Marricordo....

Marricordo dell'alluvione del 1921. Si potevano vedere fiumi scendere lungo il pendio della collina di Montemiletto. Alla Fontana della Terra si formò un lago e noi ragazzi nel mese di agosto ci andavamo a tuffare.     ( De Angelis Silvio).

Marricordo del nevone del 1956. Restammo bloccati per giorni e giorni. Mio nonno e mio zio fecero una "viocciola" nella neve per arrivare a casa mia. (F.C.)

Marricordo  di Don Gennaro

Man mano che si avvicinava la data della partenza, Don Gennaro cercava di prolungare le sue uscite e di stare quanto più possibile con gli amici. Parlava con tutti e di tutto, come se ogni minuto passato a Torre dovesse essere l'ultimo della sua vita . Un po' per rabbia un po' per scherzo , tutte le volte che si congedava dagli amici, cantava il ritornello di una canzone, in voga a quel tempo”….Torna al tuo paesello , ch'è tanto bello, torna al tuo casolare …..torna a sognare.”. Infine partì per davvero. Lasciò Torre, si imbarcò sul piroscafo a Napoli ed andò in una terra fredda e lontana. Era una terra ricca, ma più fredda e più lontana di quanto potesse immaginare e la sua disperazione aumentò giorno dopo giorno. Scongiurò sua moglie di tornare, ma lei non volle ed alla fine prese la decisione di far ritorno da solo. Durante il viaggio si rese conto che tutto il paese si sarebbe chiesto perché mai fosse tornato da solo e che le dicerie e i pettegolezzi lo avrebbero stritolato.Ciò gli sembrò insostenibile, impossibile da sopportare per un uomo come lui e decise di morire. Una notte si lanciò in mare. Non si sa se qualcuno lo vide mentre si gettava in acqua, sta di fatto che la nave ritardò un giorno per recuperare il suo corpo. Quando le sue spoglie furono portate a Torre, tutti gli scolari con i loro professori e gran parte della popolazione, lo attesero ai confini del paese. Fu seppellito in terra sconsacrata, perché così imponeva la morale cattolica del tempo, ma non gli mancò mai una candela sulla tomba nel giorno dei morti. Mio padre mi spediva sempre in quell'angolo solitario del cimitero per accendere un cero alla sua memoria. Si dice che per molti giorni dopo il suo funerale, un suo amico di infanzia, pagò un gruppo di ragazzi perché ogni sera, per diversi giorni, cantassero sotto il balcone di Don Gennaro……”Torna al tuo paesello, ch'è tanto bello….”

(Bruna Cirignano)

Marricordo quando, all'improvviso, un 10 agosto di tanti anni fa ( inizio anni trenta) arrivò di sera tardi, dalla strada del fiume, il 40° battaglione di fanteria, che proveniva da Caserta. I soldati vennero alloggiati sopra a della paglia negli androni e nelle stalle, gli ufficiali, invece, un po' dappertutto nelle case dove c'era posto. A casa mia dormirono un tenente colonnello insieme ad altri 2 ufficiali. La festa di San Ciriaco venne prolungata di un giorno. Nella mattina dell'11 la fanfara si esibì in piazza ed a sera ci fu un affollatissimo ballo popolare, sempre al suono della banda militare ed alla luce dell'illuminazione della festa . Il giorno dopo, alle 4 di mattina, e davanti a tutto il paese, che si era svegliato presto per l'occasione e dopo la cerimonia del saluto alla bandiera, il reggimento partì al suon di fanfara.
(Ugo Penna).  

La riconoscenza

 

Chi dice che i torresi sono irriconoscenti, dovrebbe andare qualche volta nel cimitero e soffermarsi a guardare la tomba di Assunta Capone. Ci sono sempre fiori freschi, nonostante sia nata prima della Prima Guerra d'Indipendenza e morta appena dopo la Prima Guerra Mondiale e nonostante i suoi figli siano emigrati in USA  da più di 70 anni e mai più ritornati. La spiegazione?  Durante gli anni trenta un torrese (un buon torrese!) si trovò in miseria e fu aiutato dai figli di Assunta Capone. Costui non ha mai dimenticato l'aiuto ricevuto...e seppur vecchissimo e pur abitando ad una ventina di chilometri,  continua a sdebitarsi portando fiori alla loro madre. E così una signora nata 170 anni fa, senza nessun erede in Italia è stata  onorata come nessuno  mai a Torre.

