Autori: Phoebe, in collaborazione con Arcangelo
E-Mail: Phoebe_Katherine@hotmail.com
Ratings: PG-13, ANGST, UST (dato che Mulder non c'è....purtroppo....), e direi che
basti.....
Disclaimer: Purtroppo, Mulder e Scully non appartengono a me, bensì a David
Duchovny, Gillian Anderson, la 20th Century Fox, la Ten Thirteen, e a quel mago di Chris
Carter. Il personaggio di Sonny Barnett, liberamente ispirato dal fumetto Lazarus Ledd, è
proprietà della Star Comics e di Ade Capone. Ogni riferimento a fatti o persone reali,
vive o morte, è puramente casuale.
Istruzioni per l'uso: Eccoci qui. Per chi ha letto la mia prima fanfic, ricordate che io
facevo spesso riferimento a un certo Sonny, e a una mia storia in cui avevano violentato
Scully? Bene, eccovi accontentati. Volevo solo dire una cosa. Questa fanfic dovrebbe
essere prevalentemente Shipper, ma dato che in un lontano passato Scully ha avuto una
storia con questo tizio (più che una storia è stata solo una notte....), vorrei
rassicurarvi: tra loro, ora come ora, non c'è niente se non amicizia. Quella notte è
stata solo uno sbaglio, che ha contribuito a riavvicinare Mulder e Scully (ovviamente
nelle mie storie), di conseguenza non siate cattivi nei commenti, e non interrompete la
lettura solo per questo. Grazie.
Nota dell'autrice: Questo è il mio secondo racconto che pubblico. A dire il vero ho un
po' paura a pubblicarlo, perché non vorrei che pensaste che io sia noromo e che non
leggiate più le mie fic. In ogni caso, come si dice, incassa e riparti, quindi io
pubblico. Se non dovesse andare bene....andrà bene lo stesso: contribuirà a "farmi
la pelle", visto che sono stata molto appagata dal "successo" della mia
prima fic. Volevo dire solo questo: leggete e ditemi sempre la verità. Un'altra cosa.
Questa è la prima apparizione di Arcangelo come autore di una fanfic. Ora vi spiego. Lui
è un accanito lettore del fumetto Lazarus Ledd, da cui è preso il personaggio di Sonny
Barnett. Arcangelo cura i movimenti, i sentimenti e le parole di Sonny, quindi è come se
questa fic fosse un vero episodio. I due personaggi principali non sono
"gestiti" da una sola persona, ma da due, in modo da aprire ancora di più le
porte che ci avvicinano alla realtà, e in modo che Scully e Sonny abbiano caratteri
dettati da quello che DUE persone diverse sentono nello stesso momento.
Commenti: Prego prego, la mia casella è sempre aperta. Sia a commenti positivi, sia a
commenti negativi.
Ringraziamenti: Sempre alla fine. È diventata una mia consuetudine. Ringrazio Pusher che
mi ha fatto questa stupenda copertina. GRAZIE, e scusa se sono stata un tantino
opprimente! E ringrazio Arcangelo per aver accettato di lavorare con me.
Spoiler: Questo racconto si svolge dopo i fatti avvenuti in Requiem e non tiene
assolutamente conto di quelli che "dovrebbero" accadere nell'ottava serie. Di
conseguenza niente "voi-sapete-chi", niente che appartiene al futuro. Qualcuno
ha avuto qualche dubbio, quindi è meglio se chiarisco. "Lontano dagli occhi" è
tra All things e Requiem; questa fic è dopo Requiem, lo stupro non avviene ora, è solo
un ricordo, è successo molto tempo prima di "Lontano dagli occhi"
chiaro??
Summary: Dopo la scomparsa di Mulder, nella vita di Scully ritorna un uomo. Un uomo che un
tempo ha avuto la stessa importanza che aveva Mulder per lei, ma che adesso riveste solo
il ruolo di un amico, disposto a fare qualsiasi cosa pur di aiutarla a ritrovare Fox, in
quello che è il momento più importante della sua vita. Ma dovranno vedersela con
qualcuno che vuole rendere la loro vita un....
Incubo!
Distribuzione: Fate pure, ma siete sicuri che io sia pronta per affrontare il resto della
rete??
Grazie fin da ora per aver scelto di leggere la mia fanfic. Che io riesca a divertire e ad
appassionare tutti voi.
Phoebe_Halliwell
Ci sono sogni che si fanno dormendo, e sogni che si fanno ad occhi aperti. Ho provato qui
a scriverne alcuni dei miei: un grazie alla mia Luce, che mi ha sopportato, sorridendomi
sempre. Spero che a voi piaccia leggerla come a me è piaciuto scriverla.
Arcangelo
Incubus
· Capitolo I
FBI Headquarter
Washington, D.C.
September, 7th 2000
9.09
Era la prima volta che Scully tornava nel loro ufficio, dopo che Mulder era scomparso. Era
uscita dall'ospedale il giorno dopo aver saputo la....novità. Non aveva voluto fare altre
analisi, ed era andata via con il consenso del dottore. Skinner aveva insistito perché si
prendesse un giorno di ferie, ma a lei era sembrato che durasse un'eternità. Aveva
provato a fare diverse cose per distrarsi, ma ovviamente il pensiero tornava sempre su
Mulder. Così, quel giorno, era quasi felice di essere tornata al lavoro....
"quasi"....perché sapeva che anche l'ufficio era una trappola sentimentale. Si
fermò un istante davanti alla porta, con gli occhi chiusi, per raccogliere le forze. Li
aprì. Solo la vista della scritta "Fox Mulder" sopra la porta la mandò in
tilt. Entrò cercando di cacciare indietro le lacrime, che prontamente le erano salite
agli occhi, come se ci fosse un meccanismo che non le dava tregua. Quel meccanismo aveva
funzionato fin troppo bene, il giorno precedente. Già....soprattutto perché, non appena
aveva avuto l'occasione di restare sola, aveva iniziato a piangere come una fontana, e non
aveva più smesso, se non quando si era accorta che era entrato qualcuno nel bagno delle
signore, e che stava facendo finta di sciacquarsi le mani, evitando di sentire i suoi
singhiozzi per non sembrare impertinente. Era uscita dal bagno, riacquistando un po' la
vista, offuscata dalla presenza delle lacrime. Sebbene avesse fatto di tutto, non poteva
togliere il rossore dagli occhi. Si era lavata le mani, senza guardare in faccia la
signorina che le era di fianco, ma sapeva che sarebbe stata per tutto il tempo al centro
della sua attenzione. Infatti, dopo pochi secondi, mentre lei si stava asciugando le mani
e il viso, la signorina aveva detto:
<Si sente bene?>
Scully si era girata a guardarla come se le avesse chiesto se fosse omosessuale. Aveva
risposto: <Ehm....sì, sì....tutto ok....> (Molto sicura di sè, devo dire.....
Scusate se non ho scritto prima qualche commentino, ma questa fic è piuttosto triste, non
mi va di scherzare....Phoebe_è_triste). Scully aveva gettato la carta nel cestino e si
era avviata verso l'uscita del bagno. Prima che avesse potuto raggiungere la porta, la
signorina le aveva detto ancora: <Sono già iniziate le nausee?>
Scully era diventata color cremisi, bloccandosi di colpo. Si era girata di nuovo verso la
signorina, e dopo averla guardata, ancora con gli occhi rossi, le aveva risposto:
<No....>
La signorina aveva acuistato un'espressione piuttosto strana. Evidentemente si chiedeva
perché stesse piangendo, prima, nel bagno. Scully aveva colto al volo quel momento di
silenzio, e per la seconda volta si era avviata verso la porta. Ma si era fermata ancora,
girandosi di nuovo, e chiedendo, in modo dolce: <Si vede?> (No, ancora no,
honey....Ma quando ti crescerà la pancia e dovrai inseguire un cattivo mi farò due
risate....Phoebe_sta_cercando_di riprendersi)
<No...Non ancora...Io l'ho intuito. Noi donne ci accorgiamo prima degli uomini, di
queste cose. Specialmente se abbiamo tre figli.> Aveva concluso, con un sorriso. Poi
aveva aggiunto: <E' il primo?> (Ma perché non ti stai zitta?.....Ihihihihih =)
Phoebe_l'ha_scritto_di_proposito)
Scully non aveva saputo cosa rispondere, quindi, dopo aver fatto un 'sì' pressoché
impercettibile con la testa, era uscita quasi di corsa.
Scully si sedette dietro la scrivania, al 'suo' posto, e rimase per qualche minuto a
guardare tutto l'ufficio. Non riusciva ancora a crederci: nel momento più importante
della loro vita, Mulder era scomparso. Sparito nel nulla. Non aveva fatto il test del DNA,
non si sentiva ancora pronta. Quando quella mattina era entrata nel Quartier Generale, si
era sentita gli sguardi di mezza FBI addosso. Skinner ovviamente non poteva aver detto a
qualcuno della gravidanza, su questo era sicura, ma ovviamente gli altri agenti avevano
saputo di Mulder.
Un rumore dal telefono la avvisò che c'era una chiamata interna a cui rispondere:
<Scully.> Rispose, alzando la cornetta.
<Ehm...> Scully riconobbe la voce del vicedirettore. <Agente Scully, sono il
vicedirettore Skinner....> Scully non rispose, anche perché aveva alzato gli occhi al
cielo. <Può raggiungermi in ufficio? C'è una cosa di cui vorrei parlarle.>
Ultimamente Skinner le voleva parlare troppo spesso, per i suoi gusti. La voce le era
sembrata tranquilla, quindi la cosa di cui doveva parlarle non era niente del tipo
"L'abbiamo trovato: è morto.", "E' stato un errore, lei non è
incinta." oppure "Le hanno fatto delle analisi di nascosto, il padre è l'Uomo
che fuma." Di conseguenza, poteva accontentarlo.
<Certo. Arrivo subito>
Appena Kim, la segretaria di Skinner, la vide comparire sotto la porta, non le diede
neanche il tempo di pensare a cosa dire. Aprì la porta e disse: <Vicedirettore,
l'agente Scully è qui.> Poi le fece segno di entrare. Quando le passò di fianco, per
tornare al suo posto, guardò Scully con pietà. Lei, non vista, la fulminò con lo
sguardo. A nessuno era mai importato niente di loro, se erano vivi, se erano morti, mezzi
vivi e mezzi morti, se si erano sposati, fidanzati, se avevano fatto l'amore sul pavimento
dell'ufficio, e ora pretendevano che lei ringraziasse ogni volta che la guardavano in modo
compassionevole. Era sicura che se avessero saputo che era incinta, non avrebbero potuto
fare a meno di ridere della situazione, per loro divertente.
<Signore.> Disse avvicinandosi alla scrivania.
Skinner si alzò, in segno di rispetto. <Prego.> Si sedettero contemporaneamente.
<Ho pensato molto a lei e agli X-Files...>
Scully pensò che, quando Skinner iniziava un discorso in quel modo, non era un buon
segno, e che faceva ancora in tempo a simulare un attacco di nausea.
<Potrebbe avere bisogno d'aiuto in futuro, e anche se contiamo di ritrovare Mulder al
più presto, è meglio premunirsi....>
Scully si sforzò di non fare il suo solito sguardo
"vai-al-nocciolo-della-questione", ma fu subito accontentata.
<E' per questo che ho deciso di affiancarle un altro gente...>
Dana stava per rispondere "Ma che gentile! Grazie! Grazie davvero!", ma anche
questa volta si bloccò in tempo.
<E' un ragazzo che è arrivato a Washington da poco più di quattro mesi, ma mi hanno
detto da Quantico che un ottimo elemento come lui non lo vedevano da parecchi anni. Ha
dato una mano in alcune indagini, e si è rivelato importante per la chiusura di alcuni
casi.>
Scully stava per prendere sonno. Anche se 'il suo nuovo partner' fosse stato il migliore
di tutta l'America, l'avrebbe sempre trattato in un certo modo: certamente non con
champagne e palloncini. Skinner si accorse che la sua interlocutrice stava prestando
attenzione a tutt'altro, e disse: <Ma è meglio non dilungarsi....> (Sia lode al
cielo! Scusate, deviazione professionale
..Ogni tanto mi capita
Phoebe_fa_parte_del_coro_di_una_chiesa)
L'agente girò la testa verso destra, fermando il suo interesse sul quadro di Clinton,
mentre Skinner diceva nell'interfono: <Kim, fallo entrare.>
La serratura scattò, e dopo che si fu richiusa, Skinner disse: <Agente Scully, le
presento....>
Scully fece per voltarsi, ma prima che potesse farlo, una voce a lei familiare dichiarò:
<Barnett...Sonny Barnett....>
Scully si bloccò, e in quel momento si ricordò com'era l'Antartide (Era una
battuta....Antartide-freddo....L'avete capita? Phoebe_la_spiritosa). Si girò lentamente
verso di lui, poi si alzò e, senza proferire una parola, gli tese la mano. L'agente
Barnett gliela strinse, dicendo: <Piacere di conoscerla.>
<Il piacere è mio.> (Certo! Sonny, non vedi com'è
allegra?....Phoebe_è_sempre_più_spiritosa)
<L'agente Barnett la affiancherà negli X-Files e ovviamente nella ricerca di
Mulder....Ma ora forse è meglio se vi conosciate un po'...>
Non ce n'era bisogno. Scully e Sonny si conoscevano già, da circa un anno, ma non
potevano farlo vedere a Skinner. (Non vi preoccupate, più in là nella storia scriverò
anche come si sono conosciuti.....Non scalpitate! Phoebe_farà_tutto_ma_con_calma)
<Ci sono domande?> Chiese Skinner.
<No, signore.> Disse Scully.
<Una, signore.> Rispose invece Sonny.
<Quale sarebbe?>
<Volevo chiedere all'agente Scully di farmi vedere dov'è il suo ufficio.>
Scully lo guardò come per dire: "Ma che razza di domanda è?"
<Certo, ci andrete subito. Sarà anche il SUO ufficio, quindi.... Non perdete tempo, e
mettetevi al lavoro.> Rispose Skinner.
<Grazie, signore.>
L'agente Barnett e Skinner si strinsero la mano, mentre Scully fece solo un cenno con la
testa, in segno di saluto. Dopo di ciò uscirono e si diressero verso l'ascensore. Anche
durante il tragitto Scully non disse una parola, e Sonny aspettava che iniziasse lei.
Erano ormai entrati nell'ascensore, quando Scully diede segni di vita. Emise un sospiro,
segno che non sapeva che dire. Stava guardando a terra, e dopo aver allargato la bocca in
un sorrisino, disse: <Stringere la mano è meglio che ricevere una bottiglia nello
stomaco?> Alzò lo sguardo, sempre sorridendo. (Fatemi indovinare: vi state chiedendo
cosa significa il fatto della bottiglia nella stomaco, vero? State calmi, anche questo
sarà spiegato più avanti...Phoebe_vi_tiene_sulle_spine?)
<Beh, indubbiamente..... "agente Scully"> Anche Sonny sorrise, ma era un
misto tra un sorriso bastardo e uno ironico.
<Attento, o potrei ripensarci "agente Barnett".> Gli rispose, mentre
schiacciava il pulsante per andare nel seminterrato.
Nel frattempo, Sonny distolse lo sguardo, e fece un altro sorriso, pensando a chissà cosa
(Arcangelo, basta con questi sorrisini!!! Mi sto innervosendo!
Phoebe_cerca_di_mantenersi_calma).
<A che stai pensando? Neanche arrivi e già sei misterioso...>
<Mi chiedevo come avresti preso il mio arrivo, e devo dire piuttosto bene.>
Scully non sapeva cosa rispondere. (Ammazza! Iniziamo presto con questi silenzi! Forza,
coraggio e sangue freddo, che la fic è lunga....Phoebe_odia_i_silenzi_che_gelano_l'aria).
Prese a guardare la luce che usciva dai pulsanti, uno per ogni piano.
<E tu a cosa stai pensando?>
Scully sospirò. (Basta anche con i sospiri, per favore.....che qua tra sospiri, silenzi e
sorrisini stiamo messi male....Phoebe_non_ha_in_simpatia_l'abuso_di_sospiri.....) Poi
disse: <A parecchie cose...>
<E poi sono io il misterioso.> (Posso essere rozza? Arcangelo, che palle! Se non
voglio che lo dice è per creare una certa atmosfera!.....Va beh...Ho capito: ripiegamento
tattico...Phoebe_la_rozza)
<Sono successe molte cose mentre tu eri via....> (Contento ora? Basta disturbare con
i commenti! Guarda lassù quanti! Basta, su, facciamo le persone
serie....Phoebe_la_seria.......Aahahahahah!!!)
<A chi lo dici!> Rispose, mostrando il distintivo.
<Beh, almeno il tuo umorismo non è cambiato, questo è un buon segno.....> O
brutto.
Finalmente erano arrivati. Scully uscì dall'ascensore, seguita da Sonny, e si diresse
verso la porta.
<Eccoci qui. Questo è....il nostro ufficio.>
Non si riusciva a capire se con quel "nostro" si rifersse a lei e Mulder o a lei
e Sonny.
<Carino...Non ne avevo mai visto uno così "metropolitano"> (Ma quanto è
spiritoso! Complimenti! Il fatto che il suo umorismo non è cambiato è decisamente una
pessima notizia....Phoebe_giura_che_non_darà_più_fastidio)
<A me e a Mulder va bene, così nessuno ci disturba....in teoria..>
<Allora socia... su cosa lavoriamo?>
<Per adesso non è ancora arrivato niente d'interessante.....> Scully si sedette
alla sua solita sedia, chiudendo un attimo gli occhi.
<Posso sedermi anch'io?>
Scully riaprì subito gli occhi, quasi spaventata. <Prego... Devi conoscere il tuo
nuovo ufficio...Anche se questa volta spero che te ne dovrai andare il prima
possibile.....> Rispose, poi iniziò a guardarsi in giro.
<Per il ciclo "evviva la sincerità">. Sonny prese posto sulla sedia di
Mulder. (Che stai facendo?....Alzati.....Phoebe_ha_infranto_il_giuramento). <Spero che
non ti dia fastidio.>
<Cosa?> Chiese, tornando ad occuparsi di lui. Sembrava sulle nuvole.
<Posso sedermi...alla "sua" sedia?>
<Fai pure....Allora, cosa hai fatto in questi mesi?> (Un momento, sento dei
fischi.... Lo so che vi da fastidio che si sieda lì, e anche a me... Ma che faccio, lo
aggredisco? Si conoscono già. Capirei con
JD, ma con Arkangelo è come camminare sul filo del rasoio. Una cosa sbagliata ed è
peggio per me, quindi...state calmi...Phoebe_vuole_che_vi_calmiate)
<L'addestramento dell'FBI!>
<Mhm! Complimenti! In così poco tempo!> Sonny non rispose, e lei capì al volo.
Erano poche le volte in cui lui restava zitto, ma la maggior parte di esse era perché lei
aveva detto qualcosa di sbagliato... Questo comportamento, ovviamente, era sorto a partire
dalla seconda volta che lui si era fatto vivo. (Questa è la terza
volta...Phoebe_tiene_il_conto). Scully decise di rimediare. <Scusa.>
<Fa niente. Non ho avuto molti problemi.>
<Ci credo! Per uno che fa un lavoro come il tuo.... Anche se a dir la verità non so
bene qual è...> Incredibile, ma era così: Sonny era comparso quasi un anno fa,
presentandosi come uno che poteva aiutarla in quel momento terribile, ma aveva anche detto
che non poteva dire per chi lavorava, né aveva dato altri indizi.
<Beh, però sai qual è il lavoro che faccio ora.>
<Direi che questo mi basta.>
Scully iniziò a girare intorno alla stanza, sistemando file e cose varie, ma era palese
che fosse un tantino nervosa. (Non molto però! Phoebe_è_tornata_spiritosa)
<Avevo intenzione di chiederti se avevi voglia di un caffè... Ma forse è meglio che
lo eviti...>
Scully si girò a guardarlo. <No, no... Possiamo andare... se proprio ci tieni...>
<E' solo un caffè ....>
<Lo so...Volevo dire....che...insomma...>
<Cosa?>
<Possiamo andare a prendere quel caffè.>
Scully aveva deciso che era meglio troncare e andare via da lì il prima possibile, così
si era diretta verso l'uscita, seguita da Sonny con le mani in tasca.
XOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXO
Mr. Moon Bar
Washington, D.C.
10.08
Scully e Barnett entrarono nel bar. Nonostante l'orario, il locale era abbastanza gremito,
ma non così tanto da impedire il transito alle persone. Non era uno di quei bar che
avevano un'atmosfera cupa, con solo delle luci soffuse ad illuminare il tavolo. La gente
era intenta a bere i suo caffè e a parlare con l'interlocutore, tanto che quasi nessuno
si accorse del passaggio di Scully e Sonny. Dana era avanti, e scelse lei il tavolo,
situato nell'angolo più lontano, in modo da poter stare tranquilli. In fondo lui ancora
non sapeva che era incinta, e lei contava di dirglielo in quel bar, badando a non farsi
sentire da orecchie indiscrete. Scully non sapeva come fare. Quello che c'era stato tra
loro era ormai lontano, ma le faceva comunque un certo effetto dargli la notizia. Da
quando lui era tornato, la seconda volta, il loro rapporto si era incrinato, e anche in
quel momento Scully sentiva che la loro amicizia non era più quella di un tempo. Si
sedette.
Sonny capiva, dai suoi movimenti, che lei era nervosa, e che probabilmente c'era qualcosa
che voleva dirgli, ma lui preferiva aspettare. Finalmente Scully ricominciò ad aprir
bocca.
<Devo dedurre che tu abbia una casa, qui, a Washington.>
Sonny rimase in silenzio, poi si guardò intorno, e disse: <No, ancora no.> Con una
calma quasi fuori dal normale.
<Come no?> Anche lei si guardò intorno, scoprendo ancora di più il suo già
evidente nervosismo. <Ehm...E quando ci penserai?>
<Quando sarà il momento.> Rispose, ancora più calmo.
<Beh...Finché quel momento non arriva... posso.... ospitarti io....>
Sonny spalancò gli occhi, sorpreso da quella frase. Anche lui sapeva che, tra loro, tutto
era stato rovinato qualche mese prima, e recuperarlo sarebbe stato impossibile. Ma
entrambi cercavano di dare il meglio, e questa volta sembrava che Scully avesse fatto uno
sforzo incredibile per ospitarlo. (Ho deciso di non dire più niente. So che state
urlando, e urlerete ancora per molto, però non dirò niente per giustificarmi, se non ad
un certo punto della storia. A quel punto tirerò fuori una giustificazione super.
Phoebe_è_in_silenzio_stampa)
<Devo ammettere>, rispose Sonny sorridendo, <che tu sei una delle poche donne in
grado di sorprendermi per due volte nello stesso giorno.>
<Qual è stata la prima volta, oggi?> Chiese lei, guardandosi ancora intorno.
<Nell'ufficio di Skinner.>
<Non avevo oggetti pericolosi da lanciarti contro, e poi... non potevo certo farlo
davanti a lui.>
L'arrivo della cameriera li disturbò. <Volete ordinare?>
<Caffè per me.> Disse Sonny.
<Acqua.>
<Subito.> Disse la cameriera, allontanandosi.
Scully girò per l'ennesima volta la testa verso il centro del locale, come se stesse
cercando qualcuno. Sonny lo notò, ma ancora non chiese niente al riguardo. Disse solo:
<Forse volevi ordinare una bottiglia di whisky vuota?>
<No, grazie. Ho....smesso.> Sorrise.
Ormai i momenti di silenzio tra loro erano all'ordine del giorno, e anche in questo si
poteva percepire la tensione che c'era tra loro. Fu lui il primo a rompere il ghiaccio,
come sempre. <Beh, ora siamo soli, e non credo che qui ci siano dei microfoni... cosa
che non credo possibile nel vostro ufficio.>
Sonny lo aveva detto per spingerla a parlare. Lei stava quasi per aprire bocca, quando
tornò la cameriera, portando il caffè e l'acqua. Scully la ringraziò con un cenno, e
rispose a Sonny solo quando la signorina si fu allontanata abbastanza. <Quello lo credo
anch'io.... Ma....>, continuando a guardarsi in giro, <E' meglio essere sicuri.>
Scully emise un sospiro, per la precisione il classico sospiro che voleva dire
"o-adesso-o-mai-più". Sonny aspettava in trepidazione, e non dovette attendere
molto. Ad un tratto Scully si girò a guardarlo negli occhi, quasi di scatto, e disse a
voce bassa: <Sono incinta.>
Sonny ricambiò lo sguardo per qualche secondo poi, cominciando a sorseggiare il caffè,
fece: <Lo so.>
Scully disse solo: <Co...>.
Stava per chiedergli come lo sapesse, ma si fermò, girò la testa a sinistra e poi volse
lo sguardo verso il tavolo.
