I Profeti Minori

Di don Giorgio Sgargi

 

Così è comunemente chiamata la raccolta di dodici profeti, che svolsero il loro ministero dalla seconda metà del secolo VIII a. C. (Amos e Osea), fin verso il V secolo e forse oltre (Malachia). Nella Bibbia Ebraica sono collocati dopo Isaia, Geremia e Ezechiele, i profeti maggiori, in questo ordine: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia (stesso ordine nella Vulgata). Nella Bibbia dei Settanta sono nello stesso ordine gli ultimi sei profeti; i primi sei sono così disposti: Osea, Amos, Michea, Gioele, Abdia, Giona; e sono collocati prima dei profeti maggiori.

Gli Ebrei chiamano la raccolta: תרי עשר (Tre hashàr = I Dodici) ; nei Padri greci, in elenchi e manoscritti biblici si trova l’espressione Dwdekapro fhton (se non visualizzi bene scarica il font), i Latini: Liber (unus) duodecim Prophetarum.

Solo nel Medioevo divenne comune l’espressione profeti minori, in contrapposizione, a motivo della loro minore estensione, ai profeti maggiori. Si ritrova già in Agostino, nel De Civitate Dei, 18, 29,1:  Il profeta Isaia non è nell’elenco dei dodici Profeti, detti appunto minori perché i loro scritti sono brevi nel confronto con quelli detti appositamente maggiori perché hanno compilato libri molto estesi.

Non si sa quando sia stata compilata questa raccolta, si sa soltanto che al tempo del Siracide – inizio II secolo a. C. – era già completa. Egli, infatti, scrivendo le lodi dei Padri, così parla dei dodici profeti:

Le ossa dei dodici profeti rifioriscano dalle loro tombe,

poiché essi consolarono Giacobbe,

lo riscattarono con la fedeltà della speranza. (Sir 49,10).

 

OSEA

 

1,1

TITOLO

Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele.

 

Secondo i dati del Titolo (1,1), Osea esercitò la sua missione al tempo di Geroboamo II (783-743), re d’Israele: il regno delle dieci tribù del nord che si erano separate sotto Geoboamo I dalla casa di Davide e dalla tribù di Giuda e di Beniamino, - il Regno di Giuda - da Gerusalemme e dal Tempio. Di Geroboamo II si parla in 2Re 14,23-29. Nel titolo sono inseriti anche i re di Giuda, da Ozia (781-740) fino a Ezechia (716- 687).

Dalla sua opera non pare che sia vissuto fino al tempo di Ezechia; ma neppure che abbia visto la caduta di Samaria (721) per mano di Sargon II.

E’ vissuto però fino agli anni immediatamente precedenti la caduta di Samaria.

 

1,2-3,5

LA VITA DI OSEA

SI FA

PROFEZIA

 

1,2-9

Il matrimonio di Osea e il suo significato simbolico per la comunità d’Israele.

 

2. Nella prima parola che rivolge ad Osea, il Signore gli ordina di sposare una prostituta, e di avere figli da una tale donna immonda, per testimoniare con questa triste esperienza che il Signore, Sposo di Israele, ha come moglie una prostituta e figli della stessa natura: poiché il paese – il popolo d’Israele -  non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore.

 

4-9. Imposizione di nomi profetici ai figli:

Izreèl: evoca il luogo dell’uccisione di Gezabele e dei discendenti del re Acab da parte di Ieu (2Re 9,15-10,14); e annuncia il castigo di Dio nella fine del regno: tra poco vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu e porrò fine al regno della casa d'Israele. (cf. invece 2Re 10,30: Il Signore disse a Ieu: Perché ti sei compiaciuto di fare ciò che è giusto ai miei occhi e hai compiuto per la casa di Acab quanto era nella mia intenzione, i tuoi figli - fino alla quarta generazione - siederanno sul trono di Israele).

 

Non-Amata: annuncia la fine dell’amore e della compassione - che sopporta e perdona  [נשא] -  per la casa d’Israele da parte del Signore.

Ricordiamo la preghiera di Mosè (dove ricorre lo stesso verbo): Perdona l'iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come hai perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui (Nm 14,19).

 

Non-popolo-mio: annuncia la fine dell’alleanza, della presenza e dell’opera di salvezza del Signore per il suo popolo: voi non siete mio popolo e io non sono per voi.       

