CRONISTORIA REGIONALE
    

    I primi veri colonizzatori della valle del Calore sembrano siano stati popoli appartenenti alla Civiltà Appenninica come è confermato dai ritrovamenti archeologici, tra cui due frecce in pietra scheggiate e un bollitore per latte, risalente  a circa il 1000 a.C., che testimoniano la presenza di insediamenti umani nell’età neolitica.
    Le popolazioni osco-umbre (che includevano sia i Sanniti che i Sabini) si erano sviluppate dalla fusione degli aborigeni con infiltrati indoeuropei e la loro evoluzione ebbe certamente luogo attraverso lo sviluppo delle citate civiltà appenniniche.
    Sembra siano stati i Greci, sbarcati sulle vicine coste pugliesi, nel loro girovagare in cerca di popoli con cui scambiare e barattare i loro prodotti, a dare alle genti locali il nome di Opici ed Osci cioè "zappatori".
    Questo nominativo, che a prima vista potrebbe suscitare ilarità, la stessa che i Greci volevano provocare rivolgendosi ai locali, richiama l'intelligenza e la capacità di questo popolo.
    Gli Osci avevano trovato il metodo per poter rimanere stabilmente presso i luoghi dove abitavano. Questo attraverso la coltivazione del terreno mediante un suo sfruttamento a fini produttivi e riproduttivi.
    Infatti presto essi scoprirono metodi naturali per rendere fertili iterreni ed evitare il loro depauperamento. Nella zona, oggi comune di Venticano, esisteva un grosso insediamento urbano, distrutto poi nelle guerre sannitiche, denominato Sannio, che diede poi il nome a tutto il territorio.
    Notizie ben più precise ed approfondite si hanno dei Sanniti, discendenti diretti degli Osci, di cui rimangono notevoli testimonianze. Le montagne del  Partenio nei secoli furono abitate da due dei rami campani di questo popolo: i Caudini e gli Hirpini. Gli altri due rami erano costituiti dai Carecini e dai Pentri, che abitavano zone comprese tra 1'Umbria ed il Lazio, a quel tempo Sannio Settentrionale.
    La terra dei Caudini era posta nel Sannio Occidentale, tra Lazio e Campania, lungo il tratto centrale del Voltuno e nella Valle dell' Isclero, mentre gli Irpini erano stabiliti nel Sannio Meridionale tra la Campania e la Puglia, valli dell'Ofanto, Calore e Sabato.
    Vaste testimonianze della civiltà Sannita sono state scoperte nei vari Comuni della valle.
    Tombe risalenti a tale periodo, oggetti in terracotta, strutture architettoniche sono venute alla luce di volta in volta. La mancanza di una seria ricerca in merito, dovuta evidentemente al poco interesse mostrato verso questa civiltà, ha determinato la episodicità di tali ritrovamenti.
    Il territorio durante l’Impero Romano tutta la zona  ricadeva nella Civitas Abellini, colonia Livia Augusta Alexandrina Abellinatium, inscritta alla tribù Galeria. La popolazione era sostanzialmente contadina, lo sfruttamento agricolo veniva effettuato in grandi masserie con salariati e servi.
    Il territorio era solcato da un’importante arteria secondaria dell’Appia, l’Abellinum-Beneventum, che all’altezza della villa di Pratola formava un trivio (come tuttora) con l’altra arteria, l’Abellinum-Aeclanum. Gli ultimi ritrovamenti presso Pianodardine hanno portato alla luce un insediamento sannitico con relativa necropoli e lungo la via Abellinum-Beneventum, un acquedotto romano, che da Serino portava le acque a Benevento. Il sistema produttivo di queste ville è durato dalla caduta dell’Impero Romano e per tutto il periodo barbarico fino al Mille, anche se sotto diversa denominazione.
    I Longobardi trasformarono le fattorie romane in numerose curtes, fattorie di più modeste dimensioni, che utilizzarono come manodopera soprattutto Romani ridotti allo stato servile. Alla fine del VII ed all’inizio del VIII secolo d.C. i Longobardi e le popolazioni indigene si convertirono al Cristianesimo per opera dei vescovi di Benevento, Barbato e Davide, e dell’abate Autperto. Nello stesso tempo i duchi longobardi di Benevento, Romualdo ed Arechi, con notevoli donazioni fatte al clero, offrirono i mezzi materiali per l’opera di  conversione.
    Molte contrade del Ducato longobardo di Benevento di origine romana e pagana furono trasformate totalmente o parzialmente ed ebbero nomi di santi, come S. Paolina, S.Martino, S. Angelo a  cancello,  S. Maria a Toro, S. Pietro della Sala ecc.; altre contrade sorsero ex novo o si insediarono su strutture romano-barbariche, come Montaperto per opera dell’abate Autperto, S. Barbato per opera del vescovo Barbato di
Benevento, S. Angelo dei Lombardi, ecc.
    In seguito il Sannio seguì le sorti storiche della restante Italia Meridionale. Ed è solo nella seconda metà del secolo VIII che compare nelle documentazioni alto medievali quale possedimento del demanio palatino
del Principe Beneventano Arechi II.
 

    La storia di questa zona è intimamente legata ed influenzata dalla rete di comunicazioni viarie sviluppatesi nel tempo; la grande rete stradale antica, l'Appia, che da Arpaia proseguiva per Montesarchio (Caudium) e Benevento, in seguito fu attraversata da percorsi vari di accesso (che seguivano pressappoco il tracciato odieno della S.S. 374).
    Di questi tracciati i principali sembrano essere quelli che costituivano la Via Campana, divisa in due tronchi, l'uno che da Summonte portava a  Mercogliano ed Avellino e l'altro che, toccando Pietrastornina e San Martino V.C. si congiungeva all'Appia, in territorio Caudino. Il Sannio nella sua storia ha visto l'avvicendarsi di diverse dominazioni. Goti, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Austriaci, Francesi, Spagnoli che hanno lasciato proprie tracce ed hanno contribuito alla creazione di una cultura con profonde radici.
    Il periodo dell'Alto Medioevo vede piccoli insediamenti, variamente sparsi e legati intimamente alle vicende di varie fondazioni religiose.
    La maggiore modificazione del sistema abitativo si verifica nel periodo normanno, quando i citati insediamenti vengono trasformati ed adeguati alle esigenze del nuovo popolo. Sorgono castelli e zone fortificate. E' in questo periodo che si verifica la battaglia tra Beneventani e Normanni.
    Al tempo di Ruggiero di Hauteville, duca di Puglia (figlio di Guiscardo), tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, Landolfo Della Greca, condottiero beneventano, salvò la città sconfiggendo i Normanni in una dura battaglia verificatasi sull'antico ponte che attraversava, nella zona, il fiume Serretelle.
    I francesi di Carlo D’Angiò nel 1265 avevano conquistato il Regno di Sicilia; nel 1268, alla discesa di Corradino, vi fu una sommossa e molte Università non pagarono il focatico. Il barone di Serra, Eliseo de Serra, che aveva abbracciato il partito angioino, nel 1269 fu nominato commissario per la riscossione dei tributi arretrati in tutta la Provincia di Principato e Terra Beneventana (Irpinia-Sannio- Cilento).
    Buona parte dei feudi tenuti una volta dai baroni di sangue normanno- svevo furono donati ai militi francesi, tra cui i casali di Montefuscoli alla famiglia dei “de souz”  E' nel periodo Angioino che si verificano due tra i fatti più importanti della storia irpina: lo sviluppo e l'affermarsi della Abbazia di Montevergine e lo sdoppiamento della Provincia di Salerno.
    La costruzione dell'originaria chiesa di Montevergine, nonché la fondazione dell'ordine monastico, è dovuto a San Guglielmo da Vercelli che venne sul Partenio nell'anno 1120-1124 sotto il Pontificato di Callisto II. In seguito la chiesa originaria fu ristrutturata ed ingrandita, data l'importanza sempre più vasta che essa andava
assumendo. Fu attraverso la donazione di sempre più numerosi beni feudali che il Monastero raggiunse una notevole importanza, beni quantificabili non solo in terreni, ma anche in vassalli offerti alla completa dipendenza di Montevergine. E' del marzo 1128 la donazione, da parte di Raone Malerba, signore di Summonte, del vassallo Giacomo di Pietro con i figli e tutti i suoi beni. Dal 1128 al 1178 il Monastero
comprendeva vassalli sparsi per tutta l'Irpinia: Ariano, Mercogliano, Torrioni, Summonte, Tufo, Avella, Avellino, Paolisi, Cervinara, Lapio, Castelbaronia, ecc. ecc.

