Le Fan Fiction di croweitalia

titolo:  Il punto di vista dell'uomo
autrice: Isabella Franzolini - per leggere le altre storie scritte da Isabella, consulta l'elenco delle fanfiction
e-mail: ifranzolini@yahoo.com
data di edizione: 5 maggio 2003
argomento della storia: Russell Crowe, l'attore
riassunto breve: Conoscere di persona le persone famose puo' avere l'effetto di una doccia fredda...
lettura vietata ai minori di anni: 

Il punto di vista dell’uomo

 

Io amo mia moglie, l’ho sempre amata tanto. Ci eravamo incontrati ad una festa di amici comuni, senza esserci mai visti prima. Eravamo delle specie di imboscati, il frutto di una situazione del tipo: “Posso portare un amico di un conoscente di mio cugino?”. In verità c’entravamo un po’ come i cavoli a merenda a quella festa, una specie di vernissage di una piccola galleria d’arte moderna della quale (arte) a me non fregava un piffero e lei non capiva un’acca. Fu probabilmente per questo che Elena accettò di buon grado la mia offerta di un salatino con un bicchiere di Coca Cola e una garbata conversazione. Eravamo giovani ma non imberbi e la sera del secondo incontro capimmo subito che eravamo fatti uno per l’altra dalla velocità con cui ci saltammo addosso nella mia utilitaria in un inestricabile groviglio di mani e di bocche. Io avevo ventisei anni lei quattro meno di me, ma ci fu subito chiaro che quel che desideravamo di più dalla vita era invecchiare insieme, a discapito di qualsiasi frase fatta.

 

Elena volle aspettare almeno di essere laureata, poi ci sposammo e cominciammo la nostra avventura in questo mondo bello. Surreale, ma bello (citazione, sì citazione). Io facevo il giornalista al Corriere della Sera, prima alla cronaca di Milano poi nella redazione spettacolo, lei aveva trovato un ruolo di coordinamento in un ufficio marketing di un’azienda che produceva scarpe, un ruolo che la portava a viaggiare piuttosto spesso ma a fare buon uso dei suoi studi universitari di PR. Ci piacevano i nostri lavori, ci amavamo, avevamo una bella casetta nel varesotto, cosa potevamo desiderare di più, ora che gli anni erano passati e io avevo girato la fastidiosa boa dei quarant’anni? Ah sì, un figlio. O dei figli. La nostra unione non era stata benedetta dall’avvento di una creatura e la cosa ci dispiaceva senza però impensierirci più di tanto. Avevamo continuato a rimandare, convinti di avere tutto il tempo del mondo, assorbiti dalle nostre rispettive attività che effettivamente poco spazio avrebbero lasciato ad un bambino o meglio… alle quali uno dei due avrebbe quasi sicuramente dovuto rinunciare e, per una questione di bieca sottomissione alla morale universalmente riconosciuta, quel qualcuno avrebbe dovuto essere Elena.

 

A volte viaggiavamo insieme (piuttosto di rado, peraltro), magari per brevi tratti, attraverso il mondo, io per qualche prima particolarmente importante, lei per qualche riunione sulle strategie di vendita e di mercato. Lei doveva andare a Londra, io a New York? In aereo fino a Londra, poi io proseguivo. Io ad Amesterdam per qualche concerto, lei a Roma per le sfilate di moda? In aereo fino a Roma, poi io proseguivo. Vite… “sospese”, finché un giorno, di un paio di anni fa, tornai bruscamente a terra.

 

- Di’, Claudio, si va a vederlo questo “Gladiatore”?

- Hm? - la pagina sportiva mi stava assorbendo più del dovuto.

- “Il Gladiatore”, ‘sto film di antichi romani. Ti andrebbe?

- Ma non è ancora uscito…

- Eh lo so. Però quando esce, si va?

- Se sei così ansiosa, ti procuro un pass per la visione per la stampa.

- Ma no, dai. Aspettiamo che arrivi al cine. Così si va a Melzo, all’Arcadia. Super audio, super video, super poltrone…

- … super prezzo…

- … super popcorn! Lo daranno sicuramente in sala Energia. Senti, ma perché questo Russell Crowe mi dice qualcosa?

- Vediamo un po’… ricordi “L.A. confidential”?

- Vagamente. Una palla tremenda.

- Non è vero… una gangster story anni cinquanta. Lui era il poliziotto buono ma… con metodi di “sfondamento”.

- Un altro film?

- Ricordi “Insider”?

- No.

- Un dirigente che lavora nella multinazionale del tabacco, viene licenziato e violando con intelligenza il suo accordo di segretezza, spiffera degli additivi proibiti utilizzati dalla multinazionale in questione per aumentare la dipendenza.

- Spiffera a chi.

- A un giornalista, no? Quello di “Sessanta minuti”.

- Vagamente. Chi era lui..? Il giornalista?

