LA HAINE
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COPERTINA CD: JUMPIN'CHERRIES JUMPIN'CHERRIES
L'AGNESE VA A MORIRE
Cane Andaluso - 2001



Proprio una bella sorpresa questo cd degli spezzini Jumpincherries. Anzi, in fondo sorpresa mica tanto (bella sicuramente), dato che L'Agnese va a morire contravviene alla regola secondo la quale - come vuole il detto - l'abito non fa il monaco. Il cd è infatti contenuto in una confezione bellissima e originale (opera di Giacomo Spazio): di cartoncino nero, l'interno (composto da fogli neri e rossi) è a metà tra un libro ancora da scrivere e un vecchio album fotografico, di quelli dove le foto venivano incollate direttamente sulle pagine, come quella (finta: in realtà è una stampa) presente all'interno del libretto.
Il contenuto musicale, quindi, per una volta non fa sfigurare la confezione: questo è uno di quei cd che cresce poco a poco, mano a mano che si approfondisce l'ascolto, fino a che riesce a raggiungere un posto speciale nel cuore di chi l'ascolta. Ciò che il gruppo propone è una musica fortemente emozionale, impegnata in armonie chitarristiche e intrecci strumentali che sembrano rifarsi tanto alla tradizione vecchia quanto a quella nuova di quel rock ricercato, a base di asperità, di volta in volta, rumoristiche o strutturali. Insomma, spesso nei nove pezzi di questo cd sembra di ascoltare un'unione tra "vecchio" noise alla Sonic Youth (diciamo quelli di mezzo, tra Daydream Nation e Dirty) e "nuovo" post-rock alla Unwed Sailor. Proprio il porsi a metà tra questi due fuochi ispiratori, visti comunque con sguardo personale, dà al tutto un aspetto quasi fuori dal tempo, poiché siamo molto lontani da una semplice rincorsa degli ultimi trend "chicagoiani", ma, allo stesso tempo, si percepisce una materia noise-rock riplasmata ai giorni nostri. In più, là dove gli intrecci si fanno più melodici, si possono ascoltare riferimenti a Built To Spill e simili: quasi una versione strumentale dell'indie-rock.
Su questo tappeto musicale si innesta l'altro elemento caratterizzante del gruppo, ovvero l'uso che fa della voce, quasi sempre sommessa, vicina al parlato, ma ben più composta e meno declamatoria di quanto facevano i Massimo Volume (gruppo che viene in mente qua e là, ma con evidenza solo alla fine dell'ultimo pezzo). Là dove essa è presente - a volte i brani ne fanno a meno, oppure le lasciano il compito di chiudere, facendola comparire solo negli ultimi minuti - sembra giusto affiorare dal resto, volutamente posta non sopra agli strumenti, in posizione predominante come spesso avviene altrove (la lunga ombra nera del "rock- italiano" è quindi lontana), ma allo stesso livello, legandosi al tutto in un rapporto paritario. Questa scelta è tanto più particolare, quasi contraddittoria, se si considera la natura degli inserti vocali stessi: i testi, infatti, sono in italiano e, oltretutto, degni di nota, per lo meno per i contenuti (i riferimenti, esplicati sin da subito dal titolo dell'album e dai ringraziamenti in esso contenuti, sono ad un tema che dovrebbe essere sempre d'attualità, ovvero quello della Resistenza).
Un disco passato quasi inosservato, eppure una tra le migliori uscite dello scorso anno.



05/05/02, Marco


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