Capitolo 11

 

 

ICARO

XI

        

        Per prima cosa si sfilò i mocassini, stese le gambe per tutta la loro misera lunghezza e poggiò i piedi scalzi contro il parabrezza.

Gliene avrei volute dire quattro, per la maleducazione più che altro. Dove si credeva d’essere? Ma non ebbi il tempo per farlo, e fortuna che mi resi conto che stavano per partire a tutto gas, senza nemmeno avvisare. Riuscii comunque a guadagnare il posteriore, schizzando dentro dallo stretto pertugio del finestrino.

Che bella prospettiva! Davanti, un bucolico paesaggio con prati, boschi e freschi torrenti che emanavano un profumo seducente, se solo l’avessi potuto fiutare, e sulla destra i suoi devastanti piedi, pieni e carnosi, che pure emanavano un odore tutt’altro che rassicurante. Non ti so dire perché e come, ma quello lo percepivo, altroché.

Perfino Roberto non tardò ad accorgersi della presenza di quel tanfo sempre più invadente.

Fa un bel caldo, no?” fu la giustificazione per spalancare quasi del tutto il finestrino lato guida, anche se l’aria fuori dava l’impressione d’essere piuttosto fresca.

Altresì, furono le ultime parole proferite per un buon quarto d’ora e forse più, quasi Roby avesse deciso di restare in apnea.

Nello stesso istante in cui si accinse a girare la chiave nel cruscotto ebbi la sensazione, anzi, ben più che la sensazione, la certezza di udire un colpo, una botta, una manata, qualcosa di simile, seguito da un repentino e invadente spostamento d’aria. Un’insolita percezione, come se qualcuno stesse tentando di sistemarsi accanto a me. Davvero singolare, visto che nel posteriore c’ero solo io.

- Sarà la stanchezza – pensai.

Decisi perciò di dormire per qualche minuto. Ah, se solo potessi vantare tale preziosa virtù tra le poche concessemi. Simulai, restando in silenzio.

E’ molto lontano questo posto?” chiese dopo un bel po’ di tempo Roby, forse pentito di aver rimorchiato la ragazza.

Quale posto?” replicò lei distrattamente.

La cengia … Icaro, hai detto che si chiama?

Per quanto ne so io, di questo passo ci vorranno almeno quattro ore. Potresti spingere un po’ sull’acceleratore” si lamentò lei.

Come vuoi. Non sono abituato a tenere alte velocità, e poi la strada è piena di curve” quasi si scusò, Roby.

Ma cosa l’aveva, stregato? conquistato? incantato? Fosse spettato a me decidere, l’avrei scaricata da un bel pezzo. Altro che pretese. Un altezzoso barilotto di grasso, ecco cos’era. Solo la puzza di quei piedi!

Non riusciremo ad arrivare entro sera” proseguì Roberto “sarà meglio cercare un albergo dove passare la notte.

Tu fai quello che ti pare. Io i soldi per l’albergo non li ho. Dormirò nel sacco a pelo” affermò lei.

Non ti preoccupare, posso pagare la stanza per entrambi” si offrì Roby.

Hei! Per chi mi hai preso. Non sono mica una di quelle. Tu vai in albergo e io dormo in auto” proclamò scandalizzata, ritraendo il piede sinistro. Solo quello, purtroppo. “Oppure io vado in albergo, spesata, e tu resti in auto” puntualizzò, infine.

Scusa, non intendevo offenderti. Volevo dire che posso pagare due stanze separate” s’affrettò a chiarire.

Non ti scomodare, sono abituata a dormire dove capita … oggi qui, domani chissà” lo tranquillizzò, e per fortuna ritrasse anche il destro. Il piede, voglio dire.

Lasciò trascorrere qualche attimo, quindi proseguì con tono un tantino più cordiale “comunque grazie, sei molto gentile. Bella automobile, lussuosa e spaziosa. Potremmo dormire entrambi qui, piuttosto.