- No, il dirigente. Ma non preoccuparti. Quando lo vedrai ne “Il Gladiatore” lo riconoscerai di sicuro.

 

Altro che. Non sapevo quanto “di sicuro” l’immagine di quel coprolalilco allevatore di vacche si sarebbe impressa nella mente e, in qualche modo, nel cuore di mia moglie.

 

Insomma, per farla breve, viene fuori questo benedetto film, io mi sciroppo la visione per la stampa a Roma (due ore e mezza di film, una copia in carta patinata di “Spartacus”) con tanto di conferenza, presente il bovaro in questione. Abbronzato, sorridente, capello corto, vestito come un truzzo, si comportava come se fosse convinto di emanare un fascino ineccepibile. Effettivamente, un paio di colleghe (Il Resto del Carlino e Il Messaggero) si erano preventivamente portate uno straccio per asciugare la striscia di bava che si lasciavano dietro ad ogni parola, ad ogni sguardo ferino del “Gladiatore” australiano. Valle a capire le donne. Ci sono donne, come ci sono anche uomini, per carità, che sono… naturalmente affascinanti. Non necessariamente belle o belli, ma affascinanti. Per esempio. Michelle Pfeiffer. E’ una donna molto bella. Ma io trovo che abbia qualcosa di più, che emani un fascino a volte inquietante, a volte rassicurante. Oppure Nicole Kidman. Bellina. Non straordinaria. Ma bellina. E il suo fascino? Quello della mantide. Sarà che m’era piaciuta sin dai tempi di “Ore 10: calma piatta”, un bel thriller dove lei faceva la vittima, ma si intravedeva già allora dentro di lei una sinistra sensualità. Invece Julia Roberts mi dà sui nervi. Riesce sempre ad impersonare dei personaggi deboli oppure un po’ stronzi, e quello è, un po’ stronza. Io, che l’avevo conosciuta durante un’intervista, mai ricordavo come in quella particolare occasione, che la sedia mi fosse scottata così tanto sotto il sedere, non vedevo l’ora di andarmene. E per gli uomini? Ma sicuramente riesco ad essere obiettivo anche per quelli. George Clooney? Ovvio. Fascino, sprizza fascino da tutti i pori. Richard Gere? Meglio in vecchiaia che ai tempi di “American gigolo” e “Ufficiale e gentiluomo”. Sean Connery? Nemmeno a parlarne, tipicamente come il buon vino, più passa il tempo e meglio diventa. Insomma, cosa caspita avesse questo Russell Crowe, proprio non riuscivo a capirlo.

 

Quel sabato di primavera andammo all’Arcadia. Calai 28 euro che mi innervosirono oltremodo visto che di una storia del genere sapere la fine era la peggior cosa e condussi mia moglie verso i nostri posti. Elena. Sempre così bella, sempre così vivace. Non l’avrei cambiata con nessun’altra. In ufficio c’era qualche giornalista e qualche segretaria che mi facevano il filo (sono belloccio anch’io, devo riconoscerlo) ma mai per l’anticamera del cervello m’era saltato in testa di tradirla, l’amavo e soprattutto la stimavo troppo. E nemmeno mi facevo particolarmente rapire da calendari e servizi giornalistici su stelle e stelline del nostro e dell’altrui cinema. Quando Elena si metteva un particolare tipo di body color prugna, mi faceva letteralmente perdere la testa. Si abbassarono le luci e l’avventura incominciò. Dopo le primissime scene, mi accorsi che Elena letteralmente vibrava sulla poltrona accanto alla mia. Le strinsi appena la mano per attirare la sua attenzione.

 

- Che succede? - bisbigliai.

- Nulla… ma non la trovi avvincente questa storia? E poi lui… è bellissimo.

 

Bellissimo. La solita esagerata. Prestante, certo. Una parte trascinante, sicuramente. Ma bellissimo mi sembrava un aggettivo quanto mai eccessivo. Continuai a guardare il film, che ricordavo bene, leggermente immusonito. Le tre ore di tormento storico ebbero fine e lentamente, Elena ed io ci avviammo verso l’uscita. Non disse una parola per tutto il tragitto fino a casa, peraltro molto lungo, essendo Melzo dall’altra parte del mondo rispetto a Tradate. Giunti in soggiorno la guardai meglio. Se posso permettermi il termine, era letteralmente trasfigurata. Lo sguardo sognante in un viso illuminato da un lieve rossore alle gote, la mente persa in chissà quali fantasie, non la vedevo così dal giorno in cui capimmo di essere innamorati. Mi feci dunque coraggio e ruppi il ghiaccio.

 

- Ti va di mangiare un boccone? Preparo due spaghi aglio e olio…

 

Nessuna risposta. Il modo languido con cui si sfilò la giacca di seta m’innervosì.

 

- Elena? Mangi?

- ….mmm?

