Articolo (L. 287/90): | 21-Attività di segnalazione al Parlamento e al Governo |
DATI GENERALI: | |
Rif: | AS144 |
Decisione: | 11/06/98 |
Invio: | 18/06/98 |
PUBBLICAZIONE: | |
Bollettino n.: | 23/98 |
Serie Attività di Segnalazione n. | 13 |
SEGNALAZIONE/PARERE: | |
Mercato interessato: | (523) Commercio al dettaglio di prodotti farmaceutici,
medicali,di cosmetici e di articoli di profumeria
(G) COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO |
Oggetto: | Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 recante "Approvazione
del testo unico delle leggi sanitarie"
Legge 2 aprile 1968, n. 475 recante "Norme concernenti il servizio farmaceutico" D.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275 recante "Regolamento per l'esecuzione della legge 2 aprile 1968, n. 475 recante norme concernenti il servizio farmaceutico" Legge n. 8 novembre 1991, n.362 recante "Norme di riordino del settore farmaceutico" |
Destinatari: | Presidente del Senato della Repubblica
Presidente della Camera dei Deputati Presidente del Consiglio dei Ministri Ministro della Sanità Ministro dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato |
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
con la presente segnalazione, effettuata ai sensi dell'articolo 21 della
legge n. 287/90, intende evidenziare la situazione distorsiva della concorrenza
e del corretto funzionamento del mercato che deriva dalla vigente normativa
che regola l'esercizio di una farmacia sia dal punto di vista strutturale
che comportamentale.
Sotto il primo profilo la regolamentazione prevede una
vasta esclusiva sull'attività di vendita dei medicinali, la predeterminazione
numerica degli esercizi, nonché stringenti vincoli all'accesso all'attività;
sotto il secondo profilo, impone ingiustificati vincoli alla pubblicità
e alla gestione degli orari e dei turni di apertura.
L'Autorità ha già diffusamente analizzato
tale regolamentazione nell'indagine conoscitiva sugli ordini e collegi
professionali ma ritiene opportuno richiamare l'attenzione sulle osservazioni
espresse in quella occasione, alla luce della discussione in corso sulla
riforma del commercio e in particolare dell'esclusione delle farmacie da
detto schema.
I. La regolamentazione strutturale
Il quadro normativo e regolamentare in vigore sul servizio farmaceutico è delineato dal R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, dalla legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico), dal D.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275 (Regolamento per l'esecuzione della legge 2 aprile 1968, n. 475) e dalla legge n. 8 novembre 1991, n.362 (Norme di riordino del settore farmaceutico).
a) l'esclusiva sulla vendita dei medicinali da banco
La legge attribuisce in via esclusiva ai farmacisti le
attività di preparazione e vendita al pubblico di medicinali
L'art. 122 del R.D. 27 luglio 1934 stabilisce che "la vendita al pubblico
di medicinali a dose o forma di medicamento non è permessa che ai
farmacisti e deve essere effettuata nella farmacia sotto la responsabilità
del titolare della medesima. Sono considerati medicinali a dose o forma
di medicamento, per gli effetti della vendita al pubblico, anche i medicinali
composti e specialità medicinali, messi in commercio già
preparati e condizionati secondo la formula stabilita dal produttore."
. In particolare, è possibile distinguere i farmaci la cui commercializzazione
è riservata ai farmacisti in due categorie: i medicinali etici
I farmaci etici sono quei medicinali che richiedono obbligatoriamente la
prescrizione medica in quanto destinati ad un'azione terapeutica su situazioni
patologiche di tipo non lieve e che, per la relativa pericolosità
della propria composizione, devono essere assunti sotto controllo medico.
Il prodotto deve essere consegnato al cliente da un professionista sanitario
il quale ha il compito di controllare la regolarità formale e sostanziale
della ricetta. e i farmaci non etici
Nell'ambito dei farmaci non etici si distinguono i farmaci senza prescrizione
e quelli da banco. Entrambi sono destinati al trattamento delle affezioni
minori e possono essere venduti senza presentazione di ricetta medica,
ma i farmaci da banco si caratterizzano altresì per il fatto che
possono essere esposti sul banco del farmacista e possono essere pubblicizzati.
.
Questi ultimi hanno assunto una importanza via via crescente,
raggiungendo nel 1996 una quota pari al 14% dei prodotti venduti in farmacia.
