Testo di Paolo Rizzi:

Le pitture di Hannes Hofstetter:

Un fascinoso scavo nel tempo e nello spazio

La “macchina del tempo” s’é inceppata. La spirale non si apre verso lo spazio: é come se tutto il passato - tutta la storia - si riversasse su noi. Leggiamo l’evolversi del mondo in una dimensione atemporale, quasi schiacciata. Ecco che il primitivo si riversa sul tecnologico; e questo retrocede fina agli albori della civiltà umana. Hannes Hofstetter ci fa vedere quel che mai avevamo veduto. Il tempo non esiste più: noi diventiamo antichi e, insieme, contemporanei. E’ una sensazione strana nuova. Ci sembra di aver decifrato l’arcano di una formula matematica che ci era sempre sfuggita.
Le pitture di questa artista tedesco (Feldkirch 1945) sono tutte strumenti di conoscenza: non soltanto tramiti di un piacere estetico. Ecco il punto da cui partire per arrivare domani (nel Duemila?) ad una nuova concezione dell’arte. L’artista, nella sua curiosità leonardesca, si avvicina al fisico, al chimico, al biologo: studia l’esperienza del mondo. Egli fruga con il suo occhio prensile dentro il microscopio elettronico, fino a fissare l’ordine-disordine dei tessuti cellulari; ma lo fa ribaltando la clessidra del tempo, cioè tornando indietro per andare avanti. L'impressione che si coglie é proprio quella di una macchina meravigliosa in cui ci addentriamo. Improvvisamente i geroglifici egizi, le scritture cuneiformi, i graffiti di civiltà preistoriche sciolgono l’enigma: leggiamo ogni segno con chiarezza. La storia dell'umanità si srotola davanti a noi. Ogni immagine, anche la più apparentemente astrusa, ogni oscura simbologia, ogni criptogramma: tutto viene ri-conosciuto e interpretato.

Da una decina d’anni- almeno quanto ci mostra l’arco di una mostra affascinante come questa di Palazzo Albrizzi - Hofstetter scava dentro il tempo. E’ quasi il lavoro di un archeologo illuminato. Egli ci mostra le stratigrafie del “Giaciglio”. L’acqua che scorreva sotto la terra scorre ancora: la possiamo vedere, quasi toccare coi nostri polpastrelli, tra pietre sgretolate e terre umide, tra le crepe del monte e le oscillazione tettoniche. Così, se alziamo lo sguardo e osserviamo le “Costellationi”, il disegno del Grande Architetto ci appare limpido nella sua razionale geometria cosmica; i “Tumuli” di pietre si ergono come dolmen o menhir a indicare il segno di un energia eterna della natura; e le “Scritture” fondono i diversi linguaggi, sciogliendo l’ancestrale Babele dal runico all’ebraico, dall’egiziano all’islamico, fino al babilonese o all’hittita. Quale “mondo nuovo” ci si prospetta, se non antico e ciclicamente presente, avvolto nelle tenebre della notte ma anche aperto allo spiraglio dell’alba? Ancora una volta lo sguardo diventa lucido: si infila negli “Schedari” del tempo, schiodandoli e riaprendoli per leggere quello che il futuro riserva al passato. Gira la ruota; e leggiamo nei “metalli” il nostro stesso destino, sempre diverso e sempre immutabile....

Queste e altre sensazioni e riflessioni mi accompagnano lungo la visita alla mostra, che diventa appunto - come dice il sottotitolo - un “ viaggio nell’ambiguità dell’essere”. Soltanto più avanti, guardando e riguardando, mi accorgo che una sorta di bellezza stregata sta seguendomi in silenzio. I quadri di Hannes Hofstetter rivelano la “verità” proprio in quanto essa si accoppia, platonicamente, alla “bellezza”. La materia, intrisa di color antico, ha un suo fascino strepitoso. Rude e severa, categorialmente teutonica, fatta di grumi e pieghe, di ombrosità e lucori, essa rappresenta la “ metafora del tempo” ma anche la “ rivelazione del senso”. Il racconto delle origini si insinua dentro di noi come schegge continue di piacere, trafitture che ci fanno sobbalzare. L’opera diventa lo schermo in cui riflettiamo noi stessi: le nostre paure, le nostre ansie, le nostre angosce; ma anche il desiderio profondo di un respiro universale, di una conoscenza cosmica. E restiamo interdetti, quasi irrigiditi dal mistero che lentamente si schiude come l’ antro dell’antica Pizia. I responsi delle tavole sono là: cominciamo a leggerli.


Venezia, ottobre 1998, Paolo Rizzi


1"Speicher", 1989
2 Vita
3"Schriften II", 1992________________"Elemente", 1988
4 "Televisori", 1998

5 'Atlantis", 1988___________________"Metalli",1997
6 'Schöne neue Welt I", 1993________"Schöne neue Welt II", 1994
7 "Akten", 1989
8 "Aldiqua aldila", 1991______________"Costellazioni", 1991

9 "Bett",1989
10 "Notte trasfigurata',1989
11 "Die Muehe des Sisyphus II", 1998
12 Atelier
13 testo di Francesco De Bartolomeis___ Text von Francesco De Bartolomeis
14 testo di Paolo Rizzi__ Text: Paolo Rizzi