VEGLIA DI ADORAZIONE
ALLA CROCE DEI GIOVANI
CATTEDRALE DI FIDENZA
13 - 14 MAGGIO 2000
1. Croce e rivelazione di Dio come bellezza
La Bellezza crocifissa:
il Venerdì santo e l'oggi del dolore dell'uomo
La Croce è rivelazione della Trinità nell'ora della "consegna" e dell'abbandono: il Padre è Colui che consegna alla morte il Figlio per noi; il Figlio è Colui che si consegna per amore nostro; lo Spirito è il Consolatore nellabbandono, consegnato dal Figlio al Padre nell'ora della Croce ("E chinato il capo, diede lo Spirito": Gv 19,30; cf. Eb 9,14) e dal Padre al Figlio nella resurrezione (Cf. Rom 1,4). Sulla Croce il dolore e la morte entrano in Dio per amore dei senza Dio: la sofferenza divina, la morte in Dio, la debolezza dell'Onnipotente sono altrettante rivelazioni del Suo amore per gli uomini. E' questo amore incredibile e insieme mite, attraente che ci coinvolge e ci affascina, quello che esprime la vera Bellezza che salva. Questo amore è fuoco divorante, a esso non si resiste se non con una ostinata incredulità o con un persistente rifiuto a mettersi in silenzio davanti al suo mistero, cioè col rifiuto della dimensione contemplativa della vita".
Lo splendore della Bellezza: Pasqua e la salvezza del mondo
A Pasqua risplende la Bellezza che salva, la carità divina si effonde nel mondo. Nel Risorto colmato dal Padre dello Spirito di vita, non solo si compie la vittoria sul silenzio della morte .ma si compie anche il supremo esodo da Dio verso luomo e dalluomo verso Dio Se facciamo nostro nella fede levento di Pasqua, siamo noi pure trascinati in questo vortice che ci invita ad uscire da noi stessi, a dimenticarci, a gustare la bellezza del dono gratuito di sé. (C.M.Martini)
Bellezza tanto antica e tanto nuova;
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me,
e io stavo fuori,
ti cercavo qui,
gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me,
ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le creature
Che, se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente.
Tu mi hai chiamato,
il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato,
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo,
e io lho respirato,
e ora anelo a te;
ti ho gustato,
e ora ho fame e sete di te;
mi hai toccato,
e ora ardo del desiderio della tua pace. S. Agostino
2. Croce e Rivelazione della Trinità
(a cura della parr. di S.Maria Annunciata, Fidenza)
Contemplare la Trinità significa contemplare la Vita, il modo in cui Dio è vivo, in cui Dio è la Vita, la Sorgente della Vita. La Verità della Vita di Dio ci è stata svelata da Cristo. La Vita di Dio è trinitaria; Trinità è labitare perfettamente intimo delle tre persone luna nellaltra. È unità, non solitudine, ma Comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
- Il Padre: la Vita;
- il Figlio: Colui che si conosce perfettamente;
- lo Spirito Santo: lAmore che unisce.
Non si tratta di tre dei, ma dellunico Dio che è
- Sorgente (Padre)
- Intelligenza e Immagine perfetta (Figlio)
- Amore puro e totalmente altro (Spirito Santo)
LUnità ci è già data in questo mondo dallEucarestia: Dio in Cristo per opera dello Spirito Santo in noi, noi in Lui, gli uni negli altri. "Padre, nelle Tue mani affido il mio spirito". Quando Dio entra in noi, quanti ostacoli incontra? Quante resistenze deve vincere? Quando noi entriamo in Lui abbiamo bisogno di purificarci. In questo contesto si inserisce il dono-esercizio del Giubileo. Il cammino della vita è un pellegrinaggio per "in-abitare".
Suor Elisabetta della Trinità - Elevazione della santissima Trinità, 21 nov. 1904
O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente per stabilirmi in Te, immobile e tranquilla, come se già la mia anima fosse nelleternità. Che nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te, ma che ogni minuto mi porti sempre più nel profondo del tuo mistero! Pacifica la mia anima; fanne il Tuo cielo, la Tua amata dimora e il luogo del Tuo riposo. Che io non ti lasci mai, ma sia sempre totalmente presente, ben desta nella fede, immersa nelladorazione, interamente abbandonata alla tua azione creatrice. O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il Tuo cuore; vorrei coprirTi di gloria, vorrei amarTi fino a morirne! Ma sento la mia impotenza, e Ti prego di rivestirmi di Te stesso, di identificare la mia anima a tutti i movimenti della Tua anima, di sommergermi, di invadermi, di sostituirTi a me, perché la mia vita non sia più che unirradiazione della Tua vita. Vieni in me come adoratore, come riparatore c come salvatore. O Verbo eterno, parola del mio Dio, voglio passare la vita ad ascoltarTi, voglio farmi totalmente disponibile per imparare tutto da Te. E attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio continuare a fissarTi, rimanendo sotto la Tua grande luce. O mio astro amato, affascinami perché io non possa più sottrarmi al Tuo splendore. O fuoco divorante, Spirito di amore, vieni in me perché avvenga nella mia anima come unincarnazione del Verbo; che io sia per Lui una nuova umanità in cui rinnovare tutto il Suo mistero. E Tu, Padre, chinaTi sulla Tua piccola creatura; coprila con la Tua ombra, non vedere in essa che il Figlio amato in cui hai riposto tutto il Tuo amore. O miei "Tre", mio tutto, mia beatitudine, solitudine infinita, immensità in cui mi perdo, mi consegno a Voi come una preda, seppelliteVi in me perché io mi seppellisca in Voi, nellattesa di contemplare nella Vostra luce labisso delle Vostre grandezze.
3. Croce e Rivelazione delluomo che ama
Ai nostri più accaniti oppositori noi diciamo: "Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d'animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché la non-cooperazione col male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene. Metteteci in prigione, e noi vi ameremo ancora. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell'ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno, noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al vostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria ".
L'amore è il potere più duraturo che vi sia al mondo. Questa forza creativa, così splendidamente esemplificata nella vita del nostro Signore Gesú Cristo, è il piú potente strumento disponibile nell'umana ricerca della pace e della sicurezza. (M.L.King)
Amore umano, riflesso divino
Dimmi Signore...
come ha potuto amare colui che si amava così poco?
Come ha potuto riconoscere
colui che si ignorava tanto affermando di conoscersi cosi bene?
Quale pazienza ci volle per raggiungerlo!
Quale perseveranza per avvicinarlo!
Quale fiducia per osare affidarsi
nelle sue mani
insieme cosi rudi, cosi fragili e così frementi!
Che cosa aveva indovinato in me dopo tanto tempo
che comincio soltanto a scoprire?
Ne resto abbagliato, paralizzato, muto,
preso dall'immensità di questa felicità. Avido della sua presenza,
incapace di sopportare la sua assenza. Signore,
aiutaci a vivere pienamente questa rivelazione.
Che ci apre al meglio di noi,
al meglio di Te.
Fa che noi non riposiamo mai sulla nostra certezza.
Che non ci lasciamo mai accaparrare dallinessenziale.
Che ciascuno dei nostri atti sia
la piena espressione del nostro amore.
E f a' che viviamo così intensamente questo Amore
che diventi agli occhi di tutti riflesso del Tuo. (L. Evely)
4. CROCE E DEBOLEZZA
(a cura della parr. di S. Giuseppe)
Claude Rault - Condividere la debolezza
La debolezza condivisa come linguaggio di Dio che si è fatto carne.
Siamo messi dinanzi allimmagine che ci facciamo di Dio. E "lOnnipotente", ma a quale potenza ci riferiamo? E il grande mago che viene a cavarci dimpiccio quando non abbiamo vie duscita? E potente della potenza dei grandi della terra? Non si china verso il debole per condiscendenza, ma per "complicità". "Perché opprimere il debole e fare oltraggio del tuo Creatore" (Pr 14,13), come se Dio non potesse fare a meno di identificarsi con le più deboli delle sue creature: "Ogni volta che lavete fatto a uno di questi più piccoli, lavete fatto a me" (Mt 25,40). Per Paolo questa identificazione di Dio con i più deboli trova lespressione più nitida nel "linguaggio della croce", anche se esso è follia agli occhi del mondo.
La Chiesa non è la Chiesa di Cristo solo quando "si prende cura" dei deboli, quando "si china" verso i poveri, ma soprattutto quando si unisce alla loro spoliazione, alle loro condizioni, quando si identifica con loro. Qui raggiungiamo la legge dellincarnazione e il suo vertice, il mistero pasquale, attraverso il quale Dio non solo si unisce alla debolezza "naturale" delluomo attraverso la sua condivisione, ma assume e trasfigura tutta la debolezza umana con il servirsi di lei come di un linguaggio privilegiato per rivelare ad ogni uomo, forte o debole, lopera del suo amore.
La debolezza accettata, come linguaggio del dialogo e dellannuncio.
Il dialogo è un atteggiamento richiesto dal Vangelo e non dà motivi di opportunità. Non ha sbocchi quando luno o laltro degli interlocutori si pone in una posizione di forza o quando diventa come un braccio di ferro. A dettare il nostro atteggiamento nel dialogo è la nostra debolezza davanti a Dio. E lessere davanti allaltro come lo siamo davanti a Lui: senza maschere e senza furbizie.
