LETTERA APERTA AI FARMACISTI ITALIANI

 

Carissimi colleghi,

dopo molti anni di professione sia nel settore pubblico che privato ,da pochi mesi mi trovo ad avere la responsabilità di rappresentare i farmacisti non titolari come Presidente della Federazione italiana dei farmacisti non titolari (FIAFANT) ed insieme ai Colleghi del Consiglio Direttivo sento la necessità di comunicarVi le nostre preoccupazioni circa il futuro della Farmacia e della nostra Professione.

Dall’avvento del nuovo Governo si sono fatte sempre più vigorose le spinte verso la libera apertura delle farmacie.

Questo liberismo sarebbe inoltre inquadrato nel nuovo assetto federalista della gestione della Sanità Pubblica.

Premettendo il fatto che di natura e per radici culturali sono assolutamente favorevole alla libertà di apertura e che non sono mai stata né sarò mai favorevole a qualsivoglia lobby, io ed i miei colleghi del Direttivo ci troviamo a fare le seguenti riflessioni:

1° Il libero esercizio delle farmacie ne andrebbe ad aumentare il numero nelle zone più popolose o più ad alto reddito lasciando senza servizio numerose zone d’Italia ora servite da farmacie piccole e piccolissime. Quindi i Comuni di queste zone dovrebbero richiedere l’istituzione di presidi farmaceutici sovvenzionati dalle Regioni.

2° Chi aprirà le nuove farmacie? Chi avrà capitali per farlo (non illudiamoci che le banche saranno così magnanime da prestare denaro a chi non darà più che solide garanzie del rientro dei capitali)

Chi avrà successo in queste imprese? Chi avrà grossi capitali e grandi magazzini tali da battere la concorrenza sia sull’ ampiezza della scelta dei prodotti sia sul prezzo dei parafarmaci..

3° Che speranze avrà il non-titolare? Di aprire con grandi sacrifici una piccola farmacia e di dover ogni giorno scendere a compromessi con la propria coscienza professionale per non fallire, in quanto i clienti preferiranno la grande farmacia del centro commerciale con più ampia scelta di prodotti farmaceutici e minor prezzo dei parafarmaci. Sarà sempre e comunque vittima di una lobby, quella nuova del grande capitale.

4° Dove andrà a finire quel valore aggiunto che il farmacista dà quotidianamente assieme al farmaco e che è il consiglio spassionato sia in materia di farmacovigilanza, che prevenzione, che puericultura, che piccole ma importanti norme igieniche di vita?

Certo molti protezionismi dovranno cadere ma guai a noi se non proteggeremo la nostra professione e se, crescendo culturalmente, non troveremo il nostro collocamento sociale come anello cardine tra medico e paziente e tra paziente e farmaci.

Dobbiamo proteggere con le unghie e con i denti il nostro rapporto con i pazienti e cercare con una rinnovata coscienza professionale ed una buona riforma del settore di migliorare il servizio che già viene dato in modo sufficientemente capillare.

Se la riforma del settore farmaceutico con il libero esercizio ci garantirà ciò, ben venga il libero esercizio!

Purtroppo un business di 40 mila miliardi risveglia non pochi appetiti, perciò bisogna essere molto cauti nello stabilire le regole del libero esercizio. Non vorrei che il mercato farmaceutico, ora distribuito su 16 mila punti vendita, risvegliasse il desiderio di conquista da parte di multinazionali e catene di imprenditori di vario genere.

Bisogna legare la Farmacia all’unicità della Titolarità sia che ne sia proprietario il soggetto singolo che società di farmacisti.

Bisogna che i Comuni non possano più prelazionare le Farmacie di nuova istituzione, perché potrebbero in seguito cederle alle multinazionali ( vedi Bologna e Milano ).

Bisogna che si rispettino le distanze da soglia a soglia e le regole di corretta concorrenza.

Bisogna che gli Ordini abbiano la possibilità di applicare sanzioni disciplinari più severe e più modulabili a seconda della trasgressione.

Infine io ritengo che, per queste e molte altre ragioni, i politici che mettano mano alla riforma del settore debbano interpellare per primi gli addetti ai lavori che desiderano salvaguardare il Servizio farmaceutico e la Professionalità di chi vi lavora.

Con la speranza che questa mia Vi faccia riflettere, Vi saluto cordialmente.

 

 Roberta Sardella