il GRILLO parlante
per un'informazione equa e solidale nell'Est veronese
 
supplemento a "la Voce Civica", Aut.Trib.VR n.1215 del 27 maggio 1996 - Direttore Responsabile: Amedeo Tosi

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La capra con la scabbia infetta le altre (Proverbio Basuto - Nazione: Lesotho)

Col metodo di Gandhi le armi le abbiamo già, e possiamo cominciare subito la rivoluzione, le armi dell'unione con altri, della solidarietà, della protesta nonviolenta, dello sciopero a rovescio, della noncollaborazione col male, del sacrificio; e queste armi le usano con maggiore efficienza i poveri, i deboli, i sofferenti, gli ultimi; mettiamoci dunque, con loro.
da "Rivoluzione aperta" - Aldo Capitini

DOPO (e prima) IL G8
 
Genova-G8: il racconto di Davide 

Ciao Grillo parlante, sono Davide di San Bonifacio. Sabato 21 sono stato a Genova e volevo parlarvi non tanto di quello che è successo visto che i mass media hanno parlato fin troppo di quello che successo, quanto invece di quello che ho provato e che provo tuttora. Io a Genova sono andato per manifestare il mio «no» al sistema dei paesi più ricchi e dire «sì »ad un mondo più giusto e più solidale verso il prossimo e verso l’ambiente. Non che non lo faccia già ogni giorno, rompendo le scatole a tutti quelli che conosco sul commercio equo e il mercato alternativo. Ma la scelta di andare a Genova era dettata dalla voglia di sentirmi parte di un organismo più grande e di un popolo che cerca in modo non-violento di cambiare ciò che sembra impossibile cambiare. Questo popolo cosi diverso e proveniente da tutte le parti del mondo, a Genova c’era. C’erano i pastori sardi che protestavano contro le manipolazioni genetiche, c’erano le vecchiette inglesi della campagna “drop the debt” che distribuivano cappellini bianchi contro l’arsura del sole e c’erano famiglie intere con tanto di bambini al seguito che protestavano contro lo sfruttamento della manodopera infantile nel Mondo. Il problema é che di tutte queste realtà nei mass media non se ne é neanche minimamente parlato. Di questi popoli in movimento verso un mondo migliore, pronti a sfidare il calore del Sole per ore, oltre che un viaggio massacrante, non si é dato alcun rilievo. Ai media e forse a tutti noi, in cuore, interessava di più vedere la violenza e le devastazioni ad opera dei gruppi del black block. L’unica cosa che sbalordiva, capace di rendere Genova un vero e proprio fenomeno mediatico e di  incollare milioni di persone allo schermo. Io mi chiedo perché? Perché tanta fatica nel ripetere i miei valori di equità e giustizia quanto basta lanciare un sasso per screditare subito tutti gli sforzi fatti. Perché tanta strada per andare a Genova, ore in treno, ore al sole e ore ad aspettare la ripartenza del corteo mentre davanti i veri violenti stavano dando fuoco alla città. Tutto svanito, tutto messo in secondo piano e tutto reso vile dal gesto di pochi veri violenti. Frange di persone che nessuno veramente conosce e di cui nessuno comprende gli ideali se non quelli di distruggere e creare il panico. Io mi sento estremamente amareggiato e questa é una sensazione condivisa con molti del corteo, forse tutti gli uomini di buona volontà che a Genova sono venuti per manifestare pacificamente. Amareggiato dal fatto che i mezzi di informazione si sono completamente disinteressati del vero popolo degli Anti-G8. Amareggiato dal fatto che le forze dell’ordine non si siano accordate e organizzate prima per fermare questi gruppi estremisti, forse strumentalizzando tutte le violenze. Non so se sia stato tutto pilotato o semplicemente si sia trattato di negligenza da parte di entrambi le parti nel prevedere certe situazioni. Non so nemmeno a chi dare la colpa di tutto ciò e questo non contribuisce affatto con il mio attuale stato d’animo. L’unica cosa che veramente voglio credere è che Genova non sia stata un’occasione persa ma uno stimolo per lavorare di più e spingere tutti a far venire fuori, ora che gli scontri sono finiti, i veri contenuti. A spiegare alla gente in che cosa crede questo popolo che vuole cambiare il mondo per davvero (e  non come dice la Omnitel per cercare di ammaliare più clienti). A scendere in campo con più forza e convinzione. Perché se non ci hanno lasciato manifestare in piazza il nostro NO, allora dobbiamo farlo con più forza nella nostra vita quotidiana senza tirare pietre o lacrimogeni ma seminando e portando alla gente la nostra testimonianza. Forse é questo il vero senso di quello che e’ accaduto, forse non aver manifestato come volevamo a Genova ci darà più carica e voglia di impegnarsi nella vita di ogni giorno e magari tornare alle prossime manifestazioni più consapevoli del nostro potere di uomini piccoli e semplici ma con grandi sogni, sogni che i potenti del G8 non possono nemmeno immaginare. Allora sono sicuro che non basteranno le cariche dei celerini e neanche le molotov dei black blockers per fermare il nostro pensiero di pace, giustizia e solidarietà per tutti gli uomini. (Davide Bonamini)

ORE INFINITE
 
Ho mille parole per esprimere il dolore che sto provando in queste ore che sembrano infinite, sono sveglia dall'alba come quando ti chiamano per dirti che è morto un amico. Mi chiedo, e purtroppo ho già la risposta,  come abbiano fatto questi black block ad eludere i controlli (ma c'era chi li controllava?) alle frontiere, come possano continuare a distruggere indisturbati la periferia di Genova delegittimando il grande movimento plurale e perciò bello del Genoa Social Forum.Mi chiedo come sia possibile che in quella jeep siano stati messi due militari di leva giovanissimi e molto probabilmente inesperti, anziché sei, sette uomini in grado di destreggiarsi in queste situazioni. Che cosa sta accadendo? Ho il sospetto, ed è questa la mia risposta, che questi black block siano gli esecutori materiali, i sicari voluti da chi non vuole dar voce a un movimento contro la globalizzazione che uccide e schiavizza due terzi dell'umanità, che le nega democrazia e dignità.Non dimentichiamo le esecuzioni degli intellettuali in Nigeria per mano della Shell, le esecuzioni di massa in Cina con traffico degli organi dei condannati a morte.
Non dimentichiamo che l'Africa è la macelleria dell'Impero popolata da mille Siad Barre che strinsero la mano ai nostri governanti.
Non dimentichiamo Rigoberta Menchù Tum, testimone dell'eccidio della sua famiglia e della sua gente ad opera delle multinazionali delle banane, le stesse che hanno assassinato Ilaria Alpi. E non dimentichiamo le decine di migliaia di nomadi forzati, le sorelle e i fratelli immigrati, che si spostano verso nord, verso l'Impero, per chiedere il conto. (21/7/01 Lia)

Le profonde ferite di Genova si curano con la nonviolenza

Non voglio dire nulla dei G8, che hanno concluso il vertice con un niente di fatto. Non voglio dire nulla del "blocco nero", composto da professionisti della guerriglia urbana. Non voglio dire nulla della polizia, delle sue provocazioni, della sua violenza. Mi interessa, invece, parlare di noi e delle prospettive del movimento di critica alla globalizzazione. Dopo Seattle, dopo Goteborg, dopo Genova, se il movimento vuole avere un futuro, deve affrontare con chiarezza la questione della nonviolenza. Non solo come parola magica da inserire nelle dichiarazioni di principio, ma come fine e mezzo del proprio agire. Qual era il fine? Impedire ai G8 di riunirsi, o trovare soluzioni per un'economia di giustizia? Le tecniche della nonviolenza non possono essere ridotte a training per parare i colpi della polizia, né basta alzare le mani bianche in alto per fare un'azione nonviolenta. Oggi bisogna ripensare completamente i metodi ormai inadeguati come i mega cortei indistinti che sono stati utilizzati dai teppisti quali paravento per  le loro scorribande. Dopo Goteborg era evidente (l'abbiamo detto e scritto) che la manifestazione di massa a Genova non andava fatta, che sarebbe stata una trappola. Abbiamo suggerito (ed organizzato) centinaia di iniziative locali, in tutta Italia, cortei silenziosi in fila indiana (per rappresentare chi non ha voce e per essere visibili con la propria identità): un modo per evitare la globalizzazione del movimento antiglobalizzazione. Ma non siamo stati ascoltati.. All'interno del Genoa Social Forum (GSF) è prevalsa la logica "di massa": tutti uniti sotto la bandiera del no-global (anarchici, comunisti, cattolici, scout, pacifisti, ambientalisti, cobas, tute bianche, missionari, antimperialisti, socialisti rivoluzionari, partiti e sindacati.), pronti ad offrire una prova di forza. Invece a Genova è stato un massacro, in senso fisico e politico. Tutto prevedibile e previsto. Troppo facile ora dire che mille delinquenti organizzati hanno impedito a centomila persone pacifiche di manifestare e che la polizia ha fatto il resto. Non basta dissociarsi dalla guerriglia del Black Block; non basta denunciare le violenze delle forze dell'ordine. Quel che è accaduto a Genova ha radici profonde e mette in evidenza limiti, approssimazioni, ambiguità di un movimento troppo variegato, che ha allargato indistintamente i propri confini. Per mesi il GSF ha tollerato ed accettato l'obiettivo delle tute bianche: "invadere la zona rossa". Il subcomandante dei centri sociali, promosso sul campo a vice portavoce del GSF, ha farneticato per settimane di "guerra ai G8", ha dichiarato che "l'illegalità diffusa è alla base del cambiamento", ha definito i poliziotti "soldati dell'impero". Il GSF anziché sconfessare le tute bianche ed escluderle dal movimento, ha concesso loro il riconoscimento politico e le ha accettate come parte integrante e prioritaria. Il portavoce dei centri sociali ha conquistato la scena, si è messo sotto i riflettori e davanti alle telecamere: obiettivo raggiunto. Da quel giorno il capo delle tute bianche ha indossato la maschera da buono, dichiarando che loro sarebbero andati ad invadere la zona rossa "solo con i corpi, con gli scudi ma senza bastoni" e avrebbero deposto anche le divise. Un consumato politico. Ma chi semina vento raccoglie tempesta. Carlo Giuliani, il 23enne morto, ha preso sul serio le parole di sfida e di odio, ha creduto alla guerra contro i G8 e con un estintore voleva colpire un soldato dell'impero. Le parole sono pietre! Tollerare politicamente chi ha enfatizzato gli animi con proclami e addestramenti al corpo a corpo, è stato un errore clamoroso da parte del GSF. Come è stato un errore mantenere il corteo del 21 luglio dopo la tragedia annunciata del ragazzo morto. Quando Gandhi assistette a violenze scatenate dall'interno del suo movimento, sospese ogni campagna in atto. La nonviolenza è una cosa seria, che non si improvvisa. E' da irresponsabili convocare migliaia di persone ad una manifestazione politica delicata, senza avere la capacità e gli strumenti per gestirla. Genova lascia una ferita aperta, che non si può richiudere addossando tutta la colpa alla polizia, né si può esorcizzarla dichiarando "vittoria" perché il G8 è stato ridimensionato, come ha fatto avventatamente il portavoce del GSF. I problemi del movimento sono ben  più profondi e tali resteranno finchè non si affronterà seriamente il nodo della nonviolenza. A partire dai contenuti, ancora troppo vaghi e generici per un movimento che si prefigge addirittura lo stravolgimento dei rapporti economici mondiali. Ci vuole ora una pausa di riflessione, una purificazione. Ci vuole un lungo lavoro per creare omogeneità di intenti e di linguaggio, di strategia e di tattica. Un movimento non può fare scorciatoie. Deve crescere lentamente, nella chiarezza. Diversamente si combinano solo guai. E ancora una volta la nonviolenza è questione centrale. (Mao Valpiana)