1435 . Muore la regina del regno di Napoli GIOVANNA II, la successione dovrebbe andare dinasticamente a RENATO D'ANGIO', ma papa EUGENIO IV si intromette e pretende che il regno ora fa parte dei domini della Santa Sede; lo considera un legittimo possesso della Chiesa. In precedenza la regina si era messa sotto la tutela del papa, quindi morta la regina altre successioni non erano valide. La singolare pretesa viene respinta da Renato, ma é nuovamente guerra civile per il possesso, tra angioini e aragonesi, mentre il papa con un atto autoritario invia il vescovo VITELLESCHI a prendere possesso del regno.
Ad aiutare questa volta il D'Angiò sono i Visconti, contro l'altro pretendente al trono ALFONSO D'ARAGONA. Scendono con una flotta contro lo spagnolo anche i genovesi, distruggono Ponza, lo assediano a Gaeta, lo catturano, lo consegnano a Milano al Visconti, che però stipula con lui delle strane alleanze.
ALFONSO D'ARAGONA per la riconquista di Napoli, sorprende e vince gli ANGIOINI con un singolare stratagemma: utilizza le grandi fogne e gli acquedotti della città che aveva, quando governava la città, lui stesso fatto costruire. Sorprende nei punti più strategici gli usurpatori del suo regno: gli Angioini. Un regno quello di Napoli che sarà presto unito al Regno di Sicilia. Questa volta con l'approvazione anche del papa, che accorda all'Aragona l'investitura del Regno il prossimo anno. 
    Gli Spagnoli, avuti rinforzi dalla madrepatria, sconfissero i francesi e li cacciarono dal Regno di Napoli, il cui possesso fu aggiudicato alla Spagna con il trattato di pace del 1506.  

Questo primo regno spagnolo di ALFONSO D'ARAGONA, proseguito poi dai suoi successori, a cominciare dal figlio FERDINANDO I, fu per Napoli una stagione straordinaria, durante la quale la città subì grandi trasformazioni amministrative, economiche, sociali e urbanistiche. Una città che decollò e assunse un respiro internazionale; prima di tutto per la felice collocazione portuale nel Mediterraneo, ma anche perchè visse in questo periodo una ricca fase culturale fino al 1503, divenendo la seconda città europea con 300.000 abitanti, inferiore solo a Parigi e Londra.
Terminò quando iniziò il dominio degli "Asburgo" di Spagna. Napoli si trasformò per
l'impero in una città periferica, nuovamente feudale fino al 1704. Una città con le sue ricche risorse da spremere, che trascinò la popolazione, per le vessazione e per l'abbandono, più di una volta alle rivolte più disperate (quella di Masaniello, sarà in seguito una delle tante che insanguineranno le strade e le piazze di Napoli).
Gli ARAGONA oltre Napoli mirano al possesso delle Marche. A sbarrare il passo ad Alfonso ci sono i Visconti che questa volta chiedono aiuto agli ex nemici Venezia e Genova, per favorire il genero Sforza e a far desistere i nuovi regnanti -ora- di tutto il Meridione: gli Aragona, da mire espansionistiche nel centro Italia.  

Alfonso d’Aragona dunque conquistò il Regno nel 1442 .
     Nello stesso anno l’aragonese con ingenti forze bruciò tutte le terre che gli erano ostili e la stessa sorte toccò a S. Pietro della Sala e ad altre Università alleate di Giovannotto di Montefalcione e del conte Troiano Caracciolo di Avellino, ribelle al re.
    Con al fondo questi avvenimenti, il periodo Aragonese vede lo svilupparsi di estesi feudi con al centro la famiglia dei della Leonessa.

ANNO 1462 . Per impossessarsi del regno di Napoli, GIOVANNI d'ANGIO' e PICCININO si scontrano con FERDINANDO D'ARAGONA, ma sono sconfitti.
Giovanni abbandona definitivamente le ostilità con gli Aragona e ritorna in Francia.
ANNO 1464 . Il 15 AGOSTO muore papa PIO II; viene eletto il 30 AGOSTO un uomo di chiesa veneto: PIETRO BARBO con il nome di PAOLO III.
Il ducato di Bari, viene regalato da FERDINANDO D'ARAGONA re di Napoli, a Milano, al duca FRANCESCO SFORZA che lo cede al figl
io MARIA SFORZA, fratello di Lodovico il Moro; sarà quest'ultimo che ne sarà investito nel 1479.
ANNO 1485. NAPOLI - LA CONGIURA DEI BARONI, proseguono. Dopo il compromesso degli Aragona con i veneziani, a Napoli alcuni nobili ostili agli Aragona, seminano discordie dentro il regno di re FERDINANDO. Questa volta sono loro ad allearsi a papa INNOCENZO VIII, a Genova e a Venezia, spingendosi a richiedere aiuto anche al francese duca di Lorena. Le prime scintille di una guerra civile viene fatta scoppiare all'Aquila; dopo un assedio, risventola nella città la bandiera del papa; ma la guerra civile è appena all'inizio ed infiamma il resto del regno.

ANNO 1492 . E' iniziato e si è concluso il primo viaggio di Colombo e convenzionalmente
é termita l'età del MEDIOEVO , comincia  con il 1493 l' ETÀ MODERNA

    Le trasformazioni verificatesi producono intorno al l'anno 1500 un generale aumento demografico della popolazione che porta alla fondazione di insediamenti plurifamiliari (masserie) nonché ad un uso intensivo dei terreni e boschi.
    In questo periodo si stabilisce a Sant'Angelo a Scala la famiglia dei Carafa alla quale apparteneva Gian Piero Carafa, divenuto Papa con il nome di Paolo IV. Il Pontefice passò alla storia quale riformatore alla luce della restaurazione della fede, attraverso i canoni apostolici di castità, ubbidienza e povertà. Nella sua lunga carriera di inquisitore Gian Piero Carafa prese parte alla compilazione della bolla di Leone X "Exurge Domine" del Giugno 1520, contro Martin Lutero e le sue tesi.
    Egli fu l'ispiratore dell' opera di riforma avviata da Paolo nel 111O. Nel 1542 fu nominato Grande Inquisitore ed a 79 anni fu elevato al soglio pontificio. La memoria di questo papa è legata anche alla famosa "cacciata dei nipoti" operata nel concistorio del 27 gennaio 1559. Egli condannando all'esilio i nipoti, condannò l'intero sistema che conferiva a queste figure poteri enormi. La famiglia dei Carafa contribuì anche alla fondazione, sui monti del Partenio, del Monastero della Incoronata nel 1597, ad opera di due pellegrini, Giulio e Giovanni, che vi giunsero nel 1555. Il Monastero dopo più di due secoli vide la sua fine nell'anno 1806. I1 motivo presunto sembra essere stata l'ospitalità offerta dai monaci al brigadiere Michele Pezza (Frà Diavolo) che provocò l'intervento dei francesi. In realtà il motivo reale, determinante l'accaduto, sembra essere stata l'acuta rivalità del Santuario di Montevergine, che vedeva nell'lncoronata un forte e temuto avversario religioso.
    Il 1600 è l'anno in cui si verifica un forte calo demografico, dovuto in parte alla peste che nel secolo dovette fare numerose vittime. Nei fatti si verifica in questo periodo una notevole concentrazione della popolazione nei centri abitati. Dalla prima metà del 1700 in poi la tendenza si inverte, si verifica un consistente incremento demografico, vi è un ritorno nelle campagne, vengono riattivate le vecchie strutture abbandonate mentre per il commercio si verifica un discreto miglioramento.
    Nel 1800 l'aumento della superficie messa a disposizione per la coltivazione, dovuta al fenomeno della sdemanializzazione, produce un sensibile sviluppo della agricoltura. E' questo il secolo in cui il versante caudino aumenta il proprio peso nelle vicende socio-economiche, mentre Montefusco perde la sua funzione di capoluogo ed Avellino comincia ad assumere il ruolo che conserverà fino ad oggi.
    Un altro fatto importante, doveva lasciare il proprio segno in Irpinia.
    E' in quest'anno che la Provincia di Salerno viene sdoppiata, in quanto troppo vasta, nelle province del Principato Citeriore o Citra e del Principato Ulteriore o Ultra.

