Moderatore:
I. Fiorin
1) PREMESSA
I riferimenti normativi e
istituzionali
La legge n. 30/2000 sancisce il
definitivo riconoscimento del ruolo educativo della
scuola dell’infanzia per i bambini dai 3 ai 5 anni,
inserendo a pieno titolo questa istituzione nel sistema
educativo nazionale di istruzione e formazione. Si
delinea, quindi, un percorso formativo coerente ed
unitario nella sua ispirazione pedagogica, dai 3 ai 18
anni, con il compito di accompagnare le nuove
generazioni alle soglie della piena cittadinanza, con
pari opportunità di inserimento attivo e consapevole
nella vita sociale, civile e lavorativa.
All’interno di questo disegno
etico-politico, oltre che culturale e pedagogico, la
scuola dell’infanzia rappresenta, in aperta
collaborazione con i genitori, un momento fondativo per
lo sviluppo di identità, autonomie e competenze di
tutti i bambini e le bambine. Le sue peculiari
caratteristiche di ambiente di vita, di relazione e di
apprendimento la configurano, infatti, come esperienza
decisiva per la crescita personale e sociale, grazie
all’incontro con i coetanei, con gli adulti
responsabili professionalmente, con i segni e i
linguaggi della cultura di appartenenza.
Questa ispirazione trova un
sicuro riscontro nella storia della scuola infantile
italiana, nel pluralismo culturale e istituzionale che
l’ha da sempre contraddistinta, nell’impegno – più
recente, ma non meno significativo - delle istituzioni
pubbliche in favore della espansione e qualificazione
del servizio educativo. La legge n. 444 del 1968 ha
"segnato" positivamente l’intervento dello
Stato nel settore, permettendo di ampliare la rete di
strutture e servizi anche nelle aree più svantaggiate.
Gli Orientamenti educativi del 1991, frutto della
ricerca pedagogica più avanzata e del rapporto con le
esperienze più vive del paese, hanno dato forma e
consistenza ad una piattaforma pedagogica e culturale
che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento
essenziale per insegnanti ed operatori del settore; essi
mantengono pertanto la loro validità ed anzi
rappresentano la base a partire dalla quale le scuole
dell’infanzia definiscono il loro curricolo.
La frequenza generalizzata
della scuola dell’infanzia, che benché non
obbligatoria si attesta sul 95 % degli aventi diritto,
è la testimonianza più probante di un riconoscimento
"sociale" diffuso del significato di questa
precoce esperienza educativa e della affidabilità che
il servizio ha saputo guadagnarsi nell’opinione
pubblica.
La recente legge n. 62 del
10-03-2000 (sulla parità scolastica) prende atto
dell’articolazione pluralistica del servizio educativo
nel nostro paese (particolarmente significativa per il
ciclo scolastico dell’infanzia) e si orienta verso
l’integrazione delle diverse esperienze (nel rispetto
delle scelte dei genitori), dettando alcune regole
comuni all’intero sistema a presidio e garanzia della
funzione pubblica riconosciuta.
Da questi dati prende le mosse
il piano quinquennale per l’attuazione della legge n.
30/2000, che offre strumenti culturali, amministrativi e
finanziari per la realizzazione degli impegnativi
obiettivi di "generalizzazione e
qualificazione" del servizio posti in capo alle
istituzioni pubbliche ("La Repubblica assicura
la generalizzazione dell’offerta formativa … e
garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età
compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di
frequentare la scuola dell’infanzia"). In tal
modo, la Repubblica, attraverso al generalizzazione,
garantisce a tutti i bambini l’esercizio del diritto
ad acquisire i traguardi formativi previsti dalla scuola
dell’infanzia e responsabilizza i genitori che non si
avvalgono.
Gli atti di indirizzo per
l’applicazione della legge, approvati dalla Camera dei
Deputati e dal Senato della Repubblica (in particolare
la Risoluzione 6-00057 votata dal Senato il 21-12-2000),
riconfermano l’impegno alla "generalizzazione,
quantitativa e qualitativa" del servizio,
mediante "l’attivazione di adeguate politiche
di sostegno, affinché vengano forniti sia strutture
edilizie che i necessari supporti (trasporti, mense ecc.)."
2) IL CURRICOLO DELLA SCUOLA
DELL’INFANZIA
a) Caratteri del
curricolo della scuola dell’infanzia
La L. 30/2000 prevede una
rivisitazione complessiva del curricolo, dal ciclo
dell’infanzia al ciclo secondario, in una logica di
progressività, essenzialità e continuità. Tale logica
implica una specifica attenzione alle connessioni e ai
raccordi, nel quadro della riorganizzazione
dell’intero percorso formativo dai 3 ai 18 anni. La
riforma assume infatti la continuità come concetto
ordinatore, in base al quale identificare obiettivi
formativi e competenze da sviluppare longitudinalmente.
Tale prospettiva, in cui ogni
ciclo di istruzione esercita una funzione specifica nel
progressivo ed unitario sviluppo del curricolo, comporta
l’abbandono di ogni tentazione enciclopedica,
nozionistica e contenutistica, per abbracciare invece
un’idea ampia di competenza, in grado di rendere
concreto il bisogno di ogni soggetto di orientarsi ed
incidere sull’ambiente circostante, grazie all’uso
consapevole e critico dei diversi linguaggi offerti
dalla cultura.
In particolare, la scuola
dell’infanzia, nell’ipotizzare un curricolo che
tenga conto delle peculiari dimensioni dello sviluppo
infantile, al tempo stesso mette in evidenza quale
progressività esso delinei nei confronti della scuola
di base.
La specificità del curricolo
della scuola dell’infanzia deriva, tra l’altro, dal
fatto che l’apprendimento, specie nei primi anni di
scolarità e nel passaggio dalla scuola dell’infanzia
alla scuola di base, va interpretato come un processo di
progressiva, attiva e creativa rielaborazione della
realtà nell’incontro con i linguaggi della cultura.
In base a tale approccio, il
curricolo del ciclo dell’infanzia non può scaturire
ne’ da un’idea riduttiva e monolaterale di
competenza, ne’ da una polarizzazione
dell’attenzione sulle strutture
storico-epistemologiche interne ad ogni disciplina, ne,
infine, da un’enfatizzazione delle strutture
psicologiche dello sviluppo in senso funzionale.