Io accuso 

Io accuso. Accuso il presidente del consiglio Massimo D’Alema che dopo aver voluto, programmato ed organizzato l’incontro dei G8 invita gli iscritti al suo partito a scendere in piazza per protestare. Io accuso. Accuso il presidente del consiglio Giuliano Amato per aver scelto la città di Genova (una città totalmente inadatta per un incontro di questo genere) per un solo semplice motivo: perché li c’è un sindaco di centro sinistra al quale si vuol far fare velocemente carriera. Io accuso. Accuso il presidente del consiglio Silvio Berlusconi di aver saputo (come tutti sapevano) come le cose sarebbero andate a finire e ciononostante di non aver voluto fermare tutto, a causa di un solo semplice motivo: l’immagine della “nazione” e la sua immagine personale. Io accuso. Accuso il portavoce del Genova Social Forum, Vittorio Agnoletto, che dopo aver passato due e più mesi ad invitare tutti ad andare a Genova, ora invita tutti a ritirarsi dalla piazza. Io accuso. Accuso il portavoce dei centri sociali del nord-est e delle tute bianche, Luca Casarini, per aver dichiarato guerra ai G8 e avere poi avuto la spudoratezza di parlare di nonviolenza. Io accuso. Accuso gli avvoltoi di tutti i colori e di tutte le parti per aver speculato per mesi sull’ingenuità di migliaia di ragazzi. Io accuso. Accuso tutti coloro che, coscienti o incoscienti, hanno avuto un ruolo nell’organizzazione dell’incontro e delle manifestazioni di Genova. Tutti sapevano, e se non sapevano avrebbero avuto il dovere di sapere come le cose sarebbero inevitabilmente andate a finire. Tutti sapevano o avrebbero avuto il dovere di sapere che  il rischio della morte era reale e concreto. Tutti sapevano o avrebbero avuto il dovere di sapere che 100/200 mila persone in piazza non sono controllabili da parte di nessuno. Tutti sapevano ed hanno finto di non sapere. Ora tutti, da una parte e dall’altra, cercheranno di scaricare le responsabilità dell’accaduto sull’avversario. Ma la responsabilità è di tutti, coscienti ed incoscienti. La responsabilità, ancora una volta, è della follia, dell’incoscienza, del bisogno di protagonismo, dell’improvvisazione, del cinismo e della stupidità di tutti. E allora, a costo di restare solo, io accuso chi ha gridato e chi ha taciuto. Accuso chi, coscientemente o incoscientemente, ha accettato di mettere in conto la morte di un ragazzo di vent’anni ed ha calcolato che la ribalta della televisione e dei grandi giornali valesse più di quella vita stroncata. Io accuso e piango, perché nessuna manifestazione, nessuna protesta, nessun incontro di grandi o piccole persone vale la vita di un ragazzo di vent’anni. (Claudio Bizzozero)

Ore 13,15 - Tra le tante esperienze positive vissute in questi giorni a Genova, quali l’accoglienza dei cittadini genovesi, il corteo dei migranti del 20 luglio, i momenti di preghiera celebrati nella Chiesa di Boccadasse, è la tristezza per le scene di violenza, viste e subite, a prevalere inevitabilmente in tutti noi. A fronte di tante promesse e impegni precisi assunti da coloro che ne avevano la responsabilità, non è stato garantito il diritto ai cittadini che volevano manifestare pacificamente secondo la Costituzione.  Le Forze dell’ordine, che avrebbero dovuto impedire la violenza, si sono lasciate trascinare nella sua spirale, tipica delle forze estremiste che avrebbero dovuto controllare. A questo riguardo sono molte le perplessità e gli interrogativi che restano aperti: come è possibile che in una città effettivamente blindata, quale è stata Genova nelle ultime settimane, siano potuti entrare tanti ordigni esplosivi e oggetti contundenti? Come è possibile che sia stata ignorata la presenza, evidente a tutti, di persone che palesemente dimostravano di prepararsi allo scontro armato? Come hanno potuto costoro vagare indisturbati per la città, persino accompagnati da un automezzo di grandi dimensioni? Come hanno avuto il tempo necessario per distruggere interi locali dotati di protezioni blindate? E perché, al di fuori della cosiddetta "zona rossa", la città è stata abbandonata a se stessa?  Sgomento e sconcerto abbiamo provato di fronte a cariche indiscriminate della Polizia, che a detta di tantissimi testimoni, colpiva senza distinzione chiunque fosse presente. Alcuni di noi sono stati aggrediti quando già si erano identificati come manifestanti nonviolenti. Per questa confusione e palese incapacità a gestire la situazione, il giorno 20 luglio, avevamo invitato i nostri aderenti a non partecipare al corteo, ma ad organizzare forme di contestazione che garantissero maggiormente l’incolumità dei partecipanti e le finalità del gesto, come ad esempio la tre giorni di digiuno e preghiera di Boccadasse. Non già per dissociarci dal Genoa Social Forum, come qualche organo di stampa ha impropriamente interpretato, ma per impedire che quella che doveva essere una precisa manifestazione nonviolenta finisse per diventare l’occasione di nuove violenze e indiscriminati attacchi. Così purtroppo è stato, non solo nel pomeriggio, ma anche nella notte con la sconcertante irruzione della polizia nella sede del Genoa Social Forum.  Rinnoviamo la nostra convinta adesione e partecipazione al Genoa Social Forum. Nello stesso tempo rigettiamo il tentativo strumentale di tutti coloro che in queste ore si adoperano a indicare connivenze e coperture da parte del Genoa Social Forum con le frange violente delle manifestazioni. Sicuramente gli avvenimenti che abbiamo vissuto meritano un’approfondita verifica da parte di tutti. Auspichiamo che su tutte queste vicende sia fatta piena luce nelle sedi appropriate ed il Governo relazioni immediatamente e dettagliatamente in Parlamento. Per questo anche noi saremo presenti alle manifestazioni che si terranno nelle piazze la sera del 24 luglio. Rammarico non minore proviamo perché questi avvenimenti hanno completamente oscurato i grandi temi proposti all’opinione pubblica e ai capi di Stato da parte dei contestatori di questo modello di globalizzazione neoliberista. Non vogliamo mancare di esprimere la nostra gratitudine ai genovesi, che molti gesti di accoglienza e solidarietà hanno manifestato nei nostri confronti, e sono ora vittime della follia violenta che si è scatenata nella loro città. Facciamo eco alle parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante l’Angelus di ieri e ribadiamo che la violenza non costruisce alcuna strada verso il cambiamento. Peraltro, siamo coscienti che queste ferite possono aiutare molti ad aprire gli occhi, a vedere le violenze più grandi che questo sistema, fatto di egoismi e complicità, produce ogni giorno nel mondo e a sentirsi corresponsabili nella costruzione di una civiltà di pace, dove la giustizia e il diritto siano garantiti per tutti. (23/07/2001 Segretria nazionale di Pax Christi Italia)


DURO GIUDIZIO DI GREENPEACE SUL G8

Genova 22 luglio 2001. Greenpeace giudica un fallimento il Summit del G8 conclusosi oggi a Genova . Il dibattito maturato intorno al mancato accordo sul Protocollo di Kyoto ha registrato, oltre alla gia' nota ostruzione di Bush, anche il tentativo del Canada e del Giappone di subordinare la ratifica dell'accordo all'ottenimento di concesssioni aggiuntive che rischiano di depotenziare l'efficacia del Protocollo.
"Tutti i Paesi che partecipano ai negoziati in corso a Bonn, hanno espresso la volonta' di sostenere le misure necessarie per la protezione del clima. USA, Canada, Giappone e Australia hanno invece deciso di anteporre ad un concreto impegno per la salvaguardia del clima gli interessi delle grandi corporationsdel petrolio" ha  dichiarato Domitilla Senni di Greenpeace.
Greenpeace inoltre esprime una forte condanna al governo Berlusconi per la gestione del confronto con le forze sociali e con le numerose espressioni democratiche del dissenso convenute a Genova da tutto il mondo. La decisione di applicare una repressione fredda e  brutale anche nei confronti della componente pacifica e inerme dei manifestanti e di non isolare le frange violente e' un fatto di inaudita gravità di cui il governo dovra' essere chiamato a rispondere sia a livello nazionale che internazionale.
"Chiediamo al presidente del Consiglio di avviare una procedura d'urgenza per stabilire le responsabilita' di quanto accaduto in questi giorni a Genova ed accertare se la violenza di una ristretta minoranza non sia servita da alibi ad una inaccettabile violenza delle forze dell'ordine nei confronti dei manifestanti pacifici" ha  concluso Senni. (Fonte: Greenpeace)

