Autori: Phoebe, in collaborazione con Arcangelo
E-Mail: Phoebe_Katherine@hotmail.com

Ratings: PG-13, ANGST, UST (dato che Mulder non c'è....purtroppo....), e direi che basti.....
Disclaimer: Purtroppo, Mulder e Scully non appartengono a me, bensì a David Duchovny, Gillian Anderson, la 20th Century Fox, la Ten Thirteen, e a quel mago di Chris Carter. Il personaggio di Sonny Barnett, liberamente ispirato dal fumetto Lazarus Ledd, è proprietà della Star Comics e di Ade Capone. Ogni riferimento a fatti o persone reali, vive o morte, è puramente casuale.


Istruzioni per l'uso: Eccoci qui. Per chi ha letto la mia prima fanfic, ricordate che io facevo spesso riferimento a un certo Sonny, e a una mia storia in cui avevano violentato Scully? Bene, eccovi accontentati. Volevo solo dire una cosa. Questa fanfic dovrebbe essere prevalentemente Shipper, ma dato che in un lontano passato Scully ha avuto una storia con questo tizio (più che una storia è stata solo una notte....), vorrei rassicurarvi: tra loro, ora come ora, non c'è niente se non amicizia. Quella notte è stata solo uno sbaglio, che ha contribuito a riavvicinare Mulder e Scully (ovviamente nelle mie storie), di conseguenza non siate cattivi nei commenti, e non interrompete la lettura solo per questo. Grazie.


Nota dell'autrice: Questo è il mio secondo racconto che pubblico. A dire il vero ho un po' paura a pubblicarlo, perché non vorrei che pensaste che io sia noromo e che non leggiate più le mie fic. In ogni caso, come si dice, incassa e riparti, quindi io pubblico. Se non dovesse andare bene....andrà bene lo stesso: contribuirà a "farmi la pelle", visto che sono stata molto appagata dal "successo" della mia prima fic. Volevo dire solo questo: leggete e ditemi sempre la verità. Un'altra cosa. Questa è la prima apparizione di Arcangelo come autore di una fanfic. Ora vi spiego. Lui è un accanito lettore del fumetto Lazarus Ledd, da cui è preso il personaggio di Sonny Barnett. Arcangelo cura i movimenti, i sentimenti e le parole di Sonny, quindi è come se questa fic fosse un vero episodio. I due personaggi principali non sono "gestiti" da una sola persona, ma da due, in modo da aprire ancora di più le porte che ci avvicinano alla realtà, e in modo che Scully e Sonny abbiano caratteri dettati da quello che DUE persone diverse sentono nello stesso momento.


Commenti: Prego prego, la mia casella è sempre aperta. Sia a commenti positivi, sia a commenti negativi.


Ringraziamenti: Sempre alla fine. È diventata una mia consuetudine. Ringrazio Pusher che mi ha fatto questa stupenda copertina. GRAZIE, e scusa se sono stata un tantino opprimente! E ringrazio Arcangelo per aver accettato di lavorare con me.


Spoiler: Questo racconto si svolge dopo i fatti avvenuti in Requiem e non tiene assolutamente conto di quelli che "dovrebbero" accadere nell'ottava serie. Di conseguenza niente "voi-sapete-chi", niente che appartiene al futuro. Qualcuno ha avuto qualche dubbio, quindi è meglio se chiarisco. "Lontano dagli occhi" è tra All things e Requiem; questa fic è dopo Requiem, lo stupro non avviene ora, è solo un ricordo, è successo molto tempo prima di "Lontano dagli occhi"…chiaro??


Summary: Dopo la scomparsa di Mulder, nella vita di Scully ritorna un uomo. Un uomo che un tempo ha avuto la stessa importanza che aveva Mulder per lei, ma che adesso riveste solo il ruolo di un amico, disposto a fare qualsiasi cosa pur di aiutarla a ritrovare Fox, in quello che è il momento più importante della sua vita. Ma dovranno vedersela con qualcuno che vuole rendere la loro vita un....
Incubo!
Distribuzione: Fate pure, ma siete sicuri che io sia pronta per affrontare il resto della rete??

Grazie fin da ora per aver scelto di leggere la mia fanfic. Che io riesca a divertire e ad appassionare tutti voi.
                                        Phoebe_Halliwell

Ci sono sogni che si fanno dormendo, e sogni che si fanno ad occhi aperti. Ho provato qui a scriverne alcuni dei miei: un grazie alla mia Luce, che mi ha sopportato, sorridendomi sempre. Spero che a voi piaccia leggerla come a me è piaciuto scriverla.
                                            Arcangelo


Incubus


·    Capitolo I

FBI Headquarter
Washington, D.C.
September, 7th 2000
9.09

Era la prima volta che Scully tornava nel loro ufficio, dopo che Mulder era scomparso. Era uscita dall'ospedale il giorno dopo aver saputo la....novità. Non aveva voluto fare altre analisi, ed era andata via con il consenso del dottore. Skinner aveva insistito perché si prendesse un giorno di ferie, ma a lei era sembrato che durasse un'eternità. Aveva provato a fare diverse cose per distrarsi, ma ovviamente il pensiero tornava sempre su Mulder. Così, quel giorno, era quasi felice di essere tornata al lavoro.... "quasi"....perché sapeva che anche l'ufficio era una trappola sentimentale. Si fermò un istante davanti alla porta, con gli occhi chiusi, per raccogliere le forze. Li aprì. Solo la vista della scritta "Fox Mulder" sopra la porta la mandò in tilt. Entrò cercando di cacciare indietro le lacrime, che prontamente le erano salite agli occhi, come se ci fosse un meccanismo che non le dava tregua. Quel meccanismo aveva funzionato fin troppo bene, il giorno precedente. Già....soprattutto perché, non appena aveva avuto l'occasione di restare sola, aveva iniziato a piangere come una fontana, e non aveva più smesso, se non quando si era accorta che era entrato qualcuno nel bagno delle signore, e che stava facendo finta di sciacquarsi le mani, evitando di sentire i suoi singhiozzi per non sembrare impertinente. Era uscita dal bagno, riacquistando un po' la vista, offuscata dalla presenza delle lacrime. Sebbene avesse fatto di tutto, non poteva togliere il rossore dagli occhi. Si era lavata le mani, senza guardare in faccia la signorina che le era di fianco, ma sapeva che sarebbe stata per tutto il tempo al centro della sua attenzione. Infatti, dopo pochi secondi, mentre lei si stava asciugando le mani e il viso, la signorina aveva detto:
<Si sente bene?>
Scully si era girata a guardarla come se le avesse chiesto se fosse omosessuale. Aveva risposto: <Ehm....sì, sì....tutto ok....> (Molto sicura di sè, devo dire..... Scusate se non ho scritto prima qualche commentino, ma questa fic è piuttosto triste, non mi va di scherzare....Phoebe_è_triste). Scully aveva gettato la carta nel cestino e si era avviata verso l'uscita del bagno. Prima che avesse potuto raggiungere la porta, la signorina le aveva detto ancora: <Sono già iniziate le nausee?>
Scully era diventata color cremisi, bloccandosi di colpo. Si era girata di nuovo verso la signorina, e dopo averla guardata, ancora con gli occhi rossi, le aveva risposto: <No....>
La signorina aveva acuistato un'espressione piuttosto strana. Evidentemente si chiedeva perché stesse piangendo, prima, nel bagno. Scully aveva colto al volo quel momento di silenzio, e per la seconda volta si era avviata verso la porta. Ma si era fermata ancora, girandosi di nuovo, e chiedendo, in modo dolce: <Si vede?> (No, ancora no, honey....Ma quando ti crescerà la pancia e dovrai inseguire un cattivo mi farò due risate....Phoebe_sta_cercando_di riprendersi)

<No...Non ancora...Io l'ho intuito. Noi donne ci accorgiamo prima degli uomini, di queste cose. Specialmente se abbiamo tre figli.> Aveva concluso, con un sorriso. Poi aveva aggiunto: <E' il primo?> (Ma perché non ti stai zitta?.....Ihihihihih =) Phoebe_l'ha_scritto_di_proposito)

Scully non aveva saputo cosa rispondere, quindi, dopo aver fatto un 'sì' pressoché impercettibile con la testa, era uscita quasi di corsa.

Scully si sedette dietro la scrivania, al 'suo' posto, e rimase per qualche minuto a guardare tutto l'ufficio. Non riusciva ancora a crederci: nel momento più importante della loro vita, Mulder era scomparso. Sparito nel nulla. Non aveva fatto il test del DNA, non si sentiva ancora pronta. Quando quella mattina era entrata nel Quartier Generale, si era sentita gli sguardi di mezza FBI addosso. Skinner ovviamente non poteva aver detto a qualcuno della gravidanza, su questo era sicura, ma ovviamente gli altri agenti avevano saputo di Mulder.

Un rumore dal telefono la avvisò che c'era una chiamata interna a cui rispondere:

<Scully.> Rispose, alzando la cornetta.

<Ehm...> Scully riconobbe la voce del vicedirettore. <Agente Scully, sono il vicedirettore Skinner....> Scully non rispose, anche perché aveva alzato gli occhi al cielo. <Può raggiungermi in ufficio? C'è una cosa di cui vorrei parlarle.>

Ultimamente Skinner le voleva parlare troppo spesso, per i suoi gusti. La voce le era sembrata tranquilla, quindi la cosa di cui doveva parlarle non era niente del tipo "L'abbiamo trovato: è morto.", "E' stato un errore, lei non è incinta." oppure "Le hanno fatto delle analisi di nascosto, il padre è l'Uomo che fuma." Di conseguenza, poteva accontentarlo.

<Certo. Arrivo subito>

Appena Kim, la segretaria di Skinner, la vide comparire sotto la porta, non le diede neanche il tempo di pensare a cosa dire. Aprì la porta e disse: <Vicedirettore, l'agente Scully è qui.> Poi le fece segno di entrare. Quando le passò di fianco, per tornare al suo posto, guardò Scully con pietà. Lei, non vista, la fulminò con lo sguardo. A nessuno era mai importato niente di loro, se erano vivi, se erano morti, mezzi vivi e mezzi morti, se si erano sposati, fidanzati, se avevano fatto l'amore sul pavimento dell'ufficio, e ora pretendevano che lei ringraziasse ogni volta che la guardavano in modo compassionevole. Era sicura che se avessero saputo che era incinta, non avrebbero potuto fare a meno di ridere della situazione, per loro divertente.

<Signore.> Disse avvicinandosi alla scrivania.

Skinner si alzò, in segno di rispetto. <Prego.> Si sedettero contemporaneamente. <Ho pensato molto a lei e agli X-Files...>

Scully pensò che, quando Skinner iniziava un discorso in quel modo, non era un buon segno, e che faceva ancora in tempo a simulare un attacco di nausea.

<Potrebbe avere bisogno d'aiuto in futuro, e anche se contiamo di ritrovare Mulder al più presto, è meglio premunirsi....>

Scully si sforzò di non fare il suo solito sguardo "vai-al-nocciolo-della-questione", ma fu subito accontentata.

<E' per questo che ho deciso di affiancarle un altro gente...>

Dana stava per rispondere "Ma che gentile! Grazie! Grazie davvero!", ma anche questa volta si bloccò in tempo.

<E' un ragazzo che è arrivato a Washington da poco più di quattro mesi, ma mi hanno detto da Quantico che un ottimo elemento come lui non lo vedevano da parecchi anni. Ha dato una mano in alcune indagini, e si è rivelato importante per la chiusura di alcuni casi.>

Scully stava per prendere sonno. Anche se 'il suo nuovo partner' fosse stato il migliore di tutta l'America, l'avrebbe sempre trattato in un certo modo: certamente non con champagne e palloncini. Skinner si accorse che la sua interlocutrice stava prestando attenzione a tutt'altro, e disse: <Ma è meglio non dilungarsi....> (Sia lode al cielo! Scusate, deviazione professionale…..Ogni tanto mi capita… Phoebe_fa_parte_del_coro_di_una_chiesa)

L'agente girò la testa verso destra, fermando il suo interesse sul quadro di Clinton, mentre Skinner diceva nell'interfono: <Kim, fallo entrare.>

La serratura scattò, e dopo che si fu richiusa, Skinner disse: <Agente Scully, le presento....>

Scully fece per voltarsi, ma prima che potesse farlo, una voce a lei familiare dichiarò: <Barnett...Sonny Barnett....>

Scully si bloccò, e in quel momento si ricordò com'era l'Antartide (Era una battuta....Antartide-freddo....L'avete capita? Phoebe_la_spiritosa). Si girò lentamente verso di lui, poi si alzò e, senza proferire una parola, gli tese la mano. L'agente Barnett gliela strinse, dicendo: <Piacere di conoscerla.>

<Il piacere è mio.> (Certo! Sonny, non vedi com'è allegra?....Phoebe_è_sempre_più_spiritosa)

<L'agente Barnett la affiancherà negli X-Files e ovviamente nella ricerca di Mulder....Ma ora forse è meglio se vi conosciate un po'...>

Non ce n'era bisogno. Scully e Sonny si conoscevano già, da circa un anno, ma non potevano farlo vedere a Skinner. (Non vi preoccupate, più in là nella storia scriverò anche come si sono conosciuti.....Non scalpitate! Phoebe_farà_tutto_ma_con_calma)

<Ci sono domande?> Chiese Skinner.

<No, signore.> Disse Scully.

<Una, signore.> Rispose invece Sonny.

<Quale sarebbe?>

<Volevo chiedere all'agente Scully di farmi vedere dov'è il suo ufficio.>

Scully lo guardò come per dire: "Ma che razza di domanda è?"

<Certo, ci andrete subito. Sarà anche il SUO ufficio, quindi.... Non perdete tempo, e mettetevi al lavoro.> Rispose Skinner.

<Grazie, signore.>

L'agente Barnett e Skinner si strinsero la mano, mentre Scully fece solo un cenno con la testa, in segno di saluto. Dopo di ciò uscirono e si diressero verso l'ascensore. Anche durante il tragitto Scully non disse una parola, e Sonny aspettava che iniziasse lei. Erano ormai entrati nell'ascensore, quando Scully diede segni di vita. Emise un sospiro, segno che non sapeva che dire. Stava guardando a terra, e dopo aver allargato la bocca in un sorrisino, disse: <Stringere la mano è meglio che ricevere una bottiglia nello stomaco?> Alzò lo sguardo, sempre sorridendo. (Fatemi indovinare: vi state chiedendo cosa significa il fatto della bottiglia nella stomaco, vero? State calmi, anche questo sarà spiegato più avanti...Phoebe_vi_tiene_sulle_spine?)

<Beh, indubbiamente..... "agente Scully"> Anche Sonny sorrise, ma era un misto tra un sorriso bastardo e uno ironico.

<Attento, o potrei ripensarci "agente Barnett".> Gli rispose, mentre schiacciava il pulsante per andare nel seminterrato.

Nel frattempo, Sonny distolse lo sguardo, e fece un altro sorriso, pensando a chissà cosa (Arcangelo, basta con questi sorrisini!!! Mi sto innervosendo! Phoebe_cerca_di_mantenersi_calma).

<A che stai pensando? Neanche arrivi e già sei misterioso...>

<Mi chiedevo come avresti preso il mio arrivo, e devo dire piuttosto bene.>

Scully non sapeva cosa rispondere. (Ammazza! Iniziamo presto con questi silenzi! Forza, coraggio e sangue freddo, che la fic è lunga....Phoebe_odia_i_silenzi_che_gelano_l'aria). Prese a guardare la luce che usciva dai pulsanti, uno per ogni piano.

<E tu a cosa stai pensando?>

Scully sospirò. (Basta anche con i sospiri, per favore.....che qua tra sospiri, silenzi e sorrisini stiamo messi male....Phoebe_non_ha_in_simpatia_l'abuso_di_sospiri.....) Poi disse: <A parecchie cose...>

<E poi sono io il misterioso.> (Posso essere rozza? Arcangelo, che palle! Se non voglio che lo dice è per creare una certa atmosfera!.....Va beh...Ho capito: ripiegamento tattico...Phoebe_la_rozza)

<Sono successe molte cose mentre tu eri via....> (Contento ora? Basta disturbare con i commenti! Guarda lassù quanti! Basta, su, facciamo le persone serie....Phoebe_la_seria.......Aahahahahah!!!)

<A chi lo dici!> Rispose, mostrando il distintivo.

<Beh, almeno il tuo umorismo non è cambiato, questo è un buon segno.....> O brutto.
Finalmente erano arrivati. Scully uscì dall'ascensore, seguita da Sonny, e si diresse verso la porta.
<Eccoci qui. Questo è....il nostro ufficio.>

Non si riusciva a capire se con quel "nostro" si rifersse a lei e Mulder o a lei e Sonny.

<Carino...Non ne avevo mai visto uno così "metropolitano"> (Ma quanto è spiritoso! Complimenti! Il fatto che il suo umorismo non è cambiato è decisamente una pessima notizia....Phoebe_giura_che_non_darà_più_fastidio)

<A me e a Mulder va bene, così nessuno ci disturba....in teoria..>

<Allora socia... su cosa lavoriamo?>

<Per adesso non è ancora arrivato niente d'interessante.....> Scully si sedette alla sua solita sedia, chiudendo un attimo gli occhi.

<Posso sedermi anch'io?>

Scully riaprì subito gli occhi, quasi spaventata. <Prego... Devi conoscere il tuo nuovo ufficio...Anche se questa volta spero che te ne dovrai andare il prima possibile.....> Rispose, poi iniziò a guardarsi in giro.

<Per il ciclo "evviva la sincerità">. Sonny prese posto sulla sedia di Mulder. (Che stai facendo?....Alzati.....Phoebe_ha_infranto_il_giuramento). <Spero che non ti dia fastidio.>

<Cosa?> Chiese, tornando ad occuparsi di lui. Sembrava sulle nuvole.

<Posso sedermi...alla "sua" sedia?>

<Fai pure....Allora, cosa hai fatto in questi mesi?> (Un momento, sento dei fischi.... Lo so che vi da fastidio che si sieda lì, e anche a me... Ma che faccio, lo aggredisco? Si conoscono
già. Capirei con JD, ma con Arkangelo è come camminare sul filo del rasoio. Una cosa sbagliata ed è peggio per me, quindi...state calmi...Phoebe_vuole_che_vi_calmiate)

<L'addestramento dell'FBI!>

<Mhm! Complimenti! In così poco tempo!> Sonny non rispose, e lei capì al volo. Erano poche le volte in cui lui restava zitto, ma la maggior parte di esse era perché lei aveva detto qualcosa di sbagliato... Questo comportamento, ovviamente, era sorto a partire dalla seconda volta che lui si era fatto vivo. (Questa è la terza volta...Phoebe_tiene_il_conto). Scully decise di rimediare. <Scusa.>

<Fa niente. Non ho avuto molti problemi.>

<Ci credo! Per uno che fa un lavoro come il tuo.... Anche se a dir la verità non so bene qual è...> Incredibile, ma era così: Sonny era comparso quasi un anno fa, presentandosi come uno che poteva aiutarla in quel momento terribile, ma aveva anche detto che non poteva dire per chi lavorava, né aveva dato altri indizi.

<Beh, però sai qual è il lavoro che faccio ora.>

<Direi che questo mi basta.>

Scully iniziò a girare intorno alla stanza, sistemando file e cose varie, ma era palese che fosse un tantino nervosa. (Non molto però! Phoebe_è_tornata_spiritosa)

<Avevo intenzione di chiederti se avevi voglia di un caffè... Ma forse è meglio che lo eviti...>

Scully si girò a guardarlo. <No, no... Possiamo andare... se proprio ci tieni...>

<E' solo un caffè ....>

<Lo so...Volevo dire....che...insomma...>

<Cosa?>

<Possiamo andare a prendere quel caffè.>

Scully aveva deciso che era meglio troncare e andare via da lì il prima possibile, così si era diretta verso l'uscita, seguita da Sonny con le mani in tasca.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

Mr. Moon Bar
Washington, D.C.
10.08

Scully e Barnett entrarono nel bar. Nonostante l'orario, il locale era abbastanza gremito, ma non così tanto da impedire il transito alle persone. Non era uno di quei bar che avevano un'atmosfera cupa, con solo delle luci soffuse ad illuminare il tavolo. La gente era intenta a bere i suo caffè e a parlare con l'interlocutore, tanto che quasi nessuno si accorse del passaggio di Scully e Sonny. Dana era avanti, e scelse lei il tavolo, situato nell'angolo più lontano, in modo da poter stare tranquilli. In fondo lui ancora non sapeva che era incinta, e lei contava di dirglielo in quel bar, badando a non farsi sentire da orecchie indiscrete. Scully non sapeva come fare. Quello che c'era stato tra loro era ormai lontano, ma le faceva comunque un certo effetto dargli la notizia. Da quando lui era tornato, la seconda volta, il loro rapporto si era incrinato, e anche in quel momento Scully sentiva che la loro amicizia non era più quella di un tempo. Si sedette.

Sonny capiva, dai suoi movimenti, che lei era nervosa, e che probabilmente c'era qualcosa che voleva dirgli, ma lui preferiva aspettare. Finalmente Scully ricominciò ad aprir bocca.

<Devo dedurre che tu abbia una casa, qui, a Washington.>

Sonny rimase in silenzio, poi si guardò intorno, e disse: <No, ancora no.> Con una calma quasi fuori dal normale.

<Come no?> Anche lei si guardò intorno, scoprendo ancora di più il suo già evidente nervosismo. <Ehm...E quando ci penserai?>

<Quando sarà il momento.> Rispose, ancora più calmo.

<Beh...Finché quel momento non arriva... posso.... ospitarti io....>

Sonny spalancò gli occhi, sorpreso da quella frase. Anche lui sapeva che, tra loro, tutto era stato rovinato qualche mese prima, e recuperarlo sarebbe stato impossibile. Ma entrambi cercavano di dare il meglio, e questa volta sembrava che Scully avesse fatto uno sforzo incredibile per ospitarlo. (Ho deciso di non dire più niente. So che state urlando, e urlerete ancora per molto, però non dirò niente per giustificarmi, se non ad un certo punto della storia. A quel punto tirerò fuori una giustificazione super. Phoebe_è_in_silenzio_stampa)

<Devo ammettere>, rispose Sonny sorridendo, <che tu sei una delle poche donne in grado di sorprendermi per due volte nello stesso giorno.>

<Qual è stata la prima volta, oggi?> Chiese lei, guardandosi ancora intorno.

<Nell'ufficio di Skinner.>

<Non avevo oggetti pericolosi da lanciarti contro, e poi... non potevo certo farlo davanti a lui.>

L'arrivo della cameriera li disturbò. <Volete ordinare?>

<Caffè per me.> Disse Sonny.

<Acqua.>

<Subito.> Disse la cameriera, allontanandosi.

Scully girò per l'ennesima volta la testa verso il centro del locale, come se stesse cercando qualcuno. Sonny lo notò, ma ancora non chiese niente al riguardo. Disse solo: <Forse volevi ordinare una bottiglia di whisky vuota?>

<No, grazie. Ho....smesso.> Sorrise.

Ormai i momenti di silenzio tra loro erano all'ordine del giorno, e anche in questo si poteva percepire la tensione che c'era tra loro. Fu lui il primo a rompere il ghiaccio, come sempre. <Beh, ora siamo soli, e non credo che qui ci siano dei microfoni... cosa che non credo possibile nel vostro ufficio.>

Sonny lo aveva detto per spingerla a parlare. Lei stava quasi per aprire bocca, quando tornò la cameriera, portando il caffè e l'acqua. Scully la ringraziò con un cenno, e rispose a Sonny solo quando la signorina si fu allontanata abbastanza. <Quello lo credo anch'io.... Ma....>, continuando a guardarsi in giro, <E' meglio essere sicuri.> Scully emise un sospiro, per la precisione il classico sospiro che voleva dire "o-adesso-o-mai-più". Sonny aspettava in trepidazione, e non dovette attendere molto. Ad un tratto Scully si girò a guardarlo negli occhi, quasi di scatto, e disse a voce bassa: <Sono incinta.>

Sonny ricambiò lo sguardo per qualche secondo poi, cominciando a sorseggiare il caffè, fece: <Lo so.>

Scully disse solo: <Co...>.

Stava per chiedergli come lo sapesse, ma si fermò, girò la testa a sinistra e poi volse lo sguardo verso il tavolo.

