LETTO
PER VOI SULLA RIFORMA DELLA SCUOLA
e riportato per intero perchè ritenuto di interesse.
articolo
n.39
Venerdì 21 Dicembre 2001
Conclusi gli Stati generali, maxi corteo di protesta
Scuola senza pace Riforma nel 2002
Governo deciso ma contestato dagli studenti
Dopo due giorni di Stati generali, se fosse una studentessa, la riforma
della scuola uscirebbe con un giudizio dilatorio: rimandata. Non era stata
ben preparata dai suoi insegnanti, probabilmente nemmeno troppo capita dai
suoi esaminatori e persino sua madre, il ministro Letizia Moratti, se l’è
sentita di difenderla sino in fondo: ha accettato un profondo riesame,
assimilato alcune critiche, aperto un dialogo che sembrava chiuso e che
continuerà, visto che per l’iter legislativo sarà scelto il disegno di
legge
e non la delega. Non ci trovassimo di fronte a un ritardo cronico e all’
assoluta necessità di modificare, nel più breve tempo possibile, un
settore
delicato e fondamentale della società come l’istruzione, non sarebbe
nemmeno
un risultato disprezzabile. Il confronto, alfine, si è aperto, ha
coinvolto,
fuori e dentro il Palazzo, tutte le componenti interessate (studenti,
professori, genitori, politici) e indicato alcune linee guida dalle quali, d
’ora in poi, sarà impossibile deragliare. La prima riguarda il ruolo
delle
istituzioni, sul quale il presidente Carlo Azeglio Ciampi in persona ha
tolto ogni velo di ambiguità: «Il vostro incontro costituirà occasione
per
ribadire il ruolo insostituibile di servizio pubblico che la scuola è
chiamata a svolgere, nel rispetto di quel fondamentale diritto allo studio
affermato e garantito dalla nostra Costituzione repubblicana». Il ministro
ha preso atto e annunciato uno stanziamento di 19.000 miliardi per
ammodernare le strutture. Lo stesso presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ha parlato di una proficua competitività tra pubblico e privato
tenendo in gara, in modo paritario, i due soggetti. Dunque, nessuno
smantellamento della scuola pubblica, ed era questo il timore paventato dall
’opposizione ma anche da larghi settori della maggioranza. E nessuna
assimilazione acritica della scuola ad una normale azienda, vista la sua
prerogativa di produrre cultura. La stessa Moratti la vuole «orientata alla
crescita sociale e individuale della persona, per aiutare i giovani a
realizzarsi pienamente attraverso una vita fatta di valori».
Nel merito della riforma, pare ormai tramontata l’idea di decurtare un
anno
al percorso liceale, così come è stato bocciato l’anticipo davvero
eccessivo
(a 14 anni) della scelta tra corso classico di studi e formazione
professionale, quando pressoché in tutta Europa quel bivio arriva a 16
anni,
età della fine dell’obbligo. Restano alcuni cardini di virtuosa
innovazione
che saranno probabilmente mantenuti, come la riduzione del numero di materie
(con conseguente maggior approfondimento) per ogni indirizzo; la distinzione
chiara tra percorso scolastico e professionale con l’intenzione di
raccordare quest’ultimo in modo proficuo col mondo del lavoro, carenza
cronica e strutturale della scuola italiana.
Questo è ciò che emerge abbastanza nitidamente dopo che si è alzato il
velo
della contrapposizione pregiudicata e ideologica di cui sono state intrise
le due giornate romane. Il rumore degli slogan ha rischiato di soffocare una
discussione troppo seria e importante per essere ostaggio dell’umoralità
e
della concitazione.