Ricordiamo come aveva parlato a Mosè: Ho osservato la miseria del mio popolo. […] Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». […] Io-Sono mi ha mandato a voi (Es 3,7.14).

Ricordiamo il testo del Talmud: Il Santo, benedetto egli sia, disse a Mosè: Va’ a dire ad Israele: Io sono stato con voi durante questa schiavitù e io sarò con voi quando sarete schiavi dei regni. (Ber. 9,9b)

Siamo di fronte a una smentita tragica: nulla di più grave Dio ha mai detto di Israele.

 

7. Si inserisce improvvisamente qui un piccolo oracolo sul regno di Giuda. La cosa si ripeterà più volte. Sembrano piccole aggiunte. (cf. la motivazione data ad locum dalla nota della Bibbia di Gerusalemme).

L’amore per la casa di Giuda non verrà meno, così pure la salvezza.

Ricordiamo l’oracolo di Isaia:

Perciò dice il Signore contro il re d'Assiria: Non entrerà in questa città e non vi lancerà una freccia, non l'affronterà con scudi e non vi costruirà terrapieno. Ritornerà per la strada per cui è venuto; non entrerà in questa città. Oracolo del Signore. Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo (2Re 19, 32-34).

 

2,1-3

Oracolo di benedizione e di liberazione.

 

1. Il Signore annuncia ad Israele il capovolgimento della sua precedente situazione, delineata al capitolo 1, non solo con la realizzazione dell’antica promessa fatta ad Abramo (cf Gen 22,17): Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, ma anche mediante una straordinaria nuova promessa: saranno chiamati figli del Dio vivente. Non solo popolo mio, ma addirittura figli miei.

Sta scritto: Voi siete figli per il Signore Dio vostro (Dt 14,1).

 

2. Le dodici tribù torneranno dall’esilio e saranno riunite dal Signore come lo erano sotto il re Davide (cf. 3,5).

Ricordiamo il versetto del Dt 30,3: Il Signore tuo Dio farà tornare i tuoi deportati, avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo da tutti i popoli, in mezzo ai quali il Signore tuo Dio ti aveva disperso.

 

3. Popolo mio Amata: I nomi di maledizione sono sostituiti con nomi nuovi, che indicano piena comunione del Signore con il suo popolo, in un’alleanza ristabilita e custodita dal suo amore.

 

2,4-15

Rottura dell’alleanza: il peccato e il castigo.

 

4-6 I figli d’Israele sono chiamati dal Signore ad accusare la loro madre, perché essa, che è la Sposa del Signore, ha infranto il patto nuziale che il Signore aveva stretto con lei: Essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito.

Devono avvertirla di convertirsi dal suo adulterio, altrimenti sarà per lei la fine e la fine dei suoi figli.

 

7-15 La colpa con cui si è macchiata e continua a macchiarsi la Sposa è gravissima, perché è la scelta, fortemente voluta, di seguire non più il suo sposo, ma degli amanti, e chiaramente finalizzata ai propri interessi: Essa ha detto: Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande.

Ma alla base di tale prostituzione c’è la mancanza di comprensione dell’amore del Signore e delle sue benedizioni che continuamente l’arricchiscono; e al fondo di tutto la dimenticanza di Dio: Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo l'argento e l'oro (10), …

dimenticava me (15).

 

8.9.11-15 Il Signore non si rassegnerà a tale tradimento e farà sperimentare alla sua sposa infedele tutto il dolore, l’angoscia, la vergogna, la miseria e il fallimento, che derivano dall’essersi allontanata dal suo sposo per fornicare con altri amanti, fino a costringerla a dire: Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora (9).

 

 

 

 

2,16-17

Riconciliazione

 

Dopo il castigo non si nota il pentimento e il ritorno della Sposa e il conseguente perdono del Signore che riprende con sé la sposa pentita: dopo il castigo è ancora il Signore che prende l’iniziativa. Crea una nuova storia d’amore, per affascinare e attrarre a sé come se fosse la prima volta la sua Sposa: è un nuovo esodo, un nuovo cammino nel deserto, una nuova giovinezza, una nuova parola sul cuore dell’amata, una nuova risposta.

 

2,18-22

Fidanzata per sempre.

(E’ il cuore del libro)

 

18 E avverrà in quel giorno

 - oracolo del Signore -

 mi chiamerai: Marito mio,

 e non mi chiamerai più: Mio padrone.

