso. Vogliono fermarsi." "Giú dove?" "Allo stadio Marassi. C'é il raduno lí. Ci hanno lanciato i gas lacrimogeni, é terribile." "I gas lacrimogeni? Ma perché? Che fate?" "E che ne so perché? Ce li lanciano e basta. Ci sentiamo dopo. Se c'é qualcosa di nuovo chiamami." "Ok piccola. Stai all'occhio, mi raccomando." La valigia é sempre vuota e io sempre incollata davanti al televisore. Aspetto che qualcuno si occupi della manifestazione grande, quella dove c'é mia figlia e i suoi 150 compagni di Verona, senza bastoni e con le mani vuote. Dove sono? Perché non li fanno vedere, perché non danno loro la parola? Passo da un canale all' altro, di loro nessuno se ne occupa. Solo fumo, fiamme, polizia schierata, volti mascherati, la voce concitata dei cronisti... "Mami, scendiamo giú. Abbiamo deciso. La gente dalle finestre ci saluta. Dovessi vedere. Ci buttano l'acqua per rinfrescarci, le sigarette... Che emozione, mi pare un film... Sono contenta di esserci... " "Ma qui stanno dicendo che i genovesi sono tutti infuriati con voi....". "Ma non é un cazzo vero, te lo assicuro. Figurati che ci fanno salutare anche dai bambini... Invece ci hanno lanciato ancora addosso i gas lacrimogeni... " Le ore passano veloci, le notizie si susseguono. Il mio cuore é sempre sospeso, sono anche sempre più indignata per la parzialitá di cui sono spettatrice. Senza mia figlia che idea potrei essermi fatta di questa giornata a Genova? Sommersa da un mare di immagini di una violenza inaudita anche se reale, cosa potrei pensare di coloro che vogliono dire il proprio dissenso ai grandi della terra? Una masnada di teppisti capaci solo di mettere a ferro e fuoco una cittá. Niente altro che questo. Per fortuna, e il mio cuore me lo diceva, a Ro non é successo niente. Quel sabato é tornata a casa. Che cosa le abbia lasciato questa esperienza, lo sa solo lei. Sicuramente oggi sa per esperienza la differenza tra esserci ed essere informati, e leggere un giornale o guardare la Tv non sará piú la stessa cosa. Ha imparato di persona che essere un cittadino democratico e indipendente non é ancora  facile, come non é facile manifestare il proprio dissenso come esercizio legittimo della democrazia e della libertá personale che dovrebbero caratterizzare la nostra societá. Mi auguro che da questa giornata a Genova si sia rafforzato in lei l'odio per ogni violenza, da qualunque parte arrivi, e il coraggio per continuare a dire: " Io qui non sono d'accordo. Il mio dissenso conta, va ascoltato e interpretato. Non sono sola, siamo in tanti e abbiamo lo sguardo chiaro e le mani vuote. La nostra forza é tutta qui, e lieviterá come il buon pane.  della terra. Alla faccia di ogni violenza, istituzionale e non. Siamo forti anche perché non ci illudiamo; sappiamo che la luce é sempre seguita dall'ombra; non crediamo in un mondo perfetto, ma lottiamo per un mondo migliore." Sento che a Genova é cominciato qualcosa di nuovo, di forte e crescerá. Passo la staffetta a mia figlia e spero che lei saprá fare meglio di me. Con charezza di pensiero e calma nel cuore. (testimonianza segnalata da Rosapia Bonomi)
 
 
G8: un Forum dell'Arci di Legnago (VR)
   
Il Comitato Arci di Legnago ha aperto un forum di discussione sui temi del G8 e sulle alternative possibili in prossimità del convegno del 24 agosto in Parco comunale a Legnago. Chiunque volesse intervenire può farlo andando a questo indirizzo www.vronline.it o meglio alla pagina
 
