LA HAINE
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COPERTINA CD: System of a Down SYSTEM OF A DOWN
TOXICITY
American Recordings - 2001



L'ho già detto più volte ma lo ripeto: la cosiddetta musica nu-metal (o crossover che dir si voglia) sembra essere con l'acqua alla gola. Continua sovraesposizione, cloni che nascono come funghi, gruppuscoli da festa del liceo che vengono pompati (se non creati) dalle major per sfruttare i cliché del momento, diffusione di stereotipi spacciati per innovazione, Wes Borland che abbandona il barcone d'orato dei Limp Bizkit (ovviamente si pronuncia come si scrive...), ecc.
Buona parte di chi si era infatuato di questi suoni cerca qualcosa di nuovo, e non credo che sia un caso se anche nel sottobosco nostrano (al quale sovente viene criticato di essere in ritardo rispetto al resto del mondo…), tra gruppi che credono di avercela fatta grazie ad una maggiore promozione e altri che invece non riescono ancora a farsi notare, già alcuni tra quelli votati al credo degli accordi ribassati e del riff particolarmente ritmato provano a volgere lo sguardo in altre direzioni, inasprendo i propri toni o aumentando le dosi di melodia.
Ma, ormai, è proprio tutto da buttare? Ci sono ancora speranze o il degrado è inarrestabile?
La risposta io non saprei darla, però in qualche maniera provano a farlo i System of a Down che, con questo Toxicity si confermano come uno dei gruppi più interessanti degli ultimi anni, non solo all'interno del loro ambito.
Proprio per la situazione sopra descritta, temevo fortemente per questa uscita, senza dubbio un difficile secondo album che però non sembra tradire troppo la pressione che gli ascoltatori più esigenti e stanchi dei Linkin Park indirettamente stavano esercitando sul gruppo.
I quattro armeno-americani confezionano un album di tutto rispetto, ancora una volta a mollo in una miscela di metal, hardcore, melodie post-grunge e umori popolari di casa loro (anche se forse parlare di influenze etniche, almeno a livello strettamente compositivo, è un po' esagerato).
Le differenze stilistiche rispetto al disco precedente non sono moltissime, ma si possono essenzialmente ridurre a due aspetti. Da una parte, il maggiore spazio dato alla voce del chitarrista, che questa volta interagisce maggiormente col sempre impeccabile Tankian, prendendosi più spazio in alcuni brani, non solo come seconda voce. Dall'altra (e le due cose, in qualche maniera, sono legate), la maggior attenzione per le parti più melodiose, che a volte caratterizzano l'intero pezzo, altre si fanno semplicemente sentire nei ritornelli o negli stacchi, con maggior incisività rispetto al passato, avvalendosi anche di una strumentazione a tratti più estesa.
Ma, ciò dicendo, non pensiate che quest'album sia generalmente meno duro: brani come " Needles" o "Jet-pilot" sfiorano l'hardcore, mentre "Chop Suey" o "Prison Song" non vi faranno rimpiangere gli assalti del primo album.
Anche se, bisogna proprio dirlo, quello che sembra mancare a Toxicity sono brani che ti facciano saltare sulla sedia come aveva fatto "Suite-pee", o sublimi e perfette sintesi quali "P.L.U.C.K." (in assoluto, uno dei brani di questo gruppo che preferisco) . Tanto che alla fine, nonostante l'ottimo ascolto, si ha un po' amaro in bocca, ma non ho ancora capito se ciò sia dovuto all'effettiva minor qualità di questo album o al semplice fatto che, purtroppo, di acqua sotto i ponti (acqua sporca, inquinata dai soldi gettati per le troppo band nu-metal di poco valore) nel frattempo ne è passata.
Comunque, anche senza volersi accontentare, i System of a Down rimangono i primi della classe, e Toxicity una delle uscite più interessanti del 2001.

30/01/02, Marco


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