Con mio grande rammarico tornò ad appoggiare la fonte dei guai, i piedi, in bella mostra.

Devi essere un tipo con dei soldi” affermò convinta, mentre roteava l’alluce sinistro avvicinandolo pericolosamente al naso di lui “come te la cavi nella vita? Devi avere un buon lavoro.

Ah bé, non mi lamento. Sono il proprietario di un’azienda che fabbrica bambole automatiche. Dovresti vederle, sono bellissime. Anche elettroniche, sai, e qualche cane e gatto. Ma quelli ultimamente non ci riescono troppo bene. Oh, guarda che hanno anche il telecomando a infrarossi.

Lo osservò un po’ di traverso, come se la stesse prendendo in giro. Forse non era granché esperta in materia.

Pensavo fossero a propulsione nucleare … e cosa ci fa qua in mezzo ai monti un produttore di bambole?” chiese, poco convinta.

E una francese a piedi nudi?” sorrise lui.

Bretone! Sia ben chiaro” specificò la ragazza.

OK, una bretone diretta ai Lunghi Aghi” si corresse Roby.

Di sicuro, non quello che ci fai tu” disse lei, con gran trasporto “io sono venuta per volare.

- Vuoi vedere che mi hanno cambiato assistito e mi dirottano su questa cotenna di maiale? – pensai, rabbrividendo. Io, un killer d’eccezione, un volatore di prima categoria eccetera eccetera eccetera. Iniziavo a convincermi che qualcosa o qualcuno si stava prendendo gioco di me.

Per volare? Ah, capisco! Con quella specie di velivoli … come si chiamano…” affermò Roberto, in leggera confusione, che proprio non aveva capito nulla.

Deltaplani” suggerì lei.

Sì, ecco. Voli con quei trabiccoli lì? Mamma mia, che coraggio. Io non ci salirei neanche morto. Pensa che ho perfino il terrore di viaggiare in aereo.

- Sì, mi hanno assegnato alla persona sbagliata – conclusi sconsolato.

Figurarsi, con quelle ali che sembrano appiccicate sul dorso della schiena, a diretto contatto con l’aria” proseguì Roby “mi vengono i brividi al solo pensiero.

Già, deve essere meraviglioso” sospirò lei “udire il sibilo del vento nelle orecchie, l’aria tra i vestiti e il corpo, lungo il seno e tra le natiche, nei capelli, dentro gli occhi. Farsi cullare dalle soffici nuvole bianche appena sotto … quando arriverò alla roccia sarà solo il mio corpo. La mente sarà già rinata.

Si zittì per qualche lungo istante, quindi riprese “non posseggo un deltaplano. Mi lancerò dalla Icaro così, come mi vedi ora. Sarà un’esperienza stupenda.

E irripetibile. A me sembrava una pazza, e la faccenda stava assumendo contorni sempre più foschi. Cambiarmi obiettivo in corso di missione, un comportamento davvero scorretto. E poi non avevo alcuna voglia di gettarmi da quella cengia, aggrappato a quella folle. Ma questa considerazione, ovviamente, vantava ben poco valore. Non potevo decidere io. Ad ogni buon conto, nessuno si era ancora premurato di farmi conoscere eventuali variazioni di programma, per cui decisi di mantenere la calma e rimandare le lamentele ufficiali a dopo il fattaccio.

Dai, non mi prendere in giro” ridacchiò Roberto.

Ma l’espressione trasognata della ragazza lasciava presagire poco di buono.

Fabbrica di bambole, hai detto. Come ti chiami?” chiese lei.

Ah già, perdonami. E’ ora che mi presenti … Roberto” e le porse la destra, che restò drammaticamente sospesa in aria senza che la ragazza la degnasse di una sia pur minima attenzione.

Come l’ebbe recuperata, la mano, continuò “a proposito, hai mai sentito parlare del mitico Ralph?”, non senza un filo di delusione.

Ralph? Veramente no, cos’è, un’antica leggenda?