 19 Le toglierò dalla bocca

 i nomi dei Baal,

 che non saranno più ricordati.

 20 In quel tempo farò per loro un'alleanza

 con le bestie della terra

 e gli uccelli del cielo

 e con i rettili del suolo;

 arco e spada e guerra

 eliminerò dal paese;

 e li farò riposare tranquilli.

 21 Ti farò mia sposa per sempre,

 ti farò mia sposa

 nella giustizia e nel diritto,

 nella benevolenza e nell'amore,

 22 ti fidanzerò con me nella fedeltà

 e tu conoscerai il Signore.

 

Una nuova alleanza; alleanza per sempre, nella pace, fondata unicamente sulla fedeltà del Signore e sul suo tenerissimo amore.

Ed è questa la potenza divina che strappa dal cuore e dalle labbra della sposa i nomi degli idoli e pone sulle sue labbra il nome nuovo del suo Dio: Mio Sposo.

 

2,23-25

Visione di liberazione e di ritorno dall’esilio, di benedizione e di fecondità.

 

Ci è svelato il contenuto del dialogo del Signore con la Sposa nel deserto, accennato in 2,16s: A Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio (25).

 

3,1-5

Il Signore ordina ad Osea di amare ancora una donna.

 

Osea con la sua vita, testimonia che il Signore ama i figli d’Israele, anche se hanno infranto il patto con lui dandosi all’idolatria. E se l’esperienza che fanno è di abbandono e di schiavitù, dalla vita del profeta devono apprendere che il Signore li ama sempre, non li ripudia, anzi li aspetta, perché sa che ritorneranno: torneranno, cercheranno, trepidi si volgeranno a lui.

 

4

PROCESSO DEL SIGNORE

CONTRO ISRAELE E I SUOI CAPI

 

4,1-3

Il peccato e il suo castigo.

 

L’accusa che Dio rivolge ad Israele nel processo che ha istituito: Non c'è sincerità né amore del prossimo, né conoscenza di Dio nel paese. Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue.

Tale disordine riduce la creazione a un lutto inconsolabile: il peccato genera da sé la sua pena.

 

 

 

4,4-10

Accusa contro i capi del popolo e il loro modo di vivere

 

Le guide del popolo, sacerdoti e profeti, sono i primi a inciampare. Per primi hanno abbandonato il Signore per darsi alla prostituzione. Hanno rifiutato di conoscere la volontà di Dio e di insegnarla, hanno dimenticato la legge del Signore.

Di conseguenza tutto il popolo perisce.

Dio li punirà, rifiutandoli e dimenticandoli, cambiando la loro gloria in vergogna.

 

4,11-14

Lo spirito di fornicazione li svia. (cf. 5,4)

 

Li svia dalla parola di Dio, per una ricerca di ebbrezza e di euforia, per cercare il senso della propria vita in ciò che non ha vita, nella ricerca di ciò che appaga immediatamente la propria sensibilità, senza rendersi conto della consistenza di ciò che si cerca. La fine di tale sviamento lontano dal Signore e dalla sua volontà è il baratro.

 

4,15-19

Avvertimento a Giuda perché non imiti le opere di Israele.

 

Israele infatti è come giovenca ribelle (cf. 10,11). Per la sua ribellione sarà travolta e sarà nel disonore.

 

5-6

LE OPERE DI EFRAIM

E IL GIUDIZIO DI DIO SU DI ESSE

 

5,1-4

Accusa

 

Il Signore accusa i sacerdoti, la casa d’Israele, la casa del re, perché sono stati per il popolo un laccio, una rete, una fossa: cioè, motivo di peccato e di estrema rovina per il popolo.

Dio sarà una frusta per loro.

Ma il peccato di Israele ha una gravità che solo il Signore conosce e svela: non è semplicemente prostituzione e contaminazione, per un momento di debolezza, ma è pervicace volontà di non disporre le loro opere per far ritorno al loro Dio; e questo perché in loro c’è uno spirito di prostituzione e non conoscono il Signore, la sua volontà e il suo agire.

 

5,5-7

Caduta

 

Effetto dell’orgoglio di Israele e di Efraim, sarà la caduta per le loro colpe. Giuda cadrà con loro.

Vana la ricerca del Signore, anche mediante innumerevoli sacrifici di greggi e di armenti, poiché il Signore si è allontanato.

