LA HAINE
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COPERTINA CD: Planet Brain PLANET BRAIN
BOTTOM OF THE SEAS
Autoproduzione - 2001



Bollino siae in piena regola, cd stampato e serigrafato, copertina a colori, confezione incartata nella plastica: mi trovo abbastanza in difficoltà quando ricevo cd come questo, confezionati in maniera professionale eppure non altrettanto ricchi dal punto di vista musicale. So che dietro a tutto ciò ci sono tempo e denaro spesi dai gruppi per rendere più abbordabile il proprio prodotto, ma il sottoscritto è convinto che una canzone mal registrata, sporca, anche solo su una cassetta, se una bella canzone, sia infinitamente superiore a composizioni ben presentate ma mediocri. E, mi dispiace assai dirlo, questo è il caso dei Planet Brain, trio proveniente dalla provincia di Belluno (il parlar male di un cd che mi è stato spedito è cosa assai penosa, credetemi, soprattutto quando si tratta di un'autorpoduzione, in particolare quand'è confezionata in questa maniera).
Il gruppo si cimenta in un hard-rock psichedelico di impronta grunge, e il maggior punto di riferimento (per lo meno, quello che più si fa evidente in questi 10 brani) sembrano essere gli Smashing Pumpkins, diciamo da Mellon Collie in giù.
Del celebre gruppo di Chicago i PB riprendono - oltre ad un cantato molto simile - la tendenza ad allungare le proprie composizioni ricercando cenni psichedelici ma d'impatto. E proprio qui sta uno dei problemi più evidenti di questo cd: molti brani sono troppo lunghi! Mi spiego: per tingere di sfumature lisergiche la propria musica non basta dilungarsi a dismisura, come invece avviene in diversi episodi di Bottom of the seas. Le canzoni appaiono, così, compositivamente immature e carenti dal punto di vista strutturale, costruite su percorsi inutilmente ripetitivi e incomprensibilmente monotoni: spesso, infatti, l'ampio minutaggio non è richiesto da variazioni, da lunghi assoli di chitarra (comunque qua e là presenti) o da altre autoindulgenze strumentali, bensì dalla continua e semplice riproposizione dello stesso riff, degli stessi passaggi, delle stesse melodie vocali. Insomma, la maggior parte di questi brani, tanto quelli che avvicinano i 7 minuti quanto gli altri, andrebbero praticamente dimezzati per non sprecare (cosa che invece puntualmente avviene) le discrete intuizioni che, qua e là, fanno capolino.
Inoltre, produzione ed esecuzione non agevolano certo l'ascolto. Infatti, nonostante la confezione esterna del cd farebbe pensare al contrario, la registrazione è piatta e pressochè scadente: la batteria soffre di una pessima definizione sonora, tanto che spesso non si riesce a capirne il reale valore; le distorsioni della chitarra spesso prevaricano il suono del basso, mentre la voce è erroneamente e costantemente posta in primo piano, finendo per sottolinearne così gli eccessi patetici (ovvero, il troppo pathos di alcuni passaggi), il melodiare a tratti lamentoso e le sviste del falsetto.
Eppure gli spunti interessanti, sotto a tutto ciò, non mancherebbero, come quando il gruppo libera i propri riff con maggiore grinta, o quando semplifica il tutto fino ad arrivare alla piacevole ballata "Monochrome", o alle schitarrate condite di feedback e rumori assortiti di "Backwars Tide".
La sensazione generale è quella di un gruppo che si sia troppo presto lanciato nell'impegnativa impresa di un disco sulla lunga distanza, quando invece avrebbe dovuto risparmiare tempo e denaro, concentrandosi maggiormente per affinare le proprie capacità compositive e focalizzare gli spunti personali, emancipandosi ulteriormente dai propri numi tutelari ("Black Brilliance" è talmente piena di citazioni pumpkinsiane da sembrare una mezza-cover di "Starla").
Rimandati in toto alla prossima prova.


18/03/02, Marco


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