L'OPINIONE DEL CAMPO ANTIMPERIALISTA

L'imperialismo uccide a Cuba, in Iraq, in Jugoslavia, in Palestina, in Colombia e persino nell' Occidente pacificato e reso opulento, si dice, dalla democrazia e dal libero mercato.
Il Campo rende onore al compagno Carlo Giuliani, ucciso a Genova dalle guardie armate del capitalismo imperialista, ed esprime piena solidarietà alle centinaia di compagni feriti, perquisiti ed arrestati arbitrariamente e dispersi (sì, ci sono anche i desaparecidos). "Le giornate di Genova" meritano una riflessione politica sulla globalizzazione, che in realtà è imperialismo, e sul movimento, o meglio sui movimenti, che la contesta.
1) Genova non è Cuba, nè l'Iraq, nè la Jugoslavia, nè la Palestina nè la Colombia. Però se Goteborg non fosse bastato, Genova dovrebbe aver chiarito a tutti che l'imperialismo e la borghesia non esitano a ricorrere agli eserciti quando ciò è necessario alla difesa dei loro interessi. Finchè possono cercano di fagocitare, purtroppo spesso con successo, i possibili antagonismi invocando la democrazia, il rispetto dei diritti umani, la promessa di un sistema di mercato (non parlano mai di capitalismo) che mette al centro la persona. Ma appena l' ormai tradizionale armentario buonista si rivela inadeguato non esitano a fare fuoco, neppure nel loro "angolo prosperoso e pacifico", creando artatamente le condizioni per giustificare i più brutali interventi repressivi e per scaricarne su altri la responsabilità. Quanto avvenuto a Genova non è affatto causato dal destino cinico e baro: blindatura della città e assetto di guerra delle forze dell'ordine - disordine nei giorni precedenti il vertice lasciavano presagire che le mobilitazioni non sarebbero state una passeggiata. Il sistema si preparava ad offendere, come poi ha fatto sospendendo di fatto le più elementari garanzie costituzionali e ricorrendo a mezzi degni delle peggiori dittature e democrature sudamericane: parlamentari, avvocati e giornalisti malmenati e allontanati dalle zone di intervento e, in qualche caso, addirittura arrestati; distruzione dei centri di informazione; pestaggi indiscriminati. Tutto ciò non a causa di elementi deviati o incapaci delle forze dell'ordine - disordine, ma dietro preciso mandato politico.
2) Genova marca una rottura rispetto a Seattle, Praga, Goteborg ed altri simili eventi: emerge ancora più chiaramente quanto fosse improprio sussumere tutti i movimenti sotto l'etichetta "popolo di Seattle". Caso mai si può parlare di popoli, visto che le numerose realtà di protesta e di lotta si sono sempre caratterizzate e distinte le une dalle altre per progetto politico e conseguenti prassi e modalità di lotta. La sussunzione serviva a taluni movimenti, tutti d'opinione e di estrazione borghese, e a certi partiti di sinistra per far apparire un'unità fra molteplici e diverse forze ed intenti di cui essi affermavano di avere la direzione politica. Serviva inoltre alla borghesia per scegliere l'interlocutore a lei più consono ed azzerare così ogni possibilità di conflitto che fosse autenticamente antagonista per il progetto politico prima ancora che per la radicalità dei metodi di lotta.
3) Già durante la preparazione delle "giornate di Genova" il movimento aveva manifestato delle crepe: tranne pochi "irriducibili", fra cui il Campo, tutti sono corsi sotto l'ombrello del Genoa Social Forum ma nel contempo tutti si affannavano a preparare iniziative che li distinguessero, nelle forme di lotta più che nelle piattaforme politiche, dagli altri e che scompaginavano l'impianto inizialmente stabilito. Intanto i portavoce del GSF garantivano di avere il pieno controllo della situazione e che la protesta si sarebbe svolta in modo pacifico e tranquillo, mentre già si capiva che non controllovano nulla. I "padroni del vapore" a loro volta giuravano di avere le stesse preoccupazioni dei contestatori e che il vertice dei 7 grandi più il ciambellano serviva proprio a risolvere i problemi agitati dal movimento. Naturalmente tutte e due le parti parlavano sempre di globalizzazione dal volto umano, di globalizzazione dei diritti umani, di fame e debito nel Terzo Mondo e possibili rimedi, senza mai nominarne la causa, cioè il capitalismo imperialista.
4) I fatti del 20 e il 21 luglio hanno messo a nudo quanto effimera e inconsistente fosse l'unità e l'organizzazione affermate dai portavoce del GSF: ogni forza ha cercato di svolgere la propria iniziativa, piazza tematica, corteo, sit in o sfondamento della zona rossa che fosse, indipendemente dalle altre, con i propri metodi e senza un'organizzazione idonea unitaria e coordinata a garantire la probabilità di riuscita o almeno quella che la maggior parte dei compagni coinvolti tornassero a casa in buone condizioni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, come dovrebbe essere chiaro a tutti che il vero responsabile di tutto ciò che è accaduto, compreso l'assasinio del compagno Carlo Giuliani, non è il "blocco nero" come anche da parte di certa sinistra si vuol far credere, ma il capitalismo imperialista e il suo apparato, predisposto per l'offensiva.
5) Come Campo noi ci siamo anzitutto impegnati per il successo della manifestazione assieme al sindacalismo di base del 20 luglio. Migliaia di persone, in un clima minaccioso, hanno svolto un corteo combattivo e ordinato. Il nostro contributo al successo di questa manifestazione, assieme a tutti gli antimperialisti, è stato molto importante, nonostante i media ci abbiano oscurato. Alla fine del corteo siamo riusciti a vincere la paura e a svolgere la piazza tematica antimperialista dando voce ai rappresentanti dei popoli in lotta contro l'oppressione (Jugoslavi, Turchi, Messicani, Greci, Sardi ed altri).
6) Ora facciamo appello a tutte le forze anticapitaliste a mobilitarsi contro la repressione, per accertare la verità sui fatti, per scarcerare tutti i compagni, nerssuno escluso. Solo un movimento unitario può tirar fuori i compagni dalle prigioni e dare continuita' alla rivolta di Genova.
Nello stesso momento ci preme ricordare che, come previsto, svolgeremo il Campo Antimperialista ad Assisi, il vero controvertice antimperialista ed auspichiamo che dopo le "giornate di Genova" le energie migliori del "popolo di Genova" avviino una riflessione politica sul contenuto dell'opposizione al sistema e sugli obiettivi prima ancora che sui metodi di lotta e abbiano il coraggio di superare i limiti profondi del civilismo e della sinistra più o meno istituzionale, come anche dalla tentazione di ricorrere ad un ribellismo disordinato che è solo l'altra faccia dell'impotenza della disobbedienza civile. Con queste idee ma con determinato spirito unitario vorremmo incontrarci per valutare la possibilità di dar vita, se non ad un vero e proprio fronte anticapitalista e antimperialista, quantomeno ad un coordinamento nazionale e internazionale di lotta dal contenuto politico inequivocabile e con le forme più idonee a garantirne almeno la probabilità di riuscita, in modo da fare almeno un pezzo di strada insieme nel cammino verso la liberazione di tutti gli oppressi e gli sfruttati. (Campo Antimperialista)

UN APPELLO DI CHIAMA L’AFRICA AL G8: SALVATE L’AFRICA DALL’AIDS

 Le ferrovie ugandesi hanno perso, in cinque anni, il il 15% del personale. In Zambia, negli ultimi dieci mesi sono morti 1500 insegnanti. In Tanzania, la General Electric ha promosso una campagna anti Aids dopo che, in 24 mesi, sono morti 600 impiegati.  L’epidemia, che uccide soprattutto le persone dai 25 ai 40 anni, è responsabile del calo del 70% della produzione di mais in Africa, del 47% del cotone e del 30% degli allevamenti. Si contano in Africa, solo nella zona subsahariana,, 12 milioni di bambini orfani;25 bambini su 100 in SudAfrica non arrivano al secondo compleanno. 6.600 i morti di Aids ogni giorno nel continente nero. Sono queste alcune cifre che sono state la premessa di un interessante dibattito svoltosi in un incontro promosso dal comitato fanese di Chiama l’Africa “ I potenti del G8 di Genova troveranno anche questa catastrofe mondiale sul loro tavolo. Dovranno affrontarla, costi quel che costi. O, in capo a 6-8 anni, un intero continente. l’Africa, verrà sterminato dal virus dell’Hiv”, è questo il grido accorato dalla dott.ssa Mara Rossi,  della Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, missionaria in Zambia da 12 anni , responsabile della lotta all’Aids nella regione del Coppebert ed invitata come relatrice e testimone al Social Forum di Genova. Davanti a questa triste realtà e agli appelli dei giorni scorsi di Kofi Annann, segretario dell’Onu, gli otto grandi dovranno confrontarsi con una globalizzazione che vuol dire “Nord ricco aiuta Sud povero”. Mara Rossi ha riferito e commentato i conti che l’Onu ha fatto per fermare l’Aids: servono 21 mila miliardi l’anno, per dieci anni. In pratica significa l’1 per mille del Pil degli otto paesi che s’incontrano a Genova.” Abbiamo di fronte 20 milioni di morti e 27 milioni di malati, nella’Africa subsahariana- ha affermato la dott.ssa Rossi-, chi ha il virus, qualsiasi possa essere la causa, è un essere umano come noi, con diritti e bisogni umani.  Non si può combattere l’Aids stigmatizzando i malati e dando loro ogni colpa. Questa è una catastrofe che può fermare il progresso”. Nel dibattito è intervenuto Luciano Benini affermando che” I G8 nei loro incontri hanno adottato soluzioni ed interventi neoliberisti, in linea con le politiche degli organismi internazionali, ma che stanno creando profondi scompensi. E’ in atto un processo di globalizzazione, diretto dai paesi più ricchi, che non ha precedenti nella storia umana e che determina l’affermazione di un modello dominante di convivenza tra e nelle nazioni, fondato sulla competitività”. Naturale effetto di una tale politica è una società diseguale e squilibrata che è sotto gli occhi di tutti.: il 20% della popolazione mondiale consuma l’83% delle risorse del pianeta e un miliardo e 300 milioni di persone hanno meno di due dollari al giorno per vivere. Don Giuliano Marinelli, direttore della Caritas, con parole appropriate ha detto che il G8 è un appuntamento che ci riguarda tutti e deve stimolare la comunità cristiana a utilizzare questo momento per forme di mobilitazione e di animazione per l’abbattimento delle povertà e del disagio sociale e per un impegno di giustizia e di condivisione. Italo Nannini, a conclusione dell’incontro e a nome dei presenti , ha rinnovato l’impegno del comitato fanese di Chiama l’Africa( tel.0721-865586) a sostegno della Comunità Papa Giovanni XXIII, presente in Zambia dal 1985, ed in particolare del progetto Rainbow, un programma umanitario su larga scala per salvare almeno diecimila orfani dell’Aids,e in Zambia sono 1.600.000 ( un triste primato), tramite l’adozione a distanza o con la scelta contro moda e contro corrente, della bomboniera della”solidarietà” al posto delle bomboniere tradizionali. (CHIAMA L'AFRICA)

