TESTIMONIANZA MICHELE

Ciao, mi chiamo MICHELE e sono un giocatore compulsivo.
Faccio una fatica tremenda ad iniziare a scrivere la mia esperienza, provo rabbia, paura, vergogna ma soprattutto non riesco ad accettare di essere stato un gran fallito.
Nella mia vita ho sempre pensato che la solitudine fosse la cosa più brutta che potesse esistere, che un uomo non potesse restare solo, che un uomo non potesse non avere amici. In tutti i modi ho sempre cercato di socializzare, adattandomi a tutte le circostanze,cambiando immagine e così via… per non rimanere solo. Inconsciamente forse non è stato così, con certi miei modi di fare, con certe mie compulsività mi sono allontanato dagli altri gran parte della mia vita e mi sono sentito veramente molto solo.
Ho 34 anni e diciamo che sono vent’anni che vivo in maniera negativa; prima con la droga e poi con il gioco. A 14 anni ho iniziato a fumare gli spinelli per dimostrare ai ragazzi più grandi di non essere un fessacchiotto, a 16 anni ho iniziato ad impasticcarmi ed a tirare l’eroina, prima molto saltuariamente poi, fino ad arrivare al buco all’incirca a 18 anni. Ho passato quattro anni in questo modo, fino ad arrivare ad usarla anche 10 volte al giorno. Non ce la facevo più...ne ho combinate di tutti i colori. Un giorno ne ho parlato con i miei genitori ed al mio datore di lavoro, il quale mi ha consigliato di andare in una comunità.
All’età di 22 sono entrato in una comunità terapeutica e dopo all’incirca due anni, ne sono uscito; è stata veramente dura, da allora non ho più fatto uso di stupefacenti.
Nel periodo di tossicodipendenza il gioco mi piaceva molto, ma non ero compulsivo, anzi non lo so! Forse non me ne rendevo conto perché ero sempre assuefatto dalla droga. Ricordo che andavo spesso al casinò, mi piaceva moltissimo giocare a carte (rigorosamente a soldi) e giocavo a tutte le estrazioni del lotto.
Finita la comunità, all’incirca dopo un mesetto ho conosciuto mia moglie, ho passato qualche mese felice senza problemi. Poi una sera con mia moglie e mio cognato decidemmo di andare al casinò, quella sera vincemmo. Dopo qualche settimana andammo di nuovo, mi accorgevo che stavo sbagliando e dicevo a mio cognato che dovevamo fare attenzione perché se continuavamo potevamo prendere il vizio. Quelle parole non servirono molto perché andavamo sempre più frequentemente; in quel periodo lì dovevo ancora sposarmi e mi trovavo sempre più nei guai con i soldi, ma nonostante tutto riuscivo ancora a gestirmi abbastanza bene. Passati altri 5 o 6 mesi eravamo arrivati al punto che appena avevamo qualche ora libera partivamo, anche da soli, per andare al casinò.
Un giorno mio cognato si trovò nei guai, era “in rosso” in banca, aveva sconfinato di 6 milioni, mi chiamò, mi chiese di accompagnarlo e se potevo fare il garante per un finanziamento che aveva intenzione di chiedere. Andai con lui parlammo con il direttore che ovviamente verifico anche la mia situazione finanziaria; visto che anch’io avevo il conto in quella banca per lui fu facile controllare subito. Il direttore dopo qualche minuto venne da noi e disse che quasi tutti i prelievi che avevo fatto erano stati fatti al casinò della Vallè e che non ero una persona adatta per fare il garante.
Volevo sprofondare, mi vergognai come un cane anche perché il direttore di quella banca conosceva mia mamma.
Mio cognato dopo quel fatto smise di giocare, invece io continuai anzi ripresi anche a giocare a carte con i miei vecchi amici. Giocavo molti soldi però limitandomi a giocare quasi tutto lo stipendio.
All’età di 25 anni, mi sposai, facendomi imprestare un po’ di denaro dai miei famigliari e in più, meno male, utilizzando dei soldi di un fondo d’investimento. La malattia del gioco era molto forte, giocavo al lotto, andavo al casinò ecc… Mia moglie lavorava in una casa di cura, faceva molte ore, lavorava il Sabato le Domenica guadagnava parecchi soldi; anch’io avevo un lavoro che mi rendeva bene, ma riuscivo a mangiarmeli quasi tutti, spesso andavo al casinò anche da solo.
Poi un giorno, per caso, ho conosciuto i video poker, era il 1995, con le macchinette la mia malattia è degenerata. Quell’anno fu bruttissimo, ci capitò una cosa veramente triste; mia moglie era incinta di sette mesi e perse il bambino. Ero disperato, ma nonostante questo quando tornavo a casa dall’ospedale dove era ricoverata mia moglie, cosa facevo? Andavo a giocare, mi facevo schifo, ma la tentazione del gioco era PIU’ FORTE.