Sembrava quasi seccata, e Sonny sapeva il motivo. Le disse infatti: <Non ho sbirciato
fra i tuoi dati. Te lo assicuro.> La prima volta che si erano conosciuti, Sonny aveva
fatto in modo di farsi accettare, dicendo tutti i dati personali di lei. Li aveva letti in
un fascicolo che il suo "datore di lavoro" gli aveva dato. Scully si era
mostrata sempre riluttante rispetto a questo: non gradiva che lui sapesse cose della sua
vita senza che lei gli avesse dato il permesso.
Scully tornò a guardarlo negli occhi. <Come fai a saperlo allora?>
<Ti si legge in faccia. Lo avevo capito da quello che mi scrivevi nelle email di questi
mesi. E quando stamattina ti ho vista, ho avuto la conferma.>
Scully era ancora in silenzio, come se non credesse alle sue parole.
<Credo che dovrò migliorare la mia tecnica se voglio tenerlo segreto.... almeno per un
altro po'.....>
Sonny continuava a sorseggiare il caffè, sempre con la solita calma.
<E' di....>
Non riuscì a terminare la frase perché Scully lo fissò dritto nelle pupille: aveva gli
occhi lucidi, e lui non riusciva mai a parlare, quando lei era sul punto di piangere.
Gli rispose: <Io.....Credo di sì...> (E' opportuno rompere per un secondo il
silenzio stampa. Questa incertezza è dovuta al fatto che non si sa ancora come cacchio è
stato possibile che lei rimanesse incinta. Vi ricordo che era sterile...Cosa? Dite
"per opera e virtù dello Spirito Santo"? Preferirei avere le conferme nella
Season 8, e visto che ancora non si sa niente, devo mantenere
l'incertezza....purtroppo...Anche se penso che al 99,9% sia di Spooky, rimane sempre lo
0,1%....Phoebe_è_ottimista)
Il silenzio regnava ancora sovrano. Sonny ruppe di nuovo il ghiaccio, questa volta in un
modo più soft.
<Buono il caffè che fanno qui. Un'ottima miscela.>
Niente da fare. Il silenzio era la cosa più frequente nei loro ultimi discorsi. L'aria
sembrava pesare tonnellate. Scully bevve finalmente un sorso della sua acqua. <Anche
l'acqua è buona....> Per la serie "Non sapendo che dire, spariamo la prima cosa
che ci viene in mente".....
Sonny comunque le sorrise, al che lei gli disse: <Ehm....Ho esaurito le domande di
riserva...Tu hai qualcosa da chiedermi?>. Le ultime parole furono accompagnate da un
sorriso.
Sonny pronunciò di colpo. <Lo ami?>. Continuava a bere il caffè con un calma tale
che aveva quasi innervosito la sua interlocutrice.
Per un primo tempo Scully spalancò gli occhi, poi, dopo un po' di silenzio e dopo essersi
guardata attorno per l'ennesima volta, si avvicinò con la testa a Sonny, e disse a bassa
voce: <Che c'è? Vuoi sapere anche come l'abbiamo fatto? O solo QUANDO lo abbiamo
fatto? Non sono tenuta a rispondere alla tua domanda, cosa ti importa ormai, non è tuo
questo bambino!> Scully l'aveva quasi aggredito. Si rese conto di avere avuto una
reazione eccessiva, e non riusciva a darne una spiegazione. In fondo la domanda era
ovvia... come la risposta. Tornò al suo posto, mettendosi una mano in fronte.
<Scusa.> Tornò a guardarlo, per rispondergli: <Sì.> (Su questo credo che non
ci siano dubbi...In fondo abbiamo notato che si amavano, quando? Al secondo
episodio?...No, no..troppo tardi...Nell'episodio pilota. Phoebe_l'aveva_notato,_e_voi?)
Sonny rimase calmo. Comprendeva il suo stato, quindi le rispose: <Come: lo immagino.
Quando: spero dopo che io sono andato via....Scuse accettate.>
<Scusami ancora. E' che sono...un po' nervosa. Per questo...> Si interruppe per
ridere. <.....non ho preso il caffè.>
<E' comprensibile.>
<....Perché sei qui?> Questa domanda comparve come un fulmine a ciel sereno,
pronunciata quasi di colpo.
<Prendo un caffè.>
Scully fece una risata veloce, e quasi ironica. <No, intendevo... Che ci fai TU qui?
Non eri in missione?>
<Sì, ero... E in teoria lo sono anche ora... Ma solo in teoria.>
Scully replicò in tono dolce: <Non è una missione per te, vero?>
<No. Sono qui per aiutare una persona che per me è molto importante. Sempre che lei
voglia il mio aiuto....> Finalmente Sonny finì di bere il caffè, e dopo aver poggiato
la tazzina, la fissò negli occhi. <Allora, lo vuoi il mio aiuto?> Le sorrise, e le
avvicinò una mano al viso.
<Non ho nessun altro ora.>
<Consolante.....>
<Purtroppo è così.>
<Hai me.>
Scully fu quasi risollevata da quello, ma questa volta non avrebbe mollato. Questa volta
l'assenza di Mulder non avrebbe fatto da trampolino di lancio per un altro sbaglio.
<Senti... Cerchiamo di non attirare l'attenzione... La gente potrebbe chiedersi come
mai siamo così... "affiatati".>
<In fondo siamo colleghi.>
<A quanto sembra.>
<Già...> Perché quando parlavano andava a finire sempre allo stesso modo, e cioè
che discutevano di cose che riportavano l'ansia su di loro? Scully bevve un altro sorso di
acqua, poi ad un tratto chiuse gli occhi e prese a massaggiarsi le tempie, in preda ad un
attacco di vertigini. Sonny sembrò non accorgersene. <Quanto credi che ci rimanga
prima di dover tornare in ufficio?>
<Quanto vogliamo..> Rispose Scully, con un tono di voce stanco. <...Potremmo
anche andare a fare un giro in città....> Aveva ancora la mano sulla fronte, perché
le vertigini non le davano tregua.
<Ecco come si spendono i soldi dei contribuenti.> Disse Sonny.
Scully capì che l'aveva detto con ironia, e decise di accontentarlo. Fece un sorrisino
breve, molto tirato.
<Bene, collega. Hai nulla da chiedermi, prima di decidere cosa fare?> Chiese
Barnett.
<Hai pensato a dove potresti abitare, mentre cerchi una casa?>
<Ancora no.>
<Cos'hai intenzione di fare allora?>
<Non ne ho idea.>
Il bello di Sonny: ha sempre le idee chiare. Dopo aver pensato a chissà cosa, Scully si
alzò, e si diresse verso la porta, dicendo solo: <Vieni.>
<Dove?>
Mentre lui glielo chiedeva, Scully era già arrivata alla porta. Sonny si alzò e rimase
in piedi, come per farle capire che da lì non si sarebbe mosso se non quando avesse
saputo dove erano diretti. E per rendere ancora più comprensibile il suo comportamento,
chiese di nuovo: <Dove?>
Ma, dei due, era lei la più cocciuta, quella che voleva farsi sempre valere, quando erano
insieme. Non sempre ci riusciva, però. Si fermò per girarsi a guardarlo. Il suo sguardo
diceva tutto: "Vieni, per favore." E per avere definitivamente la meglio, Scully
uscì. Sonny sospirò, e pensò che la logica finisce dove cominciano le donne. (Questo è
un pensiero di Arkangelo....e_e Phoebe_non_è_d'accordo.)
Quando Barnett uscì, Scully era già seduta in macchina, al posto del viaggiatore,
lasciando guidare lui. Ma in questo modo doveva per forza dirgli dove voleva andare, anche
se non ne aveva nessuna voglia. Appena salì in auto, difatti, Sonny chiese, per la terza
volta: <Dove?>
Scully rimase in silenzio.
Rispose, senza guardarlo: <Alla diga.>
Anche se esternamente non lo dimostrava, dato che accese la macchina e partì senza
battere ciglio, dentro di sé Sonny stava andando in fiamme. Sapeva che se lei aveva
scelto di andare alla diga non era certo per divertirsi, anzi. Sicuramente pochi minuti
dopo avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Come al solito, quello che Sonny pensava era
più che giusto.
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
Washington's Dam
Washington, D.C.
10.51
Sonny pensò che fosse un'abitudine, quella di Scully di non parlare durante qualsiasi
tragitto facesse con lui. Ma questa volta sapeva benissimo il perché. Anche se lui non
era stato presente personalmente, quando era successo quello che era successo (Anche
questo lo saprete più avanti. Phoebe_vi_tiene_sulle_spine), sapeva che per lei era stato
un brutto colpo, e sapeva anche che aveva attraversato un periodo di shock.
Era la prima volta che Scully tornava lì e, quando scese dalla macchina, capì perché
non ci era mai ritornata, in tutto questo tempo. Le immagini le scorrevano nella mente.
Ricordava ogni cosa come se fosse accaduto il giorno precedente. Tutto era iniziato in un
normalissimo giorno, in cui, come al solito, Kersch aveva fatto di tutto per ostacolare
lei e Mulder.
\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ (<Questo simbolizza
l'inizio o la fine di un flash back.)
FBI Headquarter
Washington, D.C.
November 1998
Scully si ricordava tutto, di quella mattina di Novembre. Lei e il suo partner avevano
appena perso gli X-Files, che erano andati a Diana Fowley e Jeffrey Spender. Non erano
passati neanche cinque minuti, da quando erano arrivati al Quartier Generale, che erano
stati avvisati che il vicedirettore Kersh voleva parlare con loro. Si erano diretti verso
l'ufficio un po' riluttanti, anche perché non era il massimo iniziare la giornata
guardando il brutto muso di Kersh. Come sempre, avevano aspettato circa tre quarti d'ora,
prima di vedere la porta aprirsi. Ma, sorpresa delle sorprese, dall'ufficio di Kersh erano
usciti proprio Diana e Spender. Scully aveva tirato dritto, senza neanche salutare, mentre
Mulder si era fermato a parlare con Diana. Appena dentro, Kersh aveva detto: <Agente
Scully, prego si sieda...>, ma avendo notato l'assenza di Mulder, aveva aggiunto,
<dov'è l'agente Mulder?>
<Ehm... Si è fermato qui fuori a parlare con l'agente Fowley.> Sapeva che Kersh non
gradiva che lei e Fox avessero contatti con gli X-Files e tutto quello che ci girava
intorno. In altre situazioni avrebbe coperto il suo amico. Ma non questa volta. Era il
classico comportamento da gelosia, insorto fin dall'arrivo di Diana.
Mulder era entrato poco dopo, subito apostrofato dal vicedirettore: <Agente Mulder,
quante volte glielo devo dire che non voglio che parliate con l'agente Fowley?>
In tutta risposta Mulder si era solo seduto. Aveva guardato la compagna, quasi a chiederle
perché avesse fatto la spia. Scully gli aveva risposto con uno sguardo che voleva dire:
"Sei solo mio, non azzardarti più a parlare con quella lì." Sembrava una
moglie gelosa.
<Dunque, ho voluto vedervi per avvisarvi di un cambiamento.>
I cambiamenti di Kersh non erano mai graditi.
<Visto che non so dove mettervi, in modo che non diate fastidio, ho deciso di farvi un
bel regalo.>
In quel momento Mulder e Scully avevano odiato i regali.
<Ci sono quattro ragazzi di cui dovrete occuparvi. Si tratta di futuri agenti
dell'antiterrorismo.>
<Sbaglio, o esistono i cosiddetti "veterani" per addestrare le reclute
dell'antiterrorismo?> Aveva obiettato Mulder.
<Infatti, esistono. Ma questi quattro saranno sotto la vostra supervisione. In
particolare uno di loro ha chiesto la presenza dell'agente Scully.> A quel punto lo
sguardo interrogativo di Scully non aveva potuto mancare. <Queste sono le cartelle su
di loro. Avete cinque minuti per leggerle e prenderne nota.>
<Perché cinque minuti?> A questo tipo d'incontri parlava sempre Mulder. Scully
interveniva solo se interpellata o se Mulder stava per esplodere dalla rabbia.
<Perché fra cinque minuti questi quattro ragazzi arriveranno nel vostro nuovo ufficio,
al primo piano.>
<Primo piano?>
<Sì. Andate a farci un giro, troverete una porta con su scritto "Fox Mulder"
e "Dana Scully".>
<Che dobbiamo fare con loro?>
<Addestrarli. Fategli fare un po' di allenamento. Prima o poi arriverà una missione in
cui sarà richiesta la vostra e la loro presenza.> E congedandoli, mentre dava loro i
file, aveva detto: <Fate un buon lavoro, mi raccomando.>
Scully e Mulder erano usciti nel giro di 2,7 millisecondi. Kersch era sembrato molto
divertito dalla situazione, mentre loro due erano arrabbiati, come al solito. Mulder
scoppiò in ascensore, fortunatamente per Scully.
<Vorrei sapere che gusto ci prova a renderci la vita impossibile!> Aveva detto,
quasi disintegrando il pulsante dell'ascensore.
<Calmati, altrimenti dovremo anche pagare i danni.>
<Ci mancava solo questa! Quattro novellini da tenere a bada! Per chi ci ha preso? Per
schiavetti ai suoi ordini?>
<Beh... la tua descrizione non è molto lontana dalla realtà, in fondo
>
<Mi sono sempre chiesto come tu faccia a mantenere la calma.>
<Se non manteniamo la calma rischieremo di impazzire, ed è proprio quello che vuole.
Non dobbiamo dargli nessuna soddisfazione.>
Mulder aveva emesso un sospiro. Le parole di Scully lo avevano calmato. Lei aveva sempre
il controllo su di lui: in pratica Fox faceva quasi sempre quello che lei gli diceva, con
le parole o con i gesti... più o meno...
<E poi vedila da questo lato. Per addestrarli dovremmo andare a Quantico, alcune volte.
Di conseguenza staremo lontani da Kersch per un po'.>
<Questo già è un lato della cosa che mi piace molto.>
<E poi potrebbero essere bravi ragazzi, non presuntuosi...>
<Già, come quasi tutta l'FBI vero?> Aveva detto ironicamente Mulder.
L'ascensore era arrivato al primo piano. Il loro ufficio era l'ultimo in fondo al
corridoio: sempre e comunque isolati. Appena avevano aperto la porta, avevano visto
quattro giovani, disposti in vari posti del loro "nuovo" ufficio, che tra
l'altro non era un granché. Scully e Mulder erano rimasti sulla porta, poi lui aveva
trascinato fuori la compagna, e dopo aver chiuso la porta, aveva detto: <Non se ne
parla. Già li vedo dalla faccia, Scully, ci metteremo anni a addestrarli come si
vede.>
<Cosa hai visto di particolare?>
<Sono di quelli che non sanno nemmeno tenere in mano una pistola.>
<Se sono arrivati fino a qui vuol dire che qualcosa la sanno fare, quindi niente
chiacchiere.>
Scully era ritornata subito dentro, e aveva preso posto, in piedi, dietro alla scrivania.
Mulder l'aveva seguita qualche secondo dopo, un po' restio, ma alla fine si era seduto,
continuando a guardare Scully. Lei aveva capito che doveva essere lei a parlare, così
aveva preso la parola, dicendo: <Ehm... Io sono l'agente Scully, lui è l'agente
Mulder. Ci hanno assegnato la vostra supervisione, e noi vedremo di fare il possibile per
farvi raggiungere un certo livello. Ora, visto che non abbiamo avuto il tempo per leggere
le vostre schede, diteci almeno i vostri nomi.> Scully a questo punto aveva dato
un'occhiata in giro, e aveva detto ad uno di loro di iniziare.
<Io sono Justin Glover. Ho fatto cinque mesi d'addestramento nell'antiterrorismo a
Quantico, poi mi hanno detto che potevo venire qui, a Washington.>
<Chi ti addestrava a Quantico?> Gli aveva chiesto Scully.
<Martin Wickham.>
<Mhm! Lo conosco.>
<Era l'addestratore di tre di noi.> Aveva risposto il ragazzo indicando altri due
ragazzi, ed escludendo il quarto, che era seduto su un mobile, un po' lontano. Scully
aveva dato un'occhiata proprio a quello più lontano. Non prestava alcun'attenzione a
quello che si stava svolgendo nella stanza. Guardava solo Scully.
<Tu?> Aveva chiesto Dana, ritornando su un ragazzo più vicino.
<Leon Raphal. Anch'io ho fatto cinque mesi con Wickham, e anch'io sono stato trasferito
qui.>
Il terzo ragazzo aveva preso la parola subito dopo: <Rafael Gutierrez. Idem come
sopra.>
Tutti si aspettavano che il quarto ragazzo parlasse, ma lui non aveva aperto bocca. Mulder
aveva deciso di parlare, finalmente. Voleva conferire solo con il più strano dei quattro.
<E tu? Come ti chiami?>
<Gawain.> Aveva risposto il giovane, quasi seccato.
<Gawain? Un nome molto particolare.> Era intervenuta Scully. La donna aveva notato
che gli altri tre lo guardavano con uno sguardo diffidente, e si era chiesta il perché.
<Sì. Non è Americano.> Gawain aveva risposto in tono più delicato, come se
volesse parlare solo con lei.
<Inglese?>
<Sì. Mia madre era inglese, e per portarsi dietro qualcosa della patria ha deciso di
chiamarmi così.>
<Il tuo nome mi ricorda qualcosa.> Scully aveva l'impressione che la conversazione
stesse continuando come se gli altri non esistessero. Qualcosa di quello strano tipo la
incuriosiva.
<Era uno dei cavalieri di re Artù.>
<Giusto. Ma ci servirebbe sapere anche il cognome.>
<Regadd. Gawain Regadd.>
<Chi ti addestrava?>
<Joel Bradley.>
<Joel Bradley fa l'addestratore??> Aveva chiesto Scully, incredula. Era un suo
vecchio amico, e non avrebbe mai scommesso sul fatto che Joel sarebbe potuto diventare
addestratore di reclute per l'antiterrorismo.
<A quanto sembra...> Aveva risposto Gawain.
La voce di Mulder aveva riportato i due interlocutori sulla terra. <Bene! Che ne dite
se andiamo un po' al poligono?>
<Poligono? Sappiamo fare di meglio...> Aveva risposto Leon.
<Questo lo so, ma è meglio non perdere la mano. Così noi avremo tempo di leggere i
vostri fascicoli.>
Mulder poi era uscito, seguito da Leon, Rafael e Justin. Scully si era soffermata per
prendere un po' di cose. Alzando la testa aveva visto Gawain che aspettava che lei si
muovesse. Lo aveva guardato, con un po' di curiosità, e dopo un sorriso aveva detto:
<Andiamo?>
<Certo.>
Gawain camminava dietro di lei, come se Scully fosse una dea dalla quale era stata
fulminato.
Nel giro di pochi minuti le quattro reclute stavano sparando contro i freddi bersagli di
plastica, mentre Mulder e Scully leggevano i file.
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Scully era ancora in piedi vicino alla macchina, mentre
Sonny era fermo a guardarla e ad aspettare un suo movimento. Scully iniziò a camminare
verso la diga: la sua meta era dall'altra parte del ponte.
Riprese a pensare al passato...Il poligono... una delle cose che ricordava in modo più
nitido. Anche se in un primo momento, durante il periodo di shock, aveva pensato che fosse
meglio scordarsi di Gawain, lei non aveva mai potuto farlo.
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Mulder aveva notato all'improvviso che Scully ogni tanto alzava la testa per guardare
Gawain.
<Strano, eh?> Le aveva chiesto a bassa voce.
<Già. Hai visto come lo evitano gli altri?>
<Beh, non li biasimo. Mi vengono i brividi a guardarlo.>
In quel preciso istante, come se li avesse ascoltati anche in tutto il rumore che i colpi
delle pistole facevano, Gawain si era girato a guardarli... anzi... a guardarLA, perché
le sue attenzioni erano solo ed esclusivamente per lei. Mulder aveva notato il
comportamento di Gawain nei confronti della collega, ma non se n'era preoccupato più di
tanto. Pensava che Scully fosse una persona responsabile, e che prima o poi avrebbe detto
a Gawain di togliersi dalla testa tutti i pensieri su di lei, visto che i Grandi Capi
dell'FBI non vedevano di buon occhio le relazioni sentimentali tra una recluta e un
"veterano".
<Secondo te chi è stato a chiedere la mia collaborazione all'addestramento?> Aveva
chiesto Scully, appoggiando una cartella sul tavolo.
<Mi sembra più che evidente di chi sia stata l'idea.> Aveva risposto Mulder, mentre
notava che la cartella, che Scully aveva appoggiato sul tavolo, era proprio quella di
Gawain, e che la collega non aveva letto altro se non quello in quei minuti.
<Dici che è stato Gawain?>
<Lo chiami già per nome?>
Scully lo aveva fulminato "amichevolmente" con lo sguardo. <Lo sai che le
reclute sentono meno pressione, se vengono chiamati per nome.>
<Con me puoi benissimo usare il cognome, però.> Mulder aveva preferito continuare
la conversazione senza guardarla in faccia. Una folgorazione gli era stata più che
sufficiente.
<Mulder...> Aveva iniziato Scully, con un tono d'insofferenza.
<Cosa?>
<So cosa stai pensando.>
<Davvero? Cosa sto pensando?>
<Stai pensando che posso rimanere affascinata da quel bel ragazzo biondo che si sta
esercitando laggiù, perché lui ha dei riguardi particolari verso di me.>
Mulder sapeva che Scully aveva detto "bel ragazzo" per modo di dire, ma gli
aveva dato comunque fastidio. Non perché Gawain era biondo con gli occhi chiari, ben
piazzato eccetera, ma perché avrebbe preferito che l'aggettivo di bellezza fosse riferito
a se stesso. <Chiamali "riguardi particolari"! Parla solo con te, guarda solo
te. Cosa credi che sia?>
<Ok, diciamo pure che è infatuazione. E allora?>
<Come sarebbe a dire "e allora"? Ti rendi conto di cosa stai dicendo?>
<Ecco, sei geloso!>
<Non sono geloso...>
<Certo che no...> Aveva risposto ironicamente Scully. Poi aveva aggiunto: <Vado a
dare un'occhiata ai ragazzi, altrimenti che ci stiamo a fare qui?>
Si era alzata, seguita millimetro per millimetro dagli occhi di Mulder. Aveva iniziato da
Rafael, il più intraprendente di tutti.
<Allora, come va, agente Scully?>
<Bene. Se lo facessi con più serietà andrebbe meglio.>
<Ma io sono serio.>
<Ovviamente.> Aveva ribattuto sarcastica.
<Cosa vuole dire?>
<Voglio dire che non stai prendendo la mira come faresti se davanti a te ci fosse un
assassino. Sono sicura che non stai mirando con tutte le tue capacità, perché lo
consideri un gioco.>
<Ma certo che no.>
<Anche quando nell'ufficio l'agente Mulder ha detto di venire qui, avete avuto da
obiettare, perché secondo voi non ce n'era alcun bisogno. Lo sappiamo che siete bravi a
sparare, ma è meglio non perdere la mano. Mi sono spiegata?>
<Si, signora.>
<Bene. SPARA.>
Rafael aveva iniziato finalmente a sparare come si deve, allora Scully era andata avanti.
Aveva aspettato che Justin terminasse i colpi, poi aveva detto: <Complimenti!>
<Grazie, signora.>
<Sembri nato con la pistola in mano.>
<In effetti, sono proprio bravo.>
<Non montarti la testa però, Justin.>
<Jin.>
<Come?>
<Jin è il mio soprannome. Se non le dispiace...> (Chi ha giocato a Tekken 3 sa chi
è Jin, e dovrebbe sapere anche che è un bel pezzo di ragazzo. Non è un caso che uno dei
quattro sia stato chiamato Jin. Non è un caso neanche Rafael, Leon e Gawain. Volete
sapere perché? Non ve lo dico! AHAHAHAH! Phoebe_bastarda)
<Certo. Continua, Jin.>
Il tour era proseguito con Leon.
<Signora.>
<Leon.>
<Come sto andando?>
<Abbastanza bene.>
<Visto che non c'era bisogno di venire?>
<Siete tutti uguali.> Aveva risposto Scully con un sorriso, mentre si allontanava
verso Gawain.
Mulder stava ancora seguendo Scully con gli occhi. L'aveva vista raggiungere Gawain e
mettersi alle sue spalle, con il mento che sfiorava le scapole del ragazzo. Già quella
vista gli aveva fatto venire il volta stomaco.
Pochi secondi più tardi Mulder diventò di mille colori. (Lo chiameremo Sandy...) Vi
ricordate? "Sandy dai mille colori tum tum, mille colori dei fiori tum tum, con i
fiori!" Basta... Phoebe_la_spiritosa). Scully aveva messo le braccia intorno a
Gawain, per arrivare a toccargli le mani. Ma da quella distanza e con quel rumore, Mulder
non poteva sentire le parole dell'amica.
<Non piegare il polso. E poi...>, aggiustando la mira verso il centro dello stomaco
del patetico omino di plastica, <non chiudere l'occhio.>
<Quale occhio?>
<Il destro.>
Gawain a quel punto si era liberato dalla trappola delle braccia di Scully per girarsi a
guardarla negli occhi.
