LETTO PER VOI SULLA RIFORMA DELLA SCUOLA
.(http://repubblica.extra.kataweb.it/repubblica/servlet/it.alephint.personalizzato.CheckSecurity?Action=Update&url=unagiacca.html&data=20011218)
U.R.L. (http://www.webscuola.it/jumpNews.asp?idLang=IT&idUser=0&idChannel=3&idNews=7934&szChannel=News&bShowDate=1&bPopUp=1)
MARTEDÌ, 18 DICEMBRE 2001 Stampa questo articolo
Pagina 42 - Cultura
DIETRO LA RIFORMA MORATTI SCUOLA DISASTRI IN CORSO
Incombe la privatizzazione e con essa un modo errato di concepire l'uso delle
risorse a cominciare dagli insegnanti
Il progetto del ministro della Pubblica Istruzione è di cambiare radicalmente
l'insegnamento in Italia. Con quali esiti?
Si parla di logica manageriale, in realtà si favoriscono alcuni potentati
Gli aspetti negativi della proposta superano di gran lunga quelli positivi
Le manifestazioni in corso mostrano che è in gioco il futuro dell'istruzione
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
MARIO PIRANI
--------------------------------------------------------------------------------
Sbaglierebbe, però, chi leggesse le manifestazioni di questi giorni come la
pedissequa ripetizione delle ricorrenti "occupazioni" e
"autogestioni", più o meno festaiole a cui siamo stancamente
abituati. No, oggi è in gioco e gli attori se ne mostrano consapevoli la difesa
e il futuro dell'istruzione pubblica, nella sua essenzialità di grande servizio
assicurato dallo Stato per dare a tutti i giovani non la semplice
alfabetizzazione, ma i fondamenti di una cultura di base di tipo generale.
Questa scuola, in un paese differenziato come l'Italia, la cui unità conta poco
più di un secolo di vita, con dialetti, a volte, reciprocamente
inintelligibili, ha avuto anche il compito di trasmettere una lingua, una
storia, una cultura, valori civili e morali che contribuissero all'unificazione
reale della Nazione. Alle fasce successive dell'insegnamento secondario,
professionale e universitario, spettava, inoltre, fino a qualche decennio orsono,
la formazione delle classi dirigenti e del personale operaio e artigiano
qualificato.
Con l'avvento della scolarizzazione secondaria di massa il ruolo formativo e
selettivo delle élites è venuto a mancare e le competenze richieste sempre più
affievolendo. La rivoluzione informatica e tecnologica ha suggerito nuovi
approcci disciplinari. «La nuova scuola», scrive uno dei più intelligenti
studiosi del fenomeno, il prof. Lucio Russo, «deve preparare soprattutto
consumatori, oltre che contribuenti ed elettori. Queste figure... possono fare a
meno di qualunque tipo di cultura generale... Una tale scuola dovrà fornire
educazione stradale, sanitaria, sessuale, alimentare, fiscale e così via...
dovrà insegnare a leggere una bolletta e un estratto conto e a rispondere ai
questionari delle inchieste, ma non dovrà richiedere sforzi intellettuali
considerati faticosi, superflui e, forse, pericolosi.... I nuovi fini della
scuola possono essere conseguiti solo mediante una profonda trasformazione dei
contenuti e dei metodi didattici. Gli strumenti concettuali teorici, considerati
ormai troppo difficili, sono eliminati dall'insegnamento, che viene ridotto alla
descrizione di meri "fatti" e a elenchi di prescrizioni... Alla nuova
scuola non occorrono esperti di fisica, letteratura, filosofia o storia
dell'arte. Una volta completata la trasformazione, basteranno dei generici
"operatori scolastici", con preparazione essenzialmente
sociopedagogica, che svolgano la funzione di intrattenitori e animatori,
accogliendo gli studenti nelle strutture scolastiche, stimolandone la
socializzazione e accompagnandoli e guidandoli nella fruizione dei media... Non
è necessario dire che selezionare gli studenti della nuova scuola non avrebbe
più senso che selezionare i clienti di un supermercato..... E come nel caso del
supermercato l'unica selezione ammissibile è quella che elimina i
taccheggiatori, analogamente... per ottenere un titolo di studio basta l'assenza
di gravi colpe o la presenza di circostanze attenuanti. Così la nuova scuola si
presenta come totalmente democratica, in quanto sottraendo ogni residua autorità
agli insegnanti, si configura come una struttura a immediata e totale
disposizione dello studentecliente... Presidi e insegnanti vengono invitati a
escogitare iniziative promozionali che migliorino "l'immagine" della
propria scuola, attirando un maggior numero di studenticlienti. La concorrenza
tra scuole... viene assorbita passivamente dal mondo del marketing e si cerca,
in particolare, di trasformare la professionalità dei presidi modellandola su
quella dei dirigenti degli uffici vendite e dei tecnici pubblicitari» (da
Segmenti e bastoncini, ed. Feltrinelli). Questa è la base della cosiddetta
autonomia.
