UNA CHIAVE PER L’INTERPRETAZIONE DEL LIBRO DI GIOELE

(Sintesi di Giovanni Paolo Tasini ricavata da Iehezkel Kaufman, Toldot haemuna haisraelit)

I capitoli 3 e 4 del libro di Gioele hanno un carattere chiaramente escatologico, riguardano cioè la salvezza storica futura definitiva di Israele, condizione e mezzo per la salvezza e la trasformazione del mondo: l’effusione dello Spirito, il raduno dei figli di Israele, il giudizio sulle nazioni, il rinnovamento del creato, la dimora del Signore in Sion.

Si tratta di un discorso del Signore in prima persona:

3,1 “E avverrà dopo questo, io effonderò il mio spirito su ogni carne...”

Questo discorso del Signore (i capitoli 3 e 4), tuttavia, fa parte della risposta del Signore al suo popolo, risposta che inizia in 2,18:

      “Il Signore si ingelosì della sua terra e si mosse a pietà del suo popolo,

e il Signore rispose e disse al suo popolo:...” (2,18-19: così il testo ebraico seguito dal Targum e dai LXX. La versione della CEI trasforma il v.18 in una supplica).

I segni del Cap. 3 e il giudizio del cap. 4, dunque, verranno dopo la fine della punizione promessa in 2,18-27 e come continuazione di questo inizio del bene e della salvezza.

Dunque, la promessa di questa fine dell’esilio (4,1) comincia in 2,18 e termina in 4,21, e tutte queste promesse di salvezza fanno parte di un’unica risposta divina a Israele.

Questo significa che il libro di Gioele, quanto al contenuto, si divide in due parti:

      a. 1,2-2,11: descrizione della punizione delle cavallette e della carestia

      b: 2,18-4,21: descrizione della benedizione e della salvezza,

                                   con i segni che la precedono.

Il passaggio dalla prima alla seconda parte è costituito dai versetti 2,12-17:

                                 “Ma anche ora, oracolo del Signore, ritornate fino a me...”

E’ la conversione lo scopo della punizione, ed è la conversione che apre le porte del perdono e della salvezza.

Così, punizione, conversione, fine della punizione, benedizione e salvezza risultano tra loro strettamente connessi.

Non solo la salvezza, ma anche la fine della punizione è una promessa, e una promessa escatologica:          

2 (26-27) “e mangerete a sazietà, e loderete il nome del Signore vostro Dio

che operò in voi in modo prodigioso,

e il mio popolo non sarà confuso in eterno;

e conoscerete che Io sono in mezzo a Israele,

e che io sono il vostro Dio e non ce n’è un altro

e il mio popolo non sarà confuso in eterno”

Si veda, a conferma, la conclusione del libro:

4,20 Giuda dimorerà in eterno e Gerusalemme di generazione in generazione

Questo significa che anche la conversione, descritta in 2,12-17, è una promessa, e una promessa escatologica.

E da ciò discende che anche la punizione, descritta in 1,4¾2,11, va compresa come escatologica, e come una “promessa”!

Perciò, “quello che non è mai avvenuto prima, quello che si deve raccontare alle generazioni venture” (cf. 1,2-3), è la futura punizione con cui Dio porterà a conversione Israele suo popolo, per potergli dare la sua benedizione eterna e la sua salvezza eterna.

Tutto il libro di Gioele, quindi, dall’inizio alla fine, va letto in prospettiva escatologica.

Troviamo una simile prospettiva già nella conclusione della Torà,

in Deut 30,1-11, dove è promessa la futura conversione e salvezza come frutto della futura prevista punizione.