CONFERENZA MONDIALE

CONTRO IL RAZZISMO, LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, LA XENOFOBIA E LA RELATIVA INTOLLERANZA – SUDAFRICA 2001

 

CONFERENZA REGIONALE DEL CONSIGLIO D'EUROPA

"TUTTI DIFFERENTI, TUTTI UGUALI: DAI PRINCIPI ALLA PRATICA"

 

CONTRIBUTO DEL FORUM NAZIONALE DELLE ONG ITALIANE

 

"IL RAZZISMO È UN CRIMINE, NON UN'OPINIONE"

 

ROMA, 22 - 23 OTTOBRE 2000

 

SOMMARIO:

 

Preambolo   1

1. Protezione legale contro il razzismo, la xenofobia e la relativa discriminazione  3

2. Politiche e pratiche per combattere il razzismo e la relativa discriminazione  4

3. Educazione e innalzamento della consapevolezza  6

4. Il razzismo e l’informazione, comunicazione e media  7

5. Immigrazione ed asilo in Italia, in Europa e nel mondo. 9

 

 

 

Il 22 e 23 settembre 2000 si è riunito a Roma, presso la sede del Ministero degli Affari Esteri, in preparazione del Forum e della Conferenza europei contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza ad essi collegata, il Forum nazionale delle ONG italiane, con la presenza dei rappresentanti di oltre 150 organismi.

 

 

Preambolo     

 

 

Valori fondanti

 

Il filosofo Adorno esplicitò una domanda che ancora oggi risulta fondamentale: “come educare dopo Auschwitz?” o come educare affinché Auschwitz non accada più?

Forse non è l’unica domanda da porsi, ma è una domanda fondamentale perché rimette in discussione la filosofia su cui l’educazione si è fondata fino ad oggi.

La grande sfida del nuovo millennio è quella di riuscire a creare un’osmosi tra crescita economica, sviluppo democratico e promozione umana.

La consapevolezza di questa sfida induce a privilegiare l’investimento nell’educazione al rispetto di quei valori che determinano la qualità della vita, nonostante la limitatezza delle risorse materiali.

La cultura che si fonda sui diritti umani è una cultura pervasiva che libera e apre, che considera la scuola, l’università, il mondo o dell’informazione e quello dei poteri locali, regionali e nazionali, come un cantiere, un laboratorio di costruzione della nuova cittadinanza democratica che nasce nella scuola e pervade l’intero arco della vita della persona umana.

Educare alla dimensione interculturale costringe a ripensare anche allo sviluppo in termini nuovi.

Oggi si sente l’esigenza di rifinalizzare lo sviluppo verso obiettivi che tutelino la dignità della persona all’autodeterminazione. Per lungo tempo si è creduto che il benessere economico fosse la componente essenziale dello sviluppo; oggi si ritiene che debbano essere prese in considerazione non solo le istanze economiche, ma tutto il complesso delle esigenze umane.

Lo sviluppo economico diventa così solo un pre-requisito strutturale indispensabile

 

La parola “razza” viene usata in questo documento consapevoli dell’infondatezza scientifica del concetto applicato ai gruppi umani ma altrettanto consapevoli che milioni di persone nel mondo credono e soprattutto agiscono sulla base della convinzione che esistano “razze” umane.

 

Le ONG italiane:

 

-          Riaffermano con forza la loro ferma determinazione a combattere ogni forma di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza, antisemitismo e islamofobia in Italia ed a contribuire alla stessa lotta a livello europeo.

-          Deplorano con altrettanta forza il riaffacciarsi, nonostante gli sforzi compiuti dalle istituzioni nazionali ed internazionali, di manifestazioni anche violente di razzismo e discriminazione ed il permanere di un clima di intolleranza alimentato anche da campagne apertamente xenofobe.

-          Segnalano con preoccupazione la discriminazione ingiustificata che colpisce gli appartenenti a minoranze quali Rom, Sinti e Caminanti (rimasti esclusi dalla legge sul riconoscimento delle minoranze linguistiche), rifugiati e richiedenti asilo, lavoratori stranieri residenti, immigrati in possesso o meno di permesso di soggiorno; rilevano l'importanza di prestare attenzione a forme di doppia discriminazione determinate dall'intreccio tra discriminazione etnica e discriminazione di genere, orientamento sessuale, età, religione, credo politico o altra motivazione.

-          Esprimono preoccupazione per i fenomeni legati alla globalizzazione e al deterioramento della situazione economica che in molte parti del mondo minacciano la coesione sociale e generano forme di esclusione sociale potenzialmente in grado di rafforzare le tensioni sociali e le manifestazioni di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza.

-          Ricordano che razzismo e discriminazione razziale sono violazioni dei diritti umani, e che la xenofobia e l'intolleranza minano le basi stesse della convivenza democratica e dei valori su cui essa si fonda e richiedono quindi l'impegno comune delle Istituzioni, delle ONG e di tutte le formazioni sociali nonché di tutti i cittadini.

-          Riconoscono il ruolo chiave del Governo nella battaglia contro il razzismo e la discriminazione e i concreti passi avanti compiuti nella costruzione di un quadro legislativo e politico utile a questa lotta. Nel contempo rilevano i gravi ritardi sia nel completamento della legislazione contro le discriminazioni, sia nella messa in opera di politiche concrete capaci di contrastare il diffondersi di sentimenti xenofobi ed intolleranti, quali ad esempio le misure per l'integrazione sociale e civile degli immigrati, rifugiati e richiedenti asilo.