Sembrava quasi seccata, e Sonny sapeva il motivo. Le disse infatti: <Non ho sbirciato fra i tuoi dati. Te lo assicuro.> La prima volta che si erano conosciuti, Sonny aveva fatto in modo di farsi accettare, dicendo tutti i dati personali di lei. Li aveva letti in un fascicolo che il suo "datore di lavoro" gli aveva dato. Scully si era mostrata sempre riluttante rispetto a questo: non gradiva che lui sapesse cose della sua vita senza che lei gli avesse dato il permesso.

Scully tornò a guardarlo negli occhi. <Come fai a saperlo allora?>

<Ti si legge in faccia. Lo avevo capito da quello che mi scrivevi nelle email di questi mesi. E quando stamattina ti ho vista, ho avuto la conferma.>

Scully era ancora in silenzio, come se non credesse alle sue parole.

<Credo che dovrò migliorare la mia tecnica se voglio tenerlo segreto.... almeno per un altro po'.....>

Sonny continuava a sorseggiare il caffè, sempre con la solita calma.

<E' di....>

Non riuscì a terminare la frase perché Scully lo fissò dritto nelle pupille: aveva gli occhi lucidi, e lui non riusciva mai a parlare, quando lei era sul punto di piangere.

Gli rispose: <Io.....Credo di sì...> (E' opportuno rompere per un secondo il silenzio stampa. Questa incertezza è dovuta al fatto che non si sa ancora come cacchio è stato possibile che lei rimanesse incinta. Vi ricordo che era sterile...Cosa? Dite "per opera e virtù dello Spirito Santo"? Preferirei avere le conferme nella Season 8, e visto che ancora non si sa niente, devo mantenere l'incertezza....purtroppo...Anche se penso che al 99,9% sia di Spooky, rimane sempre lo 0,1%....Phoebe_è_ottimista)

Il silenzio regnava ancora sovrano. Sonny ruppe di nuovo il ghiaccio, questa volta in un modo più soft.

<Buono il caffè che fanno qui. Un'ottima miscela.>

Niente da fare. Il silenzio era la cosa più frequente nei loro ultimi discorsi. L'aria sembrava pesare tonnellate. Scully bevve finalmente un sorso della sua acqua. <Anche l'acqua è buona....> Per la serie "Non sapendo che dire, spariamo la prima cosa che ci viene in mente".....

Sonny comunque le sorrise, al che lei gli disse: <Ehm....Ho esaurito le domande di riserva...Tu hai qualcosa da chiedermi?>. Le ultime parole furono accompagnate da un sorriso.

Sonny pronunciò di colpo. <Lo ami?>. Continuava a bere il caffè con un calma tale che aveva quasi innervosito la sua interlocutrice.

Per un primo tempo Scully spalancò gli occhi, poi, dopo un po' di silenzio e dopo essersi guardata attorno per l'ennesima volta, si avvicinò con la testa a Sonny, e disse a bassa voce: <Che c'è? Vuoi sapere anche come l'abbiamo fatto? O solo QUANDO lo abbiamo fatto? Non sono tenuta a rispondere alla tua domanda, cosa ti importa ormai, non è tuo questo bambino!> Scully l'aveva quasi aggredito. Si rese conto di avere avuto una reazione eccessiva, e non riusciva a darne una spiegazione. In fondo la domanda era ovvia... come la risposta. Tornò al suo posto, mettendosi una mano in fronte. <Scusa.> Tornò a guardarlo, per rispondergli: <Sì.> (Su questo credo che non ci siano dubbi...In fondo abbiamo notato che si amavano, quando? Al secondo episodio?...No, no..troppo tardi...Nell'episodio pilota. Phoebe_l'aveva_notato,_e_voi?)

Sonny rimase calmo. Comprendeva il suo stato, quindi le rispose: <Come: lo immagino. Quando: spero dopo che io sono andato via....Scuse accettate.>

<Scusami ancora. E' che sono...un po' nervosa. Per questo...> Si interruppe per ridere. <.....non ho preso il caffè.>

<E' comprensibile.>

<....Perché sei qui?> Questa domanda comparve come un fulmine a ciel sereno, pronunciata quasi di colpo.

<Prendo un caffè.>

Scully fece una risata veloce, e quasi ironica. <No, intendevo... Che ci fai TU qui? Non eri in missione?>

<Sì, ero... E in teoria lo sono anche ora... Ma solo in teoria.>

Scully replicò in tono dolce: <Non è una missione per te, vero?>

<No. Sono qui per aiutare una persona che per me è molto importante. Sempre che lei voglia il mio aiuto....> Finalmente Sonny finì di bere il caffè, e dopo aver poggiato la tazzina, la fissò negli occhi. <Allora, lo vuoi il mio aiuto?> Le sorrise, e le avvicinò una mano al viso.

<Non ho nessun altro ora.>

<Consolante.....>

<Purtroppo è così.>

<Hai me.>

Scully fu quasi risollevata da quello, ma questa volta non avrebbe mollato. Questa volta l'assenza di Mulder non avrebbe fatto da trampolino di lancio per un altro sbaglio.

<Senti... Cerchiamo di non attirare l'attenzione... La gente potrebbe chiedersi come mai siamo così... "affiatati".>

<In fondo siamo colleghi.>

<A quanto sembra.>

<Già...> Perché quando parlavano andava a finire sempre allo stesso modo, e cioè che discutevano di cose che riportavano l'ansia su di loro? Scully bevve un altro sorso di acqua, poi ad un tratto chiuse gli occhi e prese a massaggiarsi le tempie, in preda ad un attacco di vertigini. Sonny sembrò non accorgersene. <Quanto credi che ci rimanga prima di dover tornare in ufficio?>

<Quanto vogliamo..> Rispose Scully, con un tono di voce stanco. <...Potremmo anche andare a fare un giro in città....> Aveva ancora la mano sulla fronte, perché le vertigini non le davano tregua.

<Ecco come si spendono i soldi dei contribuenti.> Disse Sonny.

Scully capì che l'aveva detto con ironia, e decise di accontentarlo. Fece un sorrisino breve, molto tirato.

<Bene, collega. Hai nulla da chiedermi, prima di decidere cosa fare?> Chiese Barnett.

<Hai pensato a dove potresti abitare, mentre cerchi una casa?>

<Ancora no.>

<Cos'hai intenzione di fare allora?>

<Non ne ho idea.>

Il bello di Sonny: ha sempre le idee chiare. Dopo aver pensato a chissà cosa, Scully si alzò, e si diresse verso la porta, dicendo solo: <Vieni.>

<Dove?>

Mentre lui glielo chiedeva, Scully era già arrivata alla porta. Sonny si alzò e rimase in piedi, come per farle capire che da lì non si sarebbe mosso se non quando avesse saputo dove erano diretti. E per rendere ancora più comprensibile il suo comportamento, chiese di nuovo: <Dove?>

Ma, dei due, era lei la più cocciuta, quella che voleva farsi sempre valere, quando erano insieme. Non sempre ci riusciva, però. Si fermò per girarsi a guardarlo. Il suo sguardo diceva tutto: "Vieni, per favore." E per avere definitivamente la meglio, Scully uscì. Sonny sospirò, e pensò che la logica finisce dove cominciano le donne. (Questo è un pensiero di Arkangelo....e_e Phoebe_non_è_d'accordo.)

Quando Barnett uscì, Scully era già seduta in macchina, al posto del viaggiatore, lasciando guidare lui. Ma in questo modo doveva per forza dirgli dove voleva andare, anche se non ne aveva nessuna voglia. Appena salì in auto, difatti, Sonny chiese, per la terza volta: <Dove?>

Scully rimase in silenzio.

Rispose, senza guardarlo: <Alla diga.>

Anche se esternamente non lo dimostrava, dato che accese la macchina e partì senza battere ciglio, dentro di sé Sonny stava andando in fiamme. Sapeva che se lei aveva scelto di andare alla diga non era certo per divertirsi, anzi. Sicuramente pochi minuti dopo avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Come al solito, quello che Sonny pensava era più che giusto.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

Washington's Dam
Washington, D.C.
10.51

Sonny pensò che fosse un'abitudine, quella di Scully di non parlare durante qualsiasi tragitto facesse con lui. Ma questa volta sapeva benissimo il perché. Anche se lui non era stato presente personalmente, quando era successo quello che era successo (Anche questo lo saprete più avanti. Phoebe_vi_tiene_sulle_spine), sapeva che per lei era stato un brutto colpo, e sapeva anche che aveva attraversato un periodo di shock.

Era la prima volta che Scully tornava lì e, quando scese dalla macchina, capì perché non ci era mai ritornata, in tutto questo tempo. Le immagini le scorrevano nella mente. Ricordava ogni cosa come se fosse accaduto il giorno precedente. Tutto era iniziato in un normalissimo giorno, in cui, come al solito, Kersch aveva fatto di tutto per ostacolare lei e Mulder.


\ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ / \ (<Questo simbolizza l'inizio o la fine di un flash back.)




FBI Headquarter
Washington, D.C.
November 1998

Scully si ricordava tutto, di quella mattina di Novembre. Lei e il suo partner avevano appena perso gli X-Files, che erano andati a Diana Fowley e Jeffrey Spender. Non erano passati neanche cinque minuti, da quando erano arrivati al Quartier Generale, che erano stati avvisati che il vicedirettore Kersh voleva parlare con loro. Si erano diretti verso l'ufficio un po' riluttanti, anche perché non era il massimo iniziare la giornata guardando il brutto muso di Kersh. Come sempre, avevano aspettato circa tre quarti d'ora, prima di vedere la porta aprirsi. Ma, sorpresa delle sorprese, dall'ufficio di Kersh erano usciti proprio Diana e Spender. Scully aveva tirato dritto, senza neanche salutare, mentre Mulder si era fermato a parlare con Diana. Appena dentro, Kersh aveva detto: <Agente Scully, prego si sieda...>, ma avendo notato l'assenza di Mulder, aveva aggiunto, <dov'è l'agente Mulder?>

<Ehm... Si è fermato qui fuori a parlare con l'agente Fowley.> Sapeva che Kersh non gradiva che lei e Fox avessero contatti con gli X-Files e tutto quello che ci girava intorno. In altre situazioni avrebbe coperto il suo amico. Ma non questa volta. Era il classico comportamento da gelosia, insorto fin dall'arrivo di Diana.

Mulder era entrato poco dopo, subito apostrofato dal vicedirettore: <Agente Mulder, quante volte glielo devo dire che non voglio che parliate con l'agente Fowley?>

In tutta risposta Mulder si era solo seduto. Aveva guardato la compagna, quasi a chiederle perché avesse fatto la spia. Scully gli aveva risposto con uno sguardo che voleva dire: "Sei solo mio, non azzardarti più a parlare con quella lì." Sembrava una moglie gelosa.

<Dunque, ho voluto vedervi per avvisarvi di un cambiamento.>

I cambiamenti di Kersh non erano mai graditi.

<Visto che non so dove mettervi, in modo che non diate fastidio, ho deciso di farvi un bel regalo.>

In quel momento Mulder e Scully avevano odiato i regali.

<Ci sono quattro ragazzi di cui dovrete occuparvi. Si tratta di futuri agenti dell'antiterrorismo.>

<Sbaglio, o esistono i cosiddetti "veterani" per addestrare le reclute dell'antiterrorismo?> Aveva obiettato Mulder.

<Infatti, esistono. Ma questi quattro saranno sotto la vostra supervisione. In particolare uno di loro ha chiesto la presenza dell'agente Scully.> A quel punto lo sguardo interrogativo di Scully non aveva potuto mancare. <Queste sono le cartelle su di loro. Avete cinque minuti per leggerle e prenderne nota.>

<Perché cinque minuti?> A questo tipo d'incontri parlava sempre Mulder. Scully interveniva solo se interpellata o se Mulder stava per esplodere dalla rabbia.

<Perché fra cinque minuti questi quattro ragazzi arriveranno nel vostro nuovo ufficio, al primo piano.>

<Primo piano?>

<Sì. Andate a farci un giro, troverete una porta con su scritto "Fox Mulder" e "Dana Scully".>

<Che dobbiamo fare con loro?>

<Addestrarli. Fategli fare un po' di allenamento. Prima o poi arriverà una missione in cui sarà richiesta la vostra e la loro presenza.> E congedandoli, mentre dava loro i file, aveva detto: <Fate un buon lavoro, mi raccomando.>

Scully e Mulder erano usciti nel giro di 2,7 millisecondi. Kersch era sembrato molto divertito dalla situazione, mentre loro due erano arrabbiati, come al solito. Mulder scoppiò in ascensore, fortunatamente per Scully.

<Vorrei sapere che gusto ci prova a renderci la vita impossibile!> Aveva detto, quasi disintegrando il pulsante dell'ascensore.

<Calmati, altrimenti dovremo anche pagare i danni.>

<Ci mancava solo questa! Quattro novellini da tenere a bada! Per chi ci ha preso? Per schiavetti ai suoi ordini?>

<Beh... la tua descrizione non è molto lontana dalla realtà, in fondo…>

<Mi sono sempre chiesto come tu faccia a mantenere la calma.>

<Se non manteniamo la calma rischieremo di impazzire, ed è proprio quello che vuole. Non dobbiamo dargli nessuna soddisfazione.>

Mulder aveva emesso un sospiro. Le parole di Scully lo avevano calmato. Lei aveva sempre il controllo su di lui: in pratica Fox faceva quasi sempre quello che lei gli diceva, con le parole o con i gesti... più o meno...

<E poi vedila da questo lato. Per addestrarli dovremmo andare a Quantico, alcune volte. Di conseguenza staremo lontani da Kersch per un po'.>

<Questo già è un lato della cosa che mi piace molto.>

<E poi potrebbero essere bravi ragazzi, non presuntuosi...>

<Già, come quasi tutta l'FBI vero?> Aveva detto ironicamente Mulder.

L'ascensore era arrivato al primo piano. Il loro ufficio era l'ultimo in fondo al corridoio: sempre e comunque isolati. Appena avevano aperto la porta, avevano visto quattro giovani, disposti in vari posti del loro "nuovo" ufficio, che tra l'altro non era un granché. Scully e Mulder erano rimasti sulla porta, poi lui aveva trascinato fuori la compagna, e dopo aver chiuso la porta, aveva detto: <Non se ne parla. Già li vedo dalla faccia, Scully, ci metteremo anni a addestrarli come si vede.>

<Cosa hai visto di particolare?>

<Sono di quelli che non sanno nemmeno tenere in mano una pistola.>

<Se sono arrivati fino a qui vuol dire che qualcosa la sanno fare, quindi niente chiacchiere.>

Scully era ritornata subito dentro, e aveva preso posto, in piedi, dietro alla scrivania. Mulder l'aveva seguita qualche secondo dopo, un po' restio, ma alla fine si era seduto, continuando a guardare Scully. Lei aveva capito che doveva essere lei a parlare, così aveva preso la parola, dicendo: <Ehm... Io sono l'agente Scully, lui è l'agente Mulder. Ci hanno assegnato la vostra supervisione, e noi vedremo di fare il possibile per farvi raggiungere un certo livello. Ora, visto che non abbiamo avuto il tempo per leggere le vostre schede, diteci almeno i vostri nomi.> Scully a questo punto aveva dato un'occhiata in giro, e aveva detto ad uno di loro di iniziare.

<Io sono Justin Glover. Ho fatto cinque mesi d'addestramento nell'antiterrorismo a Quantico, poi mi hanno detto che potevo venire qui, a Washington.>

<Chi ti addestrava a Quantico?> Gli aveva chiesto Scully.

<Martin Wickham.>

<Mhm! Lo conosco.>

<Era l'addestratore di tre di noi.> Aveva risposto il ragazzo indicando altri due ragazzi, ed escludendo il quarto, che era seduto su un mobile, un po' lontano. Scully aveva dato un'occhiata proprio a quello più lontano. Non prestava alcun'attenzione a quello che si stava svolgendo nella stanza. Guardava solo Scully.

<Tu?> Aveva chiesto Dana, ritornando su un ragazzo più vicino.

<Leon Raphal. Anch'io ho fatto cinque mesi con Wickham, e anch'io sono stato trasferito qui.>

Il terzo ragazzo aveva preso la parola subito dopo: <Rafael Gutierrez. Idem come sopra.>

Tutti si aspettavano che il quarto ragazzo parlasse, ma lui non aveva aperto bocca. Mulder aveva deciso di parlare, finalmente. Voleva conferire solo con il più strano dei quattro. <E tu? Come ti chiami?>

<Gawain.> Aveva risposto il giovane, quasi seccato.

<Gawain? Un nome molto particolare.> Era intervenuta Scully. La donna aveva notato che gli altri tre lo guardavano con uno sguardo diffidente, e si era chiesta il perché.

<Sì. Non è Americano.> Gawain aveva risposto in tono più delicato, come se volesse parlare solo con lei.

<Inglese?>

<Sì. Mia madre era inglese, e per portarsi dietro qualcosa della patria ha deciso di chiamarmi così.>

<Il tuo nome mi ricorda qualcosa.> Scully aveva l'impressione che la conversazione stesse continuando come se gli altri non esistessero. Qualcosa di quello strano tipo la incuriosiva.

<Era uno dei cavalieri di re Artù.>

<Giusto. Ma ci servirebbe sapere anche il cognome.>

<Regadd. Gawain Regadd.>

<Chi ti addestrava?>

<Joel Bradley.>

<Joel Bradley fa l'addestratore??> Aveva chiesto Scully, incredula. Era un suo vecchio amico, e non avrebbe mai scommesso sul fatto che Joel sarebbe potuto diventare addestratore di reclute per l'antiterrorismo.

<A quanto sembra...> Aveva risposto Gawain.

La voce di Mulder aveva riportato i due interlocutori sulla terra. <Bene! Che ne dite se andiamo un po' al poligono?>

<Poligono? Sappiamo fare di meglio...> Aveva risposto Leon.

<Questo lo so, ma è meglio non perdere la mano. Così noi avremo tempo di leggere i vostri fascicoli.>

Mulder poi era uscito, seguito da Leon, Rafael e Justin. Scully si era soffermata per prendere un po' di cose. Alzando la testa aveva visto Gawain che aspettava che lei si muovesse. Lo aveva guardato, con un po' di curiosità, e dopo un sorriso aveva detto: <Andiamo?>

<Certo.>

Gawain camminava dietro di lei, come se Scully fosse una dea dalla quale era stata fulminato.

Nel giro di pochi minuti le quattro reclute stavano sparando contro i freddi bersagli di plastica, mentre Mulder e Scully leggevano i file.

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Scully era ancora in piedi vicino alla macchina, mentre Sonny era fermo a guardarla e ad aspettare un suo movimento. Scully iniziò a camminare verso la diga: la sua meta era dall'altra parte del ponte.

Riprese a pensare al passato...Il poligono... una delle cose che ricordava in modo più nitido. Anche se in un primo momento, durante il periodo di shock, aveva pensato che fosse meglio scordarsi di Gawain, lei non aveva mai potuto farlo.


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Mulder aveva notato all'improvviso che Scully ogni tanto alzava la testa per guardare Gawain.

<Strano, eh?> Le aveva chiesto a bassa voce.

<Già. Hai visto come lo evitano gli altri?>

<Beh, non li biasimo. Mi vengono i brividi a guardarlo.>

In quel preciso istante, come se li avesse ascoltati anche in tutto il rumore che i colpi delle pistole facevano, Gawain si era girato a guardarli... anzi... a guardarLA, perché le sue attenzioni erano solo ed esclusivamente per lei. Mulder aveva notato il comportamento di Gawain nei confronti della collega, ma non se n'era preoccupato più di tanto. Pensava che Scully fosse una persona responsabile, e che prima o poi avrebbe detto a Gawain di togliersi dalla testa tutti i pensieri su di lei, visto che i Grandi Capi dell'FBI non vedevano di buon occhio le relazioni sentimentali tra una recluta e un "veterano".

<Secondo te chi è stato a chiedere la mia collaborazione all'addestramento?> Aveva chiesto Scully, appoggiando una cartella sul tavolo.

<Mi sembra più che evidente di chi sia stata l'idea.> Aveva risposto Mulder, mentre notava che la cartella, che Scully aveva appoggiato sul tavolo, era proprio quella di Gawain, e che la collega non aveva letto altro se non quello in quei minuti.

<Dici che è stato Gawain?>

<Lo chiami già per nome?>

Scully lo aveva fulminato "amichevolmente" con lo sguardo. <Lo sai che le reclute sentono meno pressione, se vengono chiamati per nome.>

<Con me puoi benissimo usare il cognome, però.> Mulder aveva preferito continuare la conversazione senza guardarla in faccia. Una folgorazione gli era stata più che sufficiente.

<Mulder...> Aveva iniziato Scully, con un tono d'insofferenza.

<Cosa?>

<So cosa stai pensando.>

<Davvero? Cosa sto pensando?>

<Stai pensando che posso rimanere affascinata da quel bel ragazzo biondo che si sta esercitando laggiù, perché lui ha dei riguardi particolari verso di me.>

Mulder sapeva che Scully aveva detto "bel ragazzo" per modo di dire, ma gli aveva dato comunque fastidio. Non perché Gawain era biondo con gli occhi chiari, ben piazzato eccetera, ma perché avrebbe preferito che l'aggettivo di bellezza fosse riferito a se stesso. <Chiamali "riguardi particolari"! Parla solo con te, guarda solo te. Cosa credi che sia?>

<Ok, diciamo pure che è infatuazione. E allora?>

<Come sarebbe a dire "e allora"? Ti rendi conto di cosa stai dicendo?>

<Ecco, sei geloso!>

<Non sono geloso...>

<Certo che no...> Aveva risposto ironicamente Scully. Poi aveva aggiunto: <Vado a dare un'occhiata ai ragazzi, altrimenti che ci stiamo a fare qui?>

Si era alzata, seguita millimetro per millimetro dagli occhi di Mulder. Aveva iniziato da Rafael, il più intraprendente di tutti.

<Allora, come va, agente Scully?>

<Bene. Se lo facessi con più serietà andrebbe meglio.>

<Ma io sono serio.>

<Ovviamente.> Aveva ribattuto sarcastica.

<Cosa vuole dire?>

<Voglio dire che non stai prendendo la mira come faresti se davanti a te ci fosse un assassino. Sono sicura che non stai mirando con tutte le tue capacità, perché lo consideri un gioco.>

<Ma certo che no.>

<Anche quando nell'ufficio l'agente Mulder ha detto di venire qui, avete avuto da obiettare, perché secondo voi non ce n'era alcun bisogno. Lo sappiamo che siete bravi a sparare, ma è meglio non perdere la mano. Mi sono spiegata?>

<Si, signora.>

<Bene. SPARA.>

Rafael aveva iniziato finalmente a sparare come si deve, allora Scully era andata avanti. Aveva aspettato che Justin terminasse i colpi, poi aveva detto: <Complimenti!>

<Grazie, signora.>

<Sembri nato con la pistola in mano.>

<In effetti, sono proprio bravo.>

<Non montarti la testa però, Justin.>

<Jin.>

<Come?>

<Jin è il mio soprannome. Se non le dispiace...> (Chi ha giocato a Tekken 3 sa chi è Jin, e dovrebbe sapere anche che è un bel pezzo di ragazzo. Non è un caso che uno dei quattro sia stato chiamato Jin. Non è un caso neanche Rafael, Leon e Gawain. Volete sapere perché? Non ve lo dico! AHAHAHAH! Phoebe_bastarda)

<Certo. Continua, Jin.>

Il tour era proseguito con Leon.

<Signora.>

<Leon.>

<Come sto andando?>

<Abbastanza bene.>

<Visto che non c'era bisogno di venire?>

<Siete tutti uguali.> Aveva risposto Scully con un sorriso, mentre si allontanava verso Gawain.
Mulder stava ancora seguendo Scully con gli occhi. L'aveva vista raggiungere Gawain e mettersi alle sue spalle, con il mento che sfiorava le scapole del ragazzo. Già quella vista gli aveva fatto venire il volta stomaco.

Pochi secondi più tardi Mulder diventò di mille colori. (Lo chiameremo Sandy...) Vi ricordate? "Sandy dai mille colori tum tum, mille colori dei fiori tum tum, con i fiori!" Basta... Phoebe_la_spiritosa). Scully aveva messo le braccia intorno a Gawain, per arrivare a toccargli le mani. Ma da quella distanza e con quel rumore, Mulder non poteva sentire le parole dell'amica.