 
TAVOLO DELLE CAMPAGNE: LA RETE DI LILLIPUT E IL GSF DOPO GENOVA

Diffondiamo l'intervento del 6 agosto 2001 del "Tavolo delle campagne", struttura composta da Aifo, Associazione Botteghe del mondo, Beati i Costruttori di Pace, Bilanci di Giustizia, Campagna Chiama l'Africa, Campagna dire mai al MAI, Campagna globalizza-azione dei popoli, Campagna Sdebitarsi, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, CoCoRiCo', CTM Altromercato, Mani Tese, Nigrizia, Pax Christi, Rete Radie' Resch, Campagna per la riforma della Banca Mondiale, WWF] Il "Tavolo delle campagne", coordinamento delle organizzazioni nazionali che hanno promosso la Rete Lilliput, propone le proprie riflessioni in merito all'attivita' del Genoa Social Forum ed alle prospettive future. Tali valutazioni saranno oggetto di confronto e verifica nelle assemblee regionali che la Rete Lilliput organizzera' il 29-30 settembre 2001, in previsione di una successiva assemblea nazionale
* Genova, 16-22 luglio 2001
Come organizzazioni che hanno promosso la Rete Lilliput, e attivamente coinvolte nel Genoa Social Forum, diamo una valutazione complessivamente positiva del lavoro svolto dal GSF, sia rispetto alla preparazione delle manifestazioni in occasione del G8, che alla capacita' di mobilitare e rappresentare una moltitudine di persone e organizzazioni. Consideriamo che nella complessita' e drammaticita' delle "giornate genovesi", e in condizioni assolutamente difficili, il GSF e il suo portavoce Vittorio Agnoletto abbiano svolto il proprio ruolo al meglio di cio' che poteva essere fatto. I fatti di Genova pongono sia a noi che al GSF interrogativi seri, e la necessita' di riflettere sulle forme delle nostre mobilitazioni, tema prioritario per la Rete Lilliput.
In particolare ci appare ancora problematico il rapporto tra violenza e nonviolenza, laddove il vincolo nonviolento che tutti nel GSF si sono impegnati a rispettare ci e' sembrato acquisito piu' come impegno a "non offendere fisicamente", piuttosto che il considerare la nonviolenza come risorsa attiva e priorita' politica e organizzativa. La condivisione raggiunta ci sembra comunque un patrimonio positivo da valorizzare, ma riteniamo che su questo versante sia necessario essere piu' efficaci. Anche Lilliput ha poi evidenziato a Genova i suoi limiti, in particolare di tipo organizzativo.
Nell'esprimere disappunto per lo scarso rilievo dato ai contenuti da parte dei mass media, ribadiamo la necessita' di rifocalizzare l'attenzione sui temi emersi nel corso del Public Forum e sulle decisioni assunte dal G8. Dobbiamo riportare priorita' ai contenuti che hanno mobilitato centinaia di organizzazioni e centinaia di migliaia di persone: obiettivo di Lilliput e del GSF non era solo il rappresentare l'opposizione sociale al "governo mondiale" costituito dai G8, ma anche incidere concretamente sulle scelte commerciali e sociali che determinano questa globalizzazione e i suoi effetti devastanti. Cio' deve costituire criterio fondamentale per guidare e valutare la nostra iniziativa futura. L'obiettivo "un altro mondo e' possibile" comporta non solo capacita' contestativa, ma anche capacita' di proporre alternative e di ottenere dei risultati concreti. * Dopo Genova, le prospettive per il Genoa Social Forum Ringraziamo il GSF - e il suo portavoce nazionale Vittorio Agnoletto - per quanto realizzato. Come detto, riteniamo fondamentale che il GSF gestisca con il nostro pieno contributo e col massimo impegno le iniziative connesse ai fatti di Genova, ed alla tutela (a fronte di inaccettabili accuse) del proprio ruolo: dalla raccolta delle testimonianze (l'annunciato "libro bianco") all'assistenza rispetto a denunce e arresti. A parte cio', riteniamo che il GSF abbia completato il suo mandato politico, e quindi il suo compito: l'esistenza del GSF era e rimane determinata e finalizzata all'appuntamento dei G8, non oltre. A nostro avviso uno dei patrimoni piu' importanti dell'eredita' del GSF e' l'evidente utilita' di un lavoro comune e congiunto, che pur nelle difficolta' delle diversita' cerca di coordinare esperienze e identita', anche molto diverse tra loro: questo lavoro lillipuziano di rete e di contaminazione reciproca (vincolato ad un concetto di nonviolenza da riaffermare e migliorare) lo apprezziamo molto. Il GSF lascia alle iniziative future una positiva eredita' di "politica delle alleanze" e di "tessitura di reti" che noi lillipuziani non possiamo non rilanciare, essendo molto coerente con il nostro modo di intendere l'azione sociale sui temi della globalizzazione, e funzionale agli obiettivi di dimostrare che "un altro mondo e' possibile". Al fine di evitare che la fine formale del GSF comporti una caduta di tensione su tutti questi temi, ma anche, al contrario, che esso prosegua in modo automatico oltre il mandato iniziale, concordiamo con la proposta uscita dalla recente riunione dei portavoce del GSF di svolgere entro metà settembre un incontro di verifica tra le realta' che hanno promosso e animato il GSF. Anticipiamo fin d'ora che ci sembra negativa e impraticabile una prospettiva futura centrata sull'espressione di se' stessi solo attraverso l'organizzazione di "controvertici". E che inoltre ad ogni eventuale futura mobilitazione dovra' accompagnarsi una piu' approfondita discussione (e capacita' di innovazione) rispetto alle forme che esse dovranno prendere. Senz'altro come Lilliput questa costituira' una discriminante per ogni nostra futura partecipazione. Coerentemente alla nostra impostazione di "rete di nodi locali", evidenziamo un altro aspetto da sviluppare nel futuro: il ruolo delle aggregazioni locali come base di riferimento e patrimonio di contenuti onde dare maggior concretezza e partecipazione alle iniziative di carattere globale. Non volendo comunque rinunciare a mobilitazioni nazionali o internazionali, proponiamo inoltre un tema prioritario per l'avvio di future iniziative e mobilitazioni: la prossima riunione del WTO, in Qatar all'inizio di novembre, in prosecuzione/applicazione del "Millennium Round" fallito a Seattle due anni fa.
Proponiamo cio' in quanto: - il WTO rappresenta uno degli organismi maggiormente rappresentativi della "globalizzazione dei profitti" che denunciamo; - sono in discussione argomenti e scelte tanto concreti quanto di grande e negativa incidenza sul futuro globale, locale, dei rapporti Nord/Sud; - la mobilitazione contro il WTO rappresenta il proseguimento di campagne e iniziative di grande impatto; - l'Unione Europea sara' uno dei soggetti determinanti per l'esito dell'incontro, ed e' giunto il momento di chiedere conto del suo ruolo. Il fatto che la riunione del WTO si svolga in Qatar costituisce si' una sfida alla democrazia (impedendo di fatto la partecipazione), ma anche un'opportunita': quella di svincolare la manifestazione del dissenso dal puro "controvertice", da una citta' predeterminata, dal confronto con zone vietate, ecc. Cio' potra' ancor piu' facilitare una riflessione sulle forme della eventuale mobilitazione capace, per questo appuntamento, di articolarsi maggiormente rispetto a quanto realizzato a Genova: non possiamo infatti non tener conto dei limiti dell'esperienza fatta. * Prospettive per la Rete Lilliput La nostra partecipazione al GSF e gli eventi genovesi rendono urgente una discussione interna sull'esperienza acquisita e sulla nostra struttura organizzativa, che ribadendo l'impostazione della Rete Lilliput ne sappia cogliere le opportunita' e affrontare i limiti. Come Tavolo delle Campagne ci impegniamo a verificare quanto proposto in questo documento con l'intera rete dei nodi Lilliput, promuovendo il 29-30 settembre lo svolgimento contemporaneo di alcune assemblee macroregionali (p. es.: Nord, Centro, Sud), che verteranno su due temi: 1) valutazione su GSF, manifestazioni di Genova, prospettive future; 2) l'organizzazione della rete, per completare e migliorare il nostro assetto interno e la nostra capacita' operativa. In collaborazione con i nodi ne cureremo la sintesi che ne emergera' e che verra' successivamente riportata (assieme alle decisioni che ne deriveranno) ad una successiva assemblea nazionale.

MASSMEDIA e TAM TAM vari
 
 
STAMPA ALTERNATIVA
 
Il forum G8 presso il sito di Stampa Alternativa sta raccogliendo materiali e discussioni su quanto è successo la scorsa settimana a Genova. Inoltre, nell'ottica di un collegamento con altri siti che stanno agendo nella stessa maniera, sulla pagina del forum sono dati riferimenti di cui siamo a conoscenza: fate sapere di altri indirizzi presso cui trovare spazi analoghi. http://www.stampalternativa.it/pagine/forumg8.htm Vogliamo aumentare al massimo la visibilità di questo spazio. Invitiamo tutti a far circolare la voce. (http://www.stampalternativa.it)
 
 
SITI DA VISITARE 
 
1) www.stilelibero.org  Sul sito di stilelibero alcuni versi della nuova poesivendoleria di Andrea Ciresola durante una serata di degustazione di vini svoltasi a Monteforte d'Alpone.
 
2) www.educare.it da vedere !!! 
 
3) Newsletter quotidiana "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO" Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532. Per richiederla: e-mail: nbawac@tin.it
 
 
 