Avendo rotto l’alleanza con Dio, il conquistatore li divorerà, senza che il Signore li aiuti.

 

5,8-11

Allarme prima del castigo.

 

5, 12-15

Il Signore allontana la sua presenza da Israele.

 

Efraim e Giuda, invece di convertirsi dai loro peccati, rifugiandosi nel Signore, e così sfuggire al castigo, hanno cercato aiuto dai regni stranieri.

Perciò il Signore, invece che sollievo e guarigione, sarà per loro tignola, tarlo, leone, leoncello: li consumerà, li divorerà.

Ma soprattutto, come dice con particolare enfasi: Io, iome ne andrò,…me ne ritornerò alla mia dimora. (14s) Nulla di peggio per Israele che perdere la presenza del suo Signore nella sua terra e fra il suo popolo.

Tuttavia, ciò non sarà per sempre, ma finché non avranno espiato e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me nella loro angoscia (15).

 

6,1-6

Invito a una piena conversione.

 

1-3 Di fronte a tale minaccia e a tale promessa (cf. 5,12-15), sorge all’interno del popolo l’invito pressante (v. 3) a ritornare al Signore, a conoscere il Signore.

Invito che si fonda su una fede precisa: fede nell’amore del Signore per il suo popolo, nella sua potenza e nella certezza che il Signore tornerà a dimorare in Israele, e lui solo li guarirà, li fascerà e addirittura dopo due giorni ridarà loro la vita e il terzo giorno li farà risorgere, così che vivano al suo cospetto. La vita del popolo è soltanto nel Signore che riporta la sua presenza fra i suoi.

 

4-6 Ma questa volontà di conversione e questa fede che la anima sono velleitarie. Il Signore ne svela l’inconsistenza: Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce.

Tutta la vicenda profetica, in Israele, non è che la continua manifestazione del giudizio del Signore che, come luce che sorge, mostra e distrugge l’incoerenza e la presunzione di un amore che è amore di comodo, superficiale, che non prende il cuore e la vita. E’ un amore che si esprime nei sacrifici: in una ritualità che non trasforma la vita e non lega al Signore nell’ubbidienza e nella fedeltà alla sua legge.

Dio vuole amore e conoscenza di lui (cf. 1Sam 15,22): un amore intenso, fattivo, duraturo, esclusivo, concretamente fondato sulla conoscenza del Signore e della sua volontà.

 

6,7-11

Cose orribili in Israele (10)

 

Hanno violato l’alleanza di Dio, commettendo cose orribili, come Adamo: come se fossero semplicemente un uomo, loro che sono figli dell’Altissimo (Sal 82,6s), e qui sono chiamati dal Signore: mio figlio (11,1).

Anche Giuda subirà il giudizio: la mietitura viene per tutti. (cf. Is 17,10 sul raccolto come giudizio di condanna e di sventura).

 

7-8

CASTIGO

PER IL COMPORTAMENTO DEL REGNO DI ISRAELE

 

7,1-3

Corruzione nel parlare.

 

Menzogna e finzione, furto: queste sono le iniquità d’Israele, queste le gioie del re e dei capi.

 

7,4-7

Corruzione fra i grandi del regno.

 

Corruzione generale

 

7,8-12

Corruzione nella politica del regno d’Israele con le nazioni straniere.

 

8-10 Israele mescolata alle genti, ne assorbe i costumi e la corruzione, per questo è come una focaccia non rivoltata, cotta male, tanto non ha più alcun valore, non è cotta per l’offerta al Signore. La focaccia che si offre al Signore, infatti, deve essere azzima, di fior di farina (cf. Lv 2,5). Israele a contatto con gli stranieri ha perso la sua purezza e la sua santità. Inoltre gli stranieri la privano della sua forza, quella forza che è il suo Dio e che il Signore le ha dato (cf. v. 16).

 

11-12 Efraim è come una colomba ingenua, semplice, ma senza intelligenza, di fronte all’astuzia dei popoli. Affidandosi ad essi, troverà in essi la sua rovina, poiché si troverà ad avere Dio, non come protettore, ma come cacciatore.