<Non piegare il polso. E poi...>, aggiustando la mira verso il centro dello stomaco del patetico omino di plastica, <non chiudere l'occhio.>

<Quale occhio?>

<Il destro.>

Gawain a quel punto si era liberato dalla trappola delle braccia di Scully per girarsi a guardarla negli occhi.

<Come ha fatto a capirlo?>

<Esperienza.>

<Stavo facendo un esperimento. Di solito non lo chiudo.>

<Non farlo. Corri il rischio di farci l'abitudine.>

<Ok.>

Scully era rimasta in silenzio per qualche secondo. Poi aveva detto: <Sei stato tu a chiedere la mia presenza nell'addestramento?>

Anche Gawain aveva aspettato a rispondere. <Sì, signora.>

<Perché?>

Ancora silenzio. Scully aveva atteso con ansia la risposta, poi aveva rinunciato. <Ok, non importa.> Aveva detto, con una punta di amarezza.

A quel punto l'urlo di Mulder li aveva interrotti. Aveva chiamato la collega per farla tornare da lui. Scully si era girata, e si era allontanata dopo aver detto: <Continua.>

Non era ancora arrivata a tre quarti di strada, che Mulder si era alzato ed era andato fuori. Scully l'aveva raggiunto. Una volta fuori, aveva iniziato: <Che c'è?>

<Mi stai prendendo in giro?> Aveva chiesto Mulder, chiudendo la porta lasciata aperta dall'amica.

<Assolutamente no.>

<Cosa vi siete detti?>

<Gli ho dato dei consigli su come sparare. E poi gli ho chiesto se è stato lui a chiedere la mia presenza.>

<Che ti ha risposto?>

<Ha risposto "sì".>

<Tutto qui?? Non gli hai chiesto nient'altro?>

<Gli ho chiesto il perché...>

<E allora?>

<Non ha risposto.>

<Vedi? A sostegno della mia tesi.>

<Ma quale tesi? Potrebbero esserci mille motivi per i quali Gawain...>

<Per esempio?>

Mulder aveva colto di sorpresa Scully, che non aveva saputo cosa rispondere. Soprattutto perché la risposta era una sola, ed era quella che pensava Mulder.

<Ehm... Ora non mi viene in mente niente. Ma sono sicura che pensandoci bene...>

<Bene, allora pensaci. Ma nel frattempo sta lontana da lui.> Detto questo Mulder era andato via, lasciando Scully sola, dietro la porta. Il comportamento di Fox era più che giustificato, visto che aveva ragione. Era palese che Gawain provava un'ammirazione speciale per Scully, ma lei non ci aveva dato molto peso. Era sicura che Gawain sarebbe tornato sui suoi passi. Non era arrabbiata per l'atteggiamento di Mulder, no. Ormai lo conosceva benissimo. Si comportava così ogni volta che qualcuno "svolazzava" intorno a lei. A volte Scully avrebbe voluto chiedergli di mettere un cartello sopra di lei, con la scritta "Proprietà privata".
Era rientrata nel poligono, senza dire una parola. Come al solito, l'unico che si era accorto di tutto era Gawain, che si era girato a guardarla non appena lei era entrata.

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Scully ora sapeva che Mulder aveva avuto ragione, quel giorno. Ma purtroppo le sue parole non avevano fatto un grande effetto, al contrario di quelle pronunciate da Gawain e del suo sguardo.
Degli altri giorni lei si ricordava poco. Le giornate erano passate più che altro ad addestrare i ragazzi, e per un po' di tempo, lei e Mulder non avevano parlato molto amichevolmente. Al contrario, era cresciuta l'ammirazione di Gawain verso Scully... e viceversa. (Calmi. Fidatevi di me, andate avanti. Ricordate: Non sempre le cose sono quello che SEMBRANO. Phoebe_la_saggia)
Sfortunatamente per lei, Scully in quel momento non sapeva cosa stesse facendo, e a cosa andava incontro.

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FBI Headquarter
Washington, D.C.
November, 1998

Dopo quel giorno al poligono, le cose non erano andate molto bene. Lei e Mulder parlavano normalmente, ma se lei dava troppa confidenza a Gawain, era pronto a riprenderla. Dal canto suo, Dana non faceva niente per evitare quella situazione. In effetti dava molta confidenza a Gawain, ma non capiva cosa ci fosse di strano. Certo, il ragazzo aveva piacere a parlare solo con lei, ma questo non voleva dire che stessero per instaurare una relazione.
Una mattina, per esempio, lei era entrata nell'ufficio, e aveva visto Justin, Leon e Rafael che parlavano con Mulder. L'unico assente era Gawain.

<Buongiorno.> I quattro si erano girati a guardarla, e particolarmente Mulder l'aveva guardata come se avesse appena ucciso qualcuno. <Che c'è?>
<Un uomo è stato picchiato a sangue dalle parti in cui abita Gawain.> Aveva annunciato Mulder.

<E allora?> A quelle parole Mulder aveva assunto uno sguardo acceso e non parlava, mentre gli altri tre non osavano aprire bocca, se non interpellati, come se avessero paura a farlo. <Non mi starai dicendo che credete che sia stato lui!> Aveva chiesto incredula Scully.

<Beh... Dovrai pur concedermi il beneficio del dubbio!>

L'aveva fissato con uno sguardo adirato, e gli aveva fatto un piccolo cenno per fargli capire che doveva seguirla fuori. Appena erano arrivati nel corridoio, Scully aveva detto, con calma: <Non puoi accusare senza avere prove.>

<Non sto accusando, ho solo fatto una supposizione.>

<Oh, andiamo, chi credi di prendere in giro? Pensi che non abbia capito?>

<Io so solo che quell'uomo è stato aggredito dalle parti di Regadd.>

<Sai quante persone abitano in quel quartiere?>

<Molte, tra cui lui.>

<Non vuol dire niente! Anche Lincoln è stato ucciso nel teatro Ford, ma questo non significa che sia stato Ford a ucciderlo!>

<Io stavo solo...>

Scully lo aveva interrotto, dicendo: <So perché pensi che sia stato lui.>

<Davvero? Perché?>

<Perché Gawain parla solo con me.>

<Ammetterai che è un comportamento strano.>

<No, io non lo credo. E anche se fosse non per questo deve essere un criminale.> Scully, dopo averlo guardato per un po' negli occhi, aveva detto, raddolcendo il tono di voce: <Credi che io sia attratta da lui, vero?>

<Guardami negli occhi e dimmi che non sei attratta da lui.>

A quel punto lei era scoppiata: <Gesù, Mulder! Hai anche bisogno che te lo dica io?? Ti avevo già visto geloso, ma non fino a questo punto!>

<Non sono geloso.>

<Sì, e mio fratello è Alessandro il Grande.>

<Allora chiedigli se è stato lui.>

<Ragiona, anche se ammettessimo, per lo 0.1%, che potresse essere stato lui, secondo te mi direbbe "Sì, sono stato io"?>

<Beh, forse. Potresti capire se mente guardandolo negli occhi, tanto ormai fate ben più di quello.>

<Oh, Dio!> Aveva risposto irritata, girandosi.

<Tu chiediglielo.>

<Cosa deve chiedermi?> Gawain era apparso da dietro l'angolo, guardando con aria di sfida Mulder.

Al suono della voce del ragazzo, Scully si era girata, e guardandolo negli occhi, aveva iniziato: <Senti... sai che un uomo è stato aggredito vicino a casa tua?>

<Sì, signora, ne sono al corrente.>

Scully aveva avuto un momento di esitazione. <Sei stato tu?>

<No, signora.> Aveva risposto fermamente Gawain. Poi, vedendo che lei non sembrava convinta, e guardandola intensamente, aveva aggiunto: <Non sono stato io.>

Scully aveva atteso un po', prima di annuire e dirgli: <Entra, arriviamo fra un momento.>

<Sì, signora.> Gawain aveva obbedito.

Scully si era girata verso Mulder e, guardandolo con aria di rimprovero, aveva detto: <Desolata.>

<Non lo lascerò in pace, è bene che tu lo sappia.>


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La risposta di Mulder l'aveva allarmata. Si ricordava che in quel momento aveva pensato che da quella storia sarebbero potuti nascere seri problemi. La cosa strana era che, quando Gawain non c'era, lei si ripeteva di andare a parlarci, ma quando c'era lui, tutto era diverso. Era come stregata dal suo sguardo profondo, da quegli occhi grigi... grigi come il cielo durante una tempesta.

Scully continuava a camminare lungo la diga. Era quasi arrivata a metà del percorso, e la sua meta non era lontana. Sentiva la presenza di Sonny, costantemente alle sue spalle, ma non voleva girarsi. Quello era come un viaggio nel passato, un passato che faceva ancora male.

Scully ricordava per filo e per segno tutti i giorni che aveva passato con Gawain. Si ricordava che Mulder li aveva assillati per tutto il tempo, e che era anche arrivato a sostenere che il ragazzo facesse parte di una setta, e che la stesse ingannando. Secondo lui, Gawain la attraeva a sé con i feromoni, la stessa cosa che usano gli animali per attirare la compagna. In quel modo lei si sarebbe fidata di lui e, al momento giusto, Gawain l'avrebbe fatta cadere nella trappola. Era addirittura andato a parlare a Kersh. Quest'ultimo poi aveva convocato separatamente gli interessati, e sia Scully che Gawain avevano negato che fra loro ci fosse qualcosa. Ovviamente lei era stata furiosa con Mulder da quel giorno, così si erano frequentati poco o niente, oltre l'orario di lavoro... e lui aveva ricominciato ad uscire con Diana.

Ma era solo una la sera più importante di quel periodo, da ricordare. Da quella era cominciato l'incubo. Un incubo che da allora non era mai finito.

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FBI Headquarter
Washington, D.C.
November, 1998

Erano circa le nove di sera, e Scully era ancora in ufficio. Stava mettendo a posto alcuni fascicoli, quando ne aveva notato uno, in particolare. Era il fascicolo che Mulder aveva fatto, di persona, su Gawain, con tutto quello che lo riguardava. Spinta dalla curiosità, Scully aveva iniziato a leggerlo. In pochi minuti si era resa conto che, purtroppo, quello che Mulder sosteneva era vero. Gawain faceva parte di una setta, il cui simbolo era un ragno dentro un cerchio. La setta era dedita a riti particolari, e i suoi seguaci si infiltravano ovunque, pur di trovare altri adepti o altre vittime. C'era anche un accenno ai feromoni. La polizia non aveva raccolto prove necessarie per incastrarli, e non aveva mai scoperto il loro covo, ma si pensava che fossero responsabili di omicidi, torture e altri efferati crimini. Dopo la descrizione, c'era un piccolo resoconto, al cui termine era presente il nome di Gawain. Quel documento dimostrava che lui era un adepto di quella setta.

Scully era rimasta letteralmente con la bocca aperta. Aveva pensato di chiamare Mulder, ma si era ricordata che lui era a cena con Diana. Non aveva avuto il tempo per pensare ad altro, che si era sentita una mano sulla bocca, e una pistola puntata alla schiena.

<Sssshhh!!>

Era Gawain. Scully si era sentita salire il cuore in gola. Non aveva potuto pensare a cosa avrebbe potuto fare di lei.

<Ebbene sì, il tuo amico aveva ragione. Faccio parte di quella setta. Ma ormai non ti servirà a molto saperlo. Cammina.>

Scully aveva faticato a riconoscerlo. Il suo tono di voce era diverso, sembrava più duro. Niente a che vedere con il dolce ragazzo che un giorno le aveva mostrato cosa fossero tutte quelle linee presenti sul palmo della mano. Quel giorno lui era stato molto delicato, e Scully non poteva negare di aver provato qualcosa per lui, anche se si era sentita molto strana.

Gawain si era fermato sulla soglia.

<Ora tolgo la mano, e sarò costretto a riporre la pistola. Prova a fare qualche scherzo e sei morta.>

Scully aveva obbedito, così erano usciti nel corridoio e avevano raggiunto l'ascensore. Stava sperando di incontrare qualcuno, almeno per tentare di far capire la situazione. Quando le porte dell'ascensore si erano aperte, i suoi desideri si erano tramutati in realtà.
<Dana!>

Martin Wickham, l'ex superiore di Rafael, Justin e Leon, e amico di Scully, aveva un'espressione entusiasmata. Scully un po' meno. Gawain le aveva dato un colpettino sulla schiena, e lei aveva capito subito cosa voleva dire. Quindi rispose: <Martin!> Ma fece molta fatica ad apparire felice.
Erano entrati nell'ascensore, e Martin aveva iniziato subito la conversazione.

<Come va? I miei ragazzi ti stanno creando problemi?>

<Come possono? Sei stato il loro superiore.>

<Troppo buona. E lui?> Aveva chiesto, indicando Gawain.

<Lui è Gawin Regadd. Era di Joel Bradley.>

<Oh, sì! Joel me ne aveva parlato. Mi ha detto che è un osso duro, spero che non ti stia dando del filo da torcere.> Martin aveva rivolto un sorrisino a Gawain, il quale, molto bravo a recitare, aveva ricambiato.

<Ehm... Sì... Mi sta dando del filo da torcere.>

<Come mai?>

<Perché... certe volte mi dà l'impressione che voglia essere nell'antiostaggio... e non nell'antiterrorismo.>

<Beh... E' ancora in tempo per cambiare idea, no?>

<In realtà... l'ha già fatto.>

Sfortunatamente per lei, l'ascensore era arrivato a terra, e Scully si era congedata. Gawain aveva aspettato di essere in macchina, per aggredirla. Aveva tirato fuori la pistola, e gliel'aveva puntata alla gola.

<Ti sei divertita? Spera che non capisca il tuo messaggio in codice, o farete una brutta fine, tutti e due!>

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Gawain aveva vagato per un po' di tempo, per poi arrivare alla diga. L'avevano percorsa tutta, arrivando quasi fino in fondo: lo stesso percorso che stava facendo in quel momento Scully. Di quella notte si ricordava anche il più piccolo particolare, come, per esempio, la corda con cui Gawain l'aveva legata.

Scully era finalmente arrivata al palo e, dopo un momento di esitazione, si era seduta, nella stessa posizione in cui era quella notte.


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Washington's Dam
Washington, D.C.
November, 1998

Gawain l'aveva legata strettamente al palo, dopodiché aveva guardato in giro, si era aggiustato la pistola e aveva detto:

<Non provare a urlare. Ti sentirei prima io di qualsiasi altra persona.> E si era diretto dall'altra parte della diga.

Appena era scomparso dal campo visivo, Scully aveva iniziato a provare a slegarsi, ma quel nodo era troppo maledettamente stretto. Dopo qualche minuto, una voce l'aveva chiamata, e a lei era sembrato che fosse l'arcangelo Michele. (Per chi non lo sapesse, l'Arcangelo Michele è il "principe delle milizie celesti", ossia è l'arcangelo che guida l'esercito contro il male. Capito la metafora? Phoebe_fa_metafore)

<Dana!>

Martin aveva raccolto il suo messaggio e, in un modo che Scully non aveva mai scoperto, era riuscito a capire dove l'aveva portata Gawain.

<Martin!>

<Come stai?>

<Bene. Slegami. Gawain se ne è andato, ma potrebbe tornare da un momento all'altro.>

<E' stato lui?> Martin aveva fatto il giro e si era piegato per sciogliere la corda.

<Sì, è stato lui.>

<Joel è con me, arriva fra un po'.>

<Non possiamo aspettarlo, dobbiamo andarcene.>

<Non preoccuparti, ho la pistola.>

<Ma ce l'ha anche lui!>

Martin non aveva fatto in tempo a replicare. Gawain era sbucato da dietro alle sue spalle, e con una mazza di legno, l'aveva colpito con forza al centro della schiena. L'urlo di dolore di Martin era stato straziante. Gawain l'aveva poi scaraventato lontano.

<Sapevo che sarebbe venuto, e ha avuto la sua dote. Ora tocca a te!>

Scully aveva notato qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa che l'aveva spaventata. Gawain le stava puntando la pistola addosso, e all'improvviso era arrivato Joel, che gli era saltato addosso, e aveva fatto in modo di far cadere lontano la pistola. La lotta era continuata per molto tempo, e Gawain stava avendo la meglio su Joel: lo stava tenendo a un passo dal margine della diga. Oltre di lui c'era il vuoto, e poi l'acqua.

BAM!

Uno sparo.

Scully aveva sobbalzato chiudendo gli occhi, spaventata.


Quando li aveva riaperti, aveva visto Martin con la pistola in mano. Con le ultime forze che gli erano rimaste, era riuscito a sparare a Gawain.

SPLASH!

Scully volse lo sguardo immediatamente verso l'acqua. Joel era caduto di sotto.

<Joel!!>

Gawain stava barcollando davanti ai suoi occhi. Alla fine si era steso a terra, e con molta fatica aveva appoggiato la testa sulle gambe di Scully, che era ancora legata.

<Martin, vieni a slegarmi!>

<Non riesco... non riesco a muovere le gambe!>

"Oh mio Dio, no... Ti prego, no!" Aveva pensato Scully. Intanto Gawain stava agonizzando sulle sue gambe. <Ok, ok... Non importa... Rimani lì.>

Scully guardava verso l'acqua, per vedere se Joel riemergeva, ma di lui nessuna traccia. Guardava Martin, la strada poco lontana, le luci delle macchine, le stelle. Guardava tutto, tranne Gawain. Ora era arrabbiata con lui.

<Agente...Scully...> aveva detto, con molta debolezza, Gawain. Lei si era girata a guardarlo negli occhi, solo per un secondo, poi aveva distolto lo sguardo. <Agente... Scully... mi... vuoi bene?>

Era rimasta in silenzio. Poi finalmente aveva guardato la ferita. Il proiettile era entrato in diagonale, e aveva quasi sicuramente colpito il cuore e un polmone.

<Certo.> Aveva detto, ma solo per tenerlo tranquillo. <Fa' dei respiri profondi.>

<Non merito di sopravvivere...>

<Non parlare, fa come ti ho detto.> Scully aveva dato un'occhiata a Martin, che stava per perdere i sensi. <Ehi! Ehi! Martin! Devi stare sveglio!> Martin aveva riaperto gli occhi, ma faticava a tenerli così. <Canta qualcosa... Canta... l'inno nazionale.>

Martin aveva iniziato a cantare l'inno nazionale.

A quel punto Gawain aveva iniziato a piangere. <Cosa ho fatto! Io non volevo! Quelli della setta... Sono stati loro a costringermi... io non potevo ribellarmi.>

Le lacrime ormai scendevano copiose, e anche Scully si era commossa. Da quel momento l'aveva sempre guardato negli occhi.

<Devi credermi, non volevo farlo! Volevo avere una vita normale... e ora non avrò neanche una vita.>

Scully aveva ancora una volta distolto lo sguardo. La vista di Gawain che stava per morire senza che lei potesse fare niente l'aveva irritata. Cercava in continuazione di slegarsi.

<Ehi!> Scully aveva di nuovo girato lo sguardo verso di lui. <Io ti voglio bene, davvero.>

Gawain aveva smesso di piangere, ma aveva gli occhi lucidi, e il viso bagnato: <Lo so.>

<Aaahh!!> Un urlo. Gawain aveva chiuso gli occhi per il dolore. Dopo qualche secondo, aggiunse: <Mi perdoni?>

A quella domanda Scully aveva esitato. All'inizio era stata furiosa con lui, ma dopo averlo visto in quelle condizioni e dopo aver saputo la verità, ne aveva avuto pietà. Gawain aveva socchiuso gli occhi, e aveva ripetuto: <Mi perdoni?>

Dana aveva guardato di nuovo verso l'acqua. Di Joel nessuna traccia. <Sì, Gawain, ti perdono.>

L'acqua sembrava una macchia nera, un tutt'uno con il cielo. Le stelle vi si riflettevano come in uno specchio. Nessun movimento, nessun corpo.

Quando Scully aveva rivolto lo sguardo di nuovo verso Gawain, lui aveva gli occhi chiusi. Non potendo fare altro perché legata, aveva iniziato a muoversi, come per svegliarlo.

<Ehi! Ehi! Svegliati, avanti! Svegliati!>

Tutto inutile: Gawain era morto.

Aveva iniziato a piangere lentamente e silenziosamente.

La voce di Martin, quasi impercettibile, era coperta dal rumore che la pioggia faceva cadendo sul cemento.


+++++++++++

Twenty minutes later

Due macchine e un'ambulanza erano arrivate alla diga. Da una vettura era sceso il vicedirettore Skinner, che aveva subito dato disposizioni:

<Fate presto.>

Pochi secondi dopo avevano raggiunto i tre malcapitati.

<Oh mio Dio...>

Lo spettacolo non era bello da vedere. Martin era poco sveglio, e stava cantando parole confuse dell'inno nazionale. Un rivolo di sangue partiva dal corpo di Gawain, che era steso sulle gambe di Scully. Lei, ancora legata, stava fissando con occhi vitrei il cadavere.

Due agenti si avvicinarono a Martin, il quale disse, con fatica: <Non riesco a muovere le gambe, non le sento più!>

<Stai calmo, l'ambulanza è qui.> Gli avevano risposto. <Dov'è l'agente Bradley?>

<E' caduto in acqua. Non so se sia emerso.>

Mentre due paramedici facevano una veloce visita a Martin, Skinner ne aveva chiamati altri due:

<Toglieteglielo da dosso.> Aveva detto, riferendosi a Gawain.

Quando avevano tolto Gawain dalle gambe di Scully, lei non aveva mosso un muscolo, e aveva continuato a guardare il vuoto. Il vicedirettore in persona l'aveva slegata, poi era andato di fronte a lei: era rimasta in quella posizione. Aveva uno sguardo triste, e non aveva mosso le braccia, anche se libere.

<Santo Cielo... Agente Scully?> Non un cenno. <Dov'è l'agente Mulder?>

<Sta arrivando.> Gli avevano risposto.

Scully non muoveva neanche le palpebre. Aveva lo sguardo afflitto, ma spento. Era come se trapassasse ogni cosa che vedeva, come se fosse da un'altra parte. Skinner l'aveva presa da un braccio. <Forza, andiamo.>

Si era lasciata guidare, senza opporre resistenza. Arrivati alle macchine, Skinner aveva visto una vettura avvicinarsi. Erano scesi Mulder e Diana, in abito da sera. Il vicedirettore si era bloccato, perché Scully aveva rifiutato di muoversi. Mulder non si era mosso: Dana lo stava guardando. O almeno così aveva creduto lui. Si era accorto che Scully stava guardando qualcosa alle sue spalle. Mulder si era girato, e aveva visto Gawain nell'ambulanza. Quando si era rigirato, vedere Scully gli aveva stretto il cuore: aveva gli occhi rossi e gonfi di lacrime, ma qualcosa la bloccava, e non riusciva a piangere.

Dopo aver rivolto un'occhiataccia a Mulder, Skinner aveva messo Scully nella macchina. Solo allora Mulder si era avvicinato.

<Cosa è successo?>

<Mentre lei era con l'agente Fowley a divertirsi, Regadd ha rapito l'agente Scully e l'ha portata qui. Non sappiamo ancora cosa sia successo. L'unica cosa che sappiamo è che Gawain è morto, Martin Wickham rimarrà paralizzato, Joel Bradley è probabilmente affogato, e Scully è sotto shock.> Mulder si era girato a guardare Scully. <Si è divertito stasera?>


+++++++++++++++++++++



Scully era stata portata all'ospedale, ma neanche lì aveva parlato. Il dottore aveva detto che non aveva niente, a parte lo shock, e a quel punto la signora Scully aveva insistito per portarla a casa sua.

La mattina successiva, Mulder si era recato lì.

<Salve signora Scully. Posso entrare?> Margaret non aveva detto niente, si era solo spostata. Arrivati nel salone, Mulder non aveva visto Scully. <E' ancora a letto?>

Margaret fece un cenno verso la veranda: Scully era seduta su una sdraio, rivolta verso il mare, con una coperta addosso, e di fianco un vassoio con la colazione intatta.

Dietro di lei c'era il vicedirettore, il quale stava provando a farla parlare. Skinner era rientrato dopo qualche secondo.

<Allora?> Aveva chiesto Margaret.

<Non ha aperto bocca, e non ha mangiato niente.>

<Non parla?> Aveva chiesto Mulder.

<E' da ieri sera che non parla, agente Mulder.> Il tono di Skinner era quasi arrabbiato.

<Posso provare io?>

<Se vuole. Ma non credo che sarà felice di vederla...>

Mulder aveva volutamente ignorato l'ultima frase del vicedirettore, ed era uscito sulla veranda. Si era seduto sulla sdraio a destra di Scully, e la guardava in faccia. Lei invece stava guardando il mare. Il suo sguardo era assente, vuoto, privo di ogni sentimento.

