- Lei accetta l'idea che i libri della collana “Processi celebri
teramani” possano essere qualificati come un esempio di scrittura post-moderna
?
- Sì.
- In che senso essi possono essere ascritti al post-moderno
?
- Per molti aspetti. Ad esempio, nei miei libri vengono utilizzati,
o evocati, linguaggi extra-letterari, e questo è uno dei caratteri
ascrivibili al post-moderno. Sono presenti in molte pagine aree nascoste,
quasi sotterranee, di produzione di senso, che non possono disvelarsi a
chi utilizza soltanto i linguaggi cosiddetti “egemonici”. Il lettore ordinario
deve abbandonare l’uso esclusivo di questi linguaggi, di cui deve porre
in discussione il concetto di autorialità tradizionalmente inteso.
E' un capovolgimento di ruolo.
- Quale ?
- Prima del post-moderno è l’estetica che suggerisce la
pagina. Con il post-moderno non è più così. Adeguatamente
a questa tendenza, le mie pagine hanno suggestioni che derivano dal cinema,
dalle arti visive, da tecniche extra-letterarie. Ma queste suggestioni
restano al di fuori della pagina, nelle quali sono presenti solo gli effetti,
che possono essere colti, cioè letti, soltanto mediante l’utilizzo
di altri linguaggi.
- Un esempio ne è il fatto che molte pagine sembrano
essere dei trattamenti di soggetti cinematografici, in qualche caso,
dei pre-trattamenti, o, in altri casi, di sceneggiature già definite
?
- Sì. In quest’ultimo caso ci si trova davanti ad un uso
più frequente, o consistente, del dialogo diretto, tipico delle
sequenze cinematografiche o televisive, senza i tipici mediatori del racconto
e della narrazione tradizionali.
- Può valere quanto a proposito è stato detto
di Pynchon su Internet ?
- A proposito dell’evocazione di linguaggi non strettamente letterari,
anzi decisamente extra-letterari ?
- Sì.
- Credo di sì. Tanto più che l’utilizzo di questa
serie di linguaggi extra-letterari è pienamente voluta. Per lo più
si tratta di linguaggi che vengono dalla strada, dal mondo delle tecniche,
anche quelle desuete e scomparse, dal territorio, inteso come luogo di
origine di linguaggi mediali, pre-mediali o popolari, a volte legati ai
ghetti o alle contro-culture.
- Può fare qualche esempio ?
- Molte pagine del "Duplice delitto nella Locanda Scarpone",
tutti e tre i libri del "Trittico Atriano", o, in maniera ancora più
eclatante, "La coscienza del Diavolo". Si pensi, ad esempio, al ristretto
mondo chiuso dei frati osservanti e della vita claustrale.
- O, come nel caso del "Trittico Atriano", al mondo chiuso
delle sette di stampo massonico e a quello altrettanto chiuso della ricca
e conservatrice proprietà agraria.
- Sì. In qualche caso siamo in presenza di un vero e proprio
“linguaggio cifrato”, che è compresente agli altri linguaggi, compreso
quello utilizzato per lo sviluppo narrativo di base.
- Quello dei confini storici, geografici o sociali è
un limite ? Vale a dire, per la comprensione dei fatti e del loro sviluppo
è necessaria una conoscenza dei luoghi geografici, delle struttura
sociale in cui si verificano gli eventi descritti o del quadro storico
generale di riferimento ?
- Credo di no. Infatti si può dire che i riferimenti
ai luoghi, ai fatti generali o alle realtà sociali siano generalizzabili,
in un processo che potrebbe essere definito di “globalizzazione epistemologica”.
Senonché, ad un certo punto, c’è stata una mediazione tra
l’intenzione dell’autore e alcune richieste dei lettori, intese ad ottenere
una più precisa contestualizzazione di luoghi e di eventi. Così
ho inserito, a partire da quelle richieste, alcune mappe, di luoghi e di
personaggi.
- Come vanno intesi questi elementi ? Qual è lo scopo
di questi inserimenti ?
- Vanno intesi come strumenti di agevolazione della lettura.
Si tratta di campi semiotici più vicini a quelli tradizionali. Ho
già detto che l’inserimento è stato il frutto di una mediazione,
tra l’intenzione dell’autore e la richiesta dei lettori.
- Quale ne è il fine ultimo ?
- Il fine ultimo non può che essere quello di favorire
la capacità dei lettori di “elaborare a margine”.
- Si tratta di un un aiuto alla lettura ?
- No. Al contrario. L'intenzione è quella di
favorire la loro capacità di scrittura, considerato che il lettore
deve farsi, secondo un'espressione oggi generalmente sempre più
diffusa, "autore invisibile".