Le Fan Fiction di croweitalia

titolo:  “Petali di Rose”
autrice: Cristina Fusi
e-mail: christinaf@tiscalinet.it
data di edizione: 27/11/2002
argomento della storia: Un incontro tra i petali delle rose.
riassunto breve: Un uomo e una donna con addosso solo i vestiti delle loro emozioni. 
lettura vietata ai minori di anni: 18
note:  

 

 Un pomeriggio di Maggio.

Il caldo tiepido si spandeva sulla mia pelle in miriadi di gocce di sudore che lentamente mi scivolavano lungo la schiena….

Mi girai a guadare fuori dalla chiesa, i tanti visi che affollavano l’entrata.

Il vestito di chiffon nero che indossavo, era circondato da tante piccole roselline di organza e mi avvolgeva il corpo come un sensuale abbraccio.Continuavo a perdere il mio sguardo incantato lungo la navata dell’antica Basilica, i panchetti erano disposti a spina di pesce e ricoperti con una stoffa grigia impreziosita da lunghi cordoncini di seta che, disegnavano importanti e teatrali drappeggi. Il profumo dei gigli e delle orchidee nane mi riempivano il respiro, filari d'edera incorniciavano le colonne in stile corinzio. Guardai attentamente l’immenso tappeto di petali di rosa sparsi lungo il pavimento, la sposa era raggiante davanti l’altare, e il suo giovane sposo impaziente nel tenergli le mani.

Intorno a me signore con eleganti vestiti colorati, si guardavano sorridendo.

Una voce calda e penetrante mi affondò improvvisamente nell’orecchio, dicendomi;

“Dimentica dove sei, per un attimo..”

Una folla di pensieri mi attraversò di colpo la mente, avrei voluto girarmi di scatto ma ero paralizzata nei movimenti, miriadi di brividi mi decoravano la pelle come piccole spine di rose.

“Dimmi qualcosa” mi sentii, ancora sussurrare piano.

Dovevo girarmi, raccolsi in un frammento d'attimo tutto il mio coraggio e voltai lentamente il viso verso quella voce.

Gli occhi si sciolsero dentro ad uno sguardo di fuoco,un uomo robusto e vestito elegante mi stava di fronte, guardai la sua barba incolta, le sue mani forti giocare con i capelli un pochino lunghi e le sue labbra accennarmi un sorriso, mi soffermai a guardagli gli occhi bruciavano da morire ne potevo sentire il dolore sulla pelle, mentre lasciava scorrere il suo sguardo su di me.

Mi domandai se lo avessi mai incontrato prima, forse dietro a qualche maschera, mentre si prendeva gioco di me.

Respirai forte, il profumo delle rose color pastello mi inebriò all’istante, e persi per un momento la cognizione del tempo, l’uomo elegante mi afferrò le mani e cercò di controllare i miei precari spostamenti, sentì il sangue diluirsi piano e scorrere nelle mie vene, come un torrente in corsa.

Tremavo a quel contatto come un' impaurita ragazzina, mentre sentivo ancora le sue mani percorrermi delicatamente la leggera stoffa del vestito.

“Perché stai tremando?” mi domandò l’uomo, con voce roca.

Decisi di sciogliere il mio silenzio opprimente e di rispondere alla sua domanda.

“Tremare io?” gli risposi, respirando affannosamente.

 

“Ho solo bisogno di uscire di qui, per respirare aria neutra e non satura di quest' odore floreale”gli dissi, divincolandomi dalle sue mani che mi accarezzavano la schiena.

Mi incamminai  verso l’uscita della chiesa, in preda ad una mancanza di ossigeno, dovevo tornare a respirare il prima possibile e respirai finalmente, con forza, come quando si è stati a lungo in apnea immersi sott’acqua.

Mi guardai intorno, con l’anima completamente assente dal mio corpo.

La luce flebile del sole al tramonto illuminava l’antico viale delle “Terme di Caracalla”, mentre guardavo il vento giocare con i teneri rami degli alberi una musica dolce proveniva dall’interno della chiesa, riuscii a capire in un momento di lucidità che la cerimonia stava oramai per finire, ricordai Elena illustrarmi la composizione di musiche per il matrimonio, e quella che sentivo adesso era proprio quella che lei, desiderava alla fine.

Rimasi ancora per un istante a sentirmi sulla pelle, quelle mani possenti percorrermi poi mi avviai di corsa all’interno della chiesa, un raggiante brivido mi confuse i sensi, lui era ancora li seduto su uno dei tanti panchetti rivestiti, gli guardai le mani sfiorarsi la barba color del miele e tremai ancora. "Ma chi era quell’uomo?" mi domandai fugace..”perché mi faceva sentire così tremendamente confusa, incerta, imbarazzata e perché non riuscivo a trovare una risposta?”.

Ad un tratto lo vidi voltarsi verso di me, che nel frattempo ero rimasta impietrita davanti all’entrata, lo guardai farmi dei gesti che mi invitavano a sedere vicino a lui, un sottile gelo mi invase la pelle non’ostante il caldo opprimente che riempiva ogni spazio possibile dell’antica chiesa, una signora dai lunghi capelli corvini, mi cedeva il suo posto vicino all’uomo. Sedendomi ripensai ad una delle tante poesie di Rainer [i]Maria Rilke : “Che questo non sia più dinanzi a me da cui distante oso volgere il viso”…mai più belle parole, potevano avere tanto veritiero significato in quell’istante.

L’uomo mi fissò a lungo i capelli raccolti in uno chignon, dei piccoli ciuffi ribelli mi ricadevano sul viso incorniciandolo, provai imbarazzo nel vedere che il suo sguardo non si spostava mai un momento, voltai lentamente il mio viso verso il suo, senza aggiungere nessuna parola.

Lui si avvicinò di più a me scorrendo a fatica sulla stoffa ruvida del panchetto, io lo lasciai fare ma ero di nuovo atterrita dalle sue prossime domande…

“E’ da quando ti ho rivolto la parola, che stai tremando”mi disse, sussurrandomi dolcemente all’orecchio.

“Non sto tremando”gli dissi, con voce debole.

“Si invece, e mi piaci quando tremi, sento la tua pelle incresparsi sotto le mie mani e penso a quanti brividi potrei ancora regalarti…”mi disse, sospirando lentamente.

Cercavo di ancorarmi con le mani al cordoncino di seta luccicante che pendeva da un angolo del panchetto, ma una marea di vertigini mi faceva sbandare pericolosamente i sensi, mi voltai verso di lui con una strana luce negli occhi, un misto di paura ed eccitazione mi invase completamente.

Notai che continuava a tormentarmi intrecciando sulle mie mani, una piccola collanina con delle lettere in oro che penzolavano tra le mie dita fredde come il marmo, abbassai gli occhi per leggere quel nome..

“Russell Crowe”c’era scritto.

Cercai di soffocare gli accelerati battiti del mio cuore, mentre l’uomo mi guardava sfogliandomi i pensieri…

“E così ora sai il mio nome, occhi verdi” mi disse, soffiandomi via un leggero ciuffo di capelli  che mi sfiorava l’orecchio.

Rimasi così, in assenza di parole da dire, ne un'emozione da aggiungere.

Lui si avvicinò a me, posando il suo possente corpo sulla mia spalla…

“Speravo che tu mi dicessi il tuo di nome..”mi disse, facendomi oscillare l’orecchino a forma di rosa.

Respirai più forte che potessi, guardai per un attimo il prete che benediva gli sposi e il largo e appagante sorriso che si scambiavano.

La cerimonia era finita, dovevo trovare solo il coraggio di alzarmi, mi voltai lentamente verso di lui e scostai bruscamente le sue mani dalle mie…

Mi alzai di scatto, con lo sguardo sospeso  in un margine di pensieri, che oscillavano nella mia mente lui rimase fermo e stranamente  non disse una parola mentre mi allontanavo dal panchetto, pensai all’assurda fuga che stavo facendo..”ma da chi stavo scappando?” mi domandai confusa!”da quell’uomo tanto affascinante? o da quello che in poco tempo era riuscito a farmi provare…?”

Dovevo camminare, trascinarmi fino al viso di Elena e parlarle assolutamente…

Arrivai con le gambe che mi tremavano davanti agli sposi, Elena e Fabrizio erano mano nella mano, semplicemente innamorati si guardavano con una immensa luce negli occhi che li lasciava pieni di promesse, li baciai sulla guancia sussurrandogli i miei più sentiti auguri.

Elena mi guardò perplessa…

“Stai bene Lisa? Mi domandò, con voce preoccupata.

“Sei così pallida!” mi disse ancora, inclinando il suo viso verso il mio.

A quelle parole mi sentii morire, volevo raccontarle tutto, dirle di quell’uomo dallo sguardo di fuoco e dalle voce penetrante e di tutte le sensazioni che mi sentivo fremere sotto la pelle..

“Sono solo un po’ stanca” gli risposi, con un tono sfuggevole della voce. Non feci neanche in tempo a chiederle se conoscesse quel nome “Russell Crowe” che, un ondata di persone mi travolse all’improvviso allontanandomi da lei.

Respirai profondamente il profumo dei gigli, mentre guardai dal palchetto sopra la mia testa scendere una cascata di petali di rose rosa, ne raccolsi un po’ nei palmi delle mie mani e ne aspirai forte l’odore vellutante e penetrante.

Mi sentii improvvisamente accarezzarmi le spalle….Cercai di voltarmi avvolta da uno strano profumo, un misto di sandalo e vetiver che si mescolavano insieme.

“Non ti voltare” mi disse lui, fermandomi e stringendomi sempre di più le spalle..

“Vieni via con me”mi disse ancora, con voce spezzata dal desiderio.

Rimasi impassibile con le sue mani che mi bloccavano ad ogni respiro…il mare, il mare pensai tra me vengo via con te, solo se mi porti verso il mare…

Mi afferrò per la mano, ed io mi voltai piano per assecondarlo nei movimenti.

Mi trascinò via dalla chiesa in un complesso silenzio di voci, mi guardai intorno per un istante e vidi solo due donne in divisa, che ripulivano il pavimento dai petali delle rose.

Era passato così  tanto tempo, da non rendermi conto che tutto era finito pensai rabbrividendo all’istante. Adesso eravamo insieme, sotto un cielo che piano, piano diluiva il suo colore azzurro, in una Roma semi deserta e in un viale immenso in cui perdere lo sguardo.

Salimmo sul suo trasandato pick-up Giapponese di colore blu, lo guardai impugnare il volante con estrema sicurezza e partire.

Guidava lentamente senza parlare…

Pensai che in quel momento come non mai, avrei avuto bisogno delle sue parole,volevo sentirmele ancora una volta scivolare  addosso…

Scrutai i suoi occhi dalla trasparenza del vetro, un misto di blu verde e di grigio…

I suoi occhi così preziosi, mi ricordavano le pietre iridescenti che trovavo sulla spiaggia d’estate.

“Perché vuoi che ti porti al mare?” mi domandò, interrompendo il silenzio.

Mi sentii improvvisamente mancare i sensi, come aveva fatto a leggere i miei pensieri senza che la mia voce e le mie labbra li pronunciassero?

Mi girai verso di lui stordita…

“Come fai a sapere che voglio andare al mare? gli risposi, con un tono della voce incerto.

“Ti ho letto dentro, hai la mente e l’anima di puro cristallo”mi disse, sorridendomi.

Era tutto così assurdo pensai, mentre mi sforzavo di rimanere con la mente lucida.

Guardai la strada e mi ricordai dell’antica” Villa dei Quintili”dove si sarebbe svolto, il banchetto degli sposi.

Scostai per un attimo dalla mente i suoi occhi, le sue mani e la sua vibrante voce.. “Dobbiamo girare per qui, c’è una piccola stradina con un'antica pavimentazione Romana…”gli dissi, guardando attentamente fuori dal finestrino.

“E il mare?”mi domandò, soffocando la voce.

Mi voltai a guardarlo negli occhi e pensai tra me, che un pezzettino di mare c’è l’avevo già di fronte per quella sera, forse mi bastava…

 “Alla villa ci aspettano per la cena” gli risposi, stringendomi nelle spalle…

Ma è al mare che  pensai ancora, come desideravo vederlo immerso nell’acqua salata.. guardarlo giocare con le onde che si increspavano ad ogni piccolo alito del vento e lasciarlo  stringermi forte con un abbraccio lungo la riva.

Sospirai a lungo, mentre lui mi guardava con uno spicchio di sguardo.

L’antica Strada Romana era difficile da percorrere, sentivamo lo stridere delle gomme sui grossi massi e il continuo sballottamento che ci faceva vibrare i corpi.

“Me lo vuoi dire il tuo nome adesso? mi domandò, passandosi una mano tra i capelli.

Gli sorrisi dolcemente..

“Mi chiamo Lisa”gli risposi, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi trasparenti.

“Bel nome Lisa”mi disse, accennando un sorriso malizioso.

Lo guardai, il sorriso gli era rimasto stampato sulle labbra.

Capii che era venuto il tempo delle domande, dovevo assolutamente chiedergli qualcosa di più..da dove venisse e che cosa facesse li, mi domandai se era un amico degli sposi.

Sorrisi tra me, mentre andavo in cerca delle sue risposte.

“Di dove sei?”gli domandai sussultando con le parole.

“Vengo dall’Australia ma sono nato in Nuova Zelanda, ci sei mai stata?”mi rispose, rallentando la guida.

“No mai….mi piacerebbe”gli dissi, mentre armeggiavo con una forcina che mi era scivolata dai capelli.

“E cosa fai per vivere in Australia?” gli chiesi, con la testa piena di domande.

“Possiedo una fattoria di 750 acri, dove allevo 350 mucche Angus e vivo costantemente a contatto con la natura”mi rispose, con un immensa luce negli occhi.

“Mi piace la natura…fai un lavoro bellissimo Rusell “gli dissi, sorridendogli.

“Ti piacciono gli animali Lisa?”mi chiese, mentre fermava un attimo il suo sguardo nel mio.

“Lì adoro…ho una gatta a casa si chiama Tecla è una persiana con il pelo rosso.”gli risposi, pensandola a sonnecchiare sul letto.

Lo guardai sfiorarsi il sorriso con un dito.

“Sai Lisa coltivo da sempre un sogno, cantare..”mi disse ancora, facendo scorrere lentamente le mani sul volante della macchina.

“Anche a me piace molto la musica, insieme a tre mie amiche facciamo alcune serate nei pub..loro suonano ed io canto!” gli dissi, smovendo nervosamente le mani sulle roselline del vestito.

“Anch’io ho un gruppo dove canto, abbiamo già inciso qualche album…e abbiamo appena terminato di incidere l’ultimo, mi disse tirando fuori dalla tasca della giacca il pacchetto delle sigarette.

Si fermò un attimo e soffiò lentamente il fumo della sua sigaretta verso il finestrino della macchina.

 

“Cantare per me è molto importante, riesco a trasmettere meglio le mie sensazioni e le emozioni “mi disse accennando tra le labbra una canzone.

 

“If you knew what I was thinking

You'd probably drown me”….

 

 Poi incominciò a guardarmi  e mi sembrò di cogliere nelle sue parole un piccolo tremito.

All’improvviso fermò la macchina, proprio vicino un antico rudere Romano e mi guardò intensamente negli occhi….

Io abbassai lo sguardo confusa, e cercai di aggiustarmi con le mani che mi tremavano lo chignon

“Non lo sistemare…”mi disse, accarezzandomi lentamente la parte interna del collo.

Gli sorrisi in preda ad una sensazione di soffocamento..

“Sei così bella con i capelli sciolti, ne sento il profumo…”mi disse, continuando ancora a far scorrere più giù le sue dita.

Feci un gesto d'impotenza e rimasi in silenzio davanti a quegli occhi, che vibravano di desiderio.

Mi morsi per un attimo le labbra, avevo paura di tutto quello che stavo provando mentre lo sentivo ancora avvicinarsi, mi passò una mano dietro le spalle e incominciammo un dialogo fatto solo di sensazioni…..

Il suo viso adesso era talmente vicino al mio che potevo sentirne il calore, lo guardai ancora negli occhi un misto di inferno e paradiso, riempiva i miei.

Si avvicinò alle mie labbra ed io sentii un senso di vertigine che mi avvolgeva la testa…

Cercai di divincolarmi al quel bacio febbrile, con le poche forze che mi sentivo balenare dentro.

“Sei crudele con me, Lisa.”mi disse, con una frattura nei nostri sguardi.

Inghiottii a vuoto, mentre tentavo di dirgli che la testa mi girava furiosamente.

“Crudele?” gli riuscii solo a dire, con un flebile filo di voce….

“Che tu lo voglia o no, non possiamo resistere a quest'attrazione che ci invade”mi disse ancora, avvicinandosi di nuovo alle mie labbra socchiuse.

“Ho sentito una corrente attraversarmi la pelle quando mi sono avvicinato a te in chiesa e ancora la sento dentro, dimmi che è così anche per te Lisa.” Mi sussurrò, con voce roca.

“Posso resistere a questa corrente se lo voglio..”gli dissi, con voce appena avvertibile.

“Oh  davvero piccola?”mi disse, con una strana assenza di movimenti.

Aveva negli occhi una luce che mi metteva in difficoltà, non riuscivo a trovare una sola plausibile parola per dirgli di fermare quelle sue labbra sulle mie.

“All’istinto non ci si può sottratte Lisa…il tuo se, n'è la dimostrazione..” disse, girando la testa alla sottile luce di un lampione.

Mi sembrava di registrare molto lentamente ogni suo più piccolo respiro, mentre rovistavo nella confusione della mia mente, alla ricerca di una disperata nuova comunicazione.

Cercai di cambiare posizione, ma sentivo le sue dita sfiorarmi le labbra e il mio cuore battere sotto sforzo..

“ Avremo modo di proseguire questo momento….”mi disse all’improvviso, staccandosi dal mio corpo rigido.

Respirai profondamente, mentre scivolavamo lungo la strada tortuosa.

Per tutto il tragitto restammo in silenzio, ogni tanto ci fermavamo a guardarci lungo lo spazio di suoni e movimenti che ci si allargava davanti….

Pensai a quello che gli avevo appena detto; “Posso resistere a questa corrente se lo voglio”mentivo, il fatto è che non avevo più il controllo delle mie sensazioni e questo mi rendeva fragile e impaurita.

Tutte le mie emozioni sembravano sconfinate e ristrette alle sue labbra, vicine alle mie.

Il lungo viale alberato si riduceva davanti hai nostri occhi e su ambi i lati dell’antica strada, delle piccole candele consumate da ore, ci segnalavano che eravamo all’entrata della lussuosa villa.

Russell girò piano il volante ed entrammo accolti da un gentile cameriere, che c' indicava la via del parcheggio.

Il silenzio ci avvolgeva come un lenzuolo bagnato, facendo gocciolare dai nostri corpi sensazioni doppie e pensieri ambigui.

Scesi dalla macchina e sentii improvvisamente i tacchi delle scarpe affondarmi nel pratino all’inglese, cercai con le braccia aperte di non perdere l’equilibrio…

Russell mi guardò con occhiate rapide e cupe…

“Vuoi appoggiarti a me?…”mi domandò, guardandomi sfilare il tacco dal prato umido.