 
ALCUNI LIBRI RECENTI PER LA LOTTA CONTRO LA MAFIA
* Saverio Lodato, Piero Grasso, La mafia invisibile. La nuova strategia di Cosa Nostra, Mondadori, Milano 2001. Un utilissimo libro a quattro mani: Saverio Lodato, uno dei giornalisti piu' qualificati e impegnati contro la mafia, colloquia con Piero Grasso, procuratore capo di Palermo.
* Gian Carlo Caselli, Antonio Ingroia (a cura di Maurizio De Luca), L'eredita' scomoda. Da Falcone ad Andreotti sette anni a Palermo, Feltrinelli, Milano 2001. Gian Carlo Caselli e' il prestigioso magistrato che dopo le stragi in cui furono trucidati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e con loro altri martiri della lotta contro la mafia, ando' a Palermo a  proseguire la lotta; come aveva fatto Antonino Caponnetto quando era stato assassinato Rocco Chinnici. Antonio Ingroia e' magistrato presso la direzione distrettuale antimafia di Palermo dal 1992. Maurizio De Luca ha svolto molte importanti inchieste giornalistiche sul potere mafioso e le complicita' politiche.
* Nicola Tranfaglia, La sentenza Andreotti, Garzanti, Milano 2001. Tranfaglia, storico e docente all'Universita' di Torino, ha pubblicato diversi volumi sul potere mafioso nella storia d'Italia; qui presenta e analizza le conclusioni della sentenza del processo palermitano a Giulio Andreotti, evidenziando come il giudizio storico e politico che se ne ricava conferma e non smentisce la verita' storica dei rapporti mafia-politica e del ruolo del sistema di potere andreottiano nell'intreccio tra politica, affari, crimine organizzato.
* Elio Veltri, Marco Travaglio, L'odore dei soldi. Origini e misteri delle fortune di Silvio Berlusconi, Editori Riuniti, Roma 2001. Un membro della Commissione parlamentare antimafia ed un giornalista d'inchiesta hanno ripresentato in questo libro alcuni documenti e fatti gia' noti da tempo analizzandone le implicazioni: un libro di documentazione, sobrio, essenziale, da leggere prima che una legge del parlamento attuale proibisca l'uso della memoria e della ragione.
* Giovanni Russo Spena, Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001. La relazione della Commissione parlamentare antimafia sull'omicidio di Giuseppe Impastato presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino.
* Renate Siebert (a cura di), Relazioni pericolose. Criminalita' e sviluppo nel Mezzogiorno, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Assai utile raccolta di saggi: oltre alla curatrice, illustre sociologa, vi contribuiscono Umlberto Santino (da decenni il piu' importante studioso della mafia, ed insieme il piu' lucido militante del movimento antimafia), Ercole Giap Parini, Rocco Sciarrone, Sonia Floriani, Felia S. Allum, Dorothy Louise Zinn, Monica Massari, Stefano Becucci, Paola Monzini, Alessandra Dino, Tonio Tucci, Assunta Lucanto, Paola Maria Fiocco.
* Umberto Santino, La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000: una raccolta di docuimenti preceduta da un ampio studio interpretativo dei fenomeni premafiosi; l'autore e' il fondatore e direttore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo.
* Fabio Armao, Il sistema mafia. Dall'economia-mondo al dominio locale, Bollati Boringhieri, Torino 2000. Un utile studio che si colloca per alcuni temi di ricerca decisivi sulla linea interpretativa elaborata soprattutto da Umberto Santino e dal Centro "Impastato" di Palermo.
* Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000. Uno strumento di lavoro e un punto di riferimento fondamentale: una lettura semplicemente indispensabile.
RIVISTE
«Antimafia Duemila», mensile, Direttore: Giorgio Bongiovanni. Abbonamento a 10 numeri £ 40.000.
E-mail: antimafiaduemila@antimafiaduemila.com Richiedi una copia saggio!
 
«Narcomafie», mensile, Direttore: don Luigi Ciotti. Abbonamento annuale £ 70.000.
E-mail: narcomafie@tin.it Richiedi una copia saggio!

 
INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI
 
ITALIANI, VITTIME DEL REGIME?
 
"Di solito ritratti come vittime del regime, in realtà i soldati di Mussolini hanno commesso delle atrocità rimaste impunite per sessant'anni". Lo scrive Rory Carroll in un articolo sul «Guardian» del 25 giugno. Giovanni Ravalli è ricordato in Italia come un prefetto di ferro impegnato nella lotta al crimine. Nessuno parla delle torture che ha fatto infliggere durante la guerra al poliziotto greco Isaac Sinanoglu e dell'olio bollente versato su settanta prigionieri. Condannato alla pena capitale in Grecia per crimini di guerra, Ravalli è morto nel 1998 nella sua casa romana. "Degli oltre milleduecento italiani che si sono macchiati di crimini di guerra in Africa e nei Balcani nessuno è stato giudicato. Non c'è stata una Norimberga per i criminali italiani", scrive Carroll. Nessun processo per Pietro Badoglio, che bombardò con il gas i villaggi in Etiopia, né per Rodolfo Graziani, "il macellaio di Libia", né per "la bestia nera" Mario Roatta. L'immagine passata alla storia è quella dell'esercito italiano che fraternizza con i civili, che protegge gli ebrei. La colpa è anche dei pregiudizi britannici sui militari italiani "teneri e inoffensivi", "poveri cristi piombati in mezzo alla guerra". Immagine sostenuta anche dalla storia ufficiale e dai media, ma non dal documentario Fascist Legacy dell'Inglese Ken Kirby, prodotto dalla Bbc. L'autore ha ricevuto minacce di morte da ex soldati italiani e il suo documentario, acquistato dalla Rai, non è mai stato mandato in onda. Archiviato, come le molte richieste di estradizione di Etiopia, Jugoslavia, Grecia, Albania e Libia che dal dopoguerra attendono risposte dal nostro governo.
(segnalazione di Paolo Veronese)
 
NOVITA' REGIMI.  Tutto e' relativo...

D'Alema ha dichiarato che il comportamento della polizia italiana in occasione del G8 e' stato degno del regime cileno.
In occasione del vertice dei presidenti del Gruppo di Rio in programma a Santiago fra il 16 e il 18 agosto,  il generale cileno Ricardo Sandoval ha espresso il timore che possano verificarsi disordini fra manifestanti e forze dell'ordine, visto cio' che e' successo a Genova."Cerchiamo di evitare di sembrare un Regime Italiano",  ha detto il generale dei "Carabinieros". (di Alex Garzi, dell'Aduc, Associazione per la tutela di utenti e consumatori www.aduc.it ). 
 
 
CILE: CARABINEROS CONTRO I MAPUCHE
 
Wallmapuche (Territoiro Mapuche), 23 luglio 2001
Fratelli e Sorelle
Partecipanti al Gruppo di Lavoro sui Popoli Indigeni delle Nazioni Unite

Ci rivolgiamo ad ognuno dei partecipanti del Gruppo di Lavoro sui Popoli Indigeni dell'ONU, per sottoporre a vostra conoscenza l'irruzione di cui è stata oggetto la sede centrale del Consejo de Todas las Tierras, venerdì 20 luglio, del presente anno.

1. Noi Mapuche attraverso il Consejo de Todas las Tierras, cosìcome tutti gli altri Popoli Indigeni, abbiamo iniziato a sviluppare unprocesso fermo e deciso per ottenere il riconoscimento dei nostri dirittie delle libertà fondamentali, che consistono nella restituzionedelle nostre terre usurpate, nella restituzione del nostro territorio,nel riconoscimento dei nostri diritti politici, nel diritto all'autodeterminazione.Senza dubbio, un processo basato su questi principi causa difficoltàallo stato cileno, uno stato che si è costituito con la forza ela violenza. Per giustificare la propria validità, lo stato ha intrapresoun percorso violento, utilizzando il nuovo sistema Processuale Penale che,nella pratica, si è convertito in uno strumento repressivo nei confrontidelle rivendicazioni del Popolo Mapuche.  2. Il Consejo de Todas las Tierras sta lottando per restituire le terreche sono state perse durante la dittatura militare, che adesso si trovanonelle mani delle imprese forestali multinazionali che si sono introdotteall'interno del t! erritorio Mapuche protette da un governo illegittimo,distruggendo la biodiversità, causando processi di emigrazione edanneggiando i diritti collettivi delle comunità Mapuche.  3. E' deprecabile che il governo sia parte di una pratica repressiva,oltre al fatto che lo stesso non abbia stabilito meccanismi per frenarei gruppi economici che esercitano pressioni sui tribunali per proteggerei propri interessi.  4. Lanciamo un appello a tutte le organizzazioni indigene del mondoa solidarizzare con il Popolo Mapuche ed a ripudiare la politica repressivadello Stato Cileno con il Popolo Mapuche. Il razzismo soggiacente ultimamentesi è evidenziato con la pratica della polizia e dei tribunali chestoricamente hanno negato i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali.

