TESTIMONIANZA LUIGI

Sono Luigi e sono un giocatore compulsivo. La mia odissea è iniziata tre mesi dopo essere andato in pensione.
Per anni, sul lavoro avevo coperto incarichi di una certa responsabilità, di colpo tutto questo era scomparso, e di colpo, mi sono sentito inutile. Passata l’euforia dei primi giorni della mia nuova condizione di pensionato, il mio problema divenne occupare il tempo. Passavo al bar, prendevo il caffè, qualche discussione con gli amici, la lettura del giornale, ma poi tutto questo non mi è più bastato, e sempre al bar ho scoperto i videopoker, anche questo, all’inizio, un modo per passare il tempo, senza alcun pensiero.
All’inizio, nella macchinetta finiva il resto del caffè, qualche biglietto da mille, poi pian pianino sono passato alle diecimila lire, ma ancora non era un problema, erano ancora spese controllabili, che non necessitavano di alcuna giustificazione in famiglia.
Solo che non mi stavo rendendo conto che con questi gesti apparentemente innocui, stavo lentamente iniziando la mia discesa verso la distruzione.
Poco per volta questo mio giocare stava diventando dipendenza, senza quasi rendermene conto, la mia pensione, che non era neanche tanto piccola, finiva in poco più di una settimana, mangiata dalle macchinette.
Poi ho cominciato ad intaccare il conto in banca, prelievi sistematici e continui, senza senso, scuse per poter disporre di denaro, prestiti con amici e conoscenti: debiti un po’ con tutti. Questo mio modo di vivere è andato avanti per diversi anni: mia moglie si chiedeva e mi chiedeva, dove andasse a finire tutto quel denaro, e io trovavo sempre delle scuse, un guasto alla macchina, prestiti ad amici, perdita del portafogli, ero molto bravo ad inventare scuse.
Mia moglie, per impegnare il tempo, mi consigliò di fare del volontariato, ed allora cominciai a frequentare un’associazione di volontariato. Lei, come tutti del resto, non si era accorta della mia dipendenza dal gioco, ma come poteva, visto che neanche io ne avevo percezione? La mia convinzione era quella di poter smettere quando volevo, convinzione che avevo sempre avuto.
All’inizio fare volontariato mi piaceva, poi, frequentare l’associazione era solo la copertura per poter giocare senza alcun controllo. Per tutti ero all’associazione, ed erano tranquilli, io invece ero nel bar a giocare.

Per anni la mia vita è stata questa, gioco, gioco, gioco. Non esisteva nient’altro, non esisteva mia moglie, che consideravo la mia peggior nemica, non c’era più il mio unico figlio, a cui volevo, voglio, un bene dell’anima, non c’ero più io, non c’era la cura della persona, lavarmi, farmi la barba, cambiarmi, non erano importanti: la cosa più importante, l’unica cosa, era la ricerca del denaro, qualunque fosse il modo, per poter andare a giocare.
Sette anni di vita li ho sprecati così, fino a che mia moglie, quella che consideravo la mia peggior nemica, perché faceva di tutto per impedirmi di rovinarmi, mia moglie dicevo, stanca di dover combattere questa battaglia giornaliera, mi trovò il numero di Giocatori Anonimi.

Andai alla mia prima riunione il 13 ottobre del 2003, un lunedì, e la sensazione fu che sì ero un malato di gioco, ma che forse potevo uscirne.
Per la prima volta dopo anni, potevo parlare di questo problema, di cosa mi succedeva, con persone che capivano che cosa stessi dicendo, senza giudicarmi, senza pensare nulla, ma solo ascoltandomi. Persone che sapevano di cosa stavo parlando per aver provato a loro volta le stesse cose, le stesse sensazioni le stesse sofferenze.
Che non mi giudicavano e che mi raccontavano le loro esperienze, le loro vite, a me, per loro uno sconosciuto, che si aprivano e mi dicevano come loro facessero a combattere questa dipendenza, questa malattia. Un giorno alla volta. E ci riuscivano.

Ora sono passati cinque anni, cinque anni di sobrietà e la mia vita è tornata normale nel senso più pieno di questo termine. Tutto questo grazie a Giocatori Anonimi, al suo programma, che cerco di portare nella mia vita grazie al gruppo. Grazie alle persone che mi sono state vicino in questo cammino e grazie anche a me e alla mia volontà di capire che la mia vita può essere regolata sulle 24 ore.
Quelle 24 ore a volte lunghissime da far passare, specie all’inizio, ma che poi sono diventate una sana abitudine.
E grazie anche al fatto che, a volte quasi senza accorgermene, mi accorgo di fare quei cambiamenti che mi sono serviti e che mi servono ancora, per vivere una vita serena e piena.

Luigi giocatore compulsivo Marzo 2009

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