Gli Stati generali sono stati preparati con approssimazione, non hanno
coinvolto istituzioni fondamentali come le Regioni. Ma se non sono stati il
punto d’approdo che si prefiggevano di essere, hanno però avuto il merito
di
avviare un percorso di riflessione che è sperabile si concluda con una
riforma di cui si sente l’assoluta mancanza. Altrimenti saremo costretti,
anche in futuro, a guardare sconsolati i dati delle ricerche dell’Ocse che
ci collocano, tra i 31 Paesi membri, al ventesimo posto in lettura, al
ventiseiesimo in matematica e al ventiquattresimo in scienze. E a chiederci
quale futuro stiamo preparando ai nostri figli che si confronteranno, coi
loro coetanei, in un mercato dove sono saltate le garanzie di protezione dei
confini nazionali. di Gigi Riva
LE ASSISE DI ROMA. Il ministro Moratti e Berlusconi hanno ribadito la
necessità di modifiche. Adesso la parola passa al Parlamento
Scuola, riforma dall’anno prossimo
Chiusi gli Stati generali. Tensione e qualche tafferuglio con i
contestatori
Roma. Gli Stati generali dell'istruzione - la due giorni di confronto sul
progetto di riforma della scuola voluta, tra polemiche e proteste, dal
ministro Moratti - terminano con una sola certezza: la riforma, ha
assicurato il ministro, partirà dal prossimo anno, «magari gradualmente».
Dopo la prima fase di «confronto», la palla passerà ora al Parlamento
dove,
dopo il necessario iter, giungerà il progetto finale di riforma che dovrà
essere messo a punto nei prossimi mesi. Nella seconda e conclusiva giornata
di lavori dell'assemblea, protagonisti sono stati le istituzioni (con una
tavola rotonda alla quale hanno partecipato i ministri Maroni e Marzano e le
conclusioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi) e gli studenti
che, anche all'interno del palazzo dei congressi, hanno dato vita a sonore
proteste contro Berlusconi e Moratti. Qualche momento di tensione si è
registrato tra i giovani e le forze dell'ordine: urla, spintoni e cordoni di
agenti alle entrate della sala dell'assemblea che gli studenti hanno tentato
di sfondare. È pure volato qualche schiaffo. Poi, anche grazie
all'intervento del vice questore Del Greco che ha parlato con gli studenti,
gli animi si sono calmati. Parte dei ragazzi contestatori è rientrata in
sala, ma la protesta è proseguita pacificamente con dei cartelli, tenuti
ben
in vista dai ragazzi in silenzio, con la scritta «Non in vendita - studenti
demorattizzati».
Sulla riforma della scuola, ad ogni modo, raggiungere posizioni unitarie
sarà molto difficile. Lo dimostrano le divisioni tra gli stessi
partecipanti
agli Stati generali, oltre che il grande corteo e le manifestazioni di
protesta che hanno caratterizzato all'esterno la due giorni di lavori. Anche
per questo, il ministro degli Affari regionali Enrico la Loggia non ha
escluso la possibilità che il governo ricorra alla delega in materia di
istruzione.
Pieno appoggio alla riforma proposta dal ministro Letizia Moratti è venuto
comunque dal presidente del Consiglio Berlusconi . Il premier ha ribadito la
necessità del cambiamento e l'utilità della competizione tra pubblico e
privato. Una studentessa ha interrotto il presidente protestando: «Fateci
parlare». Berlusconi ha replicato: «Questa protesta scomposta dimostra che
la riforma va fatta».
«Con il prossimo anno scolastico - aveva detto poco prima il ministro nel
suo intervento - vogliamo che la nuova scuola possa mettersi in moto, magari
gradualmente, e che possa comunque uscire dalla attuale fase d'attesa. La
base di partenza è la proposta Bertagna. I prossimi suggerimenti e
confronti
istituzionali la miglioreranno e ne aumenteranno la condivisione».
Il ministro per gli Affari Regionali La Loggia non ha escluso l' eventualità
che il governo possa ricorrere alla delega per la riforma. Pieno sostegno al
progetto di riforma messo a punto dalla commissione Bertagna è venuto anche
dai ministri del Welfare Maroni e delle attività produttive Marzano.
