CUBA
Aereo per Parigi: partenza ore dodici e quaranta.
Luca: ore undici e quarantacinque. Non si vede.
Federico: ore undici e quarantasei. Sale le scale del palazzo di corsa. Non è possibile. Non è possibile. Ripete.
La porta si apre. Cellulare acceso: ore undici e quarantasette. Che cazzo di fine hai fatto? Traffico. Come traffico? Non esiste traffico.
Luca: ore undici e cinquantacinque. Nel piazzale. Mi dispiace, ho avuto probl… Vai a destra! Honda Civic mille e sei cinque porte, grigio metallizzato, gomme nuove, antifurto: coprivolante rosso in metallo prodotto in provincia di Napoli, impronta di scarpa sul bordo del finestrino posteriore sinistro: centoquaranta all’ora sul Raccordo: ore dodici e dieci. Camion blocca la strada. Capelli dritti. Urla. Disperazione. Piccolo spiraglio sulla sinistra. Sorpa… iuto. Sorpasso!
Tu corri al check in io parcheggio. Signorina il mio amico sta per arrivare; se ce la fa signore. Fronte madida. Ascelle intrise. Occhi che cercano nel vuoto. Ore dodici e venti: Luca in vista. Corsa al metal detector. Signore apra la borsa per favore. Che c’è nella borsa? forbicine?
Luca e Federico: ore dodici e trenta: imbarco. Aereo: ore tredici e quaranta. Ritardo. Si guardano in faccia. Una sola esclamazione. Ma vaffanculo!
Parigi: aereo per La Havana in partenza alle sedici e venti. Luca: e se ci lasciano a terra? Corsa contro il tempo: un’altra. Affanno: salto valigie, tedeschi in shorts, cagnolini, tavole da surf, ancora valigie, ancora tedeschi in shorts, ancora cagnoli… ma non abbiamo sbagliato strada? Lingua di fuori: altro metal detector. Aereo: un’ora di ritardo. Di nuovo: ma vaffanculo!
Che viaggio; non ha mai fine. La Havana di notte dall’alto. Dogana: fila interminabile, controllo passaporti e vist… visto? CI MANCA IL VISTO! Quindici dollari.
Bene. E siamo alla casa coloniale. Che si fa? Una doccia e via: questa è La Havana! Casa de la amistad: Luca e Federico seguono una sfilata di moda. Federico è coinvolto in una gara de cintura. Non si sa come: vince. Una tedesca impazzisce per Federico, una cubana impazzisce per Luca. A turno sullo stesso letto. Bienvenidos a Cuba!
Ore cinque del mattino: Luca è sveglio. Attende il ritorno di Federico. Non sarà a casa prima delle otto. Ma la colazione è abbondante.
Primo giorno: si va in giro per Vedado: il quartiere ricco di La Havana. Diversi uomini li fermano, li accompagnano, gli parlano, gli dànno consigli, li vogliono portare in giro, procurare rum, sigari Cohiba, donne che lo fanno in centotrentacinque posizioni diverse. Sotto il sole. Che stanchezza la sera, ma si esce: altre donne, Altra notte fuori casa.
Giornata di mare a Playa del Este. L’autista racconta una storia, la polizia li potrebbe fermare e fare domande perché l’auto non è un taxi e lui non è un autista. Allora Federico è un tecnico dei frigoriferi e Luca un esperto in vendite. Lavorano per un italiano che ha un’azienda di inscatolamento aragoste sulla costa. Se vi chiedono dov’è la fabbrica è a Miramar mentre gli uffici sono… ‘Ma che cazzo, dobbiamo andare solo a mare!’
Le donne li circondano. Sono dappertutto. Sulla spiaggia. In acqua. Al bar. E hanno le chiappe tonde che nascondono timidi fili interdentali. Luca fa fotografie a più non posso. Federico ne farebbe un pacchetto e le porterebbe tutte a Roma. Fa caldo come in un immenso grill. I raggi del sole seguono traiettorie impossibili. Fenomeni di rifrazione imprevedibili. Picchiano sulla pelle liscia delle cubane che li guardano e si infrangono su ogni centimetro di pelle scoperto. E non c’è crema solare che protegga. La pelle diventa arancio aragosta. E la sera, al blu tenebra, Luca e Federico sono in coma sul letto e dormono sino al mattino. Insolaciòn, ripeterà Luca mostrando la pelle squamata della fronte.