Mari Chi Weu - Dieci volte trionfaremo, noi Mapuche ! (Aucán Huilcamán Paillama)


Comunicato Mapuche sulla irruzione nella sededel Consejo de Todas las Tierras
 
Wallmapuche (Territorio Mapuche), 23 luglio 2001

 L'organizzazione mapuche Consejo de Todas las Tierras comunicaalle comunità Mapuche, alla comunità nazionale ed internazionalequanto segue:  1. Il giorno 20 luglio, aprossimativamente verso le 17:30, un grandecontingente di poliziotti ha fatto irruzione nella nostra sede, ubicatain calle Lautaro 234, nella città di Temuco.  2. Circa 200 tra carabineros e poliziotti hanno fatto violentementeirruzione nel luogo, distruggendo porte, oltre al fatto che in nessun momentohanno mostrato un ordine giudiziario per la realizzazione dell'operativo. Successivamente si sono mossi nei diversi uffici, rompendo tutto quantotrovassero all'interno dell'immobile e sottraendo tutta la documentazionedell'organizzazione.  3. Al momento dell' irruzione si trovavano nella sede solament! e cinquepersone che sono state violentemente picchiate ed obbligate a rimanerein un luogo fisso durante tutto l'operativo, mentre veniva loro proibitaqualsiasi comunicazione con l'esterno.  4. Dopo più di una ora di perquisizioni, hanno distrutto tuttoil materiale di lavoro dell'organizzazione e delle comunità, portandosivia tre computers, una fotocopiatrice e tutti gli archivi che costituisconola memoria della organizzazione. 5. I reati che ci vengono imputati sono quelli di "associazione illecita"ed "usurpazione di terra", le stesse imputazioni per le quali si processaronoe condannarono 144 mapuche, nel 1992, caso che la nostra organizzazionedenunciò di fronte alla Commissione Interamericana per i DirittiUmani della Organizzazione degli Stati Americani e che attualmente si trovanell'ambito di un accordo amichevole.  6. Alla fine sono state arrestate otto persone, tra le quali AucánHuilcamán Paillama, al quale è stata fratturata! una mano.Le stesse persone sono state accusate di resistenza a pubblico ufficialee citati presso il Tribunale Militare. Tra le persone arrestate ci sonoanche due donne, che sono state picchiate fino ad essere lasciate in statodi incoscienza, oltre ad essere state aggredite verbalmente.  7. Di fronte a questo nuovo sopruso che si è visto piombare ilnostro popolo mapuche, le comunità e le organizzazioni della regioneabbiamo deciso di sviluppare una serie di mobilitazioni per esigere ilrispetto per il nostro popolo. Le mobilitazioni inizieranno con una marciadi ripudio per l'irruzione il giorno 25 luglio nella città di Temuco. Facciamo appello alle comunità Mapuche perché si uniscanole forze per esigere il rispetto per il nostro popolo, ed alla comunitànazionale ed internazionale perché solidarizzino con la nostra lottaper il diritto alla terra, al territorio ed alla autodeterminazione.

Aucán Huilcam&aacut! e;n Paillama (Responsabile per le RelazioniInternazionali) - Manuel Santander Solis (Werken del Consejo)

Per altre informazioni in merito: indios@coinarir.org


ZOOM ASSOCIAZIONI 

 
 
Greenpeace
 
PARTECIPA ALLA CYBERAZIONE PER CHIEDERE LA DEMARCAZIONE TERRE TRADIZIONALI DEL POPOLO DENI
Il popolo indio dei Deni vive in un'area remota nel sud-est dello  stato brasiliano dell'Amazzonia. La sua sopravvivenza è direttamente  legata alla foresta.
Nel 1998, dopo secoli di colonizzazione, la Costituzione del Brasile ha riconosciuto i diritti dei popoli nativi, compreso il diritto alle terre tradizionali, per le quali e' stato previsto un processo di mappatura, chiamato demarcazione. Fino a quando le terre tradizionali  di popoli indios non son  demarcate, possono essere invase e occupate  dalle compagnie del legno e da insediamenti agricoli. Per il popolo Deni questa norma costituzionale e' rimasta una grande  promessa. Nel 1985 un gruppo di lavoro governativo ha identificato i  confini delle loro terre, ma queste non sono mai state demarcate.
Nel frattempo la WTK, una compagnia multinazionale del legno con  base in Malaysia, ha acquistato da un affarista brasiliano ampie aree  di terra dei Deni per estrarre legno su scala industriale.
Greenpeace e' impegnata in questi mesi con una azione diretta di  misurazione e demarcazione delle terre dei Deni, per la protezione  congiunta della cultura indigena e della foresta amazzonica. Aiuta anche tu il popolo Deni, scrivi al Presidente del Brasile per  fargli sapere il tuo appoggio alla demarcazione della loro terra.

La lettera a Cardoso puo' essere inviata da questo indirizzo web
http://www.greenpeace.it/camp/foreste/deni.htm

Fernando Henrique Cardoso
Presidente della Repubblicadel Brasile
Cc Ambasciatore del Brasile
Ministro della Giustizia

Nel 1985 un gruppo di lavoro del governo brasiliano ha  identificato i confini delle terre itradizionali dei Deni nello Stato  dell'Amazzonia. Oggi, circa 16 anni dopo, il territorio dei Deni ancora non è stato demarcato.
In questo periodo i Deni hanno subito diversi tentativi di  invasione delle loro terre. Nel 1996 la compagnia  malaysiana del  legno WTK ha acquistato 313.000 ettari di firesta amazzonica, 150.000  dei quali all'interno del territorio Deni. L'anno successivo, nel  1997, il proprietario terriero José Stecca segnalato i margini della  compagnia Construtecca on Seringal Santa Fé, all'interno del  territorio Deni.
La presenza di una compagnia del legno all'interno del territorio  indigeno rappresenta una seria minaccia per i Deni e per l'integrita'  della loro terra.
Secondo la Costituzione del Brasile, tutte le terre indigene  dovevano essere demarcate entro il 1993. Ma una cinquantina di  territori indigeni non sono stati ancora demarcati. Questo rappresenta una violazione della principale legge brasiliana, degli  impegni del Brasile verso le Nazioni Unite e dei diritti dei popoli  indigeni a vivere in pace nei loro territori.
Per questo aggiungo la mia voce ai numerosi brasiliani che  esprimono la propria preoccupazione per la protezione della foresta  amazzonica, e per i diritti dei popoli che considerano l'Amazzonia la  propria casa.
Signor Presidente, il Suo governo ha il potere di risolvere  questo problema e porre fine a questa immensa disgrazia ecologica.  Rispettosamente Le chiedo di convalidare la demarcazione delle terre  indigene dei Deni nel 2001 senza rinvii, e di assicurare la  demarcazione alle restanti terre indigene con la dovuta priorita' e  con l'urgenza che tale materia merita.
Sinceramente,
Sul sito http://www.greenpeace.it/camp/foreste/deni.htm trovi il testo in lingua portoghese della petizione.
    