Mi avvicinai a lui barcollante e passai la mia mano intorno al suo braccio.

La sua vicinanza mi faceva scivolare la mente verso strane sensazioni, mentre eravamo così vicini da poter sentire il calore dei nostri corpi…

Avrei voluto parlargli delle mie incertezze e dei suoi occhi e della sua bocca, che mi piacevano particolarmente e di quell' intensa voglia di vivere che lo illuminava anche adesso che era notte.

Ma riuscivo solo a stringergli il braccio che mi aveva così cortesemente allungato, per non cadere.

E’ tutto così difficile Russell pensai tra me, mentre continuavamo a camminare. Ho paura Russell pensai ancora sottovoce, ho paura che tu vada via improvvisamente,  come improvvisamente sei arrivato è per questo che non riesco a lasciarmi andare con te completamente. A quei pensieri lo strinsi ancora di più…

Guardavo i nostri piedi camminare ed ogni tanto cercavo di voltarmi indietro, per vedere le impronte che lasciavamo sull’erba.

Davanti a noi “Villa dei Quintili” in tutto il suo splendore, incrociai da poco lontano i visi di Elena e Fabrizio che ci sorridevano ad ogni passo….

“Lisa” mi urlò Elena, mentre mi correva incontro.

Mi staccai dal braccio di Russell e la raggiunsi in un abbraccio.

“Sono tanto felice per voi Elena”gli dissi, mentre mi sentivo gli occhi velarsi di tante piccole lacrime trasparenti.

Mi sciolsi dall’abbraccio di Elena e allungai le mani verso il viso di Fabrizio!

“Ti ho visto quasi più emozionato di Elena in chiesa”gli dissi, cercando di asciugare le lacrime che stavano scendendo lente verso il mio viso.

Fabrizio mi sorrise…lasciandomi capire senza parlare, le sue tante sensazioni.

“Vedo che avete fatto presto amicizia voi due”ci disse, Fabrizio cambiando discorso.

Guardai in una frazione di tempo da prima gli occhi maliziosi di Elena, poi quelli indagatori di Fabrizio e infine quelli profondi e sicuri di Russell.

L’aria era carica di umidità, pensai velocemente che se  non ci fosse stata  un assenza totale di nuvole  nel cielo, avrei creduto che da li a poco avrebbe potuto piovere.

I fulmini li riuscivo a percepire lo stesso, all’interno del mio cuore.

“Lo sai che sono veloce a comunicare” gli disse improvvisamente Russell, squarciando l’imbarazzante silenzio che era sceso tra noi.

“Lisa devi sapere, che Russell è un mio vecchio amico…ci siamo conosciuti quando lavoravo in Australia un bel po’ di anni fa e l’amicizia è continuata non'ostante lui ogni tanto, faccia il bastardo..”mi disse, ridendo a squarcia gola.

“Ehi, vacci piano con i complimenti, non vorrei montarmi la testa…”gli rispose Russell, con un taglio particolare del sorriso.

“Complimenti? a te? Ma quando mai…”gli rispose Fabrizio, scuotendo la testa.  

Guardai Russell e Fabrizio ridere e cercai di sciogliermi anch’io a quell’appagante risata.

“ Dai adesso basta con le chiacchiere, l’antipasto vi aspetta in giardino avrete fame no?”ci disse Elena, incamminandosi verso il lungo corridoio della Villa.

Fabrizio prese Russell sotto il braccio, ed entrarono in villa parlando a voce alta e dandosi grosse pacche sulle spalle.

L’interno della Villa era splendido, alcuni camerieri con i guanti bianchi ci vennero incontro porgendoci il benvenuto.

Dei piccoli tavolini con lunghe tovaglie dorate, incorniciavano la stanza…

Guardai su alcuni divanetti ricoperti con stoffa di broccato blu, il velo stropicciato di Elena.

Arrivammo in giardino ancora ridendo…

Rimasi a bocca aperta dinanzi al lunghissimo tavolo a forma di cavallo, che circondava l’immenso giardinetto..

Le più svariate pietanze facevano capolino, tra i cesti stracolmi di rigogliose fragoline di bosco.

Notai la vasta varietà di formaggi, che si spandeva lungo la prima parte del tavolo e delle piccole ciotoline di porcellana bianca, con dentro tante succulente salsine da accompagnare hai formaggi più stagionati.

Poi un trionfo di salumi di tutti i generi e di tutte le qualità, non che il prezioso prosciutto spagnolo.

Mi guardai un pò attorno alcuni tavolini rotondi erano sparsi all’interno del giardino, illuminato solo da piccole e soffuse luci provenienti da terra.

Più in la una fontana in stile Liberty, mi riempiva gli occhi di gradita bellezza…

Sopra di noi solo un cielo nero notte ed una luna dal viso pallido e freddo, che c' illuminava lievemente le parti rimaste in ombra dei nostri visi.

“Non vi dispiace troppo se vi lasciamo da soli vero?”ci dissero Elena e Fabrizio, dirigendosi verso un cumulo di persone desiderose di potergli fare gli auguri.

Incrociai lo sguardo luminoso di Russell…

“Sapremo resistere a tanto..”gli rispose Russell, mentre mi prendeva dolcemente le mani.

“Allora ci vediamo più tardi alla sala ristorante, fate i bravi eh!”ci dissero, sorridendoci maliziosamente.

“Hai fame Lisa?”mi domandò Russell, accarezzandomi le labbra con un dito.

“Un po’ ”gli risposi, guardando la leggera luce di una candela sul tavolo.

Pensai che una certa fame l’avevo ma non di cibo, avevo fame di lui, delle sue labbra che pochi minuti fa avevo rifiutato così stupidamente.

Avevo fame delle sue forti mani…

Cercai violentemente di scacciare quelle voglie dalla mia testa e dal mio corpo.

“Siediti qui Lisa, ti porto io da mangiare”mi disse Russell, sussurrandomi piano all’orecchio.

Un brivido mi percorse la schiena era stupefacente, sentirsi accudire da lui.

Chissà come sarebbe eccitante farsi imboccare il cibo dalle sue mani, pensai in preda ad una forte vampata di calore che mi invadeva la pelle….

Lo guardai percorrere il lungo tavolo con le pietanze e riempire molto lentamente con il cibo i due piatti, che reggeva nelle mani.

Sentii improvvisamente una dolce musica accarezzarmi il cuore, mi voltai a guardare la ragazza che stava cantando con voce delicata una bellissima canzone di Giorgia….

 

 

“Come saprei capire l’uomo che sei, come saprei scoprire le fantasie che vuoi

io ci arriverei nel profondo dentro te, nei silenzi tuoi

emozionando sempre più.”

 

 

Guardai ancora verso Russell, mentre seguivo le parole della canzone….

Lo vidi tornare fischiettando, con i piatti pieni di ogni tipo di formaggio.

Rimasi seduta mentre si avvicinava sempre di più al tavolino rotondo…

“Ho preso solo del formaggio”mi disse, sedendosi accanto a  me e posizionando le piccole ciotololine con il miele, accanto ai piatti.

Lo guardai divertita…

“Ti piace il formaggio particolarmente?”gli chiesi, trattenendo un sorriso canzonatore.

Rise…

“Il fatto è che l’accoppiata formaggio miele mi intrigava particolarmente e poi non ho mai avuto prima d’ora, l’occasione di assaggiarlo”mi rispose, spezzando una fetta di formaggio con le mani.

Lo guardai armeggiare impacciato, mentre ne tuffava un consistente pezzo nella piccola e delicata ciotolina.

Lo guardai ancora più avidamente, un filo di miele gli scivolava lento sulla soffice barba…e cercava con la lingua di ripulirsi le dita imbrattate di miele.

Mi lasciai andare ad un vortice di fantasie erotiche  quel miele pensai, davvero sprecato sulle mani.

Sorrisi mentre abbassai di colpo il viso, per non farmi vedere arrossire.

“Ne vuoi un po’? ”mi domandò, leccandosi le labbra appiccicose.

“Vorrei te” gli dissi, però solo dentro di me.

“Perché no”gli risposi ,avvicinandomi al mio piatto.

Ma prima che riuscissi a impugnare la forchetta, Russell mi riempii velocemente la bocca con un pezzetto di formaggio, inzuppato sapientemente nel miele.

Rimasi esterrefatta mi guardai intorno, ma nessuno degli invitati per fortuna in quel momento, ci stava guardando.

Assaporai il gusto  acidulo del formaggio, mescolarsi con quello dolce del miele di castagno.

Sentivo il dito di Russell roteare nella mia bocca.

Cercai di rimanere lucida a quelle sensazioni, ma non era facile…

Lo guardai negli occhi,  erano di un azzurro incredibile riuscivo a vedere anche le tante piccole sfumature di grigioverde che li attraversavano.

Mentre mi lasciava scivolare dalla bocca il suo dito ancora zuccheroso di miele, sentii sulle labbra una liquidità di desideri e cercai disperatamente di assumere un filo di sorriso per nasconderli.

Rusell rimase fermo a guardarmi avvolta da un vortice di confusione…

Avrei tanto voluto chiudere gli occhi e lasciarmi andare a quelle sensazioni incontrollabili, ma sentivo nella mente miriadi di parole che mi riportavano lentamente a guardarmi attorno.

“Dovresti mangiarne di più di formaggio con il miele…”mi disse Russell, con voce maliziosa.

Gli sorrisi.

Avevo il cuore che mi batteva a strappi e cercai di regolarizzare più che potessi il mio respiro.

Un leggero vento si era alzato improvvisamente, guardai le leggere tovaglie dei tavoli ondulare.

L’aria leggera del vento mi accarezzava le spalle nude, mentre cercavo di distrarmi dal viso di Russell continuando a  girare la testa verso i tavoli dell’interno della villa.

“Che ne dici se entriamo dentro?” gli domandai avvertendo sulla pelle, un po’ di brividi per la fresca brezza del vento.

Russell non mi rispose mi guardò per un istante, si sfilò la giacca grigia e me la mise sulle spalle.

“Con questa starai calda ancora per un  po’ sarebbe un peccato Lisa, lasciare da sole queste stelle nel cielo…”mi disse, sfiorandomi le spalle sotto la giacca.

Era così deliziosamente gentile e poetico pensai ,con il cuore che mi si allargava piano, piano.

“Alzati un attimo Lisa”mi disse, porgendomi la sua mano.

Afferrai lentamente la sua mano forte e alzandomi dalla sedia ricoperta da della stoffa damascata, lo seguii con passi incerti al centro del giardino.

“Scegli una forma Lisa”mi disse, guardandomi dritto negli occhi.

“Una forma?”gli risposi, sconcertata.

“Si  una qualsiasi forma”mi disse ancora, alzando lo sguardo verso il cielo nero.

“Una rosa”gli dissi, con gli occhi che mi scintillavano.

Era dietro di me, sentii improvvisamente alzare il mio braccio insieme al suo e puntandolo verso le stelle… lo guardai disegnare  con il dito la forma della rosa.

Voltai il viso verso il suo, con una sorte di meraviglia.

“Fallo ancora” gli dissi, con una vertigine nella testa.

Mi sorrise dolcemente…

“Scegline un’altra..” mi disse, con un tono penetrante della voce e con una striscia di mare negli occhi. “Un cuore..”gli sussurrai piano, mentre cercavo di guardare attentamente nel cielo le stelle che lo avrebbero formato.

Puntò di nuovo il suo dito nel profondo nero della notte e disegnò ancora per i miei occhi.

Come per magia le piccole stelle si unirono nella forma di un cuore.

“Come fai?” gli domandai, girandomi verso il suo viso.

Sorrise.

“E’ una cosa che faccio da quando ero bambino, mi piaceva immaginare delle cose e disegnarle nel cielo, avvolte passavo tutta la notte a inventarmi le forme più strane.” Mi rispose, lasciando cadere sulla mia pelle i suoi pensieri.

Gli sorrisi con una tavolozza di colori negli occhi.

“Credo che il cameriere, ci stia facendo segno di accomodarci ai tavoli all’interno della villa” mi disse improvvisamente, trascinandomi via ancora stordita da quella sensazione irripetibile.

L’interno della sala ristorante era magnifico e di una bellezza coinvolgente…

Guardai i tavoli rotondi con i loro colori oro stagliarsi sullo sfondo color panna dei muri, alle pareti invece facevano capolino tante applique di ottone.

Mi persi con lo sguardo alle arcate di cotto che impreziosivano la sala, mentre ancora avvolta da quel sottile fascino mi sentii prendere per mano.

“Credo che dovremmo cercare il nostro tavolo”mi disse improvvisamente Russell, facendo scorrere il suo dito dinanzi al cartellone di colore avorio, sorretto da un cavalletto da pittori.

Sui tanti cartoncini appesi c’erano in fila i nomi degli invitati, ed ogni cartoncino era decorato con delle piccole roselline di color pesca.

“Io sono al tavolo “Cuisse de Nimphe” disse Russell, pronunciandolo in perfetto francese.

“Mentre tu sei a quello “Rosa Magic”mi sussurrò, con voce sconsolata.

Separati, pensai velocemente..

Mi voltai verso di lui e mi accorsi improvvisamente, che era andato a parlare con uno dei camerieri adibiti ai tavoli.

Inghiotti a vuoto con la speranza che il cameriere facesse in modo, di metterci tutte e due nello stesso tavolo.

Continuai a guardare Russell parlare, ogni sua parola era arricchita da un suo gesto avvolte elegante, avvolte istrionico.

“Sembra che staremo vicini anche nell’arte di mangiare”mi disse improvvisamente, da dietro all'orecchio.

Ero felice perché nasconderlo? pensai, con un sorriso a mille.

Guardai verso i tavoli della sala e sopra ad ognuno c’era un piccolo cartoncino, con i nomi delle rose.

Ci avviammo molto lentamente verso il nostro tavolo lasciando scorrere i nostri occhi, sugli altri strani nomi.

“Rose des peintres” mi sussurrai piano nella mente..”.chissà a quale varietà di rose appartenesse?”mi domandai, in silenzio.

Guardai in tutta la loro raffinatezza le sedie in tessuto di broccato, mentre al centro del tavolo le rose magic davano sfoggio di sé.

Respirai a fondo mentre vidi Russell, sedermi vicino.

Lo guardai leggere attentamente il prelibato menù e fare una faccia strana, su alcune deliziose pietanze.

“Cos’è che non capisci?”gli chiesi, sfiorandogli una mano.

“Dovremmo mangiare tutta questa roba?”mi domandò, strabuzzando gli occhi di fuori!

Un immenso sorriso mi si allargò sulle labbra.

“Non ti sarai mica impressionato?”gli risposi, sfiorandogli la soffice barba con le dita.

“Va bene che sono una buona forchetta e si vede…ma credo di non poter resistere a tanto”mi disse, facendo delle strane smorfie con la bocca.

“Neanche se ti dicessi che molti dei cibi che ci sono questa sera, sono estremamente afrodisiaci?”gli dissi, dolcemente in un orecchio.

“Se la metti così mangio tutto anche te..”mi rispose, con un tono basso della voce.

 Sorrisi a quelle parole….

Rimasi incantata dai suoi movimenti, era così sensuale pensai mentre si tirava indietro i capelli chiari, lo faceva così lentamente da lasciarmi tutto il tempo di poter morire…

Mi accorsi improvvisamente, che i nostri visi erano molto vicini l’uno all’altro..

Avevo tanta voglia di abbracciarlo, ma allo stesso tempo avevo paura di quello che potevo provare a quel contatto dovevo allontanarmi, alzare un braccio e poi l’altro e ritornare a sedermi bene eretta sulla mia sedia, ma prima che tutti quei pensieri venissero messi in pratica dal mio corpo, mi sentii prendere il viso dalle sue mani forti, lo guardai avvicinarsi sempre di più verso le mie labbra socchiuse e fu un attimo, senti la sua bocca calda sulla mia  mentre mi forzava le labbra serrate con la lingua, mi attraversò da parte a parte come una spada di acciaio, sentii premere il suo corpo contro il mio e le sue mani stringermi la vita in maniera scomoda, il suo respiro passarmi dentro come vortice impetuoso, cercai di andare indietro con la testa ma ero bloccata a quelle labbra che mi incatenavano.

Mi staccai da lui, con gesti disperati delle mani, mentre sentivo le gambe tremare…cercai di guardarmi a torno, la gente ci lanciava occhiate con un misto di ammirazione e divertimento.

Lo guardai attentamente negli occhi, il suo sguardo era vivo come non mai e mi lanciava saette che mi trafiggevano il cuore riducendolo a tanti piccolissimi spicchi.

Gli sorrisi lentamente, mentre mi faceva scivolare una mano lungo la schiena nuda.

Dovevo ritrovare la calma stavo respirando forzatamente, mi alzai di scatto e mi incamminai verso una delle tante finestre che giravano intorno all’immensa sala.

Rimasi ferma davanti la vetro non so per quanto tempo, mentre Russell rimase seduto sulla sua sedia scomoda e non venne a dirmi nulla.

Due piccole lacrime mi scesero lente sul viso, cercai di sorridere infondo erano le mie prime due lacrime di gioia e non di dolore.

Mi sentii improvvisamente baciare dietro il collo….

“Che cosa hai?”mi domandò Russell, con la voce che gli tremava leggermente.

Mi girai verso di lui con una sconnessione di pensieri..

“Queste lacrime?”mi domandò ancora, passandomi un dito vicino agli occhi.

“Sto bene.”gli risposi, girandomi e appoggiando la fronte sul vetro.

“Vieni a sederti….ci stanno guardando tutti”mi disse, sorridendomi e guardandosi intorno.

Lo seguii al tavolo, con nessun affidamento nelle mie prossime parole.

Rimanemmo a guardarci negli occhi per alcuni minuti, mentre delle voci stridule si avvicinavano al nostro tavolo….

“Piacere, credo che stasera staremo insieme!”ci disse, una delle voci.

Alzai gli occhi per guardare, davanti a noi c’erano due donne molto eleganti accompagnate da due uomini raffinati. L’imbarazzo era tanto e non era facile stringere le loro mani, mentre avevamo le nostre ancora tremanti….

Eravamo ancora intrisi di sensazioni difficili da scrollarsi da dosso.

Mentre si accomodavano a sedersi  guardai Russell negli occhi, volevo sentirmi ancora una volta quella saetta penetrarmi dentro il cuore.

Un cameriere con la divisa da somelier, ci versò nei bicchieri un pregiato Brunello di Montalcino..

Mentre altri camerieri con i guanti bianchi, passavano con i vassoi pieni di delizioso risotto allo champagne.

Notai che sul viso di  Russell, un misto di dolcezza e di selvaggio  traspariva dal suo modo di mangiare, lo seguii attentamente portasi con la forchetta il riso alla bocca, lo guardai attentamente per tutta la cena, mescolare sapientemente l’agrodolce con il salato, il pesce con il pollo, le carni rosse  e bianche….in un crescendo di colori e gusti diversi,una vera orgia romana pensai.

Io quasi dimenticai di mangiare, mentre abbassavo gli occhi verso l’ultima portata oramai fredda.

“Ma tu ci metti sempre così tanto a mangiare? mi domandò Russell, inclinando la testa verso il mio viso e  finendo di leccarsi la forchetta.

