Il principio di induzione completa: n + 1

"Henry Poincaré, ha potuto mostrare che anche in questa verità si nasconde una convenzione, ossia un arbitrio, alla fine. Già Leibnitz aveva cercato di dimostrare il teorema 2 + 2 = 4. Ma non era che una 'verificazione'. Tutte le nozioni di aritmetica elementare non sono dimostrabili che ammettendo per buono il 'principio di ricorrenza', cioè che se si possono fare date operazioni su n, si potranno fare su n + 1. Occorre inoltre avere definito questo famoso uno in modo che sia proprio quello al principio degli aggettivi numerali, e quando lo affibbio al numero n con quel segno più. Quando poi affibbio tutti quegli uni ad enti concreti, per dati sviluppi e calcoli, devo ritenere che siano tutti identici nelle condizioni reali di ambiente... forse è più facile definire la Divinità che l'unità, di cui ci serviamo mille e mille volte al giorno; ed è in fondo Pacelli che cammina sul sicuro; sul comodo".

Poincaré doveva piacere non poco a Bordiga perché aveva espresso i suoi stessi concetti a proposito della logica. Aveva ad esempio criticato in modo molto acceso Russel il quale intendeva dimostrare che si può ridurre la matematica a logica. La logica, dice Poincaré, è scienza astratta e formale; può essere utile per sistematizzare la conoscenza a proposito della matematica, ma è assolutamente ininfluente sullo sviluppo della matematica come scienza. L'aritmetica e l'analisi sono scienze induttive e quindi rientrano nel "principio di ricorrenza", chiamato anche da Poincaré "principio di induzione completa".

Essendo il progresso della matematica induttivo, cioè basandosi sulle conoscenze del tutto nuove che esso stesso provoca nel suo corso, non può essere continuo, per ciò stesso non c'entra con la logica che presuppone sempre il sillogismo se - allora. Solo il modo di ragionare matematico ci permette di compiere il salto qualitativo dal finito all'infinito: una volta che il nostro cervello ha imparato a compiere una certa operazione e la può ripetere più volte con lo stesso risultato, esso è in grado di reiterarla all'infinito, sia materialmente che idealmente. Ma allora questo modo di ragionare si può chiamare assioma, mentre quello di Russel non è che un postulato. Gli assiomi sono dimostrativi, mentre i postulati sono semplici ipotesi. Per dimostrare la propria tesi, Russel interpreta i suoi postulati come assiomi e ciò è sbagliato.

Poincaré ritiene che la possibilità di concepire un concetto come quello di "classe di trasformazioni" sia una facoltà a priori del cervello, la manifestazione esteriore di un certo suo modo di funzionare. Per quanto ci sia un po' di linguaggio kantiano, in questo apriorismo si riconosce la presenza degli invarianti. Sappiamo che Poincaré era "filosoficamente" vicino a Felix Klein e sappiamo che Klein è il padre della teoria degli invarianti. Peano era con entrambi al Congresso di Genova dove si sviluppò la polemica contro Russel nel 1904, Bordiga aveva 15 anni e non si interessava ancora di politica.

Ma quando incominciò a studiare il problema dello sviluppo delle forme di produzione attraverso le "catastrofi" rivoluzionarie, doveva avere presente quel tipo di riflessioni. La sua battaglia "giovanile", che inizia e si conclude nel 1911-12, è già condotta sulla base di una solida teoria. Il quadro teorico della battaglia di sessant'anni non cambierà più: "Per la descrizione del comunismo e del suo avvento non occorre a noi altro materiale di quello predisposto da Marx nel 1858, un secolo addietro, ossia la serie dei modi produttivi che parte dal primitivo comunismo tribale ed è già pervenuta a darci saggi storici maturamente sviluppati del modo moderno: mercato - capitale - salario. Non abbiamo razzi e missili truffaldini da aggiungere a quelle 'armi convenzionali' della lotta di classe, in dottrina già ben affilate in quel 1858. Da allora non diciamo che la storia si è fermata, ma che ha continuato a discendere nel pattume della fogna borghese, e da allora come partito, e si adonti chi vuole, sappiamo tutto".

Così inizia un passo del 1958 in cui ci si riferisce alla serie di Marx in cui compaiono gli invarianti storici entro i modi successivi di produzione, possesso, proprietà, proprietà capitalistica ecc.

Il concetto di Poincaré sulla convenzionalità delle notazioni simboliche viene utilizzato per una serie finita e non per una ricorrenza infinita; con questo si dimostra che effettivamente l'opportunista trova più fecondo definire la Divinità che non l'unità, dato che introduce per comodo suo delle mezze unità di transizione che non c'entrano con la serie.