<Ciao.> Aveva detto delicatamente Mulder. Scully non si era girata a guardarlo. Mulder non poteva credere che ce l'avesse con lui perché la sera prima era uscito con Diana. Lui stesso si sentiva in colpa, e non aveva certo bisogno che qualcuno rigirasse il coltello nella piaga. <Perché non mangi? Devi mangiare qualcosa, hai bisogno di energie.> Gli occhi di Dana erano ancora rossi e gonfi di lacrime, come se fosse sul punto di piangere. Ma non piangeva. Mulder si rese conto che era in quello stato dalla sera precedente. <Senti, hai bisogno di parlarne. Chiuderti così, tenerti tutto dentro, ti fa solo male.> Dopo qualche secondo di attesa, Mulder aveva rinunciato ed era rientrato.

<Allora?> Avevano chiesto, quasi all'unisono Maggie e Skinner.

<Niente...>

<Io devo andare alla diga> Aveva detto il vicedirettore. <Ci sono le ricerche per Bradley.>

<Non l'hanno trovato?>

<No. Iniziavano le ricerche questa mattina. Cerchi di farla parlare, o mangiare...>

Un'ora e mezza dopo, non era cambiato niente. Aveva provato anche Margaret, a parlare con la figlia, ma niente. Era rimasta lì, senza mangiare, parlare, o piangere. Ormai sua madre e Mulder avevano rinunciato, e aspettavano solo un suo segno. Lei si era mossa solo alle otto e mezzo, circa. Era uscita e, senza guardarli in faccia, era andata a vestirsi.


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Poi nient'altro. Solo altri due giorni di mutismo, si era sbloccata solo in seguito. Aveva parlato, prima iniziando solo con lo stretto indispensabile, poi era andata via via migliorando. Era andata al funerale di Gawain e aveva parlato con Martin solo una volta. Da quel giorno aveva fatto in modo di non incontrare più nessuno, o andare da qualche parte, che le ricordasse Gawain.

Non aveva ancora pianto. L'aveva fatto un giorno, con Mulder, al lavoro.



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FBI Headquarter
Washington, D.C.
December, 1998


Era sabato. Mulder stava aspettando da circa mezz'ora che Scully tornasse in ufficio per andarsene insieme. Se ne era andata dicendo che doveva fare una cosa, e che sarebbe tornata per l'orario di chiusura, ma ancora non si era vista. Mulder non si era preoccupato, sapeva che lei doveva essere da qualche parte, nel Quartier Generale. Era sera, e non c'era quasi nessuno. Non sarebbe stato difficile trovarla. Dopo un lunga ricerca, Mulder era stato attirato dal rumore di spari che proveniva dal poligono situato nel seminterrato. L'aveva trovata lì, che si stava "esercitando". Si era avvicinato, senza che lei si fosse accorta di niente. Stava pensando che forse aveva bisogno di rimanere sola, così non aveva parlato. Ad un certo punto lei si era bloccata, e aveva abbassato la pistola appoggiandosi al piccolo ripiano, chiudendo gli occhi. Si era tolta gli occhiali e il paraorecchie, e si era portata le mani sugli occhi, iniziando a pinagere disperatamente. Mulder era intervenuto solo a quel punto: l'aveva girata, abbracciandola. Scully aveva fatto uscire tutto quello che era rimasto chiuso dentro di lei per troppi giorni: la rabbia, il tormento, lo stress... il dolore...


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Washington's Dam
Washington, D.C.
Present Day

...il dolore. Era un sentimento opprimente, presente nella sua vita da fin troppo tempo, e che sembrava non andarsene. Scully si accorse solo allora che aveva pianto, trascinata dalle emozioni che quei ricordi avevano suscitato in lei. Sonny si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. Dana si alzò e, asciugandosi le lacrime, iniziò a tornare alla macchina.

<Scusami.> Gli disse.

<E di cosa? Di avere un passato?>

Scully si fermò, e si girò a guardarlo. <Vorrei non averlo, quel passato.>

<Tutti abbiamo avuto dei brutti momenti. Servono a farci apprezzare meglio i brevi attimi di gioia. Altrimenti perché saremmo qui?>

<E' molto tempo che me lo chiedo... Sonny, sono a pezzi.>

Sonny aveva sentito una fitta al cuore, sentendo l'ultima frase, ma come al solito non l'aveva dimostrato. Doveva essere forte e sostenerla. Aveva bisogno di lui, in quel momento. <Passerà. E' difficile, lo so, ma devi farcela, e non solo per te.> Disse, rivolgendo lo sguardo verso l'addome dell'amica.

Scully non resistette più, e iniziò a piangere, abbracciandolo. <Non andare via prima del tempo, ti prego... Ho bisogno di qualcuno...>

Sonny la strinse forte, poi le alzò il mento allontandola e dicendo: <Dana?>

<Sì?>

<Hai cambiato divano?>

Era riuscito a farla ridere. Iniziò a ridere anche lui. <No. E' sempre quello. Hai qualcosa da trasportare?>

<Ho solo una borsa ed un portatile. Troppo?>

<No, figurati. Andiamo.>

Scully si era incamminata, seguita da Sonny. Dopo un po' si era fermata, girandosi ancora. <A che ti serve il portatile? Comunichi con i tuoi superiori?> Chiese, con un sorrisino.

<Spiritosa! Andiamo.>

Scully e Sonny si stavano allontanando da quel luogo che per lei rappresentava un incubo. Un incubo che era iniziato tanto tempo fa e che sembrava non finire mai. (Lo so che è una ripetizione, ma l'ho ripetuto di proposito. Così do più enfasi. Phoebe_svela_i_trucchi)



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CAPITOLO 2

NOTA: Visto che qualcuno ha avuto da obiettare, se ci saranno commentini, li metterò tutti alla fine della scena. Una persona mi ha detto che in mezzo distolgono l'attenzione, ed è vero. =) Non vi disturberò più durante la lettura….Un'ultima cosa: non mi ricordo chi, ma un'altra persona mi ha detto che Sonny sembra una persona simpatica…SE SEMBRA NON è! Cioè…Non sempre le cose sono sempre quello che sembrano. Ormai è diventato il mio motto. Comunque non lasciatevi influenzare dalla mia esperienza e dalla mia superiore conoscenza del personaggio, e non fatevi pregiudizi. Quando l'avrete conosciuto bene, mi direte che ne pensate di lui. CIAO!!!

                                                Phoebe

XOXOXOXOXOXOXOXO

Scully's apartment
Washington, D.C.
11.21 ( ^_________^ Phoebe_Halliwell_Carter)

Scully e Sonny entrarono nell'appartamento. Non era cambiato nulla dall'ultima volta che lui ci era stato, e comunque se l'era immaginato: Scully non aveva tempo per sé stessa, figurarsi per la casa. Sonny teneva la borsa con una mano e il portatile sulla spalla. Non le aveva permesso di aiutarlo neanche a portare il piccolo computer, sebbene lei l'avesse quasi supplicato.

<Eccoci qua.>, disse lei, chiudendo la porta.

<Non hai cambiato nulla.>

<Cosa dovevo cambiare?? E poi non passo molto tempo in casa, a dir la verità…> Sembrava che Scully l'avesse letto nel pensiero. Lo introdusse nel salone.

<Giusto….>

<Allora… beh… fa come se fossi a casa tua.>

<Grazie cara…>

Fortunatamente per lei, Sonny non si girò a guardarla. A sentire la parola "cara" detta proprio da lui, si era sentita strana. Probabilmente non l'aveva detta seriamente, ma Scully non poté fare a meno di ricordarsi che tra loro due c'era stato qualcosa. Dana andò in cucina a bere.

<Senti…> disse Sonny, raggiungendola.

<Cosa?>

<Che racconteremo a Skinner, quando gli dirò di questo recapito?>

<Eeehm… perché mai dovrebbe saperlo?> gli chiese, con un'espressione un po' preoccupata. Sicuramente Skinner avrebbe pensato male riguardo all'eccessiva ospitalità di Scully nei confronti di quello che, ai suoi occhi, era il suo nuovo partner.

<Dici che se qualcuno dell'FBI mi vedesse uscire da qui al mattino, non sospetterebbe niente?>

<Io spero che non ti veda nessuno del Bureau…> Forse Scully aveva risposto troppo rapidamente: Sonny poteva prendersela, con lui niente era scontato. Al contrario però, Sonny dimostrò di essere cambiato dall'ultima volta… almeno un pochino…

<Vuoi che entri ed esca dalla finestra?> Piccola allusione alla personale porta d'entrata di Sonny, l'ultima volta che era stato lì.

<No, ma se preferisci così…> rispose lei, seriamente.

<Spiritosa! Spero che tu stia scherzando!>

<No, affatto…>

Sonny la guardò profondamente, e capì che Scully diceva davvero sul serio. Questa volta non fu così "disciplinato", e non poté trattenere un'espressione di disappunto che comparve automaticamente sul suo viso.

Scully notò che Sonny aveva una faccia non tanto allegra, e disse: <Cosa ho detto?>

<Nulla… è che… speravo di poter…> Scully alzò le sopracciglia, come per dirgli di continuare. Sonny si voltò per guardare fuori dalla finestra. <…permettermi una vita normale, per un po'…>

Ci fu un momento di silenzio. Scully non sapeva molto del "precedente" lavoro di Sonny, ma sapeva che gli portava via molto tempo e molte amicizie.

<D'accordo… allora… sistemati, poi… poi andiamo a mangiare, ok?> gli disse.

<No, non voglio aspettare… ho fame…>

<Di già?>

<Sì… offro io.> disse, prendendola sottobraccio.

<Dove mi porti?>

<Dipende…> Scully non fece in tempo a chiedergli spiegazioni, che lui si inginocchiò, e disse, rivolto all'addome di lei: <Ehi, tu, là dentro! Carne o pesce?> Scully fu quasi presa da un attacco di iperventilazione, dovuto al gesto, ma gli sorrise ugualmente. Sonny rispose al sorriso, e chiese: <Posso?> Scully non poté replicare, visto che non aveva capito a cosa si riferiva Sonny. Lui non aspettò altro tempo, e le baciò l'addome. Poi si alzò, e prendendola sottobraccio: <Madame.> le indicò la porta.

I due uscirono. Scully non sapeva come comportarsi con lui: era molto affettuoso, ma non voleva illuderlo e provocare il decollo di qualcosa… anche perché non c'era niente che potesse decollare… non più, ormai.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

The White House Restaurant
Washington, D.C.
11.59

Dana e Sonny entrarono nel ristorante, che aveva un nome quasi scontato… la grande ed elegante sala era pressoché vuota, visto l'orario, ma entro un'ora si sarebbe riempita. Un cameriere andò loro incontro.

<Buongiorno e benvenuti. I signori vogliono un tavolo per due?>

<A dir la verità abbiamo prenotato: Barnett.>

Scully gli rivolse un'occhiata dubbiosa, quasi a dire "Ah sì??". Nel frattempo il cameriere aveva trovato il nome di Sonny nell'elenco. <Sì, ecco: il tavolo con vista migliore. Prego, seguitemi.>

Il cameriere li guidò attraverso tutta la stanza, e li portò ad un tavolo che aveva una splendida vista di Washington. Si vedeva anche la Casa Bianca… forse era quello il motivo del nome del ristorante.

<Prego.> Sonny fece sedere Scully.

<Grazie.> Il cameriere porse loro due menù, al che Sonny disse: <Grazie. Ci da' cinque minuti per scegliere?>

<Certo, signore.> E li lasciò.

Scully aprì il menù, e lo interpose tra lei e il suo amico. Disse: <Avevi prenotato?> con un'aria da gnorri.

<Tu che dici?? Ti piace qui?>

<Sì, molto…> Sonny aveva fatto in modo di aggirare l'argomento, ma lei non mollava. <E quando hai avuto il tempo di prenotare, se posso saperlo?> Scully aveva imparato a includere quelle tre parole dopo ogni domanda che rivolgeva a Sonny.

<Stamane. Ma questo non credo sia importante.>

<Stamattina? …da quanto sapevi che saresti tornato?> chiese ancora, mettendo giù il menù.

<Ma è così importante?>

<Abbastanza.> Sorrise. Un'altra cosa importante da fare con Sonny era dimostrarsi amichevole.

<Bene, allora se proprio insisti… sono tornato dalla Nuova Guinea cinque giorni fa. Due li ho passati in infermeria, uno a chiedere permessi, e l'ultimo ad ottenerli.>

<Infermeria? Che ti è successo?>

<Niente di grave. Solo un paio di bruciature e una lussazione.>

<Lussazione…> ripeté, quasi soprappensiero, Scully. <E come mai Skinner ha scelto PROPRIO te?> Sonny fece una finta tosse, e lei capì che era giunto il momento di smetterla, con le domande. <Scusa… pietra sopra…>

<Ok. Che ordiniamo?>

<Posso farti un'altra domanda?>

<Cercherò di non avere segreti per te.>

<E i soldi?>

<Quali soldi, scusa?> chiese lui, cadendo dalle nuvole.

<Ti hanno già pagato? Vedo che non badi a spese.>

<Diciamo che oggi non voglio badarci. Ti spiace?>

<No, figurati. Però non voglio che bruci i tuoi soldi così, solo per me.> disse guardando altrove.

<Uno: per voi. Due: è tutto ok, fidati.>

<Come vuoi….>

Passarono qualche altro secondo, poi Sonny chiamò il cameriere, che arrivò in un batter d'occhio.

<Prego?>

Iniziò Scully: <Ehm… aragosta e caviale…> Il cameriere la guardò incredulo, strabuzzando gli occhi. Lei fece un sorrisino, per far capire che era solo una battuta. <Insalata, grazie.>

<Per me il piatto della casa.> disse Sonny, porgendo al cameriere i menù. Aggiunse: <E anche per la signorina.>

<Se proprio insisti…>

Sonny fece segno al cameriere di andarsene. <Allora… cosa è successo durante la mia assenza?…a parte quello che si nota…> Scully gli rivolse uno sguardo preoccupato. <No, quella ancora non si vede, ma… sai… ti brillano gli occhi… credo che sia questo che chiamano istinto materno…>

Dana sorrise velocemente, e bevve un po' d'acqua. C'era un'ultima cosa che doveva dirgli, e si stava preparando.

<Per la serie "Non mi viene in mente nulla da dire"….Te l'ho già detto che sono stato in Nuova Guinea?> Sonny la imitò, e cominciò a sorseggiare l'acqua.

Scully prese il coraggio a due mani, e disse di colpo: <Sonny io ero sterile, lo sai questo?> Il ragazzo per poco non si soffocò. Mentre lui stava ancora tossendo, lei aggiunse: <Arguisco di no…>

Dopo essersi ripreso, le chiese: <Ehm… sapevi di esserlo quando noi… abbiamo…>

Scully si bagnò le labbra con la lingua, poi rispose: <Certo che sì….> e distolse lo sguardo. Quella notte era un ricordo che ancora la faceva rabbrividire, ma per il disgusto che le provocava ripensare a quel madornale errore da lei commesso.

<E' possibile che avessero sbagliato le analisi?>

<No, assolutamente. Altrimenti questo bambino sarebbe di qualcun altro… e sarebbe già nato.>

Lo sguardo di Scully si oscurò, e Sonny sapeva il perché, ma scelse di non rivangare il passato. Disse: <Mi riferivo alla tua sterilità.>

<Anch'io…>

<Ah, ecco.> Sonny decise che era meglio cambiare argomento. <Allora, socia! Su che caso stavi lavorando?>

<Ehm… ancora non è arrivato niente.> Dopo quasi tre minuti che non lo guardava in faccia, volse lo sguardo sui suoi occhi per circa un secondo. Tornò a giocherellare con la tovaglia.

Sonny aveva notato qualcosa di strano nei suoi occhi, tanto che chiese: <Cosa c'è che non va?>

<Niente… non voglio farti partecipe delle mie disgrazie. Basto io a soffrire.>

<Se prima avevi una ragione per dirmi i tuoi problemi, ora ne hai due: oltre che tuo amico sono anche tuo collega. E credo che questo significhi dirsi tutto.>

<Non proprio tutto, a quanto pare…> Si riferiva alle uniche due parole che lei e Mulder non si erano detti in sette anni….

<Lo troveremo, vedrai. Devi solo crederci.>

Ricacciò indietro le lacrime. <Scusa… doveva essere un pranzo senza problemi.>

<Di cosa devi scusarti? Di essere una donna sensibile, oltre che dolce? Ma se vuoi farmi un favore, facciamo onore a questa tavola. Se proprio vuoi piangere, fallo quando arriverà il conto.>

Sonny riuscì a farla sorridere, cosa molto ardua considerata la bufera nella quale si trovava. E a questo punto c'era dentro anche lui.

XOXOXOXOXOXO

Georgetown
Washington, D.C.
19.38

Dopo aver pranzato, Dana e Sonny avevano passato tutto il pomeriggio in ufficio, entrambi e studiare vecchi casi: l'obiettivo comune era ovvio, ossia cercare qualcosa che potesse dar loro anche un piccolo indizio su come trovare Mulder. Ad un certo orario Sonny aveva insistito per tornare a casa. Le aveva detto che per il primo giorno poteva anche bastare, e che voleva uscire da quell'ufficio. Ovviamente era una scusa. In realtà lui lo faceva per lei: non voleva che si stancasse troppo, o che pensasse troppo al lavoro. Una dose di vita normale faceva sempre bene… se si poteva definire "normale" la sua vita.

Avevano messo la macchina nel parcheggio, distante un paio di isolati da casa di Scully, e ora si stavano dirigendo verso l'appartamento.

<Sonny, comunque io ho un'altra stanza dove puoi dormire… C'è un letto… Un armadio… Insomma, tutte le cose di cui hai bisogno, non devi per forza dormire sul divano.>

<Ti ho già detto di non preoccuparti.>

Il divano gli andava più che bene: sentiva quasi il dovere di farle da guardia del corpo. Non voleva che le succedesse qualcosa, e la paura che durante la notte qualcuno potesse farle del male nel sonno, era talmente tanta che preferiva "riposarsi" in un posizione più vantaggiosa. Non gli importava se dormiva bene o no: l'importante era proteggerla.

Scully aveva percepito quello che lui voleva fare. Non le piaceva essere protetta, voleva far vedere che sapeva badare a sé stessa. Era sempre stata così, e probabilmente anche Sonny lo sapeva, ma lui era uno di quelli che faceva quello che gli diceva il cuore, non importava quello che gli altri pensavano, se era sicuro di fare del bene. Una gocciolina di pioggia atterrò sulla guancia di Dana, che alzò immediatamente gli occhi al cielo. <Accidenti, sta per piovere.>

<E a noi cosa importa? Stiamo andando a casa…>

<Già….>

Erano a pochi metri dal portone, all'altezza di un vicolo che costeggiava il palazzo di Scully. Si stavano avvicinando sempre di più… Lei pensava di essere riuscita a superare la paura, ma si ritrovò invasa da un senso di oppressione. Sonny, alla sua sinistra, non si accorse minimamente che lei stava camminando con gli occhi chiusi. Arrivati all'angolo con il vicolo, nonostante volesse evitarlo, guardò proprio verso la stradina: si bloccò di colpo, e Sonny insieme a lei. Il ricordo le ritornò alla mente, come registrato, chiaro anche nei minimi particolari.

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Arlington
Washington, D.C.
December, 19th 1998
21.49

Scully stava raggiungendo l'appartamento di Mulder, dopo aver eseguito un'autopsia. Era passato poco più di un mese dalla morte di Gawain, e aveva ricevuto diversi segni di avvertimento dalla setta che lui aveva frequentato: probabilmente volevano finire il lavoro lasciato in sospeso da Gawain. Per un po' di giorni non aveva ricevuto messaggi, così si era quasi scordata di quel problema, grazie anche alla montagna di lavoro da fare.

Era quasi arrivata al portone, quando aveva notato un ragazzo che stava uscendo furtivamente da un finestra del primo piano. Si era fermata a guardarlo, e quando il ragazzo si era accorto di avere uno spettatore, era fuggito, con un sacchetto in mano.

<Ehi!>

Scully l'aveva subito inseguito. Era in svantaggio di una ventina di passi, e aveva visto il ragazzo girare l'angolo che portava sul retro del palazzo. Aveva continuato l'inseguimento, tirando fuori la pistola durante la corsa.

Girato l'angolo, però, del ragazzo non c'era stata traccia. Scully aveva guardato un po' in giro, ma niente. Aveva rimesso la pistola nella fondina, e stava per tornare indietro, quando all'improvviso una figura era emersa dall'oscurità. Scully aveva cercato di guardarlo in faccia, ma era troppo buio: la luce di un solo lampione non era bastata.

Ad un tratto, una figura alla sua destra e un'altra alla sua sinistra, le si erano avvicinate sempre di più. Realizzando di trovarsi in pericolo, aveva ripreso la pistola, ma non si era accorta dell'arrivo, alle sue spalle, di altri due uomini: l'avevano presa per le braccia, e avevano buttato lontano la sua arma. Allo stesso tempo, le avevano chiuso la bocca con una mano, mentre uno degli uomini di fronte a lei aveva iniziato a prenderla a pugni sulla faccia e nello stomaco. Quando non era stata più capace di stare in piedi l'avevano scaraventata a terra, continuando a picchiarla.

Scully non era stata assolutamente in grado di ribellarsi: aveva mani e piedi bloccati, i pugni e i calci non le davano il tempo di tenere gli occhi aperti. Le poche immagini che aveva potuto vedere erano le luci delle macchine che passavano in lontananza sulla strada e i cartoni sparsi per il vicolo. Si era sforzata di vedere in faccia i suoi aggressori, ma erano in controluce, e sicuramente non sarebbe stata in grado di dire neanche se avevano gli occhi chiari o scuri.
   
Ad un certo punto si accorse che i suoi aggressori non si stavano limitando a picchiarla, ma stavano anche iniziando a darle baci sul collo, e a strapparle i vestiti. Aveva chiuso gli occhi, per non guardare, ma quello che si sentiva fare addosso era talmente disgustoso, che non bastava chiudere gli occhi per cercare di resistere. Li riapriva a scatti. La bocca era finalmente libera, ma non aveva la forza di parlare. Le lacrime erano le sue parole represse.

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Vedendo che Dana stava fissando il vicolo con uno sguardo perso nel vuoto, ma allo stesso tempo terrorizzato, Sonny capì cosa stava succedendo, e i suoi tentativi di richiamarla alla realtà furono inutili: rimaneva lì, immobile, estraniata da quello che la circondava.


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Arlington
Washington, D.C.
22.01

I suoi aggressori avevano continuato nell'opera. Ormai era talmente distrutta, che stava per perdere i sensi. L'ultima cosa che aveva visto era stata una luce e successivamente i suoi assalitori che scappavano.

Quando si era ripresa, era seduta appena fuori dalla porta dell'appartamento di Mulder. Un solo colpo alla porta, e Fox le aveva aperto.

<Oh mio Dio! Scully!>

La scena che si era ritrovato davanti agli occhi era stata orribile: lei aveva ematomi e sangue ovunque, e i vestiti strappati in alcuni punti.

Il suo pianto ininterrotto era l'unica espressione che poteva fare per fargli capire che era stata ferita, sia fisicamente che moralmente.

Quando Mulder l'aveva abbracciata, aveva trovato quello che non avrebbe voluto vedere… sulla spalla aveva un disegno: il disegno di un ragno chiuso in un cerchio.

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Present Day


Sonny riuscì a farla riprendere, e in quel momento Scully strizzò gli occhi, facendo un passo indietro, e piegandosi in due, come se fosse stata colpita da un pugno nello stomaco. Sonny le mise le mani sulle spalle, ma non disse niente. Aspettò che si riprendesse: notò che non uscivano lacrime. Pensò che probabilmente le aveva già versate tutte precedentemente.

<Ehi…>, disse, con voce delicata.

Scully riaprì gli occhi, e si rialzò solo dopo essere stata ancora un paio di secondi ricurva.
Quando fu in posizione eretta, era tornata perfettamente normale, come se non fosse successo niente. Si riavviò verso il portone senza dire una parola di più. Sonny rimase sbalordito, e la raggiunse dopo poco. Mentre lei cercava di aprire il portone la guardava, ma non osava chiederle una spiegazione.