“Di solito no…ma tu mi distrai..”gli risposi ,impugnando una delle tante forchette di argento che affollavano il tavolo.

“Sono una distrazione per te?”mi disse, giocarellando con le dita sul bordo del bicchiere di cristallo.

“Si, una piacevole distrazione…..”gli risposi, mandando giù un sorso di vino rosso.

La serata passò molto piacevolmente, tra antipasti sublimi e primi piatti d' assoluta raffinatezza il tutto accompagnato da fiumi di pregiati vini.

“Al dolce non ci rinuncio”dissi a Russell, mandando giù l’ultimo goccio di profumato mirto.

Mi voltai a guardare verso un tavolo lontano, cercai di mettere a fuoco i visi di Elena e Fabrizio vicini alla bellissima torta che trepidamente, stava aspettando di essere tagliata.

Il coltello d' argento, luccicava nelle loro mani..

Nel frattempo mi voltai lentamente verso la ragazza, che per tutta la sera ci aveva deliziato con la sua dolcissima voce era intenta a suonare una bellissima canzone….di Francesco De Gregori, “Pezzi di vetro”.

Mi persi in quelle parole…..

Un chiassoso applauso, mi fece rinsavire improvvisamente la mente.

Al grido di viva gli sposi e bacio, bacio mi voltai a guardare verso Elena e Fabrizio, che  si baciavano appassionatamente vicini alla torta, divisa oramai in tanti piccoli pezzi.

La musica continuava ad accarezzarmi l’anima, mentre sentii improvvisamente le mani di Russell prendermi per la vita.

“Che ne dici di un ballo?”mi disse, inclinando la testa verso il mio viso.

Ci avviammo verso il giardino, senza mai smettere di guardarci negli occhi…

Avvicinò lentamente il suo possente corpo al mio e mi passò la mano dietro la schiena.

 Eravamo drammaticamente vicini, cercavo di respirare meglio che potessi ma avevo il cuore che mi batteva in modo irregolare.

Si muoveva così bene, pensai…

Sentivo la sua barba accarezzarmi il viso e le sue labbra sfiorarmi l’orecchio.

Mentre continuava a stringermi sempre di più, sentii all’improvviso il mio corpo frantumarsi in miliardi di pezzi, come in un esplosione.

Mi girai per un istante a guardare la luna versare la sua luce, nella piccola fontana del giardino…

e sentii per un momento allentare la sua presa..

“Resta con me questa notte Lisa..”mi disse, sussurrandomi piano nell’orecchio.

Incominciai a tremare incontrollabilmente, mentre il mio respiro si faceva sempre più rapido.

Sperai di riuscire a trovare in qualche piccolo spazio della mia mente ancora qualche parola sensata.

Ma non c’era più nulla di sensato in me…

Ero persa in quegli occhi rubati al cielo e in quelle mani, che mi stringevano la vita come una morsa…

Sentivo il calore del suo corpo spandersi sul mio e cercai di lottare inutilmente, con le mie incertezze.

“Cosa dovevo rispondergli..?”continuavo a chiedermi, lo sentivo tormentarmi le labbra, mentre le sue mani erano sempre più ansiose di scorrere sulla mia pelle calda…

 “Resta con me ti prego Lisa, ho bisogno di te…”mi disse, ansimando con la voce.

“Non posso”gli dissi in un attimo di coraggio, mentre cercavo di spostare la  mia testa dal suo viso.

“La senti questa corrente che ci attraversa Lisa?”mi disse, accarezzandomi le spalle nude.

“Dobbiamo farla sfogare a terra, altrimenti ci farà del male”mi disse, con una voce calda e sensuale.

“Ti prego lasciami andare…”gli risposi improvvisamente, rabbrividendo a quel distacco.

Sentii ancora di più le sue mani stringermi e poi salire piano, piano verso il mio seno….

Respirai con forza.

“Lo vuoi anche tu Lisa lo sento, siamo fatti l’uno per l’altra”mi disse, sfiorandomi piano i capezzoli con le dita, sopra la stoffa leggera del vestito.

 Cercai di soffocare i miei respiri, mentre mi sentivo trascinare via dal giardino….

“Dove stiamo andando?”gli domandai, avvolta nella confusione…

“Vieni con me…”mi rispose, con voce seria.

Mentre lo seguivo confusa, sentii ancora penetrarmi nella testa, alcune parole della canzone di Francesco  De Gregori…..

 

“Ti potresti innamorare di lui, o forse sei già innamorata di lui…….

E non hai capito ancora come mai gli hai lasciato in un minuto tutto quel che hai…”

 

“Ma dove state andando così di corsa?” ci domandò all’improvviso Elena, fermandosi davanti a noi con le braccia aperte per non farci passare…

Io e Russell ci guardammo un attimo negli occhi, per riuscire a stemperare l’imbarazzo della nostra evidente fuga..

“Ma non lo sapete che adesso c’è il lancio del mio bouquet?..”ci disse Elena, con voce emozionata.

“Allora Russell, ti rubo per un attimo Lisa…..lei deve assolutamente esserci”gli disse, prendendomi sottobraccio e trascinandomi via …

Russell rimase fermo a guardarci camminare verso il giardino della villa, con un viso perplesso.

“Non vorrai restare tutto solo lì davanti all’entrata,dai vieni”gli disse Elena, voltandosi verso di lui e avvicinandogli la mano.

Il giardino era invaso da bellissime rose blu, riuscii per un istante a guardami intorno ero circondata da tante donne con le mani ben alzate, per ricevere il tanto sospirato bouquet…

Guardai Russell seduto su una poltroncina in vimini in un angolo del giardino, completamente rilassato ed intento a non perdersi lo spettacolo…

Elena si allontanò un po’, impugnò bene il suo bouquet con le mani e al grido di buona fortuna a tutte, lo lanciò all’indietro verso di  noi.

Nella confusione più totale, mi ritrovai circondata di mani ansiose che continuavano ad agitarsi sopra le mie …

Sorrisi, quando abbassando gli occhi notai che il boquet di rose cespugliate, era nelle mie mani..

Rimasi ferma al centro del giardino, mentre guardavo Elena avvicinarsi a me di corsa.

“Lisa, speravo tanto che fossi tu a prenderlo”mi disse, abbracciandomi forte.

Gli sorrisi ancora circondata dalla confusione, di grida di gioia  miste a  quelle di delusione..

Guardai per un istante Russell, era ancora seduto e mi guardava sorridendomi lentamente.

“Allora la prossima sei tu Lisa”mi disse la mamma di Elena, con una voce molto delicata.

Le regalai un immenso sorriso, era l’unica cosa che le mie labbra erano in grado di comunicarle le parole quelle, erano come paralizzate nella mia mente.

“E adesso ci vuole un bel brindisi, avanti tutte al tavolo a bere!”ci disse Elena, avviandosi verso l’interno del ristorante.

Non riuscivo più a contare i bicchieri di champagne che stavo bevendo e che avevo già bevuto, ogni volta che il livello del bicchiere si abbassava, Elena provvedeva ad aumentarlo …

Oramai avevo perso ogni lucidità e l’effetto dell’alcool era elettrizzante.

Mi sentii improvvisamente tutti gli occhi degli invitati addosso, compresi quelli di Russell.

Ma i suoi erano stranamente più vicini…

“Dovrei essere io a bere così e non tu”mi sentii sussurrare all’orecchio.

Mi voltai verso di lui…

“Ahhh! ma sei qui…”gli dissi con un tono sorpreso della voce.

“Non ti reggi in piedi Lisa, vieni con me ti porto al bagno a rinfrescarti”mi disse, prendendomi il bicchiere dalla mano e afferrandomi per il braccio.

“Non ho bisogno del bagno e poi c’è la faccio da sola”gli risposi, divincolandomi con movimenti bruschi dal suo braccio e controllando la voce che mi tremava…

“No che non c’è la fai, avanti prendimi la mano”mi disse ancora, avvicinandosi a me.

“E va bene, ma ci vengo solo ad un patto”gli dissi, lasciandomi andare su di lui con un abbraccio.

“Quale patto?”mi domandò sorreggendomi per non cadere.

“Che tu mi offra un altro bicchiere di champagne!”gli risposi, passandomi una mano sulla fronte.

Russell non mi rispose, mi passò un braccio intorno alla vita e mi trascinò verso i bagni della villa.

“Russell, anche tu con Lisa?” gli disse all’improvviso Fabrizio, incrociandolo con Elena in braccio..

“Fammi indovinare…tutte e due sbronze?”gli domandò Russell, con un sorriso sornione.

“Ancora non lo sanno che l’alcool, non è roba per donne”gli rispose Fabrizio, sussultando Elena tra le braccia.

“La porto al bagno, un pò d' acqua fredda è quello che ci vuole!gli disse Russell, mentre mi stringeva le spalle.

“Io la porto in camera, gli ospiti capiranno! gli disse Fabrizio strizzandogli un occhio.

“Mmmm, ma dove stiamo andando…?”gli domandai ,continuando a ciondolare con la testa.

“A rinfrescarti il viso…è quello di cui hai bisogno”mi rispose, con una voce vibrante.

“Mi scusi ma i bagni del piano terra, sono tutti occupati signore..” disse un cameriere, con voce molto gentile a Russell che cercava di bussare alla porta del bagno inutilmente..

“La ringrazio”gli rispose Russell, voltandosi si scatto e afferrandomi per la vita…

“Ti porto a quello della mia camera, c’è la fai a salire le scale?”mi domandò, con una voce che continuava a rimbombarmi nella testa.

“Mmmm, non credo…”gli risposi, con una persistente nausea…

Mi sentii prendere improvvisamente in braccio, le sue mani forti sfiorarmi le gambe scoperte dal vestito..

Avvicinai la mia bocca verso il suo orecchio, mentre con la lingua cercavo di esplorare il suo interno…

Un brivido mi percorse la schiena e la testa oramai ovattata dallo champagne..

Russell sospirò forte e si voltò con la testa verso il mio viso…

“Che cosa stai facendo?”mi domandò, in tono tranquillo.

“Ti sto leccando, non la senti la mia lingua?”gli risposi, lanciando un gridolino con voce incerta..

Russell mi guardò intensamente negli occhi ..

“Sei partita con la testa”mi disse, con un tono serio della voce.

“Ehi, fermati, fermati mi sento male!…”gli dissi improvvisamente, mentre lo sentivo aprire la porta della stanza.

Russell accese velocemente la luce e mi adagiò sul letto, con molta delicatezza..

“Aspettami qui, vado a prenderti un po’ di acqua”mi disse, con un tono della voce più morbido.

“Ti avevo detto di aspettarmi..”mi disse, cercando di portarmi fuori dal bagno.

“Ho cambiato idea, ora sto bene mi è passato”gli risposi, mentre mandavo giù il bicchiere colmo d' acqua fresca..

“E’ carina la tua camera Russell”gli dissi, con la voce e i pensieri ancora scollegati fra loro..

Mi persi con lo sguardo verso il  letto, era  di un delicato color lavanda che si sposava deliziosamente con l’oro degli intagli in legno, tutto intorno era circondato da morbidi drappeggi delle cortine candide… a far da comodini due tavolinetti in ferro battuto ridipinti riprendendo le sfumature del letto, mentre per terra il pavimento era in vecchio cotto  e sulle pareti  scorrevano delle meravigliose scene dell’antica  Roma, il soffitto invece era un cielo percorso da nuvolette bianche…

Lui si guardò in giro e mi sorrise…

“Sai Russell, ci ho pensato su un po’ e credo che tu abbia ragione, io e te dovremmo fare l’amore..!”gli dissi, senza rendermi assolutamente conto di quello che mi stava uscendo dalla bocca.

Russell mi guardò perplesso…

“Davvero Lisa?”mi domandò, venendomi più vicino e sfiorandomi la stoffa del vestito..

“Decisamente”gli risposi, mentre cercavo di slacciargli i bottoni della sua camicia celeste.

“Fermati Lisa, non così…”mi disse, bloccandomi di colpo le mani.

“Cosa c’è, non è questo quello che mi hai chiesto, mentre ballavamo in giardino?”gli domandai, con qualche pensiero lucido nella mente.

“Si ma non in queste condizioni, sei sbronza Lisa, completamente sbronza”mi rispose riallacciandosi ad uno, ad uno i bottoni della camicia.

Mi voltai verso il letto e raccolsi lo scialle che mi era scivolato…prima.

“Dove stai andando adesso?”mi domandò, afferrandomi per il braccio.

Lo guardai con gli occhi assenti..

“Me ne vado a casa…”gli risposi, girandomi verso la porta..

“In queste condizioni, non vai da nessuna parte”mi disse, stringendomi sempre di più il braccio.

“E invece si” gli dissi, cercando di ruotare la maniglia di ottone.

“ Sei più testarda di un mulo”mi rispose, aiutandomi ad aprire la porta.

“E tu dove vai?”gli domandai, fulminandolo con lo sguardo..

“Con te Lisa, ti accompagno a casa”mi rispose,chiudendosi la porta alle spalle.

“Non ho bisogno che tu mi faccia da balia, sono in grado di tornare a casa da sola”gli dissi, con un tono di voce impertinente.

“Non questa sera Lisa, non sei in grado di guidare e poi non hai la macchina!”mi disse, accennando un sorriso aspro.

“Dio, era vero la macchina l’avevo lasciata accanto alla chiesa…” pensai improvvisamente, incamminandoci verso le scale.

Mi strinsi nelle spalle e cercai di scendere molto lentamente i gradini..

“Dammi la mano”mi disse, all’improvviso Russell..

“Non ho bisogno della tua mano, riesco a stare in piedi perfettamente”gli risposi, cercando di tenere ferme le gambe che mi tremavano.

“Ma la vuoi smettere di dire tutte queste stronzate e di fare la super donna?”mi disse, afferrandomi la mano con forza.

“Ehi, signor stronzate..”gli risposi, con un tono di voce tagliente.

Si fermò di colpo sulle scale…

“Senti mi dispiace,solo non capisco il tuo comportamento…hai bevuto, sei sbronza, non ti arreggi in piedi, perché non vuoi ammetterlo!”mi disse con un sorrisetto amaro.

La sua voce mi suonò aspra….

Cercai di non aggiungere altre parole, volevo solo tornarmene a casa il più presto possibile.

Camminammo in completo silenzio, verso la macchina..

Prima di lasciare la villa avevamo cercato di salutare Elena e Fabrizio, ma la mamma di Elena ci disse, che erano andati su in camera e che Elena aveva bevuto un po’ troppo.

 La salutammo con un flebile sorriso, mentre ci porgeva le due bomboniere…

Arrivammo verso la chiesa, dove era stato celebrato il matrimonio..

Guardai la mia micra rossa parcheggiata vicino a due motorini e sospirai…

Ero talmente esausta, che non sarei riuscita a riportarla a casa con me, pensai.

“Non ti preoccupare per la macchina Russell, domani vengo a riprendermela” gli dissi, mentre lo guardai fermare la macchina e interrogarmi con lo sguardo..

“Se vuoi posso farlo io..”mi disse, sfilandosi una sigaretta dal taschino della giacca.

“Ma se non ti ricordi la via..”gli risposi, rannicchiando le gambe sul sedile.

“Questa chiesa non la dimentico”mi disse, buttando fuori il fumo della sigaretta.

Lo guardai teneramente, mentre cercavo di non rabbrividire.

“Allora va bene, ti lascio l’indirizzo sia della chiesa che della mia casa.. “gli dissi, tirando fuori dalla borsetta, una penna e un  piccolo foglietto spiegazzato..

Mi sorrise…

“Io ti porto la macchina e tu mi fai vedere il colosseo!”mi disse, all’improvviso sorridendomi dolcemente.

Lo fissai pensierosa…

Mi vennero alla mente, tutti gli impegni di lavoro che dovevo affrontare domani…

Due collezioni di moda donna ancora da finire e quell’appuntamento verso le dieci con il capo stilisti ,della ditta Dionisi.

No  non potevo dirgli di si, anche se lo desideravo tantissimo…

“Mi dispiace Russell, ma domani non posso, ho del lavoro da sbrigare…”gli risposi, con un sorriso che mi moriva velocemente sulle labbra…

Mi guardò sfregandosi le mani sulla barba…

“Non puoi neanche fare uno strappo alla regola?”mi domandò, con voce calda..

Sospirai  stringendomi nelle spalle, ma si pensai tra me, domani infondo in ufficio c’e Carla che può prendere il mio posto e poi mi deve un favore…

Sorrisi a quel pensiero…

“E va bene, però promettimi che passerai a prendermi con la mia macchina non più tardi delle nove..”gli risposi, con un tono ironico della voce.

“Salvo imprevisti…!”mi disse, con uno sguardo obliquo.

“Quali imprevisti?”gli domandai, mentre m'infilavo le scarpe…

“Metti che non riesco, a far partire la tua macchina?”mi rispose, allargando piano, piano il suo dolce sorriso. “Impossibile…”gli dissi respirando un leggero alito di vento, che era penetrato dal finestrino aperto…

“D’accordo allora alle nove…”mi disse, fermando la macchina vicino al portone di casa.

“Allora a domani”gli risposi, scendendo dalla macchina.

“Lisa” mi sussurrò all’improvviso..

Mi voltai di scatto..

“Si?”gli risposi, con un filo di voce…

“No niente…Buona notte”mi disse, abbassando gli occhi sul volante.

“Buona notte Russell”gli risposi, richiudendo insieme allo sportello della macchina il mio cuore.

Socchiusi gli occhi, e mi sentii avvolgere le spalle dal vento fresco…

Russell ripartì veloce…

Lo guardai allontanarsi mentre, rovistavo le mani all’interno della borsetta.

Tirai fuori le chiavi, ed aprii lentamente il possente portone di legno..

Buttai lo scialle e la borsa sulla poltrona di velluto blu e guardai Tecla la mia gatta, venirmi incontro miagolando e avvolgendo in modo ruffiano la sua coda alle mie gambe.

Presi un po’ di latte dal frigo e gliene versai un pò nella sua ciotola a forma di pesce..

Mi sentii improvvisamente addosso un vortice di confusione, mi buttai di corsa sul letto e cercai con le poche forze che mi sentivo dentro, di cancellare alcuni strani pensieri che continuavano a galleggiarmi nella mente. Ma avevo la testa che mi faceva male e un persistente senso di nausea che mi saliva verso la gola…

Fuori aveva incominciato improvvisamente a piovere, sentii l’umidità penetrarmi l’anima.

Cercai di guardare tra le nuvole alcune delle stelle che fino a poche ore fa popolavano il cielo, pensai distrattamente, ad una poesia che avevo letto…..

 

 “Se io avessi un leggenda tutta scritta direi che questo tempo che ci sfiora ci appartiene da sempre. Ma non sono che una donna tra mille e centomila ma non sei  che un uomo portato dal vento e un mese dona e un altro ci saccheggia. Sei un uomo che oggi tiene una naufraga impaziente dimmi tu sei scoglio o continente?”[ii]

 

 Mi persi con la mente a quelle parole, mentre illuminata a vista da uno spicchio di luna, mi lasciai andare lentamente nel sonno.