"Questo nostro centrale teorema contiene lo sbugiardamento di tutte le menzogne revisioniste che circolano. È facile enunciarlo, sempre a fine non di esaurire lo sterminato tema, ma di chiarificarne e rinvigorirne la duramente raggiunta presentazione.

Lo diremo, a rabbia dei chiaccheroni 'a soggetto', in modo schematico. Se le forme o modi sociali col capitalismo sono state n, in tutto esse sono n + 1. La nostra rivoluzione non è una delle tante, ma è quella di domani; la nostra forma è la prossima forma".

La serie dei modi di produzione non è progressiva all'infinito, 1-2-3-4 ecc. che sarebbe come dire n+1, n+2, n+3, n+4 ecc. Tale serie è tripartita in grandissime epoche dell'umanità che sono: comunismo primitivo; epoca delle società proprietarie; comunismo sviluppato.

Applicando gli invarianti alle forme di produzione troviamo che le tre epoche rappresentano degli "insiemi" che sono sovrapponibili solo a coppie: il comunismo primitivo ha in comune con il comunismo sviluppato solo il fatto di non conoscere la proprietà, ma il comunismo sviluppato conosce la produzione di surplus che invece è conosciuta solo dall'epoca intermedia. D'altra parte sembrerebbe che le due prime epoche non abbiano nulla in comune, mentre sono abbinate dialetticamente da Marx per il fatto di rappresentare, insieme, l'intera preistoria umana ("l'avvento del comunismo rappresenta la fine della preistoria umana").

La formulazione che interessa Bordiga è quindi quella che stacca la rivoluzione comunista dalle forme precedenti. Per questo l'insieme delle forme proprietarie e sfruttatrici con il comunismo primitivo, la preistoria umana, è rappresentato unitariamente dal simbolo "n". Per questo il segno "+" non può che rappresentare la fine della serie (il secondo assioma di Peano afferma che il segno "+" messo dopo un numero produce un numero). Ma nel corso di questo libro abbiamo visto che Marx comprende nel capitalismo sviluppato tutti gli invarianti dei modi di produzione precedenti, quindi n è il modo di produzione che determina tutti gli altri, li contiene.

"Il comunismo diverrebbe in teoria la forma n + 2, se comparisse una forma di più che sia già post-capitalismo e non sia ancora comunismo; comunismo con tutti quei precisi caratteri che abbiamo sviscerati partendo dai caratteri differenziali tra il capitalismo che intorno ci appesta e le forme a cui esso è seguito. Se così fosse, non sarebbe giunto un secolo e più fa il momento storico per fondare il sistema invariante della rivoluzione, come dottrina, come partito, come combattimento".

Dire n + 2 significa già, nella nostra notazione simbolica e in realtà, essere anticomunisti. Chiunque infatti sostenga che esiste la possibilità di un trapasso graduale da una forma di produzione all'altra attraverso aggiustamenti delle forme precedenti non è comunista ed è automaticamente schierato contro i grandi avvenimenti storici che preparano il salto qualitativo da un tipo di società all'altro.

Se quindi neghiamo la possibilità di una forma n + 1 non comunista è perché neghiamo nel tempo stesso l'aberrazione staliniana che sia socialismo la sopravvivenza di capitale, del salario e lo scambio secondo valore. La Russia staliniana era a tutti gli effetti dentro n e non se ne toglieva solo per il nome che Baffone e tutti i suoi seguaci le davano.

E di fronte al nostro schema non se la cavano meglio i trotzkisti che di fronte al fenomeno russo abbandonano n ma chiamano n + 1 l'ibrido del tutto fantastico dello "Stato operaio degenerato", quella dominazione della burocrazia che non sarebbe più capitalismo e non è ancora socialismo. Peano aveva ragione e Bordiga lo dimostra: con lo schema si sbugiardano i pasticcioni contaballe, perché al di là delle belle parole i grandi nemici staliniani e trotzkisti devono per forza giungere alla formula comune n + 2 per il comunismo. Essendo fallita la rivoluzione in Occidente, la rivoluzione russa ha dovuto abortire i compiti di doppia rivoluzione e limitarsi ad essere una rivoluzione antifeudale n -1.

Facciamo un passo necessario. Se chiamiamo N (maiuscolo) l'insieme delle forme successive di produzione fino al capitalismo sviluppato, possiamo dire che la rivoluzione russa è stata una delle n-sime (minuscolo) formazioni sociali determinate da N.