Christian Chessel lo esprime così: "Il prendere atto della nostra impotenza e il prendere coscienza della povertà radicale del nostro "essere davanti a Dio" non può essere che un invito, un appello pressante a creare con gli altri delle relazioni di non-potenza; se ho imparato a riconoscere la mia debolezza, posso non solo accettare quella degli altri, ma vederla come un appello a rivestirmi di essa, a farla mia, ad imitazione di Cristo". La verità del dialogo nella sua dimensione evangelica si misura nelle situazioni di non-potenza, di spoliazione, di debolezza. Forse non cè vero dialogo che quando ciascuno si trova di fronte alla propria precarietà e vulnerabilità. La debolezza non è una scelta, è la scoperta di ciò che noi realmente siamo. (Missione Oggi - Agosto 96)
Beato chi riconosce i propri limiti e fragilità
ma crede pure di avere qualcosa da dare
che soltanto lui può dare:
contribuirà alla crescita del tutto.
e non si sente obbligato a crearsi attorno delle corazze
per nascondere la propria vulnerabilità:
la potenza della vita sprizzerà
da ciò che è realmente.
Beato chi non si proibisce di piangere
e non assassina la propria sensibilità.
Chi sa trarre forza dalla propria debolezza
e riconosce la debolezza della forza:
le sue lacrime si trasformeranno in perle.
chi sa operare senza rumore e segue la verità
che avverte chiaramente nel proprio cuore.
Beato chi, in un mondo che ama le cose e usa le persone,
impara ad usare le cose e ad amare le persone:
darà frutti abbondanti.
Beato chi sa tramutare la spada della separazione
nel rastrello dellunione:
chi fa del braccio un abbraccio.
Chi, camminando passo dopo passo,
apre con altri un nuovo cammino:
sarà riconosciuto figlio della pace.
non formano due deboli, perché lunione
è una grande forza, e abbracciati insieme
si può volare in alto.
Beato chi riesce a coniugare tenerezza e vigore,
ostinazione e flessibilità, laggressione del leone
con la mitezza dellagnello, chi sa avere
mente robusta e cuore tenero:
sarà un essere umano e nobile.
e chi, inerme, non incute paura a nessuno.
Beato chi, da adulto, conserva la semplicità e la dolcezza del bambino:
rappresenterà una risorsa perenne di aiuto e compassione.
Beato chi impara a guardare gli eventi della storia
dal basso, dalla prospettiva degli esclusi;
chi avverte il desiderio di giustizia, così
come il morso della fame e della sete.
Chi sa rimetterci del proprio per colmare i bisogni altrui,
sarà un po più povero ma arricchirà molti.
Beato chi supera la paura di incontrare
opposizioni e resistenze. Beati quelli che patiscono violenza
e che a violenza rispondono sereni e dignitosi
per amore dellunica possibile armonia.
per far camminare altri a testa alta,
e chi piega la schiena perché altri vadano eretti;
chi è perseguitato, sequestrato o ucciso
perché trionfi la dignità
di ogni uomo nato libero.
Siamo stanchi, ormai veramente stanchi
di opportunisti e cinici che, sfarfalleggiando
fanno solo i propri interessi:
di forti che, per essere rispettati, minacciano e feriscono:
di potenti, abituati alla frode, che giocano di destrezza:
di furbi che svuotano il diritto, se ne approfittano,
ridono e se la cavano comunque!
Guai a loro, perché affondano nel torbido
e fanno annegare molti in questo marciume.
di folli e illogici, beati e liberi come fanciulli,
che ci sconvolgano e inquietino!
Il macigno e il seme: due logiche diverse (F. Negri)
Se ponessi davanti ai vostri occhi un grosso macigno e un pugno di semi di grano e vi chiedessi quale dei due è più forte, certamente vi verrebbe spontaneo scegliere, immediatamente, il macigno. Esso è veramente forte di una forza brutale che incute paura: lanciato da unalta montagna, abbatte tutto ciò che incontra, non si ferma davanti a nessun ostacolo, diventa sempre più potente e veloce: ottiene risultati eclatanti e rapidi. Calma, calma riflettiamo un poco. Ricopriamo di terra il macigno. Che succederà? Niente di niente, né oggi, né mai. Piantiamo in terra, invece, il pugno di semi: attendiamo con pazienza, diamo loro il tempo necessario, ed essi genereranno qualcosa di molto più grande del macigno, tanto che la grandezza raggiungibile non si può calcolare in partenza! Ci troviamo di fronte a due modalità, due stili di vita, due logiche diverse. Il macigno rappresenta la forza della forza. Il seme la forza della debolezza. Insomma, cè modo e modo di essere potenti! Se appena siamo sinceri con noi stessi, ci accorgiamo che non solo il mondo economico, militare, politico, della scienza e dellinformazione, privilegia la logica del macigno, ma che anche noi, normalmente, scegliamo ciò che è grande, vistoso, appariscente: ciò che immediatamente si impone nel segno della forza e del successo. Noi non vogliamo mai essere "da meno" ed evitiamo accuratamente ogni forma di debolezza, diamo molta importanza a ciò che "ha peso". Il macigno e il seme rappresentano, dunque, due mondi contrapposti. Luno ha bisogno di spinte per salire in alto; laltro si affida ad una mano amica per scendere nel solco della terra. Luno fa molto rumore per essere vincente; laltro si nasconde per crescere abbondante. Luno macina e distrugge chi gli fa ombra e chi si frappone al suo cammino; laltro tende alla luce per crescere e lasciarsi mangiare. Luno serve per costruire archi di trionfo e lapidi cimiteriali; laltro serve per togliere la fame e diventa sangue e carne vitali. Il macigno, duro e freddo, si impone per la sua grande mole; il seme, diventato biondo campo di grano, attrae per la sua genuina bellezza!
"Tutto questo è molto bello! dirà qualcuno di voi -, ma perché scegliere la logica del seme quando è più facile e immediata laltra possibilità?" La risposta è semplice: perché non può esserci sviluppo di una vita che possa chiamarsi umana seguendo la logica della pura forza. Nel macigno non può esserci vita felice per il semplice motivo che non cè neppure vita! La logica del seme richiede di essere grandi dal di dentro (di noi stessi, della storia). Piccoli, limitati, se vogliamo, ma vivi e perciò di una potenza poderosa.
5. CROCE E SERVIZIO
(a cura dellAgesci)
"Mentre lo conducevano via presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù".
Il cristiano è il "cireneo" di tutti e di sempre, è colui che non divide, che non separa, che non discrimina, anzi è colui che là dove c'è emarginazione e divisione porta unità e comunione, è colui che prende su di sé la croce altrui per renderla possibile a chi la deve portare.
Il mondo è pieno di persone sole, abbandonate, tradite, e anche di persone che si sono costruite una situazione di amarezza e di disperazione con i loro sbagli e le loro debolezze : non per questo tocca a noi condannarle o lasciarle nel loro avvilimento, non siamo noi abilitati a "scagliare le prima pietra" contro di loro. Nostro compito, nostro dovere immancabile, è quello di fare da cireneo, prendere su di noi il peso altrui, sentire nelle nostre carni il tormento e la morte che divora il nostro prossimo.
Gesù è stato il nostro primo grande cireneo: è lui che si è preso su di sè il peso del nostro peccato, è lui che si è messo al nostro posto sulla croce assaporando fino in fondo il calice amaro del male, dell'abbandono di Dio, della distruzione di sè stessi. Che seguaci di lui saremmo, se a nostra volta non sapessimo fare quello che lui ha fatto per noi? Essere cristiani è diventare ogni giorno cireneo del prossimo, senza giudicare, senza pretendere di sapere perchè e come, solo cercando di prendere la croce che opprime e distrugge, e sollevare chi sta morendo sotto il suo peso.
Invece, oggi siamo diventati la "civiltà della porta blindata" per difenderci da tutti, per chiuderci nella nostra sicurezza e difendere i nostri diritti: ma i doveri, la coerenza con la nostra fede, e la nostra sequela di Cristo come vengono soddisfatti?
Signore Gesù,
ti lasci aiutare nel portare la croce
e nascondi la tua potenza nell'umiliazione.
Io non sono capace di portare la mia croce,
non accetto la fatica, la sofferenza le difficoltà:
mi sembrano troppo pesanti per me,
ingiuste, non meritate.
Insegnami ad accettare la mia croce,
aiutami a portarla ogni giorno con te
per non rendere inutile la tua passione.
Fa di me il Cireneo dei miei fratelli,
pronto a portare il peso degli altri,
nella certezza che questa è la mia grandezza
e qui io trovo la mia redenzione
e divento per gli altri
un testimone di te che salvi tutti.
Oggi è molto facile lasciare pesare per sempre sulle persone le conseguenze di qualche gesto sbagliato, di momenti tragici e crudeli: alcuni aggettivi maschili e femminili restano condanne inappellabili e segnano in modo definitivo coloro che forse li hanno meritati in un momento della loro vita.
Siamo tutti così paurosi che non pensiamo neppure alla possibilità di una conversione, di un cambiamento, e tanto meno pensiamo che tocca proprio a noi tentare il primo passo verso questa trasformazione.
Veronica, la donna della tradizione, ci riporta al suo gesto compiuto verso Gesù: se anche lei si fosse fermata a quanto sentiva dire su quell'uomo in quel momento, avrebbe lasciato passare il condannato in uno stato di abiezione spaventoso.
E sarebbe stata un'ingiustizia di più, sarebbe stata per lei una mancanza: invece, il suo gesto coraggioso ha aperto uno spiraglio nel cuore di chi saliva il patibolo in piena innocenza, anzi lo saliva per sgravare tutti noi dai nostri pesi.
Come si fa ad essere cristiani, a ricordare la passione di Gesù, a portare al collo una croce, e poi dimenticare i gesti più veri e più sacri che quella passione insegna e inizia nella storia del mondo?