Dalle moltitudini d'Europa in marcia contro l'Impero e verso Genova (19-21 luglio 2001)  

Noi siamo nuovi, ma siamo quelli di sempre. Siamo antichi per il futuro, esercito di disobbedienza le cui storie sono armi, da secoli in marcia su questo continente. Nei nostri stendardi è scritto "dignità". In nome di essa combattiamo chi si vuole padrone di persone, campi, boschi e corsi d'acqua, governa con l'arbitrio, impone l'ordine dell'Impero, immiserisce le comunità. Siamo i contadini della Jacquerie. I mercenari della Guerra dei Cent'anni razziavano i nostri villaggi, i nobili di Francia ci affamavano. Nell'anno del Signore 1358 ci sollevammo, demolimmo castelli, ci riprendemmo il nostro. Alcuni di noi furono catturati e decapitati. Sentimmo il sangue risalire le narici, ma eravamo in marcia ormai, e non ci siamo più fermati.  Siamo i ciompi di Firenze, popolo minuto di opifici e arti minori. Nell'anno del Signore 1378 un cardatore ci guidò alla rivolta. Prendemmo il Comune, riformammo arti e mestieri. I padroni fuggirono in campagna e di là ci affamarono cingendo d'assedio la città. Dopo due anni di stenti ci sconfissero, restaurarono l'oligarchia, ma il lento contagio dell'esempio non lo potevano fermare.  Siamo i contadini d'Inghilterra che presero le armi contro i nobili per porre fine a gabelle e imposizioni. Nell'anno del Signore 1381 ascoltammo la predicazione di John Ball: "Quando Adamo zappava ed Eva filava / chi era allora il padrone?". Con roncole e forconi muovemmo dall'Essex e dal Kent, occupammo Londra, appiccammo fuochi, saccheggiammo il palazzo dell'Arcivescovo, aprimmo le porte delle prigioni. Per ordine di re Riccardo II° molti di noi salirono al patibolo, ma nulla sarebbe più stato come prima. Siamo gli hussiti. Siamo i taboriti. Siamo gli artigiani e operai boemi, ribelli al papa, al re e all'imperatore dopo che il rogo consumò Ian Hus. Nell'anno del signore 1419 assaltammo il municipio di Praga, defenestrammo il borgomastro e i consiglieri comunali. Re Venceslao morì di crepacuore. I potenti d'Europa ci mossero guerra, chiamammo alle armi il popolo ceco. Respingemmo ogni invasione, contrattaccando entrammo in Austria, Ungheria, Brandeburgo, Sassonia, Franconia, Palatinato... Il cuore di un continente nelle nostre mani. Abolimmo il servaggio e le decime. Ci sconfissero trent'anni di guerre e crociate. Siamo i trentaquattromila che risposero all'appello di Hans il pifferaio. Nell'anno del Signore 1476, la Madonna di Niklashausen si rivelò ad Hans e disse: "Niente più re né principi. Niente più papato né clero. Niente più tasse né decime. I campi, le foreste e i corsi d'acqua saranno di tutti. Tutti saranno fratelli e nessuno possederà più del suo vicino."
Arrivammo il giorno di S. Margherita, una candela in una mano e una picca nell'altra. La Santa Vergine ci avrebbe detto cosa fare. Ma i cavalieri del Vescovo catturarono Hans, poi ci attaccarono e sconfissero. Hans bruciò sul rogo. Non così le parole della Vergine. Siamo quelli dello Scarpone, salariati e contadini d'Alsazia che, nell'anno del Signore 1493, cospirarono per giustiziare gli usurai e cancellare i debiti, espropriare le ricchezze dei monasteri, ridurre lo stipendio dei preti, abolire la confessione, sostituire al Tribunale Imperiale giudici di villaggio eletti dal popolo. Il giorno della Santa Pasqua attaccammo la fortezza di Schlettstadt, ma fummo sconfitti, e molti di noi impiccati o mutilati ed esposti al dileggio delle genti. Ma quanti di noi proseguirono la marcia portarono lo Scarpone in tutta la Germania. Dopo anni di repressione e riorganizzazione, nell'anno del Signore 1513 lo Scarpone insorse a Friburgo. La marcia non si fermava, né lo Scarpone ha più smesso di battere il suolo. Siamo il Povero Konrad, contadini di Svevia che si ribellarono alle tasse su vino, carne e pane, nell'anno del Signore 1514. In cinquemila minacciammo di conquistare Schorndorf, nella valle di Rems. Il duca Ulderico promise di abolire le nuove tasse e ascoltare le lagnanze dei contadini, ma voleva solo prendere tempo. La rivolta si estese a tutta la Svevia. Mandammo delegati alla Dieta di Stoccarda, che accolse le nostre proposte, ordinando che Ulderico fosse affiancato da un consiglio di cavalieri, borghesi e contadini, e che i beni dei monasteri fossero espropriati e dati alla comunità. Ulderico convocò un'altra Dieta a Tubinga, si rivolse agli altri principi e radunò una grande armata. Gli ci volle del bello e del buono per espugnare la valle di Rems: assediò e affamò il Povero Konrad sul monte Koppel, depredò i villaggi, arrestò sedicimila contadini, sedici ebbero recisa la testa, gli altri li condannò a pagare forti ammende. Ma il Povero Konrad ancora si solleva. Siamo i contadini d'Ungheria che, adunatisi per la crociata contro il Turco, decisero invece di muover guerra ai signori, nell'anno del Signore 1514. Sessantamila uomini in armi, guidati dal comandante Dozsa, portarono l'insurrezione in tutto il paese. L'esercito dei nobili ci accerchiò a Czanad, dov'era nata una repubblica di eguali. Ci presero dopo due mesi d'assedio. Dozsa fu arrostito su un trono rovente, i suoi luogotenenti costretti a mangiarne le carni per aver salva la vita. Migliaia di contadini furono impalati o impiccati. La strage e quell'empia eucarestia deviarono ma non fermarono la marcia. Siamo l'esercito dei contadini e dei minatori di Thomas Muentzer. Nell'anno del Signore 1524, al grido di: "Tutte le cose sono comuni!" dichiarammo guerra all'ordine del mondo, i nostri Dodici Articoli fecero tremare i potenti d'Europa. Conquistammo le città, scaldammo i cuori delle genti. I lanzichenecchi ci sterminarono in Turingia, Muentzer fu straziato dal boia, ma chi poteva più negarlo? Ciò che apparteneva alla terra, alla terra sarebbe tornato. Siamo i lavoranti e contadini senza podere che nell'anno del Signore 1649, a Walton-on-Thames, Surrey, occuparono la terra comune e presero a sarchiarla e seminarla. "Diggers", ci chiamarono. "Zappatori". Volevamo vivere insieme, mettere in comune i frutti della terra. Più volte i proprietari terrieri istigarono contro di noi folle inferocite. Villici e soldati ci assalirono e rovinarono il raccolto. Quando tagliammo la legna nel bosco del demanio, i signori ci denunciarono. Dicevano che avevamo violato le loro proprietà. Ci spostammo a Cobham Manor, costruimmo case e seminammo grano. La cavalleria ci aggredì, distrusse le case, calpestò il grano. Ricostruimmo, riseminammo. Altri come noi si erano riuniti in Kent e in Northamptonshire. Una folla in tumulto li allontanò. La legge ci scacciò, non esitammo a rimetterci in cammino. Siamo i servi, i lavoranti, i minatori, gli evasi e i disertori che si unirono ai cosacchi di Pugaciov, per rovesciare gli autocrati di Russia e abolire il servaggio. Nell'anno del Signore 1774 ci impadronimmo di roccaforti, espropriammo ricchezze e dagli Urali ci dirigemmo verso Mosca. Pugaciov fu catturato, ma il seme avrebbe dato frutti. Siamo l'esercito del generale Ludd. Scacciarono i nostri padri dalle terre su cui vivevano, noi fummo operai tessitori, poi arrivò l'arnese, il telaio meccanico... Nell'anno del Signore 1811, nelle campagne d'Inghilterra, per tre mesi colpimmo fabbriche, distruggemmo telai, ci prendemmo gioco di guardie e conestabili. Il governo ci mandò contro decine di migliaia di soldati e civili in armi. Una legge infame stabilì che le macchine contavano più delle persone, e chi le distruggeva andava impiccato. Lord Byron ammonì: "Non c'è abbastanza sangue nel vostro codice penale, che se ne deve versare altro perché salga in cielo e testimoni contro di voi? Come applicherete questa legge? Chiuderete un intero paese nelle sue prigioni? Alzerete una forca in ogni campo e appenderete uomini come spaventacorvi? O semplicemente attuerete uno sterminio?... Sono questi i rimedi per una popolazione affamata e disperata?". Scatenammo la rivolta generale, ma eravamo provati, denutriti. Chi non penzolò col cappio al collo fu portato in Australia. Ma il generale Ludd cavalca ancora di notte, al limitare dei campi, e ancora raduna le armate. Siamo le moltitudini operaie del Cambridgeshire, agli ordini del Capitano Swing, nell'anno del Signore 1830. Contro leggi tiranniche ci ammutinammo, incendiammo fienili, sfasciammo macchinari, minacciammo i padroni, attaccammo i posti di polizia, giustiziammo i delatori. Fummo avviati al patibolo, ma la chiamata del Capitano Swing serrava le file di un esercito più grande. La polvere sollevata dal suo incedere si posava sulle giubbe degli sbirri e sulle toghe dei giudici. Ci attendevano centocinquant'anni di assalto al cielo. Siamo i tessitori di Slesia che si ribellarono nell'anno 1844,  gli stampatori di cotonate che quello stesso anno infiammarono la Boemia, gli insorti proletari dell'anno di grazia 1848, gli spettri che tormentarono le notti dei papi e degli zar, dei padroni e dei loro lacchè. Siamo quelli di Parigi, anno di grazia 1871.  Abbiamo attraversato il secolo della follia e delle vendette, e proseguiamo la marcia. Loro si dicono nuovi, si battezzano con sigle esoteriche: G8, FMI, WB, WTO, NAFTA, FTAA... Ma non ci ingannano, sono quelli di sempre: gli écorcheurs che razziarono i nostri villaggi, gli oligarchi che si ripresero Firenze, la corte dell'imperatore Sigismondo che attirò Ian Hus con l'inganno, la Dieta di Tubinga che obbedì a Ulderico e annullò le conquiste del Povero Konrad, i principi che mandarono i lanzichenecchi a Frankenhausen, gli empii che arrostirono Dozsa, i proprietari terrieri che tormentarono gli Zappatori, gli autocrati che vinsero Pugaciov, il governo contro cui tuonò Byron, il vecchio mondo che vanificò i nostri assalti e sfasciò ogni scala per il cielo.Oggi hanno un nuovo impero, su tutto l'orbe impongono nuove servitù della gleba, si pretendono padroni della Terra e del Mare.  Contro di loro, ancora una volta, noi moltitudini ci solleviamo.
Genova. Penisola italica. 19, 20 e 21 luglio di un anno che non è più di alcun Signore.

