Le Fan Fiction di croweitalia

titolo: Momentanea Infermita' Mentale
autrice: AleNash
e-mail: alessandradonnini@yahoo.it
data di edizione: 15/02/2003
argomento della storia: Russell Crowe, l'attore
riassunto breve: Una fan riesce a intrufolarsi ad una conferenza stampa...
lettura vietata ai minori di anni: 
Premessa: l’ispirazione per la stesura di questa storia è nata venendo a conoscenza di un episodio “particolare” della vita di Russell Crowe, riportato anche dai telegiornali, che mi ha fatto tornare in mente il periodo in cui ho incominciato a conoscere l’attore in questione. Ringrazio tanto Kya per aver messo in rete il file in cui appunto è riportato il servizio del TG che fa riferimento al suddetto episodio (19 Febbraio 2002) e dedico questa storia in particolare a chi, come me, ha particolarmente apprezzato il film “A Beautiful Mind”. (AleNash)

 

Momentanea infermità mentale

Una “raccomandata”! Ecco come sarei stata definita dalla stragrande maggioranza delle sue fans: una lurida, schifosa, fetente “raccomandata”. Lo sapevo, come negarlo? Ma che ci potevo fare? Era vero! Non avrei mai potuto avere l’opportunità di trovarmi lì in quel momento se non fosse stato per Roberto. ‘Che bello avere amici come lui…’ pensavo tra me e me.

 

Era successo tutto così in fretta, avevo visto il film tre giorni prima ed ero uscita dal cinema con l’assoluta certezza non solo di sentirmi una persona nuova, più ricca dentro, ma di aver “scoperto “ un talento della recitazione… Russell Crowe? Ma chi era fino a 96 ore prima? Un emerito nessuno, o meglio, un tizio che aveva vinto un Oscar per un film che mi ero rifiutata di veder al solo pensiero di dovermi sorbire raccapriccianti scene di sangue, lo stesso tizio di cui si era parlato spesso nei TG perché, pare, qualcuno minacciava di volerlo rapire dopo aver girato un film, sempre a me sconosciuto, con lei…lei però sì che la conoscevo … Meg Ryan … la “mia” Meg, di cui avevo adorato ogni singola commedia romantica e della quale ho tentato per anni di emulare la pettinatura senza ascoltare i consigli della mia parrucchiera di fiducia: “ Tesoro, con i capelli lisci e fini che ti ritrovi nemmeno se te li “cementifico” con tre chili di cera li avrai come lei!” Ma io ero testarda, come sempre.

Poi finalmente…la “rivelazione”: esce “A Beautiful Mind” e io guardando i trailer decido che nemmeno sotto tortura me lo riusciranno a far perdere, e mi trascino dietro mia madre.

“Chi sono gli attori?”

“Jennifer Connelly, te la ricordi quella di “Labyrinth”?”

“Ah, sì.”

“E poi quell’altro,… com’è che si chiama il tizio del “Gladiatore”?

“Ah sì, aspetta…Russell Crowe.”

“Ecco, brava”

“Ok, si può andare”.

Uscita dal cinema non ho parlato per dieci minuti, altrimenti mi sarei messa di nuovo a piangere, di gioia, di commozione, di ogni cosa.

 

‘Ma chi è sto John Nash? Ma chi è sto Russell Crowe?’

