Così è comunemente chiamata la raccolta di dodici
profeti, che svolsero il loro ministero dalla seconda metà del secolo VIII a.
C. (Amos e Osea), fin verso il V secolo e forse oltre (Malachia). Nella Bibbia
Ebraica sono collocati dopo Isaia, Geremia e Ezechiele, i profeti maggiori, in
questo ordine: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc,
Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia (stesso ordine nella Vulgata). Nella Bibbia
dei Settanta sono nello stesso ordine gli ultimi sei profeti; i primi sei sono
così disposti: Osea, Amos, Michea, Gioele, Abdia, Giona; e sono collocati prima
dei profeti maggiori.
Gli Ebrei chiamano la raccolta: תרי עשר (Tre
hashàr = I Dodici) ; nei Padri greci, in elenchi e manoscritti biblici si
trova l’espressione Dwdekapro fhton (se non visualizzi bene scarica il font), i Latini:
Liber (unus) duodecim Prophetarum.
Solo nel Medioevo divenne comune l’espressione profeti
minori, in contrapposizione, a motivo della loro minore estensione, ai profeti
maggiori. Si ritrova già in Agostino, nel De Civitate Dei, 18,
29,1: Il profeta Isaia non è
nell’elenco dei dodici Profeti, detti appunto minori perché i loro scritti sono
brevi nel confronto con quelli detti appositamente maggiori perché hanno
compilato libri molto estesi.
Non si sa quando sia stata compilata questa
raccolta, si sa soltanto che al tempo del Siracide – inizio II secolo a. C. –
era già completa. Egli, infatti, scrivendo le lodi dei Padri, così parla
dei dodici profeti:
Le ossa dei dodici profeti rifioriscano dalle
loro tombe,
poiché essi consolarono Giacobbe,
lo riscattarono con la fedeltà della
speranza. (Sir 49,10).
1,1
TITOLO
Parola
del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz,
di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele.
Secondo i dati del Titolo (1,1), Osea esercitò la sua missione al
tempo di Geroboamo II (783-743), re d’Israele: il regno delle dieci
tribù del nord che si erano separate sotto Geoboamo I dalla casa di Davide e
dalla tribù di Giuda e di Beniamino, - il Regno di Giuda - da Gerusalemme e dal
Tempio. Di Geroboamo II si parla in 2Re 14,23-29. Nel titolo sono inseriti anche
i re di Giuda, da Ozia (781-740) fino a Ezechia (716-
687).
Dalla sua opera non pare che sia vissuto fino al tempo di Ezechia; ma
neppure che abbia visto la caduta di Samaria (721) per mano di Sargon II.
E’
vissuto però fino agli anni immediatamente precedenti la caduta di Samaria.
1,2-3,5
LA VITA DI OSEA
SI FA
PROFEZIA
1,2-9
Il
matrimonio di Osea e il suo significato simbolico per la comunità d’Israele.
2. Nella prima parola che rivolge ad Osea, il Signore gli ordina di
sposare una prostituta, e di avere figli da una tale donna immonda, per
testimoniare con questa triste esperienza che il Signore, Sposo di Israele, ha
come moglie una prostituta e figli della stessa natura: poiché il paese –
il popolo d’Israele - non fa che
prostituirsi allontanandosi dal Signore.
4-9. Imposizione di nomi profetici ai figli:
Izreèl: evoca il
luogo dell’uccisione di Gezabele e dei discendenti del re Acab da parte di Ieu
(2Re 9,15-10,14); e annuncia il castigo di Dio nella fine del regno: tra
poco vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu e porrò fine al regno della
casa d'Israele. (cf. invece 2Re 10,30: Il Signore disse a Ieu: Perché ti
sei compiaciuto di fare ciò che è giusto ai miei occhi e hai compiuto per la
casa di Acab quanto era nella mia intenzione, i tuoi figli - fino alla quarta
generazione - siederanno sul trono di Israele).
Non-Amata: annuncia
la fine dell’amore e della compassione - che sopporta e perdona [נשא] - per la casa d’Israele da parte del Signore.
Ricordiamo la preghiera di Mosè (dove ricorre lo stesso verbo): Perdona
l'iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come hai
perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui (Nm 14,19).
Non-popolo-mio:
annuncia la fine dell’alleanza, della presenza e dell’opera di salvezza del
Signore per il suo popolo: voi non siete mio popolo
e io non sono per voi.