Le riforme del centro sinistra si articolarono attorno a questo schema e come
tali vennero più volte criticate e respinte dalla maggioranza degli insegnanti.
Il nostro giornale, per bocca del sottoscritto, se ne fece ripetutamente eco.
L'ambizione di Berlinguer si reggeva, peraltro, sul generoso principio, da una
lato, di portare tutti, senza filtri eccessivamente selettivi, all'Università,
rendendo anche quest'ultima maggiormente fruibile, tramite le lauree brevi di
tre anni, ma, dall'altro, di qualificare, almeno per la durata, la scuola
secondaria, prolungando l'obbligo scolastico fino al primo biennio delle
superiori (15 anni). Le maggiori contestazioni nacquero, però,
dall'unificazione del ciclo delle elementari con la media inferiore, anche se
favoriva il tempo pieno nella prima fase e l'insegnamento precoce di una lingua
straniera. Fermo restava, peraltro, il primato della scuola pubblica, anche se
l'aziendalismo didattico ne ledeva i principi fondativi.
Le proposte peraltro non definitive della Moratti si muovono nello stesso ambito
concettuale, delineato da Russo. Del resto, in questa luce, lo slogan di
Berlusconi , detto delle tre I (Inglese, Internet, Impresa), appare assai più
impegnativo quasi un icastico programma di una parola d'ordine elettorale. Così
anche la cancellazione dell'aggettivo "pubblica", dalla denominazione
storica del ministero dell'Istruzione, suona come una dichiarazione d'intenti
ideologica, quale neppure il più illustre e credente dei ministri di osservanza
cattolica, Guido Gonella, avrebbe osato immaginare.
Gli indirizzi scolastici del centro destra vanno ben oltre, sia nell'aprire
nuovi spazi alla privatizzazione dell'insegnamento, in particolare quello
cattolico, sia nell'accentuare l'aziendalizzazione degli istituti, sia, infine,
nel dequalificare in maniera drastica l'istruzione pubblica. Prima di entrare
nel merito sento, però, l'obbligo di elencare alcuni punti che mi sembrano
positivi, in primo luogo quello di ripristinare non tanto il 7 in condotta
elemento dissuasivo di natura più simbolica che effettiva quanto un legame tra
profitto e comportamento, la cui separazione, da quando è stata
irresponsabilmente introdotta, ha incentivato atteggiamenti sempre più
provocatori e incivili da parte di minoranze violente e tanto più aggressive,
quanto rese sicure dall'immunità. In secondo luogo la fissazione di verifiche
biennali, che contemplino la bocciatura e non il ridicolo conteggio dei debiti
formativi e degli illusori sei rossi, potrebbe riportare, se mantenuta, a un
minimo di selettività e di serietà negli studi. In terzo luogo l'aspirazione a
riqualificare la formazione professionale, pur se accompagnata da misure
apertamente contraddittorie e sbagliate, non è in sé biasimevole in nome dei
vecchi stereotipi di una sinistra che l'ha sempre aborrita, considerandola un
ghetto in cui rinserrare i figli della classe operaia.
Le premesse negative superano, però, di gran lunga quelle positive.
Confondendo l'obbligo formativo con l'obbligo scolastico, gli esperti della
Moratti propongono di riportare quest'ultimo alla terza media. In tal modo
l'avviamento professionale per coloro che lo scegliessero, non avverrebbe a 15
anni, dopo aver assimilato almeno un livello decente di cultura generale, di
capacità di lettura, di rudimenti di lingua straniera, con una più precisa
determinazione delle proprie aspirazioni, ma a 13 anni, del tutto sprovveduti e
semiignoranti. Allo stato delle cose, poi, non finirebbero certo nei qualificati
corsi professionali, ancora allo stato virtuale, ma in quelle vecchie scuolette
di mestiere (per muratori, parrucchieri, meccanici, tappezzieri, addetti al
computer , ecc.) in gran parte organizzate da privati ed ecclesiastici,
soprattutto salesiani, e garantite da sovvenzioni pubbliche, non di rado di
discutibile impiego e utilità. Si è trattato anche nel passato di un ben
protetto orto corporativo, caro alla Dc che, per questo, ha sempre promesso ma
mai attuato, l'impegno ad elevare l'obbligo scolastico a 15 anni. Ora, per
iniziativa di Forza Italia, si tornerebbe a coltivare quella paludosa clientela,
fonte di spreco pseudo formativo.