L'ampiezza della esclusiva nella distribuzione al dettaglio
dei farmaci varia considerevolmente nei Paesi dell'Unione Europea. In Belgio,
Danimarca, Francia, Spagna, Grecia, Italia, Portogallo e Lussemburgo il
farmacista mantiene il monopolio completo della distribuzione dei farmaci.
Viceversa in altri Paesi, quali Germania, Olanda e Regno Unito, la vendita
dei farmaci non etici è autorizzata anche in altri esercizi. In
particolare, mentre in Germania il monopolio non sussiste solo su un sottogruppo
di farmaci non etici (erbe medicinali, antisettici, lassativi, prodotti
contro la tosse, ecc...), nel Regno Unito le farmacie hanno il monopolio
di vendita esclusivamente sui farmaci etici e su un modesto gruppo di medicinali
vendibili senza prescrizione.
b) la regolamentazione numerica
La distribuzione territoriale delle farmacie è
regolamentata per legge. La vigente legislazione ha adottato il sistema
della limitazione numerica delle farmacie autorizzate all'esercizio in
ciascun comune sulla base di criteri demografici, geografici e di distanza.
Il numero delle autorizzazioni è stabilito dalla
legge 362/1991 in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei
comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000
abitanti negli altri comuni. Se la popolazione di un comune supera tali
soglie di almeno il 50 per cento è consentita l'apertura di una
ulteriore farmacia.
Inoltre, ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere
situato ad una distanza dagli altri non inferiore a 200 metri e comunque
in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona. La distanza
è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia
delle farmacie.
L'atto in cui è contenuta la determinazione degli
esercizi farmaceutici vacanti o di nuova istituzione da assegnare ai privati
vincitori dei pubblici concorsi è la pianta organica, che distribuisce
gli esercizi farmaceutici secondo la popolazione e ne determina la dislocazione
territoriale. La pianta organica delle farmacie, presente in ogni comune,
deve infatti indicare la popolazione del comune, il numero delle farmacie
che il comune deve avere, le sedi farmaceutiche, la circoscrizione della
zona di ciascuna sede farmaceutica e il numero delle farmacie esistenti.
Ai sensi della legge 475/1968 e del D.P.R. 1275/1971, la pianta organica
è sottoposta a revisione ogni due anni, in base ai dati relativi
alla popolazione residente in ciascun comune nell'anno precedente a quello
in cui si procede a revisione Per provvedere ai
bisogni dell'assistenza farmaceutica nelle stazioni di cura, il Prefetto,
sentito il Consiglio provinciale di sanità, può autorizzare
l'apertura, nelle stazioni stesse, di farmacie succursali, limitatamente
ad un periodo dell'anno. L'autorizzazione è conferita in seguito
a concorso al quale possono partecipare soltanto i titolari delle farmacie
regolarmente in esercizio nel comune, sede della stazione o luogo di cura.
Qualora, però nel comune esista un'unica farmacia, è in facoltà
del Prefetto di concedere l'autorizzazione, senza concorso, al titolare
di detta farmacia, oppure di bandire un concorso fra i titolari delle farmacie
della provincia. In altri termini la norma preclude la possibilità
di apertura di farmacie succursali a chi non sia già titolare di
farmacia. .
Sull'assunzione della titolarità della metà
delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione
a seguito della revisione della pianta organica esiste un diritto di prelazione
accordato per legge ai Comuni Così stabilisce
l'art. 9 della legge 2 aprile 1968, n. 475, il quale prevede altresì
che il Comune può gestire la farmacia nelle seguenti forme: a) in
economia; b) a mezzo di azienda speciale; c) a mezzo di consorzi tra comuni;
d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti
che prestino servizio presso farmacie di cui il comune ha la titolarità.
In Italia le farmacie comunali rappresentano circa il 7% del totale, superando
il migliaio di esercizi. .
Giova rilevare che attualmente solo in Portogallo, Spagna,
Francia e Belgio, oltre che in Italia, esistono norme che legano l'apertura
di nuove farmacie al verificarsi di determinate condizioni demografiche
e/o di area geografica, mentre in altri Paesi, Regno Unito, Irlanda, Germania
e Paesi Bassi, l'entrata e la localizzazione delle farmacie è libera.
c) modalità di accesso al conferimento di un esercizio farmaceutico
- farmacie di nuova istituzione
Per l'assegnazione di una sede farmaceutica di nuova
istituzione, a cui non corrisponde ancora un esercizio autorizzato all'apertura,
è necessario risultare vincitori di un pubblico concorso.