Analogamente, sul piano dei modelli di apprendimento cui
riferirsi, la processualità e la progressività del
curricolo, fin dalla scuola dell’infanzia, implicano
l’abbandono di impostazioni di tipo cumulativo e
gerarchico che, interpretando l’apprendimento come
comportamento indotto, finirebbero, ancora una volta,
col privilegiare gli aspetti ricettivo-riproduttivi
della conoscenza.
In tale ottica, il curricolo
della scuola dell’infanzia non coincide con la
definizione di competenze identificate solo in
riferimento ai concetti, ai nodi epistemologici e
metodologici che strutturano una disciplina.
L’epistemologia e la metodologia di una disciplina
rappresentano un fattore costitutivo del complesso
processo di socializzazione ed elaborazione culturale
che si promuove nei diversi gradi scolastici con la
proposizione dei curricoli, ma non l’unico.
Nell’elaborazione del curricolo occorre coniugare in
una dimensione unitaria l’esigenza di una mediazione
sia culturale che psicopedagogica e didattica.
In tal senso, proseguendo il
cammino tracciato dagli Orientamenti del 1991, la
rivisitazione del curricolo della scuola dell’infanzia
si pone essenzialmente come ricerca integrata dei
criteri, dei contenuti e dei modi più efficaci per
organizzare la conoscenza, a partire
dall’individuazione di significative correlazioni tra
i diversi campi disciplinari ed i peculiari modi della
trasmissione culturale, relativi alle diverse fasi del
percorso formativo.
Pertanto, il centro del
discorso risiede non tanto nel semplificare o ridurre,
ma nell’identificare ed essenzializzare una serie di
competenze fondamentali da promuovere progressivamente
nei diversi livelli di scolarità, esplorando qualità,
significatività, organizzazione e flessibilità delle
esperienze conoscitive sollecitate da ogni linguaggio,
indagando e rendendo esplicita la struttura formativa di
ogni disciplina.
Si tratta, in definitiva, di
elaborare, dal ciclo dell’infanzia al ciclo
secondario, un impianto curricolare unitario che, pur
valorizzando le peculiarità connesse ai diversi cicli
scolastici e alle oggettive discontinuità dello
sviluppo, sia capace di interpretare in modo
progressivo, processuale, organico e coerente le
correlazioni esistenti tra modi di apprendere del
soggetto in crescita, strategie e contenuti della
conoscenza postulati dai diversi campi disciplinari,
competenze specifiche e traguardi formativi da
promuovere.
Questa visione consente di
considerare in termini evolutivi le competenze
intermedie, proprio per significare il carattere non
definitivo, ma aperto, progressivo dello sviluppo delle
competenze, in una dimensione processuale della
costruzione dell’apprendimento. Da qui la convinzione
che il curricolo della scuola dell'infanzia sia
generativo del curricolo complessivo.
b) Campi di esperienza
I "campi di
esperienza" previsti dagli Orientamenti del 1991
mantengono intatta la loro validità, anche se vanno
visti nella prospettiva di uno sviluppo progressivo del
curricolo quale è quella indicata dalla L. 30/2000.
La scuola dell’infanzia
colloca in una prospettiva evolutiva i vissuti e le
esperienze del bambino, mediandoli culturalmente
all’interno di un contesto sociale ed educativo
intenzionalmente orientato alla progressiva costruzione
delle conoscenze e delle competenze.
A questo proposito ogni scuola
dovrà tenere presenti ed esplicitare le competenze che
gli Orientamenti pongono come traguardi formativi per i
bambini dai 3 ai 6 anni all’interno dei singoli campi
di esperienza e che possono essere considerati la mappa
del percorso formativo da promuovere dalla scuola
dell’infanzia alla scuola di base.
Assumendo come documento di
riferimento gli Orientamenti del 91, gli obiettivi
formativi della scuola dell’infanzia vanno pensati
nella forma di traguardi relativi ad aree di sviluppo
irrinunciabili in quanto fondamentali nella crescita di
un bambino dai tre ai sei anni e in vista delle
possibilità di apprendimento future. Lo sviluppo del
bambino sul piano affettivo, sociale e intellettuale
costituisce la "missione" educativa specifica
della scuola dell’infanzia. Tale sviluppo è anche
condizione e garanzia di un avvio progressivo al
processo di socializzazione secondaria e di
alfabetizzazione la cui responsabilità principale è
affidata alla scuola di base.
Questa impostazione esclude che
gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia
vengano espressi in termini di contenuti di
apprendimento, aree o aspetti del "sapere" che
vanno trasmessi; essi vanno invece declinati nella forma
di atteggiamenti e capacità che si vogliono
sollecitare, promuovere ed affinare.
Nello stesso tempo, questa
impostazione esclude una articolazione
"separata" dei percorsi di sviluppo: le
esperienze che possono essere allestite a favore dello
sviluppo sociale vanno pensate, contemporaneamente, come
situazioni a favore dell’esperienza intellettuale ed
emotiva. La crescita della soggettività del bambino, il
suo divenire sociale, l’affinarsi di capacità
intellettuali (rappresentazione, pensiero, soluzione di
problemi) ha luogo secondo un processo che non può
essere promosso per compartimenti stagni, ma proponendo
situazioni di esperienza che lo coinvolgano
emotivamente, che sollecitino la sua mente, che lo
spingano a immaginare e a riflettere, che lo invitino a
socializzare, condividendoli con altri, i frutti delle
sue elaborazioni.
I tre traguardi dello sviluppo
indicati negli Orientamenti - maturazione dell’identità,
conquista dell’autonomia, sviluppo della competenza -
vanno ripensati in questo senso, come frutto di un
percorso nel quale, offrendo situazioni significative di
esperienza, a ciascun bambino venga data la possibilità
di esprimere la propria soggettività e,
progressivamente, di governarla (maturazione
dell’identità), di interagire e comunicare con altri
in maniera produttiva e sempre più raffinata (conquista
dell’autonomia, ma anche sviluppo della competenza),
di sviluppare quelle abilità "sensoriali,
percettive, motorie, linguistiche e intellettive"
che lo impegnano nelle prime forme "di
riorganizzazione dell’esperienza e di esplorazione e
ricostruzione della realtà" (sviluppo della
competenza).