Ricordiamo
come aveva parlato a Mosè: Ho osservato la miseria del mio popolo. […] Dio
disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». […] Io-Sono mi ha mandato a voi
(Es 3,7.14).
Ricordiamo
il testo del Talmud: Il Santo, benedetto egli sia, disse a Mosè: Va’ a dire
ad Israele: Io sono stato con voi durante questa schiavitù e io sarò
con voi quando sarete schiavi dei regni. (Ber. 9,9b)
Siamo
di fronte a una smentita tragica: nulla di più grave Dio ha mai detto di Israele.
7.
Si inserisce improvvisamente qui un piccolo oracolo sul regno di Giuda. La cosa
si ripeterà più volte. Sembrano piccole aggiunte. (cf. la motivazione data ad
locum dalla nota della Bibbia di Gerusalemme).
L’amore
per la casa di Giuda non verrà meno, così pure la salvezza.
Ricordiamo
l’oracolo di Isaia:
Perciò
dice il Signore contro il re d'Assiria: Non entrerà in questa città e non vi lancerà
una freccia, non l'affronterà con scudi e non vi costruirà terrapieno.
Ritornerà per la strada per cui è venuto; non entrerà in questa città. Oracolo
del Signore. Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide
mio servo
(2Re 19, 32-34).
2,1-3
Oracolo
di benedizione e di liberazione.
1.
Il Signore annuncia ad Israele il capovolgimento della sua precedente situazione,
delineata al capitolo 1, non solo con la realizzazione dell’antica promessa
fatta ad Abramo (cf Gen 22,17): Il numero degli Israeliti sarà come la
sabbia del mare, ma anche mediante una straordinaria nuova promessa: saranno
chiamati figli del Dio vivente. Non solo popolo mio, ma addirittura figli
miei.
Sta
scritto: Voi siete figli per il Signore Dio vostro (Dt 14,1).
2.
Le dodici tribù torneranno dall’esilio e saranno riunite dal Signore come
lo erano sotto il re Davide (cf. 3,5).
Ricordiamo
il versetto del Dt 30,3: Il Signore tuo Dio farà tornare i tuoi deportati,
avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo da tutti i popoli, in mezzo
ai quali il Signore tuo Dio ti aveva disperso.
3.
Popolo mio … Amata: I nomi di maledizione sono sostituiti con
nomi nuovi, che indicano piena comunione del Signore con il suo popolo, in
un’alleanza ristabilita e custodita dal suo amore.
2,4-15
Rottura
dell’alleanza: il peccato e il castigo.
4-6
I figli d’Israele sono chiamati dal Signore ad accusare la loro madre, perché
essa, che è la Sposa del Signore, ha infranto il patto nuziale che il
Signore aveva stretto con lei: Essa non è più mia moglie e io non
sono più suo marito.
Devono
avvertirla di convertirsi dal suo adulterio, altrimenti sarà per lei la fine e
la fine dei suoi figli.
7-15
La colpa con cui si è macchiata e continua a macchiarsi la Sposa è gravissima,
perché è la scelta, fortemente voluta, di seguire non più il suo sposo,
ma degli amanti, e chiaramente finalizzata ai propri interessi: Essa
ha detto: Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia
acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande.
Ma
alla base di tale prostituzione c’è la mancanza di comprensione
dell’amore del Signore e delle sue benedizioni che continuamente
l’arricchiscono; e al fondo di tutto la dimenticanza di Dio: Non
capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo
l'argento e l'oro (10), …
dimenticava me (15).
8.9.11-15
Il Signore non si rassegnerà a tale tradimento e farà sperimentare alla sua
sposa infedele tutto il dolore, l’angoscia, la vergogna, la miseria e il fallimento,
che derivano dall’essersi allontanata dal suo sposo per fornicare con altri
amanti, fino a costringerla a dire: Ritornerò al mio marito di prima perché
ero più felice di ora (9).
2,16-17
Riconciliazione
Dopo
il castigo non si nota il pentimento e il ritorno della Sposa e il conseguente
perdono del Signore che riprende con sé la sposa pentita: dopo il castigo è ancora
il Signore che prende l’iniziativa. Crea una nuova storia d’amore, per affascinare
e attrarre a sé come se fosse la prima volta la sua Sposa: è un nuovo esodo, un
nuovo cammino nel deserto, una nuova giovinezza, una nuova parola sul cuore
dell’amata, una nuova risposta.
2,18-22
Fidanzata
per sempre.