-          Sottolineano l'effetto devastante di una rappresentazione negativa delle minoranze, in particolare Rom, immigrati, rifugiati e richiedenti asilo, continua e diffusa in tutti i mezzi di comunicazione e il pericolo di legittimazione della dell'intolleranza rappresentato dal riemergere nei Paesi europei di partiti e movimenti politici che usano razzismo, xenofobia come strumenti di propaganda quand'anche non ne facciano un esplicito elemento programmatico.

-          Indicano con forza la necessità da un lato di riconoscere e rimuovere tutti gli ostacoli all'effettiva parità nei diritti fondamentali, siano essi costituiti da norme (come è in parte il caso della legislazione in materia di trattamento degli immigrati cosiddetti irregolari), da assenza di norme (come è il caso del diritto di voto dei cittadini di Paesi terzi) o ancora da assenza o non applicazione di politiche coerenti con i principi di non discriminazione.

-          Sono consapevoli che nella comune lotta contro razzismo, xenofobia e intolleranza un compito specifico e rilevante deriva agli Stati dall'obbligo di assicurare la libertà ed il benessere di tutte le persone residenti nel loro territorio;

-          Sottolineano i particolari doveri che pesano sull'Europa in virtù delle speciali responsabilità da essa assunte nei fenomeni storici del razzismo, dell'antisemitismo, del colonialismo;

-          Sono altresì consapevoli che per loro parte le ONG, anche ai fini di un attento monitoraggio delle manifestazioni di razzismo e xenofobia, devono essere maggiormente incisive e per questo sono necessarie capacità di elaborazione politica;

-          Sono convinte che un elemento centrale della lotta per lo sradicamento del razzismo e della xenofobia sia il riconoscimento pieno ed effettivo dei diritti fondamentali civili, sociali e culturali agli appartenenti a minoranze etniche, culturali, religiose o nazionali e ad ogni altro gruppo vulnerabile,

-          Formulano di conseguenza le seguenti raccomandazioni ai Governi europei ed Italiano, raggruppate secondo i titoli corrispondenti ai gruppi di lavoro in cui il Forum nazionale delle ONG antirazziste ha articolato i propri lavori:

1.        Protezione legale a livello nazionale ed europeo.

2.        Politiche e pratiche per combattere il razzismo e la discriminazione a livello nazionale.

3.        Educazione e innalzamento della consapevolezza.

4.        Informazione, comunicazione e media.

5.       Immigrazione e asilo

 

-          Chiedono al Governo italiano di farsene portatore nella Conferenza europea contro il razzismo (Strasburgo 11-13 ottobre 2000) e interprete in ogni altra sede opportuna.

____________________________________

 


1. Protezione legale contro il razzismo, la xenofobia e la relativa discriminazione

 

 

1 Protezione legale a livello europeo e dell'Unione Europea:

 

-          Immediata firma e ratifica, da parte degli Stati Membri del Consiglio d'Europa, del Protocollo Aggiuntivo n° 12 alla Convenzione sui Diritti Umani, che estende il campo di applicazione dell'art. 14 (non discriminazione).

-          Riconoscimento dei diritti politici fondamentali (diritto di voto e di eleggibilità) e dei principi di pari trattamento ai cittadini di Paesi terzi nell'Unione Europea, in applicazione dei principi della Convenzione sull'Eliminazione di tutte le forme di Razzismo e Discriminazione e di quanto stabilito dalla Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita politica locale del Consiglio d'Europa.

-          Rapida adozione da parte del Consiglio dell'Unione Europea delle parti ancora in discussione del Pacchetto contro la discriminazione proposto dalla Commissione Europea (Direttiva occupazione e Piano d'azione contro il razzismo).

-          Rimozione degli ostacoli al percorso della proposta di Direttiva del Consiglio Europeo sul ricongiungimento famigliare per i cittadini di Paesi Terzi.

-          Revisione degli strumenti giuridici internazionali relativi al diritto d'asilo nel senso di una definizione estensiva dei beneficiari quale, ad esempio, quella prevista dalla Costituzione Italiana.

-          Rafforzamento della lotta contro gli atti di razzismo e di intolleranza anche attraverso forme di cooperazione transnazionale nella loro repressione poliziesca e giudiziaria.

-          Revisione del progetto di Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea ed estensione dei diritti in essa contenuti a tutte le persone residenti legalmente nell'Unione Europea da almeno 5 anni. In particolare: diritto di libera circolazione e stabilimento, diritto di voto e di eleggibilità, piena uguaglianza con i cittadini europei con riferimento alle condizioni di lavoro, alla salute ed all'assistenza.

-          Previsione di procedure più efficaci e vincolanti per la sanzione di eventuali comportamenti, pratiche o legislazioni discriminatorie posti in atto da parte degli Stati membri dell'Unione Europea.

 

2. Protezione legale a livello nazionale:

 

-          Rapida e completa messa in opera della "Direttiva del Consiglio  Europeo n. 2000/43/ce del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica", in particolare: 

-          Diritto per le associazioni e le comunità di costituirsi in giudizio come parti civili nei casi di discriminazione e razzismo.

-          Estensione a tutti i casi di discriminazione, l'inversione dell'onere della prova (a carico dell'accusato e non del denunciante, come già previsto per i casi di discriminazione e molestia sessuale, nei termini e con le cautele previsti dalla Direttiva 2000/43/CE).

-          Creazione immediata del o degli organismi indipendenti previsti dalla Direttiva con le caratteristiche ed i poteri, anche di indagine, suggeriti dalla relativa Raccomandazione dell'ECRI (Consiglio d'Europa)..

-          Creazione di sedi e meccanismi di consultazione permanente delle ONG e delle Parti sociali.

