LA HAINE
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COPERTINA CD: NEUROSISNEUROSIS
A SUN THAT NEVER SETS
Relapse Records - 2001



Settimo album per i Neurosis e nuova evoluzione del loro stile, che in A sun that never sets li mostra (ancora una volta) come una delle band più evolute e coraggiose, arrivando a costruire arrangiamenti più vicini ad una orchestra che ad un gruppo di 5 elementi.
Ascoltatevi gli innesti di viola (eseguiti da Kris Force) di "The tide" o l'angosciante (ed interminabile) cavalcata di "Falling unknow" per capire cosa sto dicendo.
Ma la cosa che più mi ha colpito (come già anticipato nel precedente Time of grace in una traccia come "Belif") sono i momenti di positività (eehhmm...insomma....stiamo pur sempre parlando dei Neurosis...) che si incontrano man mano che il disco scorre; come se i Neurosis avessero finalmente trovato una certa pace interiore.
La produzione è nuovamente di Steve Albini che riesce ad enfatizzare maggiormente l'andamento del disco.
Inoltre la grafica del CD è eccezionale (in pieno stile dei Neurosis) e realizzata in cartoncino.
Insomma consiglio l'ascolto agli amanti del genere e (sopratutto) del gruppo.

28/11/01, Kabukiman




Continua il cammino musicale dei Neurosis, passati dall'hardcore classico dei primi dischi ad un'ormai sempre più seminale miscela di metal-core, a proprio modo psichedelico. Ormai i risultati di questo gruppo non sono molto dissimili da quelli di un'altra formazione di musica fortemente evoluta, ovvero i Tool: stessa importanza per la ripetizione, per gli allargamenti strumentali, per atmosfere pregne d'una personale spiritualità, all'interno della quale questa musica ha quasi un intento espiatorio (ebbene sì, anche nell'hardcore è possibile toccare tali sfere. Ma, se, ad esempio, quello degli Zao è un sentimento proveniente dalla fede cattolica, i Neurosis sembrano adorare un qualche proprio idolo alieno...). Là dove, però, i Tool ottengono questi risultati complicando sempre di più i propri arrangiamenti, infarcendoli, come nell'ultimo album, addirittura di tecnicismi non troppo lontani da certa musica prog, gli ultimi Neurosis procedono per sottrazione: sia attraverso passaggi inaspettatamente ancor più lievi e puliti, sia, soprattutto, attraverso crescendo e ritmi potenti ma estremamente rallentati, che creano, mediante pesanti riff, continui ed insistiti, uno spazio musicale straniante, a ben vedere fatto inaspettatamente di vuoto. Catarsi musicale.
Né è un esempio perfetto la seconda traccia di questo cd, il cui incipit (nella conclusione variato dalle distorsioni) è l'esatta continuazione di quanto fatto da Steve Von Till nel suo recente album solista, disco che si pone come corollario necessario per comprendere in maniera ancora più approfondita il credo dei Neurosis (anche se - i fan sono avvertiti - gli stessi risultati sono ottenuti con una musica diversa, di base folk minimale: come se Tom Waits fosse cresciuto ascoltando gli Smog).
Anche se quella dei Neurosis è una musica fortemente riconoscibile, riesce a non scadere mai nella maniera grazie a continue microvariazioni e a soluzioni diverse per ogni pezzo. Ecco quindi che in quest'album è possibile ascoltare, oltre a ciò descritto sopra, le tastiere che acquistano importanza nell'epica "From the Hill", la polifonia vocale (ovviamente le voci sono urlate...) del finale a cappella di "Falling Unknown", la nenia giapponese (un kabuki del dopo bomba?) di "From where its Roots Run", l'imprevista melodia della conclusiva "Stones from the sky", impossibile da spezzarsi - si direbbe - se non attraverso un difetto fisico del cd, e così via.
In mezzo, molto altro, che più che descritto andrebbe semplicemente ascoltato.
Apocalittici, ha detto qualcuno. Epocali, suggerisco io.


08/12/01, Marco


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