GIULIO MARCON (PRESIDENTE DELL'ICS): L'IMPEGNO DELL'ICS ALL'INTERNO DEL GENOA SOCIAL FORUM

Da lunedì è iniziata la settimana del Genoa Social Forum (GSF), con i public forum e lo svolgimento delle iniziative previste in calendario. Una settimana densa di iniziative e di appuntamenti aspetta il variegato mondo dei movimenti sociali, del volontariato, delle organizzazioni pacifiste e di solidarietà presenti a Genova in questa settimana con migliaia di attivisti e di volontari.
Centinaia di ospiti internazionali -da Susan George a Walden bello, da Josè Bovè a Vanda Shiva, da Samir Amin a Riccardo Petrella- protagonisti in questi anni del movimento contro la globalizzazione neoliberista si confrontano con i partecipanti sulle alternative concrete per costruire un mondo guidato da principi di eguaglianza e di giustizia, fondato su uno sviluppo sostenibile che sradichi le violenze e le guerre. Migliaia sono i partecipanti ai forum, oltre 200 i relatori italiani.
Giovedì, venerdì e sabato le manifestazioni: giovedì quella dei migranti (con concerto finale di Manu Chau), venerdì l'accerchiamento nonviolento della zona rossa, sabato il corteo manifestazione. Gli organizzatori si aspettano oltre 100.000 partecipanti. L'ARCI e l'ICS hanno fatto stampare 4.000 bandiere che riproducono "Il Quarto Stato", di Pellizza da Volpedo.
L'ICS è presente nel GSF sin dall'inizio del suo lavoro. In particolare attraverso un gruppo di coordinamento di oltre 30 persone (componenti dello staff, operatori, volontari dell'organizzazione) l'ICS sta garantendo il funzionamento della "macchina organizzativa" del GSF, coordinando l'impegno di centinaia di volontari  eaccogliendo i partecipanti che arrivano a migliaia in questa settimana. Naturalmente l'ICS è presente anche attraverso propri rappresentanti nei public forum sui temi specifici che riguardano l'impegno dell'organizzazione; in particolare nel forum tematico su "pace-guerra" (mercoledì 18, mattina), che vedrà interventi anche di rappresentanti dalle aree di conflitto sulle quali l'ICS è impegnato (Balcani, Medio Oriente, Kurdistan) e quello sul "Tribunale sui grandi crimini di questo ordine mondiale", che si terrà giovedì 19 luglio (la sera). Molte associazioni aderenti all'ICS sono poi presenti attraverso l'iniziativa e la presenza sui temi dei froum che le coinvolgono direttamente: Arci, Lila, Legambiente, Associazione per la pace, pax Christi, ecc. con la presenza dei loro presidenti e dei loro responsabili. Ci sono anche molti gruppi e comitati locali ICS con i loro attivisti. Gli appuntamenti del GSF si concluderanno domenica 22 luglio con l'"osservatorio sulle politiche del G8" e poi con un bilancio delle attività promosse dal GSF in questi mesi. Si discuterà anche delle prospettive e della possibilità di continuazione del lavoro del GSF dopo la conclusione del G8 di genova. I punti da discutere saranno molti e complessi: i contenuti, le forme dell'azione politica, il coordinamento organizzativo. i prossimi appuntamenti sono la marcia per la pace Perugia-Assisi del 14 ottobre e l'appuntamento dell'ONU sulla sicurezza alimentare che si terrà nella seconda metà di novembre a Roma. L'ICS darà comunque il suo contributo alla discussione (che implica anche un sderio approfondimento su come i temi di impegno dell'ICS -l'interbento nei conflitti, l'azione umanitaria, il sostegno della società civile nelle aree diu crisi, la solidarietà internazionale- entrano dentro il patrimonio di dibattito del GSF), come molto concretamente ha contribuito a sostenere le condizioni organizzaztive per l'accoglienza e il coordinamento organizzativo delle iniziative.(17/7/01GIULIO MARCON - Presidente dell'ICS)


Appuntamenti
Vi invitiamo a segnalare gli appuntamenti organizzati dalle associazioni a : grilloparlante@mbservice.it
 

dal 14 al 30 luglio 2001 - Selva di Progno (Campofontana) - I quadri di Alberto Dal Zovo

Alberto Dal Zovo, veneto di nascita e piemontese d'adozione, appartiene a quella tenace schiera di pittori che fanno della fantasia dei colori la loro filosofia esistenziale. L'artista esporrà le proprie opere presso la Sala Civica di Campofontana dal 14 al 30 luglio nei seguenti orari: 10-12 e 15-19.


 
MASSMEDIA e TAM TAM vari
 

IL DOVERE DI MANIFESTARE

"Quelli che CL considera dei 'perditempo'". È il titolo di copertina del numero estivo, in uscita in questi giorni, di "Mosaico di pace", la rivista mensile promossa da Pax Christi e diretta da padre Alex Zanotelli. I 'perditempo', ovviamente, sarebbero coloro che manifestano in questi giorni a Genova contro i G8 e gli effetti perversi della globalizzazione. E l'editoriale non poteva non essere la risposta della rivista alle dichiarazioni delle scorse settimane del Presidente della Compagnia delle Opere, Giorgio Vittadini, che aveva definito sia il G8 sia il popolo di Seattle come istanze borghesi. "Innanzitutto è inaccettabile mettere sullo stesso piano il G8 (e ciò che esso esprime) e quanti contestano i meccanismi perversi della globalizzazione." Il movimento dei contestatori più che borghese, sarebbe politico: "e certo non alla maniera di Berlusconi, Formigoni e Buttiglione. È questo che infastidisce CL?" "Il fondamentalismo è gran brutta cosa. Quello cattolico, in più, è tanto pragmatico nello stringere alleanze con i poteri forti e quelli emergenti, quanto incapace di leggere i segni dei tempi. Che ai poveri ci pensino solo i vertici della Chiesa è una tragica barzelletta. E che il metro di giudizio diventi l'8 per mille è offensivo per i poveri e per il Vangelo". E poi: "Vittadini esprime in realtà la medesima visione dei Grandi che sono persino disponibili a qualche piccolo ritocco purché non si modifichi l'esistente". Al G8 sono pure dedicati due contributi di altrettanti vescovi. Il primo è quello di Mons. Diego Bona, vescovo di Saluzzo e Presidente di Pax Christi Italia che commenta la notizia dell'inizio dei lavori di costruzione della nuova portaerei italiana, avvenuta qualche giorno fa alla presenza delle autorità proprio a pochi passi da Genova e alla vigilia del Vertice. "Ne avevamo proprio bisogno?" S'interroga mons. Bona, che scrive: "Per noi, e pensiamo anche per tanti, quel taglio di lamiera costituisce un'ennesima sconfitta della pace. Quella che verrà costruita, infatti, resta un'arma da guerra (e di quella fatta alla grande, da superpotenza), uno strumento di morte". Come si fa a conciliare la lotta alla povertà e lo stesso disarmo di cui i Grandi discuteranno a Genova, con lo sperpero di tanti soldi nella costruzione di nuove armi proprio da parte di quei Grandi, dallo scudo spaziale di Bush al cacciabombardiere europeo e alla nuova portaerei italiana? "Quanto debito estero di potrebbe 'comprare' o condonare con simili cifre?" è la domanda senza risposta che si pone il Presidente di Pax Christi. Anche mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea ed ex-presidente di Pax Christi, si chiede se le sorti del mondo debbano e possano essere decisi solo da pochissime persone, che fanno professione di fede nella democrazia. "In realtà il luogo primario della democrazia mondiale è l'Onu, ed è lì dove i grandi problemi della globalizzazione dovrebbero essere affrontati e risolti. Ma… nell'Onu ci sono anche i paesi poveri e sono in stragrande maggioranza, e allora i paesi ricchi fanno le loro riunioni, in cui decidono le grandi linee del governo del mondo, garantendo che i propri interessi non vengano compromessi." Secondo mons. Bettazzi, i contestatori hanno "portato i Governi, a cominciare dal nostro, ad aprirsi al dialogo" e anche "la presenza di tante associazioni cattoliche ha dato un segnale importante all'opinione pubblica". Il testo completo degli articoli è disponibile presso la redazione di "Mosaico". (Mosaico di pace : Rivista mensile promossa da Pax Christi segreteria di redazione Via Petronelli n.6 70052 Bisceglie  (BA) Tel.: 080/395.35.07 Fax: 080/395.34.50 e-mail: mosaicodipace@paxchristi.it http://www.paxchristi.it http://www.peacelink.it/users/paxchristi/
Abbonamenti: annuale (11 numeri) lire 45.000; con adesione a Pax Christi: lire 80.000; sostenitore lire 110.000. Versamento su c.c.p. n. 16281503 intestato a Pax Christi Italia - via Petronelli, 6 - 70052 Bisceglie BARI )

CILE: Ai nostri compagni della solidarietà nazionale ed internazionale, vi informiano circa la situazione della Prigioniera Maria Cristina San Juan e denunciamo il Governo della Coalizione come sottomesso e codardo.
 
DENUNCIA PUBBLICA
 
La Organización de Defensa Popular, ODEP, di fronte alla grave situazione in cui versa la prigioniera politica MARIA CRISTINA SAN JUAN AVILA, denuncia quanto segue all'opinione pubblica nazionale ed internazionale:
 
1. - MARIA CRISTINA SAN JUAN, condannata a 10 anni e un giorno più 541 giorni di carcere, ha scontato ad oggi 9 anni e 4 mesi di pena, cioè più dei tre quarti della pena, periodo nel quale ha dovuto sopportare svariati regimi carcerari, alcuni dei quali molto duri e severi. E' stata condannata per il cosiddetto caso del "Sequestro Edwards". Non abbiamo lo spazio e l'occasione per esaminare esaustivamente la sentenza, ma è necessario segnalare come Enrique Paillás, uno dei tre giudici della Corte d'Appello che l'ha condannata, ritenesse sufficiente una pena di soli 541 giorni.