<Come ha fatto a capirlo?>
<Esperienza.>
<Stavo facendo un esperimento. Di solito non lo chiudo.>
<Non farlo. Corri il rischio di farci l'abitudine.>
<Ok.>
Scully era rimasta in silenzio per qualche secondo. Poi aveva detto: <Sei stato tu a
chiedere la mia presenza nell'addestramento?>
Anche Gawain aveva aspettato a rispondere. <Sì, signora.>
<Perché?>
Ancora silenzio. Scully aveva atteso con ansia la risposta, poi aveva rinunciato. <Ok,
non importa.> Aveva detto, con una punta di amarezza.
A quel punto l'urlo di Mulder li aveva interrotti. Aveva chiamato la collega per farla
tornare da lui. Scully si era girata, e si era allontanata dopo aver detto:
<Continua.>
Non era ancora arrivata a tre quarti di strada, che Mulder si era alzato ed era andato
fuori. Scully l'aveva raggiunto. Una volta fuori, aveva iniziato: <Che c'è?>
<Mi stai prendendo in giro?> Aveva chiesto Mulder, chiudendo la porta lasciata
aperta dall'amica.
<Assolutamente no.>
<Cosa vi siete detti?>
<Gli ho dato dei consigli su come sparare. E poi gli ho chiesto se è stato lui a
chiedere la mia presenza.>
<Che ti ha risposto?>
<Ha risposto "sì".>
<Tutto qui?? Non gli hai chiesto nient'altro?>
<Gli ho chiesto il perché...>
<E allora?>
<Non ha risposto.>
<Vedi? A sostegno della mia tesi.>
<Ma quale tesi? Potrebbero esserci mille motivi per i quali Gawain...>
<Per esempio?>
Mulder aveva colto di sorpresa Scully, che non aveva saputo cosa rispondere. Soprattutto
perché la risposta era una sola, ed era quella che pensava Mulder.
<Ehm... Ora non mi viene in mente niente. Ma sono sicura che pensandoci bene...>
<Bene, allora pensaci. Ma nel frattempo sta lontana da lui.> Detto questo Mulder era
andato via, lasciando Scully sola, dietro la porta. Il comportamento di Fox era più che
giustificato, visto che aveva ragione. Era palese che Gawain provava un'ammirazione
speciale per Scully, ma lei non ci aveva dato molto peso. Era sicura che Gawain sarebbe
tornato sui suoi passi. Non era arrabbiata per l'atteggiamento di Mulder, no. Ormai lo
conosceva benissimo. Si comportava così ogni volta che qualcuno "svolazzava"
intorno a lei. A volte Scully avrebbe voluto chiedergli di mettere un cartello sopra di
lei, con la scritta "Proprietà privata".
Era rientrata nel poligono, senza dire una parola. Come al solito, l'unico che si era
accorto di tutto era Gawain, che si era girato a guardarla non appena lei era entrata.
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Scully ora sapeva che Mulder aveva avuto ragione, quel
giorno. Ma purtroppo le sue parole non avevano fatto un grande effetto, al contrario di
quelle pronunciate da Gawain e del suo sguardo.
Degli altri giorni lei si ricordava poco. Le giornate erano passate più che altro ad
addestrare i ragazzi, e per un po' di tempo, lei e Mulder non avevano parlato molto
amichevolmente. Al contrario, era cresciuta l'ammirazione di Gawain verso Scully... e
viceversa. (Calmi. Fidatevi di me, andate avanti. Ricordate: Non sempre le cose sono
quello che SEMBRANO. Phoebe_la_saggia)
Sfortunatamente per lei, Scully in quel momento non sapeva cosa stesse facendo, e a cosa
andava incontro.
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FBI Headquarter
Washington, D.C.
November, 1998
Dopo quel giorno al poligono, le cose non erano andate molto bene. Lei e Mulder parlavano
normalmente, ma se lei dava troppa confidenza a Gawain, era pronto a riprenderla. Dal
canto suo, Dana non faceva niente per evitare quella situazione. In effetti dava molta
confidenza a Gawain, ma non capiva cosa ci fosse di strano. Certo, il ragazzo aveva
piacere a parlare solo con lei, ma questo non voleva dire che stessero per instaurare una
relazione.
Una mattina, per esempio, lei era entrata nell'ufficio, e aveva visto Justin, Leon e
Rafael che parlavano con Mulder. L'unico assente era Gawain.
<Buongiorno.> I quattro si erano girati a guardarla, e particolarmente Mulder
l'aveva guardata come se avesse appena ucciso qualcuno. <Che c'è?>
<Un uomo è stato picchiato a sangue dalle parti in cui abita Gawain.> Aveva
annunciato Mulder.
<E allora?> A quelle parole Mulder aveva assunto uno sguardo acceso e non parlava,
mentre gli altri tre non osavano aprire bocca, se non interpellati, come se avessero paura
a farlo. <Non mi starai dicendo che credete che sia stato lui!> Aveva chiesto
incredula Scully.
<Beh... Dovrai pur concedermi il beneficio del dubbio!>
L'aveva fissato con uno sguardo adirato, e gli aveva fatto un piccolo cenno per fargli
capire che doveva seguirla fuori. Appena erano arrivati nel corridoio, Scully aveva detto,
con calma: <Non puoi accusare senza avere prove.>
<Non sto accusando, ho solo fatto una supposizione.>
<Oh, andiamo, chi credi di prendere in giro? Pensi che non abbia capito?>
<Io so solo che quell'uomo è stato aggredito dalle parti di Regadd.>
<Sai quante persone abitano in quel quartiere?>
<Molte, tra cui lui.>
<Non vuol dire niente! Anche Lincoln è stato ucciso nel teatro Ford, ma questo non
significa che sia stato Ford a ucciderlo!>
<Io stavo solo...>
Scully lo aveva interrotto, dicendo: <So perché pensi che sia stato lui.>
<Davvero? Perché?>
<Perché Gawain parla solo con me.>
<Ammetterai che è un comportamento strano.>
<No, io non lo credo. E anche se fosse non per questo deve essere un criminale.>
Scully, dopo averlo guardato per un po' negli occhi, aveva detto, raddolcendo il tono di
voce: <Credi che io sia attratta da lui, vero?>
<Guardami negli occhi e dimmi che non sei attratta da lui.>
A quel punto lei era scoppiata: <Gesù, Mulder! Hai anche bisogno che te lo dica io??
Ti avevo già visto geloso, ma non fino a questo punto!>
<Non sono geloso.>
<Sì, e mio fratello è Alessandro il Grande.>
<Allora chiedigli se è stato lui.>
<Ragiona, anche se ammettessimo, per lo 0.1%, che potresse essere stato lui, secondo te
mi direbbe "Sì, sono stato io"?>
<Beh, forse. Potresti capire se mente guardandolo negli occhi, tanto ormai fate ben
più di quello.>
<Oh, Dio!> Aveva risposto irritata, girandosi.
<Tu chiediglielo.>
<Cosa deve chiedermi?> Gawain era apparso da dietro l'angolo, guardando con aria di
sfida Mulder.
Al suono della voce del ragazzo, Scully si era girata, e guardandolo negli occhi, aveva
iniziato: <Senti... sai che un uomo è stato aggredito vicino a casa tua?>
<Sì, signora, ne sono al corrente.>
Scully aveva avuto un momento di esitazione. <Sei stato tu?>
<No, signora.> Aveva risposto fermamente Gawain. Poi, vedendo che lei non sembrava
convinta, e guardandola intensamente, aveva aggiunto: <Non sono stato io.>
Scully aveva atteso un po', prima di annuire e dirgli: <Entra, arriviamo fra un
momento.>
<Sì, signora.> Gawain aveva obbedito.
Scully si era girata verso Mulder e, guardandolo con aria di rimprovero, aveva detto:
<Desolata.>
<Non lo lascerò in pace, è bene che tu lo sappia.>
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La risposta di Mulder l'aveva allarmata. Si ricordava che in quel momento aveva pensato
che da quella storia sarebbero potuti nascere seri problemi. La cosa strana era che,
quando Gawain non c'era, lei si ripeteva di andare a parlarci, ma quando c'era lui, tutto
era diverso. Era come stregata dal suo sguardo profondo, da quegli occhi grigi... grigi
come il cielo durante una tempesta.
Scully continuava a camminare lungo la diga. Era quasi arrivata a metà del percorso, e la
sua meta non era lontana. Sentiva la presenza di Sonny, costantemente alle sue spalle, ma
non voleva girarsi. Quello era come un viaggio nel passato, un passato che faceva ancora
male.
Scully ricordava per filo e per segno tutti i giorni che aveva passato con Gawain. Si
ricordava che Mulder li aveva assillati per tutto il tempo, e che era anche arrivato a
sostenere che il ragazzo facesse parte di una setta, e che la stesse ingannando. Secondo
lui, Gawain la attraeva a sé con i feromoni, la stessa cosa che usano gli animali per
attirare la compagna. In quel modo lei si sarebbe fidata di lui e, al momento giusto,
Gawain l'avrebbe fatta cadere nella trappola. Era addirittura andato a parlare a Kersh.
Quest'ultimo poi aveva convocato separatamente gli interessati, e sia Scully che Gawain
avevano negato che fra loro ci fosse qualcosa. Ovviamente lei era stata furiosa con Mulder
da quel giorno, così si erano frequentati poco o niente, oltre l'orario di lavoro... e
lui aveva ricominciato ad uscire con Diana.
Ma era solo una la sera più importante di quel periodo, da ricordare. Da quella era
cominciato l'incubo. Un incubo che da allora non era mai finito.
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FBI Headquarter
Washington, D.C.
November, 1998
Erano circa le nove di sera, e Scully era ancora in ufficio. Stava mettendo a posto alcuni
fascicoli, quando ne aveva notato uno, in particolare. Era il fascicolo che Mulder aveva
fatto, di persona, su Gawain, con tutto quello che lo riguardava. Spinta dalla curiosità,
Scully aveva iniziato a leggerlo. In pochi minuti si era resa conto che, purtroppo, quello
che Mulder sosteneva era vero. Gawain faceva parte di una setta, il cui simbolo era un
ragno dentro un cerchio. La setta era dedita a riti particolari, e i suoi seguaci si
infiltravano ovunque, pur di trovare altri adepti o altre vittime. C'era anche un accenno
ai feromoni. La polizia non aveva raccolto prove necessarie per incastrarli, e non aveva
mai scoperto il loro covo, ma si pensava che fossero responsabili di omicidi, torture e
altri efferati crimini. Dopo la descrizione, c'era un piccolo resoconto, al cui termine
era presente il nome di Gawain. Quel documento dimostrava che lui era un adepto di quella
setta.
Scully era rimasta letteralmente con la bocca aperta. Aveva pensato di chiamare Mulder, ma
si era ricordata che lui era a cena con Diana. Non aveva avuto il tempo per pensare ad
altro, che si era sentita una mano sulla bocca, e una pistola puntata alla schiena.
<Sssshhh!!>
Era Gawain. Scully si era sentita salire il cuore in gola. Non aveva potuto pensare a cosa
avrebbe potuto fare di lei.
<Ebbene sì, il tuo amico aveva ragione. Faccio parte di quella setta. Ma ormai non ti
servirà a molto saperlo. Cammina.>
Scully aveva faticato a riconoscerlo. Il suo tono di voce era diverso, sembrava più duro.
Niente a che vedere con il dolce ragazzo che un giorno le aveva mostrato cosa fossero
tutte quelle linee presenti sul palmo della mano. Quel giorno lui era stato molto
delicato, e Scully non poteva negare di aver provato qualcosa per lui, anche se si era
sentita molto strana.
Gawain si era fermato sulla soglia.
<Ora tolgo la mano, e sarò costretto a riporre la pistola. Prova a fare qualche
scherzo e sei morta.>
Scully aveva obbedito, così erano usciti nel corridoio e avevano raggiunto l'ascensore.
Stava sperando di incontrare qualcuno, almeno per tentare di far capire la situazione.
Quando le porte dell'ascensore si erano aperte, i suoi desideri si erano tramutati in
realtà.
<Dana!>
Martin Wickham, l'ex superiore di Rafael, Justin e Leon, e amico di Scully, aveva
un'espressione entusiasmata. Scully un po' meno. Gawain le aveva dato un colpettino sulla
schiena, e lei aveva capito subito cosa voleva dire. Quindi rispose: <Martin!> Ma
fece molta fatica ad apparire felice.
Erano entrati nell'ascensore, e Martin aveva iniziato subito la conversazione.
<Come va? I miei ragazzi ti stanno creando problemi?>
<Come possono? Sei stato il loro superiore.>
<Troppo buona. E lui?> Aveva chiesto, indicando Gawain.
<Lui è Gawin Regadd. Era di Joel Bradley.>
<Oh, sì! Joel me ne aveva parlato. Mi ha detto che è un osso duro, spero che non ti
stia dando del filo da torcere.> Martin aveva rivolto un sorrisino a Gawain, il quale,
molto bravo a recitare, aveva ricambiato.
<Ehm... Sì... Mi sta dando del filo da torcere.>
<Come mai?>
<Perché... certe volte mi dà l'impressione che voglia essere nell'antiostaggio... e
non nell'antiterrorismo.>
<Beh... E' ancora in tempo per cambiare idea, no?>
<In realtà... l'ha già fatto.>
Sfortunatamente per lei, l'ascensore era arrivato a terra, e Scully si era congedata.
Gawain aveva aspettato di essere in macchina, per aggredirla. Aveva tirato fuori la
pistola, e gliel'aveva puntata alla gola.
<Ti sei divertita? Spera che non capisca il tuo messaggio in codice, o farete una
brutta fine, tutti e due!>
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Gawain aveva vagato per un po' di tempo, per poi
arrivare alla diga. L'avevano percorsa tutta, arrivando quasi fino in fondo: lo stesso
percorso che stava facendo in quel momento Scully. Di quella notte si ricordava anche il
più piccolo particolare, come, per esempio, la corda con cui Gawain l'aveva legata.
Scully era finalmente arrivata al palo e, dopo un momento di esitazione, si era seduta,
nella stessa posizione in cui era quella notte.
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Washington's Dam
Washington, D.C.
November, 1998
Gawain l'aveva legata strettamente al palo, dopodiché aveva guardato in giro, si era
aggiustato la pistola e aveva detto:
<Non provare a urlare. Ti sentirei prima io di qualsiasi altra persona.> E si era
diretto dall'altra parte della diga.
Appena era scomparso dal campo visivo, Scully aveva iniziato a provare a slegarsi, ma quel
nodo era troppo maledettamente stretto. Dopo qualche minuto, una voce l'aveva chiamata, e
a lei era sembrato che fosse l'arcangelo Michele. (Per chi non lo sapesse, l'Arcangelo
Michele è il "principe delle milizie celesti", ossia è l'arcangelo che guida
l'esercito contro il male. Capito la metafora? Phoebe_fa_metafore)
<Dana!>
Martin aveva raccolto il suo messaggio e, in un modo che Scully non aveva mai scoperto,
era riuscito a capire dove l'aveva portata Gawain.
<Martin!>
<Come stai?>
<Bene. Slegami. Gawain se ne è andato, ma potrebbe tornare da un momento
all'altro.>
<E' stato lui?> Martin aveva fatto il giro e si era piegato per sciogliere la corda.
<Sì, è stato lui.>
<Joel è con me, arriva fra un po'.>
<Non possiamo aspettarlo, dobbiamo andarcene.>
<Non preoccuparti, ho la pistola.>
<Ma ce l'ha anche lui!>
Martin non aveva fatto in tempo a replicare. Gawain era sbucato da dietro alle sue spalle,
e con una mazza di legno, l'aveva colpito con forza al centro della schiena. L'urlo di
dolore di Martin era stato straziante. Gawain l'aveva poi scaraventato lontano.
<Sapevo che sarebbe venuto, e ha avuto la sua dote. Ora tocca a te!>
Scully aveva notato qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa che l'aveva spaventata.
Gawain le stava puntando la pistola addosso, e all'improvviso era arrivato Joel, che gli
era saltato addosso, e aveva fatto in modo di far cadere lontano la pistola. La lotta era
continuata per molto tempo, e Gawain stava avendo la meglio su Joel: lo stava tenendo a un
passo dal margine della diga. Oltre di lui c'era il vuoto, e poi l'acqua.
BAM!
Uno sparo.
Scully aveva sobbalzato chiudendo gli occhi, spaventata.
Quando li aveva riaperti, aveva visto Martin con la pistola in mano. Con le ultime forze
che gli erano rimaste, era riuscito a sparare a Gawain.
SPLASH!
Scully volse lo sguardo immediatamente verso l'acqua. Joel era caduto di sotto.
<Joel!!>
Gawain stava barcollando davanti ai suoi occhi. Alla fine si era steso a terra, e con
molta fatica aveva appoggiato la testa sulle gambe di Scully, che era ancora legata.
<Martin, vieni a slegarmi!>
<Non riesco... non riesco a muovere le gambe!>
"Oh mio Dio, no... Ti prego, no!" Aveva pensato Scully. Intanto Gawain stava
agonizzando sulle sue gambe. <Ok, ok... Non importa... Rimani lì.>
Scully guardava verso l'acqua, per vedere se Joel riemergeva, ma di lui nessuna traccia.
Guardava Martin, la strada poco lontana, le luci delle macchine, le stelle. Guardava
tutto, tranne Gawain. Ora era arrabbiata con lui.
<Agente...Scully...> aveva detto, con molta debolezza, Gawain. Lei si era girata a
guardarlo negli occhi, solo per un secondo, poi aveva distolto lo sguardo. <Agente...
Scully... mi... vuoi bene?>
Era rimasta in silenzio. Poi finalmente aveva guardato la ferita. Il proiettile era
entrato in diagonale, e aveva quasi sicuramente colpito il cuore e un polmone.
<Certo.> Aveva detto, ma solo per tenerlo tranquillo. <Fa' dei respiri
profondi.>
<Non merito di sopravvivere...>
<Non parlare, fa come ti ho detto.> Scully aveva dato un'occhiata a Martin, che
stava per perdere i sensi. <Ehi! Ehi! Martin! Devi stare sveglio!> Martin aveva
riaperto gli occhi, ma faticava a tenerli così. <Canta qualcosa... Canta... l'inno
nazionale.>
Martin aveva iniziato a cantare l'inno nazionale.
A quel punto Gawain aveva iniziato a piangere. <Cosa ho fatto! Io non volevo! Quelli
della setta... Sono stati loro a costringermi... io non potevo ribellarmi.>
Le lacrime ormai scendevano copiose, e anche Scully si era commossa. Da quel momento
l'aveva sempre guardato negli occhi.
<Devi credermi, non volevo farlo! Volevo avere una vita normale... e ora non avrò
neanche una vita.>
Scully aveva ancora una volta distolto lo sguardo. La vista di Gawain che stava per morire
senza che lei potesse fare niente l'aveva irritata. Cercava in continuazione di slegarsi.
<Ehi!> Scully aveva di nuovo girato lo sguardo verso di lui. <Io ti voglio bene,
davvero.>
Gawain aveva smesso di piangere, ma aveva gli occhi lucidi, e il viso bagnato: <Lo
so.>
<Aaahh!!> Un urlo. Gawain aveva chiuso gli occhi per il dolore. Dopo qualche
secondo, aggiunse: <Mi perdoni?>
A quella domanda Scully aveva esitato. All'inizio era stata furiosa con lui, ma dopo
averlo visto in quelle condizioni e dopo aver saputo la verità, ne aveva avuto pietà.
Gawain aveva socchiuso gli occhi, e aveva ripetuto: <Mi perdoni?>
Dana aveva guardato di nuovo verso l'acqua. Di Joel nessuna traccia. <Sì, Gawain, ti
perdono.>
L'acqua sembrava una macchia nera, un tutt'uno con il cielo. Le stelle vi si riflettevano
come in uno specchio. Nessun movimento, nessun corpo.
Quando Scully aveva rivolto lo sguardo di nuovo verso Gawain, lui aveva gli occhi chiusi.
Non potendo fare altro perché legata, aveva iniziato a muoversi, come per svegliarlo.
<Ehi! Ehi! Svegliati, avanti! Svegliati!>
Tutto inutile: Gawain era morto.
Aveva iniziato a piangere lentamente e silenziosamente.
La voce di Martin, quasi impercettibile, era coperta dal rumore che la pioggia faceva
cadendo sul cemento.
+++++++++++
Twenty minutes later
Due macchine e un'ambulanza erano arrivate alla diga.
Da una vettura era sceso il vicedirettore Skinner, che aveva subito dato disposizioni:
<Fate presto.>
Pochi secondi dopo avevano raggiunto i tre malcapitati.
<Oh mio Dio...>
Lo spettacolo non era bello da vedere. Martin era poco sveglio, e stava cantando parole
confuse dell'inno nazionale. Un rivolo di sangue partiva dal corpo di Gawain, che era
steso sulle gambe di Scully. Lei, ancora legata, stava fissando con occhi vitrei il
cadavere.
Due agenti si avvicinarono a Martin, il quale disse, con fatica: <Non riesco a muovere
le gambe, non le sento più!>
<Stai calmo, l'ambulanza è qui.> Gli avevano risposto. <Dov'è l'agente
Bradley?>
<E' caduto in acqua. Non so se sia emerso.>
Mentre due paramedici facevano una veloce visita a Martin, Skinner ne aveva chiamati altri
due:
<Toglieteglielo da dosso.> Aveva detto, riferendosi a Gawain.
Quando avevano tolto Gawain dalle gambe di Scully, lei non aveva mosso un muscolo, e aveva
continuato a guardare il vuoto. Il vicedirettore in persona l'aveva slegata, poi era
andato di fronte a lei: era rimasta in quella posizione. Aveva uno sguardo triste, e non
aveva mosso le braccia, anche se libere.
<Santo Cielo... Agente Scully?> Non un cenno. <Dov'è l'agente Mulder?>
<Sta arrivando.> Gli avevano risposto.
Scully non muoveva neanche le palpebre. Aveva lo sguardo afflitto, ma spento. Era come se
trapassasse ogni cosa che vedeva, come se fosse da un'altra parte. Skinner l'aveva presa
da un braccio. <Forza, andiamo.>
Si era lasciata guidare, senza opporre resistenza. Arrivati alle macchine, Skinner aveva
visto una vettura avvicinarsi. Erano scesi Mulder e Diana, in abito da sera. Il
vicedirettore si era bloccato, perché Scully aveva rifiutato di muoversi. Mulder non si
era mosso: Dana lo stava guardando. O almeno così aveva creduto lui. Si era accorto che
Scully stava guardando qualcosa alle sue spalle. Mulder si era girato, e aveva visto
Gawain nell'ambulanza. Quando si era rigirato, vedere Scully gli aveva stretto il cuore:
aveva gli occhi rossi e gonfi di lacrime, ma qualcosa la bloccava, e non riusciva a
piangere.
Dopo aver rivolto un'occhiataccia a Mulder, Skinner aveva messo Scully nella macchina.
Solo allora Mulder si era avvicinato.
<Cosa è successo?>
<Mentre lei era con l'agente Fowley a divertirsi, Regadd ha rapito l'agente Scully e
l'ha portata qui. Non sappiamo ancora cosa sia successo. L'unica cosa che sappiamo è che
Gawain è morto, Martin Wickham rimarrà paralizzato, Joel Bradley è probabilmente
affogato, e Scully è sotto shock.> Mulder si era girato a guardare Scully. <Si è
divertito stasera?>
+++++++++++++++++++++
Scully era stata portata all'ospedale, ma neanche lì aveva parlato. Il dottore aveva
detto che non aveva niente, a parte lo shock, e a quel punto la signora Scully aveva
insistito per portarla a casa sua.
La mattina successiva, Mulder si era recato lì.
<Salve signora Scully. Posso entrare?> Margaret non aveva detto niente, si era solo
spostata. Arrivati nel salone, Mulder non aveva visto Scully. <E' ancora a letto?>
Margaret fece un cenno verso la veranda: Scully era seduta su una sdraio, rivolta verso il
mare, con una coperta addosso, e di fianco un vassoio con la colazione intatta.
Dietro di lei c'era il vicedirettore, il quale stava provando a farla parlare. Skinner era
rientrato dopo qualche secondo.
<Allora?> Aveva chiesto Margaret.
<Non ha aperto bocca, e non ha mangiato niente.>
<Non parla?> Aveva chiesto Mulder.
<E' da ieri sera che non parla, agente Mulder.> Il tono di Skinner era quasi
arrabbiato.
<Posso provare io?>
<Se vuole. Ma non credo che sarà felice di vederla...>
Mulder aveva volutamente ignorato l'ultima frase del vicedirettore, ed era uscito sulla
veranda. Si era seduto sulla sdraio a destra di Scully, e la guardava in faccia. Lei
invece stava guardando il mare. Il suo sguardo era assente, vuoto, privo di ogni
sentimento.