Lo sorprese dicendogli: <Avanti, chiedimelo.>

<Perché….>

Lo anticipò: <Perché non ho pianto? Perché non ero addolorata? Sono stufa di piangere, Sonny. Sono stufa di fare sempre lo stesso incubo. Se continuo così non ne uscirò mai. Hai visto cos'è successo? È bastato in vicolo a farmi cadere nel vortice dei ricordi, mentre invece credevo di esserne uscita. Voglio dimenticare completamente quello che è successo, e sicuramente non ci riuscirò se ogni volta mi metterò a piangere.> Aprì il portone e dopo aver attraversato l'atrio, iniziò a salire le scale.

<Ma… non è un segno di debolezza… è normale che la ferita non si sia ancora rimarginata.>

<Sono passati due anni! E poi non si tratta di debolezza o no. Si tratta di volontà. E la mia volontà ora è quella di scordare quello che mi hanno fatto. Quindi chiudiamo qui il discorso, per favore.>

Mentre camminavano nel corridoio, lei sentiva di averlo lasciato un po' scosso. Forse il suo tono di voce un po' duro poteva averlo tratto in inganno, così riparò: <Non sono arrabbiata con te perché volevi saperlo.>

<Non preoccuparti.>

<Mi sono fatta trascinare dalla rabbia contro i miei aggressori.> Aprì la porta.

<Ho detto di non preoccuparti.>

Sonny entrò per primo, non accorgendosi che in realtà lei era rimasta un po' sconvolta dal ricordo. Ma non voleva farglielo notare: l'incubo era ancora presente, e non voleva trascinarlo con sé.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

Scully's apartment
Washington, D.C.
20.22

Erano a casa da circa mezz'ora. Lui stava sistemando la sua roba in una stanza, dove c'era anche il letto…Ma non voleva dormire lì. Il divano gli andava più che bene. Scully lo stava aiutando, e Sonny ne aveva approfittato per spaziare un po' nella conversazione, sperando che in questo modo potesse svagarsi un po'.

<Mi stai dicendo che non conosci i Mariners?>, le chiese Sonny.

<Non ho idea di chi siano, davvero.>

<Ma almeno sai che è una squadra!>

<No! Non so neanche quale sia lo sport…>

<Oh mio Dio! Sono una squadra di Baseball!> Scully lo guardò stranamente. <I Seattle Mariners!>

<E' la prima volta che li sento…>

<D'accordo…vuol dire che qualche volta vedremo una partita di baseball dei Mariners…>

<Se proprio insisti…> Sonny sorrise. <Seattle Mariners…> si ripeté Scully, quasi sotto voce.

<Ecco… questa era l'ultima… ora ho proprio bisogno di una doccia.>

<Il bagno è lì… c'è già tutto.>

<Grazie.>

<Cosa vuoi mangiare?>

<Permetti che cucini io qualcosa, almeno per il primo giorno? Già è troppo che tu mi stia ospitando senza farmi pagare l'affitto della camera…> disse avviandosi nel bagno.

<E chi ti dice che non voglio farti pagare?> rispose lei, allontanandosi verso il soggiorno.

Scully si sedette sul divano. Tutta quella situazione era molto strana. Il loro rapporto era già abbastanza torbido senza la necessità di convivere per un po'. Non era mai successo con Mulder… ma a pensarci bene, niente di quello che faceva con Sonny, l'aveva fatto con Mulder.

XOXOXOXOXOXOXOXO

9 minutes later

Scully stava guardando un quiz in TV…. "Guardando" per modo di dire. Stava pensando a tutt'altro: l'argomento era sempre quello, non cambiava da circa una settimana.

I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal campanello. Si alzò ed andò ad aprire, senza prima guardare dallo spioncino. Forse avrebbe dovuto farlo.

<Bill!> Scully non vedeva suo fratello da parecchio tempo. E avrebbe voluto non vederlo neanche quella sera. Fortunatamente era solo.

<Ciao! Sono venuto per parlarti.> Vedendo che la sorella non si spostava, né accennava a parlare, chiese: <Posso entrare?>

"No!" pensò Scully, ma la sua bocca fece tutto da sola: <C… certo.> Si scostò un po' per farlo entrare, e chiuse la porta. Rimasero nel salone: era meglio non andare in cucina, Bill avrebbe potuto vedere Sonny, ed era meglio evitarlo.

<Ti ho disturbato?>

<No, figurati… ma che ci fai qui?>

<La mia nave è arrivata stamattina, e ho l'aereo per S. Diego alle nove. Così ho deciso di passare a salutarti.>

<Hai fatto bene…> rispose lei, cercando di sembrare il più tranquilla possibile.

<Ho saputo la notizia.>

Scully credette di avere un infarto. <Quale notizia?>

<Della scomparsa di Mulder… perché, c'è qualcos'altro che dovrei sapere?>

<No! Nient'altro…> mentì Scully. Sapeva che Bill non aveva mai potuto soffrire Mulder, e il fatto che fosse andato a trovarla era una cosa carina, ma forse era meglio omettere l'altra notizia.

<Come stai?>

<Come dovrei stare?> chiese, sedendosi sul divano e spegnendo la televisione.

<Hai ragione, scusami.> Bill rimase in piedi.

<Non importa.>

<Ho saputo che sei stata in ospedale… cos'avevi?>

<Ehm… niente di particolare… calo di pressione.>

<Ah-Ah… da dove conti…>

In quel preciso momento, la voce di Sonny riecheggiò nel corridoio, e si fece sempre più vicina: <Dana, scusa, dove trovo un asciugamano per i capelli?> Sonny comparve nella cucina, con indosso solo un asciugamano, tenuto all'altezza della vita.

Bill si congelò alla vista di quel bel giovane muscoloso in casa della sorella che si stava persino facendo la doccia lì, mentre Scully avrebbe voluto esplodere solo per risparmiarsi i commenti successivi del fratello. Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Dana disse: <Mobile in basso, cassetto a sinistra.>

<Grazie e scusatemi.> Sonny tornò in bagno, senza aver neanche salutato quell'uomo. Aveva intuito che non gli era simpatico.

Bill continuò per un po' a guardare il corridoio, poi si girò verso la sorella e chiese a bassa voce: <Scusa, che ci fa quell'uomo in casa tua?>

<Lui è… il mio nuovo partner.> rispose, evitando di guardarlo.

<Ah, ecco… e come mai fa la doccia in casa tua?>

<Beh… c'è stato un incendio a casa sua, non ha più niente… così ho pensato di ospitarlo io.> Scully quasi sentì il suo naso che si allungava a dismisura.

<Addirittura!>

<So cosa stai pensando, ma non lo penseresti, se sapessi quello che so io.> disse alzandosi.

<E cosa…>

Sonny avrebbe voluto evitare di tornare lì dentro, ma non poteva: <Scusatemi ancora, ma non li trovo.>

<Ehm… Bill lui è Sonny Barnett… Sonny, lui è Bill, mio fratello.>

<Piacere.> disse Sonny tendendo la mano.

<Piacere mio.> rispose Bill, stringendo la mano, con un'espressione non proprio amichevole.

I secondi di silenzio intanto passavano, e l'aria sembrava pesare tonnellate. All'improvviso Bill disse: <Ora è meglio che tolga il disturbo, vedo che sei in ottima compagnia.>

<Come vuoi.> Scully prese la palla al balzo e accompagnò il fratello alla porta. Lo sguardo che fece poco dopo verso Sonny era quasi infiammato.

<Sì??> chiese lui, con aria angelica.

Scully però alzò gli occhi al cielo e sorrise, poi andò in cucina. <Niente, niente…>

<Sicura? Hai una faccia!>

<Niente. Vatti ad asciugare i capelli e a vestirti.>

<Sì, mamma!>

Era la prima volta che si sentiva chiamare così, e non era sicura che in futuro ci sarebbero state altre occasioni. Sonny tornò dopo poco, vestito. <Così vado meglio?>

Scully lo guardò distrattamente. <Sì, meglio.>

<Ma cos'hai?>

<Niente, scusami. Ero soprappensiero.>

<E a cosa pensavi?>

<…hai detto "mamma"…>

<Dovrai pur abituarti a sentirti chiamare così, no?>

Scully non rispose, e forse pensava che il pavimento era più bello a vedersi che Sonny, perché abbassò lo sguardo. Il ragazzo fece in modo di tornare nel campo visivo dell'amica.

<Ho paura di non riuscire a portare a termine la gravidanza…>

Sonny si sentì stringere il cuore… anzi… lo sentì quasi spappolarsi. <Dai, vieni qui.> La abbracciò. <Ci sono io. Non ci saranno problemi.>

<E se invece dovessi andare via all'improvviso? Come è già successo...>

<Non accadrà. Parola di scout.>

<Forse penserai che dopo l'ultima volta che sei venuto io non l'avrei mai detto, ma mi sei mancato.>

<Anche tu, Dana. E per quello che può servire, scusami.> Sonny aveva rivangato il passato. Solo poche ore prima era deciso a non farlo, ma ormai…

<Non è stata colpa tua.>

<Scusami lo stesso.>

<Sono io che devo scusarmi… quella notte…>

<Shhh.> la interruppe.

<No..> Scully si allontanò. <C'è una cosa che devo dirti.>

Sonny iniziò a preoccuparsi: troppe notizie in un giorno potevano fare male. <Cosa?>

<Quella notte… e… tutto quello che ne è venuto dopo…>

Sonny fu salvato dal telefono. Scully andò a rispondere senza dire altro. <Pronto? Ciao… sì, è venuto poco fa.> Era sua madre. Dana non aveva neanche chiesto a Bill se Maggie sapeva di Mulder. <No, stasera no, ho già preparato. Non preoccuparti, verrò io. Ok. Sì, certo. Ciao.> Scully ripose la cornetta, e si girò verso Sonny.

<Dicevamo?>

<Ehm… scusami ma… ho perso il…>

<Ok, non importa. Spero che me lo dirai, prima o poi.> Sonny si lasciò cadere sul divano, sospirando… anche se sembrava più uno sbuffo, che un sospiro….

<Sei deluso?>

<No, è che mi sembri… triste….> (Ma và! Che acume! E come dice Alyssa Milano: "Give the boy a prize!!" Phoebe_la_scrittrice_più_spiritosa)

<Infatti… lo sono.>

<Perché?> (e_e Phoebe_la_scrittrice_più_paziente)

<Eeeh… vedi tu, Mulder è sparito, e due anni dopo aver scoperto di essere sterile, vengo a sapere che sono incinta….>

<Capisco… pensavo che fosse successo qualcos'altro che non so.>

Scully rifletté qualche secondo. <No, credo di averti detto tutto.>

Sonny rimase un po' in silenzio. Avrebbe voluto rivederla in un contesto più divertente di quello. La situazione non era affatto semplice, ed era meglio stare sull'attenti: un passo falso e sarebbe scoppiata per il troppo stress.

<Bene… e ora che si fa?> disse, entrando nella modalità "Facciamo finta di niente".

<Che ne dici se preparo qualcosa e vediamo qualche film?> Sonny le aveva dato l'input per svagarsi un po'. Sicuramente non sarebbe stato facile, ma almeno avrebbero provato a comportarsi come la prima volta che si erano incontrati… beh… non proprio in quel modo…

<Sì, certo…> Lo sguardo di Sonny si intristì per un secondo, ma bastò per farlo percepire a Dana. <Sarebbe… stupendo…>

<Che c'è? Stai pensando a qualcuno?>

<Sì, a me… a quante volte ho desiderato una serata così. Grazie.> Espresse il suo ringraziamento anche in un altro modo: baciandola sulla fronte.

A Scully non piaceva dargli troppo campo libero, ma non le sembrava il caso di mettersi a litigare o a offendersi proprio il giorno in cui era tornato. <Il tuo lavoro non te lo permette?> Lo sguardo strano di Sonny le fece capire tutto. <Beh…ehm… se il tuo desiderio di avere una vita normale è più forte, perché sopprimerlo?> (Uè!! Che padronanza di termini!! Phoebe_ha_preso_dalle_sorelle ^_^)

<Semplicemente perché spero che quello che faccio permetta a più di una persona di vivere una vita tranquilla.>

<A costo della tua…>

<Beh, ora sono qui con te… oh, pardon…> Sonny le appoggiò una mano sull'addome: <Con voi. E mi sento bene, come non mi succedeva da tanto, tanto tempo…>

Scully non voleva fargli credere che tra loro fosse tutto normale, tutto chiarito… niente era chiarito, e non voleva dargli l'illusione di essere ancora attratta da lui, ma… quando era così tenero con lei, quando parlava della gravidanza, lei non sapeva trattenersi. Mise la sua mano sopra quella di Sonny, che era ancora sulla pancia, e chiuse gli occhi, come sopraffatta da troppe emozioni.

Sonny avrebbe voluto che quegli attimi durassero per sempre. La fissò in silenzio, osservando poi una lacrima che le scendeva lentamente sul volto, e si avviava verso le labbra. Avrebbe voluto asciugargliela, e mosse anche la mano per farlo, ma si bloccò, pensando che era meglio evitarlo.

<Dana.> la chiamò, a voce molto bassa. Scully aprì gli occhi, e si asciugò la lacrima. <Lo troveremo, te lo prometto.>

<Mia madre non lo sa. Non sa niente.>

<Forse è meglio così. Almeno per ora.>

<E se quando lo saprà mi chiederà perché non gliel'ho detto prima? Cosa dovrei dirle?>

<Ci penserai quando verrà il momento.> Sonny pensò che il primo tentativo di passare una serata QUASI normale era andato a vuoto, e forse era meglio riprovarci. Questa volta però doveva dare il meglio di sé. <Vado a preparare qualcosa, ok?>

<Ok…>

Sonny si alzò, e si allontanò verso la cucina. <Cosa preferisci?>

<Non lo so, fai tu.>

<Come vuoi.>

Scully pensò che era carino, da parte di Sonny, tentare di sollevarle il morale, e anche se non era molto facile, sapeva che lui avrebbe potuto farcela.

(Prima di andare avanti permettetemi di dire una cosa….COME è DIFFICILE SCRIVERE CON I GUANTI!!! Non ridete, qui fa freddo, e ogni volta che scrivo mi si ghiacciano le mani, così ho pensato ai guanti. Per cui scusate eventuali errori grammaticali. ^_^ Phoebe_scrive_con_i_guanti.)

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

Few minutes later

Scully stava seguendo un telegiornale in TV dopo che Sonny aveva rifiutato il suo aiuto per cucinare. Ogni tanto arrivavano rumori di piatti e di acqua che scorreva, ma non era mai andata a vedere come se la stava cavando. Conoscendolo, non doveva avere molti problemi, lui sapeva fare di tutto…Ma la curiosità era troppa, così entrò in cucina.

<Allora, come va? Vuoi una mano?> Sonny era di spalle, e nel lavandino c'erano pochi piatti.

<Sì, grazie.>

<Come posso aiutarti?> Finalmente l'aveva convinto.

<Chiama una pizzeria che fa consegne a domicilio!> Sonny si voltò: la faccia era tutta sporca di farina e le mani piene di una pasta che sembrava tutto tranne pasta per focaccia. Scully iniziò a ridere. Sonny sorrise nel vederla così: il suono della risata di Dana era così musicale e trascinante che era facilissimo ridere insieme a lei. Scully si avvicinò, e iniziò a pulirgli la faccia con uno strofinaccio appeso ad una sedia.

<Come hai fatto a ridurti in queste condizioni?>

<La tua cucina mi odia!>

<Oh, non esagerare.> Scully continuò la sua opera di pulizia con una delicatezza così dolce, che ogni tocco sembrava la carezza di un angelo.

<Non esagero! È impossibile combinarsi così solo tentando di fare una pizza!> Sonny parlava con il sorriso sulle labbra: stranamente era riuscito a farla divertire con qualcosa che era successo per caso, e non per una sua idea.

<Forse hai sopravvalutato le tue capacità.>

<Sarà!?!>

<Vai a pulirti, io intanto ordino. Come la vuoi?>

<Con il chili.> (Da leggere "cili"…Lo so che lo sapete, ma può darsi che qualcuno ci impieghi un po'…Ok. Scusate, non lo faccio più. Phoebe_non_dubiterà_più_della_vostra_intelligenza)

<Ci vai leggero! Dopo il pranzo di stamattina…>

<Brucio molto!>

<Sì… e io sono la fata turchina.>

<Bello! Mi accorci il naso?>

<Il tuo naso sta bene così com'è.> Scully andò a chiamare la pizzeria, mentre continuava a sorridere.

Sonny si pulì le mani e il viso, e iniziò a rimettere in ordine la cucina. Finalmente stavano passando una serata regolare, ma chissà perché aveva l'oscuro presentimento che la tranquillità non sarebbe durata a lungo.

<Allora? Ti sei pulito?> chiese Scully, tornando in cucina.

<Sì, ho anche sistemato qui. Ora dobbiamo solo aspettare la manna dal cielo.>

Si avviarono verso il salone. La televisione era ancora accesa, ma il volume era molto basso. Scully andrò dritta verso la finestra, a guardare il "panorama".

<Un penny per i tuoi pensieri.>

<Questa frase mi ricorda qualcosa…>

<Ok, lo ammetto… sono stato banale.>

<No, è che…  mi ricorda la prima volta che sei venuto.>

<Lo so, sono stato banale anche allora, vero?>

Il silenzio era l'unica cosa sempre presente nelle loro discussioni. Quando stavano in silenzio era perché stavano ripensando a qualcosa che li riguardava e che faceva ancora strage dell'armonia che poteva esserci tra di loro.

<Sonny…>

<Sì?>

<E' lecito chiederti quale sarebbe la tua missione qui?>

<Certo. Al momento nessuna.>

<Stamattina hai detto che sei qui "in missione".>

<Sì, mi hanno ordinato di inserirmi nell'FBI, ma ancora non mi hanno fatto sapere nient'altro. Potrebbero anche volerci dei mesi.>

<Ma la cosa riguarda me?>

<Non so cosa dirti, davvero.>

Scully non sapeva se credergli, soprattutto perché non sapeva niente del suo lavoro, quindi non poteva sapere se i suoi superiori lo mandassero da una parte senza dirgli il perché… Ma da un lato era strano che un tipo come lui accettasse senza farsi dare altri dettagli, che in quel caso erano fondamentali. <Come ti ho detto prima… spero che questa volta rimarrai per poco… a meno che la tua missione non abbia a che fare con Mulder… o forse ti hanno fatto venire per la mia gravidanza. Per caso il tuo datore di lavoro è interessato al mio bambino?> Era la prima volta che diceva quella parola. Ci era voluto un po' di coraggio, perché era come se temesse che nominare quella parola potesse portare in qualche modo sfortuna.

Sonny capì che lei stava iniziando ad agitarsi, e che era meglio troncare il discorso. <Non lo so! Ed ora, se non ti spiace, finiamola qui.>

<Come vuoi… scusa tanto se ho voluto sapere qualcosa di più su di te.>

Voleva essere una frase retorica, ma Sonny le rispose seriamente: <Sei scusata.>

Quando si comportava così, le faceva cadere le braccia. Fu salvato dal campanello. L'uomo della pizza era arrivato con la velocità della luce. Scully pagò. <Tenga il resto.>

<Grazie, e buon appetito.>

Dana tornò a sedersi sul divano, dicendo: <Si mangia!> Il tono allegro fece capire a Sonny che il discorso di prima era davvero chiuso, almeno per il momento. Evidentemente aveva imparato quando fermarsi, con Sonny.

<Evvai! Ciccia e colesterolo!>

<Non hai detto che bruci molto?>

<Mi riferivo a te!>

<Dimentichi che ormai devo mangiare per due…> replicò, pensierosa.

<Hai ragione. Ma ora basta parlare: abbuffiamoci.>

Scully afferrò il telecomando e cambiò canale. <Per la tua gioia, stasera c'è il baseball in TV.>

<Bello!>

Entrambi azzannarono uno spicchio della specialità italiana confezionata in un colorato cartone.

<Mhm! Per fortuna sono più bravi di te, a fare le pizze…>

<Ah-Ah! Come siamo spiritose! Vorrei vedere te!>

<Quando vuoi…>

<Abbiamo tanto tempo!> disse, con aria di sfida.

<Bene… poi fammi sapere cosa vuoi che ti cucini…>

Sonny le porse la bottiglia di birra. <Alla nostra. A un lungo e felice rapporto sia di lavoro che di amicizia…>

<Il rapporto di lavoro spero che sia corto… l'amicizia, quella lunga quanto vuoi…>

<Quanto VOGLIAMO.>

Questa volta il silenzio poteva essere giustificato dalla necessità di mangiare e di bere. Ma era solo la quiete prima della tempesta.

<Cos'era? Una frecciatina al mio comportamento durante la tua ultima visita?>

<Cosa, scusa?>

<Era un frecciatina?> ripeté lentamente, per fargli capire meglio.

<No… non credo… non volevo…>

Fece un sorrisino: era divertita dal fatto che l'avesse messo in difficoltà. Disse: <Mi è sembrato così.>, prima di bere un sorso della sua birra. Sonny la imitò senza rispondere. A quel punto lei non poté continuare a far finta di niente, e per una buona volta voleva affrontare il discorso. Appoggiò la bottiglia sul tavolino, e volse lo sguardo verso di lui: <Perché ultimamente ho l'impressione di sbagliare ogni volta che parlo con te?>

<Perché sei troppo apprensiva.> E lui era troppo vago. <Cerca di rilassarti e cerca anche di vedermi solo come il tuo collega.>

<Beh… è un po' complicato dopo… dopo quello che abbiamo avuto…>

<Lo capisco, ma…>

<So che l'ultima volta che sei venuto non mi sono comportata bene con te, ma non voglio che… insomma, continuo a sentire una certa distanza tra noi.> Scully sorseggiò di nuovo la birra, questa volta evitando di guardarlo di faccia.

<La distanza si può accorciare, con il tempo… e con la voglia di farlo…>

Scully stava ripetendo la stessa cosa che aveva fatto durante il pranzo: stava prendendo tempo per dirgli un'altra cosa molto importante, forse la più difficile di tutte. <Senti, è il momento che io ti dica una cosa…>

<Perché ho l'impressione che mi stia per cadere una tegola in testa?>

<Perché è così…>

Sonny cercò di sdrammatizzare un po', forse pensando che ormai non c'era più niente che potesse scalfirlo: prese un cuscino e se lo mise in testa. Ma un cuscino non può attutire il colpo di una tonnellata di mattoni…

<E va bene… ho trovato una spiegazione per… quella sera e… il mio comportamento successivo…>

Sonny finalmente capì che il discorso era piuttosto serio. <Continua.>

<Non è stata colpa tua… è stata mia…>

<Cosa vuoi dire?>

Scully prese una boccata di aria. <Mi odierai, dopo quello che ti dirò… è stato difficile accettarlo, è una cosa…orribile…>

<Arriva al dunque.> Quella tensione lo stava distruggendo.

<…ti ho usato.>
Più al dunque di così…

<Capisco… e a che scopo?>

<Volevo… volevo sapere se… se ne ero ancora capace…>

<Di…>

<E' per questo che mi sono arrabbiata con te la seconda volta che sei venuto. Perché ci avevo pensato e… non volevo ammtetterlo.>

Sonny rimase un po' in silenzio. In poche parole, gli stava dicendo che la notte in cui avevano fatto l'irreparabile, l'aveva usato: forse inconsciamente e involontariamente, ma l'aveva usato. L'aveva sempre accusato di essere sparito senza avvisarla, e di averle moralmente fatto del male, e invece ora era lui quello moralmente ferito. Forse lei avrebbe avuto bisogno di un po' di comprensione, o forse non avrebbe dovuto comunque fare una cosa del genere.

Sonny pensò che con i "forse" voleva scaricare la patata bollente. Aveva bisogno di aria, tanta aria.

<Credo sia meglio che vada a fare una passeggiata.>

Uscì senza dire altro, lasciandola lì con il televisore acceso e la pizza nel cartone. Scully chiuse il cartone e spense la televisione, rimanendo così nel buio assoluto. Le veneziane impedivano l'ingresso anche alla poca luce che poteva arrivare dai lampioni della strada.