Fuori dal Palazzo dei congressi, intanto, si svolgeva la protesta del corteo
di studenti e no global contro il progetto di riforma. La manifestazione si
è conclusa con un sit-in e un assedio simbolico di una piccola «zona rossa»,
rigorosamente off-limit, nei pressi del Palazzo dei Congressi.
Il leader dei Ds Piero Fassino ha criticato duramente l'evento organizzato
dal ministro: «Gli Stati generali della scuola sono stati un'occasione
mancata: la possibilità di un confronto aperto è stata vanificata dalla
scelta del governo di ridurre il tutto ad un evento propagandistico».
Ancora
più duro Pietro Folena: g li Stati generali della scuola sono stati «un
fiasco» e il ministro Moratti dovrebbe valutare «nell'interesse suo e
soprattutto del Paese, se la riforma non vada cestinata. E ovviamente -
aggiunge l'esponente ds - dovrebbe anche trarne tutte le conseguenze e
dimettersi».
«La protesta non cessa: si sposta in occupazioni e autogestioni»
Roma . Gli «Stati Generali» sono finiti la protesta no. Lo promettono gli
studenti mentre sciolgono la manifestazione che ha portato almeno 70mila
persone in piazza pacificamente , lo ribadiscono le sigle «più arrabbiate»
che li rappresentano, Uds e Collettivi studenteschi in testa, annunciando
per febbraio una grande assemblea nazionale per progettare e non solo
sognare «un'altra scuola». «È stata una grande vittoria - dice Giovanni
Ricco, dell' esecutivo nazionale dell'Unione degli Studenti, sigla
dissenziente ospitata agli Stati Generali -. La signora Moratti ha dovuto
fare marcia indietro: aveva convocato chi era d' accordo con lei ma, davanti
alla piazza e ai pochi che hanno portato dentro il Palazzo dei congressi, il
dissenso non ha potuto fare altro che fermarsi. E così la riforma della
scuola porta ancora il nome di Bertagna e non è potuta diventare la
riforma-Moratti». Una vittoria che Uds, Collettivi studenteschi e Rete
studentesca romana vogliono capitalizzare. «A gennaio ci saranno altri
appuntamenti anche di piazza - aggiunge Ricco - non si deve disperdere il
rapporto con la società civile e con i docenti. Il rapporto scuola-piazza
continuerà: se loro si sono fatti i loro Stati General i la strada è stato
la nostra Sala della pallacord a , da lì è partita la rivoluzione dell'
istruzione che non si può fermare».
Aspettando gli altri appuntamenti di piazza continueranno, anche a Natale,
le autogestion i e le occupazioni, vero laboratori o del movimento. «Non
dobbiamo smobilitare - aggiunge Claudia Pratelli, dell'Uds - L'attenzione è
alta. Continueremo a discutere e per rendere visibile anche la rete stiamo
pensando di appendere fuori ad ogni scuola e istituto occupato il
cartello-avviso ’ scuola demorattizzata ’ ».
Ma la vera battaglia, oltre che in piazza, ieri è stata vinta all'interno
del campo nemico, quegli Stati generali violati da un manipolo di studenti
delle Consulte provinciali, organi sì istituzionali ma che non hanno
impedito a questi giovani di esprimere il loro dissenso. « Ci siamo fatti
sentire - spiega Fabio Rescin i ti, presidente della consulta provinciale di
Brescia - . Abbiamo iniziato ad urlare, un vero e proprio blitz vocale. Ma
loro ci hanno spintonato, malmenato mostrando il vero volto di questa
manifestazione: antidemocratico. Ma la nostra protesta è continuata anche
durante il discorso di Berlusconi e continuerà comunque perchè vogliamo
una
scuola pubblica che funzioni, vogliamo l'istruzione che non sia equiparata o
scambiata con la formazione. Lo abbiamo detto in platea anzichè sul palco.
Continueremo a dirlo nelle autogestioni e occupazioni » .