<Ciao.> Aveva detto delicatamente Mulder. Scully non si era girata a guardarlo.
Mulder non poteva credere che ce l'avesse con lui perché la sera prima era uscito con
Diana. Lui stesso si sentiva in colpa, e non aveva certo bisogno che qualcuno rigirasse il
coltello nella piaga. <Perché non mangi? Devi mangiare qualcosa, hai bisogno di
energie.> Gli occhi di Dana erano ancora rossi e gonfi di lacrime, come se fosse sul
punto di piangere. Ma non piangeva. Mulder si rese conto che era in quello stato dalla
sera precedente. <Senti, hai bisogno di parlarne. Chiuderti così, tenerti tutto
dentro, ti fa solo male.> Dopo qualche secondo di attesa, Mulder aveva rinunciato ed
era rientrato.
<Allora?> Avevano chiesto, quasi all'unisono Maggie e Skinner.
<Niente...>
<Io devo andare alla diga> Aveva detto il vicedirettore. <Ci sono le ricerche per
Bradley.>
<Non l'hanno trovato?>
<No. Iniziavano le ricerche questa mattina. Cerchi di farla parlare, o mangiare...>
Un'ora e mezza dopo, non era cambiato niente. Aveva provato anche Margaret, a parlare con
la figlia, ma niente. Era rimasta lì, senza mangiare, parlare, o piangere. Ormai sua
madre e Mulder avevano rinunciato, e aspettavano solo un suo segno. Lei si era mossa solo
alle otto e mezzo, circa. Era uscita e, senza guardarli in faccia, era andata a vestirsi.
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Poi nient'altro. Solo altri due giorni di mutismo, si era sbloccata solo in seguito. Aveva
parlato, prima iniziando solo con lo stretto indispensabile, poi era andata via via
migliorando. Era andata al funerale di Gawain e aveva parlato con Martin solo una volta.
Da quel giorno aveva fatto in modo di non incontrare più nessuno, o andare da qualche
parte, che le ricordasse Gawain.
Non aveva ancora pianto. L'aveva fatto un giorno, con Mulder, al lavoro.
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FBI Headquarter
Washington, D.C.
December, 1998
Era sabato. Mulder stava aspettando da circa mezz'ora che Scully tornasse in ufficio per
andarsene insieme. Se ne era andata dicendo che doveva fare una cosa, e che sarebbe
tornata per l'orario di chiusura, ma ancora non si era vista. Mulder non si era
preoccupato, sapeva che lei doveva essere da qualche parte, nel Quartier Generale. Era
sera, e non c'era quasi nessuno. Non sarebbe stato difficile trovarla. Dopo un lunga
ricerca, Mulder era stato attirato dal rumore di spari che proveniva dal poligono situato
nel seminterrato. L'aveva trovata lì, che si stava "esercitando". Si era
avvicinato, senza che lei si fosse accorta di niente. Stava pensando che forse aveva
bisogno di rimanere sola, così non aveva parlato. Ad un certo punto lei si era bloccata,
e aveva abbassato la pistola appoggiandosi al piccolo ripiano, chiudendo gli occhi. Si era
tolta gli occhiali e il paraorecchie, e si era portata le mani sugli occhi, iniziando a
pinagere disperatamente. Mulder era intervenuto solo a quel punto: l'aveva girata,
abbracciandola. Scully aveva fatto uscire tutto quello che era rimasto chiuso dentro di
lei per troppi giorni: la rabbia, il tormento, lo stress... il dolore...
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Washington's Dam
Washington, D.C.
Present Day
...il dolore. Era un sentimento opprimente, presente nella sua vita da fin troppo tempo, e
che sembrava non andarsene. Scully si accorse solo allora che aveva pianto, trascinata
dalle emozioni che quei ricordi avevano suscitato in lei. Sonny si avvicinò e le mise una
mano sulla spalla. Dana si alzò e, asciugandosi le lacrime, iniziò a tornare alla
macchina.
<Scusami.> Gli disse.
<E di cosa? Di avere un passato?>
Scully si fermò, e si girò a guardarlo. <Vorrei non averlo, quel passato.>
<Tutti abbiamo avuto dei brutti momenti. Servono a farci apprezzare meglio i brevi
attimi di gioia. Altrimenti perché saremmo qui?>
<E' molto tempo che me lo chiedo... Sonny, sono a pezzi.>
Sonny aveva sentito una fitta al cuore, sentendo l'ultima frase, ma come al solito non
l'aveva dimostrato. Doveva essere forte e sostenerla. Aveva bisogno di lui, in quel
momento. <Passerà. E' difficile, lo so, ma devi farcela, e non solo per te.> Disse,
rivolgendo lo sguardo verso l'addome dell'amica.
Scully non resistette più, e iniziò a piangere, abbracciandolo. <Non andare via prima
del tempo, ti prego... Ho bisogno di qualcuno...>
Sonny la strinse forte, poi le alzò il mento allontandola e dicendo: <Dana?>
<Sì?>
<Hai cambiato divano?>
Era riuscito a farla ridere. Iniziò a ridere anche lui. <No. E' sempre quello. Hai
qualcosa da trasportare?>
<Ho solo una borsa ed un portatile. Troppo?>
<No, figurati. Andiamo.>
Scully si era incamminata, seguita da Sonny. Dopo un po' si era fermata, girandosi ancora.
<A che ti serve il portatile? Comunichi con i tuoi superiori?> Chiese, con un
sorrisino.
<Spiritosa! Andiamo.>
Scully e Sonny si stavano allontanando da quel luogo che per lei rappresentava un incubo.
Un incubo che era iniziato tanto tempo fa e che sembrava non finire mai. (Lo so che è una
ripetizione, ma l'ho ripetuto di proposito. Così do più enfasi. Phoebe_svela_i_trucchi)
XOXOXOXOXOXOXOXO
CAPITOLO 2
NOTA: Visto che qualcuno ha avuto da obiettare, se ci
saranno commentini, li metterò tutti alla fine della scena. Una persona mi ha detto che
in mezzo distolgono l'attenzione, ed è vero. =) Non vi disturberò più durante la
lettura
.Un'ultima cosa: non mi ricordo chi, ma un'altra persona mi ha detto che
Sonny sembra una persona simpatica
SE SEMBRA NON è! Cioè
Non sempre le cose
sono sempre quello che sembrano. Ormai è diventato il mio motto. Comunque non lasciatevi
influenzare dalla mia esperienza e dalla mia superiore conoscenza del personaggio, e non
fatevi pregiudizi. Quando l'avrete conosciuto bene, mi direte che ne pensate di lui.
CIAO!!!
Phoebe
XOXOXOXOXOXOXOXO
Scully's apartment
Washington, D.C.
11.21 ( ^_________^ Phoebe_Halliwell_Carter)
Scully e Sonny entrarono nell'appartamento. Non era cambiato nulla dall'ultima volta che
lui ci era stato, e comunque se l'era immaginato: Scully non aveva tempo per sé stessa,
figurarsi per la casa. Sonny teneva la borsa con una mano e il portatile sulla spalla. Non
le aveva permesso di aiutarlo neanche a portare il piccolo computer, sebbene lei l'avesse
quasi supplicato.
<Eccoci qua.>, disse lei, chiudendo la porta.
<Non hai cambiato nulla.>
<Cosa dovevo cambiare?? E poi non passo molto tempo in casa, a dir la verità
>
Sembrava che Scully l'avesse letto nel pensiero. Lo introdusse nel salone.
<Giusto
.>
<Allora
beh
fa come se fossi a casa tua.>
<Grazie cara
>
Fortunatamente per lei, Sonny non si girò a guardarla. A sentire la parola
"cara" detta proprio da lui, si era sentita strana. Probabilmente non l'aveva
detta seriamente, ma Scully non poté fare a meno di ricordarsi che tra loro due c'era
stato qualcosa. Dana andò in cucina a bere.
<Senti
> disse Sonny, raggiungendola.
<Cosa?>
<Che racconteremo a Skinner, quando gli dirò di questo recapito?>
<Eeehm
perché mai dovrebbe saperlo?> gli chiese, con un'espressione un po'
preoccupata. Sicuramente Skinner avrebbe pensato male riguardo all'eccessiva ospitalità
di Scully nei confronti di quello che, ai suoi occhi, era il suo nuovo partner.
<Dici che se qualcuno dell'FBI mi vedesse uscire da qui al mattino, non sospetterebbe
niente?>
<Io spero che non ti veda nessuno del Bureau
> Forse Scully aveva risposto
troppo rapidamente: Sonny poteva prendersela, con lui niente era scontato. Al contrario
però, Sonny dimostrò di essere cambiato dall'ultima volta
almeno un pochino
<Vuoi che entri ed esca dalla finestra?> Piccola allusione alla personale porta
d'entrata di Sonny, l'ultima volta che era stato lì.
<No, ma se preferisci così
> rispose lei, seriamente.
<Spiritosa! Spero che tu stia scherzando!>
<No, affatto
>
Sonny la guardò profondamente, e capì che Scully diceva davvero sul serio. Questa volta
non fu così "disciplinato", e non poté trattenere un'espressione di disappunto
che comparve automaticamente sul suo viso.
Scully notò che Sonny aveva una faccia non tanto allegra, e disse: <Cosa ho detto?>
<Nulla
è che
speravo di poter
> Scully alzò le sopracciglia, come
per dirgli di continuare. Sonny si voltò per guardare fuori dalla finestra.
<
permettermi una vita normale, per un po'
>
Ci fu un momento di silenzio. Scully non sapeva molto del "precedente" lavoro di
Sonny, ma sapeva che gli portava via molto tempo e molte amicizie.
<D'accordo
allora
sistemati, poi
poi andiamo a mangiare, ok?> gli
disse.
<No, non voglio aspettare
ho fame
>
<Di già?>
<Sì
offro io.> disse, prendendola sottobraccio.
<Dove mi porti?>
<Dipende
> Scully non fece in tempo a chiedergli spiegazioni, che lui si
inginocchiò, e disse, rivolto all'addome di lei: <Ehi, tu, là dentro! Carne o
pesce?> Scully fu quasi presa da un attacco di iperventilazione, dovuto al gesto, ma
gli sorrise ugualmente. Sonny rispose al sorriso, e chiese: <Posso?> Scully non
poté replicare, visto che non aveva capito a cosa si riferiva Sonny. Lui non aspettò
altro tempo, e le baciò l'addome. Poi si alzò, e prendendola sottobraccio:
<Madame.> le indicò la porta.
I due uscirono. Scully non sapeva come comportarsi con lui: era molto affettuoso, ma non
voleva illuderlo e provocare il decollo di qualcosa
anche perché non c'era niente
che potesse decollare
non più, ormai.
XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO
The White House Restaurant
Washington, D.C.
11.59
Dana e Sonny entrarono nel ristorante, che aveva un nome quasi scontato
la grande ed
elegante sala era pressoché vuota, visto l'orario, ma entro un'ora si sarebbe riempita.
Un cameriere andò loro incontro.
<Buongiorno e benvenuti. I signori vogliono un tavolo per due?>
<A dir la verità abbiamo prenotato: Barnett.>
Scully gli rivolse un'occhiata dubbiosa, quasi a dire "Ah sì??". Nel frattempo
il cameriere aveva trovato il nome di Sonny nell'elenco. <Sì, ecco: il tavolo con
vista migliore. Prego, seguitemi.>
Il cameriere li guidò attraverso tutta la stanza, e li portò ad un tavolo che aveva una
splendida vista di Washington. Si vedeva anche la Casa Bianca
forse era quello il
motivo del nome del ristorante.
<Prego.> Sonny fece sedere Scully.
<Grazie.> Il cameriere porse loro due menù, al che Sonny disse: <Grazie. Ci da'
cinque minuti per scegliere?>
<Certo, signore.> E li lasciò.
Scully aprì il menù, e lo interpose tra lei e il suo amico. Disse: <Avevi
prenotato?> con un'aria da gnorri.
<Tu che dici?? Ti piace qui?>
<Sì, molto
> Sonny aveva fatto in modo di aggirare l'argomento, ma lei non
mollava. <E quando hai avuto il tempo di prenotare, se posso saperlo?> Scully aveva
imparato a includere quelle tre parole dopo ogni domanda che rivolgeva a Sonny.
<Stamane. Ma questo non credo sia importante.>
<Stamattina?
da quanto sapevi che saresti tornato?> chiese ancora, mettendo
giù il menù.
<Ma è così importante?>
<Abbastanza.> Sorrise. Un'altra cosa importante da fare con Sonny era dimostrarsi
amichevole.
<Bene, allora se proprio insisti
sono tornato dalla Nuova Guinea cinque giorni
fa. Due li ho passati in infermeria, uno a chiedere permessi, e l'ultimo ad ottenerli.>
<Infermeria? Che ti è successo?>
<Niente di grave. Solo un paio di bruciature e una lussazione.>
<Lussazione
> ripeté, quasi soprappensiero, Scully. <E come mai Skinner ha
scelto PROPRIO te?> Sonny fece una finta tosse, e lei capì che era giunto il momento
di smetterla, con le domande. <Scusa
pietra sopra
>
<Ok. Che ordiniamo?>
<Posso farti un'altra domanda?>
<Cercherò di non avere segreti per te.>
<E i soldi?>
<Quali soldi, scusa?> chiese lui, cadendo dalle nuvole.
<Ti hanno già pagato? Vedo che non badi a spese.>
<Diciamo che oggi non voglio badarci. Ti spiace?>
<No, figurati. Però non voglio che bruci i tuoi soldi così, solo per me.> disse
guardando altrove.
<Uno: per voi. Due: è tutto ok, fidati.>
<Come vuoi
.>
Passarono qualche altro secondo, poi Sonny chiamò il cameriere, che arrivò in un batter
d'occhio.
<Prego?>
Iniziò Scully: <Ehm
aragosta e caviale
> Il cameriere la guardò
incredulo, strabuzzando gli occhi. Lei fece un sorrisino, per far capire che era solo una
battuta. <Insalata, grazie.>
<Per me il piatto della casa.> disse Sonny, porgendo al cameriere i menù. Aggiunse:
<E anche per la signorina.>
<Se proprio insisti
>
Sonny fece segno al cameriere di andarsene. <Allora
cosa è successo durante la
mia assenza?
a parte quello che si nota
> Scully gli rivolse uno sguardo
preoccupato. <No, quella ancora non si vede, ma
sai
ti brillano gli
occhi
credo che sia questo che chiamano istinto materno
>
Dana sorrise velocemente, e bevve un po' d'acqua. C'era un'ultima cosa che doveva dirgli,
e si stava preparando.
<Per la serie "Non mi viene in mente nulla da dire"
.Te l'ho già detto
che sono stato in Nuova Guinea?> Sonny la imitò, e cominciò a sorseggiare l'acqua.
Scully prese il coraggio a due mani, e disse di colpo: <Sonny io ero sterile, lo sai
questo?> Il ragazzo per poco non si soffocò. Mentre lui stava ancora tossendo, lei
aggiunse: <Arguisco di no
>
Dopo essersi ripreso, le chiese: <Ehm
sapevi di esserlo quando noi
abbiamo
>
Scully si bagnò le labbra con la lingua, poi rispose: <Certo che sì
.> e
distolse lo sguardo. Quella notte era un ricordo che ancora la faceva rabbrividire, ma per
il disgusto che le provocava ripensare a quel madornale errore da lei commesso.
<E' possibile che avessero sbagliato le analisi?>
<No, assolutamente. Altrimenti questo bambino sarebbe di qualcun altro
e sarebbe
già nato.>
Lo sguardo di Scully si oscurò, e Sonny sapeva il perché, ma scelse di non rivangare il
passato. Disse: <Mi riferivo alla tua sterilità.>
<Anch'io
>
<Ah, ecco.> Sonny decise che era meglio cambiare argomento. <Allora, socia! Su
che caso stavi lavorando?>
<Ehm
ancora non è arrivato niente.> Dopo quasi tre minuti che non lo guardava
in faccia, volse lo sguardo sui suoi occhi per circa un secondo. Tornò a giocherellare
con la tovaglia.
Sonny aveva notato qualcosa di strano nei suoi occhi, tanto che chiese: <Cosa c'è che
non va?>
<Niente
non voglio farti partecipe delle mie disgrazie. Basto io a soffrire.>
<Se prima avevi una ragione per dirmi i tuoi problemi, ora ne hai due: oltre che tuo
amico sono anche tuo collega. E credo che questo significhi dirsi tutto.>
<Non proprio tutto, a quanto pare
> Si riferiva alle uniche due parole che lei
e Mulder non si erano detti in sette anni
.
<Lo troveremo, vedrai. Devi solo crederci.>
Ricacciò indietro le lacrime. <Scusa
doveva essere un pranzo senza problemi.>
<Di cosa devi scusarti? Di essere una donna sensibile, oltre che dolce? Ma se vuoi
farmi un favore, facciamo onore a questa tavola. Se proprio vuoi piangere, fallo quando
arriverà il conto.>
Sonny riuscì a farla sorridere, cosa molto ardua considerata la bufera nella quale si
trovava. E a questo punto c'era dentro anche lui.
XOXOXOXOXOXO
Georgetown
Washington, D.C.
19.38
Dopo aver pranzato, Dana e Sonny avevano passato tutto il pomeriggio in ufficio, entrambi
e studiare vecchi casi: l'obiettivo comune era ovvio, ossia cercare qualcosa che potesse
dar loro anche un piccolo indizio su come trovare Mulder. Ad un certo orario Sonny aveva
insistito per tornare a casa. Le aveva detto che per il primo giorno poteva anche bastare,
e che voleva uscire da quell'ufficio. Ovviamente era una scusa. In realtà lui lo faceva
per lei: non voleva che si stancasse troppo, o che pensasse troppo al lavoro. Una dose di
vita normale faceva sempre bene
se si poteva definire "normale" la sua
vita.
Avevano messo la macchina nel parcheggio, distante un paio di isolati da casa di Scully, e
ora si stavano dirigendo verso l'appartamento.
<Sonny, comunque io ho un'altra stanza dove puoi dormire
C'è un letto
Un
armadio
Insomma, tutte le cose di cui hai bisogno, non devi per forza dormire sul
divano.>
<Ti ho già detto di non preoccuparti.>
Il divano gli andava più che bene: sentiva quasi il dovere di farle da guardia del corpo.
Non voleva che le succedesse qualcosa, e la paura che durante la notte qualcuno potesse
farle del male nel sonno, era talmente tanta che preferiva "riposarsi" in un
posizione più vantaggiosa. Non gli importava se dormiva bene o no: l'importante era
proteggerla.
Scully aveva percepito quello che lui voleva fare. Non le piaceva essere protetta, voleva
far vedere che sapeva badare a sé stessa. Era sempre stata così, e probabilmente anche
Sonny lo sapeva, ma lui era uno di quelli che faceva quello che gli diceva il cuore, non
importava quello che gli altri pensavano, se era sicuro di fare del bene. Una gocciolina
di pioggia atterrò sulla guancia di Dana, che alzò immediatamente gli occhi al cielo.
<Accidenti, sta per piovere.>
<E a noi cosa importa? Stiamo andando a casa
>
<Già
.>
Erano a pochi metri dal portone, all'altezza di un vicolo che costeggiava il palazzo di
Scully. Si stavano avvicinando sempre di più
Lei pensava di essere riuscita a
superare la paura, ma si ritrovò invasa da un senso di oppressione. Sonny, alla sua
sinistra, non si accorse minimamente che lei stava camminando con gli occhi chiusi.
Arrivati all'angolo con il vicolo, nonostante volesse evitarlo, guardò proprio verso la
stradina: si bloccò di colpo, e Sonny insieme a lei. Il ricordo le ritornò alla mente,
come registrato, chiaro anche nei minimi particolari.
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Arlington
Washington, D.C.
December, 19th 1998
21.49
Scully stava raggiungendo l'appartamento di Mulder, dopo aver eseguito un'autopsia. Era
passato poco più di un mese dalla morte di Gawain, e aveva ricevuto diversi segni di
avvertimento dalla setta che lui aveva frequentato: probabilmente volevano finire il
lavoro lasciato in sospeso da Gawain. Per un po' di giorni non aveva ricevuto messaggi,
così si era quasi scordata di quel problema, grazie anche alla montagna di lavoro da
fare.
Era quasi arrivata al portone, quando aveva notato un ragazzo che stava uscendo
furtivamente da un finestra del primo piano. Si era fermata a guardarlo, e quando il
ragazzo si era accorto di avere uno spettatore, era fuggito, con un sacchetto in mano.
<Ehi!>
Scully l'aveva subito inseguito. Era in svantaggio di una ventina di passi, e aveva visto
il ragazzo girare l'angolo che portava sul retro del palazzo. Aveva continuato
l'inseguimento, tirando fuori la pistola durante la corsa.
Girato l'angolo, però, del ragazzo non c'era stata traccia. Scully aveva guardato un po'
in giro, ma niente. Aveva rimesso la pistola nella fondina, e stava per tornare indietro,
quando all'improvviso una figura era emersa dall'oscurità. Scully aveva cercato di
guardarlo in faccia, ma era troppo buio: la luce di un solo lampione non era bastata.
Ad un tratto, una figura alla sua destra e un'altra alla sua sinistra, le si erano
avvicinate sempre di più. Realizzando di trovarsi in pericolo, aveva ripreso la pistola,
ma non si era accorta dell'arrivo, alle sue spalle, di altri due uomini: l'avevano presa
per le braccia, e avevano buttato lontano la sua arma. Allo stesso tempo, le avevano
chiuso la bocca con una mano, mentre uno degli uomini di fronte a lei aveva iniziato a
prenderla a pugni sulla faccia e nello stomaco. Quando non era stata più capace di stare
in piedi l'avevano scaraventata a terra, continuando a picchiarla.
Scully non era stata assolutamente in grado di ribellarsi: aveva mani e piedi bloccati, i
pugni e i calci non le davano il tempo di tenere gli occhi aperti. Le poche immagini che
aveva potuto vedere erano le luci delle macchine che passavano in lontananza sulla strada
e i cartoni sparsi per il vicolo. Si era sforzata di vedere in faccia i suoi aggressori,
ma erano in controluce, e sicuramente non sarebbe stata in grado di dire neanche se
avevano gli occhi chiari o scuri.
Ad un certo punto si accorse che i suoi aggressori non si stavano limitando a picchiarla,
ma stavano anche iniziando a darle baci sul collo, e a strapparle i vestiti. Aveva chiuso
gli occhi, per non guardare, ma quello che si sentiva fare addosso era talmente
disgustoso, che non bastava chiudere gli occhi per cercare di resistere. Li riapriva a
scatti. La bocca era finalmente libera, ma non aveva la forza di parlare. Le lacrime erano
le sue parole represse.
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Vedendo che Dana stava fissando il vicolo con uno sguardo perso nel vuoto, ma allo stesso
tempo terrorizzato, Sonny capì cosa stava succedendo, e i suoi tentativi di richiamarla
alla realtà furono inutili: rimaneva lì, immobile, estraniata da quello che la
circondava.
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Arlington
Washington, D.C.
22.01
I suoi aggressori avevano continuato nell'opera. Ormai era talmente distrutta, che stava
per perdere i sensi. L'ultima cosa che aveva visto era stata una luce e successivamente i
suoi assalitori che scappavano.
Quando si era ripresa, era seduta appena fuori dalla porta dell'appartamento di Mulder. Un
solo colpo alla porta, e Fox le aveva aperto.
<Oh mio Dio! Scully!>
La scena che si era ritrovato davanti agli occhi era stata orribile: lei aveva ematomi e
sangue ovunque, e i vestiti strappati in alcuni punti.
Il suo pianto ininterrotto era l'unica espressione che poteva fare per fargli capire che
era stata ferita, sia fisicamente che moralmente.
Quando Mulder l'aveva abbracciata, aveva trovato quello che non avrebbe voluto
vedere
sulla spalla aveva un disegno: il disegno di un ragno chiuso in un cerchio.
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Present Day
Sonny riuscì a farla riprendere, e in quel momento Scully strizzò gli occhi, facendo un
passo indietro, e piegandosi in due, come se fosse stata colpita da un pugno nello
stomaco. Sonny le mise le mani sulle spalle, ma non disse niente. Aspettò che si
riprendesse: notò che non uscivano lacrime. Pensò che probabilmente le aveva già
versate tutte precedentemente.
<Ehi
>, disse, con voce delicata.
Scully riaprì gli occhi, e si rialzò solo dopo essere stata ancora un paio di secondi
ricurva.
Quando fu in posizione eretta, era tornata perfettamente normale, come se non fosse
successo niente. Si riavviò verso il portone senza dire una parola di più. Sonny rimase
sbalordito, e la raggiunse dopo poco. Mentre lei cercava di aprire il portone la guardava,
ma non osava chiederle una spiegazione.
