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La Romagna che non c'è più: l'addio alle valli di
Francesco Serantini
Francesco Serantini nacque a Castelbolognese (Ravenna) nel 1889 e morì a Faenza (Ravenna) nel 1978, dove è sempre vissuto esercitando la professione di avvocato.
Nel 1929 pubblicò "Fatti memorabili della Banda del Passatore in Terra di Romagna", ma rimase un'opera letteraria di un avvocato con la passione per la storia della sua terra
più che l'opera prima di un vero e proprio scrittore.
La notorietà doveva infatti giungere solamente nel dopoguerra.
Inviato a comandare, da vecchio ufficiale di artiglieria richiamato, una batteria costiera a Caprera, per vincere la noia l'avvocato Serantini inizia a scrivere "Il fucile di Papa della Genga".
E' un romanzo breve. E' un'opera intensa, viva, che rende alla perfezione la magia e le miserie di una terra saccheggiata dalla povertà e dai privilegi, dove spesso il popolo
vede nei briganti la giustizia per tante sopraffazioni. Ma non è solo un romanzo storico. Serantini affina bene anche personaggi e situazioni, facendoci un po' "tifare" per il Passatore e sperare per la salvezza del povero Falcone.
Con "Il fucile di Papa della Genga" vince il Premio Bagutta 1949.
E' la consacrazione di uno scrittore vero e,forse, solo a sessant'anni, Serantini si decide a raccontare tutte le storie che ha dentro. Ecco quindi "L'Osteria del Gatto parlante", "I bastardi", "Le nozze dei diavoli", "La Casata dei Gobbi", "Racconti".
Nel 1952 vinse di nuovo il Premio Bagutta con "L'Osteria del Gatto Parlante".
C'è poi un altro volume, forse meno conosciuto, che mi piace spesso rileggere: "Addio alle valli". Si tratta di una raccolta di brevi racconti di caccia. Serantini però non scrive certamente per riportarci il numero delle prede o le tecniche di caccia.
"Addio alle valli" è un mosaico di situazioni, di tradizioni, di luoghi e personaggi che erano e non torneranno mai più. Le valli bonificate, le pinete selvagge, le osterie e le buie case di caccia nascose nel delta del Po, i passatori sostituiti dai ponti, i lunghi argini sterrati oggi percorsi dall'asfalto.
Da "Addio alle valli" | Bibliografia essenziale: |
Notti di burrasca in valle, notti tempestose che si tengono a mente per metterle nei racconti di caccia: è bello essercisi trovati. Al caldo di un gran fuoco noi stavamo a sentire quell'inferno fumando in silenzio: fuori, cielo e terra si azzuffavano in una lotta di giganti; non si capivano le parole, ma la esplosione della collera era tremenda, la piccola casa ne sussultava tutta, pareva che una folata più violenta avrebbe potuto succhiarla in un sorso. ![]() E il vento? Il vento, una torma di versiere scatenate, quando sorvolava il canniccio di valle aveva una voce, un'altra voce quando sbatteva contro i tamerici, un'altra quando restava accalappiato dentro la gola del camio e nello sforzo di liberarsi ruggiva schiaciando la fiamma sull'aròla tra sbuffi e faville. Intanto l'acquivento flagellava la piccola casa, due stanze a piano terra, che aveva fuori i mattoni sgretolati dalla salsedine ma dentro era foderata di legno, calda e accogliente: cara casa di caccia dove abbiamo passato le ore migliori della nostra vita perchè laggiù, fra cielo e acqua, eravamo staccati dalle ore di tutti i giorni, dalle cure di tutti i giorni: beata solitudine, beatitudine sola. (...) |
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