 

 

 

Marricordo la scaletta che dal sedile dove ora sta il tabacchino scendeva giù alla casa di don Baldassare. Marricordo che sotto c'era la bottega di Diamante. (FC)  


Marricordo quando a Torre arrivò, dopo lo sbarco di Salerno, un battaglione della V Armata americana. Si accamparono dai Ficchi , di fronte a Pasquale re Regiovanni e partirono il giorno dopo, guidati da Ciccio di Catapano (che faceva da guida) scendendo per la via della Fontana della Terra, per essere meno esposti alle incursione aeree. Io li accompagnai fino a Pietradefusi ed approfittai di un attimo di distrazione per fregarmi un paio di pacchetti di sigarette. (Riccio Vozzella)  

Marricordo quando da sopra il Catafalco osservavamo i colpi di contraerea che partivano da Passo e da Montemiletto contro gli aerei alleati. Purtroppo un bombardiere si diresse verso il nostro paese ed i colpi di contraerea colpirono le case di Torre. Una scheggia di artiglieria, che ho conservato per molti anni, mi manco per pochi centimetri. (Palmerino Ardolino)  

Il bisnonno con una scala sulle spalle, ogni sera accendeva le lampade a gas che illuminavano il paese. Il nonno ebbe l'incarico, negli anni trenta, di accendere con " i coltelli", l'illuminazione pubblica, e per questo non pagava l'elettricità. Il padre portò la luce nella spelonca dell'ignoranza, obbligando anche con qualche ceffone, ad abbandonare  una storia di rassegnazione che voleva ignorante il figlio dell'ignorante. Il figlio dove potrà portare un pò di  luce? 

 

8-7-         Spesso accade che il pensiero va nei luoghi, ove  gioia e  affanni, costruirono la base della vita.    Luogo indimenticabile,  in quanto costituisce il richiamo al piacevole  fuggito e  ancora la  ricordanza  riporta un pochino di quel piacere consumato.E’ bello quando una visione immaginaria ti porta nei luoghi del nido ornato dall’infanzia. Nella mente riaffiora l’acerba giovinezza  e la proiezione  verso l’ambite cose. L’emozioni   lasciarono un’impronta  indelebile nella mente e nel cuore. Capita che il pensiero  posandosi sulle ali del vento  va al paese: rivede le fontanelle, il torrente, le pratoline, vorrebbe annusare ancora una volta  il profumo di quanto orbitò intorno alla giovane età.  Un sogno realizzato,  ancora propone  il piacevole di tante dolcezze. Il desiderio,  non va  cercare il granello  quando il granaio è colmo,  ma lo comanda quando si contano gli ultimi chicchi. La poesia che  porta i ricordi  di quanto orbito’ intorno alla vita  mi fa sottolineare le fontanelle e  le feste.Le ricorrenze furono, e  ancora  sono, avvenimenti    per socializzare e scambiare simpatie.Di domenica, alla  consueta messa, non tutti  si recavano per esigenze prioritarie. D’inverno le strade fangose, in percorribili,  imbrattavano scarpe  e pantaloni; d’estate  invece, l’imposizione dei  lavori:  la raccolta del fieno, la mietitura, la vendemmia, richiedevano l’impegno totale del personale, quindi, erano possibili  solo incontri con il vicinato. L’incontro nella piazza del paese, avveniva in occasione delle ricorrenze importanti: Natale, Pasqua,  carnevale e la festa del Santo patrono, due volte l’anno. “Avvenimento bellissimo”. Per un torrese la data  il 16 marzo e l’otto di agosto, è importante,  in quanto ricorda l’anniversario della morte del  Santo  protettore e  quando la salma fu riesumata dalla  sepoltura selvaggia,  per essere collocata degnamente, a settimo Miglio nel cimitero dei cristiani.