Mi svegliai con un piccolo spiraglio di luce riflessa, che mi forzava violentemente gli occhi socchiusi, mi guardai un pò intorno cercando di non smuovere troppo velocemente la testa, i vestiti erano sparsi ovunque, notai Tecla giocare con la mia borsetta di corda..

Provai a riordinare tutti i miei pensieri ma li sentivo girare furiosamente nella mia mente, allungai una mano e cercai disperatamente la sveglia multicolori sul comodino…avevo bisogno di un rumore, uno qualsiasi per tornare alla realtà.

Fuori solo silenzio…

Mi alzai dal letto cercando di non barcollare troppo, feci  un passo dopo l’altro e mi sentii stranamente leggera mentre cercavo, di trascinarmi fuori dalla stanza.

Arrivata in cucina mi accorsi che Laura era già uscita, vivevo insieme a lei oramai da quasi cinque anni ma ci conoscevamo da una vita, notai che aveva lasciato alcuni appunti sul tavolo ed una tazza di latte ancora piena  pensai al suo viso e misi il caffè sul fuoco.

Mi avvicinai alla finestra a guardare le nuvole giocare a rincorrersi nel cielo, notai all’improvviso Russell parcheggiare la mia micra rossa, vicino al portone di casa.

Una forte agitazione si impossessò di me, spostai velocemente gli occhi verso l’orologio appeso al muro…

 “Le nove e dieci!”urlai, in preda all’ansia.

Mi precipitai di corsa verso il bagno, mentre sentii il caffè uscire inesorabilmente di fuori.

Improvvisamente il trillo del campanello, mi affondò nelle orecchie..

Cercai di respirare a fondo e mi incamminai, molto lentamente ad aprire la porta.

“Buongiorno”mi disse Russell, con un sorriso che mi illuminava gli occhi, come un raggio di sole.

“Ciao!”gli risposi, cercando di coprirmi le gambe con il sopra del pigiama.

“Bè non mi fai entrare?”mi domandò, con voce ironica.

“Oh, ma certo scusami..”gli risposi, ancora imbambolata a guardarlo.

Era bellissimo, indossava una camicetta nera con le maniche arrotolate a metà braccia e dei jeans vissuti.

“Mmmmm caffè?”mi domandò, seguendo l’odore che portava verso la cucina.

“Si, ne vuoi un po’?” gli risposi, richiudendo la porta.

“Perché no…il caffè insieme ad un bacio non si rifiuta mai”mi disse, appoggiando dolcemente le sue labbra alle mie…

“E adesso il caffè”mi disse, allontanandosi piano da me.

Io rimasi incantata a guardarlo bere così piacevolmente persa con la testa, a  quel bacio.

Aveva la capacità di farmi sentire impotente come una bambina, ogni volta che fermava i suoi occhi nei miei, mi sentivo sciogliere piano piano come cera al sole.

E ogni volta che sentivo scorrere le sue mani sulla mia pelle, il mio sangue si diluiva a tal punto da poter schizzare ad altissima velocità dal cuore alla testa.

Ancora persa a quei pensieri, lo guardai con gli occhi completamente annebbiati, avvicinarsi a me lentamente.

“Non vai a vestirti?”mi domandò, sussurrandomi piano vicino alla bocca.

Una furiosa vertigine mi spinse improvvisamente, verso il suo viso…

Ci ritrovammo così talmente vicini, da poter contare i nostri accelerati battiti del cuore.

Mentre sentivo dalla voce di Russell le sue  parole, appena sussurrate..

“ Ricordi Lisa…dimentica, dimentica chi sei…”mi sussurrò, respirandomi affannosamente sul collo.

Di nuovo un’altra vertigine mi raggiunse violentemente…

“Take me for your man and give me all the keys to all your fears….

Creep close to me. I mean no harm, my darling..let me make you warm.”[iii] Mi disse, con un forte accento australiano e stringendomi forte al suo possente corpo.

“Le conosci queste parole?”mi domandò, guardandomi intensamente negli occhi.

“No..”gli risposi, respirando con fatica.

“Sono di una poetessa che come me è nata in  Nuova Zelanda.”mi disse, con un soffio di voce.

Gli sorrisi cercando di far scorrere il mio sguardo, verso le sue mani.

“Adoro le sue poesie e i suoi racconti…è cosi abile nel tracciare i ritratti femminili..”mi disse, parlando molto lentamente e gesticolando leggermente.

Riamasi ferma a guardare le sue labbra muoversi, mentre continuavano a galleggiarmi nella mente quelle bellissime parole….

Guardai distrattamente l’orologio, mi accorsi che erano quasi le dieci.

“Vado a vestirmi..”gli dissi, interrompendo quel momento magico mentre movendomi, mi sentii mancare improvvisamente le ginocchia.

“Ok!”mi rispose, girandosi a guardare fuori dalla finestra.

Mi immersi sotto la doccia sentivo l’acqua scivolarmi lentamente sulla pelle, e mi lasciai cullare per alcuni minuti dal dolce profumo del bagnoschiuma alla rosa e dalla luce tremolante delle candele..

Si era fatto davvero tardi pensai, mentre uscendo dalla doccia diedi un’ altro fugace sguardo all’orologio a forma di farfalla , che avevo appeso al muro.

Incomincia velocemente a rovistare nel mio guardaroba, tirando fuori cose di cui fino ad allora ne avevo ignorato l’esistenza, poi cercai di sbrigarmi scegliendo un paio di jeans ed una maglietta nera… pratica, mi dissi piano nella mente.

Mi pettinai altre tanto velocemente, lasciandomi i capelli sciolti sulle spalle feci una veloce telefonata in ufficio e chiesi a Carla di occuparsi lei di tutto..

“Sono pronta”gli dissi, riagganciando la cornetta del telefono e prendendo le chiavi da una piccola ciotolina con la simpatica forma di una mucca.

Carla mi aveva interrogato attentamente sulla mia fuga dagli impegni lavorativi, ma avevo promesso a me stessa di non dirle nulla, non volevo che le chiacchiere delle mie colleghe mi avvolgessero come una corda intorno al collo, al mio rientro in ufficio.

“Guido io” gli dissi, scacciando dalla testa quei pensieri e precipitandomi alla macchina..

Russell mi guardò dritto negli occhi..

“Allora destinazione colosseo?”gli domandai, ruotando le chiavi per metterla in moto.

Mi rispose di sì, con un solo gesto della testa.

Il traffico mi rallentava la guida…

Alzai gli occhi dalla strada e mi voltai a guardare per un istante Rusell, perso con gli occhi sulle bellezze di Roma…

Cercai di seguire il suo sguardo che ogni tanto, sfiorava il mio.

Parlami Russell pensai tra me, parlami ancora …crea per me le tue migliori parole.

Ho bisogno di sentire la tua voce che mi accarezza la pelle, ho bisogno dei tuoi pensieri, delle tue domande, e delle tue risposte…..

Sarei stata in grado di aspettare la sua voce in silenzio, per secoli d' oscurità.

Cercai di ricordare la sbronza  che ieri sera mi aveva trasformata in un'altra persona, mi tornarono in mente le parole che avevo detto a Russell, mentre eravamo in camera sua.

“Sai Russell, ci ho pensato su un po’ e credo che tu abbia ragione, io e te dovremmo fare l’amore..!”

Il cuore non mi giocava spesso di questi scherzi…pensai tra me.

Ma ieri sera avevo la mente inebriata dall’alcool e gli occhi di Russell che mi penetravano ad ogni movimento, non riuscii ad essere lucida e forse neanche ci provai abbastanza.

Respirai a lungo guardando il cielo azzurro scorrere sopra di noi, aspettai ancora un po’ le parole di Russell, poi decisi di far uscire le mie.

“Russell, devo parlarti di ieri…”gli dissi, con le mani che stringevano forte il volante.

Russell si girò di scatto verso il mio viso..

“Bella serata vero Lisa?”mi rispose, con un tono basso della voce.

Lo guardai smuovere le mani, nella tasca della giacca.

“Volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto mentre eravamo in camera, non avrei dovuto” gli dissi, fermandomi al semaforo rosso.

“Non hai nulla di che scusarti o giustificarti Lisa, e poi te lo avevo chiesto prima io..”mi rispose, accendendosi una sigaretta.

Gli sorrisi con lo sguardo, che si perdeva verso il punto più azzurro del cielo..

La pioggia che era caduta durante la notte, aveva dipinto come una pennellata di acquarello tutto quello che ci circondava, rendendo i monumenti che ci scorrevano davanti come sfumati…

Il colosseo era finalmente nei nostri occhi  in tutta la sua imperiosa bellezza, parcheggiai la macchina vicino ad una colonna di pini mentre guardai Russell, avvicinarsi velocemente verso il monumento..

“E’ bellissimo”mi disse, con gli occhi pieni di luce.

Lo guardai sorridere come un ragazzino era così dolce, così eccitato da quello che stava vedendo, così preso da tutto quello che lo circondava.

Rimanemmo sospesi per alcuni minuti a quella prospettiva che ci dilatava piano piano, piano gli occhi ed il cuore.

Lo spazio sembrava richiudersi sopra di noi, mentre i colori e gli odori di Roma, si mescolavano assieme hai nostri sensi…

“Parlami di lui”mi disse, con una forte vibrazione della voce.

Respirai a fondo e cercai di trovare le parole…

“Allora questa bellezza che ti avvolge gli occhi, si chiama “Anfiteatro Flavio” ed a uno stile scultoreo, raffinato e pittoresco..”gli risposi, cercando di far scorrere la mia mente al vecchio libro di storia dell’arte che oramai giaceva completamente in disuso, in un angolo della mia biblioteca.

“Nella capitale dell’impero, c’era l’uso di frequentare spettacoli pubblici, e con il tempo divenne quasi un obbligo al quale non osavano sottrarsi gli intellettuali…come Seneca che sembrava soffrisse particolarmente nel  veder combattere i gladiatori…”gli dissi ancora, camminando faticosamente  sugli irregolari sampietrini.

Mi voltai verso gli occhi attenti di Russell, notai che mi stava guardando intensamente mentre una risata  gli si allargava piano, piano sulle labbra.

“Perché stai ridendo?”gli domandai, scalciando un piccolo sassolino..

“Perché ripensavo ad un sogno che faccio ogni tanto”mi rispose, smorzando il suo sorriso..

“Raccontamelo”gli chiesi, passandomi una mano tra i capelli..

“Sogno spesso di essere un gladiatore..che combatte qui nell’arena”mi disse, con un fuoco negli occhi.

“Un gladiatore …Mmh, molto interessante!”gli risposi, con una strana luce che mi illuminava il sorriso.

“Perché quell’Mmh?”mi domandò, inclinando la testa..

“Mi sembra di vederti vestito da antico gladiatore e la cosa mi elettrizza..t' immagino con quella sensuale tunica, che lascia vedere completamente le tue gambe e poi…”

“E poi…..magari dopo un ardua battaglia, me vado tutto sporco di sabbia alla ricerca di un’ antica Romana …

“Perché no…..un 'antica Romana vestita solo di un velo sottilissimo…”gli sussurrai, piano nell’orecchio.

“Che poi si toglierà per pulirmi?”mi rispose, soffiandomi tra i capelli.

“Lo sai che il velo si appiccica sul corpo come una seconda pelle?gli dissi, sospirando tra le parole…

“Non conosco certe proprietà delle stoffe, sono completamente ignorante in materia ma potresti dimostrami dal vero come si appiccica, sono molto interessato….”mi rispose, passandosi la lingua sulle labbra.

Rimasi ferma a guardarlo ….non avevo nessuna intenzione di fermare con le parole, quel suo gesto sensuale.

“Senti Lisa, che ne dici se ci sediamo un pò in quel pratino laggiù.?.”mi domandò, passandomi una mano dietro la schiena.

Ci avviammo verso il piccolo giardinetto dove, alcuni gatti rossi se ne stavano rannicchiati…

Russell si fermò ad accarezzarne uno.

“Adoro i gatti Lisa, sono animali così affascinanti e misteriosi e poi mi piacciono perché sono completamente indipendenti…”mi disse, lasciando scorrere le sue mani sull’animale.

“Anch’io lì amo…”gli risposi, prendendone uno in braccio.

L’aria era frizzante, ed ogni tanto ce ne arrivavano delle folate insieme al profumo dell’alloro …

“Cosa c’è qui?”mi domandò Russell, guardandosi intorno e facendo roteare un dito.

“I Fori Imperiali…”gli risposi, accennandogli un timido sorriso.

“Portami a vederli..”mi disse, alzandosi di scatto.

Camminavamo abbracciati verso i Fori, mentre lasciavamo che le nostre parole, si cullassero dolcemente nelle nostre menti..

Antichi ruderi Romani affioravano dalla terra mentre altri erano adagiati l’uno sopra l’altro, come vecchi stanchi di tutta una vita.

Sentivo le mani di Russell percorrermi la pelle nuda della schiena, le sentivo giocare con l’elastico del mio reggiseno mentre un violento brivido, mi percorreva dalla testa ai piedi..

Sospirai velocemente e sentii la sua voce mormorare piano, contro i miei capelli…

“E’ magico qui”mi disse, sfiorandomi con le labbra una guancia.

Respirai affannosamente…

“E’ questo come si chiama?” mi domandò, ruotando gli occhi incuriositi verso una parte di un  tempio.

“Questo è il tempio di Vesta..”Aedes Vestae”, se non ricordo male sembrerebbe che Numa Pompilio che era il re dei Romani, abbia costruito questo tempio di Vesta completamente rotondo avendo creduto che, della stessa forma fosse la terra  da cui dipendeva la vita degli uomini…”gli risposi, con gli occhi fissi ai suoi.

Mi sorrise..

“E’ affascinante quello che dici, mi piace farmi accarezzare le orecchie dalla tua voce..”mi disse, con uno sguardo dolcissimo.

“Senti Lisa, che ne dici se andiamo a mangiarci qualcosa?”mi domandò, prendendomi per mano e trascinandomi via…

“Qui intorno c’è un delizioso ristorantino se ti va, possiamo mangiare lì..”gli risposi, appoggiandomi a lui.

“Sei tu la mia guida turistica, mi fido dei tuoi consigli…”mi disse, baciandomi teneramente una mano.

Ci avviammo verso il ristorante “La sosta degli angeli,” che si trovava  proprio di fronte al colosseo.

“Splendido panorama…”mi disse Russell, appoggiando le mani sulla piccola ringhiera bianca.

Sopra i tavoli facevano capolino dei deliziosi vasetti di porcellana bianca, impreziositi con disegni di delicate roselline rosse.

Il vento giocava con i nostri capelli,  mentre rimasi incantata dai suoi movimenti.

Aveva incominciato a tormentare una sigaretta, non ancora accesa tra le labbra..

I suoi occhi erano del colore del cielo notai che mentre mi guardava, alcune nuvole li stavano  attraversando.

Le sue mani s' intrecciavano con i ricami della tovaglietta bianca, mentre continuava a girare lo sguardo verso il Colosseo…

“Di guardarlo non ne ho mai abbastanza..”mi disse, togliendosi la sigaretta dalla bocca e posandola sul tavolo.

Gli sorrisi dolcemente….

Ci guardavamo mangiare a vicenda, tagliavamo il cibo in tanti piccolissimi pezzi e con la forchetta li mettevamo in bocca molto lentamente e poi continuavamo a guardarci intensamente negli occhi, mentre ci passavamo il vino dalle mani eravamo così presi l’uno dall’altra che le parole, sembravano inutili…

“E non mi stanco mai di guardare te Lisa” mi disse all’improvviso, avvicinandosi.

Povero mio cuore soffocato, pensai tra me rimanendo ferma di fronte a quelle parole che avevano ridotto i miei pensieri, ad un muto silenzio…

Cercavo di calmare il mio respiro ma lo sentivo accelerare sempre di più verso i suoi occhi, che mi scrutavano con meraviglia..

“Tra due giorni parto Lisa!”mi sentii dire improvvisamente, mentre guardai il bicchiere colmo d’acqua scivolarmi rovinosamente dalle mani.

Alzai gli occhi verso quelli di Russell, le sue mani si muovevano con fatica…e la sua bocca era serrata da una smorfia.

Non capivo non volevo capire era così in giusto il tempo con noi, mentre sapevo benissimo che prima o poi sarebbe successo che mi avrebbe detto quelle due parole, che sarebbe finito tutto non dovevo sperare, non dovevo, non dovevo…continuai a ripetermi nella mente..

“Dimmi qualcosa Lisa”mi disse Russell, con le mani piene di frammenti di vetro..

“ Voglio portarti a vedere qualche altra meraviglia di Roma” gli dissi, con un tono freddo automatico della voce e con la mente che si sforzava, di non cedere al dolore....

Era tutto così difficile pensai, mentre sentivo le mie mani gelarsi piano.

All’improvviso il cielo si coprì di tante nuvole nere…e quando ci alzammo dal tavolo, incominciò a piovere.

Ringraziai quella pioggia che avrebbe nascosto le mie lacrime …

Le strade si allagarono in fretta pagammo velocemente il conto e altre tanto velocemente ci dirigemmo verso la macchina…

“Vieni da me questa sera Russell”gli dissi, mentre cercavo con gli occhi appannati dalle lacrime e con le mani che mi tremavano di infilare la chiave per partire..

Russell mi guardò teneramente e con un dito raccolse una lacrima …

“Perché stai piangendo Lisa?”mi domandò, avvicinandosi al mio viso e bloccando le mie mani sul volante..

“Non te ne andare ti prego…non così presto ho bisogno di stare ancora un pò con te”gli risposi, inclinando la testa verso la sua spalla e lasciando scorrere inesorabilmente le mie lacrime..

 

Russell alzò la testa verso il mio viso e con una mano, mi accarezzò.

Non aggiunse nessuna parole a quel gesto…

Ma avevo come la percezione che avesse capito, il mio bisogno di lui.

Mi chiese se poteva guidare, ed io glielo lasciai fare…

Di nuovo quel silenzio opprimente pensai, mentre lo guardavo girare il volante e infilarsi verso una delle tante stradine che ogni giorno percorrevo.

La mia casa ci fu subito di fronte con il suo simpatico prospetto e con quell’intonaco giallo canarino, che la distingueva dalle altre intorno.

Piccoli e flebili raggi di sole filtrarono da alcune nuvole nere, l’aria era senza movimento, guardai Russell parcheggiare la macchina vicino al portone di legno bianco, mentre i suoi occhi sprigionavano percettibili scintille azzurre miste al verde.

Entrammo in casa con passi felpati, Tecla ci venne incontro miagolando, un forte senso di vertigine mi avvolse fino alla gola, mentre sentivo arrivarmi prepotente l’odore delle rose bianche che Laura aveva messo sapientemente, in un vaso accanto alla finestra.

Russell era fermo vicino al camino il suo profilo risollevava i miei pesanti pensieri speravo che quel suo atroce silenzio nascondesse, qualcosa di leggero.

Ma nulla traspariva da quel mutismo, sentivo solo il mio cuore diminuire i suoi battiti per non dover morire e le mie parole sfumare piano, nei miei respiri.