 

Il mugolio mi giunse da una distanza siderale. Forse sta scherzando, mi dissi. Giunsi alla conclusione che passare all’azione sarebbe stata la miglior strategia.

 

- Beh, io mi faccio due spaghi.

 

Senza nemmeno posare gli occhi su me o sulla pentola che andavo riempiendo d’acqua, salì al piano superiore dov’era la nostra camera da letto. Mi accesi una sigaretta, poi dopo qualche minuto decisi di andare a vedere cosa stava succedendo. Forse si sente male… pensai. La trovai nel bagno che si massaggiava il viso con l’asciugamano.

 

- Ti senti bene? - chiesi perplesso.

- Mai stata meglio… - rispose, e senza degnarmi di uno sguardo andò in camera e s’infilò nel letto.

- Devo dedurre che non hai fame e che non mi tieni compagnia coi due spaghi.

- Preferisco mangiare alla bisogna, domine, quindi non ora. Ma ti ringrazio. Gli dei ti rendano merito della tua generosità.

 

Quando tornai dabbasso un enorme punto interrogativo aveva preso il posto della mia faccia. Oddio, mi si è rincretinita tutto in un botto…. Ma le mie illazioni lasciarono presto il posto a delle dolorose certezze.

 

Il lasso di tempo che trascorse da quel momento fino all’inverno inoltrato fu caratterizzato da una irritante escalation. La nostra videoteca si riempì di DVD in lingua italiana ed inglese pagati, è il caso di dirlo, a caro prezzo, la scrivania sulla quale era il computer era invasa da una marea di ritagli di giornale e email, che Elena si scambiava con le ospiti di un neonato sito italiano su Crowe, i preferiti di internet erano infestati di bookmark di questo o quel sito dove si potevano trovare biografie, foto a quintalate, interviste, persino le canzoni (sì, lo sciagurato cantava pure) di Russell Crowe. Non parliamo poi dell’Oscar… Quando quella piastrella di un australiano vinse la statuetta, Elena saltava da una parte all’altra della stanza strillando come un’aquila e io la costrinsi al silenzio, visto che all’ora in cui l’australiano farfugliava quattro cazzate per ringraziare il pubblico e soprattutto l’Academy di quell’errore in cui era incappato, la gente perbene, da questa parte del globo e nella fattispecie i nostri vicini, dormivano il sonno dei giusti. Stavo per raggiungere il punto di saturazione. La misura fu colma quando una sera, anzi una notte in verità, rientrai dal giornale, e nella penombra della camera da letto notai un calendario appeso di fronte al letto. Accesi la luce nel bagno per avere un’idea di cosa si trattasse. Già, come se ce ne fosse stato bisogno. Sul muro, con un anticipo secco di due mesi sull’inizio dell’anno, campeggiava il faccione dell’australiano, un incubo ricorrente per i dodici mesi successivi. Non ci vidi più.

 

- Questo cos’è? - chiesi pleonasticamente, dopo aver acceso la luce grande della camera da letto, strappando così Elena dal suo sonno e, presumibilmente, dai suoi sogni.

- Come dici?

- Questo calendario. Come ti salta in mente di appenderlo in camera?

- Ma è soltanto Ciccio! Se preferisci lo appendo nella stanzetta del pc.

- Come… come?! “Ciccio”?! - la mia bocca si contorse in una smorfia di disgusto cosmico.

- Ma sì, Russell! Ciccio!! Così lo chiamiamo noi della messaggeria di Croweitalia.

- “Noi della messaggeria di Cr-…” - feci per aprire ancora la bocca ma non ne uscì più alcun suono.

- Non è ciccesco in quella foto??

 

Sentii che la pazienza stava per abbandonarmi e questa volta in modo definitivo.

 

- Elena, tesoro, ti scongiuro. Ritorna in te!

- Ma io sono in me!! Ero fuori di me prima… prima di capire che razza di uomo fantastico fosse Ciccio!! - la chiosa a questa frase da fotoromanzo di quart’ordine fu un bacio mandato in direzione del calendario.

- Sei libera di pensare quello che vuoi di quel… bifolco (calcai particolarmente il tono di voce sulla “b” di bifolco), ma una cosa è sicura. In camera nostra non ci resta. Appendilo in cameretta e mi raccomando: che sia ben nascosto. Se lo ritrovo qui domani sera giuro che te lo scaravento nell’immondizia!

- Ma dai, Claudius!! Non sarai mica geloso…?? - il sorriso malizioso e il latinismo del mio nome mi fece vedere rosso. Per impedirmi di fare o dire cose delle quali avrei in seguito potuto pentirmi, mi infilai a letto.

- Un giorno, domani. Poi sarà il principe della differenziata.

 

Click.