GIOVANI E SERVIZIO CIVILE
 
La FEVOSS (Federazione dei servizi di volontariato socio sanitario) con sede centrale in Verona, via S.Nazaro 73 (Tel. 045   è un'organizzazione ONLUS di volontariato, convenzionata con il Ministero della Difesa per la gestione di GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE ALTERNATIVO AL MILITARE.
L'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile di Roma invita gli Enti convenzionati a segnalare urgentemente i giovani che intendono essere avviati al servizio civile per lo scaglione del 26 settembre 2001.
A tale data, infatti, saranno avviati i giovani nati nel 1981-82-83 che hanno presentato domanda nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2001, nonché i giovani cessati dal beneficio di ritardo per motivi di studio alla data del 31 dicembre 2000.
La FEVOSS attende i giovani avviati al servizio civile per impiegarli nella sua rete di solidarietà estesa sul territorio di Verona e provincia. In particolare presso le sedi FEVOSS di Verona, Castel d'Azzano, Isola della Scala, Legnago, S.Martino B.A., Caldiero, S.Giovanni Lupatoto, Poiano, Costermano, Marzana. Bussolengo.
 

La scomparsa di Jorge Amado (7 agosto 2001)
 
Ritmi dai bassifondi
E' morto ieri a Bahia, dove era nato, il grande scrittore brasiliano Jorge Amado. Aveva ottantanove anni
di PAOLO COLLO

" Che altro sono stato se non uno scrittore di puttane e vagabondi? Se qualcosa di bello c'è in quello che ho scritto, proviene da questi diseredati, da queste donne segnate da un marchio di fuoco, da coloro che sono sull'orlo della morte, sull'ultimo gradino dell'abbandono".
Così scriveva Jorge Amado nel 1980 in quella strana autobiografia che andava dagli zero agli undici anni dal titolo O menino grapiúna. E così ha fatto. Ha mantenuto la promessa. Per tutta la vita ha raccontato di puttane e vagabondi, di diseredati e di lavoratori sfruttati. Senza inventarsi nulla, o quasi. Come i cantastorie, che prendono dalla strada, dalla vita, gli spunti per narrare le proprie favole.
Storie di uomini, di donne e di luoghi, come Bahia, la città di Tutti i Santi, miscuglio di bellezza e sofferenza, di ricchezza e di fame, di risa e di lacrime: "Vedrai le chiese grondanti d'oro. Dicono che siano trecentosessantacinque. Forse non sono tante, ma che importa? Dove sarà la verità vera, quando si tratta della città di Bahia? Non si sa mai bene ciò che è verità e ciò che è leggenda, in questa città. Nel suo lirico mistero, nella sua tragica povertà, verità e leggenda si confondono"... Così come verità e leggenda si confondono ed entrano in tutti i suoi libri, in diversa misura a seconda dei casi, della storia, dei luoghi o dei protagonisti.
Certo, non sono poche le differenze nella narrativa di Amado tra il cosiddetto primo periodo, che termina grosso modo con la "nascita", nel 1958, di Gabriella (garofano e cannella), e in cui le tematiche sociali (e socialiste) sono più evidenti: è, parlando di libri, il periodo del Paese del carnevale, (1931), di Cacao (1933), di Sudore (1934), di Jubiabá (1935), di Mar Morto (1936), di Capitani della spiaggia (1937), di Terre del finimondo (1943), di So Jorge de Ilhéus (1944), della trilogia dei Sotterranei della libertà (1954)... E, non parlando di libri, del Premio Internazionale Stalin, ottenuto nel 1951. Periodo in cui viene accusato, da destra, dai non-marxisti, di scrivere letteratura di propaganda, pamphlet ideologici, di essere, insomma, un buon scrittore solo dopo il 1958. Dopo, al contrario, verrà invece accusato, dai critici marxisti, di essersi compromesso con la borghesia capitalista, di proporre una visione "decadente" della realtà, di essere, insomma, un buon scrittore solo prima del 1958...
Strano destino quindi, per uno scrittore di puttane e vagabondi, quello di venire così, da alcuni, rigidamente classificato. Ma la verità è invece che Amado racconta innanzi tutto quello che vede, che vive, che sente raccontare ("Ci sarà anche qualche ricordo custodito nella retina di un bambino o tutto deriva da racconti uditi?") Vede - dalla nascita, avvenuta nell'agosto del '12 in una piantagione - la lotta per il possesso delle terre, le imboscate, gli intrighi politici ("si negoziavano, indifferentemente, animali, armi e vite umane"), e li descrive. Vede le inondazioni, le epidemie, il vaiolo, la malaria: come ha detto lui stesso, era un periodo in cui si viveva "camminando fianco a fianco con la morte", e ce lo racconta. Vive la politica internazionale e quella del suo Paese: i colpi di stato, il famigerato Estado Novo di Getúlio Vargas, la violenza delle dittature, viene arrestato (la prima volta nel '36), i suoi libri bruciati sulla pubblica piazza, viene mandato in esilio (nel '48, prima a Parigi, ma anche la Francia lo espelle e deve riparare in Cecoslovacchia), e tutto ciò diviene lo sfondo per alcuni suoi romanzi.
Ma non si è di destra o di sinistra se si racconta al mondo di una terra violentata, di uomini in armi, di fame, di epidemie, di sangue e croci nelle strade. Così come non si è di destra o di sinistra a raccontare l'amore, le donne, l'amicizia, il mare, le canzoni, e le spiagge, gli dèi, la cucina di Bahia: "Sogno una rivoluzione senza ideologie, dove il destino dell'essere umano, il suo diritto a mangiare, a lavorare, ad amare, a vivere la vita pienamente non sia condizionato al concetto espresso e imposto da un'ideologia, non importa quale. Un sogno assurdo? Non abbiamo un diritto più grande e inalienabile del diritto al sogno. L'unico che nessun dittatore può ridurre o annientare".
Un'esistenza intensissima, quella di Jorge Amado, dentro un secolo che ha vissuto totalmente, nel bene e nel male, accompagnato da una gran dose di fortuna, come lui stesso ammetteva: "Sono nato con la camicia, con il sedere alla luna... La vita mi ha dato più di quanto ho chiesto, meritato e desiderato. Ho vissuto intensamente ogni giorno, ogni ora, ogni istante, ho fatto cose che Dio solo sa, mi sono alleato con il Diavolo... Ho combattuto per la buona causa, quella per la dignità dell'uomo, per il pane e per la libertà, mi sono battuto contro i pregiudizi, ho fatto cose illecite, ho percorso strade proibite, sono stato il bastian contrario, il viceversa, il no, mi sono consumato, ho pianto e riso, ho sofferto, ho amato e mi sono divertito".
Amato, soprattutto. Con il cuore e con il corpo (il suo primo rapporto sessuale è del 1924, con la cavalla Furta Cor, "una bestia nervosa ed elegante... che aveva una fissazione, le piacevano gli uomini"). Ma il cuore, dal '45, è tutto per Zélia Gattai, anarchica seria e rigorosa di Pieve di Cadore, apparentemente ben lontana da lui: "Non è pane per i tuoi denti. E' una donna onesta, vecchio mio, non è una di quelle che vanno con tutti, di quelle che tu..." Per le altre, ci sarà la gloria di diventare personaggi dei suoi romanzi più famosi: Gabriella, Dona Flor, Tereza Batista, e tutte le altre, sante o puttane, avute, desiderate, viste, immaginate, sognate.
E amico dei vagabondi, dei lavoratori del porto, della gente dei mercati e di quella del candomblé, dei capoeiristas, dei musicisti, dei venditori da fiera, degli sfaccendati, dei tiratardi da osteria: "Meglio ancora, fui uno di loro". Come Quincas Berro Dágua, uno dei suoi più riusciti personaggi: funzionario esemplare delle Imposte Dirette, dal passo misurato, la barba ben curata, la giacchetta nera d'alpaca, la cartella sotto il braccio, ascoltato dai vicini con rispetto quando opina sul tempo e la politica, mai visto in una bettola, bevitore morigerato e casalingo, che un bel giorno dice di no, manda tutto all'aria e diventa vagabondo, ubriacone, giocatore, imbroglione e puttaniere, in una parola, felice. E quando muore i suoi amici decidono di fargli passare ancora una notte come si deve, al porto, tra fiumi di cachaça, mulatte e scorpacciate di zuppa di pesce. E, gran finale, un bel giretto per mare, assieme agli amici più cari e alla sua appassionata fidanzata Occhigrandi: "Non mi lascerò rinchiudere in una tomba sottoterra" - sentirono dire al morto - "Mi seppellisco quando voglio, all'ora che mi pare", e poi sparì tra le onde del mare...
Ecco, è andata sicuramente così, anche per Jorge Amado. Saravá, amen, axé.