“Hai sete Lisa?”mi domandò Russell, interrompendo il velo opaco che stava scendendo sui miei occhi. Ritornai velocemente con la testa a quelle parole, così tremendamente concrete e reali.

“Si ho sete”gli risposi, con le labbra arride come un deserto.

Russell  prese due bicchieri dalla dispensa e li riempii di acqua fresca..

Tecla ci gironzolò freneticamente tra le gambe…

In un istante il mio corpo aveva smesso di tremare, in un momento niente più freddo intorno a noi…Russell mi venne incontro, con le sue labbra ancora umide d' acqua.

Presi a respirare affannosamente mentre cercavo di mantenere in equilibrio, il bicchiere che stavo posando sul tavolo.

Uno sguardo senza nessuna parola, questo era quello che sapeva darmi, pensai cercando di ricomporre come in puzzle i pezzettini delle mie ultime consapevolezze.

Si avvicinò a me lentamente e passando le sue forti mani intorno alla mia vita, mi tirò verso di se con un gesto deciso e dolce insieme.

Fuori il tempo sembrava essersi fermato, non riuscivamo più a percepire la luce che filtrava dalle finestre le ore sembravano ferme, insieme ai minuti ed ai secondi..

Mi sentii i fianchi avvolti dalle sue mani che mi limitavano i movimenti, mentre mi tormentava la bocca con la sua barba soffice un bacio forte, penetrante e coinvolgente ci prese all’improvviso…

gli passai con forza una mano intorno al collo, cercando di affondare con ardito impeto la mia lingua nella sua bocca.

Russell inclinava la testa ad ogni mio movimento…

Fuori dalla finestra una luna ancora trasparente e complice, ci guardava incorniciata dall’ improvviso azzurro del cielo.

“Fai l’amore con me Russell, ti prego”gli dissi, mentre lo sentivo aderire al mio corpo.

Le mani mi tremavano, mentre cercavo di armeggiare con i bottoni della sua camicia i movimenti si fecero sempre più frenetici sentii le mani di Russell, stringere i miei seni.

Mi strusciai piano contro il suo corpo e gli accarezzai le spalle e il torace, fino a scendere verso le sue natiche sode.

All’improvviso ci ritrovammo nudi, vestiti solo da una miriade di brividi che c' increspavano la pelle…

“Lisa ti voglio”mi sussurrò, con voce strozzata dal desiderio.

Avvicinò le sue labbra alle mie e incominciò a baciarmi, dapprima lentamente e poi sempre con più crescente sensualità..sentivo la sua lingua giocherellare con la mia, mi lasciai sfuggire un gemito di piacere che subito venne soffocato da altri baci di fuoco che marchiavano la mia pelle, in ogni centimetro…

Sentivo la sua bocca calda scendere verso il mio seno e le sue mani stringermi da dietro, mi sollevò da terra e mi mise seduta su un mobile della cucina, lasciò che le mie gambe gli stringessero i fianchi e mi lasciò scivolare piano dentro di lui ci lasciammo andare ad un vortice di sensazioni inarrestabili, che durarono ore…

Rimanemmo a lungo nudi e abbracciati ed eravamo orami senza più forze, avevamo fame, sete, sonno e un gran bisogno di parlare, di guardarci negli occhi…c’ eravamo esplorati, sollecitati oltre i nostri limiti conosciuti.

Avevamo freddo e caldo in ogni più piccola parte dei nostri corpi, mentre con le punte delle dita provavamo ancora a scivolarci dentro..

“Stai scomoda Lisa?”mi chiese dolcemente Russell, mentre ci giravamo sul pavimento della cucina.

“No”gli risposi, premendo ancora di più il mio corpo verso il suo.

“ Ma non sento nessun dolore, se mi stringi ancora un pò a te..”gli dissi, con la voce da bambina che gioca..

Avevamo la fronte imperlata di sudore e i capelli ancora umidi dalla pioggia che ci aveva sorpresi all’improvviso…all’uscita del ristorante.

Ci addormentammo insieme, perduti e distesi su quel pavimento freddo che ci gelava la pelle nuda, ma che non arrivava a gelarci il cuore che nel frattempo bruciava ancora…

La notte scese piano sopra di noi e quando riaprimmo gli occhi , ci guardammo per alcuni minuti senza parlare.

Mi tirai su dal pavimento e mi misi seduta con le gambe incrociate, forse avevo bisogno di promesse pensai tra me, mentre sentivo Russell alzarsi..

Lo guardai andare verso il bagno era nudo e bellissimo, il suo corpo sembrava scolpito nel marmo..

Socchiusi gli occhi quando si girò improvvisamente verso di me.

“Lisa alzati, per questa sera abbiamo preso abbastanza freddo…”mi disse, afferrando i miei vestiti e lanciandomeli addosso.

Non ti vestire ti prego, pensai ancora nella mia testa, sarei rimasta per ore a guardarlo così…

Mi alzai lentamente mentre cercavo di non perdere l’equilibrio che, nel frattempo si era fatto molto precario. Aprii il frigo e ci guardai dentro, non c’era niente apparte una bottiglia di latte e qualche mela sparsa nel cassettino in basso..

Il rumore dell’acqua attirò improvvisamente la mia attenzione, Russell era sotto la doccia..

Mi incamminai piano verso il bagno, con addosso solo le mutandine e la maglietta che avevo infilato distrattamente a rovescio..

Entrai dentro ed una fitta nuvola di vapore, che mi appannò di colpo gli occhi.

Mi misi a sedere sul piccolo panchettino blu, accanto alla vasca….

Russell non aveva tirato la tendina e mi lasciò guardarlo insaponarsi lentamente in ogni angolo del suo meraviglioso corpo, guardavo la schiuma avvolgerlo completamente e l’acqua scendere piano sulla sua pelle chiara.

“Vieni qui!”mi disse, con un sorriso malizioso  e allungandomi una mano…

Inghiottii velocemente, mentre cercavo di togliermi la maglietta che mi aderiva al corpo come una seconda pelle.

Adesso eravamo tutte e due sotto quella pioggia di acqua mista a bagnoschiuma, che scendeva inesorabile  su di noi…

Sentivo le mani di Russell scivolare velocemente sulla mia pelle.

Mentre continuavamo a baciarci appassionatamente…

“Lisa mi fai impazzire”mi disse, con voce profonda e vibrante.

Mi strinsi al suo corpo ed alzai una gamba verso il suo bacino...

“Facciamolo così”gli chiesi, con voce supplichevole.

Ho puntato il mio piede verso la vasca e sorretta dalle sua braccia, mi sono buttata all’indietro con il bacino mentre, sentivo Russell muoversi dentro di me a ritmo frenetico..

L’acqua continuava a scendere regalandoci piccoli e preziosi brividi che, si mescolavano a quelli di piacere..

Ci guardammo prepotentemente negli occhi quando una seconda forte ondata di piacere, ci scosse violentemente.

Ci coricammo sul letto ancora bagnati e lasciammo uscire dalle nostre labbra, parole senza forme ne colori….

Vicini  persi con lo sguardo al soffitto e con i cuori che, ancora battevano all’unisono.

“Hai freddo Lisa?”mi chiese Russell, avvolgendomi con le sue mani calde.

“Un po..”gli riposi, alzando il mio viso verso il suo.

“Io ho fame”mi disse, baciandomi la fronte…

“Mmmm, hai ancora fame?”gli risposi facendo scorrere la mia mano verso il suo sesso…

“Lisa….di questo sono sazio, ho fame di cibo…”mi disse, fermandomi la mano.

Se ti accontenti di un po di latte e tre mele…gli dissi, alzandomi dal letto..

“Allora ti porto fuori…”mi sussurrò, tirandosi su e baciandomi le spalle.

All’improvviso il trillo del telefono ci fece sobbalzare…guardai Russell negli occhi, mentre cercavo di allungare una mano per rispondere….

“Pronto”dissi, con un filo di voce.

“Lisa!” mi rispose, una voce forte ..

“Ciao Carla, dimmi…”gli risposi, cercando di indovinare le sue domande.

“Lisa, scusami ma ti ho chiamato per sapere se domani vieni in ufficio, lo sai che hai quell’appuntamento…”

“Lo so Carla, ti prometto che domani verrò in ufficio…”gli dissi, interrompendola nel parlare.

“Lisa ho trovato una confezione di spaghetti..”mi sentii dire da Russell, che nel frattempo si era precipitato in cucina…

“Ahhhhh, adesso ho capito perché non sei venuta oggi, era questo l’impegno a cui non potevi rinunciare?”mi chiese Carla con voce ironica, sentendo la voce di Russell dal telefono.

“E se anche fosse?”gli risposi, sospirando forte.

“Senti ma com’è l’uomo carino?!”mi domandò, sentendo in sottofondo le starnazzanti voci delle altre colleghe…

“Non ti riguarda e poi non parlo di lui..”gli risposi, cercando di tagliare corto!

“E dai Lisa dicci almeno di dov’è?!”mi domandò, ridendo.

“E’ Australiano anzi no, Neo Zelandese..ti basta? anzi vi basta?”gli risposi, in un soffio.

“Mmmmm….allora avrà un corpo possente!…”mi chiese, con voce maliziosa..

“Carla, non parlo di lui….”gli risposi, sospirando per l’ennesima volta.

“Lisa come si cucinano questi?”mi domandò Russell all’improvviso, mentre lo guardai avvicinarsi a me con in mano un barattolo di pomodori e con addosso solo un asciugamano, che gli avvolgeva i fianchi..

Rimasi per un istante senza parole, con il telefono sospeso tra le mani e con i pensieri che si rincorrevano vertiginosamente nella testa..

“Lisa, Lisa”mi sentii, urlare forte dalla cornetta del telefono.

Ritornai con la mente alla voce squillante di Carla, mentre Russell mi stava ancora  fermo davanti.

Gli feci con un gesto con la mano, di aspettarmi in cucina…

Mi sorrise alzando un sopracciglio.

Sentii la voce di Carla arrivarmi di nuovo, prepotentemente alle orecchie…

“Lisa!!! Ma ci sei? “mi disse, ancora.

Mi sembrava che non ci fosse più tempo per darle delle spiegazioni, per dirle dei disegni e per quell’appuntamento di domani, che già da stasera cominciava a soffocarmi la gola.

“Carla ci vediamo domani!”le dissi, senza aggiungere altre parole.

“D’accordo ma voglio tutti i bozzetti sul mio tavolo!!buonanotte..”mi disse, sospirando.

“Buonanotte”aggiunsi, con la mente che correva già verso Russell…

Mi appoggiai alla porta della cucina, e lasciai scorrere i miei occhi sulle sue mani, che spezzavano con molta precisione gli spaghetti…

“Non devi spezzarli”gli dissi, accarezzandogli un braccio.

Mi guardò con uno sguardo stupito.

“Io pensavo che erano troppo lunghi e….”

Lasciai scorrere ancora la mia mano verso il suo torace nudo, mi avvicinai con la bocca al suo collo e lo baciai teneramente…

Russell ansimò piano.

“Se continui così non mangeremo più...“mi disse, scostando la sua testa dal mio viso.

Passammo tutta la sera a raccontarci delle nostre vite, mentre alla fine ci accorgemmo che  avevamo cucinato i migliori spaghetti…

Avevamo la testa piena di frasi da dire, ma eravamo così confusi l’uno dall’altro da rimanere alla fine in completo silenzio, e le poche parole che riuscivamo a dirci uscivano come sfumate dalle nostre labbra.

Guardai il viso di Russell, girarsi verso la chitarra che tenevo appoggiata al muro.

“Posso suonarti qualcosa?”mi domandò, con voce profonda.

Gli risposi di  si, mettendomi comoda sul divano.

Lo vidi impugnare deciso la chitarra, iniziare dapprima a strimpellare un accenno di canzone e poi incominciare a suonare sul serio.

Sentivo la sua voce calda e vibrante avvolgermi l’anima, mentre guardavo le ombre lunghe e nere della notte giocare con il suo viso.

 

“HOLD YOU”[iv]

This time is no different

I control my urge to feed

Stalking your scent

Through the kitchen

This type of social gathering

Leaves openings for speech

And I would talk to you

But I'm twisting

 

If you knew what I was thinking

You'd probably drown me

In what you were drinking

I'd swim for sure

I'd swim for sure

I'd swim for sure

To hold you

To hold you

 

Tiny little shivers

From across a crowded room

Every time I see you

You haunt me

I know that it's possible

I have dreamt that it came true

That you left him

And you want me

 

Which mode are you in?

Is this the poor little girl

My princess

My queen?

I'll take them all

I'll take them all

I'll take them all

To hold you

And to hold you

 

If you knew what I was thinking

You'd probably drown me

In what you were drinking

I'd swim for sure

I'd swim for sure

I'd swim for sure

To hold you

To hold you

To hold you

 

Segui attentamente la  canzone, parlava di brividi  impercettibili e del suo desiderio per una donna che chiamava principessa.

Posso stringerti ripeteva…..

Cercai di non rabbrividire, mentre percepivo i miei respiri crescere piano.

Sollevai gli occhi verso quelli di Russell che, nel frattempo aveva posato la chitarra a terra e stava venendo a sedersi vicino a me. Sentii improvvisamente la sua bocca sulla mia, il suo sapore caldo e la forza con cui le sue dita chiedevano, correndo verso il mio collo e poi lungo la spina dorsale.

Lo assecondai dapprima lentamente e poi sempre più in fretta, con movimenti strani del corpo e lievi strette alle sue spalle larghe.

Una strana confusione mi avvolse completamente, sentivo ancora le sue mani circondarmi la schiena e poi passare sui miei seni e chiudesi dolcemente sopra.

Il suo sguardo mi sfiorava la pelle, e mi parlava perfettamente dei suoi desideri…

Voltai per un istante il viso verso la finestra, la notte era scesa con il suo silenzio che cullava le stelle.

“Sei così dolce Russell”gli dissi, accarezzandogli la guancia con la punta delle dita e sorridendogli lentamente.

Lui mi guardò con profondità.

“C’è un bellissimo sole sul tuo sorriso Lisa”mi rispose, passandomi un dito sulle labbra socchiuse..

“Porterò questo sole con me in Australia”mi disse, avvicinandosi a baciarmi.

Sentivo le lacrime formarsi nei miei occhi e il dolore perforarmi, inesorabilmente il cuore.

Tra un giorno se ne sarebbe andato pensai e mi avrebbe lasciata persa, nei miei giorni di sempre..

Piccoli lampi nelle nostre menti, illuminavano il buio dei nostri silenzi.

Mentre continuavamo a guardarci giocare, con i nostri sguardi…

 

“Andiamo a dormire…”mi disse Russell. prendendomi in braccio.

Mi appoggiò delicatamente sul letto e si coricò vicino a me…

Rimanemmo così vicini ed abbracciati, a guardare il viso pallido della luna che faceva capolino dalla finestra senza tendine.

Ci domandammo con la mente assonnata, cosa provasse ad essere immersa nell’oscurità.

Ma lei continuò a rimanere in silenzio e alla fine non ci diede nessuna risposta.

E dire che ci saremmo  anche solo accontentati che ci mandasse, un piccolo saluto

 con l’alito del vento..

Ma forse quella notte era troppo stanca, per stare dietro ai nostri pensieri in corsa.

Ci addormentammo con i  respiri che si univano piano tra di loro.

Oramai il sole stava tramontando, il trillo del campanello mi fece aprire di colpo gli occhi, guardai Russell dormire tranquillo e mi precipitai ad aprire la porta scendendo di scatto dal letto.

 “Laura!” le esclamai, con la voce ancora ferma dal sonno.

“Lisa perdonami…ma questa notte mi è successa un tragedia!!”mi rispose, con lo sguardo assente.

La guardai entrare in casa velocemente e dirigersi verso la cucina…

E come potevo sbagliarmi, con Laura erano sempre tragedie, pensai mentre  richiusi la porta con movimenti lenti delle mani.

“Vuoi spiegarmi cosa ti è successo?”gli domandai, schiarendomi la voce e seguendola verso la cucina.

Laura si mise seduta in un angolo accanto alla piccola stufetta che, giaceva ormai da tempo inutilizzata.

“Hai presente la mia cinquecento?”mi domandò, inghiottendo con fatica..

“Bhè?”gli risposi cercando anch’io di sedermi.

Mi raccontò per filo e per segno la sua umiliante disavventura stava tornando da una festa, la stradina che stava percorrendo era tremendamente buia, all’improvviso la ruota della piccola e già precaria macchina  prese una cunetta e perse immediatamente l’equilibrio, adagiandosi su di un lato…

“Senza contare che sono rimasta delle ore a camminare, per trovare un telefono pubblico..”mi disse, sbadigliando.

“Sfortunatamente avevo il cellulare spento e non ti ho potuta avvisare..”mi disse, alzandosi dalla sedia per andare a preparare un caffè.

“E le chiavi?”gli domandai, passandomi una mano tra i capelli arruffati.

“Sono rimaste a casa di Lucia, non te lo ho detto ma, sono riuscita ad arrivare fino a casa sua…”mi raccontò ancora, facendo ruotare la macchinetta del caffè tra le mani.

“Mi sembra ancora di vederla poveretta, aprirmi la porta con il viso ancora gonfio di sonno…” disse, prendendo due tazzine dalla dispensa.

“Deve essere stato uno schok per Lucia…lei che di notte, non si sveglierebbe per nessun motivo al mondo..”gli dissi, stirandomi le braccia.

“Potevi almeno chiamarmi da casa sua…”le dissi, continuando a stirarmi.

“Perdonami  lo sai che la mia mente, non arriva a tanto…..”mi rispose, prendendo il pacchettino dei biscotti.

“Questa mattina serve un’altra tazzina Laura”le dissi, allungando una mano verso il barattolo dello zucchero.

Laura mi guardò perplessa…

“Non mi dire che è venuta di nuovo a dormire Angela?”mi domandò, sospirando.

“No questa volta non è Angela…ma un Angelo!!nel vero senso della parola..”gli risposi, respirando forte.

“Un uomo qui, a casa nostra!”mi disse, facendo delle strane smorfie con la bocca.

“Allora domani ci sarà un miracolo in quel di Roma!”mi disse ancora, spegnendo il gas.

“Sei molto spiritosa…davvero!”le risposi, accennando un sorriso ironico.

“Com’è?”mi chiese Laura, versando il caffè nelle tre tazzine.

Ruotai gli occhi verso il soffitto….

“Interessante”gli dissi navigando con la mente, su di una una nuvoletta rosa.

“Che vuol dire interessante? non puoi metterci un po’ più di impegno? “mi domandò, prendendo i cucchiaini dal cassetto.

“Interessante, bello, intelligente, dolce..e….”

“Ho capito è bravo a fare l’amore …”mi disse, Laura bloccandomi le parole..

“Decisamente…”gli risposi, sospirando.

“E non solo quello…è una persona speciale con una gran voglia di vivere,con lui mi sento bene vorrei che restasse con me per sempre..”le dissi, movendomi sulla sedia e infilando le mani sotto le cosce.

Laura mi lanciò uno sguardo diretto e brontolò alcune parole incomprensibili..

“Buongiorno…”

Ci voltammo verso quella voce così possente e profonda..

“Buongiorno Russell dormito bene?”gli domandai, andandogli incontro.