 

Mentre mi giravo e rigiravo su me stesso come una porchetta sullo spiedo, il respiro regolare di mia moglie mi faceva rosolare a fuoco lento. Geloso. Io non sono geloso. Di quel… di quel… come definirlo… come poterlo definire quel gibboso buzzurro subequatoriale? Geloso… Tzè! E’ curioso come Elena sia sposata con me da dodici anni e non mi conosca ancora… Già. Ma era lei a non conoscere me o viceversa? Ovvero: non ero realmente geloso di quel bipede lungocrinato oppure quella smania che mi faceva avvolgere come un involtino primavera nel piumino era sì sana, autentica, robusta gelosia?? Lentamente cercai di ragionare in modo lucido sul tema del momento, tanto di dormire non se ne parlava. Mi misi sdraiato con le braccia conserte a fissare il soffitto e cominciai a pormi delle domande.

E’ il fatto che sia un attore e sia più bello e ricco di te…? Beh, bello… Oh sì, insomma, quello che è!! Oppure il fatto che la ripartizione temporale del suo cervello non sia più cinquanta percento al lavoro e cinquanta percento a te? Che poi.. chi ti dice che anche prima fosse cinquanta e cinquanta. Magari era sessanta e quaranta. O settanta e trenta. Oppure… Oh insomma!! Vediamo di non distrarci. Se… fosse un altro uomo, mi darebbe egualmente fastidio? Ma se fosse un altro uomo, lo saprei? Oddio… Magari è sempre stata innamorata di qualcun altro e io vengo a saperlo solo ora..! Però prima diceva di amarmi. In verità me lo dice anche adesso. Ma sono sicuro che lo fa per distrarmi… per far sì che io la lasci in pace a godersi le sue fantasie erotiche con quel quarto di manzo che incidentalmente ha un cognome… Sì perché, le donne ce lo dicono sempre, noi uomini siamo semplici, son le donne le campionesse di dietrologia applicata e complessità di ragionamento. Quindi deve per forza esserci un altro punto di vista…

 

Confesso che non ebbi mai il coraggio di passare alle “vie di fatto”. Non la aggredii mai, né verbalmente né tantomento fisicamente cercando di farle sputare il rospo del suo “tradimento” con Russell Crowe. So soltanto che gli anni passavano e il suo fanatismo cresceva esponenzialmente. Partecipava a raduni, chattava fino a tarda notte, riuscendo ad essere bellissima il giorno dopo (un motivo in più per farmi travolgere da una rabbia assassina perché io, con qualche anno in più sulla schiena, il giorno dopo un cinema o una partitina a bridge con gli amici sembravo uno straccio), seguiva tutte le news possibili e immaginabili su internet, insomma un vero incubo. D’altra parte non mancava assolutamente per quel che riguardava il suo ruolo di moglie casalinga e, devo ammettere, amante appassionata. La cena era sempre in tavola, le camicie sempre stirate, la casa sempre pulita… mi veniva da pensare che mentre faceva l’amore con me potesse essere con la mente tra le braccia di quel maledetto australiano…

 

Un giorno mi travolse, appena entrato in casa dal giornale, senza nemmeno salutarmi.

 

- Claudio, tesoro!!!! Ho appena saputo che “Master and commander” uscirà in contemporanea in tutte le sale del mondo l’11 novembre… Non riusciresti a farmi entrare alla visione per la stampa? Ti prego…

 

La guardai in un misto di compatimento e di rabbia. Mi faceva pena, così rapita da quel tizio, e allo stesso tempo rabbia, poiché non era più… “tutta” mia. Cosa faresti se potessi incontrarlo? Mi tradiresti con lui? Se lui te lo concedesse, passeresti una notte con lui? E se lui fosse così “gentiluomo” da chiedermelo, accetterei una “proposta indecente”, una cospicua somma di danaro, per regalare mia moglie per una notte ad un uomo che, a sentire tutte le principali riviste di gossip, s’era sbattuto mezza Hollywood? Mi vennero i brividi nella schiena. Poi, piano piano, si fece strada nella mia mente una strana idea. Cosa desidererebbe di più dalla vita Elena in questo momento? Andare a quella visione, oppure addirittura incontrarlo, tipo ad una conferenza stampa. E quanto sarebbe grata alla persona che riuscisse a darle tutto questo? Forse avevo trovato il modo di risollevare le sorti del mio matrimonio, accettando un margine di rischio piuttosto alto.

 

- Lo so. Ci sarà la conferenza stampa a Roma il 7

 

Le risposi senza guardarla, come se le avessi dato una risposta su un qualsiasi fatterello di cronaca. Sentii il cigolio della sua mascella che lentamente si apriva, per cascare poi sul pavimento. Decisi di essere magnanimo e darle la possibilità di smettere di rendersi ridicola.

 

- Ti posso procurare un pass sia per la visione del film che per la conferenza stampa.

 

Fui istantaneamente strangolato dalle braccia che Elena mi buttò intorno al collo e ricoperto di baci rumorosi e umidicci su tutto il viso. Ecco, appunto… ci voleva così poco per farla felice. Era il momento di tirare il colpo di grazia.