(E’
il cuore del libro)
18
E avverrà in
quel giorno
- oracolo del Signore -
mi chiamerai: Marito mio,
e non mi chiamerai più: Mio padrone.
19 Le toglierò dalla bocca
i nomi dei Baal,
che non saranno più ricordati.
20 In quel tempo farò per loro un'alleanza
con le bestie della terra
e gli uccelli del cielo
e con i rettili del suolo;
arco e spada e guerra
eliminerò dal paese;
e li farò riposare tranquilli.
21 Ti farò mia sposa per sempre,
ti farò mia sposa
nella giustizia e nel diritto,
nella benevolenza e nell'amore,
22 ti fidanzerò con me nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore.
Una nuova alleanza; alleanza per sempre, nella pace, fondata
unicamente sulla fedeltà del Signore e sul suo tenerissimo amore.
Ed
è questa la potenza divina che strappa dal cuore e dalle labbra della
sposa i nomi degli idoli e pone sulle sue labbra il nome nuovo del suo Dio: Mio
Sposo.
2,23-25
Visione
di liberazione e di ritorno dall’esilio, di benedizione e di fecondità.
Ci
è svelato il contenuto del dialogo del Signore con la Sposa nel deserto, accennato
in 2,16s: A Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio (25).
3,1-5
Il
Signore ordina ad Osea di amare ancora una donna.
Osea
con la sua vita, testimonia che il Signore ama i figli d’Israele, anche se
hanno infranto il patto con lui dandosi all’idolatria. E se l’esperienza che
fanno è di abbandono e di schiavitù, dalla vita del profeta devono apprendere
che il Signore li ama sempre, non li ripudia, anzi li aspetta, perché sa che
ritorneranno: torneranno, cercheranno, trepidi si volgeranno
a lui.
4
PROCESSO DEL SIGNORE
CONTRO ISRAELE E I SUOI CAPI
4,1-3
Il
peccato e il suo castigo.
L’accusa
che Dio rivolge ad Israele nel processo che ha istituito: Non c'è sincerità
né amore del prossimo, né conoscenza di Dio nel paese. Si giura, si mentisce,
si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue.
Tale
disordine riduce la creazione a un lutto inconsolabile: il peccato genera da sé
la sua pena.
4,4-10
Accusa
contro i capi del popolo e il loro modo di vivere
Le
guide del popolo, sacerdoti e profeti, sono i primi a inciampare. Per
primi hanno abbandonato il Signore per darsi alla prostituzione. Hanno rifiutato
di conoscere la volontà di Dio e di insegnarla, hanno dimenticato la
legge del Signore.
Di
conseguenza tutto il popolo perisce.
Dio
li punirà, rifiutandoli e dimenticandoli, cambiando la loro
gloria in vergogna.
4,11-14
Lo
spirito di fornicazione li svia. (cf. 5,4)
Li
svia dalla parola di Dio, per una ricerca di ebbrezza e di euforia, per cercare
il senso della propria vita in ciò che non ha vita, nella ricerca di ciò che
appaga immediatamente la propria sensibilità, senza rendersi conto della
consistenza di ciò che si cerca. La fine di tale sviamento lontano dal Signore
e dalla sua volontà è il baratro.
4,15-19
Avvertimento
a Giuda perché non imiti le opere di Israele.
Israele
infatti è come giovenca ribelle (cf. 10,11). Per la sua ribellione sarà
travolta e sarà nel disonore.
5-6
LE OPERE DI EFRAIM
E IL GIUDIZIO DI DIO SU DI
ESSE
5,1-4
Accusa
Il
Signore accusa i sacerdoti, la casa d’Israele, la casa del re,
perché sono stati per il popolo un laccio, una rete, una fossa:
cioè, motivo di peccato e di estrema rovina per il popolo.
Dio
sarà una frusta per loro.
Ma
il peccato di Israele ha una gravità che solo il Signore conosce e svela: non è
semplicemente prostituzione e contaminazione, per un momento di debolezza, ma è
pervicace volontà di non disporre le loro opere per far ritorno al loro Dio;
e questo perché in loro c’è uno spirito di prostituzione e non
conoscono il Signore, la sua volontà e il suo agire.
5,5-7
Caduta
Effetto
dell’orgoglio di Israele e di Efraim, sarà la caduta per le loro colpe. Giuda
cadrà con loro.
Vana
la ricerca del Signore, anche mediante innumerevoli sacrifici di greggi
e di armenti, poiché il Signore si è allontanato.