-          Revisione delle norme esistenti e istituzione di procedure permanenti di controllo della correttezza – dal punto di vista della non-discriminazione – dei provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi e degli atti della Pubblica Amministrazione ad ogni livello. Particolare attenzione deve essere accordata alla legislazione civile e penale e alle norme che prevedono limitazioni della libertà personale, anche dei cittadini di Paesi terzi illegalmente presenti nel territorio dello Stato.

-          Aggiornamento e completamento della legislazione contro il razzismo, la xenofobia e la relativa intolleranza, con particolare riferimento all'istigazione in ogni sua forma.

-          Messa in opera di un sistema efficace di protezione dei gruppi vulnerabili, compresi Rom e Rom, Sinti e Caminanti, rifugiati e richiedenti asilo, immigranti anche non in possesso di permesso di soggiorno, garantendo l'effettiva possibilità di accesso agli strumenti legali ed un equo sistema di compensazione.

-          Proibizione esplicita della propaganda razzista e xenofoba, inclusa la negazione dello sterminio degli Ebrei, Rom e Sinti e delle altre popolazioni o gruppi nazionali che ne sono stati vittime.

-          Introduzione di un sistema di sanzioni efficace ed applicabile per i crimini originati o aggravati da razzismo, xenofobia e antisemitismo.

-          Rimozione delle disparità ingiustificate di trattamento legate alla nazionalità e cittadinanza, in particolare nell'accesso al lavoro autonomo e al pubblico impiego così come nel godimento delle prestazioni previdenziali.

-          Rafforzamento dell'effettività delle sanzioni giudiziarie assicurando rapidità dei giudizi e certezza nell'esecuzione della pena;

-          Eliminazione di ogni previsione potenzialmente o attualmente discriminatoria relativa all'erogazione dei servizi assistenziali.

-          Monitoraggio e composizione dei conflitti tra istituti giuridici italiani e dei Paesi di provenienza dei cittadini di Paesi terzi potenzialmente generatori di trattamenti discriminatori.

-          Estensione esplicita delle previsioni normative a garanzia della parità di trattamento tra donne e uomini alle cittadine di Paesi terzi.

-          Rimozione delle discriminazioni di fatto nel trattamento dei minori stranieri garantendo l'effettività dei diritti riconosciuti dalla Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo.

-          Riconoscimento del valore positivo e di contrasto delle tendenze xenofobe implicito in una revisione in senso estensivo delle leggi sull'accesso alla cittadinanza italiana.

 


2. Politiche e pratiche per combattere il razzismo e la relativa discriminazione

 

Vengono individuate tre aree principali di intervento:

 

1.        Discriminazione istituzionale

2.        Discriminazione sul lavoro

3.        Discriminazione nella società

 

1. Discriminazione istituzionale

 

Il razzismo odierno è un fenomeno particolarmente complesso del quale è necessario individuare le origini e le forme molteplici. Il razzismo può annidarsi anche nelle istituzioni e nelle leggi che governano un paese e che sono in contrasto con le costituzioni democratiche.

Il razzismo odierno, quello che si manifesta nella società civile attraverso discorsi, atteggiamenti e atti discriminatori, offensivi o violenti, può essere favorito proprio da un diffuso “razzismo istituzionale” e di conseguenza propagarsi e/o rafforzarsi nei vari ambiti e aspetti della vita sociale.

Per combattere il razzismo non è sufficiente, anche se è importante, promuovere il dialogo e lo scambio fra culture differenti. Occorre soprattutto una politica di inclusione sociale che inneschi un progressivo processo di acquisizione reale dei diritti e doveri di cittadinanza e miri ad una effettiva uguaglianza.

 

Si raccomandano, innanzitutto:

 

-          attività permanenti di educazione e promozione dei diritti umani. Si auspica che i progetti di sensibilizzazione siano adeguatamente finanziati o cofinanziati da stati, Unione europea e altri organismi internazionali.

 

Tra le misure più urgenti si segnalano:

 

-          eliminazione dei riferimenti agli immigrati nel T.U.L.P.S;

-          diritto di voto (attivo e passivo) agli immigrati nelle amministrative;

-          formazione del personale amministrativo di ogni paese con corsi ad hoc contenenti caratteri interculturali;

-          effettiva uguaglianza nei procedimenti giudiziari innanzitutto attraverso misure volte a garantire una reale efficienza degli avvocati d’ufficio

-          estensione ai detenuti appartenenti a minoranze e gruppi sfavoriti una più specifica assistenza ad personam, soprattutto attraverso la capillare presenza di Mediatori Culturali e interpreti  sia nei tribunali che nelle carceri, garanzia che tutti i cittadini stranieri possano accedere all’iter processuale, senza incorrere in rischi di espulsione;

-          norme che permettano un accesso reale degli immigrati alle pene alternative, rimovendo clausole che di fatto li escluderebbero. Quest’ultimo particolare pone fortemente il tema della discriminazione sempre maggiore a cui vanno incontro richiedenti asilo e rifugiati a partire dal monitoraggio della loro presenza in Italia. Si riscontra un aggravio particolare nello specifico del popolo Rom, che non potendo contare su alcun territorio nazionale (nemmeno di riferimento), non trova riconoscimento né nazionale (da qui la proposta già ampiamente avanzata per essi di "cittadinanza europea") né delle loro cerimonie (ad esempio il matrimonio);

-          sostegno economico dell’attività del mediatore culturale e dell’interprete ed il loro inserimento ovunque si ritiene necessario;

-          riconoscimento della cittadinanza in base al “jus soli” per tutti i nati da genitori stranieri in territorio italiano, con possibilità di scelta al diciottesimo anno di età del tipo di cittadinanza da adottare;

-          possibilità di acquisizione del diritto di cittadinanza dopo 5 anni di residenza sul suolo nazionale equiparando i cittadini di origine comunitaria e non;

-          si raccomanda infine, con forza, al Governo italiano e al Consiglio d’Europa la tutela della libera espressione di ciascuna identità etnico-linguistica presente sul proprio territorio.