Finalmente gli aveva detto tutta la verità, ma non era più sicura di esserne felice. Indubbiamente si era tolta un peso dallo stomaco, non avrebbe potuto continuare a frequentarlo sapendo che gli stava mentendo: faceva parte del suo carattere. Non riusciva a mentire, a meno che non si trattasse di una bugia che non provocava alcun male. Del resto anche lui aveva i suoi piccoli segreti… e pensandoci bene aveva anche un carattere odioso, antipatico. Quando ripensava a quella notte, veniva assalita dall'insofferenza: era stato solo un terribile sbaglio che non si sarebbe mai potuta perdonare. Era come se fosse stata plagiata… forse il termine era un po' esagerato, ma sicuramente era stata illusa… e non sapeva se era meglio essere illusa o usata.

Inevitabilmente si ricordò il loro primo incontro, avvenuto circa due anni prima.

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Per Scully e Mulder erano ancora tempi duri: niente X-Files, né qualcosa faceva credere che li avrebbero riavuti. Ovviamente loro non si erano arresi. Kersh aveva affidato a Scully un caso di omicidio: le era parso strano che il duro vicedirettore le avesse chiesto di occuparsene. Forse voleva farla riprendere da quello che era successo. Ma, come si suol dire, le disgrazie non vengono mai da sole, così, nel caso cui stava dedicandosi, una donna era stata stuprata e uccisa, non necessariamente nell'ordine. Erano passati poco più di cinque mesi da quel nefasto giorno: la ferita era recente, bruciava ancora. Mulder si era preso qualche giorno di ferie: aveva quasi aggredito Kersh, e lei l'aveva pregato di prendersi un po' di vacanza.



Georgetown
Washington, D.C.
May, 23rd 1999
23.05

Era sera, e lei era sul tetto del suo palazzo. Stava ammirando la vista, con una bottiglia di bourbon in mano… continuava a fissare un po' il cielo, un po' la bottiglia, un po' il cielo, un po' la bottiglia. Stava andando avanti così da circa dieci minuti, quando si decise a berne un sorso. La piacevole brezza leggera le muoveva i capelli rossi. Le luci dei palazzi e delle macchine illuminavano il cielo, sostituendo la luminosità delle stelle, così che era difficile vederle. La luna, davanti a lei, in mezzo al cielo notturno, brillava così tanto, che sarebbe bastata a rischiarare tutto, senza bisogno di lampioni e luci cittadine.

Pochi centimetri separavano quello che poteva essere un principio di alcolismo dalle sue carnose labbra, quando una voce era arrivata da dietro un muro: <Agente Scully, non vorrà cadere nel tunnel?>

Scully si era girata di scatto, portando istantaneamente la mano alla fondina… che non era al suo posto… e niente fondina, niente pistola. Si era chiesta perché l'aveva lasciata giù, nel suo appartamento. Nel frattempo l'uomo si era portato in una zona di luce. Gli occhi di Scully avevano subito analizzato l'individuo: alta statura, corporatura atletica, lineamenti duri… e capelli scuri, forse. L'unica cosa distinguibile della capigliatura era il ciuffo che gli cadeva sulla fronte.

<Lei chi è?> aveva chiesto, sforzandosi di abbassare il battito cardiaco.

<Anche se le dicessi il mio nome, non le direbbe niente… comunque può chiamarmi Barnett, Sonny Barnett.>

<Che ci fa qui?> Aveva fatto la domanda quasi di scatto. Nella vita aveva imparato a non fidarsi di nessuno, men che meno degli uomini che comparivano all'improvviso alle sue spalle, sul tetto di un palazzo, che sapevano il suo nome e che sembravano lavorare per il governo. Infatti l'uomo era vestito in nero, dalla testa ai piedi.

<Ho molti interessi in comune con lei.> L'uomo aveva buttato uno sguardo sulla bottiglia che Scully aveva ancora in mano. Sembrava molto sicuro di sé, anche se aveva aggiunto: <Ma innanzitutto butti via quella bottiglia… non sulla mia faccia.>

Scully non si era lasciata distrarre dalla vena scherzosa del tipo, e aveva chiesto: <Quali sarebbero questi interessi?> non lasciando la bottiglia. Senza la pistola, quella era la sua unica arma.

<Diciamo che indagheremo sullo stesso caso del quale ha appena ricevuto l'ordine di occuparsi. E per ora non posso dirle di più, se non si fida di me.>

Scully stava per esplodere in una risata. Sonny Barnett aveva pronunciato la parolina magica, ma sfortunatamente per lui, non si può ricevere la fiducia a comando.

<La fiducia si guadagna con il tempo. Sa qual è il mio motto? Mai fidarsi subito degli sconosciuti.>

<Non si è fidata neanche di Mulder, quando l'avevano incaricata di sorvegliarlo?>

Quella frase aveva fatto scattare un meccanismo di allerta. Quell'uomo sapeva troppe cose, quindi o era dell'FBI, oppure era della stessa razza dell'uomo dalla sigaretta sempre accesa, il che non era un buon segno.

<Lei sa troppe cose su di me. Mi dica chi è o mi lasci in pace.> Lo sguardo acceso di Scully aveva lasciato poco scampo, ma Barnett sembrava conoscerlo da tanto tempo, perché non si era scomposto. Aveva risposto: <So troppe cose? Vediamo… Dana Katherine Scully, nata il 23 Febbraio del 1964, Pesci. Assegnata agli X-Files nel 1992 per sorvegliare l'agente Fox Mulder, detto Spooky, ma col tempo si affeziona a lui, e decide di seguirlo nelle sue "strampalate" battaglie. Scompare nel '94 e durante la sua assenza l'agente Mulder viene affiancato da Alex Krycek, sospettato di essere un cosiddetto "uomo in nero"…>

"Senti chi parla" aveva pensato Dana. Fino a quel momento Sonny non aveva detto niente di particolare: mezza FBI sapeva la saga di lei e Mulder.

<Suo padre è morto nel '93 per un attacco alle coronarie, e sua sorella due anni dopo. Ha saputo di avere una figlia nel '97, Emily, che si pensa sia nata durante la sua scomparsa. Purtroppo Emily muore dopo qualche tempo; in seguito voi venite allontanati dagli X-Files… ed eccoci qui…>

Scully era rimasta colpita da quello che aveva sentito. Barnett sembrava sapere i suoi punti deboli, perché aveva toccato tutti i tasti che di solito gli altri non toccavano, se la conoscevano. Era questo quello che l'aveva spaventata, non tanto il fatto che conoscesse la storia della sua vita.

<Perché mi dice questo? Cosa vuole da me?> Sonny l'aveva guardata, colto di sorpresa dalla sua reazione… ma sapeva che era solo quella esterna. <Il suo modo di fare mi suggerisce che lei è un agente governativo. Mi dica se sbaglio…>

<Né sì né no.> Nel rispondere sul suo lavoro era sempre stato vago, fin dall'inizio.

<In che senso?>

<Non sono autorizzato a dirlo, e soprattutto è meglio per lei.>

Quella era stata la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. <Ricapitoliamo.> aveva iniziato, mantenendo la calma, <Lei si presenta qui, dice di sapere tutto sulla mia vita, e non mi vuole dire per chi lavora?>

<Saperlo non ha importanza, ma sappia che le fa più comodo avermi come alleato, che come nemico.>

<Oh, questo sì che cambia le cose: dormirò più tranquilla, allora…> Lo sguardo dell'uomo aveva fatto capire che non era stata una bella battuta. <Sentiamo, su quale caso starei indagando?>

<Su un caso che stasera l'ha portata a ripensare a quella notte.>

<Quale notte?>

<…del vicolo…>

Colpita e affondata.
<Ma… questo caso non ha niente a che fare con… con quello che mi è successo...>

La fermezza di Dana cominciava a vacillare, e lui se ne era reso conto. Non avrebbe voluto arrivare a ricordarle di quella notte, ma era stato costretto a farlo. <Ah no? E cosa hanno fatto alla signora Mitchell?>

La signora Mitchell era la donna che era stata violentata e ammazza. <Può… essere solo una coincidenza.>

<Vogliamo stare qui a discutere fino a domattina, o mi offre un caffè?>

<Desolata ma, come le ho detto, non mi fido di persone che non mi dicono niente di loro ma sanno tutto di me. Sarà per un'altra volta.> Scully si era avviata verso la porta che dava sulle scale.

<Comunque non sono totalmente uno sconosciuto…>

Si era bloccata. Voleva sentire l'ultima cavolata della sera, prima di andare via. <Come?>

<Sì… noi ci siamo già visti… all'ospedale, dove era ricoverata Melissa. Ma forse non si può ricordare dell'infermiere che ha cercato di curarla.>

L'ultima cavolata della sera non era stata proprio una di quelle divertenti. <Ora basta! Non voglio sentire una parola di più, da lei.>

Scully lo aveva superato di qualche centimetro, quando si era sentita bloccare il braccio. <Scully, volente o nolente io continuerò ad essere il tuo angelo custode, quindi cosa preferisci? Darci una possibilità, o la prossima volta che tornerai in quel vicolo essere con le spalle scoperte? Scegli tu.>

Non aveva avuto molte alternative. In altre situazioni non avrebbe accettato, ma quel tizio sembrava dire la verità. Pochi minuti dopo, erano nella sua cucina a bere il caffè.

<Bene… Sonny… se poi questo è il tuo nome… ti ho offerto il caffè, ma adesso devi darmi una buona ragione perché io non chiami la polizia.>

<Semplice… sono un tuo collega.>

<Cioè? Sei dell'FBI?>

<Non ho detto questo… ma il fatto che lavoriamo al medesimo caso ci lega in qualche maniera.>
E che maniera! Se ne sarebbero resi conto pochi giorni dopo.

<Credo di poterti dare una chance.>

<Grazie, ma sapevo di poter essere chiaro con te. È stato il modo migliore per capirci.>

<E ora cosa dovrei fare?>

<Andare a dormire. È mezzanotte passata, almeno potrai riposare un po'.>

"Certo, come no…", aveva pensato Scully. Sicuramente Sonny aveva visto qualcosa nella sua espressione, ma non le aveva chiesto spiegazioni.
<L'importante è che ora sei consapevole di non essere sola. Per il resto, tranquilla… ehi… non senti odore di gas?>

Sonny si era alzato per controllare, andando alle spalle di Scully.

<No, ma che dici, non mi sembra che…> Si era voltata, ma di Sonny non c'era l'ombra.



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Present Day


E quello era stato solo l'inizio. Ancora non riusciva a capire come aveva potuto credere di essersi infatuata di un tipo del genere. Ormai gli aveva detto la verità, la sua coscienza era quasi a posto. Non valeva la pena restare sveglia ad aspettare il suo ritorno. Gli sarebbe passato: certe volte l'aria fresca faceva miracoli.

Si stese sul divano, fissando il cartone della pizza, l'unica cosa che non era andata disrutta in quell'inizio di serata.

XOXOXOXOXOXOXO

3.28

Sonny aprì piano la porta, entrando nell'appartamento senza fare il minimo rumore. La tranquillità rispecchiava alla perfezione l'orario. Il cartone della pizza e le bottiglie di birra erano ancora sul tavolino. Non aveva ancora fatto due passi, che si accorse che Scully stava dormendo sul divano, e si bloccò. Le si avvicinò da dietro, guardandola dritta in faccia. Stava dormendo come un angelo, e sembrava che finalmente riuscisse a dormire tranquillamente. Sonny si ricordò di quando lei si svegliava di soprassalto, nel cuore della notte, a causa degli incubi che faceva. Avrebbe voluto fare qualcosa di più, quella volta, per aiutarla. Un suo movimento lo fece indietreggiare, per evitare di svegliarla. Un decimo di secondo dopo, Scully si alzò così di scatto, che a Sonny sembrò scoppiargli il cuore. Rimase però immobile, in una parte scura, dietro di lei. A quanto pare continuava ad avere incubi, e Sonny sperò che non fossero ancora sogni riguardo alla notte dell'aggressione. Sapeva che una cosa del genere ti marchiava a vita, ma se lei continuava ad avere incubi su quello era preoccupante.

Scully indugiò qualche secondo, poi andò in bagno. Sonny si avvicinò alla finestra della cucina: pensò che la sua avventura con Scully in stato interessante iniziava proprio bene… sperò di riuscire a trovare Mulder prima che le voglie iniziassero a fare effetto.

Dana lo raggiunse poco dopo, e mentre stava versandosi dell'acqua, gli chiese: <La passeggiata è servita a qualcosa?>

<No...>

<Mi dispiace.> Iniziò a bere dando le spalle, più per nascondere il viso che per altro. Aveva pianto, e non voleva farsi vedere in quello stato.

<Voglio che tu sappia che non ce l'ho con te… Davvero.>

<Lo dici perché lo pensi, o perché non vuoi ferirmi?>

<Lo dico perché è la verità.>

L'ultimo momento di silenzio della giornata arrivò puntuale, ed era arrivato il momento di mettere il punto sul discorso. <È tardi, vai a dormire.>

<Posso provarci, ma non ti prometto niente.>

Scully si allontanò nella stanza senza guardarlo in faccia. La notte avrebbe portato consiglio, e soprattutto tranquillità… o così sperava…

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

NOTA: Rieccomi! Dopo essere riuscita a finire la scuola con un po' di fatica e qualcosa di rotto (non preciso cosa…) ho tutto il tempo per rimettermi a scrivere, e so che qualcuno si sta disperando perché l'ho lasciato sospeso a mezz'aria con Incubus. Beh, rieccoci qui. Una cosa: ovviamente le date sono inventate, visto che non so con precisione quando sia scomparso Mulder… Siete pronti? Ricomincia l'incubo!



·    Capitolo 3

Scully's apartment
Washington, D.C.
September, 8th 2000
7.29

Le coperte avvolgevano dolcemente Scully, facendola sentire come se si trovasse su una nuvola. Peccato che il periodo che stava affrontando non era proprio paragonabile al Paradiso. Tenne gli occhi chiusi ancora per poco tempo, cercando di fare dei suoni i suoi occhi. Piccoli rumori provenivano dal salone, Sonny era già sveglio. Ripensò a quello che era successo la sera prima: era stato un brutto colpo per lui. Gli aveva detto la verità, ma questo non significava che era solo ed esclusivamente colpa sua: doveva capire che le cose di quel genere si fanno sempre in due. (Non era un doppio senso… giuro… io non faccio mai doppi sensi….Phoebe_la_più_pura_e_casta_delle_Halliwell)

Sonny non aveva nulla che non andasse, tecnicamente. Era convinta che la sua vita passata gli facesse più male di quanto mostrasse, e aveva imparato ad essere "duro" per sopravvivere in quel mondo. Quando voleva, sapeva essere dolce, comprensivo e protettivo…ma certe volte spuntava un lato del suo carattere completamente opposto, e lei non sapeva come comportarsi.

Aprì gli occhi e si scoprì ad avere la mano sul ventre. La tempesta improvvisa di pochi giorni prima aveva lasciato i segni, ed era sicura che presto sarebbe tornata… in particolare quando il pancione sarebbe spuntato dai vestiti. Le bruciavano gli occhi, così li richiuse immediatamente. Si ricordò del sogno che aveva fatto quella notte: non era stato molto divertente, e probabilmente doveva anche aver pianto. O forse gli occhi le bruciavano perché era rimasta sveglia fin quasi le 5 del mattino.

Il volto di Sonny spuntò dalla soglia della porta, e subito dopo entrò nella stanza con passo felpato. Odiava disturbare qualcuno mentre dormiva, ma dovevano andare a lavorare. <Dana?>, chiamò, facendo attenzione a non essere rude.
Lei aprì immediatamente gli occhi, e rimase a guardarlo per un po' in silenzio, mettendo tutti i suoi pensieri nello sguardo e sperando che fosse in grado di decifrarlo. <Buongiorno.>, rispose poi, con voce assonnata.

<Buongiorno a te.> Rimase fermo poco lontano dal letto a guardarla, mentre iniziava a trafficare con la cravatta, l'unica cosa fuori posto del suo impeccabile completo in perfetto stile "FBI". <Caffè?>

Dana inspirò brevemente, prima di rispondere: <No, grazie. Preferisco del latte.> Si alzò e andò verso la finestra, con l'intento di aprirla. L'atmosfera non era nelle migliori, e forse un po' di ossigeno avrebbe fatto bene.

<Come è andata la nottata?> le chiese.

Si girò d'istinto a guardarlo con un'espressione ombrosa. <Poteva andare meglio.>, disse infine. Non aveva voglia di raccontargli quello che in fondo già sapeva. Lo piantò in asso, dirigendosi verso la cucina, per la serie "Come siamo amichevoli stamattina!". Sonny la lasciò sfilare al suo fianco senza dire niente: aggiungere parole che non pensava era inutile. La raggiunse nella stanza, e si posizionò a guardare fuori dalla finestra.

<Tu cosa prendi?> Si rimboccò le maniche per preparare la colazione, quello che i dietologi ripetevano troppo spesso essere il pasto più importante delle giornata, ancora più fondamentale per una donna "in stato interessante".

<Caffè, uova, bacon, succo d'arancia, e brioches…> Per la seconda volta si girò a guardarlo, questa volta con un'espressione abbastanza incredula. <Sì?>, chiese lui, calandosi perfettamente nella parte dello gnorri.

<Sembri tu quello incinta dei due, per quanto mangi…> Ritornò a fare quello che stava facendo per evitare di guardarlo ancora. La tensione si poteva tagliare col coltello, e non c'era alcun bisogno di affrontare anche il suo sguardo inquisitore.

<Ripeto, brucio molto…>

<Beato te….> Prese il coraggio a quattro mani, e gli disse quello che stava pensando pochi attimi prima, nel letto: <Comunque ricordati che le cose si fanno in due.>

<Nel senso che vuoi una mano?>

"Ecco, ci risiamo", pensò Scully. Quando Sonny rispondeva con una domanda, tra l'altro evasiva, poteva significare solo due cose: o faceva finta di non capire, o non aveva capito veramente il riferimento di Scully. Di solito lei ripeteva il concetto in un'altra maniera per far valere le sue idee. Questa volta però non stette al gioco, e cercò di continuare il discorso incentrandolo sulla colazione, per evitare di far prendere una brutta piega alla giornata. Se il buon giorno si vede dal mattino….

<Direi di sì, devo essere in ufficio per le otto… anzi, dobbiamo… essere in ufficio per le otto.>

<Non c'è problema. Anche se non so cucinare una pizza, posso preparare un'ottima colazione.>

Era una battuta per ricordarle come si erano divertiti la sera prima? Ah-ah-ah, molto divertente.

<Tu cosa mangi? Sono curioso di vedere di cosa deve nutrirsi una donna incinta.>

<Mi dispiace, ma per oggi devo rimandare lo spettacolo, prenderò solo del latte con qualche biscotto.>, rispose con poca enfasi, mentre prendeva la scatola dei biscotti. "Meglio controllare la data di scadenza, sono settimane che non mangio a casa". Tutto in ordine, e la scatola prese posto sul tavolo, insieme al menù di Mister Brucio Molto. Si sedette, cercando di smorzare il più possibile uno sbadiglio: certo che un caffè sarebbe stato l'ideale, ma era meglio non stuzzicare il sistema nervoso finché era in uno stato di torpore.

<Sei a riuscita a dormire un po'?> Scully lo fissò mentre masticava un biscotto, sicuramente molto più dolce di lui, al momento. <Tempo fa mi chiedevo se per caso facessi ancora brutti sogni…> Non terminò la frase, specificando l'argomento di quei brutti sogni, anche perché lo stava osservando con uno sguardo che avrebbe fatto appassire l'ultima e più coraggiosa rosa d'estate.

<Ma guarda… hai anche avuto il tempo e la volontà di pensare a me…> Il cinismo quella mattina era in offerta.

Questo era un brutto colpo… un cosiddetto "colpo sotto la cintura", dritto all'obbiettivo. <Beh, ho l'abitudine di pensare alle persone a cui tengo.>

Dana faticò molto per mandare giù il latte dalla parte giusta della trachea. Che razza di risposta era? Sonny sapeva che il ricordo della conoscenza che aveva fatto con l'allegra e leggermente molesta banda di amici di Gawain le aveva lasciato una ferita profonda; quelle domandine erano del tutto fuori luogo. Del resto avevano fatto un discorso al riguardo la sera prima, quando lei si era sentita male alla sola vista di un innocuo vicolo. <Sì, faccio ancora quei sogni.>, replicò, dura come una pietra.

Sonny intuì che tra loro si stavano incuneando gli strascichi della sera prima, ed era meglio andarci piano.

Il giorno precedente gli aveva confidato che voleva scordarsi di tutto quello che le avevano fatto. Probabilmente faceva uno sforzo immane per non riportare alla mente quei brutti ricordi, quando la sua vita era felice. Ma visto che la sua felicità era stata rapita con Mulder, era naturale che dovesse ripensarci.

Scully sorseggiò il latte con la dovuta calma, ovviamente recitata. Il silenzio che a volte si creava fra loro faceva invidia ad una ghiacciaia, in quanto a raffreddamento dell'ambiente. Si alzò quasi di scatto, passando dal lavandino a depositare la tazza, prima di dirigersi in bagno e dire: <E' meglio che vada. Tu fa' con calma, non credo che ci sia qualche caso che ci aspetta già stamattina.>

<Grazie, ma cercherò di essere il più puntuale possibile. Non vorrei fare una brutta impressione sul mio superiore già il primo giorno di lavoro.>

Fiato sprecato, e il rumore della porta del bagno che si chiudeva mentre lui ancora parlava, ne era la prova.

Tra loro era sempre stato così, fin dagli inizi della loro amicizia. Ripensò a uno dei loro litigi. C'era un'ampia gamma di scelta, ma quello era stato il più duro e anche strano.

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Scully's apartment
Washington, D.C.
June, 1999
3.12

Scully si era appena svegliata da uno di quei divertenti sogni che rifaceva quasi ogni notte, quando, come si suol dire, "una voce nel silenzio" aveva detto: <Ancora incubi, vero? Ah, già, scusa… buongiorno…>

Si era girata solo per controllare che fosse davvero lui, ma se non lo fosse stato non avrebbe fatto in tempo a prendere la pistola, con la stanchezza che aveva addosso. <Dove hai aspettato il mio risveglio?> Lui era sparito qualche ora prima, per evitare un dibattito che sarebbe stato inevitabile, dato il nervosismo che la riempiva fino ai capelli.

<Lascia stare. L'importante è che ora tu sia più calma, ma voglio dirti una cosa: io non scappo… mai.>

<No? E perché te ne sei andato?>

<Avevi bisogno di dormire. Posso chiederti un favore?>

<Sarebbe?>

<Considerami un amico.>

Finalmente si era messa a sedere sul divano e l'aveva guardato. <Ormai lo sei… altrimenti non saresti qui.>

<Sono qui perché lo sono.> (Ma quanto è difficile quando parla… era tanto chiaro Matthew… =) Frecciatina! Phoebe_Adora_Matthew)

<C'è qualche altro favore che vuoi chiedermi?>

L'aveva guardata con uno sguardo malizioso, e si era sentita lievemente a disagio, tanto che si era alzata ed era andata alla finestra. Si era sempre chiesta perché la seguiva dovunque andasse, infatti era dietro di lei, alla finestra.

<Se c'è qualcosa che devi dirmi fa in fretta. Il tempo perché io sia lucida scade tra due minuti.>

<Diamoci da fare, allora.>

<Sonny, ma…sono le tre del mattino! In altre situazioni ci sarei anche stata, ma mi sono appena svegliata da un incubo che faccio ogni notte, quindi…>

<Primo: non intendevo ciò che hai immaginato. Secondo: liberati dai tuoi incubi. Terzo: te lo ripeto, diamoci da fare.>

<Non puoi aspettare domattina?>, aveva domandato, sedendosi stancamente sul divano.

<Io sì e tu?>

<E allora perché vuoi assolutamente darti da fare ora?> Aveva ripensato alla prima obiezione che Sonny aveva fatto, e aveva intuito che lui aveva pensato ad un doppio senso, quando gli aveva detto che in altre situazioni "ci sarebbe stata". <Un momento: è quello che ho capito io, giusto?>

<Dipende da cosa pensi che io intendessi.> Pretendere una risposta normale da Sonny era chiedere troppo. <Comunque, come hai detto tu, possiamo aspettare fino a domani, vero? O addirittura non parlarne affatto e non fare niente… e tu smetterai dalla sera alla mattina di avere gli incubi.> Era stato impossibile non notare il tono sarcastico dell'ultima frase.

<Avanti, sentiamo la tua teoria.>, aveva sospirato alla fine.