Il curricolo proposto dagli
Orientamenti ’91 per la scuola dell’infanzia risulta
coerente con tale concezione. Infatti, la struttura
curricolare, articolata in sei campi di esperienza
educativa, è il risultato di una stretta correlazione
tra finalità educative, dimensioni dello sviluppo e
sistemi simbolico-culturali. In tal senso, il testo
programmatico chiarisce che i campi di esperienza
costituiscono "i diversi ambiti del fare e
dell’agire del bambino e quindi i settori specifici di
competenza nei quali il bambino conferisce significato
alle sue molteplici attività e, acquisendo anche le
strumentazioni linguistiche e procedurali, persegue i
suoi traguardi formativi, nel concreto di
un’esperienza che si svolge entro confini definiti e
con il costante suo attivo coinvolgimento."
In altre parole, la concezione
di campo di esperienza espressa negli Orientamenti
evidenzia che l’apprendimento e le conoscenze possono
scaturire dall’incontro di ogni soggetto con i sistemi
simbolico-culturali con i quali ogni società
rappresenta se stessa e la realtà, a condizione che
tale incontro sia mediato in chiave psicopedagogica e
didattica, in relazione alle specifiche finalità
educative della scuola e alle peculiari dimensioni dello
sviluppo infantile.
Inoltre, l’impianto degli
Orientamenti è in sintonia con i caratteri che i
curricoli vanno ad assumere nel sistema
dell’autonomia. Infatti, le indicazioni curricolari
sono strutturate intorno ad alcuni fondamentali
traguardi e ad una serie di competenze essenziali,
mentre le tematiche ed i contenuti portanti delle
attività sono proposti dal testo programmatico in
maniera spiccatamente orientativa. Da tale impostazione
deriva una forte responsabilizzazione dei docenti
nell’articolare, progettare e contestualizzare il
curricolo nell’ambito della singola istituzione
scolastica.
In definitiva, l’impianto
curricolare degli Orientamenti risulta coerente con
l’idea di competenza condivisa nel recente dibattito
sui curricoli e con i caratteri di essenzialità
richiesti dal processo di autonomia.
c) Competenze e traguardi di
sviluppo
Nella scuola
dell’infanzia, l’operazione di rilettura
dell’attuale curricolo può essere affrontata
identificando, all’interno del testo degli
Orientamenti, gli avvertibili traguardi di sviluppo e le
competenze/abilità da acquisire nel corso del triennio.
In ogni caso, è opportuno rifuggire dalla tentazione di
stilare un arido e decontestualizzato elenco di
obiettivi e competenze desunti dai diversi campi di
esperienza o di puntare l’attenzione solo su
specifiche e isolate abilità. I campi di esperienza
rappresentano chiavi interpretative della realtà, in
grado di promuovere competenze specifiche e trasversali
che danno forza al pensiero del bambino, in una visione
integrata e unitaria delle diverse dimensioni dello
sviluppo infantile.
La complementarità dello
sviluppo affettivo, sociale e intellettuale dei bambini
dai tre ai sei anni invita a proporre i seguenti aspetti
irrinunciabili da promuovere nella scuola
dell’infanzia:
a) La capacità di esprimere e
dare forma al mondo interno attraverso un linguaggio
simbolico, evocativo di realtà immaginarie, è un primo
aspetto irrinunciabile dello sviluppo del bambino da 3 a
6 anni. Tale capacità - che si esprime nel gioco del
"far finta", nel disegno, nella narrazione,
nella costruzione di realtà immaginarie, e che si trova
operante anche nella elaborazione di ipotesi e di
"teorie" sul mondo - costituisce un
dispositivo forte di affermazione dell’io (costruzione
dell’identità) e uno strumento potente di
organizzazione dell’esperienza (la capacità crescente
di fare uso e di manipolare simboli sta alla base della
rappresentazione della realtà, della possibilità di
fare comparazioni, generalizzare, ecc.), oltre a
costituire la via per accedere ai sistemi simbolici
propri della cultura (arte, scienza, matematica, ecc.).
b) La capacità di esprimersi
verbalmente per sollecitare le azioni altrui, ma anche
per condividere con altri emozioni, pensieri, ricordi,
per partecipare la propria esperienza, per creare mondi
immaginari, per collegare concetti e conoscenze è una
competenza fondamentale che va acquisita e affinata
nella scuola dell’infanzia in quanto costituisce uno
strumento essenziale di acquisizione di un senso del sé
in relazione all’"altro", di interazione
sociale, di organizzazione dell’esperienza. Un
linguaggio articolato, impiegato per una pluralità di
funzioni e secondo registri differenti costituisce anche
un requisito essenziale per accedere alle prime forme di
alfabetizzazione culturale.
c) La capacità di tenere conto
del punto di vista altrui nell’azione e nella
comunicazione costituisce un terzo aspetto
irrinunciabile dello sviluppo alla base di qualsiasi
forma di interazione sociale. La capacità di compiere
esami di realtà, di riflettere sulle conseguenze
sociali delle proprie azioni e di controllarle di
conseguenza, di interpretare le intenzioni e le condotte
altrui, costituiscono la base degli apprendimenti
sociali che consentono al bambino di instaurare
interazioni produttive, di affinare le proprie capacità
comunicative, di apprendere dall’esperienza sociale.
Ciò non toglie che, pur
espressi nella forma di capacità da promuovere, gli
obiettivi irrinunciabili di sviluppo vadano declinati in
maniera specifica. Occorre dichiarare che cosa ci si
aspetta che un bambino diventi alla fine del percorso
formativo compiuto nella scuola dell’infanzia,
definendo con chiarezza quali aspetti dello sviluppo
sociale, intellettuale e emotivo si intendono
promuovere. Tenendo presenti gli Orientamenti del
1991, tale declinazione può essere la seguente:
a. Sviluppo sociale. Il
bambino che entra nella scuola dell’infanzia ha già
un’esperienza sociale, maturata soprattutto, ma non
solo, nell’ambito della famiglia. L’ingresso nella
scuola dell’infanzia rappresenta la possibilità di
un’estensione e di una articolazione di tale
esperienza. Rendere fruttuoso l’ingresso in una
collettività più estesa dove il singolo può
arricchirsi attraverso il confronto e lo scambio tra
pari e con adulti diversi dai famigliari è uno dei
compiti più importanti della scuola dell’infanzia.