 

 

2. Discriminazione sul lavoro

 

La prima discriminazione avviene nel momento dell’accesso al lavoro, dove va rilevato che i Centri per l’Impiego (ex uffici di collocamento) non effettuano in modo sistematico l’orientamento alle possibili attività lavorative. È tuttora diffusa la pratica di imprenditori che assegnano ai lavoratori stranieri impiego nelle mansioni più rischiose e onerose fisicamente e disconoscono la loro professionalità. Occorre innanzitutto elaborare una politica di uguaglianza di opportunità sull’avviamento, la promozione e la formazione all’interno del mondo del lavoro. In particolare sono fondamentali:

 

-          formazione interculturale del personale che si occupa del reclutamento, della selezione e della promozione dei lavoratori;

-          riesame regolare delle procedure di reclutamento;

-          effettiva applicazione anche nell’appalto dei contratti pubblici al rispetto delle disposizioni anti-razziste e anti-discriminatorie;

-          promozione di azioni positive (removing barriers and building bridges) in favore dei candidati immigranti o appartenenti a minoranze o a gruppi sfavoriti;

-          garanzie e tutela dei percorsi di carriera attraverso il livello di inquadramento e di formazione professionale;

Va altresì operato un controllo nelle aree di lavoro stagionale affinché si interrompa qualsiasi tolleranza istituzionale verso il lavoro nero contrattato ricattatoriamente dai datori di lavoro rispetto a stranieri, minori e appartenenti a minoranze o a gruppi sfavoriti.

 

 

3. Razzismo nella società civile

 

In primo luogo non può essere accettata una ghettizzazione di appartenenti a minoranze o a gruppi sfavoriti, né in Italia, né in altri paesi europei o in paesi in cui si esplica l’azione di cooperazione internazionale dell’associazionismo europeo.

Si sono individuate nell’habitat, nella tutela della salute, nell’attività fisica e sportiva e nelle discriminazioni religiose quattro argomenti che riguardano il razzismo nella società civile europea e tuttavia non va dimenticato come il contributo del mondo delle ONG italiane ed europee alla lotta antirazzista si estenda anche al di là dei confini nazionali, attraverso gli interventi nei paesi ove essi operano in progetti di assistenza umanitaria, capacity-building e sviluppo.

 

In merito all’habitat il giudizio sui centri di prima accoglienza è generalmente negativo perché non ha minimamente concorso all’integrazione socio-urbanistica degli immigrati, dei rifugiati e di altri gruppi vulnerabili.

 

-          Le esigenze abitative delle potenziali vittime di razzismo vanno formalmente inserite nella programmazione urbanistica delle amministrazioni locali, a partire dalla progettazione dell’edilizia economica e popolare.

-          Va stabilito un fondo di solidarietà, ovvero di garanzia, per l’acquisto di case da parte degli immigrati che hanno sia soggettivamente che oggettivamente difficoltà di accesso alle normali fonti di prestito.

-          Per quanto attiene alla tutela della salute degli immigrati, va sottolineata positivamente la fondamentale equiparazione già esistente fra cittadini europei e di paesi terzi nella sanità pubblica italiana. Di contro continua a essere carente l’orientamento verso l’usufrutto pieno della stessa sanità pubblica nei confronti dei lavoratori stranieri, che soffrono spesso della completa ignoranza del libero accesso alle strutture sanitarie dello stato italiano.

-          Si raccomanda anche in questo settore la formazione interculturale degli operatori sanitari pubblici ed il riconoscimento dei diplomi professionali degli operatori sanitari di nazionalità non italiana, vista per gli stessi la perdurante impossibilità di iscriversi agli albi professionali per infermieri e medici. La figura del mediatore culturale e interprete resta anche in questo caso indispensabile per operare, nei tempi brevi, all’interno delle strutture sanitarie pubbliche.

 

Per quanto attiene alle discriminazioni religiose si raccomanda tra l’altro nella programmazione urbanistica di considerare la presenza sul territorio nazionale di consistenti minoranze religiose a seconda delle indicazioni che le stesse comunità forniranno alle istituzioni locali. Ulteriore attenzione viene chiesta al rispetto della parità religiosa per i luoghi di culto e di sepoltura, applicando di rigore gli statuti degli enti locali.

 

Riconoscimento dello sport come strumento meta-linguistico e per tanto efficace nella lotta contro il razzismo.

Desta preoccupazione la tendenza, sempre più radicata negli ultimi dieci anni e partita circa trenta anni addietro, che atleti dei “paesi in via di sviluppo” vengano colonizzati sportivamente dagli stati occidentali, per via della mancanza di risorse finanziarie.

 

-          Va affermato il diritto all’autodeterminazione per quegli atleti discriminati in quanto appartenenti a minoranze o a gruppi sfavoriti non riconosciuti come stati nazionali e quindi impossibilitati dal CIO (Comitato olimpico internazionale) a competere per la nazione reale a cui sentono di appartenere. Per i non professionisti va garantito eguale accesso alla pratica sportiva.