Come si fa a continuare una fede che impone sempre una sfida alle abitudini apparentemente più innocenti, e impone una coerenza che arrivi fino alla profondità della parola di Dio, fino all'eroismo che questa parola richiede?
"Lo avrete fatto a me" dice Gesù: al di là della tradizione e dell'episodio della Veronica, c'è la certezza dell'insegnamento e la parola chiara di un verdetto che concluderà la vicenda umana di ciascuno.
Il nostro comportamento verso le persone "più piccole", cioè più bisognose - non si dice se il bisogno nasce da una colpa o da qualcos'altro- è realmente il nostro comportamento verso Gesù stesso. I fratelli più sprovveduti, sono per noi la stessa persona di Gesù. Qui avviene la fede: qui la si misura, qui si realizza l'amore.
Signore Gesù,
una donna ha compassione di te,
non fugge davanti alla tua abiezione,
non si nasconde ma si sente interpellata.
Il suo gesto pulisce il tuo volto
che per un istante torna luminoso
e resta per sempre impresso nel suo cuore.
Aprici gli occhi per sapere riconoscere
il tuo volto sfigurato nei fratelli,
dacci il coraggio per volerlo pulire
anche se non saremo capiti.
Imprimi nel cuore il tuo volto
sanguinante e percosso, addolorato e paziente,
perchè mai ci dimenticheremo di te,
e ti sappiamo vedere e amare
dovunque tu appari ai nostri occhi.
Ciò che più spaventa e crea difficoltà è che questo Gesù eliminato, rinnegato e ucciso, è realmente risorto, si è presentato ai suoi discepoli vivo con i segni del martirio: questo Gesù è vivo oggi, e se è vivo c'è, è qui, è con noi è insieme all'uomo di oggi, come a quello di ieri e di domani.
Questa realtà di Gesù vivo, presente, cambia totalmente l'idea di religione e di fede: non è più una ideologia da seguire, una morale da vivere, ma un rapporto concreto. Oggi accettare Gesù vuole dire cercare un rapporto con lui, mettersi alla sua sequela, accettare il suo insegnamento, sapere e volere che la propria religiosità passi sempre attraverso di lui.
Oggi, lo scandalo cristiano consiste precisamente nell'ammettere che non si possa trovare Dio, essere in relazione con lui, essere cioè "credenti" se non attraverso Gesù, e che quindi ogni nostro tentativo di "arrangiarci da soli" con Dio è ignoranza - colpevole, però - oppure rifiuto di come Dio ci viene incontro, rifiuto di Dio medesimo.
Dopo Gesù, dopo la vicenda terrena di questo ebreo, Gesù di Nazaret, dopo l'impatto che il suo insegnamento e la sua persona hanno avuto con l'umanità di allora e poi dei secoli seguenti, non si può più ignorare o rifiutare il rapporto con lui, non si può più illudersi di cercare Dio tralasciando l'offerta che egli fa di se stesso all'uomo di sempre.
Se un incontro c'è stato, ed è un incontro impensabile ma reale, se una iniziativa Dio l'ha presa per venire incontro alla sua creatura e rivelarle la sua vera identità rendendola capace di realizzarla, ogni genuina e leale tensione religiosa non può essere se non segnata da questa scelta che Dio ha fatto nei riguardi dell'uomo.
L'incontro tra dio e l'uomo si chiama Gesù Cristo, e ogni incontro tra qualunque uomo e l'unico Dio non può chiamarsi altro che Gesù cristo.
Ciò suppone - evidentemente - una conoscenza certa e critica dell'evento Gesù, ma suppone anche la volontà di fare esperienza di questa offerta di Dio, la volontà di riconoscersi creature e non creatori di Dio; suppone cioè l'obbedienza al progetto di Dio. Qui sta una religiosità autentica, cioè il rapporto con Dio come lui è e non come si vorrebbe che fosse.
Signore, m'inviti a partire alla ricerca del tuo volto.
Tu conosci i miei dubbi, il peso delle mie incertezze: come voltarsi verso di te?
Fino a che punto vuoi portarmi? Sarei capace di seguirti?
Mi sembri inaccessibile, troppo alto e quindi rifiuto di lasciarmi amare a causa della mia indegnità.
Tu mi proponi un'avventura senza fine. Un'avventura che coinvolga tutto me stesso.
Guardo il cammino già percorso. La mia vita, prima che ti cercassi non aveva alcun senso?
La mia storia, il mio passato
No, sono appunto le mie incertezze, le mie esitazioni, la mia curiosità che mi hanno condotto sul tuo cammino.
Tu sei in attesa del mio Sì con un infinito rispetto per la mia libertà.
Siccome per Te il mio primo Sì, il mio primo no non sono definitivi, rispetti le mie ribellioni.
E sempre mi chiedo: "come andare verso di Te?"
Vuoi stabilire un rapporto di fiducia con me, ti basi sul fatto che io sia creatore di vita, e mi proponi una forma di dono. Dare quel che ho di migliore, accettare il bene che mi è proposto attraverso gli altri, senza sapere fino a che punto tutto ciò mi porterà, questo è accettare di rimettermi a Te.
6. Croce e martirio
"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici"
(Gv 15, 13) A cura della parr. di Busseto
Charles de Foucauld, dopo una vita di intensa preghiera e di eroica carità, fu ucciso il 1 Dicembre 1916 nel deserto del Sahara da un gruppo di Tuareg, i quali gli gettarono addosso lostensorio con la santissima Eucaristia davanti alla quale egli stava pregando: oggi, avvolto in un lenzuolo nella posizione di chi sta in ginocchio, egli è sepolto sotto la sabbia del deserto e la sua morte silenziosa è diventata un grido di fede e una fonte di luce che accende tante persone di amore per Cristo e per i fratelli. Dove nasce il prodigio della vita di Charles de Foucauld prima giovane corrotto, poi militare, poi esploratore, poi monaco, poi, infine, singolare eremita che abbassa la recinzione del suo romitorio per esprimere la sua volontà di accoglienza verso tutti? Il segreto sta nella Croce di Gesù, della quale fratel Charles aveva saputo decifrare il messaggio accogliendolo nel cuore con emozione e riconoscenza: egli aveva cucito sopra la tonaca bianca un cuore e una croce di stoffa rossa e nella sua cameretta teneva sempre esposta una foto del volto di Gesù, ricavato dalla Sindone, sotto il quale aveva scritto:
E la sua vita fu una risposta damore allAmore di Gesù.
Papa Giovanni XXIII, immagine vivente della bontà, aveva voluto il crocifisso non alle spalle del letto ma davanti, per poter aprire gli occhi guardando Gesù Crocifisso e per poterli chiudere ancora con uno sguardo sul Salvatore.
Durante le ultime ore della sua agonia, nei primi giorni di giugno del 1963, accadde un fatto significativo. Un fratello del Papa si mise in fondo al letto per poter seguire da vicino levoluzione della malattia di Papa Giovanni, ma, involontariamente, nascose allinfermo la vista del Crocifisso. Il Papa fu subito visto agitarsi tra lo stupore generale e si rasserenò soltanto quando capirono il motivo della sua sofferenza e gli restituirono la vista del Crocifisso.
Padre Daniele Badiali, sacerdote della Diocesi di Faenza e missionario martire in Perù, scrive: Toccare con mano che luomo è perso dietro solo alle cose di questo mondo, al progresso, è stato rendermi conto che stava perdendo il tesoro più prezioso: Dio allora ho capito il senso vero della vita: buttarsi allavventura di Dio attraverso lAmore Fidatevi solo delle parole di Gesù, consapevoli però che portano dritto alla Croce Non fidatevi del mondo e della troppa cultura, sappiate andare sempre al nocciolo dove ognuno di voi si ritroverà perdente di fronte alla verità del Vangelo Maccorgo sempre se ciò che vivo va verso la Croce o meno Se non cè la croce di mezzo dubito che sia il cammino di Gesù! E la Croce non la scelgo io, sono gli altri (i poveri!) che te la danno La scommessa è credere che Gesù, alle persone più care, possa dare come regalo la Croce. Ai martiri è successo così La sofferenza è il canale più vero dal quale mi giunge la voce di Dio e di fronte al quale devo imparare da Gesù che si lasciò maltrattare, oltraggiare, flagellare, crocifiggere solo per amore Senza testimonianza fino al martirio non cè nessuna trasmissione del messaggio cristiano Siamo chiamati ad un cambio radicale dalla ragione alla vita, dalla testa al cuore, dalle parole alle vene, al sangue Se non porto su di me inchiodate le piaghe del Signore è puramente ridicolo parlare di risurrezione Divento solo un ripetitore
Sono un prete al buio che non sopporta le luci artificiali del mondo, mi danno un gran fastidio perché abbagliano gli occhi e lasciano un gran dolore nel cuore Dio arriva al cuore delluomo solo attraverso lamore, il dare tutto ciò che hai, il prenderti a cuore la vita intera di tutta una persona
Come è vivo e diretto il rapporto tra i santi e il Crocifisso!
I santi hanno capito il divino linguaggio della croce e vivono sempre in dialogo damore con il Crocifisso. Perché? Che cosè la croce di Gesù? Quale divino mistero essa nasconde e, nello stesso tempo, svela? Levangelista Giovanni quando introduce il racconto della Cena delle grandi emozioni e dei grandi doni di Gesù (sacerdozio, Eucaristia, comandamento dellAmore, promessa dello Spirito santo ), fa unosservazione che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Egli scrive:
Avendo amato ,amò: Giovanni, ispirato dallo Spirito santo, sintetizza la vita di Gesù in un continuo cammino damore che ha il suo compimento sulla croce.