Avendo
rotto l’alleanza con Dio, il conquistatore li divorerà, senza che il Signore li
aiuti.
5,8-11
Allarme
prima del castigo.
5,
12-15
Il
Signore allontana la sua presenza da Israele.
Efraim
e Giuda, invece di convertirsi dai loro peccati, rifugiandosi nel Signore, e
così sfuggire al castigo, hanno cercato aiuto dai regni stranieri.
Perciò
il Signore, invece che sollievo e guarigione, sarà per loro tignola, tarlo,
leone, leoncello: li consumerà, li divorerà.
Ma
soprattutto, come dice con particolare enfasi: Io, io …
me ne andrò,…me ne ritornerò alla mia dimora. (14s) Nulla di peggio
per Israele che perdere la presenza del suo Signore nella sua terra e
fra il suo popolo.
Tuttavia,
ciò non sarà per sempre, ma finché non avranno espiato e cercheranno il mio
volto, e ricorreranno a me nella loro angoscia (15).
6,1-6
Invito
a una piena conversione.
1-3
Di fronte a tale minaccia e a tale promessa (cf. 5,12-15), sorge all’interno
del popolo l’invito pressante (v. 3) a ritornare al Signore, a conoscere
il Signore.
Invito
che si fonda su una fede precisa: fede nell’amore del Signore per il suo
popolo, nella sua potenza e nella certezza che il Signore tornerà a dimorare
in Israele, e lui solo li guarirà, li fascerà e addirittura dopo
due giorni ridarà loro la vita e il terzo giorno li farà risorgere,
così che vivano al suo cospetto. La vita del popolo è soltanto nel Signore che
riporta la sua presenza fra i suoi.
4-6
Ma questa volontà di conversione e questa fede che la anima sono velleitarie.
Il Signore ne svela l’inconsistenza: Il vostro amore è come una nube del
mattino, come la rugiada che all'alba svanisce.
Tutta
la vicenda profetica, in Israele, non è che la continua manifestazione del giudizio
del Signore che, come luce che sorge, mostra e distrugge
l’incoerenza e la presunzione di un amore che è amore di comodo, superficiale,
che non prende il cuore e la vita. E’ un amore che si esprime nei sacrifici:
in una ritualità che non trasforma la vita e non lega al Signore nell’ubbidienza
e nella fedeltà alla sua legge.
Dio
vuole amore e conoscenza di lui (cf. 1Sam 15,22): un amore
intenso, fattivo, duraturo, esclusivo, concretamente fondato sulla conoscenza
del Signore e della sua volontà.
6,7-11
Cose
orribili in Israele (10)
Hanno
violato l’alleanza di Dio, commettendo cose orribili, come Adamo:
come se fossero semplicemente un uomo, loro che sono figli
dell’Altissimo (Sal 82,6s), e qui sono chiamati dal Signore: mio figlio
(11,1).
Anche
Giuda subirà il giudizio: la mietitura viene per tutti. (cf. Is 17,10
sul raccolto come giudizio di condanna e di sventura).
7-8
CASTIGO
PER IL COMPORTAMENTO DEL
REGNO DI ISRAELE
7,1-3
Corruzione
nel parlare.
Menzogna
e finzione, furto: queste sono le iniquità d’Israele, queste le gioie del re e
dei capi.
7,4-7
Corruzione
fra i grandi del regno.
Corruzione
generale
7,8-12
Corruzione
nella politica del regno d’Israele con le nazioni straniere.
8-10
Israele mescolata alle genti, ne assorbe i costumi e la corruzione, per
questo è come una focaccia non rivoltata, cotta male, tanto non ha più alcun
valore, non è cotta per l’offerta al Signore. La focaccia che si offre al Signore,
infatti, deve essere azzima, di fior di farina (cf. Lv 2,5). Israele a contatto
con gli stranieri ha perso la sua purezza e la sua santità. Inoltre gli stranieri
la privano della sua forza, quella forza che è il suo Dio e che il
Signore le ha dato (cf. v. 16).
11-12
Efraim è come una colomba ingenua, semplice, ma senza intelligenza, di
fronte all’astuzia dei popoli. Affidandosi ad essi, troverà in essi la sua
rovina, poiché si troverà ad avere Dio, non come protettore, ma come cacciatore.