 

7,13-16

Profezia di sventura

 

Motivazione: la menzogna (cf. 7,1) contro il Signore, la ribellione, il male tramato. Soprattutto non si sono rivolti al Dio Altissimo, poiché non sanno sollevare lo sguardo (cf. 11,7). Sono stati come un arco fallace, segno di tradimento e di delusione (cf Sal 78,57).

 

8,1-3

Allarme per il sopraggiungere del nemico.

 

1 Dà fiato alla tromba!

 Come un'aquila sulla casa del Signore...

Il nemico, con la rapidità dell’aquila, li inseguirà fin sulla casa del Signore: non c’è luogo di rifugio che tenga.

Ricordiamo la stessa immagine in Dt 28,49: Il Signore solleverà contro di te da lontano, dalle estremità della terra, una nazione che si slancia a volo come aquila.

Motivazione: perché    hanno trasgredito la mia alleanza,

                                               rigettato la mia legge (1); e

Israele ha rigettato il bene (3).

A quel punto non ci sarà più tempo: ogni atto di fede, ogni invocazione verso il Signore, risulterà inutile. Il Signore, come dicono altri profeti, va invocato finché è vicino (cf.  Is 55,6); ma ora egli si è allontanato da loro (5,6).

 

8,4-6

Il peccato della fabbricazione del vitello di Samaria.

 

E’ il cosiddetto «Peccato di Geroboamo» (cf. 1Re 12,28.32).  Qui è in stretta relazione con la creazione di re non designati da Dio, come conseguenza di tale creazione, vista come atto incipiente di idolatria: cioè, di rifiuto della sovranità del Signore, della sua guida e della sua protezione. Altri dèi devono avvallare le proprie scelte politiche, che si pongono come spregio della volontà del Signore.

La sanzione: sarà ridotto in frantumi il vitello di Samaria (6).

 

8,7-14

Israele ha dimenticato Dio e la sua legge; perciò è punito.

 

Le scelte politiche, e l’idolatria che ne consegue, sono in realtà una scelta di vita senza Dio. Ciò viene così espresso:

Israele ha dimenticato il suo creatore (14).

Ricordiamo in proposito Is 43,15: Io sono il Signore, il vostro Santo, il creatore di Israele, il vostro re.

e                      Ho scritto numerose leggi per lui, ma esse sono considerate come una cosa straniera (12): cioè, come scritte da un dio straniero (cf. Sal 44,21), con cui non c’è mai stato alcun tipo di rapporto e che quindi non riguardano la loro vita.

Il risultato di tale peccato non può essere che cadere in mano degli stranieri: dovranno tornare in Egitto (13).

 

 

9,1-10,8

ESILIO E DISTRUZIONE

 

9,1-9

Il castigo nell’esilio.

 

E’ enunciato dal profeta, che invita Israele a fare lutto, perché triste è la prospettiva:

Non potranno restare nella terra del Signore, dove c’è ogni benedizione, e Efraim ritornerà in Egitto (3), terra di idoli e di schiavitù. Si contamineranno e diventeranno impuri, così da non potersi più accostare al Signore: e in Assiria mangeranno cibi immondi.

Non più sacrifici, non più feste: Non faranno più libagioni di vino al Signore, i loro sacrifici non gli saranno graditi. Pane di lutto sarà il loro pane (4).

Non ci sarà speranza di ritorno: l'Egitto li accoglierà, Menfi sarà la loro tomba (6).

E nessuna ricchezza li riscatterà, perché i loro tesori d'argento passeranno alle ortiche.

 

7. Il profeta annuncia in nome del Signore il giudizio imminente – la visita del Signore, secondo l’espressione ebraica – rivelandone il motivo: a causa delle tue molte iniquità, per la gravità del tuo affronto. (= v. 9b).

E’ trattato da pazzo e perseguitato, ma egli resta con il suo Dio Sentinella di Efraim. La stessa immagine in Abacuc 2,1; Is 21,8.11s.; 62,6 ecc.

 

9,10-17

Riflessione sulla condotta delle precedenti generazioni e influsso che tale condotta ha ancora al presente.

 

10-14. All’inizio, quando Dio la trovò nel deserto, in Israele vi era la bellezza e la bontà dell’uva e la dolcezza dei fichi primaticci, ma presto la sua indole si è corrotta con una corruzione che si è protratta fino al presente.