 

- E’ stato anche organizzato un piccolo rinfresco subito dopo la conferenza stampa, posso avere il biglietto anche per quello.

 

Fu l’unica volta in cui non la vidi precipitarsi al computer per scriversi con le sue amiche. Quella era certo una notiziola che preferì tenere per sé, dato che così non avrebbe avuto “intruse” tra i piedi. Oltretutto sapeva benissimo che per lei potevo fare un’eccezione, un’unica eccezione, ma certamente non potevo far uscire tre, quattro, cinque, dieci pass per altrettante fans scatenate.

 

Così, una volta riuscito a procurarmi i pass per tutti gli eventi, eccoci qua, su un aereo di linea diretto a Roma, pronti per affrontare Capitan Findus. Elena era bellissima. Aveva trascorso le ultime due settimane tra il gabinetto dell’estetista, il parrucchiere e la palestra, per poter essere scintillante. Effettivamente avrei dovuto congratularmi con loro, mia moglie era se possibile, ancora più bella del solito. E questo mi faceva arrabbiare da morire. Non ricordo una tale session di ristrutturazione in occasione ad esempio un anniversario di matrimonio o di un mio compleanno… Sapevo, perché l’avevo spiata, che per il party aveva messo in valigia un vestito molto bello, o che perlomeno a me piaceva molto e le stava a pennello e lei lo sapeva benissimo. Tentai, ancora una volta dopo tanti anni di matrimonio, una garbata conversazione per tirarla giù dalle nuvole su cui era (e non certo per via dell’aereo).

 

- Hai visto com’è ingrassato per recitare il ruolo di Aubrey? - avevo spulciato anch’io i suoi siti e avevo visto tutte le foto prese dal set.

- Sì…

- Beh. Così ha perso un po’ del suo fascino, non credi?

- Oh no. Lui è sempre Ciccio. Lui ha sempre fascino.

 

Mi urtava i nervi in modo allucinante il fatto che lo chiamasse Ciccio. Come se stesse parlando di suo fratello.

 

- Ah beh. Ma non so se te l’ho detto… Ci sarà anche sua moglie, se non alla conferenza stampa, sicuramente al party.

- Pazienza. Tanto la Bietola scompare di fronte al suo prorompente fascino.

 

La Bietola. Meno male che non ero il solo ad essere geloso. “Prorompente”… fascino? Ah questo è poco ma sicuro… con tutta quella ciccia che ora si porta appresso…

 

- Ti chiedo soltanto un favore Elena. Comportati come si deve.

 

Mi piantò i suoi occhioni in faccia.

 

- Stai scherzando? Cosa pensi che faccia, che mi metta a ballare sul tavolo, che gli butti le braccia al collo, che dia alla Bietola uno spintone e gli salti addosso sbaciucchiandolo come un formichiere?

 

Francamente sì… pensai.

 

- Sta’ tranquillo. - Mi baciò teneramente sulla bocca e riprese le sue parole crociate da dove l’avevo interrotta.

 

Il film fu piuttosto interessante, unico neo i sottotitoli. Odiavo vedere i film in lingua originale, i sottotitoli mi portavano via tempo e io dovevo osservare un sacco di altre cose, mica stare lì a leggere quel che i personaggi si dicevano. Elena era in trance. Prima però l’avevo vista avvampare come un gambero quando Crowe aveva fatto il suo ingresso nella sala per presentare la pellicola. Avevo notato che aveva cercato di camuffare le sue reazioni, ma non potè impedire che il rossore le tingesse le gote. Eh, eh… tesoro, saresti una pessima pokerista…

 

Finita la proiezione ci riunimmo tutti in una bella sala conferenze dell’Hotel Imperiale, in via Veneto. Avevo preso qualche appunto durante il film per fare qualche domanda sensata in più in proposito, a parte quelle che mi ero preparato prima e durante il viaggio. Il massiccio australiano era accompagnato dalla sua signora, una biondina scipita e sottotraccia che gli stava incollata come una cozza. Abbastanza antipatica, peraltro, un cipiglio di alterigia che risultava del tutto immotivato (chi era, la moglie di Russell Crowe? E allora?). In compenso ci eravamo incrociati tre o quattro volte sia in sala proiezione che in quella conferenze e mi aveva lanciato (o così almeno m’era parso) un paio di occhiatacce feline. Toh! Guarda guarda, l’australiano non è l’unico oggetto dei suoi desideri, si vede che la pallida piastrellina (che in realtà sembra un ornitorinco) sente la mancanza del fascino latino… Siamo in terza fila, e la biondina, che continua a fissarmi, non suscita minimamente le preoccupazioni o la gelosia di Elena che è seduta di fianco a me, tutta occhi per il ciccione con la coda. La sento fremere quando, dovendo fare le mie domande al ciccione in questione, attiro il suo sguardo dalla nostra parte, la mia piccola infatti vive nell’illusione che Crowe stia guardando anche lei. A parte il fatto che ha anche lui, come tanti altri del suo ambiente, quell’odiosa abitudine di indossare occhiali da sole al chiuso, una cosa che mi fa imbestialire e che concedo solamente a chi soffre di fastidiosi casi di congiuntivite, ma poi siamo in metà di mille, come vuoi che guardi sicuramente te? E comunque siamo in novembre e non c’è un cazzo di sole, fuori, A COSA TI SERVONO GLI OCCHIALI, PIRLA?!