2.  - MARIA CRISTINA SAN JUAN è malata, soffre di due patologie che attaccano il sistema immunitario e che richiedono trattamento medico permanente.

3. - Durante il periodo in cui ha scontato la condanna, MARIA CRISTINA SAN JUAN richiese la libertà condizionata, la quale le fu concessa con decisione unanime dalla apposita commissione, integrata da magistrati della Corte d'Appello e dai giudici del reato. Commissione che ha voluto tener conto del compimento di gran parte della pena, dei motivi di salute, del suo comportamento carcerario e del fatto che fossero rispettati tutti i requisiti stabiliti dalla legge per la libertà condizionata.
4. - L'approvazione della libertà condizionata da parte della Commissione tecnica, venne poi respinta dal Procuratore di Santiago, Rodrigo Albornoz, e nonostante le promesse che l'ex procuratore, Maria Eugenia Jaña, aveva rivolto ai familiari e agli amici di Maria Cristina, di dar luogo alla libertà condizionata, vista la decisione della Commissione tecnica.
5. - A fronte di tale arbitrio, la ODEP ha avanzato ricorso presso la Corte d'Appello di Santiago. Ricorso che venne accolto all'unanimità, il 9 luglio u.s. Nelle sue considerazioni, la Corte ha sostenuto che il rifiuto del Procuratore manca di elementi di fatto giuridicamente rilevanti, e che pertanto può essere qualificato come "arbitrario e attentante al diritto alla vita e alla salute di Maria Cristina. Non è difficile immaginare quali pressioni sono state fatte da Augustín Edwards, pressioni che sicuramente verranno esercitate anche sulla Corte Suprema, e dal suo compare, il Ministro della Giustizia (che per questo è chiamato "feroce lobbista"), come forma di ricompensa per i finanziamenti "disinteressati" del signor Edwards ai progetti sulla sicurezza cittadina. Pressioni che hanno il solo scopo di far sì che il ricorso venga respinto adesso dalla Corte Suprema.
6. - La decisione della Corte d'Appello è stata riconosciuta addirittura dalla Chiesa Cattolica, la quale ne ha riconosciute le basi "umanitarie", e che ha esortato, per bocca del Vicario Episcopale Monsignor Alfonso Baeza, il Governo a obbedire all'ordinanza e a comportarsi di conseguenza. Allo stesso tempo, la decisione è stata appoggiata senza condizioni da svariati organismi nazionali attivi sul fronte dei Diritti Umani: CODEPU, CINTRAS, Assemblea Nazionale per i Diritti Umani, l'Organizzazione di ex Prigionieri Politici, nonché da innumerevoli gruppi e organismi di altri paesi e internazionali.
7. Nonostante tutto questo, in data 14 luglio, il Procuratore ha avanzato ricorso d'appello.
8. Denunciamo in questo caso, gli ostacoli e le censure che le autorità di governo hanno frapposto, e il rifiuto immotivato di concedere la libertà condizionale a Maria Cristina San Juan, per il solo fatto di essere stata coinvolta nel caso del figlio di Augustín Edwards, nei confronti del quale il Governo si ritiene legato come un verme al suo amo.
9. - Non pretendiamo di voler scrivere la "cronaca di una sentenza annunciata" né di essere dotati di capacità divinatorie, ma abbiamo il fondato timore che la decisione della Corte d'Appello sarà revocata dalla Corte Suprema,  come conseguenza di fattori che sono estranei all'amministrazione del potere giudiziario e che tutti conosciamo: influenze illecite e pressioni di poteri di fatto.
10.  - Denunciamo l'atteggiamento del Governo, e del Ministero della Giustizia in particolare, in quanto bugiardo, e animato dalla volontà perversa di non voler trovare alcuna soluzione al problema dei prigionieri politici addirittura in questi casi estremi. Prigionieri politici con i quali hanno mostrato di essere estremamente crudele, negando loro sistematicamente i benefici della libertà condizionale. Denunciamo questi fatti come conseguenza delle manovre governative per impedire che Maria Cristina Sam Juan ottenga la libertà, nonostante la correttezza e la legittimità della sua domanda.
 
Santiago del Cile, 17 luglio 2001
 
Sollecitiamo tutti coloro che vogliono manifestare la loro protesta per il comportamento del Governo cileno, di inviare lettere o mail alle ambasciate cilene dei rispettivi paese, o meglio ancora al Ministro della Giustizia José Antonio Gómez e/o al Presidente della Repubblica Ricardo Lagos.
Calle Morandé 107, Santiago del Cile, Cile
Posta elettronica:
minju@terra.cl
ricardolagos@lagos.cl

 
INFORMAZIONI, RIFLESSIONI & OPINIONI
 
GRECI RESPINTI AD ANCONA
 
Giungono dal porto di Ancona notizie preoccupanti: all'arrivo dei traghetti dalla Grecia momenti di tensione altissima al molo tra i manifestanti diretti a Genova e le forze dell'orine.
Reimbarcati tre pulman dei compagni del "COMITATO GRECO INTERNAZIONALE DI MOBILITAZIONE CONTRO IL G8". Sui tre pulman i referenti del gruppo aderente al GSF. Al molo presente una delegazione di compagni tra cui alcuni deputati di Rifondazione Comunista. I pulman ai quali è stato concesso di lasciare il porto sono successivamente stati fermati presso una stazione di servizio per ulteriori controlli.
E' attesa allo stesso molo la nave che porta i compagni aderenti al corteo dei lavoratori e degli antimperialisti il 20 Luglio
Dopo Ventimiglia, il confine Sloveno ecc. ora anche Ancona: dove sono finite le garanzie date dal governo? dove il diritto a manifestare il dissenso? (www.antiimperialista.com/it)
 
Il riarmo dell'Italietta

A tre giorni dal G8 verrà inaugurata a Genova una nuova portaerei da 4000 miliardi di lire. Le spese dei Grandi alla faccia dei paesi poveri GIULIO MARCON - MASSIMO PAOLICELLI 
 
Il taglio di nastro ci sarà martedì 17 luglio alla Fincantieri di Riva Trigoso a Genova. Il Ministro della Difesa, Antonio Martino - in compagnia degli stati maggiori della Marina e delle Forze Armate - inaugurerà il taglio della prima lamiera della seconda portaerei made in Italy che, lunga ben 235 metri e dotata di costosissimi e raffinati armamenti, costerà agli italiani, secondo il governo, 2.200 miliardi e secondo esperti indipendenti, quasi 4.000.
L'avvio a Genova, a tre giorni dal G8, della costruzione di questo dinosauro marino è un evento paradigmatico. Simbolo di protervia militare e di spreco di risorse (e anche preziosa boccata d'ossigeno per l'industria militare) il nuovo "gioiello" della Marina illumina della giusta luce il vertice di Genova dove i Grandi per sanzionare un ingiusto e inumano ordine mondiale, alla faccia dei falsi impegni contro la povertà e il debito internazionale, non si smentiscono: aumentano le spese militari, producono e commerciano armi e, se serve, fanno la guerra. Infatti, nonostante le ripetute richieste degli organismi delle Nazioni Unite per una riduzione delle spese militari, gli investimenti negli armamenti aumentano nella maggior parte dei paesi del G8 e gli Stati Uniti (si vedano le vicende dello scudo stellare e test nucleari) rilanciano una politica di riarmo dalle pericolose conseguenze. In Italia nel periodo 2000-01 le spese militari aumentano di oltre il 10%. E aumenteranno anche con la prossima finanziaria.
Questa seconda portaerei non ha ancora un nome (si chiamerà Einaudi, secondo i più informati; l'altra portaerei si chiama Garibaldi) ed è ancora denominata Nuova unità maggiore. Sarà ultimata nel 2007: 235 metri di lunghezza, per un dislocamento di 17.640 tonnellate, 20.800 a pieno carico. Sarà dotata di sofisticatissimi sistemi di attacco, sia navale che aereo. Potrà trasportare 14 aerei, 18 elicotteri, 12 carri armati ed una ottantina di mezzi terrestri.
I costi sono una variabile imperscrutabile. Inizialmente il governo (D'Alema) aveva detto che sarebbe costata 1.500 miliardi; poi il 12 ottobre del 2000 l'ex ministro della difesa, Sergio Mattarella, durante il suo intervento in Commissione Difesa della Camera ha affermato che: "i costi per la realizzazione di una unità maggiore con ponte polifunzionale con accresciute capacità per le operazioni aeree, anfibie e di trasporto di uomini e mezzi, possono essere quantificati in circa 2.200 miliardi di lire, dei quali 1.500 per la piattaforma e 700 per il sistema di combattimento". Il dispaccio Ansa - riportando fonti della Marina - dell'11 luglio 2001 parla invece di 1.750 miliardi per struttura e piattaforma e 400 per sistemi d'arma. Ma non tutti alla fine la vedono così. Gli stanziamenti per investimenti in sistemi d'arma in questi anni sono immancabilmente lievitati dall'avvio alla realizzazione finale: non sono rari i casi in cui i costi sono più che raddoppiati.
Ma sembra comunque che preventivi e stime non siano proprio giusti. Il giornalista economico di Repubblica, Enzo Cirillo, in un articolo del 2 ottobre 2000, parlava addirittura di costi che oscillerebbero tra i 3.500 e i 4.000 miliardi, senza che nessuno abbia smentito. Peccato, che quando il progetto è stato presentato in Parlamento, solo un paio d'anni fa, i conti erano completamente diversi. Nella nota fornita al Parlamento per la richiesta di approvazione del progetto i costi previsti erano - come detto - intorno ai 1.500 miliardi. Dal '98 al 2000 il fabbisogno è cresciuto di 700 miliardi. Se il preventivo (o l'assestamento in corso d'opera) dovesse aumentare ogni due anni della stessa cifra del periodo 1998-2000, nel 2007 la portaerei sarà costata intorno a 5.000 miliardi, decisamente molto di più di quanto l'Italia avrà speso per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo nel periodo 2000-2002. Eppure alla fine del 1998 il governo aveva accolto come raccomandazione un ordine del giorno sull'Unità maggiore di alcuni senatori, che impegnava l'esecutivo a "verificare la reale necessità di questo programma, provvedendo eventualmente alla sua sospensione, o a rivederne i costi in senso riduttivo".
Non è successo niente e il governo Berlusconi prosegue per la sua strada. In questi giorni un cartello di organizzazioni della società civile raccolte nella campagna Sbilanciamoci (www.lunaria.org/sbilanciamoci), propone in un documento di critica al Dpef il blocco della costruzione della portaerei, destinando le risorse risparmiate ad azzerare il debito internazionale e a combattere la povertà. Se il Ministro Ruggiero, come dice, vuole combattere l'AIDS o portare allo 0.7% le risorse della cooperazione allo sviluppo, adesso i soldi sa dove trovarli.
(Giulio Marcon è presidente dell'ICS-Consorzio italiano di solidarietà; Massimo Paolicelli è portavoce dell'Associazione obiettori nonviolenti) (Articolo segnalato da Paolo Veronese)

 
 
Investire etico?
 