Al riguardo, l'articolo 4 della legge 362/1991 dispone
che il conferimento delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione, così
come quelle vacanti che risultino disponibili per l'esercizio da parte
dei privati, abbia luogo mediante concorso per titoli ed esami bandito
annualmente dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
- farmacie non di nuova istituzione
Per le farmacie che non sono di nuova istituzione, l'autorizzazione
all'esercizio può essere conseguita dal farmacista oltre che per
concorso (nei casi di decadenza o rinuncia del titolare) anche mediante
il trasferimento della farmacia per atto tra vivi o mortis causa. In
particolare, la legge consente il trasferimento della titolarità
della farmacia trascorsi tre anni dalla conseguita titolarità
Cfr l'art. 12 della legge 2 aprile 1968 n. 475, come modificato dalla legge
362/1991. Il termine era in precedenza fissato a cinque anni.
. Il trasferimento può avere luogo a favore di farmacista che abbia
conseguito la titolarità o che sia risultato idoneo in un precedente
concorso, nonché a favore di farmacista, iscritto all'albo professionale,
che abbia almeno due anni di pratica professionale, certificata dall'autorità
sanitaria competente Il trasferimento della titolarità
delle farmacie a tutti gli effetti di legge non è ritenuto valido
se insieme col diritto di esercizio della farmacia non viene trasferita
anche l'azienda commerciale che vi è connessa, pena la decadenza.
Il trasferimento del diritto di esercizio della farmacia deve essere riconosciuto
con decreto del medico provinciale. Inoltre il farmacista che ha ceduto
la propria farmacia non può concorrere all'assegnazione di un'altra
farmacia se non sono trascorsi dieci anni dall'atto di trasferimento.
.
Il trasferimento delle farmacie è attualmente
un fenomeno piuttosto limitato: negli ultimi 3 anni sono state oggetto
di compravendita non più di circa 500 farmacie delle 16.000 esistenti.
Per quanto riguarda il trasferimento della farmacia mortis
causa, la legge stabilisce che l'avente causa, qualora sia il
coniuge ovvero l'erede in linea retta entro il secondo grado e sia sprovvisto
dei requisiti di idoneità, possa mantenere la gestione della farmacia
fino al compimento del trentesimo anno di età, ovvero per dieci
anni nel caso in cui entro un anno si iscriva ad una facoltà di
farmacia presso un'università statale o abilitata a rilasciare titoli
aventi valore legale La legge obbliga il farmacista
autorizzato all'esercizio di una farmacia che non sia di nuova istituzione
a rilevare dal precedente titolare (o eredi) gli arredi, le provviste e
le dotazioni attinenti all'esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia
e nei locali annessi, nonché a corrispondere al titolare (o eredi)
l'indennità di avviamento (art. 110 T.U. sanitario).
.
II. La regolamentazione dei comportamenti
a) i vincoli di orario
Per quanto riguarda le modalità di svolgimento
dell'attività, gli orari e i turni delle farmacie sono determinati
dal Sindaco, in conformità alle norme fissate dal prefetto, sentito
l'ordine dei farmacisti territorialmente competente. Analoghe norme sono
contenute in tutta la legislazione regionale in materia che prevede altresì
un potere propositivo dell'ordine per la fissazione degli orari e dei turni.
Nel giorno di chiusura per turno e nelle ore di chiusura
notturna alla farmacia che effettua servizio a "battenti chiusi" e "a chiamata"
deve essere riconosciuto dal consumatore un "diritto addizionale"
Nella tariffa nazionale dei medicinali, approvata con D.M. del 18 agosto
1993, è previsto che per le dispensazioni effettuate nelle farmacie
durante le ore notturne spetta al farmacista un diritto addizionale di
L.7.500 e per le dispensazioni durante le ore di chiusura diurna di L.3000.
Per le farmacie rurali tali addizionali sono rispettivamente pari a L.
9.500 per la dispensazione notturna e a L. 4.000 per la dispensazione diurna.