    Quest'ultimo Principato, con a capo Montefusco, comprendeva la maggior parte degli attuali paesi della Provincia di Avellino e Benevento e conteneva in sé, quindi, Pietradefusi.
    La scelta di Montefusco quale capitale del Principato Ulteriore fu, evidentemente, dettata dalla sua posizione strategica, posta sull'altura che, oltre a dominare l'Avellinese ed il Beneventano, era una sicura porta di accesso sul Tavoliere Pugliese. Oltretutto Montefusco, all'epoca dello sdoppiamento, era la sola terra demaniale regia in tutto il territorio Irpino-Sannita. Sembra, poi, che fosse uno dei paesi più fedeli ai regnanti.
    Il Principato Ultra dalla fine del secolo XVI si protrasse fino all'anno 1806.
    1754. In questo periodo le popolazioni della zona furono colpite e gravemente provate da più di una calamità; in particolare fece sentire i suoi tristi effetti una micidiale carestia provocata da una persistente siccità; si sa, a tal proposito, che furono effettuate varie processioni per intercedere presso Dio, affinché mandasse la sospirata pioggia. Alla carestia tenne dietro la peste, per cui lo stillicidio di vittime si prolungò per cinque anni.
    Dal XVI secolo in poi le montagne furono teatro degli avvenimenti che accompagnarono uno dei fenomeni più famosi della storia del Mezzogiorno: il brigantaggio. Ricche di boschi folti, di cavità naturali e zone impervie, il territorio ben si prestava a quanti, per diversi motivi, si davano alla macchia. E' dal 1750 in poi che il Brigantaggio va diffondendosi ed assumendo le caratteristiche di un vero e proprio fenomeno sociale, più che criminale, con connotazioni di fondo, sostanzialmente politiche, di opposizione ai regnanti, anche se con forme disarticolate e disomogenee nonché spesso ambigue. In essi si mescolavano, infatti, dette tendenze politiche e tratti di delinquenza comune, che portavano a forme di intervento ben distanti dal sostenere gli interessi ed i bisogni della popolazione.
    L’Irpinia fu attraversato, anche, dal fremito che percorse l'intera nazione nell'ultimo decennio del regno borbonico: il sogno dell'Unità d'Italia. Attraversato perché questo sogno coinvolse quello strato di intellettuali illuminati che non rappresentavano, certo, le grosse masse, cosa comune, d'altronde, a tutto il Meridione. Ferdinando II, davanti a questo fenomeno,  attivò una politica di repressione. Montefusco già capitale del Principato Ultra, era stata, fin dal XIV secolo, sede della Regia Udienza, una sorta di Tribunale provinciale con annesso carcere giudiziario. I locali di questo carcere furono destinati a bagno penale di prima classe con decreto reale del 1851. Il carcere era uno dei più malfamati e tristemente famosi del regno, malsano, umido, oscuro, sorgeva nei sotterranei del castello di Montefusco. Nonostante la Regia Udienza fosse stata trasferita ad Avellino nel 1806, Ferdinando II trovò il modo per "riutilizzare" il carcere.

     I primi prigionieri politici varcarono le soglie del "nuovo" carcere il 2 Febbraio 1852: tra questi vi era, anche, Carlo Poerio. Lo stato dei locali ed il duro trattamento destinato ai prigionieri fecero guadagnare al carcere il nome di "Spielberg dell'Irpinia".
    Dopo la proclamazione del Regno d'ltalia il carcere fu utilizzato alle dipendenze di Avellino per essere definitivamente soppresso il 1 Aprile 1877.
    A partire dalla fine del secondo decennio del XVI secolo, Pietradefusi pagherà reiteratamente il suo tributo alle lotte che investono il Mezzogiorno d’Italia, essendo più volte sottoposta al saccheggio dalle truppe spagnole prima e francesi poi transitanti lungo la strada per le Puglie.
    Nel 1799 il principe Tocco  (ndr.che erano succeduti ai della Leonessa), aderisce alla Repubblica Partenopea ed entra a far parte della Municipalità di Napoli, ma con la caduta della Repubblica viene imprigionato.
    La nostra provincia di Principato Ultra, chiamata anche provincia di Montefusco, durante la Repubblica venne aggregata al Dipartimento del Volturno e dell’Ofanto. Il Dipartimento del Volturno fu diviso in Cantoni; del cantone di Avellino facevano parte le Municipalità di Avellino, ecc.
    Al ritorno dei Francesi, con Giuseppe Bonaparte, il 19 gennaio 1807, nell’ordinare la nuova circoscrizione, dove a capoluogo della Provincia di Principato Ultra rimaneva ancora Montefusco, costituisce dei nuovi Comuni . Il 4 maggio 1811 il nuovo re delle Due Sicilie Gioacchino Murat ridisegna le Province del Regno, capoluogo della Provincia di Principato Ultra è Avellino, Aboliti, mentre la riscossione di certe
gabelle sul vino, sulla frutta, sugli animali da macello, ecc., dal feudatario passò al Comune, che a sua volta, l’affittava a dei nuovi appaltatori, che furono detti daziari. In sostanza, l’unico grande risultato fu quello di aver trasferito tali entrate dalle casse del feudatario alle casse del Comune. Ma il cittadino era comunque obbligato a pagare sempre di più, con un sistema di fisco non imposto dal barone, ma condizionato da novelli baroni (industriali e imprenditori).

 - e la storia continua…. -

 

 

 

 

 

 

 



 ORIGINI STORICHE DI PIETRADEFUSI


    In origine esisteva, un insediamento di osci  o sanniti, che coltivavano le fertili colline che si affacciavano sulla valle del fiume Calore, allora navigabile. Successivamente nei cap.XII e XIV delle storie di Tito Livio, apprendiamo che esisteva un  nucleo chiamato Fusole, i cui fusoliani appoggiarono Annone, ufficiale di Annibale , contro Roma nella II° guerra punica. Dopo la sconfitta  di Annibale, Fabio con le sue legioni rase al suolo la cittadella disperdendone gli abitanti. Va ricordato che quello di schierarsi contro il potere oppressivo centrale è un sentimento che animerà sempre i fusoliani o successivi pietrafusani; purtroppo sempre soccombente, ne pagherà le pene, ma  come l’araba fenicia, risorgerà dalle sue ceneri .
    Nel 1633, leggiamo da una pubblicazione “Montevergine sacro” scritta dall’abate Mastrullo, che esisteva una civita , là dove oggi chiamasi contrada S.Sabino, a nome S.PIETRO DELLA SALA che faceva parte, con Cucciano, Lentace e Fistularo , dei casali di Montefuscoli , e ne seguì le sorti fino al 1347, quando con atto del 20 settembre furono donati al Monastero di Montevergine da Ludovico D’Angiò.  Nel 1298 fu dato dal re Carlo II° D’ANGIO’ a Amerigo de Souz, cavallerizzo maggiore. A lui successe il figlio Filippo de Souz, che morto senza eredi, fece acquisire i territori alla corona. Nel 1382, sotto Carlo III di Durazzo, i casali di Montefuscoli, passarono al Conte De la Rath. Il successore di re Carlo III °, re Ludovico dovette spesso intervenire contro i signorotti locali che commettevano ogni sorte di abuso e usurpazioni. Negli anni 1388 1389 gli abitanti di S.Pietro si schierarono a favore dei baroni contro il Re.
    Dopo la rivolta dei baroni il paese come tutti quelli che avevano parteggiato per la congiura,  fu raso al suolo. Il casale fu messo a ferro e fuoco e gli scampati si dispersero nei paesi circostanti.
    Nel 1394, l’Abate di Montevergine, D.Pandullo Tocco di Capua, impietosito da quei 13 vassalli, decise di togliere S.Pietro al Monastero per darlo in enfiteusi al fratello Roberto Tocco, principe di  Montemiletto, “per sei ducati l’anno con tutte le Maggioni, ius che aveva il Monastero (di Montevergine)” senza menzionare però la cura delle anime , che ivi aveva il Monastero.
    L’Arcivescovo di Benevento, Donato D’Aquino ( 1385-1426) ne assunse la giurisdizione spirituale affidandone la cura delle anime ai monaci della Chiesa di S.Bartolomeo di Benevento.
    I monaci di Montevergine si opposero, ma l’Arcivescovo ricorse al Papa Bonifacio IX, il quale affidò la causa all’Arcivescovo di Napoli. A Napoli la causa fu archiviata e la giurisdizione spirituale rimase alla chiesa di S.Bartolomeo.
    Il sogno di Re Ladislao di ampliare i confini del regno , morì giovane con lui, e nel 1414 gli successe la sorella Giovanna II° che nei suoi primi atti in riguardo di Montefuscoli, fu la nomina nel 1425 del capitano Boffo Grillo di Salerno, con giurisdizione civile e penale ; seguirono i soliti conflitti giuridizionali.. L’anno successivo, il Grillo fu sostituito da Sansonetto D’Alessandro di Napoli quale capitano di Montefuscoli e casali, nonché dei casali di Montevergine. Alla  morte di Giovanna II° nel 1433, senza eredi, successe Alfonso d’Aragona che nel febbraio del 1437 a Montesarchio, ricevette la resa di Montefuscoli e tutti i suoi casali. Intanto nel 1394, il casale di S.Pietro della Sala si era separato dall’Università di Montefuscoli per passare sotto la protezione del  principe di Montemiletto Roberto Tocco.
    Era l’anno 1431, quando riconoscendo una buona posizione strategica  anche a controllo della vallata,  Giacomo TOCCO   figlio di Roberto , succeduto al padre , diede inizio alla costruzione di una torre merlata  , su di uno sperone roccioso, luogo dove già si erano insediati alcuni  nuclei familiari . Il Monastero aveva già edificato nei pressi, la chiesa di S.Maria del Piano , con annesso convento monacale.
    I padri benedettini di Montevergine, e il cardinale Ugone Sisignano, (detto il cardinale di Cipro, I° commendatore del Monastero) si  opposero alla fabbrica affermando che la costruzione avveniva su suolo di loro possesso facente parte del limitrofo casale di  S.Nazzaro, avuto da re Ludovico D’Angiò  con atto del 20 settembre 1347. La lite si protrasse per un bel periodo; alla fine si decise di nominare una commissione composta da sei persone che conoscevano bene i confini del casale di S. Pietro e della tenuta del Monastero. La commissione stabilì  che la torre risultava edificata per tre parti su suolo del Monastero ed una parte su quella di S.Pietro, inoltre, dei tredici vassalli  dieci dimoravano su suolo benedettino e tre su quello dei Tocco . Fu dopo tale giudizio, tra l’altro espresso da Giovanni Montella e Tommaso Petracco di Montefuscoli, il 3 aprile 1431 il principe Giacomo Tocco ridonò l’antico feudo al Monastero di Montevergine con pubblico strumento redatto dal notaio Jacomo Donato d’Adamo di Montefuscoli. Il cardinale Susignano ed i monaci di Montevergine, portarono a termine la costruzione della torre , che doveva poi far parte del castello dei principi  Acquaviva d’Aragona ( in parte ancora esistente).