Gli investimenti socialmente responsabili hanno un loro indice. Lo ha creato la società Ftse, responsabile per gli indici della Borsa di Londra, e si chiama Ftse4good, cioè più o meno, "Ftse per il bene" e comprende 50 società europee, fra cui quattro italiane (le Assicurazioni Generali, le banche Unicredito, Intesa e San Paolo -Imi e il produttore di semiconduttori italo-francese STMicroelectronics).
Quindi se vuoi investire in pace con la tua coscienza (facendo anche un investimento indicizzato) hai uno strumento in più. Tre sono i criteri principali usati dalla Ftse (una joint-venture fra il Financial Times e la Borsa di Londra) per stabilire l'inclusione delle imprese quotate nel suo indice socialmente responsabile: rispetto dell'ambiente, dei diritti umani e buone relazioni con le varie componenti delle società su cui le operazioni dell'impresa hanno un impatto (stakeholders). Alcuni settori sono stati esclusi a priori, come tabacco, nucleare e produttori di armi.
Alcune considerazioni su questi criteri vanno però fatte:
  1. mentre aziende come Wal Mart e Nike sono state tagliate dagli investitori etici per via del mancato rispetto dei diritti dei lavoratori in aziende loro fornitrici, la Coca-Cola, multinazionale simbolo, è uno dei titoli preferiti dagli investitori etici americani. Perchè?
  2. che fare quando un'azienda "etica" è acquisita da una che lo è di meno? La Montedison, azienda che secondo i più è etica, è stata acquisita da una cordata in cui è presente Edf, la cui produzione di energia deriva al 75% dal nucleare. Secondo i criteri della citata Ftse ora Montedison è ancora etica?
  3. Unicredito ha annunciato che non finanzierà più aziende che producono armi. Che fare con tutte le banche che continuano a farlo?
  4. la morale cattolica in Italia influenza notevolmente i criteri etici: il più grande fondo comune etico, San Paolo Azionario Internazionale Etico, è "consigliato" da un comitato in cui sono presenti esponenti cattolici. Non ha aziende  farmaceutiche in portafoglio perchè la maggior parte di queste produce beni contrari alla "morale" cattolica (es contraccettivi). Sarebbe pertanto utile che tutti i sottoscrittori fossero consapevoli di questa esclusione in quanto molti di loro potrebbero ritenere assolutamente etico e nobile investire in aziende che producono profilattici, visto che è una delle poche armi contro la diffusione dell'Aids; inoltre, sarebbe importante che tutti i sottoscrittori fossero consapevoli del costo-opportunità di questa esclusione: chi avesse investito cinque anni fa nel paniere delle aziende quotate attive nella produzione di contraccettivi venduti in Italia (ma anche di altri beni che curano le malattie), quali American Home Products, Akzo Nobel, Sanofi-Synthelabo, Schering, Ssl International avrebbe ottenuto un rendimento annualizzato del 24,5%, contro il 18,6% degli indici di mercato dei rispettivi paesi. Ma non era risaputo che i titoli non etici devono rendere meno del mercato nel medio-lungo periodo? (Paolo Veronese)
LE COMPAGNIE DEL LEGNO EUROPEE CONNESSE A COMPAGNIE COINVOLTE NEL TRAFFICO DI ARMI IN LIBERIA

Copenhagen/Londra/Brussels, 16 luglio 2001 - In una lettera aperta inviata al gruppo olandese DLH(1) in Danimarca, le associazioni ambientaliste e dei diritti umani hanno richiesto all'amministratore delegato della compagnia a cessare ogni relazione con le compagnie del legno liberiane, accusate dalle Nazioni Unite di essere implicate nel traffico di armi. Le foreste della Liberia sono una parte essenziale delle foreste pluviale guineiane, uno dei piu' minacciati ecosistemi del pianeta.Queste foreste rappresentano l'ultimo habitat di specie altamente minacciate come l'ippopotamo pigmeo, e sono l'ultima fortezza africana dell'elefante delle foreste.
DLH esporta in Europa tronchi della compagnia liberiaa, Oriental Timber Company (OTC) e dalla Royal Timber Corporation (RTC). Un recente rapporto del Comitato di Esperti dell'ONU sulla Sierra Leone (2) mette in luce il ruolo chiave svolto dalle compagnie del legno liberiane nel sostenere il traffico di armi. Tale industria non si limita finanziare il governo liberiano di Charles Taylor attraverso il sistema delle "entrate non registrate extra-budget", il rapporto rivela che i mezzi di trasporto e le strade delle compagnie del legno sono impiegati per rifornire di armi e rifornimenti la fazione armata della Sierra Leone Revolutionary United Front (RUF).
"Il RUF e' responsabile dell'omicidio di centinaia di migliaia di persone innocenti in Sierra Leone, della mutilazione di altre migliaia. Fino a quando non sara' disposto un embargo totale sull'esportazione e sul commercio del legno liberiano, la collusione mortale tra l'industria del legno e il governo liberiano continuerà a far si che il traffico di armi con il RUF resti unchecked" ha commentato Patrick Alley, direttore di Global Witness.
Il rapporto dell'ONU sottolinea con forza il ruolo svolto dal direttore della OTC, l'olandese Gus Van Kouwenhoven. Il rapporto del Comitato degli esporti dell'ONU sulla Sierra Leone afferma che egli e' "responsabile per gli aspetti logistici di molti accordi degli accordi sul traffico di armi tra Liberia e Sierra Leone". Van Kouwenhoven fa parte del consiglio di amministrazione della Liberian Forestry Development Authority (FDA), l'ente governativo che incaricato di controllare e documetnare le pratiche di gestione forestale e l'esportazione del legno. Al tempo stesso è direttore della compagnia RTC, le cui concessioni di taglio si trovano presso la frontiera con la Guinea, e sono comunemente teatro di aspri combattimenti con le forze ribelli anti-Taylor.
Jacob Anderson, presidente del gruppo ambientalista danese Nepenthes, ha affermato: "Se la DLH vuol dimostrare di prendere  sul serio i suoi stessi impegni assunti verso i conflitti sociali e la distruzione ambientale, e il proprio impegno quale membro di Amnesty International in Danimarca, deve cessare immediatamente ogni rapporto con le compagnie liberiane."
Negli ultimi decenni la distruzione delle foreste pluviali in Africa Occidentale e' stata drammatica. La recente escalation del taglio distruttivo in Liberia non solo rifornisce il governo di Charles Taylor dei fondi per sostenere i ribelli, ma mette in pericolo la futura integrita' ecologica di questo importante habitat di foresta pluviale. "Comprando legno dalle compagnie implicate nella distruzione delle foreste liberiane e nel traffico di armi, la DLH mette in pericolo la pace e la sicurezza di tutte le vite innocenti - sia umane che animali - che dipendono da queste foreste" ha concluso Filip Verbelen, responsabile di Greenpeace per le foreste africane.

Note:
(1) DLH: Dalhoff Larsen & Horneman A/S è una compangnia internazionale a capitale danese importatrice di legno. Il gruppo ha filiali in Nord e Sud  America, in Medio ed Estremo Oriente, in Asia e in Africa. Le policy ambientali ed etiche del gruppo sono consultabili presso il sito Web http://www.dlh-group.com (2) Il rapporto del Comitato di Esperti dell'ONU sulla Sierra Leone www.globalpolicy.org/security/issues/sierra/report/001220.htm (Report of the Panel of Experts appointed Pursuant to UN Security Council Resolution 1306 (2000), Paragraph19 in relation to Sierra Leone). (Fonte: Greenpeace www.greenpeace.it )


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HAI MAI SENTITO PARLARE DI CURITIBA?