Sul Calvario Giovanni raccoglie questo grido di Gesù morente:
Tutto è compiuto (Gv 19,30)
Che lo scopo della vita di Gesù sia questo, e soltanto questo, Gesù lo dice chiaramente e inequivocabilmente nelle parole conclusive della cosiddetta "preghiera sacerdotale":
Lo scopo della venuta del Figlio di Dio in questo mondo è esattamente questo: stringerci a sé con il dono dello Spirito dAmore, affinché il Padre ci possa abbracciare in un unico abbraccio e riconoscerci veri figli dellunico vero Figlio!
In questa meravigliosa vicenda di recupero dell'umanità, che è la storia della salvezza, si capisce che Dio è coinvolto in toto: Padre, Figlio e Spirito santo! Gesù innanzi tutto, sulla croce, ci ha svelato la vera qualità dell'onnipotenza di Dio: 1' onnipotenza di Dio è onnipotenza d'Amore gioite e fate festa per questa notizia!) e, pertanto, Dio può fare soltanto ciò che l'Amore può volere.
E stupenda e consolante questa verità! Padre Pio da Pietrelcina, scrivendo a una persona da lui diretta spiritualmente, osservava con la precisione del mistico:
Ricordati che Dio è onnipotente, però l'onnipotenza di Dio è serva del Suo Amore!
E, infatti, tutta la vita di Gesù grida questa meravigliosa verità. Quando Giovanni e Giacomo chiedono a Gesù un intervento di onnipotenza per distruggere alcuni villaggi samaritani che non volevano accoglierlo, Gesù non accetta la proposta:
Si voltò dice l'evangelista Luca, e li rimproverò. (Lc 9,55)
La forza di Dio è la forza dell'Amore! E, nell'orto degli ulivi,. quando Pietro mette mano alla spada e colpisce il servo del sommo sacerdote, Gesù gli dice:
A Dio non manca l'onnipotenza, ma è tutta al servizio dell'Amore: prendiamone atto come fece Pietro! E, sulla croce, viene l'ultima grande rivelazione dell'Amore. San Luca riferisce:
(Lc 23,35-37)
Gesù aveva il potere di scendere dalla croce (aveva fermato il mare e il vento impetuoso durante la tempesta sul lago, aveva moltiplicato i pani e i pesci per sfamare migliaia di persone, aveva cacciato i demoni con la sola forza di una parola, aveva resuscitato Lazzaro morto da quattro giorni...), eppure non scese: se fosse sceso dalla croce ci avrebbe rivelato il volto di Dio come volto dell'Onnipotenza e basta; invece il volto di Dio è il volto dell'Onnipotenza dell'Amore! Per questo Gesù esclama (e questa è la sua risposta agli insulti!):
E, subito dopo, al ladrone pentito promette:
In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso. (Lc 23,43)
Dio vince così: vince con l'Amore! Ma, dicevamo, tutto il mistero di Dio è coinvolto nella passione di Gesù, perché tutta la santissima Trinità è mistero di infinito amore. Che cosa accade, allora, nella passione? Qual è il ruolo del Padre? E qual è il ruolo dello Spirito santo? A volte una predicazione frettolosa e imprecisa lascia trasparire una lettura non vera del mistero della salvezza che potremmo sintetizzare così: l'uomo, peccando, avrebbe accumulato un immenso debito con Dio e Dio esigerebbe che esso venisse pagato; viene Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, e paga l'immenso debito versando il proprio sangue prezioso; il Padre allora si placa e perdona. No, non è così! Assolutamente non è così! Questa lettura dei fatti non si concilia con la buona notizia che Dio è amore (Gv 4,8-16) e non si concilia con le nitide affermazioni di Gesù riguardo al Padre. Gesù, infatti, ha detto:
(Gv 10,17-18)
Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto. (Gv 11, 41-42)
Verrà l'ora anzi è già venuta in cui vi disperderete ciascuno per proprio conto e mi lasceretesolo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. (Gv 16,32)
Non è possibile, allora, presentare la passione come un dramma nel quale il Padre, impassibile e freddo, se ne sta lontano e lascia il Figlio nella bufera del dolore, esigendo da lui un tributo di riparazione per i peccati degli uomini.
Questa immagine del Padre sarebbe il più clamoroso tradimento di quanto Gesù ci ha svelato riguardo al Padre. Questa presentazione della redenzione non tiene conto del fatto certissimo che la redenzione è stata voluta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito santo; anche se, storicamente, solo il Figlio si è fatto uomo, tuttavia egli è il volto del Padre, è
immagine del Dio invisibile, e si offre con uno Spirito eterno.(Eb 9,14)
Nella Croce di Gesù tutta la santissima Trinità è coinvolta: coinvolta nell'Amore e per Amore! Antichi dipinti raffigurano il Crocifisso sostenuto dalle braccia del Padre. E vero! Tra il Padre e il Figlio c'era in quel momento (anzi, soprattutto in quel momento!) una misteriosa comunione di amore. Per questo Gesù ha potuto dire dalla croce senza esitazione:
Tra il Padre e il Figlio c'era una perfetta comunione d'Amore! Per questo, morendo, Gesù ha potuto esclamare con filiale fiducia:
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. (Lc 23,46)
E da questo preciso momento l'umanità di Gesù, attraversata dall'atto di Amore che unisce il Figlio al Padre dall'eternità, è diventata sorgente di vita filiale per tutti coloro che si aprono a Gesù nell'umiltà della fede:
(Gv 1,12-13)
Se Dio è così, se questa è la via attraverso la quale egli ci salva, si capisce il senso forte e pregnante delle parole scritte da Giovanni nella sua prima Lettera:
Si capisce anche il senso dell'esclamazione di coraggio e di fiducia uscita dal cuore dell'apostolo Paolo:
Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8,31-37).
Anno 1946: termina un processo-farsa durante il quale alcuni testimoni pagati dal regime vomitano calunnie infami sull'arcivescovo di Zagabria, Luigi Stepinaé, colpevole di essere rimasto tenacemente libero di fronte ai tiranni che si avvicendavano nello scenario di quegli anni. L'arcivescovo ricevette la condanna a sedici anni di lavori forzati. La sua sofferenza interiore fu indicibile (fu una passione in comunione con la passione di Gesù) ed ebbe conseguenze irreparabili sulla sua salute: eppure egli pregò e fece celebrare Messe ogni giorno per la salvezza dei suoi carnefici; e, quando poté incontrare la mamma che aveva sempre pregato per la sua vocazione sacerdotale, serenamente le disse:
Così si comportano i veri cristiani.
Credere nel Figlio crocifisso significa "vedere il Padre", significa credere che l'amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male, in cui l'uomo, l'umanità, il mondo sono coinvolti. Credere in tale amore significa credere nella misericordia
(Giovanni Paolo Il, Dives in misericordia 7).
7. CROCE E SOFFERENZA
(a cura di Don Lino)
Il grido del "Crocifisso" abbraccia ogni sofferenza umana
Nellintima oscurità [dell'Abbandonato da Dio in croce:] è riposta la luce che rischiara tutto. L'apostolo non "vuole sapere nient'altro che Gesù Cristo e questi crocifisso", nessun discorso sapiente, perché non venga resa vana "la croce di Cristo" (1 Cor 2,2; 1, 17). Le tenebre si trovano nel grido del crocifisso "Perché?" (Mc 15,34). Un interrogativo di sofferenza acutissima che non riceve risposta. Non può riceverne, poiché quanto qui viene portato e rappresentato, è il peccato del mondo; questo non ha senso, e non gli si può dare risposta. Ma Colui che eleva il suo grido con l'interrogativo è, nel contempo, Colui che rimette il suo spirito nelle mani del Padre (cf. Lc 23, 46), il Figlio che con il suo interrogativo si fida, malgrado tutto, del Padre che lo ha abbandonato. Il silenzio senza risposta non distrugge la fede del Figlio nel Padre(...) La sofferenza del mondo ci unisce al cuore di Dio sia essa la sofferenza esistente nella natura o quella peggiore che proviene dalla libertà umana e che gli uomini arrecano l'uno l'altro, che Dio non semplicemente lascia andare, ma deve giudicare.
Tutto questo è in Dio. E un'illusione ottica dell'uomo che "filosofeggia", supporre che la sofferenza avviene "qui sotto", e "lassù" sta guardando un Dio beato che non vi prende parte. Tutti i pugni chiusi degli uomini rivolti contro il cielo puntano nella direzione falsa.
Il sofferente che grida nell'agonia è in Dio. Egli lo è perché il mondo intero, così come esso è, con tutto il suo sangue e tutte le sue lacrime è in Cristo e detto più esattamente: nel Cristo crocifisso è stato pensato e creato. "In lui noi, secondo il beneplacito cli Dio, siamo diventati figli, poiché in lui noi abbiamo, mediante il suo sangue la redenzione, la remissione dei peccati" (Ef 1, 5 -7). "Noi siamo liberati con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia, già scelto prima della fondazione del mondo" (1 Pt 1, 195S).
Ma questo significa che l'amore di Dio, già in anticipo, ha abbracciato tutta la sofferenza del mondo, un amore trinitario, divino, libero, le cui dimensioni, nel tempo e nell'eternità, nessuno può scandagliare, che lascia dietro di sé ogni forma di sofferenza a cui non si può dare risposta, ma non lasciandola al di fuori, bensì assumendola, un amore che può correre anche il rischio di tutte le stoltezze e i delitti della libertà umana ma, senza dubbio ha bisogno, per essere amore, in modo supremo, di provare a tutto il mondo che "lamore è più forte della morte e degli inferi." (H.U. Balthasar, Dio e la sofferenza, pp. 33-35)
PREGHIERA NELLA SOFFERENZA
Signore, ti supplico di liberarmi da questa tentazione tormentosa di considerare il tempo della malattia come uno spazio inutile nella vita, un periodo vuoto e senza valore...