7,13-16
Profezia
di sventura
Motivazione:
la menzogna (cf. 7,1) contro il Signore, la ribellione, il male tramato. Soprattutto
non si sono rivolti al Dio Altissimo, poiché non sanno sollevare lo sguardo
(cf. 11,7). Sono stati come un arco fallace, segno di tradimento e di
delusione (cf Sal 78,57).
8,1-3
Allarme
per il sopraggiungere del nemico.
1 Dà fiato alla tromba!
Come
un'aquila sulla casa del Signore...
Il
nemico, con la rapidità dell’aquila, li inseguirà fin sulla casa del
Signore: non c’è luogo di rifugio che tenga.
Ricordiamo
la stessa immagine in Dt 28,49: Il Signore solleverà contro di te da
lontano, dalle estremità della terra, una nazione che si slancia a volo come aquila.
Motivazione:
perché hanno trasgredito la mia
alleanza,
rigettato
la mia legge (1);
e
Israele ha rigettato il bene (3).
A
quel punto non ci sarà più tempo: ogni atto di fede, ogni invocazione verso il
Signore, risulterà inutile. Il Signore, come dicono altri profeti, va invocato
finché è vicino (cf. Is 55,6); ma ora egli
si è allontanato da loro (5,6).
8,4-6
Il
peccato della fabbricazione del vitello di Samaria.
E’
il cosiddetto «Peccato di Geroboamo» (cf. 1Re 12,28.32). Qui è in stretta relazione con la creazione
di re non designati da Dio, come conseguenza di tale creazione,
vista come atto incipiente di idolatria: cioè, di rifiuto della sovranità del
Signore, della sua guida e della sua protezione. Altri dèi devono avvallare le
proprie scelte politiche, che si pongono come spregio della volontà del
Signore.
La
sanzione: sarà ridotto in frantumi il vitello di Samaria (6).
8,7-14
Israele
ha dimenticato Dio e la sua legge; perciò è punito.
Le
scelte politiche, e l’idolatria che ne consegue, sono in realtà una scelta di vita
senza Dio. Ciò viene così espresso:
Israele ha dimenticato il suo creatore (14).
Ricordiamo
in proposito Is 43,15: Io sono il Signore, il vostro Santo, il creatore
di Israele, il vostro re.
e Ho scritto numerose
leggi per lui, ma esse sono considerate come una cosa straniera (12): cioè,
come scritte da un dio straniero (cf. Sal 44,21), con cui non c’è mai stato
alcun tipo di rapporto e che quindi non riguardano la loro vita.
Il
risultato di tale peccato non può essere che cadere in mano degli stranieri: dovranno
tornare in Egitto (13).
9,1-10,8
ESILIO E DISTRUZIONE
9,1-9
Il
castigo nell’esilio.
E’
enunciato dal profeta, che invita Israele a fare lutto, perché triste è la prospettiva:
Non
potranno restare nella terra del Signore, dove c’è ogni benedizione, e Efraim ritornerà
in Egitto (3), terra di idoli e di schiavitù. Si contamineranno e
diventeranno impuri, così da non potersi più accostare al Signore: e in
Assiria mangeranno cibi immondi.
Non
più sacrifici, non più feste: Non faranno più libagioni di vino al Signore,
i loro sacrifici non gli saranno graditi. Pane di lutto sarà il loro pane
(4).
Non
ci sarà speranza di ritorno: l'Egitto li accoglierà, Menfi sarà la loro tomba
(6).
E
nessuna ricchezza li riscatterà, perché i loro tesori d'argento passeranno
alle ortiche.
7.
Il profeta annuncia in nome del Signore il giudizio imminente – la visita
del Signore, secondo l’espressione ebraica – rivelandone il motivo: a causa
delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto. (= v. 9b).
E’
trattato da pazzo e perseguitato, ma egli resta con il suo Dio Sentinella di
Efraim. La stessa immagine in Abacuc 2,1; Is 21,8.11s.; 62,6 ecc.
9,10-17
Riflessione
sulla condotta delle precedenti generazioni e influsso che tale condotta ha
ancora al presente.
10-14.
All’inizio, quando Dio la trovò nel deserto, in Israele vi era la bellezza e la
bontà dell’uva e la dolcezza dei fichi primaticci, ma
presto la sua indole si è corrotta con una corruzione che si è protratta fino
al presente.
Baal-Peor, dove il popolo fornicò con
le donne di Moab e in virtù della fornicazione fu trascinato all’idolatria (cf.