Scatta quello che in gergo universitario è definito l’ennesimo “corso monografico”: mi attacco ad internet alle ore più assurde della notte per scoprire chi sia John Nash, mi leggo la biografia, mi studio la sua teoria dell’equilibrio e leggo ogni singolo dettaglio della preparazione, svolgimento e messa in scena di un film che sta diventando la mia piacevole ossessione. Cliccando sull’icona “Russell Crowe” scopro che il personaggio ha all’attivo più di 20 film…uno più , uno meno; scopro che LUI era stato il prete da me notato, in un film osceno, in un’interessante quanto “poco pratica” scena di sesso con la Stone; era quello al quale Kevin Spacey aveva “soffiato” la statuetta nel 2000 ed era quello che se l’era poi presa nel 2001 … forse “soffiandola” a Tom Hanks? Poco mi importava di quest’ultimo dettaglio; in quel momento, dal nulla più totale, come un’artista che lavora con la creta, sotto le mie mani si stava venendo a creare l’immagine di una personaggio che sotto ogni profilo suscitava sempre di più il mio interesse. Quel film aveva lasciato qualcosa di straordinariamente positivo dentro di me: qualcuno lo doveva sapere…LUI lo doveva sapere e mi sarei fatta in ottomila pezzi pur di avere l’opportunità di rubargli 15 minuti del suo tempo per dirgli quanto immensamente bravo fosse stato. Cosa scopro? Il 19 Febbraio sarebbe stato a Roma per un’intervista? ‘ Roberto, dov’è il numero di Roberto?!’

 

“Pronto Roby?”

“Ciao Ale! Tutto bene?”

“Benissimo, tu?”

“Non c’è male! Che mi racconti di nuovo?”

“Arrivo al dunque?”

“Arriva al dunque!”

“Ho visto “A Beautiful Mind”

“Anche tu? Ti è piaciuto?”

“Non ti riesco nemmeno a dire quanto!”

Sento che ridacchia dall’altra parte del filo.

“Lui è qualcosa di sconvolgente tanto è bravo!”

“Anche tu innamorata del Gladiatore?”

“Ma se io quel film non l’ho nemmeno visto!”

“Ah già, dimenticavo…troppo sangue non lo reggi.”

“Infatti.”

“Sì, lui è notevole… un po’ pieno di sé, ma decisamente bravo.”

“Come?”

“Lascia stare, dimmi piuttosto che posso fare per te.”

“Roby,…il tuo giornale manda sempre te a fare le foto per l’intervista del 19, vero?”

Ride di nuovo, mi sa che ha capito dove voglio andare a parare.

“Ale… sai cosa mi stai chiedendo?”

“L’impossibile?”

“No, …se mi chiedi una copia della foto che gli farò solo per te è cosa fattibile, è quello che mi stai per chiedere che non so se rientra nelle mie possibilità.”

“Roby”- dissi tutto d’un fiato- “ devo parlargli per un secondo, solo per dirgli quanto mi sia piaciuto!”

“Ale, che tu possa parlargli è praticamente impossibile, scordatelo fin da adesso, quando sti tizi arrivano hanno i minuti contati e spesso non vedono l’ora che quei minuti passino.”

“Vederlo…tu fammelo vedere e poi mi arrangio io!”

“Ale..”

“Ti prego!”…lo stavo letteralmente implorando, forse sarei anche stata capace di mettermi a piangere al telefono…”Roby, tu hai visto il film, vero?”

“Sì”

“TU sai perché mi è piaciuto tanto, vero? Lo so che lo sai! Sai che ho passato un’Estate di inferno e sai il perché…dopo quel film io sono diventata un’altra … lo so è solo un film, ma a volte le risposte alle domande che ti fai ti arrivano dalle fonti più impensabili e…” avevo esaurito le mie ragioni…dall’altro capo del telefono Roberto ascoltava in silenzio, ero certa che mi stesse ascoltando, mi ero sempre confidata con lui e sentivo che capiva perfettamente quello che stavo dicendo. Mi interruppe con calma.

“Ti prometto che farò il possibile, va bene?”

“Grazie ! Grazie! Grazie!” ero euforica.

“Ma non garantisco nulla, ok? Ora fai la brava, vai a dormire e ti chiamo quando ho delle novità. “

Il giorno dopo ho passato il tempo passeggiando per la casa col cellulare in mano come se stessi passeggiando con il mio fidanzato, finalmente squilla.

“Roby”

“Eccoci!”

“Dimmelo!”

“Allora, ho pregato il mio capo in cinese, arabo e tailandese…”

“Sì…” le mie speranze si stavano letteralmente sgretolando davanti ai miei occhi.

“Quando ho iniziato a pregarlo in russo, si è impietosito…”

Ed ecco che il castello di carta incomincia , come per incanto, a risollevarsi da solo.