L'altro disastro in prospettiva consiste nell'accorciamento di un anno della
scuola secondaria superiore: i licei e gli istituti tecnici superiori
passerebbero da 4 a 5. Dai primi scomparirebbe la matematica, dai licei
scientifici il latino. Quel poco che resta di cultura classica nel nostro paese
finirebbe rapidamente nell'inceneritore di questa contro riforma. Il motivo sta
nel principio di adeguamento alla pratica vigente in quasi tutta Europa che
fissa il conseguimento del diploma a 18 anni. Berlinguer, suscitando non poche
e, a pare mio, anche giustificate proteste, aveva aggirato l'ostacolo unificando
i cinque anni delle elementari e i tre delle medie inferiori in un unico ciclo
di 7 anni. Moratti torna al vecchio schema e taglia, invece, alle superiori. E'
bene si sappia che dietro queste perverse soluzioni aritmetiche per risparmiare
un anno, vi è un problema politico.
Chiunque studi le caratteristiche evolutive dell'età infantile, esaminandole in
concreto nelle scuole materne, sa benissimo che il bambino di 5 anni del giorno
d'oggi, fruitore di mass<\->media e di letture precoci, non è certo al
livello culturale di un bambino dell'inizio del secolo scorso che in prima, a
sei anni, si confrontava con le aste e ricopiava le lettere dell'alfabeto. Nel
2000, invece, non vi sarebbe alcun ostacolo cognitivo ad iniziare la scuola
dell'obbligo a 5 anni piuttosto che a 6. In questo modo si arriverebbe al
diploma a 18 senza penalizzare ancor più gli studi. Berlinguer ci aveva
provato, ma fu subito dissuaso. La Moratti non ci prova neppure. I potenti
"dissuasori" sono le monache che detengono il 60% delle scuole
materne, sorrette dal pedagogismo ecclesiastico che si è scagliato contro i
demoni modernisti che vorrebbero strappare gli infanti dalle cure affettuose di
suore e maestrine. I partiti residuali della Dc, equamente spartiti tra destra e
sinistra, si fanno eco di queste lacrimevoli preoccupazioni. In nome di una
autentica idiozia, ancorché eticamente e politicamente nobilitata, si stanno
così sfasciando i cicli della scuola italiana.
Ed hanno l'ardire di chiamare tutto questo managerialità e modernizzazione,
tanto che per rendere il tutto più credibile (e aberrante) le scuole verranno
dirette da consigli di amministrazione, dove gli insegnanti conteranno poco o
nulla, ma "esperti" e dirigenti gestiranno i fondi, cercheranno gli
sponsor esterni e devolveranno quante più attività possibili al di fuori della
scuola. Per quel che riguarda l'auspicato ritorno delle elementari, la
soddisfazione è subito frustrata dalla preannunciata abolizione del tempo
pieno, di cui usufruiscono già più di 500.000 bambini, figli in genere di
genitori che lavorano e non hanno i soldi per la baby<\->setter. E' stato
aggiunto che chi vuole il tempo pieno potrà averlo pagando di tasca propria lo
straordinario per le maestre. Uno dei tanti esempi di privatizzazione
all'italiana.
Naturalmente, essendo Letizia Moratti una manager di tutto rispetto, le sue
motivazioni sono anzitutto economiche. Giustamente lamenta che i circa 62.000
miliardi che lo Stato spende per la scuola siano assorbiti per il 93% da costi
fissi e, cioè, per il personale e che vorrebbe nei prossimi anni portare il
rapporto all'80%, per poter stanziare almeno 15.000 miliardi in investimenti
strutturali e tecnologici. Ottimo proposito. Omette, però, di ricordare che
nello stesso periodo andranno in pensione dai 120 ai 150.000 insegnanti , il cui
costo passerà al Tesoro, più o meno per l'analoga somma.