Oggi è facile constatarlo guardando al capitalismo esplosivo, crudele e arraffone della Russia contemporanea, vero sottoprodotto di N, ma i meno giovani ricordano perfettamente cosa significava per uno staliniano anni '50 il paradiso sovietico. Mancando la scienza che sostiene la fede rivoluzionaria, la fede soltanto diventa allucinazione e la professione di "comunismo" assume la stessa natura delle psicosi collettive attorno alle apparizioni della Madonna. Eppure il nostro schema non teme smentite.

Applichiamo il principio di ricorrenza:

N sia il modo di produzione che determina n formazioni sociali.

N è vero per n = 1 (poniamo l'Inghilterra).

Se è vero per l'Inghilterra (cioè per 1), è vero per 2 (poniamo la Francia).

Quindi è vero per 2

Se è vero per 2, è vero anche per 3.

Quindi è vero per 3, e così di seguito finché N coinvolge tutte le forme comunitarie in tutte le aree del mondo e dà luogo a tutte le n forme sociali specifiche.

La similitudine esiste solo tra N e N + 1; entrambe sono per la prima volta nella storia degli invarianti alla scala universale. Il passaggio da N a N + 1 è irreversibile: non vi potrà essere ritorno né a N né a N - 1. Con il comunismo, la preistoria dell'umanità è davvvero lasciata alle spalle per sempre .

La tragedia dello stalinismo coinvolse anche le file di quei rivoluzionari che stalinisti non erano ma non riuscivano a capire l'importanza dei trapassi storici da un modo di produzione all'altro e guardavano alle rivoluzioni nazionali sottovalutandone l'importanza dato che, dicevano, nella nostra epoca solo la rivoluzione proletaria deve far convergere tutta la nostra attenzione. Lo stalinismo commise la follia di legare le rivoluzioni nazionali dei popoli non bianchi agli interessi imperialistici dello Stato russo e, nella competizione con l'imperialismo americano, la lotta per la libertà, per la democrazia e contro le basi americane divennero lo scopo principale di tutti i partiti "comunisti" del mondo. Bordiga chiamò indifferentismo l'atteggiamento di chi sottovalutava per reazione la lotta "democratica" dei popoli coloniali o ex coloniali.

"La stessa follia si ravvisa nel negare carattere di trapasso rivoluzionario alla rivoluzione nazional-liberale dei popoli di colore, per condannarli da un tribunale di fantasia alla immobilità e passività fino a che non possano spiccare lo stalinistico salto da n - 1 ad n + 1 improvvisando dal nulla la lotta di classe tra imprenditori capitalisti e proletari, ovvero facendosi iniettare dall'esterno una volontarista attuazione di socialismo, a cui non si può credere senza passare nel gregge di Stalin.

È indiscutibile che fin dall'apparire del modo storico di produzione borghese in vaste parti del mondo, essendo una delle caratteristiche della forma capitalista il passaggio dall'obbiettivo interno, mercato nazionale (che vuol dire indipendenza nazionale, Stato nazionale borghese), all'obbiettivo esterno del mercato mondiale, termine essenziale in Marx, il moto generale si accelera grandemente e gli scarti di tempo nei passaggi tra forme sociali in diverse zone geografiche divengono minori. La rivoluzione borghese del 1848 in Europa, che ebbe alleata la classe operaia rimbalzò in pochi mesi dall'una all'altra delle grandi capitali, e questo è esempio classico del tracciato marxista. Da allora la borghesizzazione e industrializzazione del mondo procede a ritmo invincibile. Quindi quella che abbiamo sempre chiamata doppia rivoluzione, e che ora diremo rapido passaggio da n - 1 ad n, e poi da n ad n + 1, si presenta come un'eventualità storica fortemente probabile, come si era presentata per la Russia. Ma la sua condizione era internazionale, ossia la rivoluzione politica e la trasformazione sociale nei paesi di capitalismo già maturo, come passaggio da capitalismo a socialismo.

La dottrina della sinistra ha provato che la rivoluzione russa, mancate e tradite le rivoluzioni occidentali (da n a n + 1) si è dovuta ridurre ad una pura rivoluzione capitalista (da n - 1 ad n). Ma indubbiamente gli effetti del fallimento - più che tradimento di persone - stalinistico sono lì. Non essendo storicamente da attendersi rivoluzioni comuniste vere in Occidente e per ora nemmeno in Russia, in quanto non si vedono partiti organizzati per la presa del potere e sul giusto programma rivoluzionario, gli altri paesi ancora pre-capitalistici non ci possono dare rivoluzioni doppie, come si poteva sperare per la Russia, nel periodo fecondo per l'Europa del primo dopoguerra".