Nm 25,1-5), viene visto qui dal Signore quasi come un momento generante che
comunica ad Israele una natura perversa che lo rende abominevole agli
occhi di Dio, come sono per lui abominevoli gli idoli (cf. Sal 115,8 Sia
come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida).
Ogni
bellezza e ogni benedizione scomparirà da Israele: La gloria di Efraim volerà
via come un uccello, non più nascite, né gravidanze, né concepimenti. (11).
15-17
E’ Galgala però il luogo dove la malizia di Israele si è
manifestata tutta: prima si manifestò la malizia del popolo, nel
volere e nel chiedere a Samuele un re, per essere come tutti gli altri popoli
(cf. 1Sam 11,14s; 12,17-25); poi si manifestò anche quella del loro capo,
del re Saul (cf. 1Sam 13,7-14; 15,12-23).
Così
al presente: tutti i loro capi sono ribelli (15), trascinandosi
dietro, nella loro ribellione, l’intero popolo. Malizia generale.
E’
là che ho preso a odiarli … non avrò più amore per loro. Si può accostare a questa
forte espressione quello che il Signore disse a Samuele: Costoro non hanno rigettato
te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi (1Sam 8,7). A Galgala Dio
li ha presi ad odiare, nel senso di aver cominciato a provare delusione per un
popolo che, chiedendo un re, di fatto rifiutava Dio e, affidandosi alla guida
di un re, praticamente non si affidava più all’amore del Signore.
Perciò
non avranno più alcuna delle benedizioni del Signore, che a sua volta li
rigetterà (17).
10,1-8
Distruzione
delle alture e devastazione del regno.
Rigogliosa vite era Israele, come dice anche il Salmo 80,9-11: Hai divelto
una vite dall'Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Le hai
preparato il terreno, … ha riempito la terra. La sua ombra copriva le
montagne.
Ma
tale prosperità l’ha portata all’idolatria, alla menzogna, ad alleanze con gli
stranieri, a un’ingiustizia dilagante. Questo perché il loro cuore,
invece di riconoscere la benedizione del Signore, si è da lui diviso e
allontanato. Hanno pensato che fosse altra la sorgente del loro bene: gli
idoli.
Perciò
Dio distruggerà tutto, e per tutti – gli idoli per primi – ci sarà solo
l’esilio. Il regno e le alture, dove si celebrava il culto agli idoli e sulle
quali si fondavano le speranze del regno, spariranno; e coloro che prima con la
benedizione del Signore coprivano con la loro ombra le montagne, grideranno ad
esse per un’insopportabile angoscia: Copriteci! (7).
10,9-11,11
L’AMANTE E IL SUO AMATO
10,
9-15
Tradimento
di Israele nella sua missione di popolo del Signore.
9-10
Il peccato di Israele ha origini lontane: si è manifestato in Gabaa (cf.
9,9) in una duplice forma: nella nefandezza compiuta dai Gabaoniti e nella
guerra fratricida, fin quasi all’annientamento della tribù di Beniamino, che ne
è derivata (cf. Gdc 19 + 20,13. 42-48). A tale duplice colpa sono rimasti
e sono ancora attaccati. Ne sono preda (cf. Pr 5,22 e Is 5,18): perciò
il Signore li punirà radunando i popoli contro di loro.
11-15
La missione d’Israele è indicata nell’immagine della giovenca addestrata (cf.
4,16): il Signore ha affidato al suo popolo un lavoro, che è certo per la
gloria di Dio, ma anche per il loro bene: cioè, seminare la giustizia per
mietere l’amore. Se si è venuti meno a tale compito, bisogna ricominciare
di nuovo, ora, a cercare il Signore, mediante la conversione dagli idoli
alla volontà di Dio; in tal modo il Signore verrà di nuovo in mezzo al
suo popolo e diffonderà su tutti la giustizia. Per sua grazia, quindi,
il popolo potrà seminare con abbondanza la giustizia in ogni aspetto
della sua vita e raccogliere ogni frutto di bene. Vertice di ogni opera
sarà dunque sempre cercare il Signore: conoscere la sua volontà, credere
nella sua potenza, sperare nel suo amore.
Israele
è venuta meno a tale missione, tradendo il Signore. Invece di cercare il
Signore ha riposto la sua fiducia nei carri da guerra e nella
moltitudine dei suoi guerrieri. Abbandonata dal Signore, invece
della giustizia ha operato l’iniquità, e ha mietuto ingiustizia e
si è nutrito di menzogna cioè, di niente (cf. 9,2 e 12,1s: Efraim mi
raggira con menzogne e la casa d'Israele con frode. […] Efraim si pasce di
vento).