La mia vita continuava così, era diventata insostenibile, mi giocavo tutto, in banca ero sempre in rosso, i nostri stipendi servivano solo per coprire i debiti e pagare le bollette che erano sempre scadute. In questa situazione sono andato avanti parecchi anni, fino a che preso alle strette dalle banche e dai debiti che mi ero fatto con i conoscenti, chiesi ai miei genitori un altro prestito, confessando loro che ero un giocatore ( i miei genitori e le persone che conoscevo già immaginavano tutto). Mio padre mi disse:
“ Michele, adesso che ti ho coperto tutti i debiti sei pronto per ricominciare a fare di nuovo le tue cazzate vero?”. Gli risposi che non si doveva preoccupare e gli promisi di non giocare più.
Bugie, la mia promessa durò ben poco, continuai a giocare, anzi, ancora di più, tutti i giorni facevo andare centinaia di mille lire.
Nel frattempo nacquero i miei due figli, le spese erano sempre di più, ma io, incurante di tutto, continuavo a giocare, inventandomi sempre qualcosa di diverso per procurarmi i soldi. Mi ricordo che ogni volta che giocavo e perdevo mi promettevo che non avrei più giocato, ma passata qualche ora le mie promesse svanivano ed ero già pronto per tornare a giocare. Mi sentivo un fallito, il gioco lo reputo, in un certo senso, peggio della droga.
Pian piano tutti vennero a sapere della mia situazione: i miei suoceri, i miei colleghi, i miei amici…Con mia moglie il rapporto era sempre più difficile, mi diceva che non mi amava più, che dovevo andare via di casa che dovevo lasciare in pace, sia lei che i miei figli, che non sapeva cosa farsene di uno come me. Quando mi diceva così invece di ammettere i miei errori di essere umile ad accettare i miei sbagli diventavo arrogante e la trattavo male; penso che mia moglie sia stata una Santa, le parole brutte che mi diceva non le pensava veramente, penso che lei mi amasse veramente, non come me.
Quando mi trovavo in situazioni bruttissime in cui non avevo speranze di salvarmi chiedevo aiuto a mia madre, con il suo aiuto le ho tentate tutte: sono tornato in comunità per vedere se qualcuno poteva aiutarmi, sono andato in centri specializzati a pagamento, sono andato da psicologi, ho preso psicofarmaci, ho parlato con sacerdoti,ecc…Ogni volta sembrava che ce la facessi, ma in realtà mi pulivo solo la coscienza e poi ricominciavo giocare. Passavo ore nei bar, nelle sale giochi; una Domenica mattina mia moglie alle 8.00 mi mandò a comprare il latte per i bambini, io non andai a comprare il latte ma a giocare poi venne a prendermi mio suocero alle 14:00 del pomeriggio: una vergogna incredibile, ma anche quello non bastò.
Facevo debiti da tutte le parti: nei bar, con le finanziarie, con le banche…facevo debiti sempre più alti per riuscire a coprire tutto.
Adesso mi trovo a dover pagare 3 finanziamenti di cui uno lo finirò di pagare nel 2012, senza contare i debiti che ho con i miei famigliari.
Nel Settembre 2002 sulla scrivania dove lavoro mi sono trovato (forse messo da qualche mio collega) un articolo del giornale LEGGO che parlava dei GIOCATORI ANONIMI e alla fine dell’articolo c’era un numero telefonico. La curiosità era tanta, volevo veramente smettere di giocare allora telefonai e presi un appuntamento con un membro del gruppo, in Piazza Castello per il giorno dopo.
Arrivato all’appuntamento c’era un ragazzo che mi disse che era 2 anni che non giocava più e che se volevo provare a smettere avrei potuto andare alla riunione in via Marco Polo, n° 6 il lunedì sera alle 20:30, fu molto vago perché non aveva molto tempo, gli feci soltanto un paio di domande e poi ci salutammo. Il Lunedì seguente andai alla riunione ed adesso faccio parte di questo gruppo.
Non è stato facile per me smettere di giocare, purtroppo sono ricaduto un po’ di volte, nella mia testa ad un certo punto scatta un meccanismo diabolico; appena mi sento a posto con la coscienza faccio cazzate.
IL 27 Marzo 2003 ho confessato al gruppo di essere ricaduto al gioco che da quel momento avevo deciso di girare un’altra pagina della mia vita, di ricominiciare da zero; a volte ci vuole coraggio nel prendere queste decisioni. Purtroppo non è stato così semplice, dopo 2 mesi sono ricaduto di nuovo, non ho avuto il coraggio di dirlo subito al gruppo, mi vergognavo tremendamente, non l’ho detto però continuavo sempre a frequentare le riunioni perché ne avevo, ne ho, bisogno; adesso senza il G.A. mi sento perso.
Mi sento uno stupido perché alla fine il male lo faccio solo a me stesso, perché nel gruppo nessuno mi giudica , non prendo in giro il gruppo ma solo me stesso.
E’ un anno che frequento i GIOCATORI ANONIMI ed è 4 mesi che non gioco più, mi sento molto più sereno e dico UN GROSSO GRAZIE, specialmente alle persone che ne fanno parte.
GRAZIE da MICHELE (settembre 2003)


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