Adamo Barone

PIAZZA VITTORIA TRENT’ANNI DOPO. 
Ameno luogo che sproni il pensiero al ricordo del passato, quando il profumo della vita era come quello di tanti alberi in fiore, nell’ondulata valle, un verde mare. Case cosparse, qua e là a scacchiera emergevano dalle folte vigne. Dimora di gente ormai ombra del passato. Essi gareggiarono nella produzione degli alimenti necessari a tutti. In quelle case erano i miei amici che incontravo di sera. In questo promontorio, trascorrevamo ore felici riuniti a raccontare barzellette e ogni altra storiella che portava il buono umore. Qui le passeggiate romantiche, prevalentemente nei giorni festivi, quando era permesso alle ragazze uscire di casa per andare all’adunanza. Una favorevole occasione per scambiare qualche parola, o solamente uno sguardo fuggitivo.Esse erano schiave del costume barbaro. Ignobile concezione, l’imporre, il distacco maschi e femmine, un modo maniera dannosissimo all’evolversi, arrecando danni alla vita in germoglio. Anziché istruire la prole, secondo natura, i rapporti uomo donna e procreazione, veniva impedito il dialogo associativo. Tutto doveva trionfare, secondo il piacere delle persone dominanti e non come la natura veramente sussurrava. Selve, ruscelli, rovi popolati da sciame d’uccelli che guizzavano per il cielo verso quell’amore che li rendeva felici. Cantavano, prevalentemente al mattino quando baciati da i primi raggi del sole: intonavano la musica che il maestro natura offriva chi voleva suonare lo strumento che non distorceva gli accordi.-Cori di fanciulle che operavano nei campi, sventolavano la vita che vibrava dentro il loro essere. Uno spettacolo suggestivo, coronato dalla stagione primaverile che vestiva le piante con tenere foglie e fiori. Insomma l’occhio dello spettatore scorgeva nel nuovo un quadro che nessuno artista saprebbe dipingere: l’anima che vibra nella vita di tutto il creato. Non di meno erano le notti lunari, come fosse giorno, e nel silenzio tutto appariva d’argento. La pace regnava nella distesa piantagione d’olivi: S’udivano canti di grilli, dei gufi, il guaire dei cani, e il canto del gallo ripetuto, d’ora in ora, sino all’alba, quando l’argenteo colore del cielo diventava dorato. Avanzando lo sguardo s’osservava lo spettacolo che offriva il grano nella sua crescita. Dal maggio odoroso a giugno festoso, mentre il fieno essiccava e diffondeva l’agre profumo, il grano sospinto dal vento, maturava ondeggiando come l’acqua nel mare. La spiga d’oro, promuoveva sensazione nell’animo del contadino a sognare i preziosi granelli per riempire il granaio. Quando lo stelo era giallo e la spiga del grano dorata, egli impugnava la falce, curvo per l’intera giornata, sotto la sferza del sole, lo mieteva.  Il sogno che si realizzava in quel raccolto annullava la stanchezza dell’opera, significava “il Pane” .  Al raccolto partecipavano anche le donne. Abbandonavano l’opera femminile e andavano ad affiancare gli uomini, per colmare lo spettacolo col il fascino. Cosa avveniva quando il profumo della vita si fondeva con le messe? Produceva l’euforia per attenuare l’estenuante fatica richiesta dall’opera. Canti patetici, cori folcloristici, un’armonia indescrivibile. L’apporto natura e vita in dono le spighe dorate.  La massaia, con un cesto colmo di cibarie, due volte il giorno giungeva nei campi recando gli alimenti necessari all’energia vitale. A l’ombra di qualche pianta, pranzavano. Il fiasco del buon vino,. Da mano in mano faceva il giro e rallegrava la brigata. Finiva la mietitura, i covoni venivano trasportati e ammucchiati sull’aia. Vi rimanevano una quindicina di giorni per la completa maturazione del grano.  Successivamente si spargevano sull’aia e si provvedeva alla macerazione, con una grossa pietra trainata da i buoi.   Verso sera l’instancabile opera continuava per selezionare paglia e grano.  Gli operatori innalzavano nell’aria il materiale macerato e il vento terminava l’opera: trascinava il paglione ai bordi dell’aia, mentre il grano precipitava nel mucchio al centro. Il contadino stanco ultimava la sua opera,  pago dei sacchi colmi che andava a deporre nel granaio, sino a colmarlo. A lume di candela, terminava la festa con balli e canti. Quell’aia diventava protagonista dell’amore che manifestavano i lavoratori della terra, coloro che con tanta fatica avevano prodotto il pane per tutti.  

Adamo Barone.

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