“Mmmmm si direi di si e poi mi sono lasciato cullare per tutta la notte, dalla luce bianca della luna..”disse, accennando un  timido sorriso.

Mentre abbracciavo Russell, mi voltai per un istante a guardare il viso estasiato di Laura..

“Questa è Laura la mia coinquilina!”gli dissi, allontanandomi da lui.

Russell gli allungò una mano…

“Piacere spero che non ti dispiaccia se ho dormito qui!”gli sussurrò, piano.

Laura rimase con la mano nella sua per qualche minuto, mentre la guardavo mangiarselo con gli occhi.

“Per niente….”gli rispose, con lo sguardo fisso.

“Tutti caffè?”dissi all’improvviso, cercando di aumentare un po il tono della mia voce.

Laura tirò indietro la sua mano da quella di Russell e incominciò a fissare il pavimento.

Guardai per un momento fuori dalla finestra, il vento faceva tremare gli alberi ma il sole era fermo nel cielo, era una splendida giornata pensai voltando lo sguardo verso quello di

Laura che  sorseggiava piano il suo caffè. Guardai Russell, giocherellare con le mie dita…

“Ragazzuoli vi saluto” ci disse Laura, alzandosi di scatto dalla sedia e posando la sua tazzina nel lavello.

“Russell è stato un piacere, quanto ti fermi?”gli domandò, tirando indietro i suoi lunghi capelli neri.

“Domani riparto..”gli rispose, lanciandomi un occhiata triste.

“Bene allora ci vediamo stasera…se non avete altri programmi…”ci disse Laura, con un sorriso malizioso.

Mi alzai anch’io dalla sedia e cercai di rincorrerla verso la porta..

“Laura.!”la chiamai sottovoce.

“Dimmi Lisa”mi disse, voltandosi di scatto.

“Questa sera siamo a casa se vuoi cenare con noi..”le dissi, tirandomi giù con fatica  la maglietta corta.

“Ok!! Ma ti faccio una telefonata più tardi per conferma, questa sera dovrei vedermi con Massimo sempre se lui si libera dagli impegni, altrimenti, ma non voglio essere di impiccio”mi disse, aprendo la porta.

“Ma quale impiccio, comunque telefonami!”gli risposi, sorridendo.

“Ehi Lisa!”mi disse, abbassando la voce.

Mi avvicinai al suo viso..

“Che c’è!”gli risposi, mordicchiandomi le labbra.

“E quello sarebbe il tipo interessante?”mi domandò, con un sorriso sornione.

“Che vuoi dire?”gli risposi, accigliandomi.

“Che più che interessante io dire che è bellissimo, sensualissimo, e con quegli occhi che sembrano dire prendimi in ogni momento…”mi rispose, schioccandomi un baciotto sulla guancia.

“Ehi, allora non venire questa sera!” le dissi, scherzando.

Guardai Laura ridere….

Rimasi con lo sguardo imbambolato, mentre sentivo la porta richiudersi rumorosamente.

“Che facciamo questa mattina?”mi domandò Russell, prendendomi per la vita.

“Devo andare in ufficio, ho dei bozzetti da portare a Carla e un mega appuntamento con un cliente noiosissimo.”gli sussurrai, sbuffando.

“Posso venire con te?”mi chiese supplicandomi con un tono di voce da cucciolotto.

“Mmh, meglio di no!”gli risposi allontanandomi dalle sue baraccia per andare a farmi una doccia.

“Che vuol dire quel Mmh? lo usi spesso…”mi disse venendomi dietro.

“Quel Mmh, vuol dire che non conosci bene le mie colleghe!!!”gli risposi, aprendo l’acqua.

“Sono carnivore?”mi domandò, ridendo.

“Si con alcuni tipi di uomini, e specialmente con quelli che vengono dall’Australia..”gli risposi, infilandomi nella doccia.

Mentre tirai la tendina ,sentii Russell ridere..

“Dai portami con te voglio vederti mentre disegni…”mi disse, scostando un po la tendina per guardarmi.

“Ok ma solo se non ti metti quella camicetta nera, tanto provocante..”gli dissi, insaponandomi.

Rise.

“Va bene cercherò di imbruttirmi un po’ che ne dici di questa camicia a quadri?”mi domandò, facendomela vedere al di sopra della tendina.

“Direi che è brutta al punto giusto..”gli risposi, ridendo.

Mi asciugai piano mentre con una mano, cercai la crema per il corpo alla vaniglia ..

Russell mi venne in aiuto, lo guardai aprire lentamente il tubetto e spremerne un pò sulle mie spalle.

Le sue mani scorrevano piano, sulla mia pelle ancora umida.

Un piacere quasi selvaggio, mi invase all’improvviso..

Mi voltai verso il suo corpo vestito, gli passai una mano intorno alla nuca e lo attirai verso le mie labbra, lo avvolsi con la mia lingua, e sentii il suo respiro accelerare.

“Se non fosse così tardi….”gli sussurrai, piano all’orecchio.

“Se non fosse così tardi? Finisci la frase…”mi rispose, passandomi la lingua sul collo.

Scivolai lungo il suo corpo ed arrivai con il viso, vicino ai bottoni dei suoi pantaloni chiari.

Incomincia a slacciarglieli uno per uno, mentre sentivo le sue mani aiutarmi….

In un attimo i suoi slip erano a terra, insieme al mio asciugamano.

Alzai la testa verso Russell e mi accorsi che stava perdendo ogni controllo, mentre lasciavo scorrere le mie labbra sul suo sesso. Lo sentii sospirare ed esplodere con un lungo grido liberatorio.

“Mio Dio!” ansimò, Russell.

“E’ stato fantastico Lisa” mi disse, riaprendo lentamente gli occhi.

Mi rimisi in piedi e lo abbracciai con una passione devastante….

“E’ tardi, vado a vestirmi”gli dissi, respirando affannosamente.

Mi sorrise sulle labbra.

Mi divincolai dalle sue braccia che mi tenevano stretta e andai in camera.

Indossai un vestitino di seta rossa molto leggero che, lasciava la mia schiena completamente nuda. Mi pettinai i capelli lunghi e li avvolsi, in una coda di cavallo.

Russell era fermo, sul ciglio della porta a guardarmi..

“Sono pronta!”gli dissi, prendendo la borsetta sulla poltroncina della camera.

Uscimmo da casa, l’aria era tiepida Maggio incominciava a farsi sentire.

Intorno a noi solo il profumo inebriante delle rose.

“Roma è bellissima..”mi disse, guardando fuori dal finestrino socchiuso.

Lo guardai sorridendo..

“Lo sai che anche questa mattina ti faccio vedere il Colosseo?”gli dissi cambiando velocemente la marcia.

Si voltò verso di me, con una immensa luce negli occhi..

“Si ma solo di sfuggita, perché il mio ufficio è proprio li vicino..”gli dissi ancora, con il sorriso sulle labbra rosse.

Parcheggiai la macchina all’interno del giardino della ditta.

“Lavori immersa nel verde!”mi disse Russell, uscendo dalla macchina e alzando gli occhi verso gli alberi di pini.

“I pini di Roma sono magici..”gli risposi, sospirando.

Mi avvicinai a lui e gli presi le mani…

“Dai vieni..”gli sussurrai.

Alice la nostra segretaria  ci accolse sorridente all’entrata, diedi una rapida occhiata al viso curioso di Monica, che faceva capolino dalla porta dell’ufficio di Luisa.

Guardai Carla venirci incontro, con la sua solita aria insolente.

“Era ora che arrivassi, il cliente è già da venti minuti nel mio ufficio”mi disse, con un tono serioso della voce.

Scrutò per un attimo Rusell e poi, gli diede la mano.

“Piacere Carla Morini”gli disse, guardandolo dritto negli occhi.

“Russell Crowe” le disse, porgendole la mano e allargando un pigro sorriso.

“Mi aspetti qui nel mio ufficio?”dissi a Russell, sfiorandogli una spalla.

“Va bene”mi rispose, dando un’ occhiata all’orologio.

Carla mi afferrò per un braccio e mi condusse dal cliente, riempiendomi la testa di parole.

“Dico, lo hai portato per farci morire di invidia?”mi sussurrò, all’improvviso in un orecchio e stringendomi forte il braccio con la mano.

Mi voltai di scatto, verso il suo sorriso ironico.

“Anche!” le risposi, chiudendo la cartellina azzurra che tenevo nelle mani.

Entrai nell’ufficio di Carla  sospirando, cercando di non perdere l’equilibrio sui sandaletti a tacco alto, che avevo deciso di indossare quella mattina sprezzante del pericolo, di  rovinose cadute.

Incontrai gli occhi scuri del fascinoso cliente, lo guardai percorrermi con lo sguardo ogni centimetro del leggero vestito.

Mi allungò una mano e mi diede il benvenuta.

Il colloquio proseguì molto tranquillamente, appoggiai sul tavolo i miei bozzetti e spiegai al cliente le modifiche che avevo ritenuto di fare, per la nuova collezione primavera-estate.

Lui mi sorrise di profilo, mentre lasciva scorrere le sue delicate mani sui fogli.

“Direi che il suo lavoro è ottimo e molto professionale signorina”mi disse, voltandosi a guardarmi.

Guardai Carla sorridermi compiaciuta.

Gli sorrisi, abbassando gli occhi.

“Va bene, allora sta andando tutto per il meglio!” ci disse il cliente, richiudendo la sua valigetta di metallo.

“Signor Vincenti, l’unico problemino sono quelle stoffe che le avevamo richiesto…”gli domandò Carla, passeggiando nervosamente per la stanza.

“Oh! Ricordo, si quelle stoffe di Pastel iridescent! provvederò immediatamente a consegnarvele.”le rispose, alzandosi dalla sedia e porgendoci ad entrambe la sua mano.

Carla lo ringraziò accompagnandolo all’uscita, mentre io me ne andai nel mio ufficio dove era Russell.

Ma invece di entrare, rimasi sulla porta a guardarlo parlare con due delle mie colleghe di stanza.

Era così sorridente e sensuale pensai….

Lo guardai smuovere velocemente le mani, raccontando con la sua voce vibrante, il suo lavoro di  allevatore di mucche.

Ruotai gli occhi verso i visi di Paola e Michela, che continuavano a ridere scioccamente e a toccarsi in continuazione i vestiti, i capelli….

Ma guardale pensai, sfoggiare tutte le loro migliori armi di seduzione.

Entrai tossendo…

“Lisa!”mi disse, Russell venendomi incontro.

Lo abbracciai forte..

Paola e Michela si guardarono impacciate.

“Stavamo giusto parlando con Russell, del suo straordinario lavoro a contatto con la natura..”dissero entrambe, con sorrisi che si allargavano a mille.

Le guardai con uno sguardo obliquo, mentre sentii l’aria della stanza farsi opprimente.

“Ma davvero..”gli risposi,andando verso Russell..

“Per oggi ho finito”dissi a Russell, mettendo via i disegni in un cassettone.

Russell mi guardò come fossi un quadro bellissimo, mi venne più vicino e mi disse.

“Allora adesso sei tutta per me!”

Voltai la testa verso Paola e Michela che, nel frattempo avevano preso a disegnare…

Mi spostai piano dalle labbra di Russell, che continuavano a sussurrarmi parole eccitanti all’orecchio.

“Ragazze ci vediamo domani, mi porto un po’ di lavoro a casa..”gli dissi, prendendo due cartelline con i bozzetti.

Mi sorrisero…stranamente.

“Quale lavoro?”mi domandarono, tirando su la testa dai fogli e sorridendomi ironicamente.

“Questo!!”gli risposi, voltandomi sulla soglia della porta e alzando con le mani le due cartelline..

Sorrisero ancora e salutarono calorosamente Russell con le mani.

Uscimmo dalla ditta abbracciati.

“Dove vuoi che ti porti?”domandai a Russell, montando in macchina.

“Portami a Piazza di Spagna!”mi rispose, chiudendo lo sportello.

Senza togliere i miei occhi dai suoi ingranai la prima, girai il volante e partimmo verso la bellissima scalinata di “Trinità dei Monti”.

Durante il tragitto in macchina parlai a Russell, delle serate con il mio gruppo.

E mentre facevo scorrere le mie mani sul volante, lui si voltò verso di me sorridendomi.

“Domani sera canto!”gli dissi, contraendo i muscoli delle spalle.

Lo guardai in viso, sembrava un grande ragazzino con gli occhi pieni di vita e con  una naturale predisposizione al sorriso.

“Domani devo partire Lisa..”mi rispose, con gesti senza significato e scuotendo la testa.

 “Non puoi fare neanche uno strappo alla regola?”gli domandai, ricordandomi quando me lo disse lui.

Russell sospirò forte nel suo grande petto.

“Purtroppo no Lisa..”mi rispose, con un impercettibile sorriso.

Abbassai lo sguardo verso le sue mani che, si tormentavano furiosamente i capelli.

Mi sentii lo stomaco contrarsi con violenza e la mente schiacciarsi, al pensiero della sua partenza.

Lasciai la macchina, in una fascia di parcheggio verso il corso……

Il silenzio si era improvvisamente impadronito delle nostre labbra, ci incamminammo verso “Piazza di Spagna” con muti pensieri.

Guardammo la piccola fontana hai piedi della scalinata..

“Saliamo su?”gli domandai,  con uno strano effetto della voce.

Rusell non mi rispose e con una buffa piega agli angoli della bocca, continuò a guardarmi fisso negli occhi, sconcertato dai movimenti furiosi delle mie mani sul vestito.

Ci sedemmo vicini sui gradini della scalinata, ricoperta da vasi di meravigliose azalee fucsia.

Guardammo ancora incantati le persone che salivano e scendevano velocemente le scale, mentre non riuscivamo  più a guardarci negli occhi, senza dover prima rabbrividire.

Stavamo così immobili, a pensare con le spalle verso il sole.

E ripensai alle sue prime parole, alle sue mani che mi scivolavano sulla pelle, all’amore che avevamo fatto in maniera travolgente.

Riportai alla mente i versi di una poesia che, mai come in quel momento sentivo appartenermi.

 

 

“Era questo mi dicevo l’amore? A due a due agglutinati insieme, per i bisogni del tormento insieme,

l’uno nell’altra cuore contro cuore…

Ma da ogni parte in me, ma il senso in me, giorni e notti ammucchiarsi dentro me, avventarsi di annate in un istante……

Oh paese dell’anima occupata! Solo una volta lui mi ha penetrata da parte a parte con tutto il coltello….io cosa faccio, cuore del mio cuore?

Come hai detto? Non sento…..per favore non potresti parlare più forte?[v]

 

Lasciavo scorrere quelle parole nella mia mente, in uno stato intermedio di pensieri lucidi.

Russell si alzò improvvisamente e prendendomi le mani mi disse.

“Andiamo a casa Lisa..”

Lo guardai negli occhi  sembravano oceani mi ci persi un istante, mi sembrava di poter sentire l’acqua gelida accarezzarmi violentemente la pelle.

Rabbrividii……

Ci avviammo verso la macchina, con movimenti rigidi del corpo.

Cercai di trovare parole in un modo assolutamente disperato, ma come sempre era il silenzio a vincere tra di noi.

Rimanemmo fermi con la macchina davanti ad un semaforo rosso, guardavamo il traffico e ci rincorrevamo con lo sguardo su possibili sviluppi.

Allungai la mano verso lo stereo per accenderlo…

All’improvviso una canzone di Baglioni mi prese in pieno cuore.

 

“E lungo il Tevere che andava lento, lento noi ci perdemmo dentro il rosso di un tramonto fino a gridare i nostri nomi contro il vento….tu fai sul serio io no!

Tra un valzer pazzo cominciato un pò per caso tra le tue smorfie e le mie dita dentro il naso, noi due inciampammo contro un bacio all’improvviso è troppo bello per essere vero, per essere vero……

Amore mio….ma che gli hai fatto tu a quest’aria che respiro e come fai a starmi dentro ogni pensiero giuralo ancora che tu esisti per davvero….

Amore mio….ma che cos ’hai tu di diverso dalla gente, di fronte a te che sei per me  così importante, tutto l’amore che io posso e proprio niente….

Mi voltai verso gli occhi di Russell..e lasciai scorrere  le ultime parole della canzone…

 

E dopo aver riempito il cielo di parole comprammo il pane appena cotto e nacque il sole che ci sorprese addormentati sulle scale la mano nella mano…”

 

“Ferma la macchina Lisa”mi disse, avvicinandosi a me.

Cercai di ritornare al suono della sua voce…

Accostai vicino ad un marciapiede l’auto e spensi il motore.

Russell mi prese tra le braccia, in una posizione scomoda…

“Lisa, Lisa..” continuò a ripetermi, prendendomi il viso tra le mani e riempiendomi le labbra di tanti piccoli baci che, si alternavano ad altri più avvolgenti e penetranti.

Lo guardai piangere, le lacrime gli scendevano lente dagli occhi velati.

Avvicinai il mio viso al suo e gli strinsi forte la mia mano tra i capelli.

“Ti prego non piangere tesoro..”gli dissi, cercando di annientarmi in lui.

Ci allontanammo per un attimo…

Fuori dalla macchina il sole stava ormai tramontando, avvolgendo i nostri visi in una rossastra luce.

Mentre il vento giocava a far tremare i pini di Roma…

Ci sembrava che il tempo, si fosse improvvisamente fermato al nostro abbraccio e alle nostre parole.

Riaccesi di nuovo la macchina e partimmo verso casa..

Quando entrammo in casa, sentii ancora le sue mani stringere, sfiorare, percorrere ogni parte del mio corpo.

“Lisa vieni con me in Australia”mi disse, abbracciandomi da dietro.

Respirai forte ma non avevo più aria nei polmoni.

Cercai di non soffocare..

Mi voltai verso di lui, con gli occhi che parlavano per le mie parole.

Fermò il suo sguardo nel mio per un po’e si allontanò da me prendendo il cellulare.

Rimasi ferma davanti allo specchio della stanza, mentre mi arrivarono all’orecchio alcune lontane parole di una canzone…..

 

“La costruzione di un amore…spezza le vene delle mani..mescola il sangue con il sudore…

Ma intanto guardo questo amore che si fa più vicino al cielo come se dietro all’orizzonte ci fosse ancora cielo, son io e son qui e mi meraviglia…

Ma no son proprio io lo specchio alla mia faccia…son io che guardo questo amore che si fa più vicino al cielo come se dopo tanto amore bastasse ancora il cielo e tutto ciò mi meraviglia tanto che se finisse adesso io chiederei che mi crollasse addosso….”

[vi]0

Lasciai scorrere le lacrime a quella canzone…

Guardai Russell parlare al cellulare, gesticolando delicatamente con le mani.

Le lacrime scendevano velocemente dai miei occhi liquidi, mentre cercavo di toccarmi il cuore con le dita per farlo tornare a battere.

Lo squillo forte del telefono, mi fece sobbalzare improvvisamente.

Mi asciugai le lacrime, strofinandomi gli occhi e andai a rispondere..

“Pronto?”dissi, con un filo di voce.

“Ciao Lisa, sono Laura!”mi sentii dire, frettolosamente da una voce metallica.

“Laura…”le sussurrai piano, con la voce ancora rotta dal pianto.

