LETTO PER VOI
Gregor Burkhart, medico
specialista del Dipartimento riduzione della domanda dell'Osservatorio europeo
delle droghe e delle tossicodipendenze all'U.R.L.(http://www.stpauls.it/fc/0104fc/0104fc43.htm
)
affronta il problema droga in un'intervista:
"I CONSIGLI DI UN ESPERTO DELL'AGENZIA DELL'UNIONE EUROPEA
«Genitori, allenate i figli a resistere» a cura di FULVIO SCAGLIONE
«Una strategia comune in Europa non c'è. Bisogna scendere a
livello nazionale, quando non
regionale, per trovare qualcosa di omogeneo. E in tutti i Paesi la prevenzione
contro il
consumo di droga si fa ancora soprattutto con le campagne sui mass media (assai
usate per
esempio in Italia) e a scuola. Per una ricerca che ho svolto di recente,
ho trovato 56
progetti scolastici di informazione e prevenzione sulle droghe». Gregor
Burkhart, medico,
è lo specialista del Dipartimento riduzione della domanda
dell'Osservatorio europeo delle
droghe e delle tossicodipendenze. A lui raccontare che cosa succede (o non
succede) laddove
si cerca di non far neppure insorgere il desiderio di provare stupefacenti.
L'intervento a scuola funziona?
«Negli anni Settanta e Ottanta si facevano cose di breve respiro, del tipo: un
poliziotto
veniva a scuola, parlava ai ragazzi e la cosa finiva lì. Questo genere di
intervento non
funziona, o funziona poco. Funzionano, invece, i programmi di lunga durata,
inseriti in pieno
nel curriculum scolastico. In Spagna ce ne sono tre ben strutturati, con
un monitoraggio
continuo degli studenti. In Germania e in Gran Bretagna due. È importante che
il contenuto
sia sganciato dalla mera informazione sulle droghe e sia orientato ad allenare i
ragazzi alle
cosiddette "competenze sociali": che sappiano, per esempio, che
fare se un amico dovesse
offrire loro la droga».
Come andiamo rispetto agli Usa?
«Li abbiamo sempre copiati un po', adesso apprezziamo i vantaggi della diversità
europea.
Loro intervengono solo nelle scuole e nelle comunità, noi per fortuna in molti
più luoghi
sociali».
La tendenza più recente, quindi, è di uscire dai soliti canali della scuola e
dei mass
media?
«Sì, negli anni Novanta si è cominciato a lavorare su coloro che escono
precocemente dalla
scuola (che sono i più a rischio), sul tempo libero, nei luoghi di lavoro. In
Spagna,
Germania e Gran Bretagna ci sono buoni programmi in questo senso. E ogni volta
diventano
meno specifici: nelle ultime campagne di Francia, Spagna e Italia la droga non
viene neppure
menzionata, si cerca piuttosto di sollecitare le capacità di comunicazione
della famiglia
e promuovere stili di vita protettivi rispetto alle droghe».
Che si fa per aiutare i genitori?
«I programmi per le famiglie sono di due tipi. Quelli per la prevenzione
primaria, per le
famiglie con bambini dai due ai sette anni. Ce ne sono di interessanti in
Germania e
Austria: ai bambini degli asili vengono ritirati i giocattoli per
stimolare la loro
creatività, renderli più dinamici e sicuri, quindi con una maggiore tolleranza
alla
frustrazione. In futuro, meno bisognosi di aiutarsi con sostanze
"strane". In Germania
c'è anche un programma specifico per far capire ai genitori quanto sia
cruciale il loro
modello di comportamento per lo sviluppo emotivo del bambino. Poi ci sono
i programmi
che coinvolgono la famiglia intera, e questi di nuovo sono collegati alle
scuole. Anzi:
un programma di prevenzione è davvero buono se coinvolge i genitori».
Un consiglio per i genitori?
«Se hanno figli adolescenti, ricordino che il vero pericolo non viene dalla
reazione
biochimica alla sostanza (alla droga), ma dalla relazione psicologica del
ragazzo con
la sostanza. Ogni sostanza può essere pericolosa, dipende da chi la consuma,
con chi,
se la offrono gli amici. E per conoscere quella relazione, per poterci
"lavorare", è
importante tenere aperta la comunicazione dentro la famiglia. E poi tenere
sempre
d'occhio alcol e tabacco: sono sostanze di prova, un ragazzo che comincia presto
a bere
o fumare è più a rischio di uno che a 16 o 17 anni prova la marijuana.
Infine: non
atteggiarsi a esperti sulle droghe, perché i ragazzi tendono a rifiutare
l'informazione
che viene dai genitori. Informarsi per poterne parlare. E capire quali
possono essere
le pressioni degli amici»."