-          Va intensificata l’azione di prevenzione educativa, accanto a quella repressiva, rispetto alla strumentalizzazione delle manifestazioni sportive di massa a scopo di propaganda razzista. Ma soprattutto, sia nello sport amatoriale sia in quello agonistico, puntare al miglioramento dell’approccio metodologico con la diffusione sistematica di periodiche iniziative sportive, che favorisca anche in questo ambito il confronto/scambio. E’ necessario individuare le fonti per finanziare tali progetti, integrando il lavoro delle istituzioni con le ONG.

 

In sintesi si propone dunque di:

 

-          Preparare un vero “piano d’azione contro il razzismo” comprensivo di tutte le proposte avanzate dal Forum e l’uso a tal fine anche dei fondi comunitari, come il governo tedesco ha annunciato di recente in accordo con ONG e parti sociali;

-          Rafforzare l'attività di repressione, migliorando la preparazione specifica delle forze dell'ordine e facendone una priorità dell'ordine pubblico;

-          Inserire l'educazione antirazzista e alla parità di trattamento nel percorso formativo degli appartenenti ai corpi di polizia e alla magistratura;

-          Favorire una presenza significativa nelle forze dell'ordine e nella struttura giudiziaria di membri dei gruppi vulnerabili al razzismo.

-          Individuare nuovi e più efficaci strumenti di protezione e di impulso all’azione civile contro le discriminazioni nei luoghi di lavoro.

-          Affrontare in termini normativi il riconoscimento dei Rom, Sinti e Caminanti nel quadro delle minoranze etniche linguistiche ed altre.

-          Fare della non discriminazione una priorità di tutte le politiche (in sostanza un mainstreaming simile a quello in parte realizzato contro la discriminazione di genere), incluso negli interventi di assistenza umanitaria o di sviluppo condotti all’estero;

-          Assicurare la formazione specifica per tutti gli operatori pubblici di settori sensibili (lavoro, sanità, scuola ecc);

-          Impegnare risorse adeguate (la proposta a livello europeo è che i governi stanzino per la lotta contro il razzismo 0,5 euro per abitante), una parte significativa delle quali destinata a sostenere il lavoro delle ONG;

-          Sviluppare azioni positive volte a garantire una adeguata rappresentanza dei gruppi vulnerabili nei processi di decisione a tutti i livelli, comprese le azioni positive condotte nei paesi di intervento delle ONG umanitarie, durante la fase di emergenza e post-emergenza, quando vengono poste le basi per la ripresa di società non razziste, non xenofobe e non intolleranti..

-          Infine le ONG chiedono a tutti i partiti e movimenti politici di firmare la Carta dei partiti politici europei per una società non-razzista impegnandosi a rispettare gli impegni in essa definiti e accettando strumenti indipendenti di controllo.

 


3. Educazione e innalzamento della consapevolezza

 

Il processo educativo nell’attuale scenario non si limita al momento formale dell’educazione scolastica, ma è il risultato di una costruzione sociale cui concorrono diversi soggetti istituzionali, sociali e privati e in cui le ONG rivestono un ruolo di promozione alla partecipazione democratica per il pieno esercizio dei diritti e delle responsabilità.

L’educazione è strumento fondamentale nella prevenzione del razzismo. La prevenzione è strettamente legata alla formazione degli insegnanti. Lo stesso uso delle sanzioni va inteso anche come sollecitazione a diffondere ed applicare documenti e normative esistenti, con uno scopo non punitivo ma preventivo.

 

1. Obiettivi pedagogici

 

E’ necessario impostare con i nostri giovani il problema dell’educazione alla pace e al rispetto delle diversità in modo scientifico, come è stato teorizzato nel dibattito portato avanti in passato da importanti educatori.

L’educazione interculturale presuppone una programmazione curriculare interdisciplinare e trasversale che coniughi  gli obiettivi didattici con un’attenzione costante a quelli educativi e formativi. In questo ambito è auspicabile che gli insegnanti e gli organi collegiali prestino particolare attenzione all’adozione di strumenti didattici (libri di testo e materiali multimediali) affinché siano coerenti con i principi del rispetto della diversità.

Nella Dichiarazione finale della II Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, organizzata a Vienna nel giugno del 1993, si afferma che l’educazione, la formazione e l’informazione in materia siano indispensabili all’instaurazione e alla promozione di relazioni intercomunitarie stabili ed armoniose e alla promozione della reciproca comprensione e della uguaglianza nella diversità.

 

La strategia operativa da seguire dovrebbe prevedere di:

 

-          utilizzare le materie curriculari dei progetti scolastici con un metodo interdisciplinare integrato che unisce le scienze biologiche, psicologiche, educative;

-          partire dall’esperienza maturata nel vissuto quotidiano dei giovani e dalla realtà multietnica e multiculturale propria del territorio;

-          considerare i contenuti propri dei diritti umani in modo trasversale per permettere la realizzazione delle interdisciplinarietà;

-          prestare particolare attenzione alle nuove forme di razzismo, anche di tipo ‘istituzionale’, che (ad esempio nel campo del lavoro) attraverso la ‘regolamentazione’ dei diritti umani di fatto li limitano o li negano.

 

2. Proposte e richieste

 

-          L’eventuale insegnamento della religione non deve essere in alcun caso occasione di discriminazione, come avviene quando la frequenza dell’ora di religione costituisce un credito scolastico. Per l’Italia, si propongono corsi di storia comparata delle religioni, in cui sia garantito un approccio antropologico e non confessionale né multiconfessionale.

-          La parola ‘razza’ dovrebbe essere sempre scritta fra virgolette.