Lo sorprese dicendogli: <Avanti, chiedimelo.>
<Perché
.>
Lo anticipò: <Perché non ho pianto? Perché non ero addolorata? Sono stufa di
piangere, Sonny. Sono stufa di fare sempre lo stesso incubo. Se continuo così non ne
uscirò mai. Hai visto cos'è successo? È bastato in vicolo a farmi cadere nel vortice
dei ricordi, mentre invece credevo di esserne uscita. Voglio dimenticare completamente
quello che è successo, e sicuramente non ci riuscirò se ogni volta mi metterò a
piangere.> Aprì il portone e dopo aver attraversato l'atrio, iniziò a salire le
scale.
<Ma
non è un segno di debolezza
è normale che la ferita non si sia ancora
rimarginata.>
<Sono passati due anni! E poi non si tratta di debolezza o no. Si tratta di volontà. E
la mia volontà ora è quella di scordare quello che mi hanno fatto. Quindi chiudiamo qui
il discorso, per favore.>
Mentre camminavano nel corridoio, lei sentiva di averlo lasciato un po' scosso. Forse il
suo tono di voce un po' duro poteva averlo tratto in inganno, così riparò: <Non sono
arrabbiata con te perché volevi saperlo.>
<Non preoccuparti.>
<Mi sono fatta trascinare dalla rabbia contro i miei aggressori.> Aprì la porta.
<Ho detto di non preoccuparti.>
Sonny entrò per primo, non accorgendosi che in realtà lei era rimasta un po' sconvolta
dal ricordo. Ma non voleva farglielo notare: l'incubo era ancora presente, e non voleva
trascinarlo con sé.
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
Scully's apartment
Washington, D.C.
20.22
Erano a casa da circa mezz'ora. Lui stava sistemando la sua roba in una stanza, dove c'era
anche il letto
Ma non voleva dormire lì. Il divano gli andava più che bene. Scully
lo stava aiutando, e Sonny ne aveva approfittato per spaziare un po' nella conversazione,
sperando che in questo modo potesse svagarsi un po'.
<Mi stai dicendo che non conosci i Mariners?>, le chiese Sonny.
<Non ho idea di chi siano, davvero.>
<Ma almeno sai che è una squadra!>
<No! Non so neanche quale sia lo sport
>
<Oh mio Dio! Sono una squadra di Baseball!> Scully lo guardò stranamente. <I
Seattle Mariners!>
<E' la prima volta che li sento
>
<D'accordo
vuol dire che qualche volta vedremo una partita di baseball dei
Mariners
>
<Se proprio insisti
> Sonny sorrise. <Seattle Mariners
> si ripeté
Scully, quasi sotto voce.
<Ecco
questa era l'ultima
ora ho proprio bisogno di una doccia.>
<Il bagno è lì
c'è già tutto.>
<Grazie.>
<Cosa vuoi mangiare?>
<Permetti che cucini io qualcosa, almeno per il primo giorno? Già è troppo che tu mi
stia ospitando senza farmi pagare l'affitto della camera
> disse avviandosi nel
bagno.
<E chi ti dice che non voglio farti pagare?> rispose lei, allontanandosi verso il
soggiorno.
Scully si sedette sul divano. Tutta quella situazione era molto strana. Il loro rapporto
era già abbastanza torbido senza la necessità di convivere per un po'. Non era mai
successo con Mulder
ma a pensarci bene, niente di quello che faceva con Sonny,
l'aveva fatto con Mulder.
XOXOXOXOXOXOXOXO
9 minutes later
Scully stava guardando un quiz in TV
. "Guardando" per modo di dire. Stava
pensando a tutt'altro: l'argomento era sempre quello, non cambiava da circa una settimana.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal campanello. Si alzò ed andò ad aprire,
senza prima guardare dallo spioncino. Forse avrebbe dovuto farlo.
<Bill!> Scully non vedeva suo fratello da parecchio tempo. E avrebbe voluto non
vederlo neanche quella sera. Fortunatamente era solo.
<Ciao! Sono venuto per parlarti.> Vedendo che la sorella non si spostava, né
accennava a parlare, chiese: <Posso entrare?>
"No!" pensò Scully, ma la sua bocca fece tutto da sola: <C
certo.>
Si scostò un po' per farlo entrare, e chiuse la porta. Rimasero nel salone: era meglio
non andare in cucina, Bill avrebbe potuto vedere Sonny, ed era meglio evitarlo.
<Ti ho disturbato?>
<No, figurati
ma che ci fai qui?>
<La mia nave è arrivata stamattina, e ho l'aereo per S. Diego alle nove. Così ho
deciso di passare a salutarti.>
<Hai fatto bene
> rispose lei, cercando di sembrare il più tranquilla
possibile.
<Ho saputo la notizia.>
Scully credette di avere un infarto. <Quale notizia?>
<Della scomparsa di Mulder
perché, c'è qualcos'altro che dovrei sapere?>
<No! Nient'altro
> mentì Scully. Sapeva che Bill non aveva mai potuto soffrire
Mulder, e il fatto che fosse andato a trovarla era una cosa carina, ma forse era meglio
omettere l'altra notizia.
<Come stai?>
<Come dovrei stare?> chiese, sedendosi sul divano e spegnendo la televisione.
<Hai ragione, scusami.> Bill rimase in piedi.
<Non importa.>
<Ho saputo che sei stata in ospedale
cos'avevi?>
<Ehm
niente di particolare
calo di pressione.>
<Ah-Ah
da dove conti
>
In quel preciso momento, la voce di Sonny riecheggiò nel corridoio, e si fece sempre più
vicina: <Dana, scusa, dove trovo un asciugamano per i capelli?> Sonny comparve nella
cucina, con indosso solo un asciugamano, tenuto all'altezza della vita.
Bill si congelò alla vista di quel bel giovane muscoloso in casa della sorella che si
stava persino facendo la doccia lì, mentre Scully avrebbe voluto esplodere solo per
risparmiarsi i commenti successivi del fratello. Dopo qualche secondo di imbarazzante
silenzio, Dana disse: <Mobile in basso, cassetto a sinistra.>
<Grazie e scusatemi.> Sonny tornò in bagno, senza aver neanche salutato quell'uomo.
Aveva intuito che non gli era simpatico.
Bill continuò per un po' a guardare il corridoio, poi si girò verso la sorella e chiese
a bassa voce: <Scusa, che ci fa quell'uomo in casa tua?>
<Lui è
il mio nuovo partner.> rispose, evitando di guardarlo.
<Ah, ecco
e come mai fa la doccia in casa tua?>
<Beh
c'è stato un incendio a casa sua, non ha più niente
così ho pensato
di ospitarlo io.> Scully quasi sentì il suo naso che si allungava a dismisura.
<Addirittura!>
<So cosa stai pensando, ma non lo penseresti, se sapessi quello che so io.> disse
alzandosi.
<E cosa
>
Sonny avrebbe voluto evitare di tornare lì dentro, ma non poteva: <Scusatemi ancora,
ma non li trovo.>
<Ehm
Bill lui è Sonny Barnett
Sonny, lui è Bill, mio fratello.>
<Piacere.> disse Sonny tendendo la mano.
<Piacere mio.> rispose Bill, stringendo la mano, con un'espressione non proprio
amichevole.
I secondi di silenzio intanto passavano, e l'aria sembrava pesare tonnellate.
All'improvviso Bill disse: <Ora è meglio che tolga il disturbo, vedo che sei in ottima
compagnia.>
<Come vuoi.> Scully prese la palla al balzo e accompagnò il fratello alla porta. Lo
sguardo che fece poco dopo verso Sonny era quasi infiammato.
<Sì??> chiese lui, con aria angelica.
Scully però alzò gli occhi al cielo e sorrise, poi andò in cucina. <Niente,
niente
>
<Sicura? Hai una faccia!>
<Niente. Vatti ad asciugare i capelli e a vestirti.>
<Sì, mamma!>
Era la prima volta che si sentiva chiamare così, e non era sicura che in futuro ci
sarebbero state altre occasioni. Sonny tornò dopo poco, vestito. <Così vado
meglio?>
Scully lo guardò distrattamente. <Sì, meglio.>
<Ma cos'hai?>
<Niente, scusami. Ero soprappensiero.>
<E a cosa pensavi?>
<
hai detto "mamma"
>
<Dovrai pur abituarti a sentirti chiamare così, no?>
Scully non rispose, e forse pensava che il pavimento era più bello a vedersi che Sonny,
perché abbassò lo sguardo. Il ragazzo fece in modo di tornare nel campo visivo
dell'amica.
<Ho paura di non riuscire a portare a termine la gravidanza
>
Sonny si sentì stringere il cuore
anzi
lo sentì quasi spappolarsi. <Dai,
vieni qui.> La abbracciò. <Ci sono io. Non ci saranno problemi.>
<E se invece dovessi andare via all'improvviso? Come è già successo...>
<Non accadrà. Parola di scout.>
<Forse penserai che dopo l'ultima volta che sei venuto io non l'avrei mai detto, ma mi
sei mancato.>
<Anche tu, Dana. E per quello che può servire, scusami.> Sonny aveva rivangato il
passato. Solo poche ore prima era deciso a non farlo, ma ormai
<Non è stata colpa tua.>
<Scusami lo stesso.>
<Sono io che devo scusarmi
quella notte
>
<Shhh.> la interruppe.
<No..> Scully si allontanò. <C'è una cosa che devo dirti.>
Sonny iniziò a preoccuparsi: troppe notizie in un giorno potevano fare male.
<Cosa?>
<Quella notte
e
tutto quello che ne è venuto dopo
>
Sonny fu salvato dal telefono. Scully andò a rispondere senza dire altro. <Pronto?
Ciao
sì, è venuto poco fa.> Era sua madre. Dana non aveva neanche chiesto a
Bill se Maggie sapeva di Mulder. <No, stasera no, ho già preparato. Non preoccuparti,
verrò io. Ok. Sì, certo. Ciao.> Scully ripose la cornetta, e si girò verso Sonny.
<Dicevamo?>
<Ehm
scusami ma
ho perso il
>
<Ok, non importa. Spero che me lo dirai, prima o poi.> Sonny si lasciò cadere sul
divano, sospirando
anche se sembrava più uno sbuffo, che un sospiro
.
<Sei deluso?>
<No, è che mi sembri
triste
.> (Ma và! Che acume! E come dice Alyssa
Milano: "Give the boy a prize!!" Phoebe_la_scrittrice_più_spiritosa)
<Infatti
lo sono.>
<Perché?> (e_e Phoebe_la_scrittrice_più_paziente)
<Eeeh
vedi tu, Mulder è sparito, e due anni dopo aver scoperto di essere
sterile, vengo a sapere che sono incinta
.>
<Capisco
pensavo che fosse successo qualcos'altro che non so.>
Scully rifletté qualche secondo. <No, credo di averti detto tutto.>
Sonny rimase un po' in silenzio. Avrebbe voluto rivederla in un contesto più divertente
di quello. La situazione non era affatto semplice, ed era meglio stare sull'attenti: un
passo falso e sarebbe scoppiata per il troppo stress.
<Bene
e ora che si fa?> disse, entrando nella modalità "Facciamo finta
di niente".
<Che ne dici se preparo qualcosa e vediamo qualche film?> Sonny le aveva dato
l'input per svagarsi un po'. Sicuramente non sarebbe stato facile, ma almeno avrebbero
provato a comportarsi come la prima volta che si erano incontrati
beh
non
proprio in quel modo
<Sì, certo
> Lo sguardo di Sonny si intristì per un secondo, ma bastò per
farlo percepire a Dana. <Sarebbe
stupendo
>
<Che c'è? Stai pensando a qualcuno?>
<Sì, a me
a quante volte ho desiderato una serata così. Grazie.> Espresse il
suo ringraziamento anche in un altro modo: baciandola sulla fronte.
A Scully non piaceva dargli troppo campo libero, ma non le sembrava il caso di mettersi a
litigare o a offendersi proprio il giorno in cui era tornato. <Il tuo lavoro non te lo
permette?> Lo sguardo strano di Sonny le fece capire tutto. <Beh
ehm
se
il tuo desiderio di avere una vita normale è più forte, perché sopprimerlo?> (Uè!!
Che padronanza di termini!! Phoebe_ha_preso_dalle_sorelle ^_^)
<Semplicemente perché spero che quello che faccio permetta a più di una persona di
vivere una vita tranquilla.>
<A costo della tua
>
<Beh, ora sono qui con te
oh, pardon
> Sonny le appoggiò una mano
sull'addome: <Con voi. E mi sento bene, come non mi succedeva da tanto, tanto
tempo
>
Scully non voleva fargli credere che tra loro fosse tutto normale, tutto chiarito
niente era chiarito, e non voleva dargli l'illusione di essere ancora attratta da lui,
ma
quando era così tenero con lei, quando parlava della gravidanza, lei non sapeva
trattenersi. Mise la sua mano sopra quella di Sonny, che era ancora sulla pancia, e chiuse
gli occhi, come sopraffatta da troppe emozioni.
Sonny avrebbe voluto che quegli attimi durassero per sempre. La fissò in silenzio,
osservando poi una lacrima che le scendeva lentamente sul volto, e si avviava verso le
labbra. Avrebbe voluto asciugargliela, e mosse anche la mano per farlo, ma si bloccò,
pensando che era meglio evitarlo.
<Dana.> la chiamò, a voce molto bassa. Scully aprì gli occhi, e si asciugò la
lacrima. <Lo troveremo, te lo prometto.>
<Mia madre non lo sa. Non sa niente.>
<Forse è meglio così. Almeno per ora.>
<E se quando lo saprà mi chiederà perché non gliel'ho detto prima? Cosa dovrei
dirle?>
<Ci penserai quando verrà il momento.> Sonny pensò che il primo tentativo di
passare una serata QUASI normale era andato a vuoto, e forse era meglio riprovarci. Questa
volta però doveva dare il meglio di sé. <Vado a preparare qualcosa, ok?>
<Ok
>
Sonny si alzò, e si allontanò verso la cucina. <Cosa preferisci?>
<Non lo so, fai tu.>
<Come vuoi.>
Scully pensò che era carino, da parte di Sonny, tentare di sollevarle il morale, e anche
se non era molto facile, sapeva che lui avrebbe potuto farcela.
(Prima di andare avanti permettetemi di dire una cosa
.COME è DIFFICILE SCRIVERE CON
I GUANTI!!! Non ridete, qui fa freddo, e ogni volta che scrivo mi si ghiacciano le mani,
così ho pensato ai guanti. Per cui scusate eventuali errori grammaticali. ^_^
Phoebe_scrive_con_i_guanti.)
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
Few minutes later
Scully stava seguendo un telegiornale in TV dopo che Sonny aveva rifiutato il suo aiuto
per cucinare. Ogni tanto arrivavano rumori di piatti e di acqua che scorreva, ma non era
mai andata a vedere come se la stava cavando. Conoscendolo, non doveva avere molti
problemi, lui sapeva fare di tutto
Ma la curiosità era troppa, così entrò in
cucina.
<Allora, come va? Vuoi una mano?> Sonny era di spalle, e nel lavandino c'erano pochi
piatti.
<Sì, grazie.>
<Come posso aiutarti?> Finalmente l'aveva convinto.
<Chiama una pizzeria che fa consegne a domicilio!> Sonny si voltò: la faccia era
tutta sporca di farina e le mani piene di una pasta che sembrava tutto tranne pasta per
focaccia. Scully iniziò a ridere. Sonny sorrise nel vederla così: il suono della risata
di Dana era così musicale e trascinante che era facilissimo ridere insieme a lei. Scully
si avvicinò, e iniziò a pulirgli la faccia con uno strofinaccio appeso ad una sedia.
<Come hai fatto a ridurti in queste condizioni?>
<La tua cucina mi odia!>
<Oh, non esagerare.> Scully continuò la sua opera di pulizia con una delicatezza
così dolce, che ogni tocco sembrava la carezza di un angelo.
<Non esagero! È impossibile combinarsi così solo tentando di fare una pizza!>
Sonny parlava con il sorriso sulle labbra: stranamente era riuscito a farla divertire con
qualcosa che era successo per caso, e non per una sua idea.
<Forse hai sopravvalutato le tue capacità.>
<Sarà!?!>
<Vai a pulirti, io intanto ordino. Come la vuoi?>
<Con il chili.> (Da leggere "cili"
Lo so che lo sapete, ma può darsi
che qualcuno ci impieghi un po'
Ok. Scusate, non lo faccio più.
Phoebe_non_dubiterà_più_della_vostra_intelligenza)
<Ci vai leggero! Dopo il pranzo di stamattina
>
<Brucio molto!>
<Sì
e io sono la fata turchina.>
<Bello! Mi accorci il naso?>
<Il tuo naso sta bene così com'è.> Scully andò a chiamare la pizzeria, mentre
continuava a sorridere.
Sonny si pulì le mani e il viso, e iniziò a rimettere in ordine la cucina. Finalmente
stavano passando una serata regolare, ma chissà perché aveva l'oscuro presentimento che
la tranquillità non sarebbe durata a lungo.
<Allora? Ti sei pulito?> chiese Scully, tornando in cucina.
<Sì, ho anche sistemato qui. Ora dobbiamo solo aspettare la manna dal cielo.>
Si avviarono verso il salone. La televisione era ancora accesa, ma il volume era molto
basso. Scully andrò dritta verso la finestra, a guardare il "panorama".
<Un penny per i tuoi pensieri.>
<Questa frase mi ricorda qualcosa
>
<Ok, lo ammetto
sono stato banale.>
<No, è che
mi ricorda la prima volta che sei venuto.>
<Lo so, sono stato banale anche allora, vero?>
Il silenzio era l'unica cosa sempre presente nelle loro discussioni. Quando stavano in
silenzio era perché stavano ripensando a qualcosa che li riguardava e che faceva ancora
strage dell'armonia che poteva esserci tra di loro.
<Sonny
>
<Sì?>
<E' lecito chiederti quale sarebbe la tua missione qui?>
<Certo. Al momento nessuna.>
<Stamattina hai detto che sei qui "in missione".>
<Sì, mi hanno ordinato di inserirmi nell'FBI, ma ancora non mi hanno fatto sapere
nient'altro. Potrebbero anche volerci dei mesi.>
<Ma la cosa riguarda me?>
<Non so cosa dirti, davvero.>
Scully non sapeva se credergli, soprattutto perché non sapeva niente del suo lavoro,
quindi non poteva sapere se i suoi superiori lo mandassero da una parte senza dirgli il
perché
Ma da un lato era strano che un tipo come lui accettasse senza farsi dare
altri dettagli, che in quel caso erano fondamentali. <Come ti ho detto prima
spero che questa volta rimarrai per poco
a meno che la tua missione non abbia a che
fare con Mulder
o forse ti hanno fatto venire per la mia gravidanza. Per caso il tuo
datore di lavoro è interessato al mio bambino?> Era la prima volta che diceva quella
parola. Ci era voluto un po' di coraggio, perché era come se temesse che nominare quella
parola potesse portare in qualche modo sfortuna.
Sonny capì che lei stava iniziando ad agitarsi, e che era meglio troncare il discorso.
<Non lo so! Ed ora, se non ti spiace, finiamola qui.>
<Come vuoi
scusa tanto se ho voluto sapere qualcosa di più su di te.>
Voleva essere una frase retorica, ma Sonny le rispose seriamente: <Sei scusata.>
Quando si comportava così, le faceva cadere le braccia. Fu salvato dal campanello. L'uomo
della pizza era arrivato con la velocità della luce. Scully pagò. <Tenga il
resto.>
<Grazie, e buon appetito.>
Dana tornò a sedersi sul divano, dicendo: <Si mangia!> Il tono allegro fece capire
a Sonny che il discorso di prima era davvero chiuso, almeno per il momento. Evidentemente
aveva imparato quando fermarsi, con Sonny.
<Evvai! Ciccia e colesterolo!>
<Non hai detto che bruci molto?>
<Mi riferivo a te!>
<Dimentichi che ormai devo mangiare per due
> replicò, pensierosa.
<Hai ragione. Ma ora basta parlare: abbuffiamoci.>
Scully afferrò il telecomando e cambiò canale. <Per la tua gioia, stasera c'è il
baseball in TV.>
<Bello!>
Entrambi azzannarono uno spicchio della specialità italiana confezionata in un colorato
cartone.
<Mhm! Per fortuna sono più bravi di te, a fare le pizze
>
<Ah-Ah! Come siamo spiritose! Vorrei vedere te!>
<Quando vuoi
>
<Abbiamo tanto tempo!> disse, con aria di sfida.
<Bene
poi fammi sapere cosa vuoi che ti cucini
>
Sonny le porse la bottiglia di birra. <Alla nostra. A un lungo e felice rapporto sia di
lavoro che di amicizia
>
<Il rapporto di lavoro spero che sia corto
l'amicizia, quella lunga quanto
vuoi
>
<Quanto VOGLIAMO.>
Questa volta il silenzio poteva essere giustificato dalla necessità di mangiare e di
bere. Ma era solo la quiete prima della tempesta.
<Cos'era? Una frecciatina al mio comportamento durante la tua ultima visita?>
<Cosa, scusa?>
<Era un frecciatina?> ripeté lentamente, per fargli capire meglio.
<No
non credo
non volevo
>
Fece un sorrisino: era divertita dal fatto che l'avesse messo in difficoltà. Disse:
<Mi è sembrato così.>, prima di bere un sorso della sua birra. Sonny la imitò
senza rispondere. A quel punto lei non poté continuare a far finta di niente, e per una
buona volta voleva affrontare il discorso. Appoggiò la bottiglia sul tavolino, e volse lo
sguardo verso di lui: <Perché ultimamente ho l'impressione di sbagliare ogni volta che
parlo con te?>
<Perché sei troppo apprensiva.> E lui era troppo vago. <Cerca di rilassarti e
cerca anche di vedermi solo come il tuo collega.>
<Beh
è un po' complicato dopo
dopo quello che abbiamo avuto
>
<Lo capisco, ma
>
<So che l'ultima volta che sei venuto non mi sono comportata bene con te, ma non voglio
che
insomma, continuo a sentire una certa distanza tra noi.> Scully sorseggiò di
nuovo la birra, questa volta evitando di guardarlo di faccia.
<La distanza si può accorciare, con il tempo
e con la voglia di farlo
>
Scully stava ripetendo la stessa cosa che aveva fatto durante il pranzo: stava prendendo
tempo per dirgli un'altra cosa molto importante, forse la più difficile di tutte.
<Senti, è il momento che io ti dica una cosa
>
<Perché ho l'impressione che mi stia per cadere una tegola in testa?>
<Perché è così
>
Sonny cercò di sdrammatizzare un po', forse pensando che ormai non c'era più niente che
potesse scalfirlo: prese un cuscino e se lo mise in testa. Ma un cuscino non può attutire
il colpo di una tonnellata di mattoni
<E va bene
ho trovato una spiegazione per
quella sera e
il mio
comportamento successivo
>
Sonny finalmente capì che il discorso era piuttosto serio. <Continua.>
<Non è stata colpa tua
è stata mia
>
<Cosa vuoi dire?>
Scully prese una boccata di aria. <Mi odierai, dopo quello che ti dirò
è stato
difficile accettarlo, è una cosa
orribile
>
<Arriva al dunque.> Quella tensione lo stava distruggendo.
<
ti ho usato.>
Più al dunque di così
<Capisco
e a che scopo?>
<Volevo
volevo sapere se
se ne ero ancora capace
>
<Di
>
<E' per questo che mi sono arrabbiata con te la seconda volta che sei venuto. Perché
ci avevo pensato e
non volevo ammtetterlo.>
Sonny rimase un po' in silenzio. In poche parole, gli stava dicendo che la notte in cui
avevano fatto l'irreparabile, l'aveva usato: forse inconsciamente e involontariamente, ma
l'aveva usato. L'aveva sempre accusato di essere sparito senza avvisarla, e di averle
moralmente fatto del male, e invece ora era lui quello moralmente ferito. Forse lei
avrebbe avuto bisogno di un po' di comprensione, o forse non avrebbe dovuto comunque fare
una cosa del genere.
Sonny pensò che con i "forse" voleva scaricare la patata bollente. Aveva
bisogno di aria, tanta aria.
<Credo sia meglio che vada a fare una passeggiata.>
Uscì senza dire altro, lasciandola lì con il televisore acceso e la pizza nel cartone.
Scully chiuse il cartone e spense la televisione, rimanendo così nel buio assoluto. Le
veneziane impedivano l'ingresso anche alla poca luce che poteva arrivare dai lampioni
della strada.
Finalmente gli aveva detto tutta la verità, ma non era più sicura di esserne felice.
Indubbiamente si era tolta un peso dallo stomaco, non avrebbe potuto continuare a
frequentarlo sapendo che gli stava mentendo: faceva parte del suo carattere. Non riusciva
a mentire, a meno che non si trattasse di una bugia che non provocava alcun male. Del
resto anche lui aveva i suoi piccoli segreti
e pensandoci bene aveva anche un
carattere odioso, antipatico. Quando ripensava a quella notte, veniva assalita
dall'insofferenza: era stato solo un terribile sbaglio che non si sarebbe mai potuta
perdonare. Era come se fosse stata plagiata
forse il termine era un po' esagerato,
ma sicuramente era stata illusa
e non sapeva se era meglio essere illusa o usata.