Baal-Peor, dove il popolo fornicò con le donne di Moab e in virtù della fornicazione fu trascinato all’idolatria (cf. Nm 25,1-5), viene visto qui dal Signore quasi come un momento generante che comunica ad Israele una natura perversa che lo rende abominevole agli occhi di Dio, come sono per lui abominevoli gli idoli (cf. Sal 115,8 Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida).

Ogni bellezza e ogni benedizione scomparirà da Israele: La gloria di Efraim volerà via come un uccello, non più nascite, né gravidanze, né concepimenti. (11).

 

15-17 E’ Galgala però il luogo dove la malizia di Israele si è manifestata tutta: prima si manifestò la malizia del popolo, nel volere e nel chiedere a Samuele un re, per essere come tutti gli altri popoli (cf. 1Sam 11,14s; 12,17-25); poi si manifestò anche quella del loro capo, del re Saul (cf. 1Sam 13,7-14; 15,12-23).

Così al presente: tutti i loro capi sono ribelli (15), trascinandosi dietro, nella loro ribellione, l’intero popolo. Malizia generale.

E’ là che ho preso a odiarli … non avrò più amore per loro. Si può accostare a questa forte espressione quello che il Signore disse a Samuele: Costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi (1Sam 8,7). A Galgala Dio li ha presi ad odiare, nel senso di aver cominciato a provare delusione per un popolo che, chiedendo un re, di fatto rifiutava Dio e, affidandosi alla guida di un re, praticamente non si affidava più all’amore del Signore.

Perciò non avranno più alcuna delle benedizioni del Signore, che a sua volta li rigetterà (17).

 

10,1-8

Distruzione delle alture e devastazione del regno.

 

Rigogliosa vite era Israele, come dice anche il Salmo 80,9-11: Hai divelto una vite dall'Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Le hai preparato il terreno, … ha riempito la terra. La sua ombra copriva le montagne.

Ma tale prosperità l’ha portata all’idolatria, alla menzogna, ad alleanze con gli stranieri, a un’ingiustizia dilagante. Questo perché il loro cuore, invece di riconoscere la benedizione del Signore, si è da lui diviso e allontanato. Hanno pensato che fosse altra la sorgente del loro bene: gli idoli.

Perciò Dio distruggerà tutto, e per tutti – gli idoli per primi – ci sarà solo l’esilio. Il regno e le alture, dove si celebrava il culto agli idoli e sulle quali si fondavano le speranze del regno, spariranno; e coloro che prima con la benedizione del Signore coprivano con la loro ombra le montagne, grideranno ad esse per un’insopportabile angoscia: Copriteci! (7).

 

 

10,9-11,11

L’AMANTE E IL SUO AMATO

 

10, 9-15

Tradimento di Israele nella sua missione di popolo del Signore.

 

9-10 Il peccato di Israele ha origini lontane: si è manifestato in Gabaa (cf. 9,9) in una duplice forma: nella nefandezza compiuta dai Gabaoniti e nella guerra fratricida, fin quasi all’annientamento della tribù di Beniamino, che ne è derivata (cf. Gdc 19 + 20,13. 42-48). A tale duplice colpa sono rimasti e sono ancora attaccati. Ne sono preda (cf. Pr 5,22 e Is 5,18): perciò il Signore li punirà radunando i popoli contro di loro.

11-15 La missione d’Israele è indicata nell’immagine della giovenca addestrata (cf. 4,16): il Signore ha affidato al suo popolo un lavoro, che è certo per la gloria di Dio, ma anche per il loro bene: cioè, seminare la giustizia per mietere l’amore. Se si è venuti meno a tale compito, bisogna ricominciare di nuovo, ora, a cercare il Signore, mediante la conversione dagli idoli alla volontà di Dio; in tal modo il Signore verrà di nuovo in mezzo al suo popolo e diffonderà su tutti la giustizia. Per sua grazia, quindi, il popolo potrà seminare con abbondanza la giustizia in ogni aspetto della sua vita e raccogliere ogni frutto di bene. Vertice di ogni opera sarà dunque sempre cercare il Signore: conoscere la sua volontà, credere nella sua potenza, sperare nel suo amore.

Israele è venuta meno a tale missione, tradendo il Signore. Invece di cercare il Signore ha riposto la sua fiducia nei carri da guerra e nella moltitudine dei suoi guerrieri. Abbandonata dal Signore, invece della giustizia ha operato l’iniquità, e ha mietuto ingiustizia e si è nutrito di menzogna cioè, di niente (cf. 9,2 e 12,1s: Efraim mi raggira con menzogne e la casa d'Israele con frode. […] Efraim si pasce di vento).

