Capitolo II : Shadowdale

 

Shadowdale è una delle valli più famose nelle terre centrali occidentali, forse per la presenza di Elminster, un vecchio mago che si dice abbia fior fior di tesori magici, custoditi dai suoi poteri, poteri di un mago fra i più forti di tutta Faerun. Cionostante Shadowdale è stata da sempre un punto di scontro fra le popolazioni libere delle valli, i regni del sud, il Cormyr e la Sembia e Zhentil Keep, un belligerante regno del nord. Guerre e scontri sanguinosi non hanno mai permesso alla valle di vivere tranquilla per molto tempo e, forse, è emblematico il caso della torre contorta: è stata per molto tempo un avamposto di superficie degli elfi oscuri, ma solo da pochi anni è il fulcro della difesa di quel gruppo di edifici che prendono il nome di Shadowdale, unico paese che meriti un tale nome nella valle che ha lo stesso nome.

A questo si limitavano le poche informazioni che aveva racimolato Zeross in quasi due giorni di permanenza in città: Amir era scomparso da poche ore, come suo solito e lui era da solo a sorseggiare una birra al bancone della locanda del vecchio teschio, in un’altra serata che divertente aveva ben poco.
Nessuno sapeva niente.
La serata sembrava alquanto smorta, finché dalla porta non entrò un bardo, che con le sue canzoni idiote, risollevò il morale della gente: Zeross scommetteva che Jahele, la proprietaria, lo aveva assoldato apposta per portare un po’ di vita nella locanda. Almeno per un po’ avrebbe smesso di pensare ai suoi problemi.
Tutto di un tratto dalla porta entro un uomo vestito di nero che teneva una bastone con uno strano aggeggio attaccato ad una estremità. Si sedette proprio vicino a Zeross e, a voce alta, ordinò da bere, mentre scrutava tutti gli avventori del locale. C’erano Zeross al suo fianco, un paio di robusti giovani armati di spade che parlottavano felici, un elfo dalla faccia molto cupa e un mago con una lunga veste bianca. Il nuovo venuto si avvicinò al mago e Zeross seguì incuriosito tutta la scena. Pareva che i due non si conoscessero e che non volessero avere a che fare, ma il tizio vestito di nero insisteva a parlargli di un’esplosione nei picchi del tuono. Quando Zeross realizzò che stavano parlando di lui, era troppo tardi e il nuovo venuto aveva visto il suo, fin troppo evidente, interesse: si stava già avventando su di lui.
- Piacere, straniero, il mio nome è Vokail e sono uno studioso: forse tu sai qualcosa su quell’esplosione che si è verificata nei picchi del tuono?
Andata, doveva stare al gioco.
- No, di quale esplosione stai parlando? Io non ho sentito un bel niente.
- Mi sembra strano, straniero. Si è sentita distintamente in tutte le valli, rispose con un sorriso maligno Vokail.
Zeross, non sapendo cosa dire, si guardò intorno, cercando qualcuno che potesse dargli una mano. Niente. Pure il bardo sembrava spaventato da Vokail: non che fosse una novità! Tutti sanno che i bardi sono delle femminucce.
Quando si rigirò verso Vokail, lui non c’era più. O forse lui non vedeva più nulla? 

Amir stava cercando la dimora del famoso mago quando incappò in un tizio che sembrava avercela con il mondo: era grosso e non prometteva nulla di buono .Strinse l’elsa del suo fedele pugnale, ma l’uomo non lo degnò del ben più minimo sguardo, proseguendo diritto per la sua strada. Amir, incuriosito, lo seguì di soppiatto e scoprì che si dirigeva verso la locanda del teschio, che sembrava piuttosto affollata per la tarda ora.
Amir, quando fu aggiornato sullo svenimento di Zeross, cercò qualche buona preda, ma sembrava che non ci fosse nessun bersaglio facile lì; per di più la locandiera aveva quasi ucciso di paura un avventore che non aveva pagato: il pugnale da cucina che aveva lanciato lo aveva mancato per poco (ed Amir non ci teneva ad essere il prossimo bersaglio del pugnale…).
- Zeross, dato che le nostre monete stanno per finire, che ne pensi di trovarci un lavoro?
- Bah,  se proprio dobbiamo..
- Scusate se ci intromettiamo, ma credo che quando si parla di soldi, noi siamo sempre pronti: i nostro nome sono Yado e Grifis e siamo due mercenari al vostro servizio, dissero due giovani che si intromisero nella discussione di Amir e Zeross.
- Ma che cavolo.., stava per rispondere Zeross quando si intromise un’altra voce.
- Credo che nessuno di voi abbia il fegato di scendere con me nel labirinto sotto la torre contorta: la paga è buona e credo che la parola dell’attuale governate di Shadowdale, Mounguryn, sia abbastanza, o forse no?, disse Dobos, l’uomo che Amir aveva seguito nella taverna.
- Ascolta bene tu: io Zeross, non mi tiro in dietro di fronte a nulla, va bene?, io ci sto.
- Beh, pure noi ci stiamo, disse Yado, guardando suo fratello Grifis.
Amir, mettendosi le mani nei capelli, maledisse il giorno in cui aveva incontrato quel pazzo e accettò pure lui: al diavolo! Chissà quanti soldi avrebbe guadagnato!
- Ci sto pure io: il mio nome è Falagar e credo di potervi essere molto d’aiuto!
Tutti si girarono verso la voce e Zeross fu sorpreso nel vedere che era il mago con la vesta bianca: quel tipo non gli diceva niente, e non oppose nessuna obiezione.
- E tu elfo, non hai il fegato di venire con noi?, chiese con arroganza Dobos.
L’elfo non rispose e Dobos strinse l’elsa della spada:
- Ah, dimenticavo che tu non capisci la nostra lingua: vi credete così intelligenti, ma non sapete neppure parlare…
Dopo questa affermazione Dobos si mise a ridere e lo seguirono subito pure Yado e Grifis: la scenetta si concluse quando l’elfo, con un sol balzo, sparì dalla loro vista e, nello stupore di Zeross, riapparve alle spalle di Dobos, pugnale alla mano.
- Il mio nome è Mai Keor ed il tuo, umano?, pronunciò l’ultima parola con evidente disprezzo. Tutti sanno che gli elfi si credono superiori agli esseri umani.
- State fermi: non è proprio il caso di ucciderci a vicenda, disse il mago.
La situazione si fece complicata quando si intromise un viandante che era appena entrato dalla porta: sembrava portare con se una lunga veste e i simboli sul suo mantello tradirono la sua vera identità: un chierico di Helm, dio delle persone che vigilano sulla pace a Toril.
- Il mio nome è Lobont, Mai e ti porgo il mio saluto, disse Lobont, mentre separava i due.
Nel silenzio che seguì la frase del sacerdote, tutti rimasero in evidente imbarazzo, non sapendo cosa dire: poi Falagar, che sembrava essere esperto in queste situazioni, pronunciò alcune parole in elfico e Mai si calmò di colpo. Tutti rimasero di stucco. Dobos compreso.
- Bene, ora che ci siamo messi d’accordo, credo che possiamo andare, disse Dobos agli altri.
Tutti rimasero muti un momento, cercando di studiarsi gli uni gli altri: Amir e Zeross cercavano di far smettere di suonare quel bardo del cavolo, Yado e Grifis stavano cercando di far interessare a Dobos le loro imprese di guerra, mentre Lobont e Falagar stavano parlottando tra di loro. Mai Keor era da solo.

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