Comunicare, cooperare, apprendere tramite lo scambio
sono le competenze che vanno promosse e affinate negli
anni che precedono l’ingresso nella scuola di base,
sia perché consentono di godere appieno delle
esperienze che la scuola dell’infanzia offre, sia
perché costituiscono la base per ogni successiva
esperienza sociale e di apprendimento. Tali competenze
non vanno considerate genericamente, ma vanno declinate
in relazione alle specifiche offerte che la scuola
dell’infanzia fa a ciascun bambino e all’ampia gamma
di contesti e di funzioni in cui e per cui tali
competenze possono essere spese. Il Piano dell’offerta
formativa di ciascuna scuola dovrebbe essere il luogo
nel quale avviene tale declinazione, a partire da una
ricognizione iniziale delle capacità di ciascun
bambino; tale piano dovrebbe anche esprimere attraverso
quali esperienze, attività, modalità e strategie
relazionali si intendono promuovere le capacità sociali
di "quei" bambini, oltre che dichiarare
attraverso quali strumenti lo sviluppo delle capacità
può essere monitorato e valutato.
b. Consolidamento
dell’identità personale. Sicurezza, fiducia,
autonomia, senso di appartenenza, capacità di dirigere
le proprie azioni, autocontrollo, perseveranza, sono
alcuni degli aspetti più importanti dello sviluppo
emotivo da sostenere e promuovere negli anni della
scuola dell’infanzia. Non solo costituiscono gli
ingredienti di una personalità "sana", ma
sono anche i prerequisiti essenziali per qualsiasi tipo
di apprendimento. Il curricolo della scuola
dell’infanzia deve tener conto di questo aspetto dello
sviluppo, considerare attentamente quali situazioni,
modalità, strategie possano contribuire a promuoverlo,
prevedere strumenti per valutarlo, ipotizzare piani di
sviluppo personalizzati, verificare in itinere la loro
efficacia. La difficoltà di "operazionalizzare"
tali condizioni di base dello sviluppo affettivo non
deve far dimenticare la loro importanza. Semmai deve far
riflettere sulla specificità degli strumenti da
adottare per valutare i progressi in questo campo e
sulla peculiarità delle modalità e delle strategie da
utilizzare per promuoverli.
c. Sviluppo intellettuale.
Molteplici sono le capacità e gli atteggiamenti che la
scuola dell’infanzia ha il dovere di esercitare,
promuovere e affinare in questo ambito. I più
importanti, anche in vista delle possibilità di
apprendimento future, sono: un atteggiamento di curiosità
da canalizzare in attività di esplorazione, scoperta,
soluzione di problemi e prima sistematizzazione delle
conoscenze; la capacità di elaborare, organizzare,
ricostruire l’esperienza in maniera personale
attraverso forme di rappresentazione condivisibili con
altri. Nello stesso tempo, la scuola dell’infanzia
presta una particolare attenzione allo sviluppo di
capacità culturali e cognitive tali da consentire la
comprensione, la rielaborazione e la comunicazione di
conoscenze relative ai diversi campi di esperienza.
Anche rispetto a questo
ambito andrebbero meglio declinate le specifiche abilità
e i tipi di esperienza che si ritiene siano più
opportune da promuovere, in relazione all’età e alle
peculiarità dei soggetti cui sono rivolte.
d) Continuità
La complessiva ridefinizione
del sistema scolastico richiede una maggiore attenzione
alle connessioni e ai raccordi nel quadro di una
coerente riorganizzazione dell’intero percorso
formativo.
In questo quadro, occorre
riservare specifica attenzione al raccordo tra scuola
dell’infanzia ed altri contesti educativi, precedenti,
collaterali e successivi, nei quali ogni bambino vive ed
elabora le sue personali esperienze.
La scuola dell’infanzia deve
prevedere un sistema di rapporti interattivi con le
altre istituzioni ad essa contigue, ponendosi in
continuità ed in complementarità, in direzione sia
orizzontale che verticale, con le esperienze che il
bambino compie nei diversi ambiti di vita. Particolare
attenzione va posta nell’assicurare una coerenza degli
stili educativi, con specifico riguardo alle esperienze
educative maturate in famiglia e nell’asilo nido,
esperienze che il ciclo dell’infanzia colloca a sua
volta in una prospettiva di sviluppo educativo.
Tale prospettiva, per la scuola
di base, implica l’esigenza di porsi in continuità e
dare sviluppo, prima ancora che ad una serie di
traguardi e abilità, ai caratteri specifici che
assumono le esperienze educativo-formative nella scuola
dell’infanzia. In particolare, nel costruire il
percorso formativo in continuità con la scuola
dell’infanzia, la scuola di base parte dunque non solo
dall’insieme dei traguardi e competenze che il
contesto educativo precedente ha promosso, ma anche
dallo specifico approccio curricolare che tale contesto
ha assunto.
In primo luogo, la costruzione
di un percorso formativo continuo tiene conto che nel
ciclo dell’infanzia si sperimenta un curricolo aperto,
che parte dalla concretezza del bambino, dei suoi modi
di guardare il mondo e di apprendere. Al tempo stesso,
è un curricolo dinamico, che guarda al futuro, ai
traguardi di sviluppo e alle competenze da promuovere
nell’arco di un triennio.
Inoltre è un curricolo
flessibile e contestualizzato, libero da rigidità
disciplinari: esso non si risolve in una scansione
predeterminata di obiettivi e contenuti settorializzati,
definiti e "confezionati" astrattamente, vale
a dire a prescindere dai vissuti, dalle esperienze,
dall’identità personale e culturale di ogni bambino e
dalle specifiche condizioni ambientali. Al centro del
progetto educativo della scuola dell’infanzia vi sono
quindi gli alfabeti del vivere, del pensare, del
comunicare, del riflettere insieme, dell’esprimersi e
del rappresentare tramite i diversi linguaggi della
cultura.
Pertanto, per la scuola di
base, si tratta di porsi in continuità con un curricolo
che muove dal contesto sensoriale e percettivo in cui il
bambino esplora ed agisce a contatto diretto con gli
oggetti, con i materiali, con le persone. Inoltre, la
scuola di base muove dalla consapevolezza che nel ciclo
precedente il contesto educativo ha già promosso nei
bambini un primo momento di riorganizzazione delle
esperienze, tramite la ricontestualizzazione dei
vissuti, la creazione di condizioni che hanno favorito
l’evoluzione delle esperienze spontaneamente prodotte
dai bambini in esperienze culturali, favorendo dunque un
progressivo passaggio dall’esperienza diretta verso la
sua rappresentazione, dal contesto al testo, dall’uso
diretto dei linguaggi della cultura verso la
comprensione dell’esistenza di codici formalizzati.