Ricordiamo
un testo simile di Isaia: Beato il giusto, perché egli avrà bene, mangerà il
frutto delle sue opere. Guai all'empio! Lo colpirà la sventura, secondo i
misfatti delle sue mani avrà la mercede (Is 3,10s).
Dio
li punirà con la distruzione e l’esilio.
11,1-7
L’amore
del Signore per Israele.
1.
Se agli albori di Israele sono già presenti nel popolo molteplici iniquità, mai
del tutto estirpate e sempre pronte a rifiorire (cf. 10,9 = 9,9; 9,10,15),
permane sempre il fatto che prima di tutto – fin da quando Israele era giovinetto
– c’è l’amore del Signore per lui (cf. 2,7), che lo ha eletto, chiamandolo
fin dall’Egitto figlio suo, perché dopo averlo liberato dalla schiavitù
come figlio lo servisse, come sta scritto in Esodo 4,22s: Tu (Mosé) dirai
al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. Io ti
avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva!
3a.
Fin da allora e continuamente, mediante la Legge, ha insegnato a Efraim a camminare
tenendolo per mano.
4.
Fin da allora l’ha unito a sé come sposa con i vincoli di amore
dell’alleanza. Come un padre con il proprio bimbo lo abbracciava e lo baciava, sollevandolo
alla sua guancia; e su di lui si chinava per nutrilo con la manna,
il pane degli angeli (cf. Sal 78,25).
5-7
Fin dal principio il Signore ha profuso su Israele il suo amore senza stancarsi
e senza pentirsi, anche se Israele lo ha ricambiato allontanandosi da
lui con continue infedeltà e incomprensioni (vv. 2. 3). E il suo amore resta
sempre prima: anche della sua presente durezza a convertirsi, della sua
incapacità a guardare in alto, del suo ritorno nell’esilio e nella schiavitù.
L’esilio
e la schiavitù sono il castigo, ma ricordiamo che è da queste profondità, in
cui è vissuto senza speranza Israele, che è scoccata la prima scintilla
dell’amore di Dio per questo popolo (cf. Es 2,23-25). Ogni esilio non può che
riaccendere questo amore nel cuore del Signore, come in modo sublime è espresso
nel testo che segue.
11,8-11
La
misura della compassione vince sulla misura del giudizio, e Israele resta
l’Amata di Colui che ama.
8s.
Il motivo resta nascosto nella infinita trascendenza del mistero di Dio, che non
è un uomo, ma è il Santo in mezzo a te.
Ricordiamo
Nm 23,19: Dio non è un uomo da potersi smentire, non è un
figlio dell'uomo da potersi pentire. Forse Egli dice e poi non fa? Promette una
cosa che poi non adempie?
E
Isaia 12,6: Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in
mezzo a voi è il Santo di Israele.
10s.
Più che l’elezione (cf. v. 2), la forza che animerà Israele a seguire il
Signore sarà la sua compassione e il suo perdono, forti come ruggito di
leone.
12,1-13,11
IL PECCATO E IL SUO CASTIGO
12,1-3
Castigo
di Efraim e Giuda per l’alleanza con l’Assiria e l’Egitto.
12,4-7
Inganno
nei rapporti fra Giuda e Efraim.
Inganno
e orgoglio caratterizzano Giacobbe fin dal seno materno.
Invito
a sperare solo in Dio e nell’alleanza con lui.
12,8-12
Inganno
e menzogna nei rapporti fra l’uomo e il suo prossimo e fra l’uomo e Dio.
La
falsità ha mutato Efraim in Canaan.
12,13-15
Provocazione
e suo castigo.
Viltà
e ignominia stanno all’origine di Giacobbe. Dio gli ha restituito nobiltà liberandolo
dall’Egitto.
Sulla
provocazione, ricorda Dt 31,29: Voi certo vi corromperete e vi allontanerete
dalla via che vi ho detto di seguire; la sventura vi colpirà negli ultimi giorni,
perché avrete fatto ciò che è male agli occhi del Signore, provocandolo
a sdegno con l'opera delle vostre mani.
Lo
ripagherà:
su tale espressione, cf. Dt 32,15-21.
13,1-3
Il
peccato di idolatria e il suo castigo
Dalla
forza all’inconsistenza: si diventa come ciò che si ama.