Che io riabbia la salute, Signore, o che me ne vada a poco a poco, debbo prima di tutto, rimanere sulla breccia; la mia vita, debbo viverla giorno dopo giorno e offrirtela ogni giorno. ..
Sarebbe più facile non controllare più la mia vita, e considerare che, malato come sono, tutto è senza importanza, che basta occupare il tempo, distrarsi, mantenere, con qualunque mezzo e con la minima spesa, una gaiezza fittizia. Al malato tutto è permesso, per stordirsi, per dimenticarsi: "conservare alto il morale"....
No, il coraggio... è tacere, non evadere, ascoltare in noi il richiamo della grandezza, non fingere mai di dimenticare che per essere il meglio di me, bisogna che io mi doni a te. (...)
Per lottare vittoriosamente contro le crisi improvvise,
contro lo scoraggiamento,
contro la solitudine - e avessi anche cento persone intorno, sarebbe sempre la solitudine -
non c'è che il gesto di quel ragazzo che vedo tutti i giorni,
unico gesto efficace: prende il proprio crocifisso nella mano,(...)
lo stringe, e a volte lo bacia con calma.
Legge poco, non grida mai; non lo si è mai visto triste, né inquieto;
tuttavia non guarisce; ed egli sa, forse, che è segnato...
Signore, non c'è che un mezzo per conoscere la pace e la gioia della malattia:
volgere lo sguardo al tuo Volto sofferente.
(P.Lyonnet, Preghiere nel tempo della malattia, pp. 53-55.)
8. CROCE E RICONCILIAZIONE
(a cura della parr. di S. Maria Assunta - Salso)
Canto dei redenti (vedi appendice)
Nelle vacanze- racconta Rose- andai a casa perché mi scrissero che mia sorella era stata uccisa dal marito. Egli voleva sposare una ragazza protestante e tutti dicevano che i cattolici sono guerriglieri. Così hanno ucciso mia sorella in casa; l'hanno tagliata a colpi di zappa.
Quando sentii questo fui scioccata. Il mio cuore era pieno di paura, ma pregai con autorità attraverso Maria per poter superare e vincere tutto ciò. Quando arrivai a casa trovai tutti pieni di paura e di odio. Io pregai per loro: quando entrai alcuni di loro stavano pensando alla vendetta. Chiesi a mia madre: <<Perché non incominci ad amare da subito? Dio esiste, Dio ci ama. Noi dobbiamo comunicare questo amore agli altri. Come Egli dona Suo Figlio per noi. Dobbiamo iniziare ora, insieme, perché nessuno ama o prega per quelli che odiano. Dio è colui che fa giustizia, tu devi perdonare e pregare. Dio dà e Dio toglie; tutto ciò che avviene è suo. È volontà di Dio, deve compiersi>>.
Immediatamente mia madre si inginocchiò. Chiese perdono a Dio per quello che aveva pensato e rimase sempre felice durante la mia permanenza. Io trovo che la preghiera autorevole attraverso Maria mi ha aiutato perché anch'io ero piena di paura e non sapevo cosa potevo dir loro. La gente era strana, piena di odio e trovava invece che io avevo il cuore preso dal perdono. Invitavo infatti anche loro ad unirsi alla mia preghiera per quell'uomo che aveva ucciso mia sorella così che potesse cambiare ed essere pentito di quello che aveva fatto. Gli altri pensarono che io stessi recitando e non mi credettero; solo mia madre mi prese sul serio e mi credette. Mi disse: <<Voglio che tu continui a credere in questa fede così che tu possa venire a richiamarci ciò che dobbiamo fare perché queste non sono parole tue ma un messaggio da Dio che mi ha fatto sentire nuova come se uscissi da un incubo. Continua. Io pregherò per te e per i tuoi amici che ti aiutino in questo. Di' loro di pregare per me perché io sono una donna pecatrice>>.
Io le risposi che l'avrei detto loro e che l'avrei ricordata nelle mie preghiere.
Custodiscimi
Ho detto a Dio senza di te
alcun bene non ho, custodiscimi.
Magnifica è la mia eredità
Benedetto sei tu sempre sei con me.
RIT: Custodiscimi mia forza sei tu
Custodiscimi mia gioia Gesù.
Custodiscimi mia forza sei tu
Custodiscimi mia gioia Gesù.
Ti pongo sempre innanzi a me
al sicuro sarò, mai vacillerò
Via, Verità e Vita sei
mio Dio credo che Tu mi guiderai.
Se Tu maccogli (vedi appendice)
Tu mi guardi dalla croce
questa sera, mio Signor,
ed intanto la Tua voce
mi sussurra: "Dammi il cuor!".
Questo cuore sempre ingrato
oh, comprenda il Tuo dolor
e dal sonno del peccato
lo risvegli, alfin, lamor.
Madre afflitta, tristi giorni
ho trascorso nellerror.
Madre buona fa chio torni
lacrimando al Salvator.
9. Croce e speranza- resurrezione
IL SEGRETO DELLA SPERANZA
La speranza. Ecco la parola che volevo scrivere. 1 poveri hanno il segreto della speranza. Mangiano ogni giorno dalla mano di Dio e quindi devono sperare, sempre. Gli altri uomini desiderano, esigono, rivendicano e chiamano tutto questo speranza, poiché non hanno né pazienza, né intelligenza, né onore, non vogliono che godere. Ma l'attesa del godimento non è speranza, è piuttosto delirio, ossessione. D'altra parte il mondo moderno vive troppo in fretta, non ha più tempo di sperare. Il mondo non ha più tempo di sperare né di amare né di sognare. Solo i poveri sperano per tutti noi, come solo i santi amano e sperano per tutti noi. La tradizione della speranza è nelle mani dei poveri. (G. Bernanos, Un uomo solo.)
IL BUIO E LA LUCE
E' buio dentro di me, ma presso di te c'è la luce; sono solo, ma tu non mi abbandoni; sono impaurito, ma presso di te c'è l'aiuto; sono inquieto, ma presso di te c'è la pace; in me c'è amarezza, ma presso di te c'è la pazienza; io non comprendo le tue vie, ma la mia via tu la conosci. (D. Bonoeffer, composta nel lager nazista di Flossenburg per il Natale del 1943.)
Signore, tu sei risolto!
Tu sei VIVO!
Tu il Fratello maggiore, solidale per sempre con tutti noi,
Tu che ci amasti a tal punto
da diventare un unico Corpo con noi,
per trascinarci con Te nella morte al peccato, vera autentica morte.
Tu nostro "capo",
primo nato dal ventre della terra, primo uomo nato in cielo,
adesso trascini ad uno ad uno i tuoi fratelli, le "membra" del tuo corpo,
finché l'umanità intera, finalmente riunita,
sia introdotta grazie a Te con Te, in Te,
nella Santissima Trinità.
Signore, tu sei risorto!
Dal sepolcro, grazie a Te, la Vita è uscita trionfante.
La sorgente d'ora in poi non si prosciugherà mai, Vita nuova offerta a tutti, per ricrearci per sempre,
figli di un Dio che ci attende, per le Pasque d'ogni giorno e la Gioia Eterna.
Era Pasqua ieri, Signore, ma è Pasqua anche oggi,
ogni volta che accettando di morire in noi stessi,
con Te apriamo una breccia nella tomba dei nostri cuori,
perché zampilli la Fonte e scorra la Tua Vita, E se tanti uomini,
nel loro sforzo umano,
purtroppo, non sanno
che sei già lì,
lo scopriranno più tardi alla tua luce.
Sì, Signore, la vita è bella, poiché è tuo Padre che l'ha donata.
La vita è bella poiché sei Tu che ce l'hai ridata quando l'avevamo perduta.
La vita è bella perché è la tua stessa Vita offerta per noi... ma dobbiamo farla fiorire.
E per offrirtela ogni sera devo raccoglierla sulle strade degli uomini come il bimbo che passeggiando raccoglie i fiori dei campi per farne un mazzo da offrire ai genitori.
La vita è bella, Signore, era Pasqua oggi.
(M.Quoist)
10. Croce ed Eucarestia
"Questo è il mio corpo per voi" - "Questo è il mio sangue per voi" - "Fate questo in memoria di me" "Prendete e mangiate". Nel cuore della grande preghiera eucaristica il Padre in virtù dello Spirito compie e rende attuale la parola di Gesù: quel pane e quel vino veramente e realmente mutano di significato costituiti presenza del Signore risorto, il Vivente. Signore che si presenta ai suoi come voce che fa memoria e come cibo che si comunica.
Il Risorto presente ricorda ai riuniti che l'agape è la realtà che ha presieduto la sua "nascita"; è la forza che ha orientato il suo "oggi" come esistenza che si è fatta pane, acqua, luce, vita, pastore, parola all'affamato, assetato, cieco, morto, sbandato, senza fondamenti; è la presenza nascosta che lo ha condotto alla sua "ora", alla morte, ad una morte accolta e vissuta come puro dono per la moltitudine, come remissione del peccato del mondo.