In tale ottica, porsi in
continuità nella costruzione degli itinerari
curricolari significa riuscire a non separare le diverse
dimensioni dello sviluppo, a sviluppare percorsi che non
siano rivolti esclusivamente al settore cognitivo o alla
sfera socio-affettiva, poiché lo sviluppo
dell’intelligenza è un processo che si alimenta con
l’affettività e la passione del conoscere, nelle
situazioni di scambio e di relazione con l’altro,
nella condivisione di significati affettivi, simbolici e
culturali, da attribuire alle esperienze.
Dunque, porsi in continuità
con le esperienze e le competenze che ha promosso la
scuola dell’infanzia non significa proporre attività
già formalizzate e distinte per aree disciplinari, ma
implica piuttosto un cammino concreto e graduale nel
procedere in quell’incontro con i linguaggi della
cultura, che la scuola dell’infanzia ha già avviato.
Il bambino al suo ingresso nella scuola dell’infanzia
percepisce e vive la realtà in modo intero ed unitario.
La scuola dell’infanzia si pone in sintonia con tali
modalità promuovendo la progressiva conquista di
specifiche abilità e di concrete autonomie entro
situazioni di vita, a contatto diretto con oggetti e
materiali e attraverso il costante confronto con gli
altri. Il contesto educativo del ciclo dell’infanzia
ha fatto evolvere le attività spontaneamente condotte
dal bambino in esperienze culturali. E’ un cammino che
deve proseguire nella scuola di base. In questo senso le
competenze acquisite nella scuola dell’infanzia
diventano una condizione per un qualificato accesso alla
scuola di base.
La particolare attenzione al
raccordo con le esperienze precedenti, parallele e
successive del bambino dovrebbe tradursi nella
elaborazione di specifici progetti di collaborazione,
all’interno della definizione del piano dell’offerta
formativa, in particolare per quanto riguarda il
contesto familiare e sociale, l’asilo nido, i primi
anni della scuola di base.
e) Valutazione
La definizione di un curricolo
così caratterizzato comporta per la scuola
dell’infanzia un approccio specifico al tema della
valutazione, che non può essere intesa solo in termini
strettamente docimologici. Infatti, se per gli altri
cicli scolastici le prestazioni finali degli allievi
possono costituire dei dati su cui ragionare per una
valutazione di quanto realizzato nelle scuole, oltre che
dei possibili indicatori dell'efficacia delle pratiche
educative ed elementi sulla cui base procedere a
comparazioni, per quanto riguarda la scuola
dell'infanzia, occorre tenere presente che l’enorme
variabilità dei ritmi di sviluppo crea oggettive
difficoltà ad applicare a soggetti di questa fascia
evolutiva delle situazioni di testing.
Naturalmente, ciò non significa che non vi sia anche
per la scuola dell'infanzia l'esigenza di un controllo e
di una incentivazione della qualità, ma comporta una
riflessione accurata sul tipo di valutazione appropriata
e sugli strumenti da adottare.
La valutazione del contesto
e dell'offerta formativa
La promozione della qualità
appare un’esigenza ineludibile per le scuole operanti
nella dimensione dell’autonomia. In questa prospettiva
la forma di valutazione più adeguata da adottare è
quella di carattere formativo, mentre l'oggetto da
valutare è la scuola come ambiente educativo, inteso
come quell'insieme interagente di elementi che si
suppone abbiano una ricaduta formativa sui soggetti che
ne sono destinatari. Giudicare la qualità della scuola
significa, in questa prospettiva, considerare l'insieme
delle opportunità formative che essa offre (spazi,
tempi, attività, occasioni sociali e di apprendimento,
ecc.) e delle risorse di cui dispone, interrogarsi sulle
condizioni che la garantiscono e la promuovono,
giudicare la opportunità delle soluzioni adottate in
rapporto alle finalità condivise e auspicate.
L'apprezzamento della qualità
dell'ambiente educativo è dunque il tipo di valutazione
più adatto a promuovere la riflessione e a incentivare
l'innovazione. Ma perché le forme di valutazione
formativa servano davvero al miglioramento delle scuole,
e non si riducano a procedure e pratiche burocratiche,
è necessario che:
la valutazione della qualità
del servizio vada intesa come apprezzamento dell'offerta
e dell'ambiente educativi, sia
prevista nel POF e strettamente connessa ad esso;
b) si utilizzino a tal fine
strumenti valutativi adeguati e affidabili;
c) la valutazione coinvolga i
diversi soggetti che operano nella scuola e promuova una
discussione corale sugli aspetti che fanno di una scuola
una buona scuola;
d) l'autovalutazione delle
scuole sia sostenuta da esperti esterni che potrebbero
affiancare gli operatori interni;
e) siano incentivate le scuole
che dimostrano di aver compiuto e di compiere
valutazioni attendibili della propria scuola;
f) si prospetti una formazione
degli insegnanti e dei dirigenti scolastici sul tema
della valutazione e sull'uso di metodologie e strumenti
valutativi.
Il controllo della qualità.
Esiste anche un problema di
controllo della qualità educativa delle scuole.
L'attribuzione di autonomia alle istituzioni scolastiche
richiede un'opera di governo del processo di
decentramento decisionale. In un momento, quale quello
attuale, nel quale il mercato dell'offerta formativa si
fa sempre più concorrenziale, l'esigenza di controllo
nasce dal bisogno di conoscere se l'impegno finanziario
investito sia stato ben speso e se i servizi
convenzionati assicurano standard organizzativi ed
educativi adeguati.
La scuola ha il compito di
trasmettere conoscenze, formare competenze, fare
circolare e produrre cultura e la scuola dell'infanzia
non fa eccezione. E' su questa base che va giudicata ed
è a questo scopo che va sostenuta. Andrebbero pertanto
definiti quali aspetti della scuola concorrono a
identificarne la qualità educativa (ad esempio, l'aver
prospettato un piano ragionato dell'offerta formativa,
l'attuazione regolare di procedure di valutazione del
servizio, la programmazione e lo svolgimento regolare
delle attività educative, la frequenza e le modalità
della partecipazione delle famiglie, l'organizzazione
del lavoro e la distribuzione delle responsabilità,
l'introduzione di procedure di osservazione sistematica
delle condotte infantili, la disposizione e
l'organizzazione dei materiali e degli spazi, la
gestione dei tempi, ecc.).