     La fortificazione fu richiamo per tutti i profughi che al grido “ la nostra patria risorge” , accorsero ad edificare nei pressi costituendo un forte centro abitativo. Nel libro “Montevergine Sacro”  si legge  “… e un’altra volta cominciarono ad unirsi in detto casale i vassalli dispersi con quelli di Venticano già distrutto e degli altri luoghi, per venire a gogere le franchigie dei privilegi concessi al Monastero di Montevergine, i quali avendo dato principio a fabbricar case, in breve tempo giunse a tal punto la fabbrica di esse, che divenne una grandissima terra chiamata fin al presente “ la pietra delli fusi” (ndr. Dalla pietra rocciosa su cui era stato costruito il  paese e fusi in quanto gente di diversa  provenienza fusa insieme)”  La torre e tutto i complesso delle varie case  erano state edificate senza fondazioni direttamente sulla roccia (ancora visibile) , successivamente la torre merlata è stata tagliata  per la parte superiore e al posto di alcune case demolite fu realizzato il giardino pensile che affaccia ad est. Si suppone che alcuni locali siano ancora presenti sotto il terreno. L’agglomerato così  nato, divenne “l’Università di Pietra delli fusi” che comprendeva i territori di Piscialo (oggi S. Elena) Passo di Dentecane, Dentecane, Venticano e Calore.

Nel 1500, sotto il dominio del Monastero di Montevergine, questi territori erano densamente popolati, vuoi per la devozione ai poderi benedettini, vuoi per i privilegi di esenzione dalle gabelle che questi godevano.

Nel 1528, durante la guerra contro Napoli, un esercito francese, forte di 3000 fanti e 5000 cavalieri, al comando del generale Lautrec  , nel viaggio verso la Puglia per impadronirsi delle dogane di Foggia e Lucera, dimorò nel nostro paese. Durante l’occupazione i soldati  saccheggiarono e bruciarono molti dei casali in cui erano ospitati, in particolar modo quello di Venticano e quello di Passo, gli abitanti ed i monaci benedettini si rifugiarono nel vecchio casale di S.Pietro della Sala.

Del casale di Venticano rimasero in piedi solo la chiesa ed alcune case. Poco tempo dopo scoppiò una pestilenza che fece morire anche i pochi sopravvissuti all’eccidio. Lo stesso  Lautrec, che intanto si era rifugiato a Napoli, morì di peste (l’episodio è nell’iscrizione lapidaria del sacello di S.Maria la Nova in Napoli).

Allorché i francesi diretti verso la Puglia con a capo il generale Championnet, rasero al suolo le restanti case, lasciando in piedi solo il campanile della chiesa, Venticano fu chiamato   Campanarello, (1799). La notizia trova riscontro negli atti notarili del tempo e nei libri parrocchiali sottoscritti dall’Arciprete della Chiesa Colleggiata  di Pietradefusi.

Ai tempi di Filippo II (il prudente,  1527 – 1598) per ordine del viceré don Giovanni di Zunica, conte di Miranda, fu costruita la strada che da Napoli si spinge fino alla Puglia , attraversando Dentecane e Venticano, e venne detta “via nova” come emerge dall’iscrizione posta sulla fontana di Mirabella e nel 1591 fu fatta confluire nella via regia consolare delle Puglie. Il tracciato riproponeva lo stesso dell’epoca angioina.

Nel 1722, la terra di Pietradefusi , come risulta dagli atti notarili e dal catasto, era composta dai seguenti casali : Capocasale, Grottone, S.Maria , Pella, Pesco, S.Gennaro, Ponte, Venticano, Pappaceci, Pisciale e strada regia, con tredici taverne, compresa quella di Passo , la masseria Vaccariello.

Intorono al 1722 la “Strada Regia” incomincia a popolarsi di case e di gente. La Regia era una importante via di comunicazione , immetteva sulla via Appia delle Puglie, sulla via che portava ad Avellino, e su quella di Benevento.  Veniva spesso attraversata dai regnanti delle Due Sicilie. Nel 1734 e nel 1735 Carlo III di Borbone è presente a Dentecane ospite con la regina Amalia.. In questo periodo si fa risalire l’origine di Dentecane come agglomerato urbano.

Nel1738, il Re Carlo, seguito da Vanvitelli si fermò ancora a Dentecane  per tracciare  la strada consolare delle Puglie (attuale via Appia ) che da Napoli va al capo di Lecce. Nacque una disputa tra i cortigiani circa il tracciato, im particolar modo il principe di Montemiletto perorava la possibilità che la via passasse a ridosso del suo paese, evidenziando le difficoltà  del passaggio per la salita di Serra. Il Re secco rispose "Sono passato io due volte, dopo di me vi passeranno gli altri; la strada sarà quella che io ho tracciato" e così fu. I quelle occasioni il Re soggiornò in casa di Dionisio Pascucci che fu autorizzato ad apporre sul portone lo stemma Reale e quattro colonne di pietra con le catene in segno di rispetto ed onorificenza.

Nel 1846 attraversò Dentecane il Generale Moi, comandante dell'isola di Sicilia, con la Colonna Nobile forte di dodicimila soldati e tutto lo Stato Maggiore. Divisa in due, una parte di seimila uomini con il Generale moi rimase a Dentecane, l'altra al comando del Generale Siosciè avanzò insieme a Re Ferdinando II per Avellino. Ricorrendo in quei giorni il genetliaco della regina Maria Teresa d'Austria, il Generale Moi volle festeggiare sul posto; il paese a festa accolse tutti gli ufficiali che furono ospitati nelle case dei notabili, i soldati invece furono assegnati  in locande,  osterie e case di privati cittadini

- e la storia continua…. -

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

1272 . De Lellis Not. - Domino Maynardo de Campanario pro iure,quod Curia habet in casali Campanarii, ex Reg.Ang.1272 A. fol.168 t.

1276 . De Lellis Not. - iohnni, domino casalis Campanarii provvisio contra Petrum Mormorant militem, molestantem vassallos suos, ex Reg.Ang.1276-77 A. fol.66 t.