Ricordiamo un testo simile di Isaia: Beato il giusto, perché egli avrà bene, mangerà il frutto delle sue opere. Guai all'empio! Lo colpirà la sventura, secondo i misfatti delle sue mani avrà la mercede (Is 3,10s).

Dio li punirà con la distruzione e l’esilio.

 

 

 

11,1-7

L’amore del Signore per Israele.

 

1. Se agli albori di Israele sono già presenti nel popolo molteplici iniquità, mai del tutto estirpate e sempre pronte a rifiorire (cf. 10,9 = 9,9; 9,10,15), permane sempre il fatto che prima di tutto – fin da quando Israele era giovinetto – c’è l’amore del Signore per lui (cf. 2,7), che lo ha eletto, chiamandolo fin dall’Egitto figlio suo, perché dopo averlo liberato dalla schiavitù come figlio lo servisse, come sta scritto in Esodo 4,22s: Tu (Mosé) dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva!

3a. Fin da allora e continuamente, mediante la Legge, ha insegnato a Efraim a camminare tenendolo per mano.

4. Fin da allora l’ha unito a sé come sposa con i vincoli di amore dell’alleanza. Come un padre con il proprio bimbo lo abbracciava e lo baciava, sollevandolo alla sua guancia; e su di lui si chinava per nutrilo con la manna, il pane degli angeli (cf. Sal 78,25).

5-7 Fin dal principio il Signore ha profuso su Israele il suo amore senza stancarsi e senza pentirsi, anche se Israele lo ha ricambiato allontanandosi da lui con continue infedeltà e incomprensioni (vv. 2. 3). E il suo amore resta sempre prima: anche della sua presente durezza a convertirsi, della sua incapacità a guardare in alto, del suo ritorno nell’esilio e nella schiavitù.

L’esilio e la schiavitù sono il castigo, ma ricordiamo che è da queste profondità, in cui è vissuto senza speranza Israele, che è scoccata la prima scintilla dell’amore di Dio per questo popolo (cf. Es 2,23-25). Ogni esilio non può che riaccendere questo amore nel cuore del Signore, come in modo sublime è espresso nel testo che segue.

 

11,8-11

La misura della compassione vince sulla misura del giudizio, e Israele resta l’Amata di Colui che ama.

 

8s. Il motivo resta nascosto nella infinita trascendenza del mistero di Dio, che non è un uomo, ma è il Santo in mezzo a te.

Ricordiamo Nm 23,19: Dio non è un uomo da potersi smentire, non è un figlio dell'uomo da potersi pentire. Forse Egli dice e poi non fa? Promette una cosa che poi non adempie?

E Isaia 12,6: Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele.

10s. Più che l’elezione (cf. v. 2), la forza che animerà Israele a seguire il Signore sarà la sua compassione e il suo perdono, forti come ruggito di leone.

 

 

12,1-13,11

IL PECCATO E IL SUO CASTIGO

 

12,1-3

Castigo di Efraim e Giuda per l’alleanza con l’Assiria e l’Egitto.

 

12,4-7

Inganno nei rapporti fra Giuda e Efraim.

Inganno e orgoglio caratterizzano Giacobbe fin dal seno materno.

Invito a sperare solo in Dio e nell’alleanza con lui.

 

12,8-12

Inganno e menzogna nei rapporti fra l’uomo e il suo prossimo e fra l’uomo e Dio.

La falsità ha mutato Efraim in Canaan.

 

12,13-15

Provocazione e suo castigo.

Viltà e ignominia stanno all’origine di Giacobbe. Dio gli ha restituito nobiltà liberandolo dall’Egitto.

Sulla provocazione, ricorda Dt 31,29: Voi certo vi corromperete e vi allontanerete dalla via che vi ho detto di seguire; la sventura vi colpirà negli ultimi giorni, perché avrete fatto ciò che è male agli occhi del Signore, provocandolo a sdegno con l'opera delle vostre mani.

 

Lo ripagherà: su tale espressione, cf. Dt 32,15-21.

 

13,1-3

Il peccato di idolatria e il suo castigo

Dalla forza all’inconsistenza: si diventa come ciò che si ama.