Il Risorto è entrato nella morte mutandone il segno: da evento negativo, perché oscuro e distruttore e contronatura, essa è divenuta l'esegesi del perché della nascita e della vita di Gesù: essere per l'uomo fino all'ultima goccia di sangue. La morte diventa così il gesto supremo dell'amore, il momento in cui il dono di sé raggiunge la sua pienezza, un dono per l'uomo che Gesù ha vissuto come obbedienza all'agape il cui nome è Dio, una consegna "libera": "lo dò la mia vita per riprenderla poi.
Nessuno me la toglie, ma la dò da me stesso" (Gv 10, 17); "sofferta": "La mia anima è triste fino alla morte... Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. E diceva: Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu" (Mc 14, 34-36); "amante" perché "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15, 13), Il Vivente ci ricorda dunque che quel corpo spezzato e quel sangue versato sono il frutto di una obbedienza libera e sofferta all'Amore per amore dell'uomo definito amico.
Perdonami, Signore
per tutte le volte
che non ho accolto il tuo invito o mi sono seduto alla tua mensa distratto, svogliato, annoiato. Perdonami,
perché troppe volte
invece di lasciarmi trasformare da te che hai accettato di essere pane spezzato e vino sparso sono riuscito a trasformare Te con il mio egoismo, le mie grettezze, il mio peccato.
Grazie,
perché nonostante ciò
Tu ogni giorno rinnovi il tuo invito, mi attendi, ti fai dono per me.
Solo davanti a te
posso togliermi ogni maschera e sentirmi accolto ed amato nel profondo. Tu mi abbracci con la tenerezza di una madre e mi sostieni con la forza di un padre. Fa', o Signore, che lo possa divenire ciò che celebro, che io possa essere trasformato da ciò che ricevo, che la mia vita possa divenire
dono per te e per i fratelli. (Spello 1995)
Ci unisce, Signore, la difficoltà di trovare una strada che conduca alla tua verità o alla verità di noi stessi. Il tuo donarti completamente a noi con la radicalità della croce, ci denuda, rivelando a noi stessi i peccati. L'offerta del tuo corpo e del tuo sangue è veramente troppo, rispetto ai nostri limiti, ma, proprio per questo, ci dà la possibilità di accettare il mistero che essa nasconde, ponendo in secondo piano la nostra piccolezza e in primo piano la grandezza dei tuo amore. Partecipando al banchetto che tu hai preparato per noi troviamo la forza di affrontare la banalità e l'incoerenza di ogni giorno. (Spello 1995)
11. CROCE e CROCIFISSI della Storia
(a cura della bassa parmense)
Testimonianza: Dallomelia di Mons.Joachim Ruhuna, arcivescovo di Gitega, per le vittime del massacro di Bugendana, ucciso lui stesso il 9 settembre1996 per mano dei ribelli hutu.
Contemplate con me i corpi dei nostri fratelli e sorelle allineati davanti a noi. Delle centinaia e centinaia che sono caduti sotto i colpi dei malfattori. Quasi tutti sono donne e bambini indifesi. Già privati dei loro cari nellottobre 1993, sono stati cacciati dalle loro colline e dalle loro case: hanno cercato rifugio in questi luoghi di miseria. Non avevano più nulla: non conoscevano che la miseria, il freddo, la fame come tanti altri fuggiaschi radunati in questi campi, un po dappertutto nel paese.
Sono la davanti a noi. Hanno appena lasciato questa terra, uccisi dai loro fratelli, dei burundesi come loro.
Signore, che il sangue dei tuoi amati sia per il nostro paese fonte di salvezza affinché possiamo uscire da questo orrore: perché cessino queste lacrime e questa violenza insensata e funesta che non ha più nome e che ci fa vergogna.
Vogliamo piangere insieme a tutti coloro che piangono persone care. Fra di essi ci sono dei veri martiri. Ci hanno preceduto nel regno di Dio dove ci prepareranno un posto. Che il Signore li accolga nella sua casa e li ricolmi della sua gioia senza fine.
Ma, ditemi, dove sono dunque coloro che hanno commesso questi crimini? Che giudizio conosceranno? Vagheranno come figli maledetti cacciati dalla loro famiglia. Troveranno ancora riposo? Non saranno tormentati senza posa dalla loro coscienza? Questo sangue versato non li perseguiterà? La voce del Signore non cesserà di perseguitarli:" Che hai fatto a tuo fratello? Che hai fatto dunque? Tu sei ormai un esiliato, morirai senza aver finito di vagare. Il castigo sarà pesante da portare. Linferno, tu lo vivrai quaggiù."
Burundesi, sorelle e fratelli miei, lasciate che mi rivolga a questi assassini e a chi li manda. Levo alta la mia voce, che tutti la odano! I vostri crimini sono la vergogna dellumanità. Vi supplico: deponete le armi, cessate questi massacri, è il prezzo della pace. Voi stessi, anche voi aspirate ad essa. Lasciate che gli altri vivano in pace. Cercate insieme una via comune nellarmonia e nella concordia. Fra di voi, sono sicuro, cè chi ripete in cuor suo:" Siamo precipitati nel male, chi ci salverà?".
Non è così. Sappiate dunque che il Signore ha il cuore misericordioso. La chiesa ha ricevuto la missione di proclamarlo e di offrirlo a tutti coloro che sinceramente si pentono con tutto il cuore.
A tutti coloro che hanno perduto i loro cari, io chiedo di non sprofondare nella illusione che la vendetta darebbe. Coloro che hanno appena perso la vita, lhanno perduta a causa della loro etnia, è evidente. I loro carnefici che pensano di vendicare o difendere la propria etnia, hanno commesso un crimine che supera tutti i peccati: hanno rinnegato Dio, loro creatore. Che non vi siano altri che si lasciano guidare da sentimenti etnici per vendicare i loro morti. Non è uccidendo a tua volta che farai tornare i tuoi cari. Sarai diventato anche tu, un assassino e Dio ti maledirà.
Imbocchiamo risolutamente la via del pentimento: convertiamoci. Rompiamo con il crimine che imperversa nel nostro paese. Non cè che un cammino che porta alla pace e alla gioia: è il culto della verità e della giustizia, la passione del bene. Impariamo la misericordia. Pratichiamo la saggezza. Abbiamo il cuore dolce e umile verso nostro Signore e i nostri fratelli, gli uomini. Tale è linsegnamento che ci trasmette il vangelo di questo giorno (Mt 5,1-12).
E voi, cari fratelli e sorelle, che siete già presso il Padre, siate nella pace.
Pregate per il nostro paese perché ritrovi la sua dignità agli occhi di Dio e del mondo intero.
Bugendana, 23 luglio 1996
Preghiera
Quando lamore vi chiama, seguitelo
Anche se ha vie sassose e ripide.
E quando vi parla credete a in lui
Benché la sua voce possa disperdere i vostri sogni
Come il vento del nord devasta il giardino.
Poiché come lamore vi esalta così vi crocefigge
E come vi matura così vi poterà.
E vi consegna al suo sacro fuoco
Perché voi siate il pane santo alla mensa di Dio.
Tutto ciò compie lamore in voi
Affinché conosciate il segreto del vostro cuore
E possiate diventare un frammento
Del cuore della Vita.
Lamore non dà nulla fuorché se stesso
e non coglie nulla se non in se stesso.
Lamore non possiede né vorrebbe essere posseduto
Perché lamore è sufficiente allamore.
E non pensiate di poter dirigere lamore
Perché se vi trova degni è lui che vi conduce.
Lamore non desidera che consumarsi!
Se amate davvero siano questi i vostri desideri:
destarsi allalba con un cuore alato
e ringraziare per un altro giorno damore;
addormentarsi a sera
con una preghiera per lamato nel cuore
e un canto di lode sulle labbra.
Gibran
12. CROCE E VITA PRESENTE
(a cura della parr. di Monticelli dOngina)
Nessuno ha un amore più grande di questo:dare la vita per i propri amici. (Gv 15,13)
Canto: EMMANUEL
Vangelo (Marco: 8, 27-38)
Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: "Chi dice la gente che io sia?". Ed essi gli risposero: "Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti". Ma egli replicò: "E voi chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, Satana! Perchè tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini".
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perchè chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi".
MEDITAZIONE
Iniziando l'incontro con i giovani romani il Papa li invitava a prendere la Croce. Ai suoi discepoli Gesù diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, prenda la sua croce". Il mondo di oggi invece ci invita a fuggire davanti alla croce, a fare di tutto per non caderci sotto, a rimuoverla dalla vita. Storicamente la croce era un supplizio riservato a chi commetteva reati gravi, ed è sempre stata sinonimo di sofferenza e di morte, tanto che S.Paolo parla di scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani. Ma a un certo punto della storia succede un fatto nuovo, sconvolgente: Gesù fa della morte in Croce un atto di amore a vantaggio di tutti, manifestando la volontà di dare alla propria morte il senso di un gesto di comunione e facendola diventare un momento privilegiato di amore di Dio per noi. La Croce è la prima lettera dell'alfabeto di Dio.
Guardando al Cristo e alla sua Croce ogni giovane capisce che anche la sua vita non può che essere un dono offerto a tutti. O la vita è donata, o non è più vita! Risulta così più facile comprendere perchè il Papa ha affidato ai giovani la Croce dell'Anno Santo, invitandoli a portarla in ogni continente, in ogni parte del mondo. Diventa un sostegno, un aiuto nei momenti di fatica e di difficoltà, una forza nella sofferenza e nella prova. Se la Croce cammina con i giovani, essi non si sentiranno soli nelle strade del mondo, perchè con Cristo si possono sopportare tutte le paure e anche le notti potranno essere illuminate dalla speranza di un'aurora senza tramonto. Gesù non illude e non delude perchè è l'amore che salva.