La valutazione dei processi
di apprendimento e del raggiungimento degli obiettivi
formativi.
Altra cosa, rispetto alla
valutazione della qualità della scuola, è la verifica
in itinere degli apprendimenti infantili, non solo
perché soddisfa esigenze differenti ma anche perché va
condotta con mezzi diversi: strumenti di osservazione,
griglie di rilevazione di condotte e di analisi delle
produzioni infantili, strumenti che consentano
all'insegnante di verificare l'andamento del processo di
apprendimento e di ricalibrare di conseguenza il proprio
intervento formativo.
Da questo punto di vista,
valutare nella scuola dell'infanzia significa accentuare
e perfezionare l'osservazione e l’ascolto
delle bambine e dei bambini, posti nella possibilità di
agire indipendentemente dal continuo intervento degli
adulti. In ogni caso, la valutazione relativa agli
obiettivi specifici di apprendimento va interpretata
all’interno di un sistema complesso, aperto, dinamico
e finalizzato ad una lettura qualitativa dei processi
formativi, strettamente raccordata alle effettive
condizioni di realizzazione di tali processi. Tale
concezione, che appare in sintonia con quanto espresso
negli Orientamenti, pone al centro dell’attenzione la
fluidità e la dinamicità dello sviluppo infantile,
assumendo come presupposto della valutazione il
carattere decisamente contestualizzato
dell’apprendimento.
3) IL CONTESTO ORGANIZZATIVO
a) Offerte formative e
competenze
Le capacità non si affinano
nel vuoto ma in contesti di esperienza. Per questo
motivo il curricolo della scuola dell’infanzia, volto
a promuovere capacità e competenze, non può
prescindere dal delineare con chiarezza le situazioni di
esperienza (contesti, attività, modalità di
svolgimento, ecc.) che si presuppone possano favorire la
crescita delle diverse capacità; situazioni di vita
quotidiana, dunque, che l’adulto allestisce in quanto
motivanti e coinvolgenti e entro le quali opera "promuovendo
dall’interno", calibrando i propri interventi e
le proprie proposte sulla base di intenzionalità
deliberatamente assunte. Le competenze vanno quindi
intrecciate con i lineamenti di metodo descritti dagli
Orientamenti (esplorazione, ricerca, valorizzazione del
gioco, vita di relazione, mediazione didattica,
osservazione, progettazione, verifica, documentazione).
La vitalità della scuola dell’infanzia (e buona parte
della sua specificità) risiede proprio
nell’attenzione rivolta alle forme relazionali,
organizzative e didattiche che consentono un incontro
significativo con i saperi formalizzati e che
favoriscono un uso consapevole e critico dei diversi
linguaggi offerti dalla cultura.
C’è bisogno di dare un senso
a quel che si fa, che sia coerente col come lo si
fa e che renda chiaro e comprensibile il perché.
Occorre rafforzare e rendere coerente il contesto,
l’ambiente scuola nel suo complesso, con connotazioni
anche diversificate, ma con codici di regolamento
condivisi. La scuola deve essere considerata
l’ambiente privilegiato in cui il bambino, poi
ragazzo, può incontrare e decifrare la prima traduzione
‘in concreto’ degli alfabeti e dei regolamenti, già
incontrati nella pratica della quotidianità ‘altra’.
L’ambiente scolastico dovrebbe in pratica
rappresentare il contesto primario in cui,
attraverso alcuni passaggi esemplificativi, i linguaggi,
proposti e presentati a livello teorico o ‘virtuale’,
trovano applicazioni concrete e coerenti.
L’intenzionalità andrà
quindi applicata alla strutturazione e connotazione
degli spazi scolastici, alla definizione e scansione dei
tempi, alla distribuzione dei compiti e dei ruoli, nonché
alla attribuzione di responsabilità, e, ovviamente,
all’articolazione del lavoro secondo gruppi di varia
composizione.
Senza l’allestimento di
situazioni di esperienza opportune, le capacità
embrionali infantili non hanno modo di affinarsi e di
svilupparsi. Inoltre, in tali situazioni è possibile,
ed opportuno, presentare modelli evoluti delle capacità
che si intendono esercitare, scelti in quanto hanno un
valore anche nel mondo adulto.
Accanto, dunque, e di pari
passo alla determinazione degli obiettivi formativi da
promuovere, andrebbero definite e realizzate le
situazioni di esperienza atte a conseguirli. Non appare
necessario giungere a una standardizzazione di tali
situazioni (ad esempio per quanto riguarda il numero di
ore da dedicarvi) in quanto va salvaguardata la
progettualità dei docenti. Occorre invece ragionare in
termini di equilibrio e di qualità delle occasioni
formative offerte, relativamente a ciascun ambito di
esercizio delle diverse abilità. La garanzia della
qualità dipende dalla chiarezza dei fini
nell’allestimento delle situazioni e dalla verifica
della efficacia delle stesse in termini di crescita
delle competenze deliberatamente scelte come importanti
da promuovere. Il progredire delle abilità va pertanto
monitorato e le situazioni di esperienza vanno
continuamente ridefinite in relazione alla crescita
delle competenze stesse.
Perché i bambini siano messi
in condizione di sviluppare tali capacità, sono
necessarie alcune condizioni la cui declinazione in
termini qualitativi può essere presentata nella forma
di standard minimi:
che nel POF della scuola sia
chiaramente delineato il progetto relativo allo sviluppo
delle capacità previste;
che venga allestita in maniera
sistematica un’ampia gamma di situazioni di esperienza
che favoriscano lo sviluppo di tali capacità e
l’incontro del bambino con i diversi saperi;
che nello svolgimento delle
diverse attività si solleciti la riflessione su quanto
fatto e su quanto si ha intenzione di fare;
che, attraverso
l’allestimento di opportune situazioni di esperienza i
bambini vengano avviati progressivamente alla
comprensione del significato dei segni e alla
convenzionalità dei diversi sistemi di segni;
che le insegnanti verifichino
in itinere nel corso stesso delle attività (secondo un
piano stabilito che specifichi le metodologie
osservative da adottare, gli aspetti salienti da
rilevare, le modalità di analisi dei dati, i criteri di
valutazione adottati), i progressi dei bambini, in modo
da ricalibrare le offerte formative nell’ambito della
promozione delle varie capacità;
che vengano pianificate e
realizzate a scansione regolare momenti di accertamento
della qualità delle offerte formative allestite
(giornate di osservazione, diari di bordo, ecc.) e
successivi momenti di discussione collegiale e di
valutazione di quanto realizzato.
