Da oltre 30 anni il Cidi, con le altre associazioni storiche degli
insegnanti (recentemente ricevute dal Presidente della Repubblica)
contribuisce alla costruzione e diffusione delle innovazioni, alla loro
trasformazione in quotidiano fare scuola.
Abbiamo sempre guardato all'interesse generale della scuola, che è quello
dei ragazzi che apprendono e che, attraverso la scuola, mettono le basi del
proprio futuro di cittadini.
Questo è il motivo della nostra presenza anche in questa sede e il senso
del
nostro contributo.
Una prima osservazione sul metodo di lavoro adottato dalla Commissione
coordinata dal professor Bertagna.
La proposta oggi in discussione non ci pare essere il risultato di un
confronto e di una elaborazione tra i diversi orientamenti culturali e
ideali, significativi del mondo della scuola e della società.
Ripensare ai possibili sviluppi del sistema di istruzione, cui è affidato
il
compito di educare le future generazioni, è un pensare impegnativo che non
può essere delegato a poche persone, ma richiede la più ampia
partecipazione, sia nella fase propositiva sia nella fase attuativa,
anzitutto della scuola.
Il coinvolgimento ampio e responsabile non è un inutile lusso, ma
condizione
indispensabile per raggiungere un progetto all'altezza della complessità
dei
problemi
Alcune osservazioni nel merito della proposta, a partire da tre
considerazioni:
Cresce il bisogno di scuola: la cultura è una risorsa indispensabile per il
singolo e la società
La scuola deve diventare sempre più un fattore attivo nel rimuovere i
condizionamenti sociali (art. 3 della Costituzione)
Il raggiungimento di questi obiettivi è possibile se ci sarà una riforma
profonda del sistema di istruzione che ne migliori la qualità e l'efficacia
per tutti.
L'insieme delle soluzioni proposte nel rapporto della Commissione non sembra
però corrispondere a queste esigenze.
Considerando il tempo a disposizione mi fermerò su tre questioni che
riteniamo fondamentali:
1. Paradossalmente nel progetto culturale della scuola dai 3 ai 14 anni, si
rileva un ritardo (fino alla quarta elementare) nel valorizzare le
potenzialità dei bambini e delle bambine e, nel contempo, un "precocismo"
(già dalla quinta elementare) nell'approccio specialistico e troppo rigido
alle discipline.
La funzione propria del biennio unitario della scuola superiore viene
anticipata negli ultimi due anni della media facendo saltare tappe di
apprendimento fondamentali per il naturale sviluppo del processo di
secondarizzazione.
Difficilmente un'accelerazione di tale tipo si può attuare senza una forma
di separazione dei percorsi già a partire dagli ultimi due anni della
scuola
media, stravolgendo così.la natura stessa dell'orientamento.
2. L'alternativa rigida tra istruzione liceale e formazione professionale
non corrisponde alle esigenze formative dei ragazzi di 14 anni.
A questa età il consolidamento culturale non è pienamente realizzato:
l'esperienza conoscitiva viene interrotta, saltando anche qui tappe
formative, in nome di precoci e ipotetiche "vocazioni" al lavoro.
La stessa riduzione/semplificazione a due soli contenitori (licei e
formazione professionale), sostanzialmente separati, non corrisponde né
alla
complessità dei bisogni formativi e degli interessi culturali dei giovani,
né alla pluralità dei profili professionali richiesti.
La polarizzazione attorno a due principi educativi ("conoscere e
teorizzare"
da un lato, "produrre, operare e costruire" dall'altro) è
l'espressione di
una visione del sapere ormai superata.
Viene a mancare ogni possibilità di integrazione tra sistema
dell'istruzione
e sistema della formazione professionale, invece realizzabile ad una età
adeguata, riconoscendo a ciascuno la propria specificità formativa.
3. La necessità di superare l'eccessivo accumulo di materie e contenuti non
trova un'adeguata risposta nella soluzione proposta dalla Commissione, che
prevede una giustapposizione di diversi percorsi di apprendimento (o
sottosistemi), non integrabili né riconducibili a una unitaria offerta
formativa.
Il percorso obbligatorio previsto è insufficiente a garantire lo sviluppo
di
strumenti culturali adeguati; il percorso facoltativo proposto non è in
grado di completare tale sviluppo in quanto casuale, frammentato e
inconsistente nella sua valenza formativa.
Ne risulta un progetto culturale debole e discriminante: infatti la
configurazione del percorso facoltativo come risposta a domanda individuale
ripropone una vecchia gerarchia tra discipline (e quindi tra insegnanti),
che non trova riscontro nella scuola, e sminuisce il valore formativo
dell'apprendere insieme.
Riteniamo che la scuola non debba farsi carico di tutti i problemi legati al
processo educativo, né che la scuola sia l'unico luogo in cui i giovani
apprendono.
Siamo tuttavia convinti che la scuola debba rimanere centrale nel processo
di istruzione in quanto è l'unico luogo intenzionalmente deputato a
garantire il diritto di tutti alla cultura.
Altri aspetti del rapporto meriterebbero di essere approfonditi:
l'indebolimento delle peculiarità formative che la scuola dell'infanzia ha
assunto in questi anni, la non considerazione delle esperienze costruite e
consolidate in tanti anni dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria
superiore, le caratteristiche della valutazione e dell'orientamento (il
cosiddetto "portfolio") , lo stravolgimento dell'attuale assetto
degli
organici, i problemi che sorgono nel rendere quadriennale il percorso della
secondaria, le caratteristiche delle verifiche nazionali, un'identità
professionale dei docenti troppo debole.
Per questi motivi valutiamo negativamente la proposta della Commissione e
riteniamo di dover chiedere che siano garantite effettive condizioni di
coinvolgimento nel processo di elaborazione perché sia costruito un
progetto di scuola all'altezza delle attese del Paese, adeguato allo
sviluppo della convivenza democratica; convinti che non vi possa essere
democrazia senza donne e uomini che possiedano gli strumenti e la
consapevolezza necessari per farla vivere e crescere..