“Lisa ma stai bene?”mi chiese, con un tono della voce preoccupata.

Mi soffiai forte il naso..

“Si, ho solo preso un po’ di raffreddore”le risposi, mentendo.

Laura rimase in silenzio per un momento…

“Si, vai a raccontarlo a qualcun’ altro, ma non a me che ti conosco da una vita!!”mi disse, soffocando la voce.

“Senti ora non posso dirtelo, ma quando vieni ti racconto tutto!”le dissi, scoppiando improvvisamente a piangere.

“Lisa…..ma cosa è successo, piccola!!così mi fai preoccupare”mi rispose, alzando la voce.

“Domani parte!!!”le dissi, tirando su con il naso.

“Povera….adesso vengo e non lo faccio partire..”mi rispose, dolcemente.

“Lalla non c’è nulla che posso fare per farlo restare, lui ha la sua vita in Australia ed è giusto che parta..!”le dissi, continuando a piangere come una bambina.

“Lisa vorrei starti vicina questa sera, ma Massimo si è liberato e capisci no!..”mi disse, sconsolata.

“Non preoccuparti, stasera è l’ultima sera che stiamo insieme!!”le dissi, singhiozzando.

“Spero solo di non morire prima di domani..!”le risposi, passandomi una mano sulla fronte.

“Stai su…ciao”mi disse Laura, riagganciando la cornetta del telefono.

“Ciao”le risposi, rialzandomi dal pavimento e posando il telefono sul tavolino.

Guardai Russell, venirmi incontro.

“Lisa devo fare un salto a “Villa dei Quintili”mi disse, asciugandomi gli occhi con la mano.

“Ho già chiamato un taxi, sarà qui a minuti”mi disse ancora, venendomi più vicino.

“Ma tu stai piangendo!”annuì, stringendomi a lui.

“Non devi piangere, non dobbiamo piangere siamo stati così bene insieme in questi tre giorni..”mi sussurrò, spostandomi delicatamente i capelli dal viso.

Lo guardai tra le lacrime, che continuavano a scendere dai miei occhi…

“Vuoi che ti accompagni?”gli domandai, sfiorandogli la schiena.

“No tanto faccio in un attimo, vado a riprendermi il mio pik-up e le due valigie e poi quando torno ti porto a cena fuori..ti va?”mi disse, baciandomi la fronte.

“Ok”gli risposi ,avvicinando il mio viso al suo.

Lo guardai montare sul taxi bianco e  partire veloce…

Mi guardai intorno Tecla dormiva tranquilla sulla poltrona, avevo la mente completamente svuotata da ogni tipo di pensiero e parola.

Entrai in cucina e misi dell’acqua sul fuoco per farmi del tè.

Scostai le tendine della finestra e mi persi con lo sguardo di fuori…

Guardai le rose ondeggiare al vento di Maggio…

Le strade erano affollate e nessun rumore riusciva a riportarmi alla realtà.

Passarono un paio di orette, quando all’improvviso sentii Russell aprire la porta.

Mi tirai su dal lettino di velluto rosso, dove mi ero sdraiata ad aspettarlo.

Aveva due valigie nelle mani e uno strano sorriso sulle labbra.

Lo guardai posarle a terra e venirmi incontro…

Nel frattempo mi ero preparata per uscire, avevo indossato un vestitino di mousseline a pois con dei sandaletti a tacco alto, i capelli erano sciolti sulle spalle e sul viso un leggero filo di trucco.

Russell, mi guardò estasiato.

“Sei bellissima”mi disse, sfiorandomi i fianchi.

Gli sorrisi, cercando di allontanare quello strano dolore che, tornava a lambirmi il cuore.

“Tutto a posto alla Villa?”gli domandai, alzandomi dal lettino e afferrando la borsetta sul divano.

“Si tutto ok!”mi rispose, seguendomi alla porta.

Salimmo in macchina e Russell mise in moto..

Guidava molto lentamente, verso il lungo Tevere…

Le luci della notte ci illuminavano il viso falsandoci  i lineamenti.

Scendemmo dalla macchina, sorridendoci stranamente.

Guardai la luna illuminare il cielo nero e le stelle brillare con uno strano effetto di luce.

Cenammo in un ristorantino caratteristico, immerso in fragili alberi di ulivo e avvolto dagli intrecci delle immancabili rose.

Ci guardammo tutta la sera negli occhi, parlammo di cose importanti e stupide allo stesso tempo, parlammo di tutto come se avessimo avuto paura, di lasciarci senza averci detto abbastanza.

Tornammo a casa ,seguiti passo per passo dal viso a spicchio della luna.

Tecla era ancora sulla poltrona a dormire…

Segui con lo sguardo Russell, richiudersi la porta alle spalle.

Mi venne vicino, sfilandosi il giubbottino di pelle nera.

“Ti va di ballare?”mi domandò, buttando lo sguardo verso lo stereo.

“Si”gli risposi, mentre si avvicinò ad  accenderlo.

Frugò un po’ tra i miei tanti cd e ne prese uno, a cui ero davvero affezionata.

“Qual è la canzone sui cui vuoi ballare?”mi domandò, porgendomi il cd nelle mani.

Lasciai scorrere i miei occhi sulle dieci canzoni e ne scelsi una, indicandogliela con un dito.

Prese il cd, lo mise all’interno dello stereo e spinse il play.

Si avvicinò a me lentamente e mi passò una mano dietro la schiena, sentii il suo viso vicino al mio e il profumo della sua barba avvolgermi vorticosamente i sensi.

Mentre la canzone Everybody Hurts dei R.E.M  partì con le sue dolci parole….

Noi, incominciammo a ballare lentamente.

                                                                                   

“When your day is long
And the night
And the night is your's alone
When you think you've had enough
Of this life
Hang on

Don't let yourself go
'Cause everybody cries
And everybody hurts
Sometimes

Sometimes everything is wrong
Now it's time to sing along
When your day is night hold on
Hold on (hold on)
If you feel like letting go
(Hold on)
If you're sure you've had too much
Of this life
Hang on

'Cause everybody hurts
Sometimes
Take comfort in your friends
And everybody hurts

Don't blow your hand
Oh-oh no
Don't blow your hand
If you feel like you're alone
No, no, no, not alone

If you're on your own
In this life
The days and nights are long
You're sure you've had too much
Of this life
To hang on

Yeah everybody hurts
Sometimes
Everybody cries
Sometimes
Everybody hurts
Sometimes

Everybody hurts sometimes

So hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on

To know you're not alone”

Sentii le mani di Russell stringermi forte….

E rimanemmo a ballare ancora per qualche istante, anche se la musica era finita.

“Ti amo Lisa”mi disse, baciandomi sulle labbra, sentii la sua lingua avvolgermi delicatamente e affondare piano nella mia bocca.

Non riuscivo a dirgli il mio ti amo, era come intrappolato nel mio cuore.

Respirai forte mentre sentii ancora le sue mani, alzarmi il vestito e sfiorarmi dolcemente le gambe…

Ci lasciammo andare ancora una volta alla passione quella pura, quella a cui non puoi sottrarti e a cui ti abbandoni completamente, senza nessun tipo di restrizioni.

Rimanemmo abbracciati sul divano, con i brividi che ci sfioravano la pelle.

Mentre lasciavamo scorrere, le nostre menti a queste parole…

 

 

“Le strade non portano a nessuna meta; tutte terminano in noi.

La fiamma del crepuscolo ci fonde in unità.

E’ bello camminare, sognare, cantare. Bello essere gran tenerezza con un cuore vicino, (Con un dolore remoto).

La sera si denuda, mostra i suoi ori profondi.

Ogni forma ci incanta col suo vino gioioso.

Ormai non c’è nulla: - passato, futuro, ombre, gioie -, fuori di noi.

La sera spolvera il suo caldo tesoro.

I suoi pampini di fuoco stillano nei nostri occhi.

La sera è nostra. Il mondo fu fatto per noi.

Siamo il suo centro vivo e gira il tempo intorno.

Passa e non può ferire col suo dolore remoto il nostro cuore vicino.

Le strade non portano a nessuna meta; tutte terminano in noi.[vii]

 

 

Ci addormentammo con le mani intrecciate tra di loro, mentre avremmo voluto in quella nostra ultima notte, recidere le stelle del cielo per conservare un po’ della loro luce, ed usarla nei nostri prossimi giorni bui…

 Il mattino ci sorprese addormentati mano nella mano.

Mi tirai su dal letto lentamente e lasciai la mano di Russell, abbandonata nel sonno.

Rimasi per un pò seduta  a guardarlo dormire, aveva i capelli scompigliati sul cuscino e i suoi occhi chiusi sembravano quelli di un ragazzino, le sue lunghe ciglia sbattevano ogni tanto sulle guance rosate.

“Che posso fare adesso?” mi domandai ,con il cuore che sanguinava già a tre ore dalla sua partenza.

Non avrei dovuto innamorarmi, non ero preparata per tutto questo, continuai a pensare tormentandomi la mente…

Avrei voluto tenergli la mano ancora un po’avrei voluto scappare velocemente da quel letto, avrei voluto guardarlo ancora una volta vestirsi e avrei voluto entrare in una delle sue tasche e restarci per sempre…..

All’improvviso si mosse nel sonno, sospirò allungando una mano verso di me.

“Buongiorno Lisa”mi disse, con un filo di voce e aprendo lentamente gli occhi.

Rimasi ferma, ogni movimento ed ogni parola mi pesavano terribilmente..

“Buongiorno Russell”gli risposi, sciogliendomi dentro ai suoi occhi socchiusi.

“Lisa…”mi sentii chiamare, con suono dolce della sua voce.

Mi avvicinai alle sue labbra..

“Portami al mare questa mattina, ho bisogno di guardarlo insieme a te prima di partire.”mi disse, allungandosi verso di me e toccandomi una spalla.

Sentii, una profonda corrente attraversarmi violentemente la pelle..

“Va bene” gli, risposi rabbrividendo a quel contatto.

Mi alzai dal letto, con una strana sensazione.

Andai in cucina, scostai dal vetro le tendine con i papaveri disegnati e guardai il sole sorgere piano da alcuni alberi di pini.

Russell mi raggiunse poco dopo, lo sentii avvicinarsi a me e cingermi la vita con le mani.

Non una parola tra di noi…

Mi guardò profondamente negli occhi, mentre con una mano sicura mi slacciava il dietro della camicia da notte, la sentii scivolarmi dalle spalle con un sottile fruscio.

Seguii le sue mani percorrermi la pelle, mentre appoggiai le mie sul suo torace possente e sulle sue spalle larghe…

Provai un desiderio straziante e doloroso tracciando con le dita, il contorno del suo viso.

Chiusi gli occhi per un istante, al calore del suo corpo vicino al mio.

“Lisa”mi sentii ancora chiamare, ma questa volta con una voce rotta dal desiderio.

Sorrisi..

Poi lentamente incominciammo a fare l’amore.

Provai un dolore terribile quando lo sentii penetrarmi per l’ultima volta, rimasi immobile a quella angoscia mista al piacere che mi struggevano l’anima e il cuore.

Riaprii gli occhi lentamente verso quelli di Russell, lui abbassò la testa verso il mio viso e mi sfiorò le labbra con la sua soffice barba.

Non riuscivo a respirare, mi sembrava di assistere impotente alla sua partenza.

Mi sentivo distrutta, avevamo fatto l’amore per l’ultima volta? mi domandai, con il cuore che diminuiva i suoi battiti..

Sentii ancora le labbra di Russell sulle mie, baciarmi e insieme mormorarmi piccole parole di consolazione.

Ma non volevo la sua consolazione, avrei voluto solo che restasse.

I nostri sguardi si intrecciarono..

Con uno sforzo enorme, mi tirai su dal suo corpo pesante.

“Vado a vestirmi e tu dovresti fare altrettanto” gli dissi, con un tono leggero della voce.

I suoi occhi mi perforavano.

Mi mossi lentamente per la stanza, cercando di raccogliere i miei vestiti.

Non c’era più tempo da perdere…

Rabbrividii mentre mi feci, scivolare addosso il vestitino di seta.

“Quindi niente più sangue” mi dissi piano nella mente, cercando di tamponarmi il cuore con nuove parole.

“Passerà……….”

In fondo era facile, dovevo solo trovare un po’ di forza per dimenticare il suo viso e questi due gironi di passione che avevamo trascorso insieme, ma sentivo nell’anima solo il forte rumore di un dolore che mi conduceva a quella lenta perdita.

Russell mi raggiunse in silenzio verso la porta.

Mi fissò con una strana luce negli occhi..

Cercai di scacciare dalla testa, gli ultimi pensieri malinconici.

Il caldo di Maggio ci avvolse all’improvviso, ma sentimmo lo stesso i brividi percorrerci  la pelle..

Salimmo ognuno nelle proprie  macchine e le  mettemmo in moto.

Sentii lentamente una lacrima ,scendere sotto l’occhio sinistro e disegnare un piccolo rigo sul mio viso.

Guardai Russell dallo specchietto retrovisore, lo immaginai per un istante seduto accanto a me,con le mani incrociate sulle ginocchia.

Lo guardai attentamente, era tranquillo e con un colore blu accentuato degli occhi.

Cercai attentamente di seguire le indicazioni per il mare di Freggene, tra meno di due ore sarebbe partito.

Lui mi seguiva piano.

Aprii gli occhi a metà, mentre il mare ci si allargava piano dinanzi.

Parcheggiammo le macchine, verso una piccola fontana vuota.

Russell scese lentamente e si diresse verso il mare, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.

Guardai per un istante il cielo, c’èra ancora una incerta luna che fluttuava.

Raggiunsi Russell verso la riva…

Era seduto sulla sabbia e guardava fisso verso l’orizzonte.

Poi si girò verso il mio viso, illuminato da una strana luce del sole.

Avevo il mare e lui di fronte e non riuscivo a capire se a scintillare, erano le onde o i suoi occhi che mi guardavano.

Riuscii solo a capire quello che mi stava per dire…

“Tra poche ore ho l’aereo”mi disse, con un tono automatico della voce.

Ed io rimasi seduta sulla sabbia, a guardarlo muovere le mani con disagio.

E non ho aggiunto nessuna parola, per non complicare il mio già precario stato d’animo.

Aveva i lineamenti del viso ammorbiditi dalla barba e i capelli un po lunghi, scompigliati dal vento..

Lo guardai come se lo avessi incontrato per la prima volta e all’improvviso mi sembrò tutto assurdo, in quei giorni passati insieme.

Pensai che si era concesso al mio cuore con il contagocce, una piccola goccia per volta ed io avevo cercato alla fine affannosamente, di raccoglierlo dentro di me come dell’acqua nel bicchiere.

Ma era sempre troppo poco, per dissetare la mia immensa sete.

Ed ora stava per ripartire mi lasciava di nuovo da sola, con i miei giorni sempre uguali.

Come era  difficile pregarlo di restare, mi continuava  a guardare con la sua calma irritante, come se mi dicesse “ E’ tutto sotto controllo piccola”.

E continuava a bruciarmi il cuore, con la sua sigaretta accesa….

“Sai queste cose fanno male amore” gli sussurrai,  piano nell’orecchio.

All’improvviso mi guardò come se fossi una pazza e si avvicinò per toccarmi, ed io mi allontanai con la mente, per schivare la sue prossime imbarazzanti parole di conforto.

Mi dimenai con forza, mentre mi imprigionava nelle sue braccia ed ecco che rividi chiare le sue parole, messe insieme alle valigie accanto alla porta.

Mi afferrò per la vita e mi lasciò affondare nella sabbia, e lottammo fino allo stremo delle forze per non cedere a quel tanto febbrile bacio, che fino a pochi giorni fa ci concedevamo fino a saziarci.

Lo imprecai con forza con tutta la voce che avevo in gola, di andarsene per sempre.

Ma ero esausta  e infastidita dei suoi baci sulla bocca, per poterglielo dire con maggiore convinzione.

Mi lasciò le labbra con un sospiro di rassegnazione ed io lo fissai a lungo negli occhi, era pallido,

e riuscivo a mala pena a scorgere la luce nei suoi occhi, mi senti improvvisamente le gambe deboli e capi che oramai nessuna parola, sarebbe riuscita a  trattenerlo nel partire.

Mi lasciò così senza parlare, distesa sulla sabbia  tiepida, mentre lo guardai allontarsi a piccoli passi verso la strada.

Rimasi ancora sdraiata sulla sabbia, e pensai in un attimo di lucidità che se le onde del mare mi avessero avvolta, non avrei avuto la forza di reagire e mi sarei così rotta in mille pezzi, contro gli scogli.

Guardai con gli occhi inclinati Russell, allontanarsi piano dal mare e dal mio corpo steso il suo pick-up Giapponese scintillava al sole, lo vidi montarci su e partire a grande velocità. Senza nessuna parola, senza nessun respiro, senza nessun voltarsi, mentre mi sembrava di vedere come in una allucinazione alcuni petali di rose scivolargli  tra le ruote…

Mi alzai senza forze dalla mia forma di sabbia e mi incamminai con passi incerti, verso la macchina.

 

“Più non voglio partire verso quelle grandi coppe della sera.

Stringere le mani ghiacce delle ombre più care..

Più non posso lasciare quelle arie disperate…

Ne raggiungere quei vasti contorni che mi aspettano al largo..

Ciò malgrado m’avvio verso quei volti informi verso mobili linee che m’accerchiano sempre.

Le linee dei miei occhi tracciano nell’indistinto quei paesaggi confusi quei giorni misteriosi, con le sembianze del tempo ebbro quando passa l’amore.

Un amore senza oggetto che arde giorno e notte e consuma la sua lampada il mio petto così stanco..

Di legare i sospiri che muoiono volvendosi azzurre lontananze caldi paesi bianche sabbie.

Il greto su cui rotola l’oro donde germina indolenza, il molo tiepido dove il marinaio si addormenta.

L’acqua perfida che giunge a accarezzare la dura pietra sotto il sole goloso che bruca la verzura…

Il pensiero assopito pesante che fa segno con gli occhi, i ricordi leggeri inanellati sulla fronte..

Il riposo senza risveglio in un letto troppo profondo.

Il pendio degli sforzi rimandati a domani, il sorriso del cielo che scorre nella mano…

Ma in specie i rimpianti di questa solitudine o cuor serrato o cuor pesante o cuor profondo…

Giammai tu del dolore prenderai l’abitudine.”[viii]

 

Alzai gli occhi al cielo e guardai le nuvole, diventare lentamente  più scure.

Riportai la mente hai passi incerti di Russell sulla sabbia, mentre se ne andava via per sempre…

Mentre guidavo verso casa, mi sembrò di vedere la strada sprofondarmi davanti.

Ma cosa stavo facendo? mi domandai ,con le lacrime che mi appannavano gli occhi.

 Dovevo fare marcia indietro e ripartire a tutta velocità verso l’aeroporto di Fiumicino,

fare anche un solo piccolo tentativo, bloccarlo per non partire o bloccare l’aereo….

 

 “Ancora un ‘ora “

“Ancora un ‘ora “

“Ancora un ‘ora “…….

 

mi ripetevo, ossessionatamene nella testa.