Tali condizioni, che sono
passibili di accertamento, se meglio definite e
articolate, potrebbero costituire dei criteri per
valutare la qualità dell’offerta formativa e degli
stimoli per forme non impressionistiche di autoanalisi.
Riguardo alla definizione del
problema del rapporto tra quota nazionale del curricolo
e quota riservata alle singole istituzioni scolastiche,
una rigida suddivisione tra queste due quote non appare
auspicabile nella scuola dell’infanzia. Sul piano
educativo e organizzativo appare più pregnante
esplicitare il panorama delle attività che la scuola
dell’infanzia è tenuta a curare nell’ambito del
curricolo, e sollecitare le istituzioni scolastiche a
dare un equilibrato spazio ad ognuna delle attività
previste in modo da elaborare un articolato progetto
educativo in grado di sviluppare tutte le dimensioni
della personalità del bambino. Data dunque la
particolare struttura curricolare della scuola
dell’infanzia, così come si è consolidata nel corso
di questi anni, e che vede nei campi di esperienza, nel
curricolo implicito e nelle varie attività a forte
valenza formativa, gli elementi di maggiore
significatività, si ritiene che la quota di curricolo
riservata alle istituzioni possa essere intesa in
differenziati modi:
per potenziare l’identità
della scuola caratterizzandone l’intervento educativo
in relazione a determinate dominanze culturali (es.
rafforzando il legame con il territorio attraverso
specifici progetti educativo-didattici; oppure curando
in modo particolare la dimensione dell’accoglienza;
oppure introducendo dominanze di carattere scientifico o
espressivo o di altro segno, facendo ricorso a percorsi
laboratoriali di più ampio spessore o ad altre forme di
organizzazione didattica);
per introdurre linguaggi non
inclusi nella quota nazionale di curricolo.
b) Condizioni
organizzative
Come si è detto, la dimensione
organizzativa costituisce un fattore essenziale della
qualità educativa e professionale della scuola
dell’infanzia. Tale dimensione non si identifica con i
soli aspetti funzionali dell’organizzazione, ma mira
alla creazione di un ambiente didattico e relazionale di
qualità, in grado di rispondere ai bisogni evolutivi di
tutti i bambini e le bambine.
In questo quadro, una
gestione efficace dell’organico funzionale consente
alle singole istituzioni scolastiche di adottare ogni
forma di flessibilità per garantire il pieno successo
formativo, attraverso un approfondimento delle
principali variabili dell’organizzazione scolastica e
la promozione di una decisionalità maggiormente
finalizzata alla qualità del progetto educativo della
scuola. A tale proposito, l’impiego ottimale delle
competenze di ogni docente implica la condivisione della
responsabilità educativa e didattica e la ripartizione
di compiti in una logica di unitarietà e integrazione
degli interventi. L’articolazione flessibile e
intenzionalmente programmata dell’organizzazione degli
orari dei docenti – anche nei momenti di
contemporaneità – consente di migliorare l’offerta
formativa complessiva della scuola. In ogni caso,
un’organizzazione flessibile del lavoro costituisce
uno snodo fondamentale per un più razionale e
produttivo utilizzo delle competenze professionali
presenti nell’istituzione.
La stessa scansione dei
tempi nella scuola dell’infanzia assume un’esplicita
valenza educativa in riferimento alle esigenze di
apprendimento e di relazione dei bambini. Nell’ambito
dei tempi di funzionamento previsti, va operata una
distribuzione ordinatamente varia ed equilibrata delle
opportunità formative nel corso della giornata, della
settimana o per periodi temporali di maggiore durata,
comunque in una dimensione di valorizzazione di tutti i
momenti in cui si articola la vita della scuola.
L’impiego funzionale dei docenti offre inoltre
maggiori opportunità per attuare diverse forme
aggregative tra i bambini, garantendo una gamma più
ricca e stimolante di relazioni e di apprendimenti.
Scuola dell’infanzia e
attuazione della legge 30/2000
Benché non sia prevista, negli
atti parlamentari citati in premessa, una specifica data
di attuazione della legge 30/2000 nel settore della
scuola dell'infanzia, è opportuno che si definito un
tempo congruo (pari, ad esempio, al triennio che
coincide con la fase di prima applicazione e verifica
parlamentare della legge di riforma) per la
predisposizione e l’attuazione delle politiche di
sostegno e di sviluppo della scuola dell’infanzia
richieste negli indirizzi parlamentari. Le note seguenti
propongono un piano di interventi per dare piena
attuazione a tale obiettivo.
Le strategie di intervento:
istituzionali, organizzative, professionali
L’iniziativa dovrebbe
esplicarsi in almeno tre direzioni di lavoro, tra di
loro concomitanti e concorrenti, ma indirizzate ad
obiettivi diversificati. Si tratta di affrontare i
seguenti nuclei problematici:
politiche per la espansione,
la generalizzazione e la qualificazione del
servizio scolastico dai 3 ai 6 anni, in connessione con
i compiti di programmazione dell’offerta formativa che
si esplicano oggi a livello regionale, anche alla luce
delle azioni per il diritto allo studio, la tutela
dell’infanzia, l’integrazione dei servizi scolastici
(parità).
Iniziative (anche di carattere
amministrativo) per l’implementazione di modelli
organizzativi e di funzionamento richiamati dal
Regolamento dell’autonomia organizzativa e didattica,
con riferimento alle indicazioni offerte dal Parlamento
in merito agli orari di funzionamento della scuola
dell’infanzia. La messa a punto di tali politiche deve
essere ispirata dalla individuazione di profili di
qualità (standard di servizio) che consentano un
effettivo miglioramento delle caratteristiche di
funzionamento della scuola.