Inevitabilmente si ricordò il loro primo incontro, avvenuto circa due anni prima.
\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ /
Per Scully e Mulder erano ancora tempi duri: niente X-Files, né qualcosa faceva credere
che li avrebbero riavuti. Ovviamente loro non si erano arresi. Kersh aveva affidato a
Scully un caso di omicidio: le era parso strano che il duro vicedirettore le avesse
chiesto di occuparsene. Forse voleva farla riprendere da quello che era successo. Ma, come
si suol dire, le disgrazie non vengono mai da sole, così, nel caso cui stava dedicandosi,
una donna era stata stuprata e uccisa, non necessariamente nell'ordine. Erano passati poco
più di cinque mesi da quel nefasto giorno: la ferita era recente, bruciava ancora. Mulder
si era preso qualche giorno di ferie: aveva quasi aggredito Kersh, e lei l'aveva pregato
di prendersi un po' di vacanza.
Georgetown
Washington, D.C.
May, 23rd 1999
23.05
Era sera, e lei era sul tetto del suo palazzo. Stava ammirando la vista, con una bottiglia
di bourbon in mano
continuava a fissare un po' il cielo, un po' la bottiglia, un po'
il cielo, un po' la bottiglia. Stava andando avanti così da circa dieci minuti, quando si
decise a berne un sorso. La piacevole brezza leggera le muoveva i capelli rossi. Le luci
dei palazzi e delle macchine illuminavano il cielo, sostituendo la luminosità delle
stelle, così che era difficile vederle. La luna, davanti a lei, in mezzo al cielo
notturno, brillava così tanto, che sarebbe bastata a rischiarare tutto, senza bisogno di
lampioni e luci cittadine.
Pochi centimetri separavano quello che poteva essere un principio di alcolismo dalle sue
carnose labbra, quando una voce era arrivata da dietro un muro: <Agente Scully, non
vorrà cadere nel tunnel?>
Scully si era girata di scatto, portando istantaneamente la mano alla fondina
che
non era al suo posto
e niente fondina, niente pistola. Si era chiesta perché
l'aveva lasciata giù, nel suo appartamento. Nel frattempo l'uomo si era portato in una
zona di luce. Gli occhi di Scully avevano subito analizzato l'individuo: alta statura,
corporatura atletica, lineamenti duri
e capelli scuri, forse. L'unica cosa
distinguibile della capigliatura era il ciuffo che gli cadeva sulla fronte.
<Lei chi è?> aveva chiesto, sforzandosi di abbassare il battito cardiaco.
<Anche se le dicessi il mio nome, non le direbbe niente
comunque può chiamarmi
Barnett, Sonny Barnett.>
<Che ci fa qui?> Aveva fatto la domanda quasi di scatto. Nella vita aveva imparato a
non fidarsi di nessuno, men che meno degli uomini che comparivano all'improvviso alle sue
spalle, sul tetto di un palazzo, che sapevano il suo nome e che sembravano lavorare per il
governo. Infatti l'uomo era vestito in nero, dalla testa ai piedi.
<Ho molti interessi in comune con lei.> L'uomo aveva buttato uno sguardo sulla
bottiglia che Scully aveva ancora in mano. Sembrava molto sicuro di sé, anche se aveva
aggiunto: <Ma innanzitutto butti via quella bottiglia
non sulla mia faccia.>
Scully non si era lasciata distrarre dalla vena scherzosa del tipo, e aveva chiesto:
<Quali sarebbero questi interessi?> non lasciando la bottiglia. Senza la pistola,
quella era la sua unica arma.
<Diciamo che indagheremo sullo stesso caso del quale ha appena ricevuto l'ordine di
occuparsi. E per ora non posso dirle di più, se non si fida di me.>
Scully stava per esplodere in una risata. Sonny Barnett aveva pronunciato la parolina
magica, ma sfortunatamente per lui, non si può ricevere la fiducia a comando.
<La fiducia si guadagna con il tempo. Sa qual è il mio motto? Mai fidarsi subito degli
sconosciuti.>
<Non si è fidata neanche di Mulder, quando l'avevano incaricata di sorvegliarlo?>
Quella frase aveva fatto scattare un meccanismo di allerta. Quell'uomo sapeva troppe cose,
quindi o era dell'FBI, oppure era della stessa razza dell'uomo dalla sigaretta sempre
accesa, il che non era un buon segno.
<Lei sa troppe cose su di me. Mi dica chi è o mi lasci in pace.> Lo sguardo acceso
di Scully aveva lasciato poco scampo, ma Barnett sembrava conoscerlo da tanto tempo,
perché non si era scomposto. Aveva risposto: <So troppe cose? Vediamo
Dana
Katherine Scully, nata il 23 Febbraio del 1964, Pesci. Assegnata agli X-Files nel 1992 per
sorvegliare l'agente Fox Mulder, detto Spooky, ma col tempo si affeziona a lui, e decide
di seguirlo nelle sue "strampalate" battaglie. Scompare nel '94 e durante la sua
assenza l'agente Mulder viene affiancato da Alex Krycek, sospettato di essere un
cosiddetto "uomo in nero"
>
"Senti chi parla" aveva pensato Dana. Fino a quel momento Sonny non aveva detto
niente di particolare: mezza FBI sapeva la saga di lei e Mulder.
<Suo padre è morto nel '93 per un attacco alle coronarie, e sua sorella due anni dopo.
Ha saputo di avere una figlia nel '97, Emily, che si pensa sia nata durante la sua
scomparsa. Purtroppo Emily muore dopo qualche tempo; in seguito voi venite allontanati
dagli X-Files
ed eccoci qui
>
Scully era rimasta colpita da quello che aveva sentito. Barnett sembrava sapere i suoi
punti deboli, perché aveva toccato tutti i tasti che di solito gli altri non toccavano,
se la conoscevano. Era questo quello che l'aveva spaventata, non tanto il fatto che
conoscesse la storia della sua vita.
<Perché mi dice questo? Cosa vuole da me?> Sonny l'aveva guardata, colto di
sorpresa dalla sua reazione
ma sapeva che era solo quella esterna. <Il suo modo
di fare mi suggerisce che lei è un agente governativo. Mi dica se sbaglio
>
<Né sì né no.> Nel rispondere sul suo lavoro era sempre stato vago, fin
dall'inizio.
<In che senso?>
<Non sono autorizzato a dirlo, e soprattutto è meglio per lei.>
Quella era stata la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. <Ricapitoliamo.>
aveva iniziato, mantenendo la calma, <Lei si presenta qui, dice di sapere tutto sulla
mia vita, e non mi vuole dire per chi lavora?>
<Saperlo non ha importanza, ma sappia che le fa più comodo avermi come alleato, che
come nemico.>
<Oh, questo sì che cambia le cose: dormirò più tranquilla, allora
> Lo
sguardo dell'uomo aveva fatto capire che non era stata una bella battuta. <Sentiamo, su
quale caso starei indagando?>
<Su un caso che stasera l'ha portata a ripensare a quella notte.>
<Quale notte?>
<
del vicolo
>
Colpita e affondata.
<Ma
questo caso non ha niente a che fare con
con quello che mi è
successo...>
La fermezza di Dana cominciava a vacillare, e lui se ne era reso conto. Non avrebbe voluto
arrivare a ricordarle di quella notte, ma era stato costretto a farlo. <Ah no? E cosa
hanno fatto alla signora Mitchell?>
La signora Mitchell era la donna che era stata violentata e ammazza. <Può
essere
solo una coincidenza.>
<Vogliamo stare qui a discutere fino a domattina, o mi offre un caffè?>
<Desolata ma, come le ho detto, non mi fido di persone che non mi dicono niente di loro
ma sanno tutto di me. Sarà per un'altra volta.> Scully si era avviata verso la porta
che dava sulle scale.
<Comunque non sono totalmente uno sconosciuto
>
Si era bloccata. Voleva sentire l'ultima cavolata della sera, prima di andare via.
<Come?>
<Sì
noi ci siamo già visti
all'ospedale, dove era ricoverata Melissa. Ma
forse non si può ricordare dell'infermiere che ha cercato di curarla.>
L'ultima cavolata della sera non era stata proprio una di quelle divertenti. <Ora
basta! Non voglio sentire una parola di più, da lei.>
Scully lo aveva superato di qualche centimetro, quando si era sentita bloccare il braccio.
<Scully, volente o nolente io continuerò ad essere il tuo angelo custode, quindi cosa
preferisci? Darci una possibilità, o la prossima volta che tornerai in quel vicolo essere
con le spalle scoperte? Scegli tu.>
Non aveva avuto molte alternative. In altre situazioni non avrebbe accettato, ma quel
tizio sembrava dire la verità. Pochi minuti dopo, erano nella sua cucina a bere il
caffè.
<Bene
Sonny
se poi questo è il tuo nome
ti ho offerto il caffè, ma
adesso devi darmi una buona ragione perché io non chiami la polizia.>
<Semplice
sono un tuo collega.>
<Cioè? Sei dell'FBI?>
<Non ho detto questo
ma il fatto che lavoriamo al medesimo caso ci lega in
qualche maniera.>
E che maniera! Se ne sarebbero resi conto pochi giorni dopo.
<Credo di poterti dare una chance.>
<Grazie, ma sapevo di poter essere chiaro con te. È stato il modo migliore per
capirci.>
<E ora cosa dovrei fare?>
<Andare a dormire. È mezzanotte passata, almeno potrai riposare un po'.>
"Certo, come no
", aveva pensato Scully. Sicuramente Sonny aveva visto
qualcosa nella sua espressione, ma non le aveva chiesto spiegazioni.
<L'importante è che ora sei consapevole di non essere sola. Per il resto,
tranquilla
ehi
non senti odore di gas?>
Sonny si era alzato per controllare, andando alle spalle di Scully.
<No, ma che dici, non mi sembra che
> Si era voltata, ma di Sonny non c'era
l'ombra.
\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ /
Present Day
E quello era stato solo l'inizio. Ancora non riusciva a capire come aveva potuto credere
di essersi infatuata di un tipo del genere. Ormai gli aveva detto la verità, la sua
coscienza era quasi a posto. Non valeva la pena restare sveglia ad aspettare il suo
ritorno. Gli sarebbe passato: certe volte l'aria fresca faceva miracoli.
Si stese sul divano, fissando il cartone della pizza, l'unica cosa che non era andata
disrutta in quell'inizio di serata.
XOXOXOXOXOXOXO
3.28
Sonny aprì piano la porta, entrando nell'appartamento senza fare il minimo rumore. La
tranquillità rispecchiava alla perfezione l'orario. Il cartone della pizza e le bottiglie
di birra erano ancora sul tavolino. Non aveva ancora fatto due passi, che si accorse che
Scully stava dormendo sul divano, e si bloccò. Le si avvicinò da dietro, guardandola
dritta in faccia. Stava dormendo come un angelo, e sembrava che finalmente riuscisse a
dormire tranquillamente. Sonny si ricordò di quando lei si svegliava di soprassalto, nel
cuore della notte, a causa degli incubi che faceva. Avrebbe voluto fare qualcosa di più,
quella volta, per aiutarla. Un suo movimento lo fece indietreggiare, per evitare di
svegliarla. Un decimo di secondo dopo, Scully si alzò così di scatto, che a Sonny
sembrò scoppiargli il cuore. Rimase però immobile, in una parte scura, dietro di lei. A
quanto pare continuava ad avere incubi, e Sonny sperò che non fossero ancora sogni
riguardo alla notte dell'aggressione. Sapeva che una cosa del genere ti marchiava a vita,
ma se lei continuava ad avere incubi su quello era preoccupante.
Scully indugiò qualche secondo, poi andò in bagno. Sonny si avvicinò alla finestra
della cucina: pensò che la sua avventura con Scully in stato interessante iniziava
proprio bene
sperò di riuscire a trovare Mulder prima che le voglie iniziassero a
fare effetto.
Dana lo raggiunse poco dopo, e mentre stava versandosi dell'acqua, gli chiese: <La
passeggiata è servita a qualcosa?>
<No...>
<Mi dispiace.> Iniziò a bere dando le spalle, più per nascondere il viso che per
altro. Aveva pianto, e non voleva farsi vedere in quello stato.
<Voglio che tu sappia che non ce l'ho con te
Davvero.>
<Lo dici perché lo pensi, o perché non vuoi ferirmi?>
<Lo dico perché è la verità.>
L'ultimo momento di silenzio della giornata arrivò puntuale, ed era arrivato il momento
di mettere il punto sul discorso. <È tardi, vai a dormire.>
<Posso provarci, ma non ti prometto niente.>
Scully si allontanò nella stanza senza guardarlo in faccia. La notte avrebbe portato
consiglio, e soprattutto tranquillità
o così sperava
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
NOTA: Rieccomi! Dopo essere riuscita a finire la scuola con un po' di fatica e qualcosa di
rotto (non preciso cosa
) ho tutto il tempo per rimettermi a scrivere, e so che
qualcuno si sta disperando perché l'ho lasciato sospeso a mezz'aria con Incubus. Beh,
rieccoci qui. Una cosa: ovviamente le date sono inventate, visto che non so con precisione
quando sia scomparso Mulder
Siete pronti? Ricomincia l'incubo!
· Capitolo 3
Scully's apartment
Washington, D.C.
September, 8th 2000
7.29
Le coperte avvolgevano dolcemente Scully, facendola sentire come se si trovasse su una
nuvola. Peccato che il periodo che stava affrontando non era proprio paragonabile al
Paradiso. Tenne gli occhi chiusi ancora per poco tempo, cercando di fare dei suoni i suoi
occhi. Piccoli rumori provenivano dal salone, Sonny era già sveglio. Ripensò a quello
che era successo la sera prima: era stato un brutto colpo per lui. Gli aveva detto la
verità, ma questo non significava che era solo ed esclusivamente colpa sua: doveva capire
che le cose di quel genere si fanno sempre in due. (Non era un doppio senso
giuro
io non faccio mai doppi
sensi
.Phoebe_la_più_pura_e_casta_delle_Halliwell)
Sonny non aveva nulla che non andasse, tecnicamente. Era convinta che la sua vita passata
gli facesse più male di quanto mostrasse, e aveva imparato ad essere "duro" per
sopravvivere in quel mondo. Quando voleva, sapeva essere dolce, comprensivo e
protettivo
ma certe volte spuntava un lato del suo carattere completamente opposto, e
lei non sapeva come comportarsi.
Aprì gli occhi e si scoprì ad avere la mano sul ventre. La tempesta improvvisa di pochi
giorni prima aveva lasciato i segni, ed era sicura che presto sarebbe tornata
in
particolare quando il pancione sarebbe spuntato dai vestiti. Le bruciavano gli occhi,
così li richiuse immediatamente. Si ricordò del sogno che aveva fatto quella notte: non
era stato molto divertente, e probabilmente doveva anche aver pianto. O forse gli occhi le
bruciavano perché era rimasta sveglia fin quasi le 5 del mattino.
Il volto di Sonny spuntò dalla soglia della porta, e subito dopo entrò nella stanza con
passo felpato. Odiava disturbare qualcuno mentre dormiva, ma dovevano andare a lavorare.
<Dana?>, chiamò, facendo attenzione a non essere rude.
Lei aprì immediatamente gli occhi, e rimase a guardarlo per un po' in silenzio, mettendo
tutti i suoi pensieri nello sguardo e sperando che fosse in grado di decifrarlo.
<Buongiorno.>, rispose poi, con voce assonnata.
<Buongiorno a te.> Rimase fermo poco lontano dal letto a guardarla, mentre iniziava
a trafficare con la cravatta, l'unica cosa fuori posto del suo impeccabile completo in
perfetto stile "FBI". <Caffè?>
Dana inspirò brevemente, prima di rispondere: <No, grazie. Preferisco del latte.>
Si alzò e andò verso la finestra, con l'intento di aprirla. L'atmosfera non era nelle
migliori, e forse un po' di ossigeno avrebbe fatto bene.
<Come è andata la nottata?> le chiese.
Si girò d'istinto a guardarlo con un'espressione ombrosa. <Poteva andare meglio.>,
disse infine. Non aveva voglia di raccontargli quello che in fondo già sapeva. Lo piantò
in asso, dirigendosi verso la cucina, per la serie "Come siamo amichevoli
stamattina!". Sonny la lasciò sfilare al suo fianco senza dire niente: aggiungere
parole che non pensava era inutile. La raggiunse nella stanza, e si posizionò a guardare
fuori dalla finestra.
<Tu cosa prendi?> Si rimboccò le maniche per preparare la colazione, quello che i
dietologi ripetevano troppo spesso essere il pasto più importante delle giornata, ancora
più fondamentale per una donna "in stato interessante".
<Caffè, uova, bacon, succo d'arancia, e brioches
> Per la seconda volta si
girò a guardarlo, questa volta con un'espressione abbastanza incredula. <Sì?>,
chiese lui, calandosi perfettamente nella parte dello gnorri.
<Sembri tu quello incinta dei due, per quanto mangi
> Ritornò a fare quello
che stava facendo per evitare di guardarlo ancora. La tensione si poteva tagliare col
coltello, e non c'era alcun bisogno di affrontare anche il suo sguardo inquisitore.
<Ripeto, brucio molto
>
<Beato te
.> Prese il coraggio a quattro mani, e gli disse quello che stava
pensando pochi attimi prima, nel letto: <Comunque ricordati che le cose si fanno in
due.>
<Nel senso che vuoi una mano?>
"Ecco, ci risiamo", pensò Scully. Quando Sonny rispondeva con una domanda, tra
l'altro evasiva, poteva significare solo due cose: o faceva finta di non capire, o non
aveva capito veramente il riferimento di Scully. Di solito lei ripeteva il concetto in
un'altra maniera per far valere le sue idee. Questa volta però non stette al gioco, e
cercò di continuare il discorso incentrandolo sulla colazione, per evitare di far
prendere una brutta piega alla giornata. Se il buon giorno si vede dal mattino
.
<Direi di sì, devo essere in ufficio per le otto
anzi, dobbiamo
essere in
ufficio per le otto.>
<Non c'è problema. Anche se non so cucinare una pizza, posso preparare un'ottima
colazione.>
Era una battuta per ricordarle come si erano divertiti la sera prima? Ah-ah-ah, molto
divertente.
<Tu cosa mangi? Sono curioso di vedere di cosa deve nutrirsi una donna incinta.>
<Mi dispiace, ma per oggi devo rimandare lo spettacolo, prenderò solo del latte con
qualche biscotto.>, rispose con poca enfasi, mentre prendeva la scatola dei biscotti.
"Meglio controllare la data di scadenza, sono settimane che non mangio a casa".
Tutto in ordine, e la scatola prese posto sul tavolo, insieme al menù di Mister Brucio
Molto. Si sedette, cercando di smorzare il più possibile uno sbadiglio: certo che un
caffè sarebbe stato l'ideale, ma era meglio non stuzzicare il sistema nervoso finché era
in uno stato di torpore.
<Sei a riuscita a dormire un po'?> Scully lo fissò mentre masticava un biscotto,
sicuramente molto più dolce di lui, al momento. <Tempo fa mi chiedevo se per caso
facessi ancora brutti sogni
> Non terminò la frase, specificando l'argomento di
quei brutti sogni, anche perché lo stava osservando con uno sguardo che avrebbe fatto
appassire l'ultima e più coraggiosa rosa d'estate.
<Ma guarda
hai anche avuto il tempo e la volontà di pensare a me
> Il
cinismo quella mattina era in offerta.
Questo era un brutto colpo
un cosiddetto "colpo sotto la cintura", dritto
all'obbiettivo. <Beh, ho l'abitudine di pensare alle persone a cui tengo.>
Dana faticò molto per mandare giù il latte dalla parte giusta della trachea. Che razza
di risposta era? Sonny sapeva che il ricordo della conoscenza che aveva fatto con
l'allegra e leggermente molesta banda di amici di Gawain le aveva lasciato una ferita
profonda; quelle domandine erano del tutto fuori luogo. Del resto avevano fatto un
discorso al riguardo la sera prima, quando lei si era sentita male alla sola vista di un
innocuo vicolo. <Sì, faccio ancora quei sogni.>, replicò, dura come una pietra.
Sonny intuì che tra loro si stavano incuneando gli strascichi della sera prima, ed era
meglio andarci piano.
Il giorno precedente gli aveva confidato che voleva scordarsi di tutto quello che le
avevano fatto. Probabilmente faceva uno sforzo immane per non riportare alla mente quei
brutti ricordi, quando la sua vita era felice. Ma visto che la sua felicità era stata
rapita con Mulder, era naturale che dovesse ripensarci.
Scully sorseggiò il latte con la dovuta calma, ovviamente recitata. Il silenzio che a
volte si creava fra loro faceva invidia ad una ghiacciaia, in quanto a raffreddamento
dell'ambiente. Si alzò quasi di scatto, passando dal lavandino a depositare la tazza,
prima di dirigersi in bagno e dire: <E' meglio che vada. Tu fa' con calma, non credo
che ci sia qualche caso che ci aspetta già stamattina.>
<Grazie, ma cercherò di essere il più puntuale possibile. Non vorrei fare una brutta
impressione sul mio superiore già il primo giorno di lavoro.>
Fiato sprecato, e il rumore della porta del bagno che si chiudeva mentre lui ancora
parlava, ne era la prova.
Tra loro era sempre stato così, fin dagli inizi della loro amicizia. Ripensò a uno dei
loro litigi. C'era un'ampia gamma di scelta, ma quello era stato il più duro e anche
strano.
\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ /
Scully's apartment
Washington, D.C.
June, 1999
3.12
Scully si era appena svegliata da uno di quei divertenti sogni che rifaceva quasi ogni
notte, quando, come si suol dire, "una voce nel silenzio" aveva detto:
<Ancora incubi, vero? Ah, già, scusa
buongiorno
>
Si era girata solo per controllare che fosse davvero lui, ma se non lo fosse stato non
avrebbe fatto in tempo a prendere la pistola, con la stanchezza che aveva addosso.
<Dove hai aspettato il mio risveglio?> Lui era sparito qualche ora prima, per
evitare un dibattito che sarebbe stato inevitabile, dato il nervosismo che la riempiva
fino ai capelli.
<Lascia stare. L'importante è che ora tu sia più calma, ma voglio dirti una cosa: io
non scappo
mai.>
<No? E perché te ne sei andato?>
<Avevi bisogno di dormire. Posso chiederti un favore?>
<Sarebbe?>
<Considerami un amico.>
Finalmente si era messa a sedere sul divano e l'aveva guardato. <Ormai lo sei
altrimenti non saresti qui.>
<Sono qui perché lo sono.> (Ma quanto è difficile quando parla
era tanto
chiaro Matthew
=) Frecciatina! Phoebe_Adora_Matthew)
<C'è qualche altro favore che vuoi chiedermi?>
L'aveva guardata con uno sguardo malizioso, e si era sentita lievemente a disagio, tanto
che si era alzata ed era andata alla finestra. Si era sempre chiesta perché la seguiva
dovunque andasse, infatti era dietro di lei, alla finestra.
<Se c'è qualcosa che devi dirmi fa in fretta. Il tempo perché io sia lucida scade tra
due minuti.>
<Diamoci da fare, allora.>
<Sonny, ma
sono le tre del mattino! In altre situazioni ci sarei anche stata, ma
mi sono appena svegliata da un incubo che faccio ogni notte, quindi
>
<Primo: non intendevo ciò che hai immaginato. Secondo: liberati dai tuoi incubi.
Terzo: te lo ripeto, diamoci da fare.>
<Non puoi aspettare domattina?>, aveva domandato, sedendosi stancamente sul divano.
<Io sì e tu?>
<E allora perché vuoi assolutamente darti da fare ora?> Aveva ripensato alla prima
obiezione che Sonny aveva fatto, e aveva intuito che lui aveva pensato ad un doppio senso,
quando gli aveva detto che in altre situazioni "ci sarebbe stata". <Un
momento: è quello che ho capito io, giusto?>
<Dipende da cosa pensi che io intendessi.> Pretendere una risposta normale da Sonny
era chiedere troppo. <Comunque, come hai detto tu, possiamo aspettare fino a domani,
vero? O addirittura non parlarne affatto e non fare niente
e tu smetterai dalla sera
alla mattina di avere gli incubi.> Era stato impossibile non notare il tono sarcastico
dell'ultima frase.
<Avanti, sentiamo la tua teoria.>, aveva sospirato alla fine.
