PENA DI MORTE: 

RIFLESSIONI SUL CASO BARNABEI

In questi ultimi giorni in molti mi hanno chiesto perché il Daily Opinions, che in passato ha affrontato più volte, ed in maniera alquanto decisa,  il contrastante problema della pena di morte, abbia poi completamente ignorato il caso di Rocco Barnabei, che al contrario ha fatto molto discutere, scuotendo l'opinione pubblica. Spiegare il motivo di questo nostro silenzio è alquanto semplice: nel periodo in cui il caso Barnabei è esploso in tutta la sua drammaticità, la redazione del Daily Opinions, a causa di un problema hardware, è stata impossibilitata ad aggiornare in alcun modo il giornale, è stato quindi impossibile per me pubblicare qualsiasi articolo su un tale, travagliato, argomento.

Questo inconveniente però mi ha portato a fare una piccola riflessione, a fare un significativo confronto:

Alcuni mesi fa, il Daily Opinions, unendosi alla Coalizione Italiana Contro la Pena di Morte, che da anni si batte alacremente perché venga abolita la pena di morte in tutti i Paesi del mondo, pubblicò un articolo, con relativa raccolta firme, riguardante il caso di Richard Wayne Jones, un uomo che nonostante vi fossero alcune prove, da convalidare ovviamente, che sostenevano la sua totale estraneità ai fatti che gli venivano imputati, era stato condannato a morte. Un caso per molti versi, sopratutto da un punto di vista giuridico, molto simile a quello di Rocco Barnabei. In quel caso specifico però, la reazione della gente, fu minima, i mass media ignorarono quasi totalmente questo caso, tant'è vero che le risposte al mio tentativo di sensibilizzare i lettori del giornale verso questo caso, di raccogliere delle firme per tentare di salvare la vita di Richard Wayne Jones, furono al quanto tiepidine. L'opinione pubblica non era particolarmente recettiva verso questo argomento, in quanto non abbastanza aizzata dai mass media. Tanto che l'esecuzione di Richard Wayne Jones, un mese dopo passò quasi in sordina, come se la sua vita non avesse avuto alcun valore.

Il caso di Rocco Barnabei, invece, anche se da un punto di vista giuridico, per molti versi simile a quello di Richard, ha fatto discutere tutti, riportando alla ribalta il controverso problema della pena di morte. Ne hanno parlato i giornali, i telegiornali, con articoli e servizi molto accurati, è divenuto addirittura un caso politico, in cui lo stesso Ministro degli Esteri Lamberto Dini, ha rischiato un incidente diplomatico, intervenendo in maniera troppo decisa, nella politica interna di uno Stato alleato. 

Io, pur ammirando un simile atteggiamento, invitando lo stesso Ministro Dini, a proseguire in questo suo intento, non posso fare a meno di constare e di chiedermi il perché di queste così opposte, contrastanti, reazioni: la quasi totale indifferenza nel primo caso ed il grande interesse nel secondo.

Non voglio pensare che vi siano condannati di serie A, e condannati di serie B. Non voglio pensare che il tutto sia dovuto ad una contorta forma di razzismo, Richard era un americano, mentre Barnabei era un Italoamericano. Sinceramente mi risulta molto difficile il non pensare che tutto questo interesse che il caso Barnabei ha suscitato qui da noi in Italia, non sia stato dovuto semplicemente al fatto che Rocco Barnabei aveva origini italiane. Ciò vuol forse dire che affinché gli italiani si sensibilizzino verso questo problema, che affinché lo stesso governo italiano si impegni concretamente nella battaglia contro la pena di morte, c'è bisogno che venga giustiziato un Italiano?

Nel mondo ci sono molti Paesi che adottano la pena di morte, oltre ad alcuni Stati Americani, perché allora non si parla quasi mai ad esempio delle esecuzioni che periodicamente avvengono in Cina?

Perché, a volte gli Stati che adottano la pena di morte, non cercano di confutare obiettivamente tutte le prove, o addirittura le manipolano, puntando direttamente sull'esecuzione stessa?

Perché in America, la maggioranza dei condannati a morte sono uomini di colore, si tratta forse di una banale coincidenza?

Sono tanti gli interrogativi che questo argomento solleva, sono troppe le domande che rimangono senza una risposta, ma in conclusione, come qualcuno ha già avuto modo di dirmi: "Noi che ci possiamo fare?" In effetti è vero sul caso Barnabei si è parlato molto, si sono sollevate molte altisonanti  voci, voci che poi si sono confuse, trasformandosi in un sommesso borbottio, borbottio che si è poi trasformato in un bisbiglio, bisbiglio che presto ha ceduto il posto al silenzio. Rocco Barnabei è morto, è stato "giustiziato", e così come la sua vita, si sono spente le telecamere, si sono spenti i riflettori, e di riflesso si è spento l'interesse della gente, e su questo problema è ritornato il buio, e ritornato il silenzio, l'indifferenza della gente, di quella stessa gente che è restata e resterà indifferente alla notizia di altre esecuzioni. Di quella stessa gente, che però sarà pronta a riaccendere il suo interesse, a far sentire nuovamente la sua voce, solo quando si sentirà in qualche modo coinvolta, solo se a rischiare di essere giustiziato, potrebbe essere un loro connazionale. Atteggiamento ipocrita questo, ma legittimo, per chi ha fatto dell'ipocrisia la propria ragione di vita.

Io, comunque, al di la dei vari schieramenti, credo cha la giustizia umana non sia in grado di decidere della vita o della morte di un'altro essere umano, in quanto, come ha giustamente detto Xavier Wheel:

"Essendo l'uomo di natura imperfetta, la sua giustizia è destinata all'imperfezione"

Vorrei concludere questo mio intervento, facendovi leggere i versi che un grande e sensibile poeta, Reno Bromuro, ha voluto dedicare a quest'ennesima, inutile morte.

Guido Ferranova

UN’ALTRA CROCE

Un’altra croce si è aggiunta
accanto ai compagni di Spartaco
lungo la Via Appia
sopra i Calanchi emiliani dove
giovani valenti s’immolaro
no
per la tua, la mia libertà.

Un’altra croce si è aggiunta
anche s’era coricata sopra un lettino
e una mano guantata iniettava
la morte, lasciando odore di morte,
sapore di morte in una stanza asettica.

Un’altra croce sulla Via Appia
in nome dello Stato libero
che non conosce libertà!

      Reno Bromuro: Roma 15 settembre 2000

 

Per informazioni

Scrivete a Guido Ferranova E-mail:

guidoferranova@tiscalinet.it