Paolo Diacono


 

Paolo di Warnefrido, detto Paolo Diacono, nacque a Cividale poco dopo il 720 da una famiglia longobarda stanziata nel Friuli. Studiò a Pavia alla scuola del grammatico Flaviano e fu alla corte dei re longobardi Rachi, Astolfo e Desiderio; fu storico, poeta e scrittore religioso. Divenuto famo­so per le sue qualità e per la sua cultura (conosceva anche un po' di greco), fu nominato precettore di Adelperga, figlia di Desiderio, che aveva sposato il duca di Benevento Arichi.

Per lei, appunto a Benevento. scrisse nel 763 la sua prima opera, un carme sulle sette età del mondo (A principio saeculorum) in tetrametri tro­caici ritmici, in cui i versi iniziali delle dodici strofe di tre versi l'una forma­no l'acrostico Adelperga pia. Ancora per Adelperga rielaborò poi nei 16 libri dell’Historia Romana il Breviarium ab urbe condita di Eutropio e lo continuò per il periodo da Valente a Giustiniano, con l'aggiunta di larghi estratti desunti dall'Origo gentis Romanae, da Aurelio Vittore, da Gerolamo, da Prospero di Aquitania, da Giordane e con la parafrasi di molti bra­ni di Orosio. È significativo il fatto che il longobardo Paolo abbia scritto una storia del passato che, per scelta deliberata, si ferma ai tempi di Giusti­niano, cioè al momento dell'invasione longobarda in Italia. Questo testo incontrò grande fortuna e, nella rielaborazione di Landolfo Sagace, fu adoperato in tutto il Medio Evo come manuale ad uso scolastico.

Dopo la caduta del regno longobardo, anche per l'amarezza causatagli da questo avvenimento Paolo entrò nel monastero di Montecassino.

Suo fratello Arichi, invece, impugnò le armi al seguito di Rotgaudo duca del Friuli, che aveva organizzato una disperata ribellione contro i Franchi. Nella battaglia decisiva, combattuta sul Brenta nel 776, i capi del­la sollevazione perirono; Arichi, invece, fu preso prigioniero e portato in Francia e i beni della sua famiglia furono confiscati. Ma poiché Carlo, tor­nato in Italia nel 781, aveva dimostrato una certa clemenza nei confronti dei Longobardi, Paolo gli fece avere, attraverso Pietro da Pisa. un'epistola metrica  Ad regem, nella quale lo supplicava di liberare suo fratello e di restituire alla famiglia i beni confiscati. I suoi desideri furono esauditi, ma, per ottenere ciò, egli fu in pratica costretto ad accogliere l'invito di Carlo a recarsi in Francia, dove rimase dal 782 al 786.

Non risiedette sempre a corte, ma visitò diversi monasteri; così per il vescovo Angilramno di Metz compose (nell'abazia di San Martino) i Gesta episcoporum Mettensium (dal primo vescovo. Clemente, Fino a Crodegango, predecessore di Angilramno); per Adalardo di Corbie emendò un codi­ce contenente una piccola raccolta di lettere di Gregorio Magno.

A questo periodo risale probabilmente, secondo i più recenti studi, an­che la redazione dell' Epitome del De verborum significatu di Pompeo Festo: poiché quest'ultima opera ci è giunta gravemente mutila, l’ Epitome paolina è di grande interesse per noi in quanto ci consente di integrarla al­meno parzialmente, ma da un punto di vista più generale questa sintesi les­sicografica va collocata, insieme con l’Expositio dell’Ars di Donato, nel quadro dell'attività che Paolo esercitò come collaboratore di Alcuino per coadiuvarne la politica culturale. Durante il suo soggiorno in Francia egli compose anche svariati Carmina, che si aggiungono alla produzione poeti­ca del periodo in cui era stato alla corte longobarda.