13,4-8
Lamento
per l’ingratitudine e la dimenticanza verso il Signore, e castigo.
L’ingratitudine
e l’arroganza trasformano Dio da salvatore in avversario.
13,9-11
Israele
sarà distrutta da quel Dio dal quale si è allontanata per mettersi nelle mani di un re
di carne e sangue.
13,12-14,1
SENTENZA DI CONDANNA
E SUA ESECUZIONE
L’iniquità,
e la ribellione (14,1) di Efraim sono chiuse a chiave in un luogo sicuro
e ben custodite: nessuno ha la forza di rubarle e di farne perdere le
tracce, nessuno può distruggere o inquinare le prove. Restano davanti agli
occhi di Dio, ben esaminate, provate, già definitivamente giudicate; non resta
che eseguire la condanna. E’ un’immagine che ricorre anche in Dt 32,34-35: Non
è questo (veleno che è in voi) nascosto presso di me, sigillato nei miei
forzieri? Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede!
Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire.
Neppure
Israele – attraverso i castighi e le prove a cui il Signore l’ha sottoposto –
ha saputo convertirsi in tempo per essere perdonato. Ora la sentenza di morte è
emessa e sarà eseguita dal vento d’oriente: cioè dall’Assiria.
14,2-9
E’ RINNOVATA L’ALLEANZA
D’AMORE
2-4.
Il profeta invita il popolo a tornare al Signore suo Dio, al Dio dell’alleanza,
preparando le parole: nelle quali risuoni chiara la confessione del proprio
peccato, della propria fede nella potenza (cf. 13,12) e nella compassione (cf.
1,6) del Signore verso l’orfano (cf. Lam 5,3). Questo è il sacrificio che Dio
accoglie – i tori (CEI: il frutto) delle nostre labbra (cf.
invece l’inutilità di miriadi di sacrifici espressa in 5,6).
Ricordiamo
questo passo parallelo: Se ti convertirai al Signore tuo Dio e obbedirai
alla sua voce, tu e i tuoi figli, con tutto il cuore e con tutta l'anima, secondo
quanto oggi ti comando, allora il Signore tuo Dio farà tornare i tuoi deportati,
avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo da tutti i popoli, in mezzo ai quali
il Signore tuo Dio ti aveva disperso (Dt 30,2-3).
A
questo invito, Israele risponderà (cf. 2,9) e ritornerà (3,5).
5-7.
Il Signore si impegna a guarire (cf. 5,13s; 6,1; 7,1; Ger 3,22),
ad
amare (cf. 2,16.21s + 3,1: come Dio ama Israele),
ad
allontanare l’ira (cf. 8,5; 11,9; 13,14),
e
a vivificare il suo popolo come rugiada (cf. Is 26,19).
8.
Il profeta contempla il ritorno di Israele al Signore e la gioia e la pace e il
benessere che Israele finalmente trova nel Signore – alla sua ombra
(CEI: mia ombra), dopo essersi illusa di godere sotto altra ombra
(cf. 4,13 e Is 30,15).
Rivivrà
il grano e il vino (8,7; 9,2; 2,23s).
9.
Dialogo conclusivo (secondo il testo ebraico; la CEI differisce):
Dice
Efraim: Che ho ancora in comune con gli idoli?
Risponde
il Signore: Io l’esaudisco e veglio
su di esso (cf. 13,7: come un leopardo veglierò su di loro per
la via; cf. anche v.6 e vedi Gen 35,3; cf. 2,23s).
Riprende
Efraim: Io sono come cipresso sempre verde (cf. v. 6s).
Conclude
il Signore: Grazie a me si trova il tuo frutto (cf. 9,16 e 2,10).
14,10
CONCLUSIONE DEL REDATTORE
Questo
libro, dunque contiene le vie del Signore che sono rette. Solo la
saggezza e l’intelligenza che vengono dal Signore ci consentono di essere
giusti e di camminare di giustizia in giustizia per le vie del Signore.
Possiamo
quindi concludere con la preghiera di Mosè: Ora, se davvero ho trovato
grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che io ti conosca, e
trovi grazia ai tuoi occhi (Es 33,13). Amen.
[La
struttura letteraria di Osea qui presentata è quella suggerita da Iehudah
Qil nel suo commento a Osea, in Tre hashàr, edizione
Mossad Harav Kook. Jerusalem 1990 (in ebraico)]
2 gennaio 2004, memoria dei
santi Basilio e Gregorio di Nazianzo.