.
b) i vincoli alla pubblicità
La legge 5 febbraio 1992 n. 175 reca disposizioni in materia
di pubblicità sanitaria. In particolare la legge consente solo di
effettuare pubblicità attraverso inserzioni sugli elenchi telefonici,
previa autorizzazione del Sindaco E' previsto
che le domande intese ad ottenere l'autorizzazione ad effettuare la pubblicità
concernente l'esercizio della professione sanitaria siano inoltrate tramite
l'ordine professionale, il quale trasmette la domanda al sindaco con il
proprio nulla osta, previa verifica dell'osservanza delle disposizioni
previste dalla stessa legge. La medesima legge consente al Ministro della
sanità e agli ordini professionali di richiedere ai responsabili
delle reti radiofoniche e televisive il testo integrale dei comunicati,
interviste, programmi e servizi concernenti argomenti medici o di interesse
sanitario trasmessi dalle reti medesime, le quali sono tenute a fornire
quanto richiestogli. Agli ordini è data la possibilità di
promuovere ispezioni presso gli studi professionali. .
III. Gli effetti della normativa vigente sul mercato
In conseguenza del contingentamento degli esercizi farmaceutici
previsto dalla normativa vigente, in Italia il numero delle farmacie è
passato dalle 14.365 unità nel 1980 alle 16.040 unità nel
1995, con un incremento quindi di sole 1.675 unità in un arco di
tempo di quindici anni.
Nel 1995 si riscontrava la presenza di una farmacia ogni
3.500 abitanti.
Deve tuttavia essere fin d'ora considerato che, in base
ai parametri con cui vengono determinati il numero e la localizzazione
degli esercizi farmaceutici, i comuni che non superano i 7.500 abitanti
non possono avere più di una farmacia. Dai dati ISTAT, relativi
al censimento del 1991, risulta che il numero dei comuni fino a 7.500 abitanti
è 6.636, con una popolazione complessiva di 15.466.606, mentre il
numero complessivo dei comuni in Italia è 8.101, con una popolazione
complessiva di 57.332.996. Di conseguenza, circa l'80% dei comuni italiani,
pari al 27% della popolazione, ha a disposizione una sola farmacia.
Appare, quindi, del tutto plausibile ritenere che il
numero di esercizi presenti in una larga parte dei comuni italiani sia
inadeguato a soddisfare le esigenze della domanda.
Per quanto riguarda gli effetti della normativa vigente
sotto il profilo dell'esercizio dell'attività professionale di farmacista,
va osservato che i laureati in farmacia che hanno superato l'esame di abilitazione
sono circa 56.000. Di essi 16.000 circa sono titolari di farmacia, mentre
30.000 circa lavorano presso le farmacie alle dipendenze di altri farmacisti
e i restanti prestano la propria opera in altre attività
L'iscrizione all'albo è obbligatoria per i farmacisti che esercitano
la propria attività nelle farmacie private (in qualità di
titolare, gestore provvisorio, direttore responsabile, collaboratore),
nelle farmacie di cui siano titolari enti (in qualità di direttore
o collaboratore), nell'ambito del Servizio Sanitario nazionale in qualità
di farmacista dirigente, coadiutore o collaboratore di farmacia interna
negli ospedali oppure negli uffici e servizi farmaceutici delle USL; nella
produzione di cosmetici, mangimi, fitofarmaci, antiparassitari e presidi
sanitari; e, infine nella Croce Rossa Italiana. Le altre attività,
invece, tra cui la produzione di materie prime farmacologicamente attive;
la produzione e il commercio di medicinali per uso veterinario; ecc. ...,
non richiedono l'iscrizione all'albo..
IV. Le distorsioni concorrenziali determinate dalla normativa vigente
Per quanto concerne le distorsioni determinate dalla
regolamentazione strutturale dell'attività della farmacia, l'Autorità
ritiene che sarebbe auspicabile mutuare le positive esperienze di altri
Paesi europei rivisitando l'esclusiva attribuita ai farmacisti.
La legge distingue tra prodotti medicinali etici e non
etici. Per i primi è necessaria la prescrizione medica, mentre i
secondi possono essere liberamente acquistati in farmacia e almeno per
una parte consistente di essi è consentita la pubblicità
rivolta ai consumatori.