No, neanche noi conoscevamo questa storia fino a una settimana fa. L'abbiamo scoperta leggendo "Capitalismo naturale" di Paul Hawken, Amory e Hunter Lovins. E' veramente incredibile che non se ne sappia niente perché Curitiba e' una delle piu' grandi esperienze di cambiamento sociale che sia mai stata realizzata. Curitiba non e' una piccola comunità alternativa. E' una città di quasi 2 milioni e mezzo di abitanti (http://www.curitiba.pr.gov.br). Si trova nel sud del Brasile. Non si tratta neanche di una storia nuova: va avanti da 30 anni. Nel 1971, in piena dittatura fascista, una serie di casualità portarono alla designazione di Jaime Lerner come sindaco della citta'. Lo avevano scelto perche' era un inoffensivo esperto di architettura. Un trentatreenne che non si era mai impegnato politicamente e che sembro' l'ideale per mettere d'accordo le diverse fazioni al potere. Jaime Lerner ci mise un po' a organizzarsi poi nel 1972 decise di creare la prima isola pedonale del mondo. Lerner sapeva di avere contro buona parte della citta'. I commercianti erano terrorizzati dall'idea che i loro affari fossero danneggiati dal divieto di accesso al centro delle auto. E gli automobilisti odiavano l'idea di dover andare in centro a piedi. I maligni dicono che aveva paura che la sua iniziativa fosse bloccata un esposto in tribunale. Resta il fatto che i lavori iniziarono proprio un venerdi', un'ora dopo la chiusura del tribunale. Un'orda di operai invasero il centro della citta' e iniziarono a sistemare lampioni e fioriere, ripavimentare le strade e scavare aiuole piantandoci alberi. Lavorarono ininterrottamente per 48 ore. Quando il primo contingente crollo' stremato fu sostituito da un secondo battaglione di operai e andarono avanti così. Il lunedi' mattina quando il tribunale riapri' i lavori erano finiti. Crediamo che nella storia del mondo nessuna opera pubblica fu mai realizzata altrettanto velocemente. I cittadini di Curitiba se ne stavano a bocca aperta. Erano state piantate migliaia di piante fiorite. Una cosa mai vista. E la popolazione si mise a strappare tutti i fiori per portarseli a casa. Ma Lerner lo aveva previsto e gia' erano pronte squadre di giardinieri che sostituivano immediatamente le piante. Ci vollero un po' di giorni ma alla fine i cittadini smisero di rubare i fiori. I commercianti poi erano stupiti perche' si accorsero che il centro cittadino trasformato in un salotto eccitava le vendite. E quando il sabato successivo un corteo di auto dell'Automobil-club tentò di invadere l'isola pedonale si trovo' nell'impossibilita' di farlo perche' migliaia di bambini stavano dipingendo grandi strisce di carta che coprivano buona parte della pavimentazione. Da allora tutti i sabati i bambini della citta' si ritrovano nell'isola pedonale a coprire di disegni meravigliosi enormi rotoli di carta stesa per terra. La seconda operazione di Lerner fu quella di creare un sistema di trasporti rivoluzionario con strade principali riservate agli autobus e particolari rampe coperte (da tubi trasparenti) che portavano il marciapiede sullo stesso piano dei mezzi pubblici, permettendo ai passeggeri di salire sull'autobus senza fare scalini e quindi piu' rapidamente. Queste rampe e davano la possibilita' di accedere ai trasporti pubblici anche a chi era su una carrozzina a rotelle. Particolare attenzione fu data ai collegamenti con i quartieri poveri della citta', furono acquistati autobus composti di 3 vagoni, con porte piu' grandi che si aprivano in corrispondenza delle porte scorrevoli delle rampe coperte. Per tagliare i costi e i tempi furono anche aboliti i bigliettai e si decise di fidarsi del fatto che se i trasporti funzionano veramente bene i cittadini pagano volentieri il biglietto.  
Grazie a queste innovazioni i tempi di percorrenza degli autobus di Curitiba sono 3 volte piu' veloci e trasportano in un'ora 3 volte il numero dei passeggeri, con un rapporto tra il denaro investito e i passeggeri trasportati superiore del 69%. Praticamente avevano creato una straordinaria metropolitana a cielo aperto. Le autovie di Curitiba trasportano 20 mila passeggeri all'ora (piu' di quanti viaggino sui mezzi pubblici di New York). Gli autobus percorrono ogni giorno una distanza pari a 9 volte il giro del mondo. Rio ha una metropolitana che trasporta un quarto di passeggeri e costa 200 volte di più. Grazie a questa gestione oculatissima dei costi le linee di trasporto si autofinanziano con il solo costo dei biglietti (circa mille lire), ammortizzano i costi di un parco mezzi costato 45 milioni di dollari, offrono utili alle 10 imprese che hanno in appalto il servizio e remunerano il capitale investito con un tasso di profitto del 12% annuo. L'autorizzazione rilasciata ai gestori del servizio e' revocabile all'istante. Le banche, restie a collaborare con altre amministrazioni locali sono ben disponibili a prestare denaro al comune di Curitiba. I trasporti sono talmente efficienti che nel 1991 un quarto degli automobilisti della città aveva rinunciato a possedere un'auto e che il 28% dei passeggeri pur possedendo un auto preferiva non usarla. E questo nonostante il traffico sia molto scorrevole e gli ingorghi sconosciuti. A questo rifiuto di massa dell'auto contribuiscono anche 160 chilometri di piste ciclabili. Iniziare la riforma della citta' dai trasporti per Lerner era fondamentale perche' egli teorizza che nulla influenza più rapidamente la coscienza dei cittadini quanto l'efficienza dei mezzi pubblici. Ma la riforma non si e' fermata ai trasporti. Il problema delle baraccopoli e della miseria è stato affrontato trovando sistemi semplici in grado di offrire effetti positivi immediati e un cambiamento radicale della cultura a lungo termine. É la fantasia delle soluzioni quello che stupisce di più. Sembrano pazze ma contengono un'efficienza enorme. Ci sono servizi di distribuzione quotidiana di pasti gratuiti. Sono state costruite 14 mila case popolari. Ma si e' agito anche distribuendo piccoli pezzi di terra per orti e per costruire case. I materiali di costruzione vengono acquistati con un finanziamento comunale a lungo termine ripagato con rate mensili pari al costo di 2 pacchetti di sigarette. Ogni nuova casa riceve poi in regalo dal comune un albero da frutta e uno ornamentale. Il comune offre anche un'ora di consulenza di un architetto che aiuta le famiglie a costruirsi case più confortevoli e armoniose.I quartieri poveri di Curitiba sono i piu' belli del mondo . Esiste un servizio di camioncini che girano per la citta' scambiando 2 chili di immondizia suddivisa con buoni acquisto che permettono di acquistare un chilogrammo di cibo (oppure quaderni, libri o biglietti per gli autobus); Così il 96% dell'immondizia della città viene raccolta e riciclata. Il che ha permesso di risparmiare  milioni di dollari per costruire e gestire una discarica. Attraverso la pulizia della città e una migliore alimentazione della popolazione povera si è ottenuto un netto miglioramento della salute. Il tasso di mortalita' infantile e' un terzo rispetto alla media nazionale. Ci sono 36 ospedali con 4500 posti letto, medicinali gratuiti e assistenza medica diffusa sul territorio. Ci sono 24 linee telefoniche a disposizione dei cittadini per informazioni di ogni tipo. Una di queste linee fornisce ai cittadini piu' poveri i prezzi correnti di 222 prodotti di base. In questo modo si garantisce ai consumatori di non cadere vittima di negozianti disonesti. Ci sono anche 30 biblioteche di quartiere con 7 mila volumi ciascuna. Si chiamano "Fari del sapere" e sono casette prefabbricate e dotate di un tubo a strisce bianche e rosse alto 15 metri. Sulla sommita' della torre c'e' una bolla di vetro dalla quale un poliziotto controlla che bambini e anziani possano andare in biblioteca indisturbati. Ci sono 20 teatri, 74 musei e centri culturali e tutte le 120 scuole della citta' offrono corsi serali.  Vengono organizzati corsi di formazione professionale per 10 mila persone all'anno. Sono collegati a un "Telefono della solidarieta'" che permette di raccogliere elettrodomestici e mobili usati che vengono riparati dagli apprendisti artigiani e rivenduti a basso prezzo nei mercati o regalati. Grazie al microcredito una volta imparato un mestiere i giovani possono aprire un'attivita' in proprio. Vengono aiutati anche coloro che vogliono diventare commercianti ambulanti attraverso la concessione di autorizzazioni al commercio facilitate. Ed e' proprio la logica con la quale si affrontano i problemi ad essere diversa. Ad esempio le azioni di un gruppo di giovani teppisti che strappavano fiori all'orto botanico furono interpretate come una richiesta di aiuto e i ragazzi furono assunti come assistenti giardinieri.
Un'altra grande iniziativa di Lerner e' stata quella di creare decine di parchi dotati di laghetti e di piantare ovunque alberi. Curitiba e' la citta' piu' verde del mondo. Insomma un paradiso con il 96% di alfabetizzazione (nel O96). Gli abitanti che hanno un titolo di studio superiore sono l'83%. La citta' ha un terzo in meno dei poveri del resto del Brasile  e la vita media arriva a 72 anni, grossomodo quanto negli Usa ma con un reddito procapite che e' solo il 27% di quello degli Stati Uniti. Insomma, per essere una citta' del terzo mondo non è male... A questo punto pero' c'e' da chiedersi come mai l'esperienza di Curitiba non sia conosciuta in Italia. Abbiamo fatto una ricerca e ci hanno detto che anni fa la rivista Nuova Ecologia pubblico' un lungo servizio su questo miracolo dell'onesta' creativa. E anche l'Espresso ne parlò. Allora com'e' successo che Curitiba non e' diventata un esempio da imitare? Perche' queste tecniche ingegnose e entusiasmanti non sono diventate il cavallo di battaglia della nostra sinistra? Cos'hanno i nostri politici? Sono sprovvisti di senso pratico? Sono ammalati di serieta'? Non sanno piu' sognare?
 
Dario, Franca e Jacopo Fo 

PS: "Capitalismo Naturale" e' veramente un libro eccezionale e racconta di tutte le esperienze pratiche di risparmio energetico e di materie prime realizzate con successo nel mondo. Si scopre che la nostra non e' la societa' del consumismo ma dello spreco. Basti pensare che se gli Usa adottassero gli stessi criteri costruttivi delle case e delle industrie giapponesi otterrebbero 200 miliardi di risparmi energetici ogni anno, 400 mila miliardi di lire. Il libro dimostra che nel mondo potremmo, attraverso la razionalizzazione dei consumi e il riciclaggio, risparmiare fino al 95% delle materie prime e dell'energia. E attenzione: questi risparmi per lo piu' non richiederebbero costi di costruzione piu' alti. Sono state addirittura costruite case che non hanno bisogno di impianti di riscaldamento e refrigerazione e che hanno costi piu' bassi di realizzazione di quelle convenzionali. E tutte queste tecnologie non sono una novità: sono gia' state sperimentate per anni, spesso per decenni. Cioe' la poverta', la fame nel mondo, l'inquinamento e la distruzione dell'ambiente non sono una questione di cattiveria ma di stupidita'. Vogliamo sostenere la diffusione di questo libro e quindi abbiamo fatto un accordo con le Edizioni Ambiente per inserirlo nei nostri spazi di vendita. Potete acquistarlo on-line a 44 mila lire e riceverlo a casa senza spese di spedizione aggiunte, entro una decina di giorni, pagando alla consegna o con carta di  credito (http://www.commercioetico.it/)
 Segnaliamo sull'argomento anche: "L'uso razionale dell'energia" Mario Palazzetti, Maurizio Pallante Bollati Boringhieri  (lire 24.000)
"Le tecnologie di armonia"  Maurizio Pallante  - Bollati Boringhieri. Maurizio Pallante e' uno dei pochi amministratori italiani ad aver fatto esperienze notevolissime nel campo del risparmio energetico. 
Attenzione :Stiamo raccogliendo informazioni su altre esperienze italiane in questo campo. Vi saremo grati se ce le segnalaste.


 
SOS Salvador
Progetto Sorriso

«Progetto Sorriso» è l'iniziativa di cooperazione avviata un anno fa a San Bonifacio. Per INFORMAZIONI: progettosorriso@infinito.it . Per versare il proprio contributo ricordiamo che è possibile utilizzare il conto corrente postale di "Progetto Sorriso - El Salvador": ccp numero 21008305 - intestato a: Amedeo Tosi - Chiara Terlizzi. Indirizzo: località Praissola 74/b - 37047 San Bonifacio (Verona) - Causale del versamento: "Progetto Sorriso". Progetto Sorriso invierà tempestivamente quanto raccolto al gruppo di appoggio "Italia-Cuscatlan" di Turbigo (Milano), incaricato per le operazioni bancarie.

 

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