1277. Reg. Ang., 26, fol.151- A proposito di un suo reclamo contro un aggravio di tasse, Ruggiero de Molinis de Montefuscolo dichiara ch'egli non è tenuto a contribuire per il casale di Campanaro, una parte di cui è tenuta da Rossello de Burgenza.

15 maggio 1290 - L'Università di Campnrio paga per supplemento della generale sovvenzione un tarì e grana 4.

30 maggio, 1298 - Domino Maynardo de Campnrio similes (=litterae de feudali servitio) pro feudalibus in casali Campanarii, et molendino in Venusio, ex fascic. Ang. Secundo, fol.225.

4 settembre 1298 - Raucio de Campanrio, filio quond. Iohannis de Campanario naturali tenenti occupatas pretextu successionis paternae dus tertias partes casalis Cmpanrii siti in P.U. minus media quarta parte unius tertiae partis prope rianum, provisio quod inquiratur de iuribus spectantibus nostrae Curiae super dictis partibus sud die 4 septembris XII Indictionis, ex. Reg.Ang.1299 B. fol.22t.

1299. De Lellis Not. - Domino Maynardo de Campanario, possidenti casale Campanarii, provisio pro petendis terminis ad divisionem dicti casalis a casale Vetrascelli, quod est domini Goffridi de Dragone,

6 maggio 1302 . De Lellis Not. - Similes [de non molestando pro feudli servitio] Rahoni de Campanrio, pro feudalibus, quae tenet in campanrio, quia solvit tar.3 et de gratia tar.6 sub die X mii XV indictionis, ex Reg.Ang.1239-90 A. fol.144.

1305. De Lellis Not. - Rahoni de Campanrio provisio contra Maynardum de Campanario, cum quo tenet dictum casale Campanrii pro diviso et tanem ex parte su turbat eum, ex fascic. Ang.57, fol.116.

25 luglio 1309 - Rahoni, figlio quond. Iohannis de Campanario, sserenti olim denunciasse obitum dicti eius patris et petiisse investituram et assicurationem vassallorum tarrae suae Campnii, quam ex paterna successione tenet, in P.U. , et relevium solvisse, provisio quod cum effectu assecuretur a vassallis et praestet homgium, sub die 25 Julii VII Indictionis 1309.

1316. De Lellis Not. - A Guillelmo de Campanario pro duabus ex tribus partibus castri Campanarii, quod tenet in P.U. ex reg.Ang. 1316 fol.91

Ivi Not. - raone de Campanrio pro medietate tertiae partis castri campanrii, quam tenet in P.U.

15 aprile 1316 - Il giustiziere di P.U. Simone di Sangro prefigge il termine per il servizio militare a Raone "qui tenet duas partes terrae Campanarii, ex Arca Ang.G. m.49,n.1

15 aprile 1316 - Viene invitato a prestar il servizio militare " guillelmus, filius quond.iohannis domini Maynardi, qui tenet reliquam tertiam partem Campanarii .

1316. De Lellis Not. - A Guillelmo de Campanario pro feudalibus, quae tenet in Campanario in P.U. ex reg.Ang. 1316 E fol.87

1318. De Lellis Not. - A domino Guillelmo de Campanario pro duabus tertiis partibus castri Campanarii tar.3 in feudo antiquo.

1318. De Lellis Not. - A Guillelmo de Campanario pupillo pro tertia parte castri Campanarii in feudum novum, taren.15 et gr.18 .

24 novembre 1320 - Die 24 novembris a Guillelmo de Campanario pupillo, pro medietate adohamenti de feudalibus, quae tenet a Curia in Campanario, tareni 7, et gran.17.

Eodem die 24 novembris a domino Guillelmo de Campanario pupillo, pro medietate adohamenti pro duabus partibus castri Campanarii quas tenet a Curia in P.U. tarenus unus et gr.decem.

1323. De Lellis Not. - A domino Guillelmo de Campanario pro duplo adohamenti anni VI indictionis [=1322-1323], pro duabus tertiis partibus castri Campanrr, quod tenet in feudum antiquum sub adoha tarenor, trium. ex reg.Ang. 1329 E fol.106

17 agosto 1324 - Guillelmo de Campanario, asserenti possidere terram unam, vocatam "Mons Rotundus" , in pertinentis campanarii in P.U. provisio contra Barrasium de Barrasiis, turbntem eum in possessionedictae terrae , proventibus et iuribus die XVII Augusti VII Indictionis anni 1324.

1329. De Lellis Not. - A domino Guillelmo de Campanario pro adoha pro tertia parte castri Campanarii quo tenet in feudum novum, pro annuo valore unciae unius, et molendini, quod fuit Iohannis de Procida in pertinentiis Venusii quae olim rex Carolus II concessit domino Maynardo de Campanario ex reg.Ang. 1329 G fol.107 t.

1331. De Lellis Not. - Nobilis Thomas de Aquino, comes Bellicastri, vir Ilarie de Sus , emit a Guillelmo de Campanario milite, - postea bandito per Curiam Vicarie - quantitatem iumentorum, vaccarum ovium; et conqueritur contra Filippum de Sangineto militem, curiam ipsa, Regentem, qui sequestravit dicta animalia. ex reg.Ang. 1331 B fol.98t.

9 ottobre 1340 - Nobili Guillelmo de Sabrano Ariani et pici comiti, affini, consiliario etc., assensus super venditinem duarum tertiarum partium castri Cmpanarii cum vassallis , ei factam per Guillelmum de Campanario militem, qui ipsas partes tenet in capite a Curia in P.U. de feudo antiquo sub adoha tarenor. Trium sub die 8 novembris IX Indictionis 1340 ex reg.Ang. 1340 A fol.20.

1348. De Lellis Not. - Iacuccio de Ventura de Salerno, camerae nostrae migistro, cambellano familiari, comncessio castri Campanarii in P.U., et aliorum bonorum quae fuerunt Mattuli de Campanario, domino dicti castri rebellis, ex reg.Ang. 1348 fol.200 t..

1377. De Lellis Not. - Antonio Rapicano de Neapoli, comitis …. Assecuratio vassallorum castri Bonialberghi, casalis Montis Fovis, et duarum partium castri Campanarii in P.U., ei venditorum per magnificam Laudunam de Sabrano, comitissam Anglonae, nurum dicti comitis pro parte unciar. 1000, cum interventu magnif. Iacobae de S. Severino comitassae Anglonae, baliae dicte Laudunae, et nobilis domini Loysio de Constatio de Neapoli militis , iuris civilis professoris, magistri Rationalis, Iocumtenentis Magni Camerarii , curatoris dictae Laudanae, in anno 1377 ex Arca ang.H.m.47, n.8-

1381. De Lellis Not. - Nobili Antonio de Barrasio militi, cambellano familiari, provisio super informatione capienda de annuo valore, et an sit feudum novum vel antiquum, castrum Franculi et casale Campanarii in pertinentiis P.U. Serras Montorii, quae per nos fuerunt concessa dicto Antonio ex reg.Ang. 1381 fol.72.

13 novembre 1413 - Istr. di not. Francesco Scaliense di Napoli, alla presenza di Cubone Malaserta di Napoli , giud.annuale col quale, mon. di M.V. di Napoli , l'ab. di M.V. Palamides concede a Musone Brenta della Pietra de fusi, suo vassallo, un territorio parte con vigne, parte campese, sito in detta terra, pertinenze di Montefuscolo, nel luogo detto "Terneta" per 29 anni con un canone di tarì 8 annui.

10 aprile 1431 - Convenzione per not.Giacomo Donato de Alanno di Montefuscolo, alla presenza del giud. Pietro Celotto, con cui D.Giacomo de Tocco, di Capua, dà all'ab. Antonio de Simone di Capua, quale procuratore del Card. Del titolo di S. Clemente, Ugo, commendatario di M.V. il possesso della metà di un torre e vassallaggio in Pietra de Fusi, che il mon. pretendeva per intero, essendo stata per la maggior parte costruita da detto mon.; ma per evitare liti fu divisa.

16 settembre 1473 - L'univ. di Pietra-de-fusi , vassalla del mon. di M.V. si lagna dell'aumento di 29 fuochi, che non erano stati numerati, ma soltanto iscritti nella tassa per la generale sovvenzione . Si ordina che si faccia la numerazione dei fuochi ; e frattanto l'univ. paghi in ragione di 20 soli fuochi di più per l tass , e per il sale.