-          Occorre sempre consentire alle persone provenienti da altri Paesi di mantenere la lingua madre e approfondire la propria cultura originaria, anche avvalendosi di insegnanti del proprio Paese di origine.

-          Anche a tal fine, occorre favorire il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero.

-          Occorre favorire l’accesso dei figli di immigrati alle istituzioni scolastiche e alle Università.

-          Particolare rilievo riveste la formazione degli educatori e degli operatori di polizia, dei servizi sanitari e di altri settori della vita sociale.

-          E’ bene favorire il coinvolgimento nell’educazione e nella prevenzione dei familiari degli studenti.

-          L’intolleranza va affrontata a tutti i livelli e in tutti gli ambiti della società (dalla scuola agli stadi), in un quadro di educazione permanente e sistematica.

-          Si ritiene importante realizzare un coordinamento operativo sul tema dell’educazione, in ambito scolastico ed extra-scolastico.

-          Una particolare attenzione deve essere riservata all’applicazione concreta della legge 40, definendo strumenti operativi efficaci; in questo campo, appare fondamentale il ruolo delle ONG che possono monitorare la situazione ‘sul campo’.

-          Si propone al Ministero della Pubblica Istruzione l’emanazione di una direttiva sull’educazione dei ragazzi Rom, Sinti e Caminanti, anche tenendo conto delle positive esperienze di collaborazione fra ONG e Ministero nella sperimentazione educativa.

-          Occorre svolgere azione educativa e di sensibilizzazione nei confronti del traffico delle persone, della riduzione in schiavitù e dello sfruttamento – in particolare delle donne –, fondati spesso su una matrice di tipo razzista.

 

Le ONG italiane ribadiscono l’opportunità di costituire un Osservatorio Permanente delle ONG presso il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, con il duplice obiettivo di denunciare nelle scuole e nella società civile la violazione dei diritti umani e di proporre azioni ed iniziative volte a prevenire, informare ed educare ad una dimensione di cittadinanza democratica partecipata e “multiple”, secondo la concezione del Consiglio d’Europa di “citoyenneté plurielle”.

 


4. Il razzismo e l’informazione, comunicazione e media

 

Le proposte che seguono sul tema in discussione scaturiscono dalle seguenti constatazioni.

1.        Il razzismo è presente in tutti i settori della società italiana (ed europea) e si manifesta in modi diversi e con intensità diversa.

2.        Proprio perché le sue manifestazioni sono diversi, una lotta efficace richiede misure specifiche che tengono conto delle caratteristiche del settore dove verranno attuate.

3.        Il settore dell’informazione ed i mezzi di comunicazione di massa hanno oggi un’importanza elevata nella produzione, riproduzione e trasmissione di pensieri, atteggiamenti, comportamenti, modelli ecc. nella società. Questo settore è investito dal razzismo così come ogni altro settore e le sue enormi capacità di raggiungere sempre più persone suggerisce di prestare particolare attenzione al suo contributo (in positivo o in negativo) al razzismo.

4.        L’Italia può trarre vantaggio dalle buone prassi realizzate in altri paesi europei nel contrastare il razzismo, promuovere il pluralismo culturale e la parità di opportunità e di trattamento nel settore.

5.        Il razzismo si manifesta nei media, nell’informazione e nella comunicazione attraverso, tra le altre:

-          la rappresentazione negativa o dagli effetti negativi nei notiziari (Tv o carta stampata), nella pubblicità, nei film, nei libri, nei programmi d’intrattenimento ecc. delle minoranze vecchie e nuove accomunate dall’essere definite in termini di “razza”, “religione” o “cultura”;

-          la trattazione della questione dell’immigrazione e degli immigrati come responsabili dei mali del paese;

-          l’eurocentrismo che mette l’Europa al centro e come la norma a partire dal quale definire e rappresentare i paesi di origine degli immigrati, dei rifugiati e dei profughi dal Sud del mondo.

-          l’assenza o scarsa presenza come operatori a diversi livelli nel settore di persone dai retroterra culturali ed etnici diversi in grado di offrire una vasta gamma di prospettive e culture che rispecchiano la complessità culturale presente nel paese.

 

Consapevoli che la libertà d’espressione è un bene comune da tutelare e convinti che il razzismo non deve nascondersi dietro questa giusta esigenza per negare i diritti alle sue vittime;

 

si raccomanda alla Federazione nazionale della stampa, Ordine dei giornalisti, associazioni di categorie dei pubblicitari, dei produttori di programmi Tv e radio, degli editori ecc., l’elaborazione, l’adozione e l’implementazione di una carta dei media per contrastare il razzismo, promuovere il pluralismo culturale e la parità di opportunità e di trattamento per tutti e tutte, indipendentemente dalle origini etniche, nazionali e/o cittadinanza, dalla cultura inclusa la religione, che, tra le altre, comprenda le seguenti linee guida:

a.          Offrire parità di opportunità di esprimersi e di auto-rappresentarsi alle minoranze vittime del razzismo, dando spazio ai punti di vista delle parti. Occorre riconoscere le disparità nel potere di accesso ai mass media delle minoranze presenti nella società italiana.

b.         Definire delle regole su come trattare casi di violenza motivati dalla diversità etnica, culturali e/o religiosa.

c.          Garantire la rappresentazione della pluralità culturale in tutti i settori, rispettando, anche nel linguaggio, i sentimenti e la dignità di ogni persona.

d.         Sviluppare azioni positive da intraprendere nei confronti di gruppi minoritari per garantire loro parità di  opportunità e di trattamento. per le persone appartenenti a gruppi minoritarie nel settore delle comunicazioni di massa.