Inchiodai bruscamente con il piede sul freno, mi guardai per una attimo attorno e con un violento gesto del volante girai verso l’indicazione, che mi avrebbe portata da lui.

Correvo come una disperata tra le macchine, tra le stradine tra i miei pensieri…

Frenai di colpo e abbandonai la macchina, nel parcheggio dell’aeroporto.

Correvo ancora, ma più disperatamente.

Entrai attraversando di corsa le porte automatiche,lasciando scorrere gli occhi sul tabellone degli delle partenze…

“Il Volo Az 219  da Roma per Sidney, partiva alle 11.00.”mi sembrava di non riuscire a leggere l’orario, sentivo i miei pensieri accelerare e le mie parole rallentare piano.

I viaggiatori che mi passavano davanti mi sembravano invisibili, avevo occhi solo per quell’ora.

11.00

11.00……guardai  l’orologio, le lancette segnavano le 10 e 50….

Mi girai di scatto tra alcune persone che, mi stavano dietro per leggere il tabellone e inciampai rovinosamente su un distinto signore, con la barba bianca ed una strana valigia in mano.

“Mi scusi, non volevo”gli sussurrai ,appena.

Lui mi guardò con uno strano sguardo e mi disse alcune parole, con un tono lamentoso della voce.

Mi rialzai da terra e mi accorsi che cadendo, mi ero fatta male ad  un ginocchio..

Mi incamminai senza lamentarmi e iniziai a correre con fatica, verso l’uscita di imbarco dei passeggeri.

Mi guardai in giro ma Russell non c’era, non era seduto nella sala di aspetto e vista l’ora  pensai che si era già imbarcato sull’aereo.

La sicurezza mi bloccò all’ingresso della stazione, che portava all’imbarco…

“Signorina se non ha il biglietto non può entrare”mi disse, uno della sicurezza con una strana voce impertinente e fermandomi con le braccia tese.

Lo guardai per un istante…

“La prego devo assolutamente parlare, con una persona che è salita sull’aereo..” gli risposi, con gli occhi che mi bruciavano dalle lacrime.

“Mi dispiace, ma non posso aiutarla”mi disse ancora, squadrandomi il viso accuratamente.

Mi sentii morire lentamente…

Mentre continuavo a supplicarlo, di lasciarmi passare.

Ma invano…

Lo guardai darmi  un’occhiata rapida, voltai lo sguardo verso il grande vetro che mi lasciava ammirare l’aereo dov’ era Russell, mentre osservavo imbarcare molto lentamente i passeggeri.

Mi aggrappai con tutta la disperazione al vetro, le lacrime scendevano copiose sul mio viso….

 

“Lacrime di cristalli ghiacciate scendevano sulle stalattiti del mio cuore.

Acqua su acqua, che continuamente scendeva  sul mio viso rigato….

Soffrivo ma negavo a me stessa..avrei voluto comunicare con il mondo esteriore, ma avevo paura delle mie sensazioni oblique…

Lacrime miste a sangue del mio cuore, lacrime di ghiaccio che trafiggevano i miei occhi come lame.

Anima naufragata, avrei voluto salvarti, ma continuavo a piangere e a morire affogata nel mio cuore..

Lacrime trasparenti vi chiesi aiuto…

Ma voi non mi sentivate e continuavate a scendere inesorabili…

Cercai di raccogliervi dentro la mia anima, ma oramai non riuscivo più a contenervi.

E’ la fine….pensai con gli occhi sommersi da un velo d’acqua limpida..

Morirò senza di lui..e del ricordo del suo sorriso, che era per me una goccia d’acqua nel deserto…

Se solo potesse ascoltare ancora per un istante il mio cuore…”

 

Pensai ancora, ingoiando lacrime su lacrime.

 

La voglia di averlo accanto a me, per l’ultima volta superava  la paura di perdere questo involucro che mi univa al mondo.”[ix]

 

 Appoggiai la testa sul vetro e guardai con un incrocio complicato, di pensieri e di immagini l’aereo che lentamente richiudeva il portellone, per prepararsi a partire.

“Ti amo Russell”gli dissi, con le parole che si fermavano sul vetro appannato dalle mie lacrime.

Sentivo il rombo dei motori, e il mio cuore battere parzialmente.

Mi voltai verso la sala d’aspetto e appoggiai le spalle nude sul vetro, socchiusi gli occhi e aspettai  l’aereo alzarsi verso il cielo….

Scivolai piano per terra,  con addosso memorie tattili dei nostri brevi giorni.

Mi voltai di nuovo verso quel vetro sottile, come a cercare per l’ultima volta il suo viso tra le nuvole del cielo, ma vidi solo una lunga scia di vapore che, annebbiava i miei occhi e le mie sensazioni.

Mi alzai e attraversai con passi lenti la sala d’aspetto…

I raggi del sole mi penetravano gli occhi, rallentando i miei passi verso il parcheggio.

Sentivo il cuore,consumarsi ad ogni pensiero del suo viso…

Scivolai in macchina  e con una completa assenza di emozioni, partii verso i miei giorni senza di lui…. Alzai per un istante lo sguardo dalla strada e sentii il corpo e la mente, ricoprirsi di spilli.

Cercai di parcheggiare la macchina con minimi movimenti, il dolore al ginocchio cominciava a farsi sentire. Entrai in casa, una strana sensazione di soffocamento mi diede il benvenuta..

Guardai Tecla stiracchiarsi da un lungo sonno e lanciai uno sguardo furtivo alla tazza del tè che, avevo bevuto prima della sua partenza. Guardai attentamente ogni cosa che mi ricordasse che lui era stato li con me, ad un tratto il mio sguardo si posò su due fotografie, fermate con una pinzetta metallica sul frigo, mi avvicinai e le presi tra le mani. Russell era lui nella foto, lo immaginai nella sua fattoria a cavalcare i suoi cavalli con i muscoli a fior di pelle.

Su una delle due fotografie, c’era scritto qualcosa…

Rimasi a leggerla ferma con la testa appoggiata al frigo, mentre sentivo le lacrime formare un reticolo d’acqua, davanti hai miei occhi.

All’improvviso lo squillo del telefono mi fece rinsavire, appoggiai le foto sul tavolo e alzai la cornetta con una totale mancanza di forze nelle mani, mentre sentivo le lacrime bruciarmi sul viso.

 “Lisa, è tutta la mattina che ti cerco, ma dove sei finita?”mi disse, una voce squillante.

“Lucy!!!”le sussurrai, schiarendomi la voce incerta.

“Va tutto bene Lisa?”mi domandò, in tono preoccupato.

Era tutto così difficile da spiegare…pensai.

“Tutto bene Lucy, allora stasera dove cantiamo?”le domandai, con un tono della voce sostenuto e  cercando di tornare con la mente a pensieri distanti da Russell.

“Al pub Mediterraneo”mi rispose, raccomandandomi di essere estremamente puntuale.

“Ok ci sarò..”le risposi, ruotando gli occhi verso la chitarra appoggiata vicino allo stereo, proprio  come l’aveva lasciata Russell.

“Allora a stasera alle nove” mi disse, Lucia  in tono tranquillo e non aggiungendo altro.

 La salutai e mi incamminai verso il bagno, avevo bisogno di una doccia, di sentirmi addosso dell’acqua fresca che lavasse via dal viso queste mie lacrime calde.

Mi spogliai molto lentamente e mi infilai sotto la doccia….

Parole su parole affollavano la mia testa, immersa nella densa schiuma dello shampoo.

Ritornai con la mente, hai giorni passati insieme a Russell.

 

“I think of you every minute of the day, I love you every minute of the day;

you gone is hollow, bored, undearable.

I feel under some emotional anaesthetic,

Unable to plan or think or white or feel;

Mais ça ira, these thinghs will go, I feel in an odd way against appearances, things will come out right with us, perhaps.

As you say, we got across the Godstow Marsh, reached Cumberland and its hairbreadth Roman roads, climbed Hadrian’s Wall, and scared the stinking Pict.

Marriage? That’s another story.

We saw the diamond glare of morning on the tar.

For a minute had the road as if we owned it.”[x]

 

 

Uscii dalla doccia con le lacrime che, si mescolavano con le gocce d’acqua ferme sulle mie labbra.

Mi buttai sul letto e incominciai a pensare a Carla  persa in ufficio a sbrigarsi anche il mio lavoro, a Laura che non era tornata a dormire ieri notte, ed a  Lucia, Angela e Sara, che questa sera mi aspettavano tutte emozionate per la nostra serata nel pub. Pensai ad Elena e Fabrizio, con i corpi distesi sotto ad una palma, sperduti in un’isoletta deserta e pensai  a Russell al suo dolce viso, hai suoi occhi che ogni volta che mi guardavano, mi sembrava di vederci dentro una luce così forte da farmi male…

I suoi occhi avevano il colore dell’esatta linea blu del cielo, che si incontra nel mare.

Pensai se li avessi guardati abbastanza a lungo, da non  riuscire a dimenticarli…

Guardai fuori dalla finestra con la testa inclinata sul cuscino, il lieve vento faceva ondeggiare le nuvole…

Socchiusi gli occhi a quello scenario appagante e mi addormentai come una bambina, esausta dei suoi giochi.

Mi svegliai piano, una luce morbida filtrava attraverso la finestra…

Un leggero vento, muoveva le tende bianche.

Allungai una mano verso il comodino e afferrai la sveglia che nei giorni che Russell era con me, aveva ripreso stranamente a funzionare.

“Le otto!!”esclamai, alzandomi di scatto dal letto…

Ripassai velocemente nella testa le parole di Lucia.

“Allora a stasera alle nove…” mi disse, con un tono della voce tranquillo.

Aprii piano l’armadio, mentre cercavo di togliermi di dosso l’accappatoio che durante il sonno si era asciugato sulla mia pelle.

Frugai un po’ con le mani al suo interno e tirai fuori un pacco largo e piatto..

Scostai i fogli di carta velina che lo avvolgevano e mi si presentò davanti il vestito per la serata, il tessuto di cui era fatto luccicava in tutto il suo splendore metallico.

Lo stesi sul letto, mentre mi tiravo su i capelli con le mani.

Lo guardai luccicare di fronte a me, mille colori turbinavano e scintillavano in chiari e scuri allo stesso tempo.

Me lo lasciai scivolare addosso come seta e una forte vertigine, mi avvolse la testa.

Presi i sandaletti con il tacco alto da un’altra scatola e rimasi ferma davanti allo specchio, a guardarmi affascinata.

Sembravo al centro di una tempesta di colori e di sfumature che facevano risaltare, in modo drammatico la mia pelle bianca..

I lunghi capelli mi sfioravano le spalle in leggere onde  e gli occhi sembravano lanciare, strani lampi ora verdi ora grigi.

Feci un passo indietro e afferrai la mia borsetta di lamè..

Mi accorsi di respirai a stento quando nel salotto, mi piegai per prendere la chitarra..

Ero triste e malinconica e quei sandaletti con il tacco alto, mi facevano barcollare pericolosamente sia il corpo che la mente.

Avrei voluto restarmene a casa a leccarmi le ferite, ma pensai alle ragazze e alla loro immensa voglia di esibirsi in un nuovo pub.

Respirai a fondo ed aprii la porta.

Lanciai uno sguardo nello specchietto retrovisore della macchina e partii.

Con un immenso sforzo, cercai di staccare l’immagine di Russell nei miei occhi..

Dovevo continuare a vivere, pensai stringendo i denti.

Ma stavo male non potevo negarlo, non potevo nasconderlo a nessuno.

E questa sera se ne sarebbero accorte anche Lucia, Angela e Sandra.

Arrivai al pub, stringendo la chitarra tra le mani.

Le ragazze mi salutarono eccitate dal palco.

Avrei voluto tornarmene indietro, come potevo cantare questa sera? non mi sentivo la voce, il respiro e avevo dimenticato tutte le parole delle canzoni.

Mentre attraversavo il lungo corridoio del pub, mi sentii gli occhi dei clienti addosso, me li sentivo scivolare lungo la schiena e assalirmi nei miei pensieri.

Guardai l’orologio e poi il viso preoccupato di Lucia le nove precise, puntuale pensai cercando di darmi un tono felice.

Iniziammo la serata con un pezzo forte dei Litfiba, tanto per smuovere le acque calme del pub.

Mentre cantavo, mi sentii la voce uscirmi a tratti dalle labbra….

E il corpo dimenarsi in maniera rigida, di fronte alla gente che urlava e bevevo birra.

Pensai che se me ne fossi fatta un goccetto prima, adesso sarei stata più sciolta.

Ma prima che quel pensiero prendesse consistenza nella mia mente, la canzone stava oramai terminando.

Un caloroso applauso, ci avvolse le orecchie.

Mi voltai verso le ragazze e gli feci un’ok con la mano.

“Hey bella  ..”mi sentii, dire improvvisamente.

Mi voltai lentamente e vidi un ragazzo molto giovane che, con un gesto della mano mi chiedeva di  avvicinarmi a lui.

Mi inginocchiai dal palco e mi avvicinai al suo viso pieno di lentiggini.

“Volevo chiederti se mi potevi cantare una canzone di Vasco Rossi”mi domandò, arrossendo in viso.

“Ma certo, come si chiama la canzone?”gli risposi, con un sorriso.

“Anima fragile”mi disse, allargando i suoi occhi scuri.

“Ok!”gli risposi, mettendomi in piedi.

Lo guardai allontanarsi verso uno dei tanti tavoli e ringraziarmi con una strana, luce negli occhi.

Parlai un po’ con le ragazze e poi incominciammo a suonare, la canzone richiesta.

Mi  sentii il cuore frantumarsi in mille pezzi ed ogni piccolo frammento, mi parlava di Russell.

Pensai se mai lo avessi rivisto, mentre sentivo attraversarmi il cuore da un senso di mancanza in spiegabile.

Forse un giorno seduto ad ammirare la Fontana di Trevi, attraversare con passi incerti i Fori Imperilai o fermo con lo sguardo, verso il Colosseo…

Forse…..

Forse….

Mentre iniziai a suonare con la chitarra, cercai di annegare i miei occhi nella sua immagine la polverizzai in tanti piccoli cristalli di luce e mi persi a pensare che, quei cristalli mi potessero illuminare da un posto molto lontano da me, l’Australia.

 

“E tu chissà dove sei anima fragile…

Che  mi ascoltavi immobile, ma senza ridere..

E ora tu chissà dove sei, avrai trovato amore o come me cerchi soltanto un’avventura…

Perché non vuoi più piangere…

E la vita…continua anche senza di noi che siamo lontani ormai..

Da tutte quelle situazioni che ci univano, da tutte quelle piccole emozioni che bastavano….

Da tutte quelle situazioni che non tornano mai..perché con il tempo cambia tutto e lo sai e cambiamo anche noi..e cambiamo anche noi….

La, la, la ……..”

 

Ancora un applauso…

Scendemmo dal palco emozionate, stringendo le  mani che si allungavano verso di noi.

Salutai  Angela , Lucia e Sandra ed uscii dal locale.

 afferrai una delle tante rose che, affollavano distese il muretto al mio fianco, la strinsi forte tra le dita e con lo sguardo rivolto ad uno spicchio di luna, m’ incamminai sussurrando

queste parole tra labbra ….

 

“Russell come me , le nuove rose sentiranno la tua mancanza.”[xi]

 

             ……Continua                                                 

 


[i]Che questo non sia più dinanzi a me” di  Rainer Maria Rilke

 

Che questo non sia più dinanzi a me da cui oso volgere il viso:

strade aperte, cielo, terre- il sorriso di nessun volto caro che le confonda.

Tutta la pena dei possibili amori giorno e notte ho sentito tornare:

confusi un tempo e remoti, ma uguali nel rifiutarmi una gioia serena.

Nessuna notte futura più dolce sarà di quella notte lontana, quando allo sguardo di noi rassegnati ogni discordia di nuovo fu piana.

Accanto a lei innamorata nel sonno forse il distacco sembrava più lieve.

Il mare per questo dolce volere dell’amica che dorme, una donna.

Quando ogni cosa che soli ci ha avuti stupiva come un tradimento,

ora che tu sai che la candela brucia se per angoscia il tuo lume si è spento.

[ii]Senza risposta” di Luciano Erba.

[iii] Accettami per tuo uomo, e dammi tutte le chiavi delle tue paure e lascia che coi baci ti asciughi queste lacrime. Rifugiati da me.

Non voglio farti male, o amore! Lascia che io ti riscaldi.

Da “The New Husband” Katherine Mansfield

[iv]

STRINGERTI

 

Questa volta non è diverso

Controllo la mia brama di nutrimento

Cacciando all’inseguimento del tuo odore

Attraverso la cucina

Questo tipo di riunione mondana

Lascia spazio ai discorsi

E io ti parlerei

Ma sono combattuto

 

Se sapessi a cosa stavo pensando

Probabilmente mi affogheresti

In quello che stavi bevendo

Sicuramente io nuoterei

Sicuramente io nuoterei

Sicuramente io nuoterei

Per stringerti

Per stringerti

 

Brividi impercettibili

Attraverso una stanza affollata

Ogni volta che ti vedo

Mi ossessioni

So che è possibile

Ho sognato che si avverava

Che lo lasciavi

E mi vuoi

 

In che tenuta sei?

E’ la povera ragazzina

La mia principessa

La mia regina?

Le prendo tutte

Le prendo tutte

Le prendo tutte

Per stringerti

E per stringerti

 

Se sapessi a cosa stavo pensando

Probabilmente mi affogheresti

In quello che stavi bevendo

Sicuramente io nuoterei

Sicuramente io nuoterei

Sicuramente io nuoterei

Per stringerti

Per stringerti

Per stringerti

 

[v] “Adesso calma e sangue freddo…” di Patrizia Valduga

[vi] “La costruzione di un amore” di Ivano Fossati

[vii] “Le strade non portano” di Josè Hierro Real

[viii] “Sempre l’amore” di Pierre Reverdy

[ix] “Lacrime” di Cristina Fusi

[x] “Matrimonio” di Robert Lowell

 

“Ti penso ogni minuto del giorno, ti amo ogni minuto del giorno,

ti amo ogni minuto del giorno;

senza te tutto è vuoto, tedioso, intollerabile.

Mi par d’essere sotto un qualche anestetico emotivo, incapace di volere o pensare o scrivere o sentire;

mais ça ira, queste cose andranno, lo sento in modo strano nonostante le apparenze, le cose andranno a buon fine per noi, forse.

Come dici, abbiamo attraversato la palude di Godstow, raggiunto il Cumberland e le sue strade romane risicate,scalato il vallo di Adriano e impaurito i puzzolenti Pitti.

Il matrimonio? Quella è un’altra cosa. Abbiamo visto il bagliore di diamante del mattino sull’asfalto.

Per un momento tenemmo la strada come nostra.”

[xi] “Il mantello” di Ezra Pound

Conservi il tuo petalo di rosa finché non sia finito il tempo delle rose, forse credi che la Morte voglia baciarti?

Forse credi che la Casa Buia ti troverà un amante come me? Le nuove rose sentiranno la tua mancanza?

Il mio preferisci al mantello di polvere disteso sopra l’anno che è passato, assai più devi temere dal tempo che dai miei occhi.

 

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