Nel 787 Paolo ritornò a Montecassino, dove scrisse la Vita beati Gregorii papae, in cui viene tratteggiato un essenziale profilo del personaggio, dipinto come l'esemplare del perfetto cristiano. Paolo riserva poco spazio agli episodi leggendari e miracolistici, di cui invece abbondava l'unica bio­grafia precedente di Gregorio, quella dovuta alla penna di un anonimo mo­naco di Whitby, vissuto nel VII secolo.

Dietro richiesta di Carlo, Paolo raccolse in un grande Homiliarium le prediche più celebri dai tempi di San Leone Magno a quelli di Beda e la sua raccolta ebbe grande fortuna poiché, con modifiche e aggiornamenti, è stata usata fino al Concilio Vaticano II. Concepito per uso liturgico, l’Homiliarium è diviso in due parti, una per l'inverno e l'altra per l'estate, e si compone complessivamente di 244 testi.

Nella quiete del chiostro, dopo aver dedicato i suoi ultimi anni alla ste­sura dell'opera più importante, l’Historia Langobardorum, Paolo mori, ormai vecchio, negli ultimi anni delI'VIII secolo; il suo epitaffio fu scritto da Ilderico, abate di Montecassino nell'834 e autore di un'Ars grammatica.

Un'istoria Langobardorum concepita come una continuazione dell’ Historia Romana, consta di 6 libri e narra la storia di questo popolo dalle origini fino al 744, cioè fino al regno di Liutprando, quando i Longobardi raggiunsero l'apice della loro potenza. Anche in questo caso, come ha os­servato Claudio Leonardi, si tratta di una storia tutta al passato, poiché sono stati di proposito tralasciati gli ultimi trentenni, quelli che Paolo ave­va vissuto di persona e che avevano segnato il crollo definitivo del Regno. Ecco un breve sommario dell'opera:

libro I: cause della migrazione dei Longobardi; leggende delle origini; ge­sta dei primi re,fino alla vittoria di Alboino sui Gepidi; notizie su San Benedetto.

libro II: Longobardi e Bizantini alleati contro i Goti in Italia; descrizione dell'Italia; Alboino conquista Pavia, ma viene fatto uccidere da Rosmunda. Regno di Clefi e successiva anarchia decennale.

libro III: regno di Autari; suo matrimonio con Teodolinda, che, alla sua

morte, sposa Agilulfo; notizie su papa Gregorio Magno.

 libro IV: da Agilulfo a Grimoaldo.

 libro V: da Grimoaldo a Cuniperto.

libro VI: da Cuniperto a Liutprando.

L’Historia è molto importante sia perché si basa su ottime fonti (come la perduta Historia Langobardorum di Secondo, vescovo di Trento e con­temporaneo di Gregorio Magno, e l'anonima Origo gentis Langobardo­rum, composta nel 671), sia perché costituisce un eccellente strumento di informazione per almeno cento anni di storia d'Italia.

Essa si affianca cosi, buona ultima, alle grandi storie nazionali dei Go­ti, dei Franchi e degli Angli, composte rispettivamente da Giordane, Gre­gorio di Tours e Beda, ma è certamente superiore ad esse perché è scritta con uno stile affascinante e si legge come se fosse un romanzo. L’Historia Langobardorum, infatti, "non è solo un capolavoro storiografico, è anche il primo capolavoro di poesia della latinità medievale" (C. Leonardi,introd. a Pauli Diaconi Historia Langobardorum, Milano 1985).

Per concludere, una curiosità: a Paolo è stato attribuito un celebre hymnus in strofi saffiche dedicato a San Giovanni Battista; la prima strofa suona cosi:

UT queant laxis REsonare fibris

 Mira gestorum FAmuli tuorum,

SOLve polluti LAbii reatum,

 Sonde Iohannes.

Nell’XI secolo Guido d'Arezzo, isolando questa prima strofa, ricavò dalle sillabe iniziali di ciascun emistichio, ordinate melodicamente in gam­ma, il nome delle note musicali: ut, re, mi, fa, sol, la, si.  

 

Ringraziamenti a:Ferruccio Bertini,Letteratura Latina Medievale in Italia,Bramante Editrice

 

 

 

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