e.          Integrare nelle politiche di sviluppo (mainstreaming) dei media, della comunicazione e dell’informazione, i temi del razzismo, dell’intolleranza e della xenofobia.

f.           Promuovere percorsi formativi per i diversi operatori della comunicazione sulla pluralità culturale, sul razzismo, sull’intolleranza e la xenofobia.

g.         Monitorare valutare gli effetti del razzismo nei media, coordinandosi con quanti sono impegnati nella lotta al razzismo.

h.         Valorizzare le esperienze e le competenze delle minoranze, riconoscendo loro affidabilità ed autorevolezza come fonte, non solo sulle questioni che li riguardano direttamente ma anche su quelle che riguardano tutta la collettività.

i.           Evitare nella rappresentazione dei fatti riferimenti all’appartenenza etnica e/o religiosa, quando non sia indispensabile per una corretta informazione.

j.           Trattare i temi riguardanti altri paesi, popoli, culture ecc., in modo da fare emergere la loro complessità, evitando stereotipi e semplificazioni.

k.          Impegnarsi affinché la composizione degli operatori del settore dell’informazione, media e comunicazione, rispecchi la pluralità della società italiana attuale

l.           Non tollerare atti e comportamenti razzisti al proprio interno che si mascherano dietro il diritto alla “libertà d’espressione”.

 

Le associazioni ed ONG che sottoscrivono questo documento riaffermano il proprio impegno e la propria disponibilità a dare un contributo, insieme alle organizzazioni di riferimento di chi opera nel settore ed in un’ottica di complementarietà e di cooperazione, alla lotta al razzismo nei media, nell’informazione e nella comunicazione.

 

Al mondo dei media, dell’informazione e della comunicazione, si propone di:

-          Attivare corsi di formazione e/ aggiornamento del personale del settore per mettere gli operatori in grado di riconoscere e combattere il fenomeno e promuovere la parità dei diritti e di trattamento per tutti e tutte.

-          Intraprendere la comunicazione ed informazione anche in alcune lingue dei gruppi minoritari

-          Dare spazi nei vari mezzi alle comunità straniere

-          Assicurarsi dell’applicazione delle norme anti-discriminatorie già esistenti

-          Accettare di essere monitorato da organismi composti anche da esponenti delle ONG e di alcune istituzioni (Autorità sulle comunicazioni).

 

Agli enti ed istituzioni, si propone di:

-          intraprendere delle campagne di comunicazione sociale per accrescere la sensibilità sui pericoli che il razzismo rappresenta per l’uguaglianza dei diritti e per una convivenza pacifica.

-          la costituzione dei Centri regionali di osservazione e studio delle discriminazione e di assistenza legale alle vittime e di un organismo equivalente a livello nazionale che, tra gli altri, partecipi nel monitorare il contributo dei media, dell’informazione e della comunicazione al razzismo.

-          attivare corsi d’aggiornamenti sull’educazione ad un uso critico e consapevole dei media

-          destinare risorse finanziarie adeguate a sostegno delle misure di contrasto del fenomeno.

 

Alle associazioni impegnate nella lotta al razzismo e nella promozione della parità di opportunità e di trattamento, si propone di:

-          formare operatori della comunicazione;

-          produrre materiali e realizzare manifestazioni;

-          realizzare progetti d’informazione e di educazione all’anti-razzismo; collegarsi in nuovi reti e potenziare quelle esistono per rendere il proprio contributo più efficace.

 


5. Immigrazione ed asilo in Italia, in Europa e nel mondo.

 

Sono state individuate le seguenti tematiche che riguardano le politiche migratorie all'interno delle quali atteggiamenti razzisti rappresentano un grave pericolo per i cittadini stranieri presenti sul territorio dell'Unione Europea o che desiderano raggiungerlo:

 

1.        Le politiche degli ingressi e la gestione delle frontiere interne ed esterne dell'Unione Europea, con particolare interesse alle specificità dei fenomeni migratori nel Sud Europa.

2.        La legislazione italiana, in quanto l'esperienza maturata nel nostro paese potrebbe essere d'interesse per una futura legislazione europea. I problemi particolari che emergono nell'applicazione delle leggi vigenti. I problemi specifici, come l'esistenza e l'attuale gestione dei Centri di Permanenza Temporanea (da non confondere come avviene per i politici e i media con i Centri di Accoglienza che invece non sono sufficienti) e tematici, quali il diritto di cittadinanza, il voto, la partecipazione all'interno degli organismi di consultazione istituzionali, l'associazionismo degli stranieri.

3.        Le categorie e le comunità a rischio: Rifugiati, minori, donne, vittime di tratta, minoranze discriminate (in particolare Rom, Sinti e Caminanti italiani e stranieri)

4.        Il razzismo istituzionale. Le esperienze positive di integrazione.

5.        La situazione degli immigrati irregolari

 

Questi temi sono stati trattati sotto due punti di vista:

 

1.        la prevenzione di situazioni di discriminazione razziale.