29 settembre 1503- A domanda del cardinale di NAPOLI perpetuo commissario del M. di M. è dichiarato esenti dai fiscali, Pietra de Fusi, il casale Venticano il casale Cucciano, quello di Terranova, di S. Martino Montefuscolo e di Festulari (oltre Mercogliano e Spedaletto) in P.U..

21 Febbraio 1505 - Angelillode Petrillo di "Preta de li fusi pertinenze di Montefuscolo" doveva dar conto di una giumenta con allievo, che si presumeva del1a "Regia razza". Egli affermava che la giumenta era morta , degli allievi due erano morti e due vivi. Chiedeva di dimostrarlo per mezzo di testimoni. Si ordina al commissariato d’interrogare costoro e di mandare una relazione delle loro risposte.

7 Ottobre 1540 - Si ordina al commiss. di P. U. di non costringere a contribuire con Montefuscolo 1’Università di Pietradefusi, e del feudo di Montevergine, per i 500 ducati promessi per transigere sulla ribellione e crimine di lesa a Sua Maestà –

Il 18 Aprile 1532- E’ confermata, 1’esenzione dei fiscali per tutte le Università di vassalli di Monteverg., tra cui quelle del "Feudo" di Montefuscolo e di Pietra-de-li-Fusi.

7 Aprile 1540 – I fratelli Angelo e frà Donato, verginiani , eredi de quond. Fusillo Capasso, rincorrono contro 1’Università di Pietra de fusi che li costringe a contribuire per i fiscali sui beni ereditari mentre essendo essi già stati ordinati in sacris, ne sono esenti. Si ordina al Capitano di provvedere.

5 Maggio 1551 – L’Università de La Petra [dei fusi] ricorre contro i cosiddetti diaconi selvaggi, che pur non andando in abito e tonsura e non servendo in chiesa, pretendono godere le immunità ecclesiastiche. Uno di costoro è Giovanni Batt. De Bonomo, che pretende immunità per i beni, donati ad una cappella pur avendone conservato l'usufrutto.

17 novembre 1563 – Istr. per notaio Giov. Francesco Pecorello a1la presenza di Manilio Simonetto giudice, col quale i monaci di M.V.P. Luigi Celentano di S. Severino e P. Giov. Antonio Galeoto di Mercogliano, affittano per tre anni a Bartolomeo Lucarello, del casale di Lentace, l’officio di "Baiulo" sia del feudo di M.V. che di Pietradefusi nella montagna di Montefuscolo, per 45 once l'anno.

18 Maggio 1568 - 1 vassalli di M.V. in Mercogliano, Ospedaletto, Mugnano, Quadrelle, Pietradefusi, e dei casali e luoghi che formavano il feudo di M.V., erano ricorsi alla Curia Romana, mentre era ancora pendente la lite presso detta Curia circa la validità o meno dell’annessione di M.V. all'A.G.P. (Annunziata) di Napoli, per aver riconosciuti i propri privilegi concessi da tempo immemorabili dai Re; il sommo Pontefice afferma che con l'annessione non sono minimamente lesi diritti e privilegi precedenti.

17 Settembre 157l - AI Capitano ed all'Università di Montefuscolo si ordina di non molestare Vittorio De Penta di Pietra de fusi, che non è numerato in quell'Università. Un ordine simile è impartito alla stessa Università il giorno seguente per Valentino De Nardone.

15 Dicembre 1574 - Istr. per notaio Bernardino Cutillo, estratto da notar Ludovico Benelato, con cui il P. Priore di S. Leonardo della terra di Montefuscolo, concede per 29 anni, ad renovandum di triennio in triennio, ad Angelo ed altri Di Nunzio, una terra di moggia 12 circa, sita nella Pietradefusi nel luogo Pozzillo dove i De Nunzio avevano edificato due molini ed una casa, per annui ducati sei, salvo l'assenso da impetrarsi dal Monast. di Montevergine.

16 Dicembre 1579 - Si ordina al Barone di Montefuscolo ed i suoi baglivi che, per quanto concerne 1a comunità di territorio con l'Università di Pietradefusi, non innovino cosa alcuna "lite pendente".

28 Marzo 1583 - Si ordina alla Corte ed agli ufficiali di Montefuscolo, di non molestare gli eletti d Pietra-de-fusi, feudo della SS.ma Annunziata di Napoli.Mandino gli atti in Regia Camera, avendo gli eletti la dovuta malleveria per la causa con l'Univ.di Montefuscolo.

2 Maggio 1590 - Claudio Pisanelli ricorre contro l'Univ. di Pietradefusi, che con il pretesto dell’erbaggio comune con la terra di Bonito, pretende esercitare il pascolo anche nel suo feudo di Merruni. Si scrive alla R. Udienza che, avendo accertato che il feudo è separato dalla terra di Bonito, e che se ne paga adoha separata, non si occupi della causa, la quale esce dalla sua competenza, per essere di natura feudale; non molesti gli affittuari del feudo.

20 Dicembre 1592 - Al Capitano di Pietradefusi viene prescritto di comunicare all'Università che al sac. D. Vergilio Colarusso, da molti anni privato dall'ordinario della messa, dopo essere stato condannato per omicidio, non deve spettare alcuna franchigia di gabella.

21 novembre 1592 - Alla R.Ud. e al cp. Di Montefuscolo la R.Camera impone di non molestare Parise e Giov. Ang. Pastore, fratelli della terra di Petra de li fusi, vassalli di M.V. e perciò esenti da tutti i caichi fiscali regi e baronali per privilegio di Ferrante I del 24 dic.1470 confermato da Carlo V del 22 marzo 1536.

18 Luglio 1593 - Il fu Valentino Nardone, eletto di Pietradefusi, era stato significato in duc. 97. Gli eredi, per sottrarsi al pagamento, avevano, nella G.C. della vicaria, fatte figurare le loro robe come assorbite da un debito verso Donato di Colantonio. Essendo ciò risultato da un' informazione, "partibus auditis", ora si ordina a1 Capitano che, non ostante la provisione precedente, proceda alla vendita dei beni ereditari e ne versi il prezzo all’Università.

2 Settembre 1593 - Istr. per notaio Plinio De Gardeliis di Pietradefusi, presente il giudice Giovanni de Marco della stessa terra, col quale i fratelli Cesare e Nicola Caputo vendono a Stefano Scarlatto, tutti di Pietradefusi, annui duc. 16 e mezzo per un capitale di ducati 150, ipotecati su una casa sita in detto luogo.

10 Gennaio 1594 - Donato e Giovanni Cola Petrillo, ed altri i loro fratelli di Pietradefusi, reclamano contro i baglivi delle terre vicine. Per ogni piccolo danno dei loro animali si procede, così per i territori baronali, come padronali, all'esazione delle penali, mentre non si devono esigere, quando il danno è inferiore ad un augustale, in altre parole 15 carlini, se si eccede, tale somma, la pena stessa non può essere superiore ad un altro augustale. Si ordina ai Capitani ed ai baglivi singoli di rispettare tali antiche consuetudini.

29 Gennaio 1594 - Istru. di Giovanni Tomm. de  Auditorio, in Montefuscolo, con cui il priore di s. Leonardo di Montefusco, P.Giov. Paolo Cozza, concede  per anni 66 a Bartolomeo Di Nunzio, della Pietradefusi ,due pezzi di terra, di cui uno a s. Bartolomeo, e l'altro nel luogo Celso, per tomoli 5 di grano l'anno, E' presente Franc. Cutillo di Montefuscolo giudice regio a vita.

23 Novembre 1594 - Si ordina all'univ. ed al capitano di Montefuscolo di non molestare Giacomo Pastore di Pietradefusi, il quale, come gli altri vassalli di Montevergine, in vigore di un privilegio di Carlo V, è immune da pagamenti fiscali.

28 Dicembre 1594 - Testamento di Aderia de Iaso, vedova del quond. Giovanni de Stefano, di Pietra de Fusi, per not. Pietrantonio Gemma. Essa lascia alla chiesa di S.M. del Piano una casa in Pietradefusi, con obbligazione di messe.

15 Dicembre 1596 - Si ordina agli ufficiali  di Pietradefusi di non procedere contro Donato de Petrillo e Giovanni e Innocenzo De Troia, considerandoli come "guardiani di difese". Essi sono " fidati di Dogana" e perciò competente a giudicarli è il Tribunale della Dogana di Foggia.

8 Maggio 1597 - Clemente VIII fa spedire un Monitorio contro i canonici di S.Bartolomeo di Benevento essendosi quel Capitolo appellatosi contro il decreto, favorevole al mon.di M.V., del Nunzio Apostolico di Napoli, a proposito del possesso della Chiesa di S.Maria del Piano di Pietradefusi, e di altri beni.