<Teoria? Bene… il mito di Lyg. Ti dice nulla?>

<No, non direi. Non a quest'ora almeno…>

<Non è questione di orario.>

<Chi è questo Lyg?>

<Mito del male opposto al bene. Yin e Yang in Cina, Dio e Satana nel Cristianesimo, Sombra e Luz in Brasile.> (Non chiedetemi niente, qui l'esperto è Aracangelo, io non so se sono giusti questi nomi. Phoebe_ignorante_in_materia)

Inevitabile lo sguardo interrogativo della "collega". <Arriva al punto.>

<Ora basta! Hai gli incubi? Tornatene a dormire, ma sappi che il modello "principessa sul pisello" non ti si addice. Vuoi una mano? Interessatene!> (E' bene precisare che il riferimento è all'ortaggio, maliziosi…Phoebe_non_è_maliziosa….. =)….)

<Ehi! Ti vuoi calmare? Ti è mai venuta in mente l'idea che "arriva al punto" può anche significare interesse?>

<Allora mi ripeto nuovamente! Interessati! E calmati tu, io sono calmissimo!>

<Se ti vuoi sfogare con qualcuno, va da un'altra parte!>

<Devi solo dirlo… una sola piccola parola…>

Scully lo aveva guardato. <Vattene.>, aveva aggiunto, quasi sottovoce. Si era poi girata per dargli l'opportunità di sparire come al suo solito, e così era stato.

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Present Day

Mentre la porta d'ingresso si richiudeva alle spalle di Scully, pensò che almeno questa volta non era lui a scappare.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

FBI Headquarter
Washington, D.C.
8.21

Sonny posteggiò in uno degli spazi liberi nel parcheggio sotterraneo, già pieno di tante macchine, anche queste tutte uguali, come lo erano tutti gli "accessori" dell'FBI. L'eco dei suoi passi risuonava nella penombra, e nell'immenso atrio del palazzo federale il suono era ancora più amplificato. Guardandosi in giro, notò che gli agenti dell'FBI sembravano le persone meno emotive e meno sorridenti sulla faccia della terra. Certo che anche gli agenti della CIA non sfiguravano, in merito. Il tratto da percorrere per arrivare in ufficio non era molto lungo, grazie anche al fatto che il suddetto ufficio era nel seminterrato. Si sentì un tantino osservato quando prese la via per il "regno di Mulder".

Scully era seduta alla scrivania, e stava leggendo un fascicolo. Se era fortunato, quello era un nuovo caso bello e pronto, a cui dedicarsi per evitare le discussioni. Si ricordò di aver pensato che in quell'ufficio dovevano esserci più telecamere che in uno studio televisivo, così fece finta di incontrarla per la prima volta. Forse avrebbe fatto bene anche al loro rapporto.

<Buongiorno agente Scully.>

Dana alzò lo sguardo, modificato in quello di agente dell'FBI. Nessuna traccia del bel discorso che avevano avuto qualche minuto prima.

<Buongiorno agente Barnett. È fortunato: c'è già un caso che ci aspetta a braccia aperte, così potrà subito fare la prima esperienza negli X-Files.>

<Non vedo l'ora!>, rispose, improvvisamente entrato nella parte dell'agente che ha appena conosciuto la sua partner ed è curioso di sapere cosa siano gli X-Files. <Cosa abbiamo di bello?>, si sedette di fronte a lei.

<Di bello proprio niente. E' appena arrivato, passando prima per le mani di Skinner, ovviamente. Il fatto è successo ieri sera, e la polizia si è subito messa in contatto con noi federali.>

<Strano… di solito non adorano la nostra presenza…>

Scully lo squadrò impassibile, sebbene stesse pensando che era proprio bravo a recitare: aveva risposto come se facesse veramente parte dell'FBI. <Il fatto è successo ieri sera…>, ricominciò. "Mentre noi eravamo belli tranquilli nel nostro appartamento a litigare", pensò, ma la sua espressione ne era la rappresentazione perfetta.

Sonny si accorse che si era bloccata e lo stava fissando. <Che c'è?>, chiese, avendo mancato la codifica dello sguardo della partner.

<La vittima si chiama Barbara Mafket, 25 anni. Viveva a Washington, e precisamente al 975 di Duine Street, ossia dove l'hanno ritrovata.>

<Mi lasci indovinare: tutto chiuso dall'interno.>

Le dava anche del "lei". Da apprezzare. <E invece no. Una finestra era aperta, ma guarda caso non ci sono impronte. E' già tanto che l'assassino ci abbia lasciato un indizio sul modo con cui è entrato.>

<Assassino? E' già stato catalogato come omicidio?> Scully non proferì parola: prese il fascicolo e glielo buttò sulla scrivania, sbattendogli sul naso una fotografia che definire orrenda significava usare un eufemismo. <Porca miseria!>

<Se quello non è un omicidio, allora io sono la regina Elisabetta I….>

La fotografia ritraeva una ragazza distesa su un letto che presentava bruciature di quarto grado dalla punta dei capelli fino ai piedi, letteralmente.

<A meno che lei non sia un sostenitore della teoria della "combustione spontanea".>, riprese, dopo avergli lasciato un po' di tempo per riprendersi.

<Beh… non è detto. Perché non iniziamo lasciando spazio a tutte le possibilità?>

<Certamente… a tutte le possibilità.>, ripetè lei, con un sorrisino un po' ironico. <Compreso il semplice incidente domestico.>

<Già, ha "involontariamente" preso fuoco mentre dormiva.> Scherzò.

<Molto divertente… non ha notato niente, nella fotografia?> Sonny la guardò meglio. Ma cercare un particolare senza sapere neanche cosa fosse era complicato. <Nell'angolo inferiore sinistro del letto.>

Sonny strizzò gli occhi. Finalmente lo vide: <Questo coso minuscolo?>

<Quel "coso minuscolo" è una sigaretta. Dobbiamo includere nelle tante possibilità che fosse accesa quando si è addormentata.>

<Magnifico! Io già non capisco perché fumano, figurarsi se vanno a letto con quella schifezza accesa…>

<In effetti non è stata una mossa tanto intelligente, da parte della vittima… se veramente è accaduto questo.>

<Mi domando allora chi può avere fatto una cosa simile a una ragazza…>

Il disgusto e l'odio verso il probabile assassino era quasi d'obbligo. Questa volta il silenzio era causato dalle emozioni che la vista di quella foto aveva suscitato.

<E un'altra cosa.>, iniziò Scully, <Come fa una persona a prendere fuoco in un letto mentre questo rimane intatto.>

<Bella domanda… purtroppo io sono poco incline a voli di fantasia; qui servirebbe davvero l'agente Mulder….> Scully fu incapace di rispondere. Il sentire il nome di Mulder l'aveva momentaneamente messa fuori gioco. <Che ne dice se andiamo a vedere la scena del presunto delitto dal vivo?>

<Sì… d'accordo.>

Il primo caso che Sonny si preparava ad affrontare non aveva l'aria di essere di facile soluzione, e soprattutto non li avrebbe aiutati a ritrovare Mulder.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

(Prima di continuare vorrei dire una cosa: In questa scena, tutti i particolari riguardo alla ragazza, appartengono a una persona, una ragazza appunto, a cui io sono particolarmente legata, e mia sorella Piper sa chi è. Mi sembrava giusto dedicare a questa persona almeno una scena della mia ff, dato che lei mi ha insegnato tante cose Phoebe_vuole_tanto_bene_a_questa_persona.)

975 Duine Street
Washington, D.C.
9.07    (Oh! Ricominciamo con le date di nascita!! =9 Phoebe_idem_come_sopra)

Il 975 di Duine Strett era un palazzo che nell'insieme non diceva granché al visitatore. Era solo uno dei tanti edifici di Washington, che ai più sbadati potevano sembrare tutti uguali. L'atrio era un po' buio ma fresco, grazie all'azione isolante del legno che ricopriva tutte le pareti. Certamente un atrio particolare, mai visto in tutta Washington. Due piante abbastanza grandi occupavano gli angoli vicino alle buche delle lettere, la prima cosa che Sonny andò a guardare.

<Hai detto che è successo ieri sera?>, chiese alla sua partner.

<Sì, perché?>

<La polizia non ha ancora frugato tra la posta.>

<Di certo non ci troveremo una confessione dell'assassino.>

<Una confessione forse no, ma…>, tirò fuori un coltellino e si diede da fare per aprire la buca della posta di Barbara. <…potrebbe averci messo un indizio.>

Scully guardò prima Sonny e poi il mucchietto di posta nelle sue mani: <Sì, tra una pubblicità e l'altra.> Evidentemente lei non era così portata a pensare che potessero avere un colpo di fortuna.

Si diresse verso l'ascensore, seguita a ruota da Sonny, che aveva già iniziato a frugare nella posta altrui.

<Ah, ma guarda! Sai che da Bloomingdale ci sono i saldi? Mi piacerebbe farci un salto…>

<Se il nostro uomo…> Sonny si girò, per pregarla con lo sguardo di modificare la sua frase, e non dare sempre la colpa agli uomini. <…o donna… lavora lì, giuro che mi attiverò per la tua promozione.>

<Molto divertente, ma non ti libererai così facilmente di me.>

<Che peccato…> rispose, con un tono che sembrava così sinceramente afflitto, che Sonny non capì se stesse scherzando o se era davvero quello che pensava. Forse la seconda opzione era la più probabile, considerando i precedenti tra loro.

L'ascensore si fermò non molto delicatamente, e uscendo sul pianerottolo videro subito la porta sbarrata dal nastrino giallo che recava la scritta "Crime Scene - Do not cross."

<Certe volte penso che farebbero meglio a fabbricare strisce diverse per ogni situazione.>, iniziò Sonny. Si accorse che Dana lo stava guardando con un'espressione a dir poco interrogativa. <E scusa, qui non c'è niente da scavalcare. Semmai avrebbero dovuto scrivere "Non aprire".>

Il suo umorismo stava iniziano ad urtare i nervi già poco saldi di Scully. L'appartamento era il tipico monolocale che di solito apparteneva a chi frequentava l'università, e questa teoria era supportata dalla fila di libri ordinatamente disposti su una scrivania attaccata al muro del…"salone". Scully aveva visto centinaia, forse migliaia, scene di un crimine, ma ogni volta che si trovava a perlustrare una casa, un senso di malinconia le piombava addosso. Si bloccò sulla soglia, e da lì iniziò a guardare in giro. L'ordine sembrava quasi maniacale, ma non troppo nauseante. La divisione tra quella che doveva essere una cucina e il salone era stata ben congeniata: i colori dell'una e dell'altra stanza erano armoniosi e coesistevano bene insieme. Una lavagnetta affissa sul frigorifero con sopra una scritta "Pagare rata università" faceva pensare che la povera ragazza doveva avere la testa sulle spalle. Molto probabilmente i genitori erano orgogliosi di lei.

<Ehi? Qualcosa non va?>, le chiese, avendo notato la faccia abbattuta.

<Cosa?> Era tornata sulla terra. <No, tutto ok. Stavo solo pensando a una cosa…>

<A cosa?>

<Doveva essere una ragazza molto responsabile.>

Sonny intuì subito cosa non andasse in Scully. Stava pensando se anche sua figlia o figlio sarebbe stato così, se anche lei un giorno sarebbe stata fiera della sua creatura. Scelse di non marcare l'argomento, col tempo ci avrebbe fatto l'abitudine. Per un po' il suo sguardo cadde sul suo addome, e poi sulla sua espressione: adesso ricordava perché invidiava le donne. Ritornò al lavoro, e prese a girare intorno al locale, fermandosi poi vicino alla scrivania. Piegò la testa per leggere i titoli dei libri. <Diritto Commerciale, Economia politica…Russo??> Si girò verso la partner, che a quanto pare si era ripresa: stava fissando qualcosa che era sul tavolo. Seguì il suo sguardo, e trovò la risposta alla domanda che si stava ponendo nella sua mente: il libretto universitario. <Georgetown University, facoltà di Economia e Commercio. Non una cosa da niente, insomma…> Scully si avvicinò un po', e si mise al suo fianco. <Russo 1: 28, Diritto Commerciale: 30….>

<I voti…>

<Sì… era quasi alla fine, a quanto pare…>

Dana si accorse solo allora delle foto che adornavano gli spazi vuoti della scrivania. L'elemento in comune era una ragazza dai capelli neri con riflessi viola appena visibili, ma molto gradevoli. Gli occhi neri e profondi sembravano brillare di una luce che lasciava affascinati, e il sorriso… Scully sentì un colpo al cuore: quello splendido sorriso non avrebbe più fatto parte di questa terra. Prese in mano la fotografia e la guardò intensamente, come a voler scoprire tutto di Barbara. Ogni cosa faceva intuire che doveva essere una ragazza sempre molto allegra. Sonny, al suo fianco, continuava a guardare sulla scrivania. Era lì presente un rosa blu con un biglietto legato, in mezzo a quelli che dovevano essere altri regali, tutti piccoli e non impegnativi. Sonny aprì il biglietto, e immediatamente una risatina triste attirò l'attenzione della sua collega.

<Che c'è?>

<La chiamavano "biscottino"…> Scully sorrise, anche lei malinconicamente. <Forse è per la carnagione. Vedi? E' leggermente scura… sì, in effetti ricorda un biscotto al cioccolato.> riprese, guardando nuovamente la foto.

<O magari era una persona dolce.>, replicò lei, mentre guardava un mucchietto di adorabili peluche ammassati su una poltrona.

Rimise la foto al suo posto ed entrò nella stanza dove si era consumato il crimine. Un peluche di un coniglietto rosa era attaccato alla finestra che dava sulla strada.

<Era quella la finestra aperta?> chiese Sonny, seguendola.

<Sì, quella.> Si avvicinò alla finestra in questione per esaminarla. <Non hanno trovato neanche un'impronta, oltre a quelle della vittima.>

<Se l'assassino non è entrato da lì, forse la vittima lo conosceva e l'ha fatto entrare dalla porta. È l'unica possibilità che rimane.>

Il letto era rimasto intatto da quando l'avevano trovata. Evidentemente quando era successo non stava dormendo: un quaderno era riverso vicino al cuscino. Scully non aveva nessuna voglia di toccarlo: quella gita nella vita spezzata di una ragazza felice le stava buttando il morale sotto i piedi. Lo fece Sonny, al suo posto, dopo essersi infilato i guanti. Sfogliò qualche pagina, sempre accompagnato da un'espressione inebetita. <Arguisco che siano appunti di Russo… stava studiando.> Lo chiuse. <La sigaretta?>

<L'hanno presa come prova.> rispose, mentre si guardava intorno.

<Non c'è un granché da vedere… tranne che niente qui sembra bruciato, nemmeno le lenzuola.>

<Probabile che l'abbiano uccisa altrove e poi riportata qui.>

<Un tizio che se ne va in giro con un cadavere in spalla, non passa inosservato!> Scully aveva capito l'espressione di Sonny. Se quella teoria era giusta, qualcuno avrebbe visto l'assassino girare quantomeno con un'enorme sacco al suo seguito. <Tra l'altro non c'è neanche il portiere…o qualcosa che ci somigli. La polizia ha interrogato i vicini?>

<Sì, nessuno ha sentito niente, tanto meno hanno visto qualcuno venire a fare visita a Barbara.>

<Chi hanno interrogato, di preciso?> chiese ancora Sonny.

<Ehm…> Diede una rapida occhiata al fascicolo che aveva tra le mani.. <I due vicini Maurice Kelly e
Sarah Fletcher.>

<Direi di andarci a fare due chiacchere.> propose.

<Sì, forse è meglio.>

I due agenti si avviarono verso l'uscita. "Questo sì che è un bel caso", si disse Sonny; pensò che a Mulder sarebbe bastato sparare una della sue incredibili teorie per risolvere l'enigma. Ma lui non era Mulder…

XOXOXOXOXOXOXOXO

Washington County Morgue
Washington, D.C.
14.38

Scully stava iniziando seriamente ad odiare quel caso. Era nell'obitorio da circa un'ora, dopo aver passato la mattinata ad interrogare gli amici di Barbara. Nessuno di loro aveva un vaga idea di chi avesse potuto fare una cosa del genere alla ragazza. "Certo, qualcuno non la vede di buon'occhio perché dava l'impressione di essere una persona forte e decisa, che non guardava in faccia a nessuno, ma non credo che sarebbero arrivati a questo", aveva detto uno di loro. Sia Dana che Sonny sapevano che anche dei più temibili serial killer si era detto che erano sempre stati buoni e mansueti come agnellini, quindi lui aveva ritenuto necessario andare a parlare con qualcuno dei "nemici" di Barbara. Scully sperò che il suo amico non fosse saltato a conclusioni affrettate. Dal canto suo, lei stava aspettando i risultati delle analisi, prima di toccare il cadavere. Era seduta, e lo fissava immobile, abbastanza lontana dal tavolo, come spaventata dalla sola idea di sfiorarlo. Il ricordo della fotografia, di quanto fosse bella e solare, continuava ad apparirle davanti agli occhi.

Improvvisamente si accorse di una cosa. Si avvicinò lentamente, per osservare meglio: aveva la mascella slogata, e leggermente aperta. Si infilò i guanti per iniziare l'analisi della ferita, ma appena la toccò, la mascella si aprì ancora di più, scoprendo la lingua e i tagli che c'erano su di essa. E cosa ancora più orrenda, i tagli formavano due iniziali: A.D.

Un'infermiere entrò di colpo nella sala, mandandole il cuore in gola.

<Mi scusi, ci sono qui i genitori…>

<Cosa?? Chi li ha fatti venire?>, chiese allarmata.

<Sono venuti con un ispettore.> rispose, quasi preoccupato dall'improvvisa aggressività della donna.

<Ti dispiace farlo venire qui?> chiese, togliendosi i guanti.

<Subito.> e sparì dalla vista. Si ripresentò qualche secondo dopo nel corridoio, scortato da un giovane in giacca e cravatta, che si presentò come l'ispettore Crake.

Scully lo aggredì subito. <È impazzito per caso?>

<Credo che farebbe meglio ad abbassare il volume, dottoressa…>

<AGENTE… Scully.>

L'ispettore Crake si esibì in un'espressione allibita. <E' dell'FBI?>

<Sì. Come le è venuto in mente di far venire qui i genitori? Ha dato un'occhiata al cadavere?>

<No, non ero sul luogo del delitto, e non sono neanche incaricato di seguire il caso. Mi hanno solo detto di accompagnarli, questi poveretti rivogliono il corpo della figlia, e non vogliono che ci sia l'autopsia.>

<Ma si tratta di un omicidio!>

<Ah sì? Cosa glielo fa credere?>

Avendone avuto abbastanza dell'impertinenza di quel giovane, lo prese per braccio e lo portò fino al tavolo, per mostrargli la lingua.

<Ecco! Vede, adesso? Come me li spiega?>

<Oh cielo…> fu l'unica cosa che riuscì a dire.

Scully approfittò del fatto che era rimasto di sasso per dirgli: <I genitori non devono vedere il corpo della figlia, neanche se la minacciano di chiedere l'aiuto del presidente, sono stata chiara?>

<Glielo spieghi lei, allora.> replicò, e uscì.

Avrebbe fatto volentieri a meno, di parlare con i genitori e affrontare il loro dolore, ma ora che aveva visto quella ferita, era necessaria l'autopsia. Si accorse che l'infermiere aveva assistito a tutta la scena, e avendo vagliato la possibilità di non riuscire a smuovere i genitori dalla loro opinione, gli disse: <Fai qualche foto alla lingua. Ne bastano un paio, ma la scritta deve essere visibile.> Si armò di tutto il suo coraggio, e raggiunse i signori Mafket nella sala d'attesa. <Signori Mafket?> Non erano soli: con loro c'era anche quella che doveva essere la sorella. Tese la mano. <Sono l'agente Scully dell'FBI.>

<Cosa c'entra l'FBI?>, domandò immediatamente la madre, che ormai non aveva più lacrime per piangere.

<La polizia ha chiesto il nostro aiuto. Le circostanze in cui è morta vostra figlia sono piuttosto particolari e… adesso credo di essere in grado di dirvi che non è stato un incidente…>

<Incidente?>

<…non vi avevano detto niente?>

<No…>

"Splendido…Probabilmente non sanno neanche in che stato è…", pensò. Si distrasse qualche secondo quando si accorse della sorella. Era seduta su una sedia, non diceva una parola e fissava il vuoto. Le lacrime le scendevano copiose, anche se probabilmente si stava sforzando di non piangere. Sembrava che il dolore le stesse lacerando il cuore. Dana sapeva come si doveva sentire: era stato lo stesso per lei, quando era morta Melissa.

<Agente Scully?>

<Ehm… Barbara… è stata trovata nel suo letto, con ustioni estese a tutto il corpo… probabilmente è stato questo a ucciderla… inizialmente si è pensato ad un incidente, perché avevano trovato una sigaretta nel letto, ma… ho appena notato una cosa che riconduce all'omicidio.>

<Che cosa?> chiese debolmente il padre, come se avesse aspettato tutto quel tempo per raccogliere le forze e riuscire a dire qualcosa.

<…dei tagli che formano due iniziali.> I genitori stavano tenendo un comportamento esemplare. Non si scomponevano più di tanto, sebbene lei sapesse che erano distrutti. La sorella ci riusciva di meno: iniziò a piangere talmente forte che sembrava dovesse soffocare. Fu subito consolata dalla madre.

<Lisa…> la chiamò, prendendola per un braccio e dirigendosi verso l'uscita.

Mentre si allontanavano, il padre chiese: <Come…come fate a essere sicuri che sia lei, da cosa l'avete identificata?>

Scully non aveva prestato la minima attenzione alla domanda dell'uomo. Era impegnata a cercare di sentire le parole della sorella, Lisa, che stava dicendo: <Lei non fumava! Aveva persino paura del fuoco, non avrebbe mai iniziato a fumare!..> In quel momento Sonny entrò, mentre guardava Lisa e la madre andare via. Dopo avere scambiato uno sguardo con la collega, rimase in un angolo.

<Agente…>

Per la seconda volta si sottrasse dai suoi pensieri. <Mi scusi, può ripetere?>

<Chi l'ha riconosciuta?>

<Ah… ehm…> Mise una mano in tasca, e tirò fuori una collana d'oro, che aveva per ciondolo una "B". <Era al suo collo.> Aveva cercato di pulirla il più possibile dai pezzi di carne bruciata che erano rimasti attaccati: ora sembrava quasi nuova. La tese verso il padre. <Signor Mafket, so che siete contrari all'autopsia, ma se sua figlia è davvero stata uccisa, è necessario fare tutte le analisi per prendere… chi le ha fatto del male.>

<Certo.>

La donna fu quasi sorpresa di esserci riuscita in così poco tempo; prese il modulo. <Deve mettere una firma.> Lo osservò mentre faceva quello che gli era stato ordinato come se fosse un automa. <Se… è così gentile da dirmi dove abita, le farò sapere al più presto se ci sono novità.>

<Ehm… 400 Rock Creek Road, a Kensington.>

<Grazie, è stato molto gentile.>

<Grazie a lei.>

L'uomo passò di fianco a Sonny, ma era troppo affogato nei suoi sentimenti da accorgersi della sua presenza. Barnett seguì Scully nella sala autopsia.

<Grazie, puoi andare. Tieni questo.> disse lei all'infermiere, che era ancora impegnato a fare il fotografo, consegnandogli il modulo.

Sonny aspettò che fosse uscito per dirle: <Sembri distrutta.>

<Non sai che significhi affrontare il dolore di una famiglia.>

<Sono arrivato in tempo per vedere la madre e la sorella andare via in lacrime. Erano loro vero?>

<Sì…>

<Ho sentito che erano contrari all'autopsia… del resto, non è che ci sia molto da scoprire…>

<Una cosa c'è. Guardale la lingua…>

<E' necessario??>

<Sì.> Si risedette sulla sedia di prima.

Non era riuscito a tirarle su il morale. Del resto era comprensibile: aveva appena scoperto di essere incinta, ed ecco che doveva affrontare un caso in cui una bella e brava ragazza era morta in un modo orribile. Inoltre, tanto per peggiorare la situazione, aveva dovuto affrontare da sola il dolore dei genitori. <"A.D."? Potrei chiamarlo un colpo di fortuna se a Washington ci fosse un solo individuo le cui iniziali sono A.D… credi che siano dell'assassino?>

<Probabile. Se non lo sono, di certo è un suo messaggio.>

<Con l'alfabeto Morse sarebbe stato più facile.> La donna ritenne necessario reggersi la testa per evitare che esplodesse. Le si sedette di fianco. <I risultati sono arrivati?>

<No. Ma dovrebbero arrivare fra poco, non mi è stato possibile prelevare granché. Anche se l'assassino si fosse lasciato dietro qualche fibra, è stato tutto bruciato.>

<Hai intenzione di aprirla?> Il modo in cui era stata posta la domanda era poco signorile, ma almeno non aveva lasciato spazio ai fraintendimenti.