No, è un cagnolino. Finto, un piccolo robot, voglio dire. Sai che fatica fargli fare tutti quei movimenti. Vinse il primo premio al festival del giocattolo automatico di Vittoria” e si lasciò andare, Roby, all’enunciazione delle molte virtù, e pure dei lievi difetti, di quel cane semi virtuale.

Tanto parlò, con infervorata passione, ma tutto risultò probabilmente se non inutile di scarso interesse per lei, che non trovò di meglio che affermare, con noiosa insistenza “quindi sei davvero un tipo con parecchi soldi.

Diciamo che non me la passo male” soffiò Roberto “però i soldi non sono tutto nella vita.

- Ben detto, Roby – pensai.

A cosa servono i soldi, quando sei chiuso in un’auto con un pezzo d’aria non identificato e una pazza scatenata dai piedi puzzolenti, che più che a camminare servono ad ammorbare l’aria stessa. E nulla sarebbe, se non fossi proprio io quel pezzo d’aria. Ma forse si riferiva a qualcos’altro, Roby, forse a qualcuno, alla Rebecca perduta. O a quella bambola che non voleva saperne di funzionare correttamente.

E’ più importante l’amore” precisò infine.

L’amore, hai ragione!” sbottò lei “la vita è un’illusione, e l’amore non esiste. Però è la cosa più importante.

Come dici?” borbottò Roberto, convinto d’aver capito male.

Avresti bisogno di qualche lezione da parte di Ilàp Pag” affermò lei.

Ilàp Pag?” mormorò lui, ora sicuro d’aver capito male.

Ma in che mondo vivi? Non conosci Ilàp Pag? Il Guardiano massimo del cielo blu, il fondatore della ‘Casa degli amici del cielo’, il più grande filosofo sud orientale de la frans” delirò lei.

Cosa vorresti dire?” frisse in modo impercettibile, come l’olio di arachidi in padella a fuoco lento.

Lo fissò come si potrebbe fissare un extraterrestre, oppure un fantasma, se esistesse. Quindi decise di renderlo partecipe di quel gran mistero che, devo essere onesto, a me appariva ancor più misterioso. A me che, ti garantisco, davvero non riuscivo a comprendere nemmeno il motivo di essere lì, in quel posto sperduto, in compagnia di quella improbabile coppia.

La nostra associazione lavora per la diffusione dell’amore. Vedi, non è facile perpetuare l’amore quando la vita è solo un’illusione. Noi ci proviamo” prese a raccontare, la ragazza, con gli occhi all’apice di una soffice esaltazione “da noi puoi trovare solo amore, fraternità. Nessuno può varcare la soglia della nostra Casa con intenzioni diverse. L’obiettivo è la soppressione del male tramite l’affermazione dell’amore.

Scusami, ma se la vita è un’illusione, come fanno ad esistere il male e l’amore” azzardò Roby.

Nemmeno lo degnò d’uno sguardo.

Noi veniamo dal cielo” proseguì lei siamo stati inviati in missione in questo posto di perdizione, di malvagità, costretti a lottare strenuamente contro le terribili forze del male. Ma non temiamo sconfitte. Con la forza dell’amore totale, senza vincoli di subordinazione, libereremo i corpi e le menti, riscalderemo i cuori e li condurremo con noi in cielo. In cielo, mi segui?

E’ tutto … molto chiaro” balbettò lui.

In cielo … è per questo che vado alla cengia Icaro. Mi getto e rinasco libera dal male” dette l’impressione di concludere quell’intricato ragionamento.

No, aspetta, non ho compreso l’ultima parte” asserì Roberto, un poco dubbioso.

Meuui, un altro mondo. D’amore. Liberi d’amare … il cielo … non è meraviglioso?

Restò a bocca aperta, quasi senza respirare, nell’attesa di un applauso, un cenno di consenso, anche solo un gesto di conforto da parte di Roberto.

Come … come ti chiami?” ebbe appena il coraggio di chiederle.

Rebeccà.