fierule.gif (1442 byte) LETTO PER VOI
SULLA RIFORMA DELLA SCUOLA  e riportato per intero perhè ritenuto di interesse.


Roma, banda di giovani aggredisce undicenne cingalese e chi lo difendeva. Un
amico li denuncia alla polizia.


ROMA - «Ora abbiamo paura». È sera e in via Val Trompia, a Montesacro, i
ragazzini si guardano alle spalle. Hanno undici, dodici anni, qualcuno è con
i capelli pieni di gel, sono tutti stretti intorno al loro amichetto di
colore, un cingalese nato nel quartiere undici anni fa, preso di mira da una
banda di bulli razzisti che sono arrivati a sequestrarlo e malmenarlo
insieme al suo compagno di banco. È sera e i ragazzini temono di veder
arrivare di nuovo «quelli del Tufello», una borgata vicina. «Mica
scherzano - sussurrano -. È gente che dice di avere perfino le pistole. L’
altro giorno avevano un coltello e una bottiglia rotta in mano...». Razzismo
a Roma. Violento, nato sui banchi di scuola e sfociato poi nel quartiere, a
Montesacro. A farne le spese è stato un alunno di prima media, figlio di una
coppia di tamil in Italia da oltre vent’anni. Con lui è stato preso di mira
anche un coetaneo bianco, un dodicenne suo compagno di banco nella scuola
media Sandro Pertini di viale Adriatico, a Montesacro. E al pronto soccorso
è finito un terzo malcapitato, un altro ragazzino del quartiere, pestato
durante il raid punitivo dalla banda guidata da un estremista della
tifoseria laziale, V.S., un «irriducibile» di 22 anni, con precedenti per
rapina, denunciato ora dagli investigatori del commissariato di Montesacro
assieme a cinque minori di 15 e 16 anni per sequestro di persona, detenzione
e porto abusivo di armi, minacce e lesioni.
«Hanno cominciato a prendermi in giro poche settimane fa, durante la
ricreazione, a scuola - ha raccontato ieri il ragazzo tamil, col terrore
ancora negli occhi -. Spintoni, offese, provocazioni. Erano in tre, tutti di
terza. Magari buttavano la stagnola in terra e poi dicevano: raccattala. Poi
hanno cominciato a urlarmi dietro: sporco negro...».
Non vuole aggiungere altro, il ragazzino tamil dalla pelle scura. Glielo
suggeriscono i suoi amici, una mamma di un coetaneo che ha paura, i suoi
stessi parenti che sono reduci dalla scuola dove gli insegnanti li hanno
invitati a smorzare i toni. Lo stesso preside, Fabio Roscini, ha passato la
giornata a gettare acqua sul fuoco: «Avevamo avuto sentore di un clima di
piccoli soprusi ed eravamo anche intervenuti, chiamando i genitori, ma non
eravamo minimamente al corrente della brutta piega presa poi da queste
vicende. Questa, tra l’altro, è una scuola con un venti per cento di
extracomunitari. Abbiamo anche celebrato la giornata multietnica...».
Ma il resto di questa brutta storia è scritto nei verbali del commissariato
di Montesacro, diretto da Antonio Del Greco. È stato un compagno di classe,
della I A, ad avvicinare l’altro giorno una pattuglia di polizia davanti
alla scuola e a raccontare tutto. Gli agenti stentavano a credere ai loro
orecchi. Il ragazzino riferiva di soprusi quotidiani ai danni di un
«compagno nero» e del suo amico di banco, parlava di un rovente clima di
molestie e sopraffazioni con sullo sfondo anche qualche ragazzina. Parlava
di quei «ripetenti» di 14 e 15 anni guidati da uno che si vanta di aver
preso parte al «picchetto d’onore» per Paolo Di Nella, il ventenne missino
manganellato a morte da ignoti nell’83, e da un «cileno» adottato, tutti e
due molto duri con lo «sporco negro» e con l’amico che osa difenderlo.
«La situazione è precipitata l’altra settimana - ha aggiunto il ragazzo -
quando gli amichetti dei miei due compagni presi di mira, una decina di
ragazzini di via Val Trompia, sono venuti qui a scuola e all’uscita hanno
parlato con i tre di terza. Gli hanno detto basta, che era ora di farla
finita. Non è successo nulla, quel giorno lì. E i tre sembravano
abbozzare...». Ma tre giorni dopo, il 10 maggio, ecco scattare la
rappresaglia. All’uscita da scuola i due ragazzi della I A vengono prelevati
da cinque «esterni» corsi a spalleggiare i loro amici di terza, in
particolare quello con simpatie di estrema destra. Sotto la minaccia di un
coltello impugnato dal «capo», uno che verrà identificato poi per quella
grossa aquila laziale tatuata sull’avambraccio, i due ragazzini vengono
caricati su un autobus e portati al campetto di calcio di via Val Trompia,
luogo abituale di ritrovo del ragazzo tamil e dei suoi amici. Lì i due
ostaggi vengono fatti inginocchiare e, con il coltello alla gola, costretti
a fare i nomi dei loro dieci amici, che per fortuna non vengono poi trovati
dalla banda nei loro domicili.
Ne hanno fatte le spese altri tre ragazzini che sostavano nelle vicinanze a
cavalcioni dei loro motorini. «Ti ho già visto allo stadio - ha urlato l’
"irriducibile" a uno di loro -. Stai nei distinti e ci tiri sempre le cose
addosso...». Sono seguiti pugni e calci. Al malcapitato non è restato che
ricorrere alle cure del pronto soccorso, il referto parla di otto giorni di
prognosi.
«Se non era per quel suo compagno di classe non avremmo saputo nulla neanche
noi genitori - ha detto ieri la mamma del ragazzo sequestrato e malmenato
per aver difeso il suo amico cingalese -. Quel giorno ho visto tornare mio
figlio a casa mogio mogio. Poi alla sera gli è venuta la febbre alta.
Pensavo che fosse influenza. Gli è durata otto giorni. Poi mi ha raccontato
tutto, compreso il pugno che ha preso in faccia. E ora che cosa dobbiamo
fare? Cambiargli scuola? Cambiare quartiere? Lui è uno che non si tira
indietro, è un ragazzo coraggioso...».