Non ci si aspetti, comunque, che vengano sostituiti con nuove leve. Se la Fiat
taglia aziende e produzioni, perché la scuola non deve adeguarsi? Così, se
fino ad oggi, uno studente, dalla prima elementare alla maturità, frequenta le
aule per 12.700 ore, nell'era prossima ventura il suo sforzo, tra fine del tempo
pieno, abolizione della quinta media, devoluzioni all'esterno, calerà del 22% ,
fino a sommare solo a 9900 ore complessive. Naturalmente con meno insegnanti. I
ragazzi saranno più felici, anche se un po' più ignoranti.
Sempre che sia possibile.
----------------------------------------------------------------------------
News
18-12 12:52
Ecco il programma degli stati generali
Domani mattina, mercoledì 19 dicembre, il saluto del ministro Letizia Moratti
darà il via agli Stati Generali dell'Istruzione, un appuntamento storico per il
mondo della scuola.
Infatti nel corso degli Stati Generali verrà discusso il documento elaborato
dal gruppo di studio del professor Bertagna, che contiene le proposte per il
riordino dei cicli scolastici.
I lavori dell'assemblea si svolgeranno nei giorni 19 e 20 dicembre, secondo il
seguente programma.
Mercoledì 19 dicembre, dopo il saluto del ministro, interverrà Enzo Ghigo,
presidente della Conferenza dei presidenti delle Regioni, in seguito verrà
proiettato il video "La fase dell'ascolto", ed al termine della
proiezione interverrà il professor Bertagna.
Nel corso della mattinata ci sarà spazio per diversi esponenti del mondo della
scuola, provenienti da tutt'Italia, mentre nel pomeriggio per numerosi esponenti
delle associazioni e della società civile.
Giovedì 20 dicembre interverranno i membri della commissione, intervento che
sarà seguito da una tavola rotonda animata dai rappresentanti delle
istituzioni, tra i quali i ministri La Loggia, Maroni e Marzano, Lorenzo Ria ,
presidente dell'Unione Provincie Italiane, e Luciano Modica, presidente della
Conferenza dei Rettori.
A concludere gli Stati Generali interverranno prima il ministro Moratti e poi il
Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Ciao da
Piero
lette alla U.R.L.(http://repubblica.extra.kataweb.it/repubblica/servlet/it.alephint.personalizzato.CheckSecurity?Action=Update&url=unagiacca.html&data=20011218)
U.R.L. (http://www.webscuola.it/jumpNews.asp?idLang=IT&idUser=0&idChannel=3&idNews=7934&szChannel=News&bShowDate=1&bPopUp=1)
MARTEDÌ, 18 DICEMBRE 2001 Stampa questo articolo
Pagina 42 - Cultura
DIETRO LA RIFORMA MORATTI
SCUOLA DISASTRI IN CORSO
Incombe la privatizzazione e con essa un modo errato di concepire l'uso delle
risorse a cominciare dagli insegnanti
Il progetto del ministro della Pubblica Istruzione è di cambiare radicalmente
l'insegnamento in Italia. Con quali esiti?
Si parla di logica manageriale, in realtà si favoriscono alcuni potentati
Gli aspetti negativi della proposta superano di gran lunga quelli positivi
Le manifestazioni in corso mostrano che è in gioco il futuro dell'istruzione
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
MARIO PIRANI
--------------------------------------------------------------------------------
Sbaglierebbe, però, chi leggesse le manifestazioni di questi giorni come la
pedissequa ripetizione delle ricorrenti "occupazioni" e
"autogestioni", più o meno festaiole a cui siamo stancamente
abituati. No, oggi è in gioco e gli attori se ne mostrano consapevoli la difesa
e il futuro dell'istruzione pubblica, nella sua essenzialità di grande servizio
assicurato dallo Stato per dare a tutti i giovani non la semplice
alfabetizzazione, ma i fondamenti di una cultura di base di tipo generale.
Questa scuola, in un paese differenziato come l'Italia, la cui unità conta poco
più di un secolo di vita, con dialetti, a volte, reciprocamente
inintelligibili, ha avuto anche il compito di trasmettere una lingua, una
storia, una cultura, valori civili e morali che contribuissero all'unificazione
reale della Nazione. Alle fasce successive dell'insegnamento secondario,
professionale e universitario, spettava, inoltre, fino a qualche decennio orsono,
la formazione delle classi dirigenti e del personale operaio e artigiano
qualificato.