 
Un ragazzo di Bahia
Il Brasile del "menino grapiùna" dalla dittatura di Vargas all'addio allo stalinismo
di DANIELA FERIOLI

Un traduttore impegnato seriamente a trasporre un libro in altra lingua, diventa amico dell'autore, condivide i suoi pensieri, gli si affeziona. Per Jorge Amado succede qualcosa di più, si nutre per lui un profondo rispetto perché è una persona onesta che ha scritto per il proprio piacere e per offrire una testimonianza; nel corso della sua lunga vita non ha mai mosso un dito per ottenere ambiti riconoscimenti internazionali, ed anzi ha scoraggiato amici intenzionati ad aiutarlo a provare. Jorge Amado, il menino grapiúna, un ragazzo nativo dello stato di Bahia che è rimasto tale anche a novant'anni.
Il primo libro che è stato pubblicato in Italia Terre del finimondo è il settimo dei romanzi che ha cominciato a scrivere a soli diciannove anni. Allora, era il 1947, il Brasile non era frequentato e conosciuto come oggi e i traduttori dal portoghese erano pochi e per lo più lusitanisti. Molte sottigliezze, frasi idiomatiche, tradizioni e miti bahiani erano ignoti. Qualche anno fa, quando quasi tutti i romanzi erano stati pubblicati, si è pensato di ritradurre i primi in ordine cronologico e per me è stato molto bello ripercorrere il cammino dell'autore, veder crescere in lui la maturità letteraria, ampliarsi il tema sociale e politico del militante di sinistra che riesce a fondere la denuncia della realtà che vive con la fantasia che avvince il lettore. Rimaneva da conoscere in Italia la trilogia I sotterranei della libertà che fa parte della fase più marcata dell'impegno politico dell'autore. Tre volumi scritti, dopo essere stato espulso anche dalla Francia nel 1951, mentre si trovava esule con la moglie Zélia e il loro primo figlio a Dobris, in Cecoslovacchia, nel castello dell'Unione degli Scrittori. In quegli anni, racconta Zélia, crollarono molti dei loro miti, videro amici deportati, vissero le epurazioni, soffrirono la perdita di ideali. La trilogia (Einaudi) inizia con Tempi difficili e prosegue con Agonia della notte e La luce in fondo al tunnel, e ha per sfondo l'Estado Novo, il periodo della dittatura instaurata in Brasile nel 1937 da Getúlio Vargas.
Opera polinucleata con episodi multipli, racconta le vicende di persone di diversi strati sociali: alta borghesia, classe media, operai e contadini. In un modo o nell'altro queste persone si incontrano e si scontrano, le loro storie si mescolano. Su tutti aleggiano i personaggi politici e gli eventi storici del tempo, e il risultato è un ritratto raro del Brasile in particolare e del mondo in generale, nel periodo drammatico che precede la II guerra mondiale. Anche se emerge il settarismo politico di quegli anni, Amado riesce comunque a riferire correttamente anche il punto di vista e le ragioni delle classi sociali dominanti, avverse al mondo stalinista che è stato il suo, realizzando un documento storico che, grazie alla sua inesauribile inventiva, è anche un racconto ricco di personaggi e di intricate vicende.
A differenza dei romanzi venuti in seguito, non più così direttamente impegnati, ma variopinti, divertenti e volti ai caratteri delle persone e al folclore, i volumi della trilogia sono intrisi di politica e di sociale, con i personaggi fortemente caratterizzati. I "destri" sono fatui e paurosi, le loro donne tutte libertine. I militanti comunisti sono puri e coraggiosi, le loro compagne tutte oneste e generose. Traducendo, mi veniva ogni tanto il dubbio che avesse calcato apposta la mano per autoironia o, chissà, perché a quel tempo doveva essere davvero molto arrabbiato.
Quando tornò in Brasile, dopo l'esilio, il Partito cercò di imporre tagli e modifiche ai Sotterranei della libertà, ma lui si rifiutò perché, come mi disse qualche anno fa: "Ho voluto testimoniare nei tre volumi de I sotterranei la visione di un mondo stalinista che è stata la mia e nella quale molte cose sono nere o sono bianche. Oggi ritengo che quella visione del mondo manicheista non esiste più, è tutto pieno di sfumature. Allora c'era un pragmatismo e uno spirito dogmatico che ora è scomparso. Non l'ho fatta io questa revisione, ma gli avvenimenti. Per questo non rinnego niente, è stata una tappa storica in cui ho creduto e che I sotterranei ritraggono in tutta la verità di quei tempi difficili".


Le due vite di un africano bianco
L'autore di "Dona Flor", dalla scrittura militante ai romanzi-samba
di ANDREA COLOMBO