Paolo Brogi

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L’INTERVISTA

Il papà: criminali, mi sento ribollire il sangue

«Ormai sono italiano, perché qualcuno dovrebbe odiarci?»

ROMA - «Ho sempre lavorato. Questo proprio non ci voleva». Aveva lo sguardo
triste ieri Val, il tamil padre dell’undicenne preso di mira per la sua
pelle nera a Montesacro, il quartiere in cui Val vive con la sua famiglia
ormai da 19 anni.
Lei sapeva?
«No, non sapevo».
Suo figlio non le ha mai detto nulla di tutte queste angherie sfociate poi
in un grave atto di violenza?
«Mio figlio ha un bel carattere. Cerca di cavarsela da solo. Ha i suoi
amici. So che gioca al pallone dopo la scuola, qui, sotto casa. Poi a sera
studia. Così come fanno sua sorella e suo fratello, di 11 e 15 anni. Fanno
tutti e tre la prima media. Mia moglie si occupa di loro. Lei prima lavorava
come colf. Ora non ce la fa più...».
Dalla scuola non le è mai arrivata nessuna segnalazione?
«Sono stato convocato solo ora. Devo presentarmi domani. Ma io che posso
fare? Questa storia è ormai tutta nelle mani della polizia. Sono loro a
dover provvedere...».
Suo figlio è stato prelevato all’uscita di scuola, costretto a seguire
alcuni violenti con uno che lo minacciava col coltello...
«Lo so. Io come tanti altri padri a quell’ora ero a lavorare. Come potevo
immaginare queste cose? Faccio il cameriere in un ristorante di Campo de’
Fiori. I soldi per la mia famiglia vengono da quel lavoro, che io cerco di
fare con onestà. Chiedete di me a Campo de’ Fiori. Sono lì da tantissimi
anni. Purtroppo non è qui vicino. E se ora penso a quei criminali giuro che
mi sento ribollire il sangue».
Da quanti anni è in Italia, signor Val?
«Io sono ormai un cittadino italiano. Ho preso la cittadinanza. Sono qui da
21 anni. Vengo da Jaffna, nello Sri Lanka. Mia moglie è qui da 23. Lei è di
Trincomalee. Ci siamo conosciuti in Italia. E qui ci siamo sposati. Siamo
cattolici. La nostra chiesa è sulla Laurentina. Cerchiamo di dare una buona
educazione ai nostri tre figli, che sono nati a Montesacro. Loro hanno tanti
amici italiani. Anch’io ne ho. La gente ci vuole bene. Perché qualcuno
dovrebbe odiarci?».
Ha paura per suo figlio?
«Oggi mio figlio sta finalmente bene. Ma quand’era piccolo, a quattro anni,
è stato gravemente ammalato. Ha fatto lunghe cure, prima al Policlinico
Umberto I e poi al Bambin Gesù. Chi se la prende con lui neanche sa quante
pene e preeoccupazioni possiamo aver avuto noi. Altro che sporco negro...».

P. Br.

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