 

La cosa si fece interessante durante il party. Contro voglia, mi appartai sulla terrazza verandata, per fumarmi una sigaretta. Mi chiusi la giacca con le mani, mentre mi godevo il gusto del tabacco che dalla bocca mi scendeva lungo la lingua per finirmi in gola e sentivo che la suddetta giacca non bastava a ripararmi dai rigori della stagione. Ad un tratto sentii dei passi lievi dietro le spalle. Era… la Bietola. Tradurrò per comodità vostra.

 

- Buonasera… - Ah. Per vostra informazione la signora Crowe indossava un inesistente abitino di seta che le lasciava le spalle completamente scoperte.

- Salve - faccio io, facendo finta di non riconoscerla.

- Oh… immagino che sia qui fuori per via della sigaretta…

- Sì, - rispondo io, mostrandogliela qualche conferma della sua “brillante” deduzione - dentro non si potrebbe fumare.

- Già. Mio marito, invece, tende a fregarsene di quel genere di divieti. E pensare che mi aveva promesso che avrebbe smesso…

- E suo marito è…?

- Quello con la coda.

- Oh.

 

Scoppiamo a ridere in una risatina chioccia, mi piace portare le persone là dove voglio io. Mi accorgo che mi sta guardando con sguardo vagamente lascivo. O forse è un’impressione mia…

 

- Si annoia? O i dolcetti non sono di suo gusto?

- Oh no, al contrario. Il rinfresco è ottimo, quei sandwich triangolari di pane morbido sono deliziosi.

- Sono un’invenzione dei romani. Si chiamano tramezzini.

- Tamez-… trazz-…

- Tramezzini. T-R-A-M-E-Z-Z-I-N-I - compito la parola come se dovessi farla capire ad una persona un po’ idiota. Noto che comincia a tremare come una foglia e data la temperatura esterna, so per certo che non è per la mia sensuale presenza.

- Ma lei ha freddo! La prego - e qui scatta tutto il mio stile Humphrey Bogart o Cary Grant e le metto la giacca sulle spalle. Domani avrò sicuramente la polmonite, ma ne sarà valsa la pena! Chissà dov’è Elena…

- La ringrazio, ma vorrei rientrare…

- Mi tenga compagnia finché non avrò finito di fumare, le dispiace?

- Nient’affatto… - mi fa flap-flap con gli occhioni verdi. Quel chirurgo plastico le ha fatto davvero un lavoro pedestre con quel naso… in certe sue espressioni, ha ragione Elena, sembra un pechinese.

- Lei è un giornalista?

- Sissignora, mi chiamo Claudio Gattinari, Corriere della Sera.

- Piacere, Claudio, io sono Danielle.

- Si trova bene a Roma?

- Mi è sempre piaciuta molto… E’ davvero splendida, nonostante il tempo un po’ uggioso di questi giorni… Cosa devo aspettarmi da lei, Claudio, che tutte le domande che mi farà saranno quelle di un giornalista?

 

Ma chi si crede di essere questa, Bette Davis? Cerco di non deluderla e la tengo sulla corda, mentre mi chiedo che starà combinando Elena.

 

- A lei cosa piacerebbe? Una intervista discreta o una garbata conversazione? (sì, sono fissato col fatto che la conversazione debba essere garbata…)

- Oohh… un gentiluomo… Me l’avevano detto che gli italiani si comportano spesso come gentiluomini ma in realtà sono degli adulatori…

 

Ma guarda questa come se ne sta a civettare con uno sconosciuto…

 

- Io non sono un adulatore. Semplicemente sono una persona che sa ricoprire il suo ruolo soltanto quando la situazione lo richiede.

- Allora preferirei una garbata conversazione.

 

Un brivido (di freddo) le percorre la schiena, scotendola, data la sua esile costituzione, come un terremoto dell’ottavo grado. Decido che, da buon gentiluomo quale lei mi ha definito, per evitarle una broncopolmonite è meglio rientrare. Anche perché sono troppo curioso di vedere cosa combina mia moglie che ho perso di vista da un po’.

 

- Venga, avviamo la conversazione bagnandola con un drink.