<No…> Non se la sentiva. Probabilmente non avrebbe scoperto niente, e voleva lasciarla almeno un po' come volevano i genitori. <Allora, cosa hai scoperto?>

<Niente di particolarmente interessante. Ho parlato con tutte le persone che la sua amica ci aveva indicato come "oppositori" di Barbara.>

<Cosa hai chiesto?>

<Ho chiesto com'era il loro rapporto con la ragazza. Mi hanno tutti risposto che secondo il loro punto di vista non era una persona matura, ma oltre questo la consideravano una brava ragazza.>

<Oltre questo…> ripeté sarcasticamente Scully.

Rimasero in silenzio a guardarsi, in attesa dei risultati. In attesa che i genitori di Barbara potessero avere giustizia.

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Scully's apartment
Washington, D.C.
21.53

Scully e Sonny stavano consumando in silenzio la loro misera cena: nessuno dei due aveva più molto appetito, dopo tutte le vicissitudini della giornata. L'autopsia aveva rubato quasi tutto il pomeriggio: non volendola aprire, Scully aveva provveduto a fare un minuzioso esame esterno, cercando di non lasciare niente al caso. Era arrivata alla triste conclusione che la mascella le era stata slogata prima di morire. L'assassino non aveva certo risparmiato, in quanto a brutalità. L'unica cosa positiva di quel caso era che le discussioni tra lei e Sonny non avevano più avuto importanza, di fronte a tanto orrore.

<Allora, ricapitoliamo la situazione… ci sono un paio di punti che non quadrano.> iniziò lui, tra un morso e un altro. <A quanto pare Barbara non ha mai fumato e non l'avrebbe mai fatto. Infatti in casa sua non ho visto un solo posacenere. Secondo: niente nell'appartamento è bruciato, il che lascia supporre che forse è stata portata lì dopo la morte. Ma se questo fosse vero, qualcuno dovrebbe aver visto l'assassino.> Scully sembrava non ascoltarlo minimente. Continuava a mangiare fissando il piatto o qualunque cosa che non fosse la faccia di Sonny. Lui fece finta di non accorgersene, e continuò il suo discorso. <Terzo: quelle iniziali sulla lingua. Potrebbe essere il nome dell'assassino o la sigla di qualcosa. Se sono le sue iniziali, il nostro uomo è stato molto furbo, oltre che maledettamente divertente: potrebbe essere chiunque. Per quanto riguarda la sigla… anche qui ci sono molte possibilità. La prima che mi viene in mente è Anno Domini, "Anno del Signore".> La sua "interlocutrice" interruppe quello che stava facendo per rivolgergli uno sguardo che lui capì al volo. <Sì, effettivamente non c'entra niente, ma era solo un esempio.>, rispose con un sorrisino divertito. Al contrario, l'amica non si stava divertendo affatto. Continuò a scrutarla, finché lei non se ne accorse, e solo allora rispose alla domanda che le aveva fatto mentalmente.

<I funerali sono domani, i genitori hanno insistito per farli subito. Ho telefonato per dirgli che il corpo era a loro disposizione, e mi hanno risposto che la cerimonia sarà domani pomeriggio alle sei.>

<Ci vuoi andare?>

<Sì, mi piacerebbe.> Il tono di voce era sembrato, a Sonny, molto rattristato, come se Barbara fosse una sua conoscente. Probabilmente il problema era la sua gravidanza, ma decise di non parlargliene. Quando lei si alzò per iniziare a sparecchiare, si accorse che la vedeva molto cambiata. Non sapeva spiegarlo: probabilmente sua sorella Melissa avrebbe detto che era cambiata la sua aura. Forse era così: era cambiata nello spirito.

<Perché non vai a dormire, qui finisco io.> le propose, alzandosi.

<No, non preoccuparti…>

<Insisto.>

Dovette per forza accettare, quando gli prese dalle mani i piatti. <E va bene… allora… buonanotte.>

<Buonanotte. Se hai bisogno di qualcosa, anche nel cuore della notte, svegliami.>

<Sì, certo.> rise lei.

Mentre si spogliava, pensò che a Sonny avrebbe fatto bene essere padre. Sicuramente avere un figlio l'avrebbe reso un po' più malleabile, e forse avrebbe lasciato il suo lavoro, qualunque fosse. Si sentiva un po' strana quella sera e anche… come osservata. Si girò d'istinto verso la finestra, ma l'unica cosa che la stava osservando era la luna. Ne mancava un pezzo, ma non per questo era meno luminosa…. al contrario di Dana.

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FBI Headquarter
Washington, D.C.
September, 9th 2000
10.33

Quella mattina Scully si era alzata col presentimento che la giornata sarebbe stata anche peggiore della precedente, se era possibile. Stava controllando e ricontrollando i risultati dell'autopsia, alla ricerca di un particolare che a degli occhi stanchi poteva sembrare insignificante. Barbara non era morta per le ustioni… o meglio… era morta anche per le ustioni: erano state il colpo di grazia. L'unica cosa certa era che la mascella le era stata slogata prima che morisse. Forse aveva lottato con l'assassino, che in seguito aveva bruciato il corpo per nascondere qualche indizio che l'avrebbe inchiodato. Ma dove l'aveva bruciato? I vicini avevano detto che era tornata a casa verso le sei, e non era più uscita. La prova che era rimasta a casa era lo stereo: un vicino l'aveva sentito.

"Lo stereo…" ripensò Scully. Perché il quaderno con gli appunti di Russo era sul letto? Non era consigliabile studiare ascoltando musica.

Quando Sonny entrò nell'ufficio, Dana aveva ancora un'espressione sospettosa, tanto che le chiese subito: <Che hai trovato?> chiese senza sedersi.

Ritornò di colpo con i piedi per terra, quasi spaventata. <Ah, ciao. Niente, c'è una cosa che non mi convince.>

<Sarebbe?>

<Un vicino ha detto di essere certo che Barbara non fosse uscita, perché ha sentito lo stereo finché non è arrivata la polizia. Sul letto c'era un quaderno di Russo, ed entrambi abbiamo pensato che stesse studiando…>

<Ma forse non è così…> concluse al suo posto. Si scambiarono un'occhiata. <Una controllatina non ci farà male…> disse, mentre lei annuiva. Sonny pensò che forse era meglio che lei evitasse di entrare di nuovo in quell'appartamento. <Tu resta qui, vado a prenderlo io e lo porto alla scientifica.> e sparì prima che Scully potesse obbiettare.

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Cedar Hill Cemetery
Washington, D.C.
18.28

Sonny scese dalla macchina, lanciando un'occhiata al cielo plumbeo, che non faceva presagire niente di buono. Era curioso che ogni volta, durante un funerale, piovesse. Non era riuscito a tornare dalla scientifica in tempo: l'aveva chiamata dicendole che c'era qualcosa di interessante che meritava un esame accurato, e che l'avrebbe raggiunta al funerale. Si avvicinò alla piccola folla radunata intorno alla bara, domandandosi perché il terreno argilloso del cimitero manifestasse una spiccata predilezione per le sue scarpe. Sorpassando numerose tombe, riflettè, con un tocco di cinismo, sul fatto che i cimiteri, situati quasi sempre in luoghi difficilmente raggiungibili, offrono ai vivi un'ottima scusa per trascurare la memoria dei morti. Si affiancò a Scully così silenziosamente che quasi la spaventò. Prestò poca attenzione alle parole del prete, mentre, come ormai l'abitudine gli diceva, guardò uno per uno tutti gli invitati. La sorella di Barbara, Lisa, non riusciva a smettere di piangere, e si girò preoccupato a guardare come stesse reagendo Scully di fronte a quello spettacolo. Ad altri poteva sembrare impassibile, ma lui sapeva che dentro di lei si stava scatenando una tempesta di emozioni. La cerimonia finì, e il prete si allontanò dopo essere passato dai signori Mafket. I partecipanti passarono uno ad uno davanti alla tomba a dare l'ultimo saluto a Barbara e ai suoi genitori, e piano piano iniziarono a sfollare, scambiandosi in silenzio una serie di luoghi comuni sul trapassato. Venne il loro turno, e Sonny si incamminò, mettendo una mano sulla schiena di Scully, quasi a farle sapere che lui era lì con lei. Improvvisamente Dana si bloccò, e Sonny si sentì mancare il terreno sotto i piedi quando notò che lei si stava tenendo l'addome. Pensò al peggio, ma si sottrasse dalla compagnia del suo subconscio e le disse: <Scully! Tutto bene?>

Rimase un secondo in silenzio, quasi a voler sentire com'era la situazione, poi rispose: <Sì… sì, sto bene.>

<Sicura?>

<Sì, ho solo… ho solo avuto un piccolo spasmo, niente di preoccupante.> Quando ormai si stavano rilassando, sentirono uno strano rumore provenire da poco lontano. Voltandosi, videro Lisa a terra e i genitori intorno a lei che stavano iniziando a disperarsi. <Sonny!> Corsero ad aiutarli. Mentre si piegava su di lei, pensò a come dovevano sentirsi i signori Mafket, vedendo l'unica figlia che gli era rimasta svenire davanti ai loro occhi e un medico legale soccorrerla. <Chiama un'ambulanza, ha avuto un infarto.> disse al suo collega.

<Oh mio Dio.> disse quasi di riflesso la signora Mafket.

I due agenti dell'FBI si scambiarono un'occhiata affranta, prima che lui prendesse il cellulare. <Sono l'agente Barnett dell'FBI….>

I partecipanti erano rimasti lì, aspettando di sapere come stavano le cose. Solo uno di loro, anonimamente vestito di nero dalla testa ai piedi, si allontanò non visto.

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St.Elizabeth Hospital
Washington, D.C.
19.42

Scully entrò nella sala d'attesa, accolta immediatamente dai signori Mafket, che le andarono incontro con un'espressione di attesa sui loro volti. Era stata sempre con Lisa, fin da quando aveva avuto quel malore. Si avvicinò ai genitori, aspettando di sentire qualche frase uscire dalle loro bocche. Ma evidentemente erano talmente scossi che forse stavano iniziando a perdere l'uso della parola.

<Lisa ha avuto un infarto. Fortunatamente l'hanno soccorsa in tempo, e adesso sta bene; ha solo bisogno di un po' di giorni di riposo. Il dottore vi sta aspettando.>

<Grazie di tutto.> le dissero, quasi all'unisono.

Li seguì con lo sguardo fino a che non li vide entrare nella stanza di Lisa. La figura di Sonny comparì dal fondo del corridoio con due bicchieri in mano.

<Grazie.> gli disse, prendendo il bicchiere.

<Come sta Lisa?>

<Abbastanza bene. L'hanno presa per i capelli.> Scosse la testa, quasi incredula di fronte a tutto quello che stava succedendo. <E vuoi sapere l'ultima? Due giorni fa è stato il compleanno di Barbara.>

<I genitori mi hanno detto che Lisa era molto legata alla sorella. Le voleva quasi più bene di sua madre, è stato un brutto colpo per lei.>

<Già.>

<Deve essere duro, a diciassette anni, perdere una sorella a cui sei profondamente legata. Tu la capisci più di chiunque altro…> disse. <Come stai?> le chiese ancora, riferendosi al suo piccolo malore.

<Bene. Meglio di lei, sicuramente.>

<Mi hai fatto prendere un colpo. Sei sicura che sia una cosa passeggera?>

<Non preoccuparti, se dovesse ripetersi farò un controllo, ma non penso che ce ne sarà bisogno. Forse è stato il funerale.> Sonny annuì. Fu un passo falso, perché da quel semplice silenzio e guardandolo bene in faccia, Scully si accorse che le stava nascondendo qualcosa. <Che c'è?>

<Con tutto questo trambusto non ti ho ancora detto i risultati delle analisi sul quaderno di Barbara.>

<Al telefono mi hai detto che è una cosa molto importante.>

<Sì, beh… tra le ultime pagine avevo notato una frase scritta in modo leggermente diverso dalle altre. Si è rivelata essere una frase scritta dall'assassino… rivolta a te…>

<Come scusa??> chiese, riuscendo incredibilmente a tenere basso il volume. <Cosa c'è scritto?>

<C'è scritto che tu dovresti sapere cosa significa "A.D."…>

<Ed era scritto in Russo?>

<Sì. Ho fatto controllare le due scritture presenti sul quaderno, e solo l'ultima frase era diversa. Abbiamo cercato un'impronta in lungo e in largo, ma non ce n'erano… oltre a quelle di Barbara, ovviamente…> Era come se Scully fosse appena andata a sbattere contro un muro di cemento. <Sicura che "A.D." non ti ricordi niente?>

<Assolutamente…> rispose.

Inevitabilmente il cervello di Scully iniziò a pensare e ripensare a quelle iniziali.

<Credo che tu sia in pericolo.> disse Sonny. E un altro mattone cadde su Scully.

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19.54

Ci vollero un paio di secondi, prima che Scully capisse veramente quello che Sonny le aveva appena detto. <Cosa diavolo significa??> chiese, questa volta a un volume decisamente più alto. Si rifiutava di credere a una cosa del genere, e il suo stato interessante le metteva addosso ancora più agitazione del necessario.

Sonny la prese per il braccio e la portò sulle scale, per evitare a dottori e infermieri il piacere di assistere a uno dei loro discorsi.

<Senti, non c'è bisogno di essere un esperto in profili psicologici per capirlo. Se quella frase è stata scritta veramente dall'assassino, vuol dire che sapeva che l'avresti trovata. Di conseguenza sa che sei dell'FBI… e chissà cos'altro sa sul tuo conto.>

<Ma non sappiamo come agisce! Non sappiamo neanche come ha ucciso Barbara!>

<Per questo dobbiamo stare attenti. Non sappiamo da dove verrà il pericolo.>

Scully si calmò, soprattutto per il bene del suo bambino. Non sarebbe stato piacevole crescere un bambino nevrastenico.

<Ormai è chiaro che la chiave di tutto sono quelle due iniziali. Sarà difficile, ma dovrai sforzarti per capire cosa significano.>

<Ci proverò.>

Sonny la guardò. Sembrava sciogliersi dalla stanchezza: era a pezzi, in tutti i sensi.

<Andiamo a casa. Ora come ora, l'unica cosa che possiamo fare è riposarci. Magari domani mattina ci verrà in mente qualcosa.>

Uscirono dalle scale e si diressero verso l'ascensore. Quel caso sembrava diventare più difficile ogni giorno che passava. Scully era convinta che se ci fosse stato Mulder, avrebbe capito subito qual era la soluzione. Ma lei non era Mulder, nonostante si sforzasse.

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Scully's apartment
Washington, D.C.
September, 10th 2000
4.44

L'oscurità e il silenzio erano padrone dell'appartamento. Scully era andata a letto con tanta stanchezza addosso, che era riuscita ad addormentarsi quasi subito, e non si era più svegliata. Finalmente avrebbe potuto svegliarsi un po' più riposata del solito, anche se sognare il corpo di Barbara nella bara, non era il massimo. Come le classiche "ultime parole famose", il telefono si mise a squillare con un tono che sembrava ancora più acuto di quanto non fosse solitamente. Da brava agente dell'FBI, e da bravo medico legale, abituata ad essere svegliata a quell'ora del mattino, scattò in piedi al primo squillo… per modo di dire… ancora un po' assonnata, cercò a tastoni il cordless sul comodino. Mentre stava per rispondere, si materializzò sul suo volto un'espressione che fortunatamente rimase lì invece di diventare parole, perché altrimenti avrebbe detto al suo, ancora sconosciuto, interlocutore "Chi cavolo è che spacca le scatole a quest'ora del mattino?? Speriamo che gli scoppi una ruota in curva a 'sto disgraziato! Speriamo che si trasformi in un gufo e che la razza si estingua subito dopo!" (Questo è un omaggio a Ezio Greggio e al suo film "Il silenzio dei prosciutti" Phoebe_adora_quel_film).

<Pronto?>, chiese alla fine.

<Agente Scully, mi scusi se la disturbo a quest'ora ma è…>

Scully lo bloccò, avendo quasi riconosciuto la voce, ma volle la conferma. <Chi parla?>

<Sono l'ispettore Crake.> Come volevasi dimostrare. Non smentiva la sua fama di rompiscatole. <C'è stato un altro omicidio.> Scully non seppe trattenere un respiro un po' più marcato. <Flockhart Road, all'altezza del bar. Comunque ci sono alcune macchine della polizia, ci vedrà subito.>

"Ci??" pensò Scully. E lui che diavolo faceva lì, se non era assegnato al caso? <Noi cosa c'entriamo?>

<E' meglio che lo venga a vedere con i suoi occhi.>

<Arriviamo.>

Scully ripose la cornetta e si alzò immediatamente dal letto. Doveva svegliare Sonny, e sperò che questo non l'avrebbe reso ancora più nevrastenico di quanto fosse già. Quando entrò nel salone si bloccò di colpo: per quella volta era stata risparmiata, visto che Sonny non c'era. Inevitabilmente la testa tornò a quella mattina… anche quella mattina era sparito nel nulla: evidentemente era il suo sport preferito.



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Scully's apartment
Washington, D.C.
June, 1999
8.03

Scully stava dormendo tranquillamente nel suo letto. Il caso era finito, e lei e Sonny avevano "colto la palla al balzo"… farlo durante l'indagine forse avrebbe reso le cose più difficili. Ma quell'uomo aveva qualcosa di strano che attirava a sé tutte le donne. Come si suol dire, la disgrazie non vengono mai da sole: una buona spinta a far decidere Scully era stato il fatto che lei e Mulder avevano litigato, e il caso era stato assegnato solo a lei. (Gli X-Files erano ancora chiusi nel mio racconto.)
Scully si era girata tra le coperte, buttando una mano verso Sonny, ma il posto era vuoto. Aveva subito avuto un momento di paura, ma la speranza era l'ultima a morire, così aveva pensato che forse si era alzato. Prima di fare il passo, ci aveva ripensato diecimila volte, ma quando si era trovata di fronte a lui, la sera prima, era stato difficile resistergli… anche perché lui aveva continuato a dire frasi dolci per tutta la sera…ed era stato dolce anche la notte (oh Santo Cielo…non ce la faccio…Mi sto distruggendo il cuore….non posso continuare… Ufff….E va bene…Bleah… Phoebe_muore_al_ricordo). Dopo aver aperto gli occhi, era bastato uno sguardo in giro per rendersi conto che se ne era andato: aveva preso tutte le cose. Sul letto aveva lasciato una rosa e un biglietto:

    "Non sono mai stato bravo a dire addio…E con gli arrivederci è ancora peggio. Perché
    spero che questo sia un arrivederci. Non cambiare Dana, mai. Per niente e per nessuno.

    Ogni petalo è un ricordo che ti lascio.
                                    Sonny

    P.S. - Chi ti definisce Regina di Ghiaccio non ha mai avuto il piacere di conoscerti."

Era rimasta scossa, ma sul suo viso non c'era stata neanche la traccia di un sorriso, dato che stava per piangere. Mentre stava iniziando a pensare di aver fatto lo sbaglio più grande della sua vita, aveva notato una figura sul tetto del palazzo laterale al suo. Era Sonny che, vestito di nero da capo a piedi, la stava guardando. Quello che Scully non aveva mai saputo, era che quando si era girato per andarsene, una lacrima era uscita da sotto gli occhiali, anche questi scuri. Si era vestita con le prime cose che aveva trovato, e si era precipitata sul quel terrazzo, ma lui era già sparito. A quel punto, le emozioni non potevano più essere fermate, e aveva iniziato a piangere amaramente in ginocchio, le lacrime che bagnavano quel biglietto…


(Bene, adesso sapete cos'è successo la mattina dopo… siete contenti, adesso?? Phoebe_si_odia_x_l'errore_che_ha_fatto)


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Present Day

Ricordare era stato come mettere del sale su una ferita ancora aperta. Un nanosecondo più tardi, Scully si accorse che qualcuno stava entrando dalla finestra. Non c'era bisogno di allarmarsi, sapeva benissimo chi era: Sonny era il Re del Tempismo Perfetto.

<Da dove stai venendo?>

<Da una passeggiata notturna per le strade di Washington. E tu?>

<Io sto venendo dal letto. Per caso le "strade" di Washington sono in particolare quelle che circondano la mia casa?>

<Devo dire che appena sveglia le tue capacità sono potenziate, non me lo aspettavo…> Entrò con un'agilità degna di lui, anche se le spalle ci passavano a stento, attraverso la finestra.

<Neanche io lo sapevo, pensa tu…> Scully aveva indovinato come mai Sonny era sparito. <Sonny… se invece di dormire, vai in giro per Washington perché vuoi proteggermi, potresti perdere la lucidità.>

<Non devo proteggere solo te…> Ennesima frecciatina alla sua gravidanza. E ancora una volta, l'aveva zittita. <Scherzi a parte, cos'è successo? Il mio fiuto mattiniero mi dice che è successo qualcosa.>

<Infatti. Mi ha appena chiamato l'ispettore Crake, ha detto che c'è stato un omicidio che ci riguarda a Flockhart Road, all'altezza del bar.>

Sonny entrò in modalità "FBI" appena senti le parole "omicidio che ci riguarda". L'assassinio di Barbara Mafket aveva lasciato scosso anche lui, che ovviamente non lo dava a vedere. Almeno lui doveva sembrare forte.

<Muoviamoci.>

"Sembra quasi vero", pensò Scully. Quello era uno dei pregi di Sonny: quando si trattava di omicidi, si dava da fare per far pagare il colpevole. Se mai l'avessero preso…


(Per la cronaca, il nome della strada, Flockhart, è preso dal cognome dell'attrice che interpreta Ally McBeal. E' una grande. Phoebe_si_diverte_con_Ally_McBeal)

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Flockhart Road
5.10

Riuscire ad arrivare in Flockhart Road in meno di mezz'ora era quasi un miracolo. Nessuno poteva dire niente sulle doti da pilota di Sonny, anche se l'orario giocava una buona parte. Mentre si stavano avvicinando, iniziarono a discutere sulla presenza di Crake sul luogo del delitto.

<E non ti ha detto come mai anche lui è qui? Sbaglio o ti aveva detto che non è assegnato al caso?> chiese Sonny.

<Infatti. Spero solo che non abbia chiesto lui di entrare a gara iniziata, dopo aver visto il corpo di Barbara.>

<O magari vuole renderti la vita difficile, visto come l'hai trattato.>

<Non iniziare a dubitare di chiunque mi circondi, adesso… e comunque se lo meritava.>

<Già…>

Parcheggiarono di fianco a un'ambulanza, che aveva le luci spente: non c'è fretta, quando si trasporta un morto. Due macchine della polizia erano state messe a protezione del corpo, e tutt'intorno, degli agenti erano impegnati ad evitare che le prostitute si avvicinassero al corpo della loro amica.

<Continuo a chiedermi perché siamo qui…>

<Lo sapremo presto… nel frattempo cerca di prestare più attenzione all'omicidio…> scherzò Scully.

Un corpo nascosto da un lenzuolo bianco giaceva sullo sbocco di una stradina più piccola sulla principale. Scully non vedeva nessun'altro, a parte la polizia. Se Crake non aveva chiamato un altro medico legale, voleva dire che quello era proprio un morto che apparteneva a loro, e la donna stava iniziando a capire il perché.

<Agenti.> salutò Crake.

<E' un piacere rivederla! Che ci fa qui? Ci sono per caso i genitori della vittima che vogliono vedere il corpo?>, si divertì Scully.

Quella battuta sembrò gradita all'umorismo di Crake, che fece una risatina divertita, e cominciò a parlare sempre con un sorriso sulle labbra. <No… ero di turno, mi hanno avvisato che c'era stato un omicidio e hanno mandato me. Ma ancora non sapevamo che, a dire il vero, quest'omicidio appartiene a voi. E ve lo cedo molto volentieri.>

<Perché è nostro?> chiese Scully, impaziente di sapere se i suoi salti logici funzionavano anche a quell'ora.

<Venite, vi faccio vedere.>

L'ispettore fece loro strada fino al cadavere, e si inginocchiò, scoprendolo fino all'addome. Scritte col sangue della vittima, le iniziali "A.D." furono la conferma di quello che aveva pensato Scully poco prima.

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Continua….

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