Si può pertanto ritenere che solo per i farmaci
etici sussistano profili di pericolosità nell'uso incontrollato
tali da suggerire la limitazione dei canali di vendita. Inoltre, la professionalità
tipica del farmacista nel caso dei prodotti non etici assume un ruolo del
tutto secondario Se infatti il farmacista viene
riconosciuto come una valida fonte di consiglio per il consumatore nella
scelta del prodotto di automedicazione, esistono tuttavia anche altri fattori
determinanti quali l'esperienza familiare o individuale; inoltre, il farmacista
viene per lo più consultato su specifica richiesta del cliente e
in occasione del primo acquisto del prodotto. Pertanto, per quei consumatori
già in possesso di tutte le informazioni necessarie per l'impiego
di questi prodotti, la consulenza del farmacista non è necessaria.,
divenendo invece prevalente il ruolo di intermediazione commerciale. Pertanto,
l'esclusiva attribuita al farmacista per la vendita dei medicinali non
etici non sembra trovare lo stesso fondamento dell'esclusiva attribuita
per la vendita dei medicinali etici.
Per quanto concerne la possibilità che dalla liberalizzazione
della vendita di tali farmaci possa derivare un incremento nel consumo
degli stessi, va detto che nei Paesi dove i consumatori possono acquistare
questi farmaci in canali diversi dalla farmacia (ad esempio in Olanda)
tale aumento non è stato riscontrato.
L'eliminazione del monopolio dei farmacisti sulla vendita
di questa tipologia di medicinali -e la conseguente possibilità
di acquistarli anche attraverso altri canali di distribuzione- sarebbe
di tutto vantaggio per il consumatore, che potrebbe avere un più
facile, e verosimilmente meno costoso, accesso a questi prodotti. Inoltre,
l'esistenza di canali alternativi alla farmacia per i farmaci non etici
potrebbe servire da stimolo affinché i farmacisti effettivamente
mettano a disposizione del cliente la propria professionalità in
materia farmacologica, rendendo un servizio aggiuntivo al cliente che potrebbe
rappresentare un elemento di percepibile differenziazione rispetto ad altre
forme distributive.
L'offerta di una combinazione prodotto-servizio particolarmente
vicina alle esigenze del cliente potrebbe infatti rendere il farmacista
un interlocutore privilegiato sia per l'industria, la quale continuerebbe
a prediligere questo canale per alcuni farmaci che necessitano di un maggiore
supporto informativo nell'acquisto, sia per il consumatore che troverebbe
naturale ricorrere al farmacista nei casi in cui avvertisse la necessità
di una particolare assistenza La conferma a questo
ragionamento viene fornita dall'esempio inglese ove, pur essendo presenti
altri canali distributivi in concorrenza con la farmacia, le farmacie mantengono
una consistente quota di mercato e risultano essere il punto vendita privilegiato
dal consumatore in occasione del primo acquisto del prodotto, che è
quello per il quale la competenza del farmacista è più necessaria
per sopperire all'inesperienza del consumatore. .
Una simile prospettiva porterebbe a valorizzare il ruolo
del farmacista come consulente della salute, riducendo quello, oggi prevalente,
di intermediario commerciale, potendo inoltre condurre alla trasformazione
delle farmacie da semplice intermediario commerciale a struttura in grado
di fornire al cittadino una serie di servizi sanitari a domanda crescente
Si tratta di prestazioni come le analisi, il noleggio di apparecchiature
sanitarie, la misurazione della pressione, le medicazioni, per le quali
vi può essere una specifica competenza professionale riconosciuta
al farmacista., diretti soprattutto all'attività di prevenzione,
per i quali la professionalità del farmacista diventerebbe insostituibile
e prevalente rispetto a quella di intermediario commerciale. In definitiva,
l'ampiezza della riserva a favore del farmacista appare sproporzionata
rispetto all'obiettivo di tutelare la salute pubblica, e invece risulta
suscettibile di restringere ingiustificatamente la concorrenza tra canali
di vendita.
Sul secondo aspetto della regolamentazione strutturale,
ovvero sull'accesso all'esercizio di punti vendita, l'Autorità ritiene
che i vincoli posti dalla normativa per il rilascio delle autorizzazioni
limitino ingiustificatamente la possibilità di accesso di entrata
di nuovi operatori. Il contingentamento del numero di farmacie presenti
sul territorio nazionale appare sostanzialmente finalizzato a garantire
i livelli di reddito degli esercenti piuttosto che a conseguire l'obiettivo
di una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi
farmaceutici. In realtà le piante organiche appaiono assolutamente
inadeguate al raggiungimento di quest'ultimo scopo, come è dimostrato
dal fatto che più di un quarto della popolazione italiana ha a disposizione
solo una farmacia nel proprio comune di residenza e, pertanto, nei giorni
e negli orari di chiusura chi ha necessità di prodotti farmaceutici
incorre nel disagio di doversi recare in un comune limitrofo.