 

13,4-8

Lamento per l’ingratitudine e la dimenticanza verso il Signore, e castigo.

L’ingratitudine e l’arroganza trasformano Dio da salvatore in avversario.

 

13,9-11

Israele sarà distrutta da quel Dio dal quale si è allontanata per mettersi nelle mani di un re di carne e sangue. 

 

 

13,12-14,1

SENTENZA DI CONDANNA

E SUA ESECUZIONE

 

L’iniquità, e la ribellione (14,1) di Efraim sono chiuse a chiave in un luogo sicuro e ben custodite: nessuno ha la forza di rubarle e di farne perdere le tracce, nessuno può distruggere o inquinare le prove. Restano davanti agli occhi di Dio, ben esaminate, provate, già definitivamente giudicate; non resta che eseguire la condanna. E’ un’immagine che ricorre anche in Dt 32,34-35: Non è questo (veleno che è in voi) nascosto presso di me, sigillato nei miei forzieri? Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire.

Neppure Israele – attraverso i castighi e le prove a cui il Signore l’ha sottoposto – ha saputo convertirsi in tempo per essere perdonato. Ora la sentenza di morte è emessa e sarà eseguita dal vento d’oriente: cioè dall’Assiria.

 

14,2-9

E’ RINNOVATA L’ALLEANZA D’AMORE

 

2-4. Il profeta invita il popolo a tornare al Signore suo Dio, al Dio dell’alleanza, preparando le parole: nelle quali risuoni chiara la confessione del proprio peccato, della propria fede nella potenza (cf. 13,12) e nella compassione (cf. 1,6) del Signore verso l’orfano (cf. Lam 5,3). Questo è il sacrificio che Dio accoglie – i tori (CEI: il frutto) delle nostre labbra (cf. invece l’inutilità di miriadi di sacrifici espressa in 5,6).

Ricordiamo questo passo parallelo: Se ti convertirai al Signore tuo Dio e obbedirai alla sua voce, tu e i tuoi figli, con tutto il cuore e con tutta l'anima, secondo quanto oggi ti comando, allora il Signore tuo Dio farà tornare i tuoi deportati, avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo da tutti i popoli, in mezzo ai quali il Signore tuo Dio ti aveva disperso (Dt 30,2-3).

A questo invito, Israele risponderà (cf. 2,9) e ritornerà (3,5).

 

5-7. Il Signore si impegna a guarire (cf. 5,13s; 6,1; 7,1; Ger 3,22),

ad amare (cf. 2,16.21s + 3,1: come Dio ama Israele),

ad allontanare l’ira (cf. 8,5; 11,9; 13,14),

e a vivificare il suo popolo come rugiada (cf. Is 26,19).

 

8. Il profeta contempla il ritorno di Israele al Signore e la gioia e la pace e il benessere che Israele finalmente trova nel Signore – alla sua ombra (CEI: mia ombra), dopo essersi illusa di godere sotto altra ombra (cf. 4,13 e Is 30,15).

Rivivrà il grano e il vino (8,7; 9,2; 2,23s).

 

9. Dialogo conclusivo (secondo il testo ebraico; la CEI differisce):

Dice Efraim: Che ho ancora in comune con gli idoli?

Risponde il Signore:  Io l’esaudisco e veglio su di esso (cf. 13,7: come un leopardo veglierò su di loro per la via; cf. anche v.6 e vedi Gen 35,3; cf. 2,23s).

Riprende Efraim: Io sono come cipresso sempre verde (cf. v. 6s).

Conclude il Signore: Grazie a me si trova il tuo frutto (cf. 9,16 e 2,10).  

 

14,10

CONCLUSIONE DEL REDATTORE

 

Questo libro, dunque contiene le vie del Signore che sono rette. Solo la saggezza e l’intelligenza che vengono dal Signore ci consentono di essere giusti e di camminare di giustizia in giustizia per le vie del Signore.

Possiamo quindi concludere con la preghiera di Mosè: Ora, se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che io ti conosca, e trovi grazia ai tuoi occhi (Es 33,13). Amen.

 

[La struttura letteraria di Osea qui presentata è quella suggerita da Iehudah Qil nel suo commento a Osea, in Tre hashàr, edizione Mossad Harav Kook. Jerusalem 1990 (in ebraico)]

 

2 gennaio 2004, memoria dei santi Basilio e Gregorio di Nazianzo.