Azioni di carattere culturale e
professionale (ricerca/azione e formazione degli
insegnanti) che consentano di "rivisitare"
gli Orientamenti vigenti nell’ottica di una
migliore coerenza dell’intero percorso formativo dai 3
ai 18 anni, anche per assicurare ogni forma di raccordo
con i servizi educativi della prima infanzia e con la
nuova scuola di base.
Gli oggetti della riflessione
curricolare, che potranno dare luogo anche a specifici
piani di intervento sperimentale, sono rappresentati
dalla:
qualità dell’impostazione curricolare
per la scuola dell’infanzia (ove si fanno preferire
ambientazioni contestuali e relazionali, piuttosto che
rigide delimitazioni di insegnamenti);
interpretazione dei campi di
esperienza, che si presentano come ambiti di azione
e di rappresentazione che vedono al centro
l’esperienza dei bambini e la sapiente e delicata
regia degli adulti;
natura degli esiti formativi
da assicurare al termine della frequenza della scuola
dell’infanzia (per i quali non si dovrà parlare di
livelli di uscita, ma piuttosto di "avvertibili
traguardi di sviluppo" per i bambini, per mettere
in evidenza il carattere plastico e integrato delle
dimensioni di crescita e apprendimento, non avulso dalla
qualità delle esperienze organizzate dalla scuola);
caratteristiche della valutazione,
da estendere all’intero contesto di esperienza dei
bambini piuttosto che a prestazioni ed abilità parziali
riferite ai singoli alunni.
La questione Orientamenti: una
verifica in progress
La revisione degli Orientamenti
educativi del 1991 non si pone in termini immediati,
tenuto conto della loro attualità pedagogica e del loro
impianto già curricolare (in quanto nel testo non
vengono prescritti i programmi da attuare, ma presentati
i criteri per la costruzione del curricolo di scuola).
La riforma dei curricoli trova
oggi una doppia fonte di legittimazione giuridica e
culturale nel riordino dei cicli (Legge 30/2000) e
nell’autonomia (all’art. 8 del Dpr 275/99). In base
a tali norme, dettagliate con precisione nel regolamento
dell’autonomia, spetta al Ministro fissare finalità
educative, obiettivi specifici di apprendimento, quadri
orari, ecc. per ogni ciclo scolastico (ivi compresa,
dunque, la scuola dell’infanzia). Il pieno dispiegarsi
dell’autonomia, richiede pertanto un ripensamento
anche per gli Orientamenti della scuola dell’infanzia,
per meglio esplicitarne i rapporti con le nuove
responsabilità in materia di curricolo riconosciute
alle singole unità scolastiche.
L’eventuale revisione dovrà
scaturire da un percorso di riflessione e analisi
critica dei curricoli realmente praticati nella scuola
dell’infanzia. L’impressione è che non tutte le
potenzialità contenute negli Orientamenti del 1991
siano state sviluppate. Un tale processo richiede il
coinvolgimento attivo degli insegnanti e può tradursi
in una vera e propria azione di formazione in servizio.
Le migliori esperienze di aggiornamento sono infatti
rappresentate dall’autoanalisi prolungata dei propri
stili educativi e delle pratiche di insegnamento, con
l’aiuto di "colleghi" (tutor) in qualità di
facilitatori dei processi di riflessione. L’analisi
dei contesti educativi e delle differenze di qualità
che ancora si manifestano nelle condizioni
"reali" del fare scuola potrà suggerire
ulteriori iniziative sul piano normativo, organizzativo
e professionale.
Nel corso dell’anno
scolastico 2001/2002 (e con prospettiva triennale)
possono essere attuate forme di raccordo pedagogico,
curricolare ed organizzativo tra scuole dell’infanzia
e scuola di base, anche mediante la sperimentazione di
diverse modalità operative (anni ponte, team integrati,
curricoli passerella, ecc.). Sul piano nazionale potrà
essere definito – prima dell’inizio del prossimo
anno scolastico - un apposito protocollo per il raccordo
curricolare tra scuola dell’infanzia e ciclo di base.
Le scuole che si impegnano a sviluppare forme di
raccordo organico potranno beneficiare di appositi
interventi di consulenza, formazione e monitoraggio. La
gestione degli organi funzionali sarà orientata a
sostenere la progettualità espressa dalle scuole in
materia di continuità curricolare.
Espansione e generalizzazione
La legge n. 30/2000 introduce
il principio della garanzia giuridica della frequenza
della scuola dell’infanzia che la Repubblica (nelle
sue diverse articolazioni istituzionali) deve
assicurare. L’obiettivo della generalizzazione
richiede un’analisi approfondita delle situazioni
ambientali, territoriali e culturali che determinano
fenomeni di mancata scolarizzazione. Va anche monitorata
con attenzione la mancata risposta del servizio alla
domanda degli utenti, che si manifesta anche in zone ad
alto sviluppo sociale.
L’obiettivo della piena
risposta alla domanda, nonché la promozione e
l’incremento della medesima, va assicurata mediante la
collaborazione e l’integrazione delle diverse
opportunità formative (sistema integrato). Va,
in ogni caso, garantito il rispetto delle scelte
espresse dalle famiglie nei confronti delle diverse
tipologie di servizio, di cui dovrebbe essere assicurata
la più ampia presenza
Le aree metropolitane
meridionali rappresentano i punti di maggiore sofferenza
nelle politiche di espansione della scolarizzazione.
E’ necessario un impegno straordinario per il
Sud, a partire dalle decisioni da sottoscrivere nella
Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali, per il
riorientamento dei finanziamenti relativi al personale
(organici), all’edilizia scolastica, ai servizi di
supporto, alla promozione culturale.
L’espansione
dell’offerta va garantita anticipando, fin dall’anno
2001/2002, l’avvio di un piano straordinario di
espansione delle sezioni (nella media di 500 sezioni
annue), così come previsto negli allegati al piano di
attuazione della legge 30/2000. Lo sviluppo della scuola
dell’infanzia deve essere inserito negli impegni
prioritari e qualificanti da sottoscrivere nei patti
educativi territoriali.
La Direzione regionale
della Pubblica Istruzione rappresenta la sede
politico-amministrativa presso la quale vanno collocate
le azioni per la generalizzazione del servizio
scolastico per i bambini dai tre ai sei anni, anche
mediante la costituzione di un’apposita unità
operativa, che veda il coinvolgimento delle diverse
istituzioni interessate (Regione, enti locali,
rappresentanze scuole statali e non statali, IRRE,
ecc.).