L'Autorità ritiene altresì che la determinazione
autoritativa della dislocazione territoriale degli esercizi possa ostacolare
localizzazioni più orientate alla domanda di quelle esistenti, determinando
ingiustificate posizioni di rendita monopolistica.
L'attuale regolamentazione risulta largamente insoddisfacente
per conseguire il fine di una razionale distribuzione delle farmacie sul
territorio nazionale. Questo obiettivo può essere più efficacemente
raggiunto attraverso la previsione di un numero minimo di farmacie nei
diversi ambiti territoriali, anziché con la previsione di un numero
massimo di farmacie per numero di abitanti. La trasformazione dell'attuale
numero massimo di farmacie in numero minimo tutelerebbe infatti l'interesse
pubblico ad una efficiente distribuzione senza impedire l'accesso ai potenziali
nuovi entranti. In tal modo, il consumatore potrebbe godere di una più
ampia possibilità di scelta di punti vendita, nonché probabilmente
di un miglioramento del servizio offerto, stimolato da una situazione più
concorrenziale.
Né appare idonea al conseguimento di obiettivi
di interesse pubblico la norma che attribuisce al comune il diritto
di prelazione sull'assunzione della metà del numero delle farmacie
che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della
revisione della pianta organica. Va osservato che se l'interesse pubblico
che sottende tale previsione normativa è quello di garantire la
presenza di farmacie anche nelle località in cui le prevedibili
minori aspettative di profitto non le renderebbero ambite ai privati, tale
interesse può essere conseguito in modo più razionale con
un intervento pubblico a posteriori, che limiti l'apertura delle farmacie
comunali solo a quei casi in cui la libera iniziativa economica non risultasse
sufficiente a fornire un livello adeguato di servizio. In tal modo non
si sottrarrebbe a priori un numero di farmacie che potrebbero essere esercitate
da nuovi operatori privati.
Passando infine a considerare l'ultimo aspetto della
regolamentazione strutturale, occorre osservare che il sistema concorsuale
previsto per le farmacie di nuova istituzione rappresenta una barriera
"chiusa", in quanto il numero di coloro che possono esercitare questa specifica
forma di attività professionale è predeterminato e corrisponde
al numero dei posti messi a concorso.
Al riguardo va osservato che se è vero che l'esercizio
della farmacia rappresenta una delle possibili attività che può
svolgere il farmacista abilitato, e che quindi i vincoli suddetti non rappresentano
un impedimento all'accesso alla professione di farmacista, è pur
vero che l'esercizio di una farmacia rappresenta l'attività che
ambiscono ad esercitare la maggioranza degli abilitati, come potrebbe essere
dedotto dal fatto che tra questi una larga parte (circa 30.000) svolge
l'attività alle dipendenze di colleghi titolari. In altri termini,
esistono almeno 30.000 soggetti idonei ed abilitati a svolgere l'attività
della farmacia in un mercato in cui l'offerta è stata artificiosamente
compressa a 16.000 esercizi farmaceutici.
Al riguardo, va detto che le barriere all'accesso per
l'esercizio di una attività si possono giustificare solo in quanto
siano funzionali a garantire la presenza di determinati requisiti in capo
a coloro che la intendono svolgere. Nel caso di specie, tuttavia, tale
obiettivo è già stato raggiunto, dal momento che coloro che
hanno superato l'esame di Stato possiedono i requisiti professionali richiesti
dalla legge. Pertanto, le ulteriori barriere poste all'esercizio di questa
attività appaiono del tutto superflue e prive di giustificazioni
se poste in relazione al fine di garantire i consumatori circa la preparazione
professionale del farmacista a cui si rivolgono.
Inoltre, la limitazione alla concorrenza raggiunge il
suo massimo grado anche per il fatto che alla predeterminazione del numero
delle sedi è associata la limitazione territoriale all'esercizio
dell'attività. Pertanto, coloro che già operano non subiscono
la concorrenza dei nuovi entranti ed ogni professionista ha già
il proprio bacino di utenza su cui può contare e che non può
essere eroso dagli altri.