 

Mentre ci avviamo verso il tavolo del buffet, intravedo Elena che si sta intrattenendo con l’australiano, vicino al settore dei beveraggi. Hanno entrambi un bicchiere di vino in mano, sono coloriti dall’alcol e hanno gli occhi leggermente lucidi e sorridenti. Mi appropinquo ad Elena con fare disinvolto.

 

- Elena, tesoro, posso presentarti Danielle? Danielle, questa è mia moglie Elena.

 

La scheletrica biondina cambia espressione. Ma allora s’era veramente messa in testa qualcosa… Cerco di avviare una conversazione comune per tirare fuori tutti quanti da un lieve imbarazzo, visto che lui incalza la mia presentazione con un:

 

- Dani, tesoro… Dov’eri finita?

- Fuori, - risponde lei velenosa - a prendere una boccata d’aria.

- Mr. Crowe, finalmente riesco ad incontrarla. Non sono ancora riuscito a complimentarmi con lei per la bella pellicola. Gattinari, Corriere della Sera. - gli allungo spavaldo una mano per completare le presentazioni

 

Lui rimane chiaramente lusingato anche se sono un uomo. Elena e Danielle si squadrano in tralice, mentre percepisco una certa ansia da parte del novello Capitan Findus di continuare la conversazione sulla strada agiografica della sua interpretazione del film.

 

- Lei ha letto O’Brien?

- Sa, - rispondo io educatamente - bisogna imparare a leggere un po’ di tutto per capire quali siano realmente i grandi capolavori della letteratura.

 

Avrà capito che non considero i libri di O’Brien come tali…?

 

- Non è certamente soltanto da quelli che si posso trarre dei buoni film.

- Mi trova pienamente d’accordo. Nonostante il lieto fine, trovo ad esempio che “Il nome della rosa” fosse un ottimo film tratto da un altrettanto ottimo libro. Difficile, sinceramente, pensare ad un caso contrario.

 

L’australiano rimane sul pero. Evidentemente non ha mai sentito parlare di Umberto Eco. Peccato, uno dei libri più tradotti e di conseguenza, venduti nel mondo della sua generazione…

 

- A dire il vero ero più interessato a conoscere la sua opinione sulla fedeltà delle ricostruzioni ed eventualmente… sugli effetti speciali.

- Oh beh… Interessanti, senz’altro. Mi permetto di dire comunque che ultimamente le vedo ricoprire un po’ troppo spesso il salvatore di pellicole piuttosto che quello di attore puro e semplice.

- Che intende?

 

Le nostre due gentili signore cominciano ad agitarsi sui carboni ardenti. Nessuna delle due ha più l’interesse e l’attenzione totale del suo interlocutore preferito (naturalmente non mi riferisco necessariamente a quello “ufficiale” di entrambe) e questo le disturba molto.

 

- Intendo dire che su film di spessore discutibile, e badi non ho detto scarso o nullo, ma discutibile, lei con la sua interpretazione risolleva le sorti delle pellicole in questione, trasformandoli in film di qualità e contribuendo in massima parte al loro successo. Non è un po’ stanco di questi ruoli di pronto soccorso?

 

L’australiano ci pensa un po’ su, poi mi confeziona un sorriso banditesco (pensando probabilmente che io abbia la schiena di vetro e il cuore vibrante di una fanciulla) e mi fa:

 

- Lei ha ragione… La prossima volta, visto che ci sono portato, mi candiderò per la parte di un primario di chirurgia d’urgenza oppure di Gesù Cristo…

 

Mio malgrado mi scappa da ridere. Questo personaggio sa essere spiritoso e soprattutto sa ridere di se stesso. Mica facile. D’un tratto sento le dita di Elena intorno al mio braccio stringersi fino a fiedermi le carni attraverso la stoffa della giacca. Evidentemente vuole attirare la mia attenzione…

 

- Claudio, tesoro, non ti sembra di aver esaurito il tuo compito di giornalista durante la conferenza stampa? Forse Mr. Crowe ha soltanto voglia di rilassarsi ora…

- Oh beh… Se la critica è educata e costruttiva, - incalza lui - la apprezzo e la porto avanti. Non è sempre facile trovare persone intelligenti tra i giornalisti, sa? Non me ne abbia, Mr. Gattinari, spero non si senta un paladino della sua categoria.

 

Elena diventa di un bel rosso fragola. Io gongolo oltre ogni immaginazione e cerco di mantenere alto il livello d’attenzione del bovaro (per quanto possibile).

 

- Certo che no! Ho sempre cercato di essere una moderata voce fuori dal coro, senza esasperare i miei giudizi ma senza, allo stesso tempo, sposare necessariamente un certo tipo di tendenza.

- Guardi, nella mia carriera ho avuto a che fare con due tipi di giornalisti: quelli che ti prendono a calci in culo per una questione di principio e quelli che… te lo leccano!

 

Nel pronunciare questa massima profonda, tira fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca e fa per accendersene una. Lo blocco.