31 Luglio 1598 - Si concede all'Univ. di Pietradefusi, R.Ass. alla proroga delle gabelle (panetteria, bottega lorda, e chianca) per un altro sessennio, per avere i mezzi di "finire la fabbrica della maggiore ecclesia".

23 Agosto 1599 - In un elenco i notai, sui quali si chiedono informazioni al Percettore di P.U. , è compreso Cola Milillo, della Preta (de-fusi).

27 Febbraio 1600 - Breve di Clemente VIII, con cui si commette all'arcivescovo di Benevento la risoluzione della controversia tra il mon. di Montevergine e l'univ. di Pietradefusi. Tale controversia nasceva dal fatto che l'univ.aveva donata a Monteverg. La cappella di S.M. del Piano, col patto, che vi tenesse un monaco, per celebrarvi la messa. Le nuove costituzioni apostoliche non permettevano la dimora in monastero di un solo monaco; perciò, essendo venuto a mancare nella chiesa il servizio divino, pretendeva la rescissione del contratto di donazione.

14 Gennaio 1602 -  Ad istanza dell'univ. di Petra-de-fusi, si ordina al capitano che costringa gli abitanti forestieri a pagare ciò che devono per le spese straordinarie, pur essendo numerati altrove.

26 Dicembre1605 -  Gli esattori del passo di Grottaminarda avevano eseguito un sequestro in danno di abitanti di Pietradefusi. Si ordina alla R.Ud. che non proceda, ed inviti le parti a comparire in R.Cam.

29 Gennaio 1608 -  Fa testamento il notar Pietrantonio Gemma, per atti notar Manilio Nardone. Lascia a M.V. duc.30 per farne copra, e delle rendite celebrarne messe in altare privilegiato.

26 Marzo 1608 -  Agli esattori della gabella delle sbarre in Napoli si ordina di trattare franchi gli abitanti Pietra-de-fusi, del feudo di Monteverg. a norma di una sentenza della R.Camera.01

30 Gennaio 1609 -  Paolo V, concede, per 7 anni, l'indulgenza plenaria nella festa dell'Annunziata alla chiesa di S.M. del Piano in Pietradefusi, che dipende dal mon.di M.V.

23 Maggio 1601 -  Il not. Donato Danza di Montefuscolo, in S.Martino del feudo di M.V. redige istr., presente il regio giud.a vita Giov.Domenico de Vito de li Lancusi, per i capitoli matrimoniali in occasione del matrimonio tra Terenzio Ciampo e Vittoria Camerino figlia di Giulio Cesare , di Pietradefusi.

14 Agosto 1612 -  Ad istanza dell'univ. di Pietradefusi si ordina alla R.Ud., ed al capitano di S.Aangelo a Cancello, di non registrare nel proprio catasto i beni dei cittadini di Pietra . Si cita un precedente ordine del 1604, che ricorda un privilegio di Re Ferrante I , confermato da altro del 22 marzo 1536 da sentenza del A.R.C. del 1562 (contro Montefuscolo) ; da altra provvisione del 30 giugno 1688 del presidente Fornaro al Commiss.  Del catasto di Montefuscolo, etc.

18 Agosto 1612- Si ordina di citare ad esporre le sue ragioni Santo Todisco,  natio di Pietradefusi [franca di ftsca1i] numerato in s. Nazzaro, mentre egli desidera di  godere  delle immunità dei vassalli di S.M.di  Montevergine.

17 Dicembre 1618 - R. Ass. a11'Univ. di Pietradefusi per le gabelle della panetteria ; dellabottega lorda e delle bucceria, o chianca, da concedersi in esazione al miglior offerente.

31 Gennaio 1620 -  Da lettera della R. Ud. del 12 settembre p.p. risultava  che il  Priore di S. Maria del Piano in Pietradefusi, fra Bernardo Pirolo, mentre si accingeva a dir messa all'altare  del SS.Sacramento, era stato aggredito da Colantonio de Martino, e da Antonio Russo.  Questi gli aveva vibrato un colpo di stocco, da lui deviato, riportando una ferita alla mano.   Intanto l'altro gli tirò un'archibugiata, che andò a vuoto. I due manigoldi erano stati carcerati. Si diceva che avessero agito per mandato di alcuni prepotenti. Si ordina che la R.Ud. proceda come delegata fini alla   sentenza  poi faccia  relazione.

11 Giugno 1621- R. Ass all'Univ. di Pietradefusi di assumere per un triennio a ducati 500 l'anno, l'esazione delle vendite feudali spettanti alla  Santa Casa  dell' Annunziata di Napoli.

1 Gennaio 1623 - Il dottor Francesco Calderio, abitante aggregato di Pietradefusi, del feudo di Montevergine, ricorre contro l'Università di Montemiletto, Montefuscolo e Mirabella, che  pretendono  da lui 1a bonatenenza. Si prescrive ai rispettivi capitani di non farlo molestare perché la tassa non è dovuta.

24 Febbraio 1623 - Deve essere consegnato al Santo Ufficio Giacomo Ant. Catalano, di Pietradefusi, inquisito per bestemmie ereticali. La R.Ud. provveda a farlo trasferire dalle proprie carceri a quelle della Gran Corte della Vicaria.

10 Gennaio 1626 - Con il memoriale, l'abb. Ascanio  de Aytoro di Montefuscolo aveva denunziato  Antonio Maglio di Pietradefusi, per aver maltrattato un suo servitore. Questi tentava di venire ad un accordo  col Maglio. E costui l' aveva messo in fuga, minacciandolo col fucile. Dipoi, aveva assalito, insieme con un noto assassino, Giuseppe de Martino, di Serra, un tale Menico de Foggia, ed aveva commesse altre prodezze di simile genere. Si ordina alla R.Ud. di prenderne informazioni.  

5 Dicembre 1627 -Presta giuramento l'U.I.D. Ovidio de Luciis, di Pietradefusi.

7 Giugno 1631 - A querela dei PP. Camaldolesi S.M. dell'Incoronata, di S. Angelo a Sca1a, si provveda contro 1'aggravio, loro cagionati dagli agenti baronali di Pietradefusi.

31 Gennaio 1632 - Si dà licenza a11'Università di Pietradefusi di far compiere 1a  numerazione dei fuochi, cominciata dagli eletti del passato anno.  Poi se ne faccia relazione, inviandola a1 Duca di Caivano, segretario del Regno.

1 Febbraio 1632 - La Regia Udienza interviene per 1a proroga deI1a tassa inter cives all'Univeristà di Pietradefusi per i fiscali ed altri bisogni dell'Università, e per 1a  proroga delle gabelle.

26 Gennaio 1633 - L' Università di Pietradefusi espone che il R. Auditore Muzio Russo aveva comandato di fornire 20 animali da soma per trasportare della legna da un bosco,  in quel di Montefalcione, distante otto miglia. Essendosi il sindaco e gli eletti rifiutati, perché non erano obbligati, né si trattava di servigio regio, egli li aveva carcerati. Al ricorso dell'Università s'ingiunse a1 Russo di liberarli, con 1'aggiunta che non si debba azzardare a compiere una simile azione mai più.

26 Giugno 1633 - Con relazione del 31 maggio p.p. si era trattato del1a richiesta del1a  Chiesa S. Casa dell'Annunziata per 1a remissione del1a causa contro di taluni di  Pietradefusi inquisiti di furto; contro Garofano Centrel1a ed altri, rei d'omicidio in persona di Tiberio Fierro del1a Riccia, commesso nel molino di Cucciano, feudo di Montevergine. Si dispone "remanest" alla Gran Corte della Vicaria che non violava i privilegi baronali, proceda, come delegata, la Regia Udienza in giustizia; poi si faccia relazione.

20 Luglio 1633 - Avendo la Casa dell'Annunziata   chiesta la remissione alla sua corte della causa di Vincenzo De Masi di Pietradefusi, s'era ordinato alla regia Udienza di riferire. Questa con relazione del cinque, dovendo riferire anche sulla domanda del Principe di Venosa, per la remissione di alcuni compagni del De Masi, n'aveva escluso due. Ora si prescrive di procedere per tutti, in giustizia.

5 Marzo 1636 - Si concede licenza di procedere a sequestro , per debiti contro animali bovini di Carlo Ajloro, a domanda del Priore Carmelitano di Pietradefusi. Lo stesso ordine era stato impartito il 1° ottobre contro il De Ajloro a domanda del Priore e d'altro creditore dott. Aniello Lucariello.