<Teoria? Bene
il mito di Lyg. Ti dice nulla?>
<No, non direi. Non a quest'ora almeno
>
<Non è questione di orario.>
<Chi è questo Lyg?>
<Mito del male opposto al bene. Yin e Yang in Cina, Dio e Satana nel Cristianesimo,
Sombra e Luz in Brasile.> (Non chiedetemi niente, qui l'esperto è Aracangelo, io non
so se sono giusti questi nomi. Phoebe_ignorante_in_materia)
Inevitabile lo sguardo interrogativo della "collega". <Arriva al punto.>
<Ora basta! Hai gli incubi? Tornatene a dormire, ma sappi che il modello
"principessa sul pisello" non ti si addice. Vuoi una mano? Interessatene!>
(E' bene precisare che il riferimento è all'ortaggio,
maliziosi
Phoebe_non_è_maliziosa
.. =)
.)
<Ehi! Ti vuoi calmare? Ti è mai venuta in mente l'idea che "arriva al punto"
può anche significare interesse?>
<Allora mi ripeto nuovamente! Interessati! E calmati tu, io sono calmissimo!>
<Se ti vuoi sfogare con qualcuno, va da un'altra parte!>
<Devi solo dirlo
una sola piccola parola
>
Scully lo aveva guardato. <Vattene.>, aveva aggiunto, quasi sottovoce. Si era poi
girata per dargli l'opportunità di sparire come al suo solito, e così era stato.
\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ /
Present Day
Mentre la porta d'ingresso si richiudeva alle spalle di Scully, pensò che almeno questa
volta non era lui a scappare.
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
FBI Headquarter
Washington, D.C.
8.21
Sonny posteggiò in uno degli spazi liberi nel parcheggio sotterraneo, già pieno di tante
macchine, anche queste tutte uguali, come lo erano tutti gli "accessori"
dell'FBI. L'eco dei suoi passi risuonava nella penombra, e nell'immenso atrio del palazzo
federale il suono era ancora più amplificato. Guardandosi in giro, notò che gli agenti
dell'FBI sembravano le persone meno emotive e meno sorridenti sulla faccia della terra.
Certo che anche gli agenti della CIA non sfiguravano, in merito. Il tratto da percorrere
per arrivare in ufficio non era molto lungo, grazie anche al fatto che il suddetto ufficio
era nel seminterrato. Si sentì un tantino osservato quando prese la via per il
"regno di Mulder".
Scully era seduta alla scrivania, e stava leggendo un fascicolo. Se era fortunato, quello
era un nuovo caso bello e pronto, a cui dedicarsi per evitare le discussioni. Si ricordò
di aver pensato che in quell'ufficio dovevano esserci più telecamere che in uno studio
televisivo, così fece finta di incontrarla per la prima volta. Forse avrebbe fatto bene
anche al loro rapporto.
<Buongiorno agente Scully.>
Dana alzò lo sguardo, modificato in quello di agente dell'FBI. Nessuna traccia del bel
discorso che avevano avuto qualche minuto prima.
<Buongiorno agente Barnett. È fortunato: c'è già un caso che ci aspetta a braccia
aperte, così potrà subito fare la prima esperienza negli X-Files.>
<Non vedo l'ora!>, rispose, improvvisamente entrato nella parte dell'agente che ha
appena conosciuto la sua partner ed è curioso di sapere cosa siano gli X-Files. <Cosa
abbiamo di bello?>, si sedette di fronte a lei.
<Di bello proprio niente. E' appena arrivato, passando prima per le mani di Skinner,
ovviamente. Il fatto è successo ieri sera, e la polizia si è subito messa in contatto
con noi federali.>
<Strano
di solito non adorano la nostra presenza
>
Scully lo squadrò impassibile, sebbene stesse pensando che era proprio bravo a recitare:
aveva risposto come se facesse veramente parte dell'FBI. <Il fatto è successo ieri
sera
>, ricominciò. "Mentre noi eravamo belli tranquilli nel nostro
appartamento a litigare", pensò, ma la sua espressione ne era la rappresentazione
perfetta.
Sonny si accorse che si era bloccata e lo stava fissando. <Che c'è?>, chiese,
avendo mancato la codifica dello sguardo della partner.
<La vittima si chiama Barbara Mafket, 25 anni. Viveva a Washington, e precisamente al
975 di Duine Street, ossia dove l'hanno ritrovata.>
<Mi lasci indovinare: tutto chiuso dall'interno.>
Le dava anche del "lei". Da apprezzare. <E invece no. Una finestra era
aperta, ma guarda caso non ci sono impronte. E' già tanto che l'assassino ci abbia
lasciato un indizio sul modo con cui è entrato.>
<Assassino? E' già stato catalogato come omicidio?> Scully non proferì parola:
prese il fascicolo e glielo buttò sulla scrivania, sbattendogli sul naso una fotografia
che definire orrenda significava usare un eufemismo. <Porca miseria!>
<Se quello non è un omicidio, allora io sono la regina Elisabetta I
.>
La fotografia ritraeva una ragazza distesa su un letto che presentava bruciature di quarto
grado dalla punta dei capelli fino ai piedi, letteralmente.
<A meno che lei non sia un sostenitore della teoria della "combustione
spontanea".>, riprese, dopo avergli lasciato un po' di tempo per riprendersi.
<Beh
non è detto. Perché non iniziamo lasciando spazio a tutte le
possibilità?>
<Certamente
a tutte le possibilità.>, ripetè lei, con un sorrisino un po'
ironico. <Compreso il semplice incidente domestico.>
<Già, ha "involontariamente" preso fuoco mentre dormiva.> Scherzò.
<Molto divertente
non ha notato niente, nella fotografia?> Sonny la guardò
meglio. Ma cercare un particolare senza sapere neanche cosa fosse era complicato.
<Nell'angolo inferiore sinistro del letto.>
Sonny strizzò gli occhi. Finalmente lo vide: <Questo coso minuscolo?>
<Quel "coso minuscolo" è una sigaretta. Dobbiamo includere nelle tante
possibilità che fosse accesa quando si è addormentata.>
<Magnifico! Io già non capisco perché fumano, figurarsi se vanno a letto con quella
schifezza accesa
>
<In effetti non è stata una mossa tanto intelligente, da parte della vittima
se
veramente è accaduto questo.>
<Mi domando allora chi può avere fatto una cosa simile a una ragazza
>
Il disgusto e l'odio verso il probabile assassino era quasi d'obbligo. Questa volta il
silenzio era causato dalle emozioni che la vista di quella foto aveva suscitato.
<E un'altra cosa.>, iniziò Scully, <Come fa una persona a prendere fuoco in un
letto mentre questo rimane intatto.>
<Bella domanda
purtroppo io sono poco incline a voli di fantasia; qui servirebbe
davvero l'agente Mulder
.> Scully fu incapace di rispondere. Il sentire il nome di
Mulder l'aveva momentaneamente messa fuori gioco. <Che ne dice se andiamo a vedere la
scena del presunto delitto dal vivo?>
<Sì
d'accordo.>
Il primo caso che Sonny si preparava ad affrontare non aveva l'aria di essere di facile
soluzione, e soprattutto non li avrebbe aiutati a ritrovare Mulder.
XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO
(Prima di continuare vorrei dire una cosa: In questa scena, tutti i particolari riguardo
alla ragazza, appartengono a una persona, una ragazza appunto, a cui io sono
particolarmente legata, e mia sorella Piper sa chi è. Mi sembrava giusto dedicare a
questa persona almeno una scena della mia ff, dato che lei mi ha insegnato tante cose
Phoebe_vuole_tanto_bene_a_questa_persona.)
975 Duine Street
Washington, D.C.
9.07 (Oh! Ricominciamo con le date di nascita!! =9
Phoebe_idem_come_sopra)
Il 975 di Duine Strett era un palazzo che nell'insieme non diceva granché al visitatore.
Era solo uno dei tanti edifici di Washington, che ai più sbadati potevano sembrare tutti
uguali. L'atrio era un po' buio ma fresco, grazie all'azione isolante del legno che
ricopriva tutte le pareti. Certamente un atrio particolare, mai visto in tutta Washington.
Due piante abbastanza grandi occupavano gli angoli vicino alle buche delle lettere, la
prima cosa che Sonny andò a guardare.
<Hai detto che è successo ieri sera?>, chiese alla sua partner.
<Sì, perché?>
<La polizia non ha ancora frugato tra la posta.>
<Di certo non ci troveremo una confessione dell'assassino.>
<Una confessione forse no, ma
>, tirò fuori un coltellino e si diede da fare
per aprire la buca della posta di Barbara. <
potrebbe averci messo un indizio.>
Scully guardò prima Sonny e poi il mucchietto di posta nelle sue mani: <Sì, tra una
pubblicità e l'altra.> Evidentemente lei non era così portata a pensare che potessero
avere un colpo di fortuna.
Si diresse verso l'ascensore, seguita a ruota da Sonny, che aveva già iniziato a frugare
nella posta altrui.
<Ah, ma guarda! Sai che da Bloomingdale ci sono i saldi? Mi piacerebbe farci un
salto
>
<Se il nostro uomo
> Sonny si girò, per pregarla con lo sguardo di modificare
la sua frase, e non dare sempre la colpa agli uomini. <
o donna
lavora lì,
giuro che mi attiverò per la tua promozione.>
<Molto divertente, ma non ti libererai così facilmente di me.>
<Che peccato
> rispose, con un tono che sembrava così sinceramente afflitto,
che Sonny non capì se stesse scherzando o se era davvero quello che pensava. Forse la
seconda opzione era la più probabile, considerando i precedenti tra loro.
L'ascensore si fermò non molto delicatamente, e uscendo sul pianerottolo videro subito la
porta sbarrata dal nastrino giallo che recava la scritta "Crime Scene - Do not
cross."
<Certe volte penso che farebbero meglio a fabbricare strisce diverse per ogni
situazione.>, iniziò Sonny. Si accorse che Dana lo stava guardando con un'espressione
a dir poco interrogativa. <E scusa, qui non c'è niente da scavalcare. Semmai avrebbero
dovuto scrivere "Non aprire".>
Il suo umorismo stava iniziano ad urtare i nervi già poco saldi di Scully. L'appartamento
era il tipico monolocale che di solito apparteneva a chi frequentava l'università, e
questa teoria era supportata dalla fila di libri ordinatamente disposti su una scrivania
attaccata al muro del
"salone". Scully aveva visto centinaia, forse
migliaia, scene di un crimine, ma ogni volta che si trovava a perlustrare una casa, un
senso di malinconia le piombava addosso. Si bloccò sulla soglia, e da lì iniziò a
guardare in giro. L'ordine sembrava quasi maniacale, ma non troppo nauseante. La divisione
tra quella che doveva essere una cucina e il salone era stata ben congeniata: i colori
dell'una e dell'altra stanza erano armoniosi e coesistevano bene insieme. Una lavagnetta
affissa sul frigorifero con sopra una scritta "Pagare rata università" faceva
pensare che la povera ragazza doveva avere la testa sulle spalle. Molto probabilmente i
genitori erano orgogliosi di lei.
<Ehi? Qualcosa non va?>, le chiese, avendo notato la faccia abbattuta.
<Cosa?> Era tornata sulla terra. <No, tutto ok. Stavo solo pensando a una
cosa
>
<A cosa?>
<Doveva essere una ragazza molto responsabile.>
Sonny intuì subito cosa non andasse in Scully. Stava pensando se anche sua figlia o
figlio sarebbe stato così, se anche lei un giorno sarebbe stata fiera della sua creatura.
Scelse di non marcare l'argomento, col tempo ci avrebbe fatto l'abitudine. Per un po' il
suo sguardo cadde sul suo addome, e poi sulla sua espressione: adesso ricordava perché
invidiava le donne. Ritornò al lavoro, e prese a girare intorno al locale, fermandosi poi
vicino alla scrivania. Piegò la testa per leggere i titoli dei libri. <Diritto
Commerciale, Economia politica
Russo??> Si girò verso la partner, che a quanto
pare si era ripresa: stava fissando qualcosa che era sul tavolo. Seguì il suo sguardo, e
trovò la risposta alla domanda che si stava ponendo nella sua mente: il libretto
universitario. <Georgetown University, facoltà di Economia e Commercio. Non una cosa
da niente, insomma
> Scully si avvicinò un po', e si mise al suo fianco.
<Russo 1: 28, Diritto Commerciale: 30
.>
<I voti
>
<Sì
era quasi alla fine, a quanto pare
>
Dana si accorse solo allora delle foto che adornavano gli spazi vuoti della scrivania.
L'elemento in comune era una ragazza dai capelli neri con riflessi viola appena visibili,
ma molto gradevoli. Gli occhi neri e profondi sembravano brillare di una luce che lasciava
affascinati, e il sorriso
Scully sentì un colpo al cuore: quello splendido sorriso
non avrebbe più fatto parte di questa terra. Prese in mano la fotografia e la guardò
intensamente, come a voler scoprire tutto di Barbara. Ogni cosa faceva intuire che doveva
essere una ragazza sempre molto allegra. Sonny, al suo fianco, continuava a guardare sulla
scrivania. Era lì presente un rosa blu con un biglietto legato, in mezzo a quelli che
dovevano essere altri regali, tutti piccoli e non impegnativi. Sonny aprì il biglietto, e
immediatamente una risatina triste attirò l'attenzione della sua collega.
<Che c'è?>
<La chiamavano "biscottino"
> Scully sorrise, anche lei
malinconicamente. <Forse è per la carnagione. Vedi? E' leggermente scura
sì, in
effetti ricorda un biscotto al cioccolato.> riprese, guardando nuovamente la foto.
<O magari era una persona dolce.>, replicò lei, mentre guardava un mucchietto di
adorabili peluche ammassati su una poltrona.
Rimise la foto al suo posto ed entrò nella stanza dove si era consumato il crimine. Un
peluche di un coniglietto rosa era attaccato alla finestra che dava sulla strada.
<Era quella la finestra aperta?> chiese Sonny, seguendola.
<Sì, quella.> Si avvicinò alla finestra in questione per esaminarla. <Non hanno
trovato neanche un'impronta, oltre a quelle della vittima.>
<Se l'assassino non è entrato da lì, forse la vittima lo conosceva e l'ha fatto
entrare dalla porta. È l'unica possibilità che rimane.>
Il letto era rimasto intatto da quando l'avevano trovata. Evidentemente quando era
successo non stava dormendo: un quaderno era riverso vicino al cuscino. Scully non aveva
nessuna voglia di toccarlo: quella gita nella vita spezzata di una ragazza felice le stava
buttando il morale sotto i piedi. Lo fece Sonny, al suo posto, dopo essersi infilato i
guanti. Sfogliò qualche pagina, sempre accompagnato da un'espressione inebetita.
<Arguisco che siano appunti di Russo
stava studiando.> Lo chiuse. <La
sigaretta?>
<L'hanno presa come prova.> rispose, mentre si guardava intorno.
<Non c'è un granché da vedere
tranne che niente qui sembra bruciato, nemmeno le
lenzuola.>
<Probabile che l'abbiano uccisa altrove e poi riportata qui.>
<Un tizio che se ne va in giro con un cadavere in spalla, non passa inosservato!>
Scully aveva capito l'espressione di Sonny. Se quella teoria era giusta, qualcuno avrebbe
visto l'assassino girare quantomeno con un'enorme sacco al suo seguito. <Tra l'altro
non c'è neanche il portiere
o qualcosa che ci somigli. La polizia ha interrogato i
vicini?>
<Sì, nessuno ha sentito niente, tanto meno hanno visto qualcuno venire a fare visita a
Barbara.>
<Chi hanno interrogato, di preciso?> chiese ancora Sonny.
<Ehm
> Diede una rapida occhiata al fascicolo che aveva tra le mani.. <I due
vicini Maurice Kelly e
Sarah Fletcher.>
<Direi di andarci a fare due chiacchere.> propose.
<Sì, forse è meglio.>
I due agenti si avviarono verso l'uscita. "Questo sì che è un bel caso", si
disse Sonny; pensò che a Mulder sarebbe bastato sparare una della sue incredibili teorie
per risolvere l'enigma. Ma lui non era Mulder
XOXOXOXOXOXOXOXO
Washington County Morgue
Washington, D.C.
14.38
Scully stava iniziando seriamente ad odiare quel caso. Era nell'obitorio da circa un'ora,
dopo aver passato la mattinata ad interrogare gli amici di Barbara. Nessuno di loro aveva
un vaga idea di chi avesse potuto fare una cosa del genere alla ragazza. "Certo,
qualcuno non la vede di buon'occhio perché dava l'impressione di essere una persona forte
e decisa, che non guardava in faccia a nessuno, ma non credo che sarebbero arrivati a
questo", aveva detto uno di loro. Sia Dana che Sonny sapevano che anche dei più
temibili serial killer si era detto che erano sempre stati buoni e mansueti come
agnellini, quindi lui aveva ritenuto necessario andare a parlare con qualcuno dei
"nemici" di Barbara. Scully sperò che il suo amico non fosse saltato a
conclusioni affrettate. Dal canto suo, lei stava aspettando i risultati delle analisi,
prima di toccare il cadavere. Era seduta, e lo fissava immobile, abbastanza lontana dal
tavolo, come spaventata dalla sola idea di sfiorarlo. Il ricordo della fotografia, di
quanto fosse bella e solare, continuava ad apparirle davanti agli occhi.
Improvvisamente si accorse di una cosa. Si avvicinò lentamente, per osservare meglio:
aveva la mascella slogata, e leggermente aperta. Si infilò i guanti per iniziare
l'analisi della ferita, ma appena la toccò, la mascella si aprì ancora di più,
scoprendo la lingua e i tagli che c'erano su di essa. E cosa ancora più orrenda, i tagli
formavano due iniziali: A.D.
Un'infermiere entrò di colpo nella sala, mandandole il cuore in gola.
<Mi scusi, ci sono qui i genitori
>
<Cosa?? Chi li ha fatti venire?>, chiese allarmata.
<Sono venuti con un ispettore.> rispose, quasi preoccupato dall'improvvisa
aggressività della donna.
<Ti dispiace farlo venire qui?> chiese, togliendosi i guanti.
<Subito.> e sparì dalla vista. Si ripresentò qualche secondo dopo nel corridoio,
scortato da un giovane in giacca e cravatta, che si presentò come l'ispettore Crake.
Scully lo aggredì subito. <È impazzito per caso?>
<Credo che farebbe meglio ad abbassare il volume, dottoressa
>
<AGENTE
Scully.>
L'ispettore Crake si esibì in un'espressione allibita. <E' dell'FBI?>
<Sì. Come le è venuto in mente di far venire qui i genitori? Ha dato un'occhiata al
cadavere?>
<No, non ero sul luogo del delitto, e non sono neanche incaricato di seguire il caso.
Mi hanno solo detto di accompagnarli, questi poveretti rivogliono il corpo della figlia, e
non vogliono che ci sia l'autopsia.>
<Ma si tratta di un omicidio!>
<Ah sì? Cosa glielo fa credere?>
Avendone avuto abbastanza dell'impertinenza di quel giovane, lo prese per braccio e lo
portò fino al tavolo, per mostrargli la lingua.
<Ecco! Vede, adesso? Come me li spiega?>
<Oh cielo
> fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Scully approfittò del fatto che era rimasto di sasso per dirgli: <I genitori non
devono vedere il corpo della figlia, neanche se la minacciano di chiedere l'aiuto del
presidente, sono stata chiara?>
<Glielo spieghi lei, allora.> replicò, e uscì.
Avrebbe fatto volentieri a meno, di parlare con i genitori e affrontare il loro dolore, ma
ora che aveva visto quella ferita, era necessaria l'autopsia. Si accorse che l'infermiere
aveva assistito a tutta la scena, e avendo vagliato la possibilità di non riuscire a
smuovere i genitori dalla loro opinione, gli disse: <Fai qualche foto alla lingua. Ne
bastano un paio, ma la scritta deve essere visibile.> Si armò di tutto il suo
coraggio, e raggiunse i signori Mafket nella sala d'attesa. <Signori Mafket?> Non
erano soli: con loro c'era anche quella che doveva essere la sorella. Tese la mano.
<Sono l'agente Scully dell'FBI.>
<Cosa c'entra l'FBI?>, domandò immediatamente la madre, che ormai non aveva più
lacrime per piangere.
<La polizia ha chiesto il nostro aiuto. Le circostanze in cui è morta vostra figlia
sono piuttosto particolari e
adesso credo di essere in grado di dirvi che non è
stato un incidente
>
<Incidente?>
<
non vi avevano detto niente?>
<No
>
"Splendido
Probabilmente non sanno neanche in che stato è
", pensò.
Si distrasse qualche secondo quando si accorse della sorella. Era seduta su una sedia, non
diceva una parola e fissava il vuoto. Le lacrime le scendevano copiose, anche se
probabilmente si stava sforzando di non piangere. Sembrava che il dolore le stesse
lacerando il cuore. Dana sapeva come si doveva sentire: era stato lo stesso per lei,
quando era morta Melissa.
<Agente Scully?>
<Ehm
Barbara
è stata trovata nel suo letto, con ustioni estese a tutto il
corpo
probabilmente è stato questo a ucciderla
inizialmente si è pensato ad
un incidente, perché avevano trovato una sigaretta nel letto, ma
ho appena notato
una cosa che riconduce all'omicidio.>
<Che cosa?> chiese debolmente il padre, come se avesse aspettato tutto quel tempo
per raccogliere le forze e riuscire a dire qualcosa.
<
dei tagli che formano due iniziali.> I genitori stavano tenendo un
comportamento esemplare. Non si scomponevano più di tanto, sebbene lei sapesse che erano
distrutti. La sorella ci riusciva di meno: iniziò a piangere talmente forte che sembrava
dovesse soffocare. Fu subito consolata dalla madre.
<Lisa
> la chiamò, prendendola per un braccio e dirigendosi verso l'uscita.
Mentre si allontanavano, il padre chiese: <Come
come fate a essere sicuri che sia
lei, da cosa l'avete identificata?>
Scully non aveva prestato la minima attenzione alla domanda dell'uomo. Era impegnata a
cercare di sentire le parole della sorella, Lisa, che stava dicendo: <Lei non fumava!
Aveva persino paura del fuoco, non avrebbe mai iniziato a fumare!..> In quel momento
Sonny entrò, mentre guardava Lisa e la madre andare via. Dopo avere scambiato uno sguardo
con la collega, rimase in un angolo.
<Agente
>
Per la seconda volta si sottrasse dai suoi pensieri. <Mi scusi, può ripetere?>
<Chi l'ha riconosciuta?>
<Ah
ehm
> Mise una mano in tasca, e tirò fuori una collana d'oro, che
aveva per ciondolo una "B". <Era al suo collo.> Aveva cercato di pulirla
il più possibile dai pezzi di carne bruciata che erano rimasti attaccati: ora sembrava
quasi nuova. La tese verso il padre. <Signor Mafket, so che siete contrari
all'autopsia, ma se sua figlia è davvero stata uccisa, è necessario fare tutte le
analisi per prendere
chi le ha fatto del male.>
<Certo.>
La donna fu quasi sorpresa di esserci riuscita in così poco tempo; prese il modulo.
<Deve mettere una firma.> Lo osservò mentre faceva quello che gli era stato
ordinato come se fosse un automa. <Se
è così gentile da dirmi dove abita, le
farò sapere al più presto se ci sono novità.>
<Ehm
400 Rock Creek Road, a Kensington.>
<Grazie, è stato molto gentile.>
<Grazie a lei.>
L'uomo passò di fianco a Sonny, ma era troppo affogato nei suoi sentimenti da accorgersi
della sua presenza. Barnett seguì Scully nella sala autopsia.
<Grazie, puoi andare. Tieni questo.> disse lei all'infermiere, che era ancora
impegnato a fare il fotografo, consegnandogli il modulo.
Sonny aspettò che fosse uscito per dirle: <Sembri distrutta.>
<Non sai che significhi affrontare il dolore di una famiglia.>
<Sono arrivato in tempo per vedere la madre e la sorella andare via in lacrime. Erano
loro vero?>
<Sì
>
<Ho sentito che erano contrari all'autopsia
del resto, non è che ci sia molto da
scoprire
>
<Una cosa c'è. Guardale la lingua
>
<E' necessario??>
<Sì.> Si risedette sulla sedia di prima.
Non era riuscito a tirarle su il morale. Del resto era comprensibile: aveva appena
scoperto di essere incinta, ed ecco che doveva affrontare un caso in cui una bella e brava
ragazza era morta in un modo orribile. Inoltre, tanto per peggiorare la situazione, aveva
dovuto affrontare da sola il dolore dei genitori. <"A.D."? Potrei chiamarlo
un colpo di fortuna se a Washington ci fosse un solo individuo le cui iniziali sono
A.D
credi che siano dell'assassino?>
<Probabile. Se non lo sono, di certo è un suo messaggio.>
<Con l'alfabeto Morse sarebbe stato più facile.> La donna ritenne necessario
reggersi la testa per evitare che esplodesse. Le si sedette di fianco. <I risultati
sono arrivati?>
<No. Ma dovrebbero arrivare fra poco, non mi è stato possibile prelevare granché.