Sono in lutto le negre di Bahia (mai il sor Jorge Amado si sarebbe piegato a definirle "nere", il politicamente corretto non era il benvenuto a casa sua). Piangono poeti e giocatori, letterati e maestri di capoeira, gli accademici e i nottambuli. Nei terreiros rullano i tamburi del candomblé, la macumba bahiana: lo scrittore esimio era padre di santo, presiedeva ai riti pagani importati dal Congo insieme agli schiavi, poi sincretizzati con il cattolicesimo. A chi gli chiedeva se davvero credesse nel potere degli orixas rifiutava sibillino di rispondere. Ma alle celebrazioni non mancava mai.
Piangono soprattutto i lettori, in tutto il mondo. Novant'anni o quasi, e ancora Amado ci regalava libri. Ne ha pubblicati a decine, fiumi d'inchiostro: un grafomane. Per tanta esuberanza una vita non poteva bastare. Forse per questo Jorge Amado ne ha vissute due. L'autore che nasce nel '59 con Gabriela garofano e cannella, il musicista che usava le parole come note e trasformava la samba in pagine e capitoli, è tutt'alpiù un parente alla lontana dello scrittore militante che aveva denunciato la vita aspra dei pescatori bahiani in Mare di morte, dell'autore epico che aveva raccontato la saga sanguinosa del cacao in Frutti d'oro (ne sapeva qualcosa, era nato e cresciuto lì, tra le piantagioni, con i morti delle guerre del cacao ancora freschi), del comunista dei Sotterranei della libertà, denunciato di recente come stalinista. E forse non a torto: chi non lo era, a sinistra, in quegli anni?
Non poteva durare. Non durò. Amava troppo le risate e la cucina piccante, l'acquavite e le donne, per continuare a descrivere l'inferno dei poveri, per combattere sempre e solo in nome di un paradiso venturo. Rovesciò il tavolo. Smise di enumerare le ferite del popolo. Iniziò a vantarne la forza e la vitalità, la cultura con le radici affondate in Africa più che in Portogallo: la lotta degli schiavi trasformata in danza (capoeira), i riti orgiastici (candomblè), la musica. Scoprì che la terra promessa c'è già, qui e ora, se sapete vederla, se l'ironia vi aiuta, se lo stomaco sopporta le delizie roventi della cucina bahiana, se avete sangue a sufficienza per le mulatte e le negre con "il culo da formica" e i fianchi scalmanati: le Flor, le Terese Batista, le Tiete di Agreste.
In Italia, giusto nel '77, lo esaltarono per prime le donne, le femministe. Proprio lui, messo in croce dalle militanti brasiliane, accusato di machismo e sciovinismo: basta con queste femmine tutte tette e culo, com'è possibile che persino Teresa la guerriera alla fine trovi riparo tra le braccia forti di un gigantesco marinaio? Avevano ragione le italiane. Nessuno ha amato le donne più di Amado, e chi non se ne accorge è perché non vede che nessuno più di lui, dopo il '59, ha disprezzato e deriso e stracciato ogni ideologia. Nessuno meglio di lui aveva imparato che nulla è più pericoloso del prendersi troppo sul serio. Se era stato stalinista non lo era stato invano: dall'esperienza aveva saputo trarre la dovuta lezione, mantenendo quel che c'era da trattenere, l'odio per ogni forma di sfruttamento e di razzismo, buttando via il resto.
Soprattutto, buttando via la torva seriosità, il sospetto amore per le tinte tragiche che marcava e ancora marca la sinistra. Non l'Africa, non Bahia. Non Vadinho, il giocatore beffardo. Non Pedro Arcanju, il poeta seduttore e anarchico della Bottega dei miracoli, un capolavoro. Come si fa a piangere uno scrittore così, persino ora che è morto? Meglio salutarlo come avrebbe fatto lui, con il grido del candomblè bahiano: Axè.


IN PROGRAMMA

 
14 ottobre: Marcia Perugia - Assisi

[Dal programma di convocazione della marcia Perugia-Assisi del prossimo 14 ottobre 2001 riportiamo i seguenti stralci. Per ulteriori informazioni, per adesioni e per contatti con la Tavola della Pace che promuove l'iniziativa: Tavola della pace, via della Viola 1, 06122 Perugia, tel. 075/5736890, fax: 075/5739337, e-mail: mpace@krenet.it, sito: www.krenet.it/a/mpace; o anche:
Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace, via della Viola 1, 06122 Perugia, tel. 075/5722479, fax: 075/5721234, e-mail: info@entilocalipace.it, sito: www.entilocalipace.it]
* Premessa
"Un altro mondo e' possibile. Costruiamolo insieme". Con questo slogan, il 26 settembre 1999, decine di migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo (dopo aver partecipato alla 3a Assemblea dell'Onu dei Popoli) hanno camminato insieme da Perugia ad Assisi chiedendo all'Italia, ai governi e a tutte le istituzioni internazionali di "cambiare le priorita' della politica e dell'uso delle risorse rimettendo al centro le persone, i popoli e il rispetto dei loro diritti fondamentali". Al centro di quella Marcia c'era la proposta di costruire una grande alleanza mondiale di cittadini, organizzazioni della societa' civile, comunita' ed Enti Locali impegnati a "sostituire la cultura della competizione selvaggia con quella della cooperazione, la cultura della guerra con la cultura della pace, l'esclusione con l'accoglienza, l'individualismo con la solidarieta', la separazione con la condivisione, l'arricchimento con la ridistribuzione, la sicurezza nazionale armata con la sicurezza comune". Oggi quello slogan e quell'obiettivo appaiono sempre piu' concreti e urgenti. La necessita' di "agire insieme, con audacia, operando oltre le frontiere e le diversita' come un fronte unico, con una strategia globale e una consapevolezza comune" e' condivisa da una rete sempre piu' fitta di organizzazioni della societa' civile attive e di istituzioni locali in tutto il mondo. La Tavola della pace e il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace intendono dare un ulteriore contributo a questo processo organizzando la 4a Assemblea dell'Onu dei Popoli e una nuova edizione della Marcia per la Pace Perugia-Assisi che si svolgeranno dall'8 al 14 ottobre 2001.
* Gli obiettivi generali
- Globalizzare i diritti umani, la democrazia e la solidarieta';
- Rafforzare la societa' civile mondiale;
- Costruire un'Europa di pace. Con la 4a Assemblea dell'Onu dei Popoli e la Marcia per la pace Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001 ci proponiamo di: 1. promuovere la globalizzazione dei diritti umani, della democrazia e della solidarieta', sollecitando un cambiamento delle priorita' della politica e dell'uso delle risorse; 2. contribuire alla costruzione e al rafforzamento della societa' civile mondiale, della sua capacita' di proposta e azione comune per la pace, un'economia di giustizia e la democrazia internazionale; 3. contribuire alla costruzione di un'Europa aperta e solidale, strumento di pace, giustizia e democrazia nel mondo; 4. promuovere la costruzione di una rete europea delle organizzazioni e istituzioni locali che operano per la pace; 5. promuovere la costruzione di un "network per la globalizzazione dal basso" e di un "Forum permanente della Societa' Civile Mondiale"; 6. costruire una coalizione internazionale in vista della Conferenza dell'Onu "Financing for Development" (Finanza per lo Sviluppo) (Messico, marzo 2002); 7. rilanciare le proposte della societa' civile mondiale, in vista della conferenza dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Qatar, novembre 2001); 8. sollecitare l'intervento dell'Europa e dell'Onu a favore della pace in Medio Oriente, nei Balcani, in Africa, in Colombia, in Turchia, etc. 9. promuovere una campagna (e una coalizione) internazionale per il rafforzamento e la democratizzazione dell'Onu; 10. promuovere una campagna (e una coalizione) internazionale contro il progetto di scudo spaziale americano, per il disarmo e la prevenzione dei conflitti. Con queste iniziative intendiamo dare seguito agli impegni assunti a New York dal Millennium Forum e contribuire alla preparazione del secondo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre (Brasile, gennaio 2002).
La 4a Assemblea dell'Onu dei Popoli, la Marcia per la pace Perugia-Assisi e le iniziative collegate sono inoltre:
- uno strumento per: 1. promuovere l'alleanza tra quanti, in Italia e nel mondo, sono impegnati contro la guerra, la poverta' e il disordine internazionale, per la pace, un'economia di giustizia, i diritti umani e la democrazia; 2. presentare al nuovo Governo e al nuovo Parlamento un pacchetto di proposte per accrescere l'impegno dell'Italia per la pace e la giustizia nel mondo; 3. richiamare l'attenzione dei mezzi di comunicazione sulle principali proposte e iniziative della societa' civile e degli Enti Locali per la pace, un'economia di giustizia e la democrazia internazionale; 4. suscitare un ampio dibattito internazionale sulle responsabilita' e il ruolo dell'Europa nell'era della globalizzazione ("Oltre l'Euro") mettendo a confronto la societa' civile europea e quella del Sud del mondo; 5. dare nuovo impulso all'impegno per la pace nel nostro paese; 6. sollecitare il coinvolgimento dei giovani e del mondo della scuola; 7. sostenere le principali campagne nazionali e internazionali in corso per la pace e un'economia di giustizia (debito, acqua, Tobin Tax, farmaci, etc.); 8. dare voce alla domanda di pace e giustizia di tanti popoli e persone; 9. proporre una visione del mondo che dobbiamo costruire; 10. democratizzare, rinnovare e rilanciare la politica estera italiana, sollecitando la sua apertura alla societa' civile. - un modo per portare alla luce il lavoro di migliaia di volontari, associazioni e istituzioni locali impegnati per la pace, la giustizia sociale e lo sviluppo umano, la difesa dei diritti umani;
- un invito a: 1. riflettere sul contributo che ciascuno puo' dare nella vita quotidiana alla costruzione di un mondo piu' giusto e solidale; 2. aprire le nostre comunita' locali ai problemi del mondo promuovendo l'idea della cittadinanza europea e planetaria, la solidarieta' e la cooperazione internazionale;
- un contributo: 1. allo sviluppo della societa' civile mondiale; 2. alla crescita della solidarieta' e della cooperazione internazionale; 3. al dialogo interculturale; - una grande iniziativa di educazione alla pace, alla mondialita' e alla solidarieta'. Il mondo ha bisogno di pace e di giustizia, di garantire a tutti l'accesso ai diritti umani fondamentali e di gestire il bene pubblico globale attraverso istituzioni internazionali democratiche.