“Ale, … solo perché sei tu…solo perché so che sei una tipa che non gli farà lo spogliarello appena lo vede, … potrai venire con me…”

Lo interruppi

“Oddio…”

“A patto che…”

“Tutto quello che vuoi!”

“Starai buona e zitta.”

“Assolutamente”

“Niente urletti isterici…”

Rido

“Per chi mi prendi?”

“Scusa, ti sto leggendo l’elenco di raccomandazioni che ha lasciato il mio capo…e soprattutto…”

“Sì”

“Mi starai sempre vicino e non ti metterai davanti agli altri fotografi.”

“Ok!”

“Ale?”

“Cosa?”

“Dovrai essere invisibile, mi hai capito? Mi hai chiesto di fartelo vedere e lo vedrai, ma se fai ‘ba’…”

“Sarò la tua ombra ,Roby!” gli rispondo con calma, “Non ti preoccupare.”

“Brava!” sento che è soddisfatto.

“Roby..”

“Dimmi”

“Che cosa potrò mai fare per sdebitarmi?”

“Non ti preoccupare, mi fa piacere che il tuo umore sia cambiato e anche il tuo atteggiamento verso le cose; ti sento positivamente aggressiva…e se dobbiamo ringraziare un film o chi lo ha interpretato, ben venga. …Spero solo che tu non rimanga delusa.”

“Non sarà così!”

Non ci credevo…dovevo dirlo a qualcuno o sarei scoppiata, ma a chi? Ma certo! A Cristina, la più aggiornata persona che io conoscessi su ogni singolo avvenimento hollywoodiano, la mia inseparabile amica che fin dall’epoca del liceo aveva condiviso con me ogni singola gioia e paturnia ‘lei va pazza per Tom Hanks…ma fa lo stesso…la chiamo comunque!’

“Cosa??!”

“Cris, sul serio, non sto in me dalla gioia!”

“Oh mamma, Ale … ma ti rendi conto che vedrai Massimo Decimo Meridio?”

“Chi?”

“Ah già che tu non l’hai visto il “Gladiatore”, ma devi troppo vederlo…non puoi conoscere Russell Crowe senza aver visto il Gladiatore…è da pelle d’oca! ..Certo…nulla in confronto a Tom…”

‘Oddio, ha incominciato a parlare di Tom…la sto perdendo.’

“Cris,… Cris… ti prometto che appena posso lo noleggio e lo guardo!”

“Devi assolutamente! Cavolo, chissà come sei emozionata…fatti fare l’autografo mi raccomando … sai quanta gente vorrebbe essere al tuo posto?”

“Me lo posso immaginare…”

“Ale, quando Tom Hanks verrà in Italia chiedi al tuo amico di fargli una foto solo per me?”

“Certo Cris!”

“In bocca al lupo e salutami Russell!”

“Crepi il lupo…e sarà fatto!”

 

19 Febbraio 2002

Ed eccoci qui, il gran giorno è arrivato; c’è una grossa massa di giornalisti cacciati in una stanza enorme con la targhetta ‘stampa’ attaccata sulla giacca, Roberto mi ha fatto passare per una collaboratrice e mi tocca sorreggergli la borsa dei rullini e degli obiettivi che ogni minuto che passa diventa sempre più pesante. Sono passati pochi minuti dal momento in cui il ‘divo’ si sarebbe dovuto presentare; …’d’accordo, dieci minuti glieli possiamo anche concedere…se gli orologi sono sincronizzati male…un quarto d’ora… avrà trovato traffico?’ Passata la prima mezz’ora i vari giornalisti presenti in sala incominciano a scalpicciare e rumoreggiare. Io me ne sto zitta zitta, buona buona sempre nei paraggi di Roberto; non proferisco parola, non faccio nessun commento, ma posso capire il forte senso di fastidio che della gente lì per lavorare stia provando. Incomincio anche a sentirmi un po’ a disagio. La mia presenza incomincia ad essere notata, se dovessero incominciare a chiedermi per che giornale lavoro o cose del genere, so che rimarrei lì come una platessa; cerco di farmi piccola piccola o come aveva detto Roberto…”invisibile”

“Puoi anche sederti ,se vuoi…” mi dice Roberto. “…tanto qui ho già capito come va a finire…”

“Perché?”