Con l'avvento della scolarizzazione secondaria di massa il ruolo formativo e
selettivo delle élites è venuto a mancare e le competenze richieste sempre più
affievolendo. La rivoluzione informatica e tecnologica ha suggerito nuovi
approcci disciplinari. «La nuova scuola», scrive uno dei più intelligenti
studiosi del fenomeno, il prof. Lucio Russo, «deve preparare soprattutto
consumatori, oltre che contribuenti ed elettori. Queste figure... possono fare a
meno di qualunque tipo di cultura generale... Una tale scuola dovrà fornire
educazione stradale, sanitaria, sessuale, alimentare, fiscale e così via...
dovrà insegnare a leggere una bolletta e un estratto conto e a rispondere ai
questionari delle inchieste, ma non dovrà richiedere sforzi intellettuali
considerati faticosi, superflui e, forse, pericolosi.... I nuovi fini della
scuola possono essere conseguiti solo mediante una profonda trasformazione dei
contenuti e dei metodi didattici. Gli strumenti concettuali teorici, considerati
ormai troppo difficili, sono eliminati dall'insegnamento, che viene ridotto alla
descrizione di meri "fatti" e a elenchi di prescrizioni... Alla nuova
scuola non occorrono esperti di fisica, letteratura, filosofia o storia
dell'arte. Una volta completata la trasformazione, basteranno dei generici
"operatori scolastici", con preparazione essenzialmente
sociopedagogica, che svolgano la funzione di intrattenitori e animatori,
accogliendo gli studenti nelle strutture scolastiche, stimolandone la
socializzazione e accompagnandoli e guidandoli nella fruizione dei media... Non
è necessario dire che selezionare gli studenti della nuova scuola non avrebbe
più senso che selezionare i clienti di un supermercato..... E come nel caso del
supermercato l'unica selezione ammissibile è quella che elimina i
taccheggiatori, analogamente... per ottenere un titolo di studio basta l'assenza
di gravi colpe o la presenza di circostanze attenuanti. Così la nuova scuola si
presenta come totalmente democratica, in quanto sottraendo ogni residua autorità
agli insegnanti, si configura come una struttura a immediata e totale
disposizione dello studentecliente... Presidi e insegnanti vengono invitati a
escogitare iniziative promozionali che migliorino "l'immagine" della
propria scuola, attirando un maggior numero di studenticlienti. La concorrenza
tra scuole... viene assorbita passivamente dal mondo del marketing e si cerca,
in particolare, di trasformare la professionalità dei presidi modellandola su
quella dei dirigenti degli uffici vendite e dei tecnici pubblicitari» (da
Segmenti e bastoncini, ed. Feltrinelli). Questa è la base della cosiddetta
autonomia.
Le riforme del centro sinistra si articolarono attorno a questo schema e come
tali vennero più volte criticate e respinte dalla maggioranza degli insegnanti.
Il nostro giornale, per bocca del sottoscritto, se ne fece ripetutamente eco.
L'ambizione di Berlinguer si reggeva, peraltro, sul generoso principio, da una
lato, di portare tutti, senza filtri eccessivamente selettivi, all'Università,
rendendo anche quest'ultima maggiormente fruibile, tramite le lauree brevi di
tre anni, ma, dall'altro, di qualificare, almeno per la durata, la scuola
secondaria, prolungando l'obbligo scolastico fino al primo biennio delle
superiori (15 anni). Le maggiori contestazioni nacquero, però,
dall'unificazione del ciclo delle elementari con la media inferiore, anche se
favoriva il tempo pieno nella prima fase e l'insegnamento precoce di una lingua
straniera. Fermo restava, peraltro, il primato della scuola pubblica, anche se
l'aziendalismo didattico ne ledeva i principi fondativi.
Le proposte peraltro non definitive della Moratti si muovono nello stesso ambito
concettuale, delineato da Russo. Del resto, in questa luce, lo slogan di
Berlusconi , detto delle tre I (Inglese, Internet, Impresa), appare assai più
impegnativo quasi un icastico programma di una parola d'ordine elettorale. Così
anche la cancellazione dell'aggettivo "pubblica", dalla denominazione
storica del ministero dell'Istruzione, suona come una dichiarazione d'intenti
ideologica, quale neppure il più illustre e credente dei ministri di osservanza
cattolica, Guido Gonella, avrebbe osato immaginare.
