SOLIPSISMO
da Cioffi,Corso di..., cit, p.883 sg.


Dal latino: solus, solo, più ipse.
Ogni dottrina che attribuisca al proprio io un valore primario ed esclusivo.

Se ne distinguono almeno due fondamentali varianti:
1) un significato morale, dove il termine è sinonimo di egoismo;
2) un significato metafisico, che corrisponde alla versione più nota e fortunata del termine.

Solipsismo ed egoismo

Storicamente sembra che l’accezione morale sia stata la prima a legarsi al termine solipsismo. Uno dei più antichi documenti ditale uso è considerata l’opera dell’apostata gesuita Giulio Clemente Scotti, La Monarchie des solipses (1652), che descrive un regno di "cercatori di sé", trasparente satira della Compagnia di Gesù. L’opera ebbe una certa eco, tanto che in Francia, per un certo tempo, i gesuiti vennero anche chiamati con l’epiteto di solipsistes. L’interesse esclusivo portato a se stessi, come principio di una condotta morale, è questione lungamente dibattuta tra i moralisti, in particolare da La Rochefoucauld, il quale sostiene che l’amor proprio si dissimula sotto le forme più diverse di comportamento morale. Per coglierlo, bisogna scovarlo con un paziente lavoro di analisi psicologica introspettiva. Questa particolare sfumatura psicologica distingue il solipsismo propriamente detto dall’egoismo, di cui può essere peraltro sinonimo, che trova ben altra ampiezza di trattazione e una più favorevole considerazione nella tradizione della filosofia morale, specialmente anglosassone (come egoismo razionale ecc.). Ancora in Kant, comunque, il solipsismus e sinonimo di egoismo morale (Critica della ragione pratica).


Solipsismo e idealismo

L’accezione propriamente metafisica, con cui il solipsismo entra, a partire dall’Ottocento, tra i problemi della filosofia, si lega anzitutto a una versione estrema di idealismo soggettivo.
La dottrina del solipsismo — ma in questa versione il termine si trova più spesso usato in senso polemico, o per rilevare una singolare aporia filosofica, piuttosto che rivendicato in positivo dai filosofi — afferma che "il soggetto pensante deve, per necessità ad un tempo razionale ed empirica, affermare, con certezza evidente, la realtà di se stesso, in quanto è pensante, ma solamente di se stesso" (C. Mazzantini). Secondo Annibale Pastore, che sottolinea l’origine cartesiana della problematica del solipsismo, l’unica affermazione che un solipsista può coerentemente fare è: <<io solo penso, dunque io solo sono>>. Pare in effetti che il primo a sostenere questa forma radicale di soggettivismo sia stato un medico: il cartesiano Claude Brunet, nel suo Journal de médecine (1686).

Questa versione di solipsismo, come idealismo empirico-psicologico, è più nota col nome di egoismo teorico. Così Wolff scrive nella Psychologia rationalis: "Vi sono alcune specie di idealisti, i quali non ammettono altra esistenza che quella di loro stessi, e naturalmente, in quanto sono esseri animati; e perciò ritengono che gli altri enti, che formano oggetto del loro pensiero, si riducano ad essere loro proprie idee".

Una più raffinata versione di solipsismo, non più empirico-psicologico, ma logico-trascendentale, è quella che si lega alla rielaborazione idealistica del kantismo. La pluralità dei soggetti umani sembra potersi affermare con certezza solo a livello degli io empirici, mentre l’lo puro trascendentale potrebbe anche consistere di un’unica coscienza, monisticamente intesa. In tal senso, Fichte definisce il solipsismo —che, secondo l’uso settecentesco, continua a chiamare egoismo teorico — come una dottrina inconfutabile sul terreno della ragion pura, mentre è da respingere dal punto di vista pratico-morale (La missione del dotto). Schopenhauer, che è tra i primi a preferire la dizione solipsismo, sostiene che solo la sua dottrina del Wille rappresenta una confutazione definitiva del solipsismo, in cui rimane ambiguamente ogni filosofia idealistica, in quanto dottrina della mera rappresentazione.

Una forma di solipsismo gnoseologico è quella accreditata alla corrente tardoottocentesca nota come filosofia dell’immanenza (vedi TESTI, Unità 22 DIZIONARIO Immanenza), che rifiuta qualsiasi forma di trascendenza metafisica e afferma il valore assoluto della coscienza. Ma il fondatore della scuola Schuppe, pensa di sfuggire al solipsismo mediante la distinzione tra coscienza empirica e generica (W.Schuppe, Der Solipsismus).

Anche la fenomenologia husserliana, che per tanti versi si ricollega alle indagini gnoseologiche di Schuppe, respinge il solipsismo, affermando il carattere intersoggettivo della coscienza. Ad alcuni critici, come Sartre, i tentativi di Husserl di sfuggire alla difficoltà del solipsismo non paiono del tutto persuasivi, perché solo la radicale "nullificazione" della coscienza consente di rendere l’io un oggetto trascendente, ponendo fine all’idealismo e al coscienzialismo metafisico.





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