Anche se l'assassino si fosse lasciato dietro qualche fibra, è stato tutto bruciato.>
<Hai intenzione di aprirla?> Il modo in cui era stata posta la domanda era poco
signorile, ma almeno non aveva lasciato spazio ai fraintendimenti.
<No
> Non se la sentiva. Probabilmente non avrebbe scoperto niente, e voleva
lasciarla almeno un po' come volevano i genitori. <Allora, cosa hai scoperto?>
<Niente di particolarmente interessante. Ho parlato con tutte le persone che la sua
amica ci aveva indicato come "oppositori" di Barbara.>
<Cosa hai chiesto?>
<Ho chiesto com'era il loro rapporto con la ragazza. Mi hanno tutti risposto che
secondo il loro punto di vista non era una persona matura, ma oltre questo la
consideravano una brava ragazza.>
<Oltre questo
> ripeté sarcasticamente Scully.
Rimasero in silenzio a guardarsi, in attesa dei risultati. In attesa che i genitori di
Barbara potessero avere giustizia.
XOXOXOXOXOXOXO
Scully's apartment
Washington, D.C.
21.53
Scully e Sonny stavano consumando in silenzio la loro misera cena: nessuno dei due aveva
più molto appetito, dopo tutte le vicissitudini della giornata. L'autopsia aveva rubato
quasi tutto il pomeriggio: non volendola aprire, Scully aveva provveduto a fare un
minuzioso esame esterno, cercando di non lasciare niente al caso. Era arrivata alla triste
conclusione che la mascella le era stata slogata prima di morire. L'assassino non aveva
certo risparmiato, in quanto a brutalità. L'unica cosa positiva di quel caso era che le
discussioni tra lei e Sonny non avevano più avuto importanza, di fronte a tanto orrore.
<Allora, ricapitoliamo la situazione
ci sono un paio di punti che non
quadrano.> iniziò lui, tra un morso e un altro. <A quanto pare Barbara non ha mai
fumato e non l'avrebbe mai fatto. Infatti in casa sua non ho visto un solo posacenere.
Secondo: niente nell'appartamento è bruciato, il che lascia supporre che forse è stata
portata lì dopo la morte. Ma se questo fosse vero, qualcuno dovrebbe aver visto
l'assassino.> Scully sembrava non ascoltarlo minimente. Continuava a mangiare fissando
il piatto o qualunque cosa che non fosse la faccia di Sonny. Lui fece finta di non
accorgersene, e continuò il suo discorso. <Terzo: quelle iniziali sulla lingua.
Potrebbe essere il nome dell'assassino o la sigla di qualcosa. Se sono le sue iniziali, il
nostro uomo è stato molto furbo, oltre che maledettamente divertente: potrebbe essere
chiunque. Per quanto riguarda la sigla
anche qui ci sono molte possibilità. La
prima che mi viene in mente è Anno Domini, "Anno del Signore".> La sua
"interlocutrice" interruppe quello che stava facendo per rivolgergli uno sguardo
che lui capì al volo. <Sì, effettivamente non c'entra niente, ma era solo un
esempio.>, rispose con un sorrisino divertito. Al contrario, l'amica non si stava
divertendo affatto. Continuò a scrutarla, finché lei non se ne accorse, e solo allora
rispose alla domanda che le aveva fatto mentalmente.
<I funerali sono domani, i genitori hanno insistito per farli subito. Ho telefonato per
dirgli che il corpo era a loro disposizione, e mi hanno risposto che la cerimonia sarà
domani pomeriggio alle sei.>
<Ci vuoi andare?>
<Sì, mi piacerebbe.> Il tono di voce era sembrato, a Sonny, molto rattristato, come
se Barbara fosse una sua conoscente. Probabilmente il problema era la sua gravidanza, ma
decise di non parlargliene. Quando lei si alzò per iniziare a sparecchiare, si accorse
che la vedeva molto cambiata. Non sapeva spiegarlo: probabilmente sua sorella Melissa
avrebbe detto che era cambiata la sua aura. Forse era così: era cambiata nello spirito.
<Perché non vai a dormire, qui finisco io.> le propose, alzandosi.
<No, non preoccuparti
>
<Insisto.>
Dovette per forza accettare, quando gli prese dalle mani i piatti. <E va bene
allora
buonanotte.>
<Buonanotte. Se hai bisogno di qualcosa, anche nel cuore della notte, svegliami.>
<Sì, certo.> rise lei.
Mentre si spogliava, pensò che a Sonny avrebbe fatto bene essere padre. Sicuramente avere
un figlio l'avrebbe reso un po' più malleabile, e forse avrebbe lasciato il suo lavoro,
qualunque fosse. Si sentiva un po' strana quella sera e anche
come osservata. Si
girò d'istinto verso la finestra, ma l'unica cosa che la stava osservando era la luna. Ne
mancava un pezzo, ma non per questo era meno luminosa
. al contrario di Dana.
XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO
FBI Headquarter
Washington, D.C.
September, 9th 2000
10.33
Quella mattina Scully si era alzata col presentimento che la giornata sarebbe stata anche
peggiore della precedente, se era possibile. Stava controllando e ricontrollando i
risultati dell'autopsia, alla ricerca di un particolare che a degli occhi stanchi poteva
sembrare insignificante. Barbara non era morta per le ustioni
o meglio
era
morta anche per le ustioni: erano state il colpo di grazia. L'unica cosa certa era che la
mascella le era stata slogata prima che morisse. Forse aveva lottato con l'assassino, che
in seguito aveva bruciato il corpo per nascondere qualche indizio che l'avrebbe
inchiodato. Ma dove l'aveva bruciato? I vicini avevano detto che era tornata a casa verso
le sei, e non era più uscita. La prova che era rimasta a casa era lo stereo: un vicino
l'aveva sentito.
"Lo stereo
" ripensò Scully. Perché il quaderno con gli appunti di Russo
era sul letto? Non era consigliabile studiare ascoltando musica.
Quando Sonny entrò nell'ufficio, Dana aveva ancora un'espressione sospettosa, tanto che
le chiese subito: <Che hai trovato?> chiese senza sedersi.
Ritornò di colpo con i piedi per terra, quasi spaventata. <Ah, ciao. Niente, c'è una
cosa che non mi convince.>
<Sarebbe?>
<Un vicino ha detto di essere certo che Barbara non fosse uscita, perché ha sentito lo
stereo finché non è arrivata la polizia. Sul letto c'era un quaderno di Russo, ed
entrambi abbiamo pensato che stesse studiando
>
<Ma forse non è così
> concluse al suo posto. Si scambiarono un'occhiata.
<Una controllatina non ci farà male
> disse, mentre lei annuiva. Sonny pensò
che forse era meglio che lei evitasse di entrare di nuovo in quell'appartamento. <Tu
resta qui, vado a prenderlo io e lo porto alla scientifica.> e sparì prima che Scully
potesse obbiettare.
XOXOXOXOXOXOXOXO
Cedar Hill Cemetery
Washington, D.C.
18.28
Sonny scese dalla macchina, lanciando un'occhiata al cielo plumbeo, che non faceva
presagire niente di buono. Era curioso che ogni volta, durante un funerale, piovesse. Non
era riuscito a tornare dalla scientifica in tempo: l'aveva chiamata dicendole che c'era
qualcosa di interessante che meritava un esame accurato, e che l'avrebbe raggiunta al
funerale. Si avvicinò alla piccola folla radunata intorno alla bara, domandandosi perché
il terreno argilloso del cimitero manifestasse una spiccata predilezione per le sue
scarpe. Sorpassando numerose tombe, riflettè, con un tocco di cinismo, sul fatto che i
cimiteri, situati quasi sempre in luoghi difficilmente raggiungibili, offrono ai vivi
un'ottima scusa per trascurare la memoria dei morti. Si affiancò a Scully così
silenziosamente che quasi la spaventò. Prestò poca attenzione alle parole del prete,
mentre, come ormai l'abitudine gli diceva, guardò uno per uno tutti gli invitati. La
sorella di Barbara, Lisa, non riusciva a smettere di piangere, e si girò preoccupato a
guardare come stesse reagendo Scully di fronte a quello spettacolo. Ad altri poteva
sembrare impassibile, ma lui sapeva che dentro di lei si stava scatenando una tempesta di
emozioni. La cerimonia finì, e il prete si allontanò dopo essere passato dai signori
Mafket. I partecipanti passarono uno ad uno davanti alla tomba a dare l'ultimo saluto a
Barbara e ai suoi genitori, e piano piano iniziarono a sfollare, scambiandosi in silenzio
una serie di luoghi comuni sul trapassato. Venne il loro turno, e Sonny si incamminò,
mettendo una mano sulla schiena di Scully, quasi a farle sapere che lui era lì con lei.
Improvvisamente Dana si bloccò, e Sonny si sentì mancare il terreno sotto i piedi quando
notò che lei si stava tenendo l'addome. Pensò al peggio, ma si sottrasse dalla compagnia
del suo subconscio e le disse: <Scully! Tutto bene?>
Rimase un secondo in silenzio, quasi a voler sentire com'era la situazione, poi rispose:
<Sì
sì, sto bene.>
<Sicura?>
<Sì, ho solo
ho solo avuto un piccolo spasmo, niente di preoccupante.> Quando
ormai si stavano rilassando, sentirono uno strano rumore provenire da poco lontano.
Voltandosi, videro Lisa a terra e i genitori intorno a lei che stavano iniziando a
disperarsi. <Sonny!> Corsero ad aiutarli. Mentre si piegava su di lei, pensò a come
dovevano sentirsi i signori Mafket, vedendo l'unica figlia che gli era rimasta svenire
davanti ai loro occhi e un medico legale soccorrerla. <Chiama un'ambulanza, ha avuto un
infarto.> disse al suo collega.
<Oh mio Dio.> disse quasi di riflesso la signora Mafket.
I due agenti dell'FBI si scambiarono un'occhiata affranta, prima che lui prendesse il
cellulare. <Sono l'agente Barnett dell'FBI
.>
I partecipanti erano rimasti lì, aspettando di sapere come stavano le cose. Solo uno di
loro, anonimamente vestito di nero dalla testa ai piedi, si allontanò non visto.
XOXOXOXOXOXOOXOX
St.Elizabeth Hospital
Washington, D.C.
19.42
Scully entrò nella sala d'attesa, accolta immediatamente dai signori Mafket, che le
andarono incontro con un'espressione di attesa sui loro volti. Era stata sempre con Lisa,
fin da quando aveva avuto quel malore. Si avvicinò ai genitori, aspettando di sentire
qualche frase uscire dalle loro bocche. Ma evidentemente erano talmente scossi che forse
stavano iniziando a perdere l'uso della parola.
<Lisa ha avuto un infarto. Fortunatamente l'hanno soccorsa in tempo, e adesso sta bene;
ha solo bisogno di un po' di giorni di riposo. Il dottore vi sta aspettando.>
<Grazie di tutto.> le dissero, quasi all'unisono.
Li seguì con lo sguardo fino a che non li vide entrare nella stanza di Lisa. La figura di
Sonny comparì dal fondo del corridoio con due bicchieri in mano.
<Grazie.> gli disse, prendendo il bicchiere.
<Come sta Lisa?>
<Abbastanza bene. L'hanno presa per i capelli.> Scosse la testa, quasi incredula di
fronte a tutto quello che stava succedendo. <E vuoi sapere l'ultima? Due giorni fa è
stato il compleanno di Barbara.>
<I genitori mi hanno detto che Lisa era molto legata alla sorella. Le voleva quasi più
bene di sua madre, è stato un brutto colpo per lei.>
<Già.>
<Deve essere duro, a diciassette anni, perdere una sorella a cui sei profondamente
legata. Tu la capisci più di chiunque altro
> disse. <Come stai?> le chiese
ancora, riferendosi al suo piccolo malore.
<Bene. Meglio di lei, sicuramente.>
<Mi hai fatto prendere un colpo. Sei sicura che sia una cosa passeggera?>
<Non preoccuparti, se dovesse ripetersi farò un controllo, ma non penso che ce ne
sarà bisogno. Forse è stato il funerale.> Sonny annuì. Fu un passo falso, perché da
quel semplice silenzio e guardandolo bene in faccia, Scully si accorse che le stava
nascondendo qualcosa. <Che c'è?>
<Con tutto questo trambusto non ti ho ancora detto i risultati delle analisi sul
quaderno di Barbara.>
<Al telefono mi hai detto che è una cosa molto importante.>
<Sì, beh
tra le ultime pagine avevo notato una frase scritta in modo leggermente
diverso dalle altre. Si è rivelata essere una frase scritta dall'assassino
rivolta
a te
>
<Come scusa??> chiese, riuscendo incredibilmente a tenere basso il volume. <Cosa
c'è scritto?>
<C'è scritto che tu dovresti sapere cosa significa "A.D."
>
<Ed era scritto in Russo?>
<Sì. Ho fatto controllare le due scritture presenti sul quaderno, e solo l'ultima
frase era diversa. Abbiamo cercato un'impronta in lungo e in largo, ma non ce
n'erano
oltre a quelle di Barbara, ovviamente
> Era come se Scully fosse
appena andata a sbattere contro un muro di cemento. <Sicura che "A.D." non ti
ricordi niente?>
<Assolutamente
> rispose.
Inevitabilmente il cervello di Scully iniziò a pensare e ripensare a quelle iniziali.
<Credo che tu sia in pericolo.> disse Sonny. E un altro mattone cadde su Scully.
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19.54
Ci vollero un paio di secondi, prima che Scully capisse veramente quello che Sonny le
aveva appena detto. <Cosa diavolo significa??> chiese, questa volta a un volume
decisamente più alto. Si rifiutava di credere a una cosa del genere, e il suo stato
interessante le metteva addosso ancora più agitazione del necessario.
Sonny la prese per il braccio e la portò sulle scale, per evitare a dottori e infermieri
il piacere di assistere a uno dei loro discorsi.
<Senti, non c'è bisogno di essere un esperto in profili psicologici per capirlo. Se
quella frase è stata scritta veramente dall'assassino, vuol dire che sapeva che l'avresti
trovata. Di conseguenza sa che sei dell'FBI
e chissà cos'altro sa sul tuo
conto.>
<Ma non sappiamo come agisce! Non sappiamo neanche come ha ucciso Barbara!>
<Per questo dobbiamo stare attenti. Non sappiamo da dove verrà il pericolo.>
Scully si calmò, soprattutto per il bene del suo bambino. Non sarebbe stato piacevole
crescere un bambino nevrastenico.
<Ormai è chiaro che la chiave di tutto sono quelle due iniziali. Sarà difficile, ma
dovrai sforzarti per capire cosa significano.>
<Ci proverò.>
Sonny la guardò. Sembrava sciogliersi dalla stanchezza: era a pezzi, in tutti i sensi.
<Andiamo a casa. Ora come ora, l'unica cosa che possiamo fare è riposarci. Magari
domani mattina ci verrà in mente qualcosa.>
Uscirono dalle scale e si diressero verso l'ascensore. Quel caso sembrava diventare più
difficile ogni giorno che passava. Scully era convinta che se ci fosse stato Mulder,
avrebbe capito subito qual era la soluzione. Ma lei non era Mulder, nonostante si
sforzasse.
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Scully's apartment
Washington, D.C.
September, 10th 2000
4.44
L'oscurità e il silenzio erano padrone dell'appartamento. Scully era andata a letto con
tanta stanchezza addosso, che era riuscita ad addormentarsi quasi subito, e non si era
più svegliata. Finalmente avrebbe potuto svegliarsi un po' più riposata del solito,
anche se sognare il corpo di Barbara nella bara, non era il massimo. Come le classiche
"ultime parole famose", il telefono si mise a squillare con un tono che sembrava
ancora più acuto di quanto non fosse solitamente. Da brava agente dell'FBI, e da bravo
medico legale, abituata ad essere svegliata a quell'ora del mattino, scattò in piedi al
primo squillo
per modo di dire
ancora un po' assonnata, cercò a tastoni il
cordless sul comodino. Mentre stava per rispondere, si materializzò sul suo volto
un'espressione che fortunatamente rimase lì invece di diventare parole, perché
altrimenti avrebbe detto al suo, ancora sconosciuto, interlocutore "Chi cavolo è che
spacca le scatole a quest'ora del mattino?? Speriamo che gli scoppi una ruota in curva a
'sto disgraziato! Speriamo che si trasformi in un gufo e che la razza si estingua subito
dopo!" (Questo è un omaggio a Ezio Greggio e al suo film "Il silenzio dei
prosciutti" Phoebe_adora_quel_film).
<Pronto?>, chiese alla fine.
<Agente Scully, mi scusi se la disturbo a quest'ora ma è
>
Scully lo bloccò, avendo quasi riconosciuto la voce, ma volle la conferma. <Chi
parla?>
<Sono l'ispettore Crake.> Come volevasi dimostrare. Non smentiva la sua fama di
rompiscatole. <C'è stato un altro omicidio.> Scully non seppe trattenere un respiro
un po' più marcato. <Flockhart Road, all'altezza del bar. Comunque ci sono alcune
macchine della polizia, ci vedrà subito.>
"Ci??" pensò Scully. E lui che diavolo faceva lì, se non era assegnato al
caso? <Noi cosa c'entriamo?>
<E' meglio che lo venga a vedere con i suoi occhi.>
<Arriviamo.>
Scully ripose la cornetta e si alzò immediatamente dal letto. Doveva svegliare Sonny, e
sperò che questo non l'avrebbe reso ancora più nevrastenico di quanto fosse già. Quando
entrò nel salone si bloccò di colpo: per quella volta era stata risparmiata, visto che
Sonny non c'era. Inevitabilmente la testa tornò a quella mattina
anche quella
mattina era sparito nel nulla: evidentemente era il suo sport preferito.
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Scully's apartment
Washington, D.C.
June, 1999
8.03
Scully stava dormendo tranquillamente nel suo letto. Il caso era finito, e lei e Sonny
avevano "colto la palla al balzo"
farlo durante l'indagine forse avrebbe
reso le cose più difficili. Ma quell'uomo aveva qualcosa di strano che attirava a sé
tutte le donne. Come si suol dire, la disgrazie non vengono mai da sole: una buona spinta
a far decidere Scully era stato il fatto che lei e Mulder avevano litigato, e il caso era
stato assegnato solo a lei. (Gli X-Files erano ancora chiusi nel mio racconto.)
Scully si era girata tra le coperte, buttando una mano verso Sonny, ma il posto era vuoto.
Aveva subito avuto un momento di paura, ma la speranza era l'ultima a morire, così aveva
pensato che forse si era alzato. Prima di fare il passo, ci aveva ripensato diecimila
volte, ma quando si era trovata di fronte a lui, la sera prima, era stato difficile
resistergli
anche perché lui aveva continuato a dire frasi dolci per tutta la
sera
ed era stato dolce anche la notte (oh Santo Cielo
non ce la faccio
Mi
sto distruggendo il cuore
.non posso continuare
Ufff
.E va
bene
Bleah
Phoebe_muore_al_ricordo). Dopo aver aperto gli occhi, era bastato
uno sguardo in giro per rendersi conto che se ne era andato: aveva preso tutte le cose.
Sul letto aveva lasciato una rosa e un biglietto:
"Non sono mai stato bravo a dire addio
E con gli arrivederci
è ancora peggio. Perché
spero che questo sia un arrivederci. Non cambiare Dana, mai. Per niente
e per nessuno.
Ogni petalo è un ricordo che ti lascio.
Sonny
P.S. - Chi ti definisce Regina di Ghiaccio non ha mai avuto il piacere
di conoscerti."
Era rimasta scossa, ma sul suo viso non c'era stata neanche la traccia di un sorriso, dato
che stava per piangere. Mentre stava iniziando a pensare di aver fatto lo sbaglio più
grande della sua vita, aveva notato una figura sul tetto del palazzo laterale al suo. Era
Sonny che, vestito di nero da capo a piedi, la stava guardando. Quello che Scully non
aveva mai saputo, era che quando si era girato per andarsene, una lacrima era uscita da
sotto gli occhiali, anche questi scuri. Si era vestita con le prime cose che aveva
trovato, e si era precipitata sul quel terrazzo, ma lui era già sparito. A quel punto, le
emozioni non potevano più essere fermate, e aveva iniziato a piangere amaramente in
ginocchio, le lacrime che bagnavano quel biglietto
(Bene, adesso sapete cos'è successo la mattina dopo
siete contenti, adesso??
Phoebe_si_odia_x_l'errore_che_ha_fatto)
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Present Day
Ricordare era stato come mettere del sale su una ferita ancora aperta. Un nanosecondo più
tardi, Scully si accorse che qualcuno stava entrando dalla finestra. Non c'era bisogno di
allarmarsi, sapeva benissimo chi era: Sonny era il Re del Tempismo Perfetto.
<Da dove stai venendo?>
<Da una passeggiata notturna per le strade di Washington. E tu?>
<Io sto venendo dal letto. Per caso le "strade" di Washington sono in
particolare quelle che circondano la mia casa?>
<Devo dire che appena sveglia le tue capacità sono potenziate, non me lo
aspettavo
> Entrò con un'agilità degna di lui, anche se le spalle ci passavano a
stento, attraverso la finestra.
<Neanche io lo sapevo, pensa tu
> Scully aveva indovinato come mai Sonny era
sparito. <Sonny
se invece di dormire, vai in giro per Washington perché vuoi
proteggermi, potresti perdere la lucidità.>
<Non devo proteggere solo te
> Ennesima frecciatina alla sua gravidanza. E
ancora una volta, l'aveva zittita. <Scherzi a parte, cos'è successo? Il mio fiuto
mattiniero mi dice che è successo qualcosa.>
<Infatti. Mi ha appena chiamato l'ispettore Crake, ha detto che c'è stato un omicidio
che ci riguarda a Flockhart Road, all'altezza del bar.>
Sonny entrò in modalità "FBI" appena senti le parole "omicidio che ci
riguarda". L'assassinio di Barbara Mafket aveva lasciato scosso anche lui, che
ovviamente non lo dava a vedere. Almeno lui doveva sembrare forte.
<Muoviamoci.>
"Sembra quasi vero", pensò Scully. Quello era uno dei pregi di Sonny: quando si
trattava di omicidi, si dava da fare per far pagare il colpevole. Se mai l'avessero
preso
(Per la cronaca, il nome della strada, Flockhart, è preso dal cognome dell'attrice che
interpreta Ally McBeal. E' una grande. Phoebe_si_diverte_con_Ally_McBeal)
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Flockhart Road
5.10
Riuscire ad arrivare in Flockhart Road in meno di mezz'ora era quasi un miracolo. Nessuno
poteva dire niente sulle doti da pilota di Sonny, anche se l'orario giocava una buona
parte. Mentre si stavano avvicinando, iniziarono a discutere sulla presenza di Crake sul
luogo del delitto.
<E non ti ha detto come mai anche lui è qui? Sbaglio o ti aveva detto che non è
assegnato al caso?> chiese Sonny.
<Infatti. Spero solo che non abbia chiesto lui di entrare a gara iniziata, dopo aver
visto il corpo di Barbara.>
<O magari vuole renderti la vita difficile, visto come l'hai trattato.>
<Non iniziare a dubitare di chiunque mi circondi, adesso
e comunque se lo
meritava.>
<Già
>
Parcheggiarono di fianco a un'ambulanza, che aveva le luci spente: non c'è fretta, quando
si trasporta un morto. Due macchine della polizia erano state messe a protezione del
corpo, e tutt'intorno, degli agenti erano impegnati ad evitare che le prostitute si
avvicinassero al corpo della loro amica.
<Continuo a chiedermi perché siamo qui
>
<Lo sapremo presto
nel frattempo cerca di prestare più attenzione
all'omicidio
> scherzò Scully.
Un corpo nascosto da un lenzuolo bianco giaceva sullo sbocco di una stradina più piccola
sulla principale. Scully non vedeva nessun'altro, a parte la polizia. Se Crake non aveva
chiamato un altro medico legale, voleva dire che quello era proprio un morto che
apparteneva a loro, e la donna stava iniziando a capire il perché.
<Agenti.> salutò Crake.
<E' un piacere rivederla! Che ci fa qui? Ci sono per caso i genitori della vittima che
vogliono vedere il corpo?>, si divertì Scully.
Quella battuta sembrò gradita all'umorismo di Crake, che fece una risatina divertita, e
cominciò a parlare sempre con un sorriso sulle labbra. <No
ero di turno, mi
hanno avvisato che c'era stato un omicidio e hanno mandato me. Ma ancora non sapevamo che,
a dire il vero, quest'omicidio appartiene a voi. E ve lo cedo molto volentieri.>
<Perché è nostro?> chiese Scully, impaziente di sapere se i suoi salti logici
funzionavano anche a quell'ora.
<Venite, vi faccio vedere.>
L'ispettore fece loro strada fino al cadavere, e si inginocchiò, scoprendolo fino
all'addome. Scritte col sangue della vittima, le iniziali "A.D." furono la
conferma di quello che aveva pensato Scully poco prima.
XOXOXOXOXOXOXOXOXO
Continua
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