* Marcia per la pace Perugia-Assisi: Cibo, acqua, istruzione e lavoro per tutti. Una marcia per cambiare le priorita' della politica e dell'uso delle risorse; per rimettere al centro le persone, i popoli e i loro diritti; per rispondere alla domanda d'aiuto e di giustizia di miliardi di persone; per promuovere la globalizzazione dei diritti umani, della democrazia e della solidarieta'; per promuovere il bene comune globale; per costruire una nuova Europa aperta, solidale, strumento di pace nel mondo; una nuova Onu e un nuovo ordine internazionale pacifico e democratico; una marcia per i giovani; alla riscoperta del valore della solidarieta' e della condivisione.


SOS Salvador
Progetto Sorriso

«Progetto Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione con il Ser.Co.Ba di San Salvador avviata un anno fa a San Bonifacio (VR). Obiettivo: fornire aiuti materiali alle popolazioni terremotate del Salvador e, in particolare, finanziare la fornitura di materiale sanitario (multivitaminici) e per l'igiene personale. Per INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.


CORRISPONDENZE DAL BURUNDI
 
Ospiteremo per alcuni numeri gli articoli scritti e tradotti dai giovani del Centre Jeunes Kamenghe di Bujumbura (Burundi). Si tratta di pezzi pubblicati sul loro giornale interno "Arc-enciel" [Arcobaleno]. Il Centre Kamenghe è un punto di riferimento molto importante per migliaia di giovani che vogliono sognare e vivere in un mondo diverso, dove la Pace e la Solidarietà fioriscano in una regione - quella dei Grandi Laghi e delle Mille colline -  martoriata. 
Il Centre Jeunes Kamenghe ha bisogno di essere sostenuto anche economicamente, per cui vi inviatiamo a prendere contatto con padre Claudio Marano (giovane Missionario Saveriano in Burundi) cjk@bi-network.com oppure, se interessati ad avere ulteriori informazioni, scrivete pure al Grillo parlante: grilloparlante@mbservice.it
 
 
PARTECIPAZIONE AL CONCERTO

Al Centre Jeunes Kamenge c'è un'orchestra che si chiama "HAPPY WORLD". Quest'orchestra da dei concerti nei Quartieri Nord della capitale Bujumbura. Questi concerti ai quali partecipa un gran numero di persone (tra i 1000 e i 1500) sono ammiratissimi dalla popolazione di questi quartieri.  Questa popolazione ingloba per la grand parte un insieme di persone che non dispongono di molti mezzi per potersi offrire dei divertimenti come quelli di cui dispone la gente della città.  Ciò che fa che questi concerti siano così artistici e ben organizzati, è che sono quasi ogni volta gratuiti. Sono spesso dati all'aperto, sulle piazze pubbliche (terreni sportivi, zone ...), ecc. La partecipazione  a questi concerti non è sempre a scopo di divertimento o di distensione, ma ha anche come obiettivo di incontrarsi non per uccidersi gli uni gli altri o per lancirsi degli insulti ma per parlarsi, ascoltarsi e comprendersi al ritmo della musica e della danza.  Questa participazione fa dimenticare ogni situazione di ingiustizia spesso vissuta e permette di ritrovare la fede e la speranza di vivere assieme malgrado la situazione economica e securitaria nocive che regnano in questi paesi. Questi concerti non sono dati sempre dal gruppo Happy World ma anche dai diversi artisti della capitale in occasioni svariate (festa della musica, anniversario di Bob [Marley ndt], ...)  E sempre con una participazione libera di un pubblico numeroso, ammirativo e motivato che terminano questi concerti, come termina questo articolo.  Avrei voluto scrivere molto, ma il vostro cuore e il vostro spirito completeranno senz'altro.

Muhire Francis
N° carta iscrizione 13664
 
IL NEONATO

Visto che la novità attira sempre l'attenzione degli esseri umani e soprattutto dei giovani, tra le attività del CJK, quella che riflette ancora della freschezza e dell'innovazione è il nostro neonato giornale "Arcobaleno"; il nostro interesse è risvegliato. Questa invenzione originale dalle idee di alcuni campioni della gioventù dei quali mi riservo di citare i nomi più sotto ma ai quali plaudo è non solo la più giovane ma la più frequentata.  Oso anche definirla la più attirante. Così come ci sono delle attività molteplici al CJK; "l'Arcobaleno" in così poco tempo sembra interessare tutti al'interno come all'esterno.  Lo si trova a volte in quartiere e perché no, in città, nelle mani di alcuni che non sono neanche membri iscritti al CJK. Il numero di lettori di questo famoso giornale cresce a una tale velocità che ci si pone la domande alfine di sapere se non tocca il 100 % dei membri iscritti del CJK (certamente non ancora) eppure è solo al suo quinto numero. Quando si sente il suo nome si ha in testa l'idea di qualche cosa di molto ricco in colore e leggendolo intelligentemente, si constata senza dubbio che questa ricchezza che ha in esso non è in colore visivo ma in cultura diversificata che tocca tutti gli strati sociali, poiché anche coloro che non sanno leggere guardano almeno i fumetti. Come l'Arcobaleno naturale contiene molti colori affascinanti che riflettono la vita, il nostro possiede, lui, un'abbondante diversità di culture che in più delle sue qualità di rilassamento, informa per non dire che forma. In tutto questo, io trovo un vero mistero sul quale concludo. Il mistero in sè non è altro che questo nome che merità questo giornale al suo giusto valore, perchè è il frutto o il prodotto, o allora se volete il risultato delle idee di alcuni giovani diversi che hanno giorni e notte l'estrema preoccupazione di soddisfare il vostro appetito culturale.  Non lo si dirà mai abbastanza "L'unione fa la forza".  E' come ci piace dirlo "Insieme per costruire un mondo di fratelli".  Così detto e così terminato, il resto è all'avvenire e a voi di darmi ragione, visto che il presente l'ha già fatto.

Benj Kashama n° 16286
 

 Desideri che altri tuoi amici ricevano "il GRILLO parlante"? Segnalaci i loro recapiti e-mail!

 
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
per contatti
Amedeo Tosi
loc. Praissola 74/b
37047 San Bonifacio (VR)
il GRILLO parlante: grilloparlante@mbservice.it

HOME PAGE