 

- Mr. Crowe, mi piacerebbe approfondire questo discorso con lei ma la prego: andiamo a fumarci questa sigaretta in terrazza… non vorrà dare adito alle voci che dicono di lei che è una persona maleducata e irrispettosa!

 

L’australiano mi segue docile mentre sento lo sguardo di mia moglie addosso, che se potesse mi spellerebbe la schiena. La conversazione continua per una cinquina di sigarette poi, decidiamo entrambi di rientrare.

 

- Mi scuso con lei, Mr. Crowe, mi accorgo di averla monopolizzata, ma è stato molto interessante parlare con lei.

- Si figuri. E’ stato interessante anche per me, mi auguro di avere ancora tempo per lei alla prossima occasione.

 

Mi stringe (anzi, per essere precisi mi stritola) la mano e si allontana a cercare la sua spettrale compagna che offesa dall’atteggiamento mio e di suo marito, cerca consolazione in un bicchierino di pompelmo, ed io cerco con lo sguardo Elena. Eccola lì, scura in volto e bellissima, che aspetta compostamente vicino al muro, i piedi uniti, le mani nelle mani, la delusione evidente e cocente nei suoi occhi. La raggiungo e le regalo il più radioso dei miei sorrisi.

 

- Perdonami, tesoro, ma quel Crowe è davvero una persona stimolante…

- Ah, davvero? Peccato che non abbia fatto in tempo a rendermene conto… Siete stati via quasi un’ora, ti rendi conto?!

- Ah sì? Incredibile come voli il tempo…

- Che razza di cafone… avevo appena attaccato discorso che sei arrivato tu e lui… s’è villanamente divincolato per venire a fumare e parlare con te!!

- Non prendertela… in fondo è il mio mestiere quello di indurre le persone a parlare.

- Già! Tu sicuramente sei stato una bestia, perché almeno per cinque minuti avresti potuto smettere di essere un giornalista e goderti la serata, ma lui è stato veramente un bifolco! E’ scappato via come se… come se…

 

… come se la conversazione con te lo stesse annoiando… Povero amore mio, chissà quante come te tentano di rimorchiarlo alle feste, Bietola o non Bietola, e lui non ne può più di sentirsi incensato, ammirato, lodato per quanto è bello e quanto è bravo e quanto è….

 

- Tu in compenso come hai fatto ad attaccar bottone anche col Pechinese?

 

La guardo di sottecchi e sorrido.

 

- Veramente è lei che ha attaccato bottone con me. Mi sembrava seccata del fatto che suo marito fumasse al chiuso. E se devo essere sincera mi pareva pure un po’ annoiata…

- Avrebbe potuto anche andare ad annoiarsi da un’altra parte…

-

Eccola lì! Proprio quello che volevo, una Elena gelosa…

 

- Beh, Elena… questo si fa ad una festa. Si socializza con questo e con quello… In fondo, se ci pensi, ci siamo conosciuti così.

 

Mi guarda, gli occhi ancora offuscati dal nervoso. Quando ha lo sguardo un po’ torvo è bellissima e io lascio correre il mio sul suo corpo, avvolto in quella bella tuta nera che con l’unica spallina all’americana dietro il collo, lascia scoperta la sua sensualissima schiena.

 

- Comunque su di una cosa ho sicuramente mancato stasera.

- Sarebbe?

- Non ti ho detto che sei bellissima… e che ti amo. Come sempre.

 

I suoi occhi piano piano s’illuminano, poi si avvicina mi posa una mano sulla spalla e mi sussurra all’orecchio:

 

- Anche tu sei bello stasera… un po’ troppo visto che ti lascio solo un attimo e tu non disdegni la compagnia di ricche signore sposate…

- Quali signore..? - faccio io.

 

La sua risata spontanea suona allegra come il gorgoglio di un ruscello di montagna e il tempo del suo umore si rimette al bello stabile.

 

Mentre usciamo tenendoci per mano mi volto verso una finestra. La scenetta è divertente, anche vista da lontano: Mr. “Spencer” fuma furiosamente una Marlboro mentre tenta di fulminare con lo sguardo (e presumibilmente con una fitta serie di intercalari che cominciano tutti con la “f”) la sua signora la quale, si nota chiaramente, gli sta dando il tormento per aver fumato troppo, per averla piantata da sola, per aver fatto di se stesso il centro della serata. Soddisfatto per aver trovato un modo per stemperare la mia gelosia e aver stimolato quella della mia consorte, stringo il braccio intorno alla vita di Elena che, tornata mia moglie a tutti gli effetti, appoggia la testa sulla mia spalla.

 

Alla prossima, Jack Aubrey e sursum corda*: ognuno ha la moglie che si merita!

FINE

 

* latino, significa “in alto i cuori”; è proprio la frase della messa cui si risponde… “sono rivolti al Signore”.

 

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