E’ habana vieja che si illumina al mattino e mostra palazzi coloniali puntellati e patii ombrosi in verdi e gialli e rosa che non si immaginano. E la Cattedrale misteriosa e grigia parla uno spagnolo confuso e triste. Altre donne sorridono. E un cubano scuro li accompagna. Mostra loro la vera città, quella non calpestata dai turisti, in quartieri bagnati da pozze d’acqua nera, in portoni dove si vendono scarpe di quarto o quinto piede. Dove la pelle che li circonda è d’ebano e sa di tabacco. E verrebbe da pensare che sigari e cubani abbiano la stessa mamma. E un cubano che fuma un sigaro commette fratricidio.
C’è un Cristo con le mani giunte. E’ bianco e domina la baia. E i suoi occhi sono camere del conforto. Il Cristo prega. Non piange. I cubani non piangono.
Primo di maggio, ore cinque e trenta del mattino. Luca e Federico tornano a casa. Il taxi si ferma. Oltre non posso andare: dice. C’è ancora strada da fare. L’uomo non dà spiegazioni. Scendono e cominciano a camminare, stanchi. Arrivano alcuni autobus, e carri e camion colmi di persone. Federico e Luca si guardano; li guardano; si guardano; ridono, salutano. Sotto casa c’è già una colonna di mezzi in sosta. Quattro corsie piene. E quasi non c’è spazio per entrare nel portone. Poche ore di sonno. Otto e trenta: un elicottero minaccia le loro teste. Le pale rumoreggiano e ricordano. Castro sta per parlare. E in migliaia sono ai piedi di Josè Marti e del Che. E tanta polizia. E militari che annusano l’aria.
Ore ventitré e trenta: discoteca. En Cuba hay mas tiempo que vida! Dice Yosmeri a Federico: c’è più tempo che vita... e si baciano. I suoi occhi sono scuri ma spenti. La tristezza è altro dall’assuefazione. Mai lontano da Cuba; mai davvero a Cuba. Cuba è troppo cara per i cubani.
Ore dodici: la spiaggia è più popolata del solito. Una colonia di italiani infesta la zona. Primati da spiaggia. Un esemplare cum catenis auri collo, parla al cellulare (a Cuba?). Un escultorio acefalo cellulari parla con i suoi muscoli. Il tatuatus ridens e il primate obesus cum tanga leopardato et capillusque fluente dormono e parlano: no, non me la sono scopata, mi sono solo fatto fare un… Un’aura tignosa (una specie di aquila) vola sulle loro teste. Una ragazza si asciuga in riva al mare; ricorda la bañista di Jimenez. E i cubani suonano e cantano e ballano ‘Candela’. E bevono mojito. E ridono. E gli italiani li guardano.
Ore ventuno: Federico fa versi con la bocca. Luca svapora dietro una nube di malizia vetiver deodorante. E’ l’ultima sera, cenano fuori. Moro y cristiano: riso con fagioli neri, pollo criollo, maniquitas: banane fritte, insalata. Federico accende un cubano (un sigaro!) e tossisce. Yosmeri ride. Luca accende un sigaro (un cubano!) e assume posa plastica. Julia ride.
Ore dodici: giro per mercatini. Luca cerca delle scatole in legno per regalare i sigari. No, questa non va bene per il mio capo. No questa è troppo cara. No questa è troppo piccola. No questa è troppo kitsch. No questa è troppo cubana. No questa è troppo legno. No questa è troppo... non so, però è troppo. Julia sta per ammazzarlo. Yosmeri è sfatta sull’asfalto. Federico ha preso l’arma: un sigaro di legno, ma per Luca è troppo...
Ore diciannove e trenta: valigie pronte, ultimi baci. In tasca giusto i soldi per il taxi e qualcosa da mangiare all’aeroporto.
Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco. Ore ventidue e cinquantacinque: imbarco...