Gesù ad ognuno che vuol essere suo discepolo non dice di prendere la sua stessa croce, ma quella specifica che il Padre ha previsto per lui, fatta su misura per lui, quella che ciascuno di noi è in grado di portare. Per comprendere cos'è questa croce "individuale", "personale", occorre comprendere cosa è stata per Gesù è che cosa l'ha resa Croce-Passione che salva.
Il mistero di Gesù ha due facce e quella definitiva è la Resurrezione, non la Croce-Passione. L'annuncio della Passione infatti è sempre collegato all'annuncio della Resurrezione. La salvezza passa attraverso la Croce-Passione. Ad ogni annuncio della Croce fa seguito nel Vangelo di Marco una incomprensione dei discepoli; la Croce di Gesù rimane sempre "mistero" per i discepoli di allora come per noi oggi. La non comprensione non consiste semplicemente nella prospettiva della Croce, ma nel fatto che questa rientra proprio nel progetto di Dio. Il fatto che il Figlio dell'uomo "doveva molto soffrire" esprime la chiara consapevolezza di una necessità di ordine teologico, la necessità della croce, essa fa parte del piano di Dio; da parte di Gesù la Croce è stata una "filiale, amorosa e libera obbedienza", Gesù vuole e sceglie di obbedire al progetto di Dio perchè si fida totalmente dell'amore del Padre. Gesù ha preso la sua Croce perchè lo ha voluto, non perchè costretto.
All'annuncio della sua passione segue sempre da parte di Gesù un invito al discepolo, il discepolo deve fare propria la logica della Croce: è un elemento essenziale della vita cristiana. La logica della Croce nella vita del discepolo diventa rinnegamento di sè! E' in questo rinnegamento di sé che è concentrato il prendere la sua Croce.
Come seguire Gesù?. "Rinnegare sè stessi" significa accettare il progetto messianico di Gesù, che comporta un capovolgimento totale dell'immagine di Dio e del modo di intendere la sua signoria sul mondo: non nella forza, non nella potenza, ma nella povertà, nella mitezza, nella donazione di sè, nella gratuità dell'amore e del perdono. E' una conversione che va alla radice della propria mentalità, che capovolge i criteri di fondo delle proprie valutazioni e scelte nella vita di ogni giorno.
Il discepolo deve progettare la sua vita in termini di obbedienza alla propria vocazione, in termini di donazione, non di possesso, in termini di farsi servitore, non di farsi servire, in termini di povertà, di mitezza, di solidarietà, non di dominio, di potere, di possedere sempre di più.
Ogni giorno nel lavoro, nella famiglia, nei rapporti con gli altri, è sempre in gioco tutta l'esistenza, perchè sempre si tratta di scegliere a quale logica riferirsi, a quale modo di condurre l'esistenza, la professione, i rapporti con gli altri, l'uso del denaro, l'uso del proprio tempo, l'uso del proprio corpo, se secondo il progetto dell'uomo o secondo il progetto di Dio. Non è in gioco una vita al posto di un'altra - entrambe ugualmente valide e significative - ma la scelta è fra una vita "vuota" e una vita "significativa".
Canto: SERVO PER AMORE
Filippesi 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
perchè nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore,
a gloria di Dio Padre.
Isaia: 52, 13-53
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà innalzato, onorato, esaltato grandemente.
Non ha apparenza nè bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per potercene compiacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza
si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della conoscenza.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino,
perchè ha consegnato se stesso alla morte, ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
Preghiera
Ecco, oggi io vengo a te.
Mi inginocchio sotto la Croce.
Bacio quei piedi, che senza farsi sentire
e senza farsi fuorviare,
mi seguono con passo sanguinante
lungo le strade tortuose della mia vita.
Abbraccio la tua Croce,
o Signore dell'amore eterno,
o cuore di tutti i cuori,
o cuore trafitto,
o cuore paziente e indicibilmente buono!
TESTIMONIANZA
Vito era quasi ingegnere, un anno e mezzo e sarebbe arrivata la laurea. Mirko studiava informatica, dodici ore davanti al computer con la voglia di inventarsi una rete tutta sua. Vite di ragazzi che se ne andavano lungo le rotte battute dall'abitudine: i libri e la famiglia, la fidanzata e la sera in pizzeria. E che, ad un certo punto, si so o trovate ad un bivio - uno di quelli che portano vicino e lontano, uno che a prenderlo ci vuole coraggio, "fede" correggono loro - e alla fine hanno scelto di imboccarlo. Sandali ai piedi ed indosso un saio, si sono messi in marcia verso la meta. Che ormai è in vista e dista due anni appena: i voti perpetui. Nell'abbazia di Farneto, Vito di venticinque anni, ha un maglione marrone sopra il saio e una storia da raccontare: "frequentavo l'Università, non certo la Parrocchia e neppure la Chiesa. Avevo la ragazza e stavo bene così. Poi, un giorno d'inverno del 92, me lo ricordo bene, era il 17 febbraio, un amico mi portò a sentire un frate americano che teneva una specie di conferenza. Si chiamava Padre Paul, era stato un figlio dei fiori alla fine degli anni 60, prima di scoprire la Fede. Raccontò il suo passato di hippie e la sua vocazione. Quindi lesse la parabola della pecorella smarrita. Io la conoscevo già, ma quel giorno mi fece uno strano effetto: di colpo mi resi conto che Dio non era tutto quello che stavo rifiutando, ma tutto quello che stavo vivendo". Il cammino di Vito è cominciato lì, con una capriola della propria esistenza: "non è stato facile comunicarlo ai miei genitori mia madre ha accettato la mia scelta, mio padre invece c'è rimasto di sasso e si è messo pure a urlare che mi mancavano pochi esami e sarei stato ingegnere e che dovevo pensarci. Non parliamo poi della mia ragazza: lei l'ha presa proprio male; diceva: "anch'io sono cattolica, però non sono d'accordo". Abbiamo rotto i rapporti per due anni, poi ci siamo ritrovati: oggi ha un altro fidanzato ed è felice. E ha capito che agli inizi del 2000, in un mondo dove il possesso delle cose e le apparenze sono tutto, un ventenne può anche fare voto di povertà. "Però, se ci pensi bene, oggi è persino più facile fare un voto così: siamo talmente ingolfati di ricchezza, fino all'osso del collo, che ti viene la nausea. Scegliere la povertà è questione di amore. Perché quando sei cotto di Gesù, non t'importa la vita superficiale che lasci, perché qui ridimensioni tutto. A cominciare dai tuoi problemi. Non si impara a conoscersi sui libri ma nel rapporto con gli altri."
Mirko ha ventidue anni e un'altra storia. Frequentava la Parrocchia e come dice lui "un giorno mi sono lasciato sconvolgere, perché Dio è anche fantasia". E ha deciso per la radicalità, mettendosi al servizio degli altri. "Prima me ne stavo dalla mattina alla sera davanti al computer, senza rendermi conto del tempo che perdevo. Ho compreso che il valore più alto è Gesù e che il nostro cuore ha bisogno di amare qualcuno, non le cose e soprattutto non il loro possesso. Anche per me è stato difficile comunicarlo alla mia ragazza, che non accettato il mio nuovo cammino. Ci siamo rivisti di rado, ma arriva un momento in cui la chiamata è più forte e devi andare; e sostituire l'affetto per uno con l'amore per tutti ".
13. CROCE E MARIA
(a cura di Mondo Giovani)
M. Magrassi, Maria e la Chiesa: una sola madre
Qualcuno ha notato che la liturgia non ha ancora tradotto in forma di culto l'attuale fede della Chiesa, sul posto di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Due sono in particolare le carenze lamentate: a) nelle celebrazioni pasquali viene passata sotto silenzio la compartecipazione di Maria alla passione del Figlio; b) non è rilevata la sua operosa presenza a Pentecoste, agli albori della Chiesa nascente .
Il rilievo è degno di attenzione. Va detto tuttavia che la presenza di Maria a Pasqua è illustrata nella festa del 15 settembre. Ma sarebbe certamente auspicabile che il ricordo della Vergine si affacciasse anche nelle celebrazioni pasquali e pentecostali.
Il Vangelo, al riguardo molto più esplicito, ci viene incontro con due incomparabili pagine di Giovanni: il racconto delle nozze di Cana, e la consegna di Giovanni alla Madre e della Madre a Giovanni dall'alto della Croce. Senza dubbio i due momenti sono collegati: lo dice la menzione della sua "ora" nella cornice festosa di Cana: l'ora è quella decisiva della sua elevazione sulla croce. Cana segna un culmine nel vangelo di Giovanni: Gesù vi compie il primo "segno" e "da quel giorno i discepoli credettero in lui": nasce la fede. Poteva mancare Maria in un momento così decisivo? Cera la Madre di Gesù", annota Giovanni (2, 1). I tre temi delle nozze, del banchetto e del vino sono tipicamente messianici.
Il banchetto è un segno della venuta del Regno. Il vino è il segno della benedizione di Dio ed è segno del mondo nuovo che Cristo inaugura. Tutto evoca irresistibilmente le parole dell'Apocalisse: "Sono giunte le nozze dell'Agnello; la sposa è pronta" (Ap 19,7).