7 Gennaio 1637  - La Regia Udienza dell'Università di Pietradefusi per la proroga delle gabelle, della panetteria, della bucceria e  botteghe lorde.

8 febbraio 1645 - L'u.d. Lorenzo Gemma di Pietradefusi presta giuamento rituale.

2 settembre 1647 - Si dà incarico a Fabio David di eseguire 1a revisione di conti  dell'ultimo decennio dell'Università di Pietradefusi.

27 Marzo 1649 - L'U.I.D. Giovan Battista Gemma, di Pietradefusi, presta giuramento.

6 Ottobre 1649 - Con l'uso memoriale, il sac. don Carlo Mazzarel1a aveva ricorso contro Pietro Mogavero, abitante in Pietradefusi, e qualificato per "Capo popolo" che protegge i delinquenti. Costui gli aveva fatto tirare due archibugiate  e se n'erano già prese informazioni dalla Regia Udienza. Non si ritenevano valide le ragioni per 1a

quale siffatta causa era stata rimessa a1la corte locale "impotente a mitigare il Mogavero".Si  scrive al Preside, perché provveda.

17  Dicembre 1650- Presta il rituale giuramento I'U.I.D. Peregrino Gemma di Pietradefusi.

21 Gennaio 1651 - lstumento del notaio Salvatore De Masellis, estratto da notar  Guglielmo De Masellis con cui il monaco verginiano Pietro De Stefano con l'assenso  del definitorio, dona ai nipoti, Matteo e Giovanni, ed a Modestino De Stefano, una casa  di due membri di Pietradefusi in piazza, con le condizioni che morendo essi senza figli, 1a casa debba tornare in potere a1 monastero.

21 Ottobre1652- Istrumento per notar Silvestro Amantello della Candida, abitante in  Manicalciati, sottoscritto dal giudice Regio a  vita Gabriele Mazzarella, di Pietradefusi, con cui il Monastero di  S. Leonardo di Montefusco, riconnesse e presta assenso al dott.Nicolante Gemma di Pietradefusi della compra, o cessione, per crediti dei molini e territori descritti nell'istrumento  Dicembre 1574 del De Nunzio, e si obbliga a pagare a detto Monastero carlini 33 per la cessione di detti molini e terra fatta da detto monastero, a renovandum per l'annuo canone di ducati sei e tarì tre.

22 Aprile 1655-L'Università di Pietradefusi ottiene l'assenso della Regia Udienza  le  Solite gabelle, e collette, altrimenti non potrebbe fare fronte alle spese del medico predicatore quaresimale, per chi aveva cura dell'orologio, e per il mastro Catto, per il regalo al governatore, al presidente della Santa Casa dell'Annunziata, feudataria. All'avvocato dell'università, al giurato, ai barricelli e per la riparazione di strade, ponti, fontane.

4 Dicembre 1655 - Espone Lucrezia Villara, di Pietradefusi, che il 28 giugno il figlio Domenico De Stefano, era stato ucciso in piazza da Giovanni Froncillo, in compagnia del quale erano Francesco Tuzzo e Marziello Marmo, protetti da Giulio Danza "uomo d'autorità", per i suoi molti delitti. Ora, minacciando di morte costoro pretendevano che facesse la remissione. Si ordina a11a Regia Udienza di provvedere.

14 agosto 1656  testamento del dott. Ovidio de Lutiis, scritto di proprio pugno. Erede Domenico suo figlio, morendo senza eredi, succede S.Maria del Piano con obbligo di messe.

 Gennaio 1658- Atti nella Regia Udienza di Montefusco alla domanda di Montevergine per essere  dichiarato il Monastero erede dei De Lutiis, per la morte nel contagio di Domenico suo figlio.  L'eredità fù contrastata da Giovan Battista De Lutiis, fratello del Dott. Ovidio. 

25 Gennaio 1661- Sono dispensati dagli alloggiamenti militari, come altre gravezze, i feudi di Montevergine, fra cui Pietradefusi (gli altri provenivano da Mercogliano, Ospedaletto,Mugnano,  Quadrell, Terranova, S.Martino di Montefuscolo e Cucciano).

20 Febbraio 1671- La Regia Udienza dell'Università di Pietradefusi per la proroga delle gabelle di  bottega lorda, bucceria, panetteria, e della tassa che dà circa 70 ducati l'anno e della colletta  inter cives di ducati 400.

20 Gennaio 1674- La Regia Udienza dell'Università di Pietradefusi per la proroga delle gabelle di  bottega lorda, bucceria, panetteria, e della tassa inter cives.

31 Marzo 1677- La Regia Udienza dell'Università di Pietradefusi per la proroga delle gabelle .

20 Novembre 1679- La Regia Udienza dell'Università di Pietradefusi per la proroga della tassa inter cives, e delle gabelle di  bottega lorda, chianca e  bucceria.

25 Gennaio 1681 -  L'abate Andrea Frisella battezzò nella collegiata  dell'Annunziata di Pietradefusi, NICOLA PAOLO ANDREA COSClA di Vincenzo e Gerolina Gemma. Fu poi Arcivescovo di Benevento e Cardinale. Morì l'otto febbraio del 1755 a Napoli e  fu sepolto nel Gesù  Nuovo. Fu molto benemerito del luogo natio, dove a sue spese fece costruire 1a chiesa di S. Gennaro, 1a chiesa collegiata (che volle sul disegno della chiesa di S. Agnese in piazza  Navona a Roma) con la dotazione di 12 canonici, l'ospedale ecc., ed altre opere in Benevento, Montefusco ecc.

20 Marzo 1683 - A domanda dell'Università di Pietradefusi, tramite la Regia Udienza si concede alla deliberazione del parlamento, che "nessuno di detta terra possa vendere o comprare pane nel1a taverna a Passo di Dentecane, senza pagare la gabella  a beneficio di detta  Università".

27 Novembre 1683 - La Regia Udienza alla deliberazione del parlamento di Pietradefusi, perché invece di vivere per gabelle si torni n vivere per tassa. La richiesta era stata firmata dal sindaco,  Antonio Ciccolo, con 1'autentica di notar Alessandro Motetta.

30 Settembre 1685 - A domanda degli eletti di Pietradefusi, Carlo Petrillo e Giovanni Bianco, si concede tramite la Regia Udienza  per la colletta inter cives di ducati 500

27 Ottobre 1685 - Per denunzia di Diana Acernese, di Pietradefusi, dal R. Consigliere Garofano   Preside di Principato Ultra, erano stati carcerati per vari  giorni  nelle carceri della Regia Udienza  (di Montefuscolo) i due fratelli Ovidio ed Emilio de Luciis, e la loro madre, accusata di aver fatto  scomparire Mattia Carideo di Pietradefusi. Per la stessa causa erano trattenuti in carcere col mandato i seevitiri, Pietro Corvo e Pietro Andreano, si voleva imporre "una  plageria di 2000 ducati perché  non fosse recata offesa all'Acernese".  Invece il Carideo era vivo, ed ora incarcerato, per ordine del Vicere'. Si ordina alla Regia  Udienza di non molestare i De Luciis, nè la madre per la plegeria all' Acernese, "la quale invece deve essere castigata  dalla legge, come impostulante e falsaria".

l5 Febbraio1686- A domanda degli eletti di Pietradefusi,   Antonio Nardone, e Carlo Frisella, si congede tramite la Regia Udienza di comprare alcuni casalini per costruirvi una casa per il Pubblico, e per un organo nella chiesa matrice, anche  per la festa di S. Lucido, Protettore.   Il denaro, sarà ricavato da una tassa inter cives, fino alla sufficiente.

29 Aprile 1687- LU.I.D. Clerico Nicola Penna di Pietradefusi presta il rituale giuramento. 

22 Novembre 1689 - La Regia Udienza   all'Università di Pietradefusi di accresce la tassa inter cives di ducati 300.  

 25 Aprile 1691 -  Giovanni e Giuseppe Annecchiarico, di Pietradefusi, avevano denunziato Felice  Mazzarella  che aveva usato violenza carnale, alla loro  sorella  Antonia.   L'accusato fece venire l'ordine di trasmettere gli atti al tribunale della Dogana Regia di Foggia.    Un altro fratello Pierino Mazzarella, da un suo garzone  si fece tirare un  colpo di fucile "ammaestrato" e ne incolpò  i due Annecchiarico.               Si Ordina alla  Regia Udienza di prenderne informazione e provvedere.

 

- e la storia continua…. -