2.        la  valorizzazione quelle situazioni o quelle risposte date dall'Italia che possono rappresentare un esempio positivo per una futura politica e legislazione europea e evidenziando tuttavia le norme e le disfunzioni amministrative che si verificano in Italia e che potrebbero essere corrette con una legislazione positiva europea

 

3.        Il fenomeno dei movimenti migratori non può essere gestito efficacemente limitandosi al livello nazionale. Le risposte interessano un livello omogeneo e devono coinvolgere un'area geografica più estesa, per esempio in questo caso i paesi dell'Unione Europea, ma una tale politica europea non dovrà trascurare le situazioni molto diversificate delle varie regioni . Nel campo dell'immigrazione e dell'asilo esistono notevoli differenze, in particolare:

 

A.                              La situazione delle frontiere

 

-          pochi paesi membri dell'UE hanno frontiere esterne che permettono un facile accesso ai flussi migratori. Queste frontiere si trovano maggiormente nel Sud Europa, e si tratta per la maggior parte di frontiere difficilmente controllabili

-          alcuni paesi membri UE hanno una tradizione di emigrazione come Il nostro, altri una lunga esperienza di immigrazione

-          esistono notevoli differenze, economiche e di modelli di sviluppo, tra le varie regioni della UE e nel mondo (Human Development Report 2000, UNDP)

-          Finora i vari paesi membri UE hanno affrontato la questione in modo molto differenziato: la maggior parte dei paesi del Centro e del Nord spostano il dibattito sull'asilo politico, altri, in particolare nel Sud Europa, hanno preferito darsi in primo luogo una legislazione sull'immigrazione, tenendo conto in particolar modo delle migrazioni per motivi di lavoro.

 

B.                               Alcune situazioni italiane possono essere proposte come esempi positivi o negativi per una futura legislazione dell'Unione Europea.

 

-          L'Italia gestisce i flussi migratori in primo luogo con una legge sull'immigrazione, ne restano esclusi i rifugiati, che hanno bisogno di una tutela particolare e specifica. E' comunque necessaria maggiore tutela dei diritti della grande massa dei migranti che lasciano i loro paesi per vari motivi, spesso non avendo altra scelta per sopravvivere.

-          La legge italiana propone una gestione e programmazione dei flussi che deve essere migliorata, ma sembra essere uno strumento interessante per governare i flussi migratori. Il gruppo sottolinea l'utilità di dare corso alla previsione, contenuta nella normativa italiana, di ingressi per ricerca di lavoro sul posto, anche in assenza di sponsorizzazione.

-          Anche considerando che la legge non offre sufficienti strumenti per avviare l'immigrato all'integrazione attiva, si chiede che durante i lavori dei meeting europei e mondiali si continuino ad approfondire le tematiche del gruppo V-Immigrazione e Asilo.

 

C.                               Situazioni e norme problematiche in Italia, che si spera possano essere superate con una politica europea positiva in materia:

 

-          la gestione delle frontiere e delle politiche di ingresso destano preoccupazione particolarmente le norme sui Centri di Permanenza Temporanea (la cui esistenza e attuale conduzione ledono i Diritti Umani Fondamentali) e la negazione della libera circolazione nei paesi dell'Unione Europea.

-          L'Italia non ha ancora una legge organica sul diritto di asilo, ed è auspicabile che si adegui agli standard più alti dei paesi europei,: risultano peraltro inadeguate le attuali misure di assistenza a beneficio dei richiedenti asilo, dei rifugiati, degli apolidi, e di tutte le persone che hanno bisogno di protezione.

-          Gli immigrati hanno pochi diritti di partecipazione politica, in particolare non hanno il diritto di elettorato attivo e passivo.

-          Non tutte le categorie e comunità a rischio sono sufficientemente tutelate, in particolare manca una buona tutela dei diritti dei Rom, Sinti e Caminanti, italiani e stranieri, rimasti esclusi dalla recente legge in materia di minoranze linguistiche. Lo stesso vale per quelle persone che appartengono ad una religione diversa da quella cattolica, e per questo non sempre pienamente rispettate ( Musulmani, Ebrei, etc)

-          Particolare preoccupazione desta il fatto che in Italia le leggi sull'Immigrazione non sono complete né applicate in modo completo, corretto ed omogeneo. Questo apre la porta a forme di razzismo istituzionale dell'amministrazione e del legislatore (educazione, asilo). Il razzismo istituzionale lede i diritti umani fondamentali.

-          Deve essere evitata l'associazione mediatica "immigrazione=criminalità" ed è necessario invece valorizzare le competenze (p.e. attraverso il riconoscimento e il rispetto dei titoli di studio ottenuti all'estero), per facilitare l'inserimento sociale e lavorativo degli stranieri.

-          Il ricongiungimento familiare e il rinnovo del permesso di soggiorno sono complicati da criteri normativi (lavoro e alloggio) il cui raggiungimento, in molti casi, non dipende dal comportamento dello straniero ed è comune a molti italiani (si pensi alle situazioni di lavoro nero o di contratti di affitto non registrati), e non tiene sufficientemente conto dell'unità del nucleo familiare.

D.                                          Questione degli immigrati irregolarmente presenti.

 

-          Nessun paese europeo rispetta pienamente i Diritti Fondamentali della Persona nel caso degli immigrati irregolari. La questione non è trattata in modo corretto se non considera che:

 

-          i Diritti Fondamentali della persona non sono legati ad un permesso di soggiorno. La legislazione italiana presenta, però, alcuni aspetti positivi, particolarmente in relazione alla tutela del diritto alla salute e del diritto dei minori.

-          L'immigrazione irregolare non si può eliminare con una legislazione restrittiva e norme penali che colpiscono i trafficanti ma anche le loro vittime. Una tale politica è controproducente. Nei fatti incrementa il traffico illegale di esseri umani, che diventa così una delle entrate più rilevanti della criminalità organizzata internazionale.

-          La questione deve essere affrontata offrendo alle persone che devono e/o vogliono lasciare il loro paese migliori possibilità di sviluppo ed immigrazione legale, e/o predisponendo attraverso la politica estera degli stati e la cooperazione misure che possano individuare e governare le cause che costringono ad emigrare forzatamente.