Gli indirizzi scolastici del centro destra vanno ben oltre, sia nell'aprire
nuovi spazi alla privatizzazione dell'insegnamento, in particolare quello
cattolico, sia nell'accentuare l'aziendalizzazione degli istituti, sia, infine,
nel dequalificare in maniera drastica l'istruzione pubblica. Prima di entrare
nel merito sento, però, l'obbligo di elencare alcuni punti che mi sembrano
positivi, in primo luogo quello di ripristinare non tanto il 7 in condotta
elemento dissuasivo di natura più simbolica che effettiva quanto un legame tra
profitto e comportamento, la cui separazione, da quando è stata
irresponsabilmente introdotta, ha incentivato atteggiamenti sempre più
provocatori e incivili da parte di minoranze violente e tanto più aggressive,
quanto rese sicure dall'immunità. In secondo luogo la fissazione di verifiche
biennali, che contemplino la bocciatura e non il ridicolo conteggio dei debiti
formativi e degli illusori sei rossi, potrebbe riportare, se mantenuta, a un
minimo di selettività e di serietà negli studi. In terzo luogo l'aspirazione a
riqualificare la formazione professionale, pur se accompagnata da misure
apertamente contraddittorie e sbagliate, non è in sé biasimevole in nome dei
vecchi stereotipi di una sinistra che l'ha sempre aborrita, considerandola un
ghetto in cui rinserrare i figli della classe operaia.
Le premesse negative superano, però, di gran lunga quelle positive.
Confondendo l'obbligo formativo con l'obbligo scolastico, gli esperti della
Moratti propongono di riportare quest'ultimo alla terza media. In tal modo
l'avviamento professionale per coloro che lo scegliessero, non avverrebbe a 15
anni, dopo aver assimilato almeno un livello decente di cultura generale, di
capacità di lettura, di rudimenti di lingua straniera, con una più precisa
determinazione delle proprie aspirazioni, ma a 13 anni, del tutto sprovveduti e
semiignoranti. Allo stato delle cose, poi, non finirebbero certo nei qualificati
corsi professionali, ancora allo stato virtuale, ma in quelle vecchie scuolette
di mestiere (per muratori, parrucchieri, meccanici, tappezzieri, addetti al
computer , ecc.) in gran parte organizzate da privati ed ecclesiastici,
soprattutto salesiani, e garantite da sovvenzioni pubbliche, non di rado di
discutibile impiego e utilità. Si è trattato anche nel passato di un ben
protetto orto corporativo, caro alla Dc che, per questo, ha sempre promesso ma
mai attuato, l'impegno ad elevare l'obbligo scolastico a 15 anni. Ora, per
iniziativa di Forza Italia, si tornerebbe a coltivare quella paludosa clientela,
fonte di spreco pseudo formativo.
L'altro disastro in prospettiva consiste nell'accorciamento di un anno della
scuola secondaria superiore: i licei e gli istituti tecnici superiori
passerebbero da 4 a 5. Dai primi scomparirebbe la matematica, dai licei
scientifici il latino. Quel poco che resta di cultura classica nel nostro paese
finirebbe rapidamente nell'inceneritore di questa contro riforma. Il motivo sta
nel principio di adeguamento alla pratica vigente in quasi tutta Europa che
fissa il conseguimento del diploma a 18 anni. Berlinguer, suscitando non poche
e, a pare mio, anche giustificate proteste, aveva aggirato l'ostacolo unificando
i cinque anni delle elementari e i tre delle medie inferiori in un unico ciclo
di 7 anni. Moratti torna al vecchio schema e taglia, invece, alle superiori. E'
bene si sappia che dietro queste perverse soluzioni aritmetiche per risparmiare
un anno, vi è un problema politico.