A ciò si aggiunga l'esistenza di norme che impediscono
una allocazione efficiente anche delle farmacie che sono disponibili sul
mercato, ovvero di quelle non di nuova istituzione, quale in particolare
la norma che, in caso di morte del titolare, consente agli eredi
che non abbiano i requisiti di idoneità di continuare l'esercizio
della farmacia per un periodo molto lungo solo iscrivendosi alla facoltà
di farmacia. Tale possibilità attribuisce agli eredi una posizione
di notevole vantaggio nell'accesso all'attività ed impedisce una
allocazione delle farmacie presenti sul mercato in funzione delle effettive
migliori capacità degli operatori.
Né il permanere di tale privilegio è giustificato
dalla necessità di tutelare gli interessi economici degli eredi,
dal momento che la normativa sugli obblighi in capo al farmacista acquirente
è applicabile anche quando il trasferimento venga effettuato dagli
eredi del titolare della farmacia. In ogni caso la farmacia può
anche formare oggetto di usufrutto o locazione a favore di chi abbia i
requisiti per esercitare l'attività. Le norme, pertanto, contribuiscono
solo ad impedire l'accesso al mercato e quindi una più efficiente
allocazione delle farmacie.
Tali effetti peraltro non sono mitigati dalla possibilità
di acquisire il diritto di esercitare la farmacia mediante trasferimento,
sia a causa della scarsità dell'offerta (delle attuali 16.000 farmacie
esistenti negli ultimi tre anni ne sono state acquistate circa 500), sia
a causa dell'elevato valore di avviamento di questa attività. Inoltre,
limiti di carattere oggettivo e soggettivo caratterizzano la disciplina
del trasferimento ordinario delle farmacie. Da un lato, infatti, si richiede
che il trasferimento della farmacia comprenda contestualmente il diritto
di esercizio e l'azienda commerciale. Dall'altro, il trasferimento può
essere effettuato soli decorsi tre anni dal conseguimento della titolarità.
Tali restrizioni contribuiscono ad impedire che si crei una maggiore offerta
di esercizi farmaceutici sul mercato e che l'acquisizione per trasferimento
possa surrogare il pubblico concorso.
Per quanto concerne poi la regolamentazione dei comportamenti
concernente le modalità di svolgimento dell'attività,
va messo in luce che la disciplina attualmente vigente in materia di orari
e turni delle farmacie pone significative restrizioni della concorrenza,
prevedendo in particolare l'uniformità degli orari di vendita, obblighi
di chiusura giornaliera degli esercizi con previsione dei turni di apertura
notturna, festiva e domenicale. Se appare quanto mai opportuno che la regolamentazione
delle farmacie sia volta a garantire al consumatore il servizio farmaceutico
attraverso la previsione di un orario minimo di vendita nonché di
un numero minimo di esercizi aperti anche nei giorni festivi e nella fascia
notturna, non dovrebbe tuttavia essere interdetta l'apertura degli esercizi
al di là degli orari minimi previsti e dei turni prefissati, circostanza
che consentirebbe alle farmacie di incrementare il livello minimo di servizio.
Pertanto, mentre l'attuale sistema non consente al consumatore di poter
usufruire agevolmente del servizio in orari diversi da quelli stabiliti,
la previsione di una obbligatorietà circoscritta ad orari e turni
minimi e non fissi, assicurerebbe quel livello minimo di servizio
ritenuto idoneo a garantire le esigenze dei consumatori, ma nel contempo
consentirebbe alle farmacie di meglio adattarli alle caratteristiche della
domanda.
Una maggiore apertura in questa direzione avrebbe quindi
l'effetto di accrescere le possibilità di concorrenza tra le imprese,
nonché di aumentare l'offerta del servizio oltre il minimo garantito,
a vantaggio del consumatore.
Infine, le norme in materia di divieto di pubblicità
non consentono al consumatore di avere accesso a tutte le informazioni
necessarie per effettuare una valutazione sulla convenienza tra i diversi
esercizi farmaceutici, che, peraltro, commercializzano molti prodotti e
servizi che sono a prezzo libero.
In un mercato nel quale la regolamentazione pone già
molti vincoli all'esplicarsi della libera concorrenza, la possibilità
di utilizzare lo strumento pubblicitario rappresenterebbe per gli operatori
un mezzo di particolare importanza per differenziarsi agli occhi del consumatore.
Alla luce delle suddette considerazioni, l'Autorità
ritiene che le disposizioni segnalate relative alla riserva dell'attività,
alla regolamentazione dei punti di vendita, all'accesso e all'esercizio
della farmacia debbano essere riesaminate al fine di adeguarle alla normativa
posta a tutela della concorrenza.
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