La presenza di Maria in questa cornice assume rilievo da due fatti: non è confusa nel gruppo dei discepoli, ma sta a parte; non assiste passivamente come i Dodici, ma interviene con un ruolo decisivo. Quando chiede il segno, ottiene dal Cristo una risposta misteriosa: "Che ho da fare con te, o donna?" Comunque lo si intenda, il testo precisa una distanza tra Cristo e la Madre. Inoltre l'appellativo di "Donna", che ritroveremo alla Croce, e che sostituisce quello familiare di "madre", assume un tono solenne ed enfatico. Maria è invitata a uscire dalla sua situazione umana di mamma di Gesù, per assumere un ruolo ben più grande nella comunità dei credenti. Il Signore mette in secondo piano i legami della parentela umana, per indicare a Maria la sua funzione definitiva di Donna credente e di Madre spirituale nel seno della Chiesa.
Per questo soggiunge: "Non è ancora giunta la mia ora". Quando quest'ora suprema giunge, ai piedi della Croce, allora questa funzione di Maria appare in piena luce: "Figlio, ecco tua Madre". Vi è un mistero - annota S. Ambrogio (20) - nel fatto che Maria viene affidata a Giovanni... Si tratta qui del mistero della Chiesa... Ecco che tu comincerai ad essere figlio della Chiesa, quando vedrai Cristo vittorioso sulla Croce ". E più tardi Ruperto completa bene il pensiero quando scrive: " Così soffrendo qui veramente le sofferenze del parto nella passione del suo unico figlio, la Beata Vergine ha generato la nostra salvezza universale; per questo è la Madre di tutti noi" (20 bis).
Si noterà che scocca qui l'ora solenne in cui la Chiesa è formata. L'acqua e il sangue che sgorgano dal cuore squarciato sono simbolo trasparente del Battesimo e dell'Eucaristia, attraverso i quali la Chiesa dovrà esercitare la sua funzione materna, rigenerando gli uomini alla vita del Risorto. E Maria è là a cogliere i frutti della Redenzione, per gli uomini di tutti i tempi. "Venuta l'ora" la figlia di Sion, che aveva partorito il Cristo senza doglie, genera nel dolore i figli della Chiesa. Per questo Gesù la guarda e le dice: "Donna, ecco tuo figlio". In quel momento decisivo, Maria scruta fino in fondo la sua vocazione nuova: quella di Madre spirituale nella Chiesa-Madre. " Colei che quanto al corpo era la madre del nostro Capo, poté divenire quanto allo spirito madre di tutte le sue membra, con nuovo titolo di dolore e di gloria": così Pio XII.
Per questo nell'arte carolingia spesso la figura di Maria ai piedi della Croce è sdoppiata: accanto ad essa è posta la figura della Madre Chiesa, di cui Maria inizia e adombra la missione. Nel momento in cui la Chiesa, cosciente della sua missione e forte dei doni dello Spirito, inizierà la sua opera, ancora una volta Maria è presente: "Ai tuoi apostoli, riuniti nel cenacolo con Maria, Madre di Gesù, hai donato lo Spirito Santo...". E' in comunione con lei che prende l'avvio lo slancio missionario della Chiesa.
Stabat Mater
la Madre sta presso la Croce
da cui pende il Figlio.
Immersa in angoscia mortale
geme nell'intimo del cuore
trafitto da spada.
Quanto grande è il dolore
della benedetta fra le donne,
Madre dell'Unigenito!
Piange la Madre pietosa
contemplando le piaghe
del divino suo Figlio.
Chi può trattenersi dal pianto
davanti alla Madre di Cristo
in tanto tormento?
Chi può non provare dolore
davanti alla Madre
che porta la morte del Figlio?
Per i peccati del suo popolo
ella vede Gesù nei tormenti
del duro supplizio.
Per noi ella vede morire
il dolce suo Figlio, solo,
nell'ultima ora.
O Madre, sorgente di amore,
fa' ch'io viva il tuo martirio,
fa' ch'io pianga le tue lacrime.
Fa' che arda il mio cuore
nell'amare il Cristo-Dio,
per essergli gradito.
Ti prego, Madre santa:
siano impresse nel mio cuore
le piaghe del tuo Figlio.
Uniscimi al tuo dolore
per il Figlio tuo divino
che per me ha voluto patire.
Con te lascia ch'io pianga
il Cristo crocifisso
finché avrò vita.
Restarti sempre vicino
piangendo sotto la croce:
questo desidero.
O Vergine santa tra le vergini,
non respingere la mia preghiera,
e accogli il mio pianto di figlio.
Fammi portare la morte di Cristo,
partecipare ai suoi patimenti,
adorare le sue piaghe sante.
Ferisci il mio cuore con le sue ferite,
stringimi alla sua croce,
inebriami del suo sangue.
Nel suo ritorno glorioso
rimani, o Madre, al mio fianco,
salvami dall'eterno abbandono.
O Cristo, nell'ora del mio passaggio,
fa' che, per mano a tua Madre,
io giunga alla meta gloriosa.
Quando la morte dissolverà il mio corpo
aprimi, Signore, le porte del cielo
accoglimi nel tuo regno di gloria. Amen.
14. LIBERATI DAL GIOGO DEL MALE
(a cura di Comunione e Liberazione)
Il Signore è la mia salvezza
e con Lui non temo più,
perché ho nel cuore la certezza:
la salvezza è qui con me.
un giorno eri lontano da me,
ora invece sei tornato
e mi hai preso con te.
Berrete con gioia alle fonti,
alle fonti della salvezza
e quel giorno voi direte:
lodate il Signore, invocate il suo nome.
tutto quello che Lui ha compiuto
e ricordino per sempre,
ricordino sempre che il suo nome è grande.
Cantate a chi ha fatto grandezze
e sia fatto sapere nel mondo;
grida forte la tua gioia, abitante di Sion,
perché grande con te è il Signore.
Una notte di sudore,
sulla barca in mezzo al mare
e mentre il cielo simbianca già,
tu guardi le tue reti vuote.
Ma la voce che ti chiama
un altro mare ti mostrerà
e sulle rive di ogni cuore
le tue reti getterai.
come Maria ai piedi della croce
e sarai servo di ogni uomo,
servo per amore
sacerdote dellumanità.
Avanzavi nel silenzio,
tra le lacrime e speravi
che il seme sparso davanti a te
cadesse sulla buona terra.
Ora il cuore tuo è in festa
perché il grano biondeggia ormai,
è maturato sotto il sole,
puoi riporlo nei granai.
Cristo non ha le mani
ha soltanto le nostre mani
per fare il suo lavoro oggi.
ha soltanto i nostri piedi
per guidare tutti gli uomini sui suoi sentieri
Lunica Bibbia oggi siamo noi
la gente che sta attorno guarda a noi
lultimo messaggio di Dio siamo noi
scritto in opere e parole (2)
ha soltanto le nostre labbra
per parlare di sé agli uomini doggi.
Cristo non ha mezzi
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre tutti gli uomini a sé.
Vivere al vita con le gioie e coi dolori di ogni giorno
è quello che Dio vuole da te.
Vivere al vita è inabissarti nellamore è il tuo destino
è quello che Dio vuole da te.
Fare insieme agli altri la tua strada verso Lui
correre con i fratelli tuoi
Scoprirai allora il cielo dentro di te,
una scia di luce lascerai.
Vivere al vita è lavventura più stupenda dellamore
è quello che Dio vuole da Te.
Vivere al vita è generare ogni momento il Paradiso
è quello che Dio vuole da Te.
Vivere perché ritorni al mondo lunità,
perché Dio sta nei fratelli tuoi
Scoprirai allora il cielo dentro di te,
una scia di luce lascerai. (2 volte)
Ho bisogno di incontrarti nel mio cuore,
dincontrare Te, di stare insieme a Te;
unico riferimento del mio andare,
unica ragione Tu, unico sostegno Tu,
al centro del mio cuore ci sei solo Tu.
Anche il cielo gira intorno e non ha pace,
ma cè un punto fermo: è quella stella là ...
la stella polare è fissa ed è la sola,
la stella polare Tu, la stella sicura Tu,
al centro del mio cuore ci sei solo Tu.
e poi non importa il come, il dove, il se.
Che Tu splenda sempre al centro del mio cuore;
il significato allora sarai Tu:
quello che farò sarà soltanto amore,
unico sostegno Tu, la stella polare Tu,
al centro del mio cuore ci sei solo Tu! (2 volte)
Se Tu maccogli
Se Tu maccogli Padre buono,
prima che venga sera.
Se Tu mi doni il Tuo Perdono,
avrò la pace vera.
Ti chiamerò mio Salvator
e tornerò Gesù con Te.
Pur nellangoscia più profonda,
quando il nemico assale,
se la Tua Grazia mi circonda
non temerò alcun male.
Tinvocherò mio Redentor
e resterò sempre con Te.
Stampato in proprio c/o ufficio pastorale, curia vescovile - Fidenza
Gloria a Te, Cristo Gesù,
oggi e sempre Tu regnerai!
Gloria a Te! Presto verrai:
sei speranza solo Tu!
offri perdono, chiedi giustizia:
lanno di grazia apre le porte.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
Sia lode a te! Cuore di Dio,
con il tuo Sangue lavi ogni colpa:
torna a sperare luomo che muore.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
umile Servo fino alla morte,
doni alla storia nuovo futuro.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
Sia lode a te! Verbo del Padre,
Figlio delluomo, nato a Betlemme,
ti riconoscono magi e pastori.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
Seme nascosto, stella nel buio:
in nessun altro il mondo si salva.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
Sia lode a te! Grande pastore,
guidi il tuo gregge alle sorgenti
e lo ristori con lacqua viva.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
chi segue te accoglie la croce,
nel tuo vangelo muove i suoi passi.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!
Sia lode a te! Pane di vita,
cibo immortale sceso dal cielo,
sazi la fame di ogni credente.
Solo in te pace e unità!
Amen! Alleluia!