Chiunque studi le caratteristiche evolutive dell'età infantile, esaminandole in
concreto nelle scuole materne, sa benissimo che il bambino di 5 anni del giorno
d'oggi, fruitore di mass<\->media e di letture precoci, non è certo al
livello culturale di un bambino dell'inizio del secolo scorso che in prima, a
sei anni, si confrontava con le aste e ricopiava le lettere dell'alfabeto. Nel
2000, invece, non vi sarebbe alcun ostacolo cognitivo ad iniziare la scuola
dell'obbligo a 5 anni piuttosto che a 6. In questo modo si arriverebbe al
diploma a 18 senza penalizzare ancor più gli studi. Berlinguer ci aveva
provato, ma fu subito dissuaso. La Moratti non ci prova neppure. I potenti
"dissuasori" sono le monache che detengono il 60% delle scuole
materne, sorrette dal pedagogismo ecclesiastico che si è scagliato contro i
demoni modernisti che vorrebbero strappare gli infanti dalle cure affettuose di
suore e maestrine. I partiti residuali della Dc, equamente spartiti tra destra e
sinistra, si fanno eco di queste lacrimevoli preoccupazioni. In nome di una
autentica idiozia, ancorché eticamente e politicamente nobilitata, si stanno
così sfasciando i cicli della scuola italiana.
Ed hanno l'ardire di chiamare tutto questo managerialità e modernizzazione,
tanto che per rendere il tutto più credibile (e aberrante) le scuole verranno
dirette da consigli di amministrazione, dove gli insegnanti conteranno poco o
nulla, ma "esperti" e dirigenti gestiranno i fondi, cercheranno gli
sponsor esterni e devolveranno quante più attività possibili al di fuori della
scuola. Per quel che riguarda l'auspicato ritorno delle elementari, la
soddisfazione è subito frustrata dalla preannunciata abolizione del tempo
pieno, di cui usufruiscono già più di 500.000 bambini, figli in genere di
genitori che lavorano e non hanno i soldi per la baby<\->setter. E' stato
aggiunto che chi vuole il tempo pieno potrà averlo pagando di tasca propria lo
straordinario per le maestre. Uno dei tanti esempi di privatizzazione
all'italiana.
Naturalmente, essendo Letizia Moratti una manager di tutto rispetto, le sue
motivazioni sono anzitutto economiche. Giustamente lamenta che i circa 62.000
miliardi che lo Stato spende per la scuola siano assorbiti per il 93% da costi
fissi e, cioè, per il personale e che vorrebbe nei prossimi anni portare il
rapporto all'80%, per poter stanziare almeno 15.000 miliardi in investimenti
strutturali e tecnologici. Ottimo proposito. Omette, però, di ricordare che
nello stesso periodo andranno in pensione dai 120 ai 150.000 insegnanti , il cui
costo passerà al Tesoro, più o meno per l'analoga somma.
Non ci si aspetti, comunque, che vengano sostituiti con nuove leve. Se la Fiat
taglia aziende e produzioni, perché la scuola non deve adeguarsi? Così, se
fino ad oggi, uno studente, dalla prima elementare alla maturità, frequenta le
aule per 12.700 ore, nell'era prossima ventura il suo sforzo, tra fine del tempo
pieno, abolizione della quinta media, devoluzioni all'esterno, calerà del 22% ,
fino a sommare solo a 9900 ore complessive. Naturalmente con meno insegnanti. I
ragazzi saranno più felici, anche se un po' più ignoranti.
Sempre che sia possibile.
----------------------------------------------------------------------------
News 18-12 12:52
Ecco il programma degli stati generali
Domani mattina, mercoledì 19 dicembre, il saluto del ministro Letizia Moratti
darà il via agli Stati Generali dell'Istruzione, un appuntamento storico per il
mondo della scuola.
Infatti nel corso degli Stati Generali verrà discusso il documento elaborato
dal gruppo di studio del professor Bertagna, che contiene le proposte per il
riordino dei cicli scolastici.
I lavori dell'assemblea si svolgeranno nei giorni 19 e 20 dicembre, secondo il
seguente programma.
Mercoledì 19 dicembre, dopo il saluto del ministro, interverrà Enzo Ghigo,
presidente della Conferenza dei presidenti delle Regioni, in seguito verrà
proiettato il video "La fase dell'ascolto", ed al termine della
proiezione interverrà il professor Bertagna.
Nel corso della mattinata ci sarà spazio per diversi esponenti del mondo della
scuola, provenienti da tutt'Italia, mentre nel pomeriggio per numerosi esponenti
delle associazioni e della società civile.
Giovedì 20 dicembre interverranno i membri della commissione, intervento che
sarà seguito da una tavola rotonda animata dai rappresentanti delle
istituzioni, tra i quali i ministri La Loggia, Maroni e Marzano, Lorenzo Ria ,
presidente dell'Unione Provincie Italiane, e Luciano Modica, presidente della
Conferenza dei Rettori.
A concludere gli Stati Generali interverranno prima il ministro Moratti e poi il
Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.