“Tanto bravo a recitare quanto a farsi desiderare, sono cose che odio!”

“Magari ha avuto problemi, o altri impegni…” cerco di sdrammatizzare , ma lo capisco benissimo. Roberto è sempre stato così preciso e puntuale nel suo lavoro che è normale aspettarsi da lui quel tipo di reazione. Intanto la prima ora è passata e l’andirivieni di giornalisti che parlano al cellulare, probabilmente con le rispettive redazioni, o che cercano in altro modo di avere informazioni che possano giustificare quell’assurda attesa, sta rendendo quella stanza satura di energia negativa.

‘Un’ora e un quarto…’ qualcuno inizia ad esprimere ad alta voce il suo pensiero e con una comprensibilissima mancanza di buone maniere:

“Oh, sto stronzo sta incominciando a rompermi i coglioni!”

Io sto iniziando a pensarla allo stesso modo. Sono in piedi dalle sei del mattino, felice ed eccitata, non ho nemmeno fatto colazione dall’emozione e ci ho messo un’ora per truccarmi e sembrare il più carina possibile per non fare sfigurare Roberto e soprattutto per poter guardare negli occhi Crowe con il più hollywoodiano degli sguardi. Inizio a sentire la stanchezza e a vedere sfumare la speranza di poterlo vedere, non parliamo poi di potergli parlare. Quasi mi sto dimenticando il motivo per cui sono lì. Socchiudo gli occhi che mi fanno male, sta per scadere la seconda ora…

…ad un tratto si sente un brusio, un vociferare sempre più vicino alla stanza in cui ci troviamo. ‘Sta arrivando, me lo sento’ I giornalisti non sono più ammucchiati vicino all’entrata ma sparpagliati qua e là nella stanza, forse anche loro si sono dimenticati il motivo per cui sono lì. L’addetto -stampa fa cenno alle persone che stanno per varcare la soglia, di entrare. Per ultimo entra LUI; Roberto si fa più vicino, io ritrovo le energie che mi avevano abbandonate e scatto in piedi. Russell Crowe è lì davanti a noi: giacca e pantaloni scuri, camicia azzurra, capelli sul lunghetto, barba di un po’ più di qualche giorno…’molto diverso dallo studente di Princeton visto da me 96 ore prima al cinema’, penso io. Ha una mano in tasca, si guarda un po’ intorno: nessuno lo assale, nessuno è ai suoi piedi. L’invito dell’addetto - stampa “Se volete fare delle foto…”…suona come “La carità vi è concessa”.

Nessuno fa un passo, Crowe sembra uno stallone irrequieto in quei pochi secondi. Io aspetto solo che qualcuno faccia qualcosa; so di non poterla fare io, mi è stato assolutamente vietato. Poi un giornalista sfoga la stanchezza e frustrazione di due ore di attesa.

“You are very unpolite!”

Oddio, adesso scoppia la rissa…no, non è così … il mio sguardo rimbalza veloce come una pallina da ping-pong tra quello dell’impavido giornalista e quello del divo. Tra le sue parole e la risposta di Crowe…passa una frazione di secondo…batte le mani come a cosa conclusa

“Ok, bye bye!”

Esce dalla porta più veloce di come è entrato e se ne va.

Rimango basita, non credo a quello che ho visto… e la borsa dei rullini si fa sempre più pesante.

“Ma tu guarda questo che razza di stronzo…” è l’unica frase distinguibile in un brusio di improperi.

Io mi sento la testa letteralmente scoppiare. Riesco solo a pensare a una cosa: ‘sono sveglia dalle sei, non ho mangiato, è da ore che non posso dire una sola parola, cosa per me peggio di qualunque tortura, sto reggendo sta borsa da ore …e per cosa? Per uno che dopo due ore che lo aspetto mi dice “bye bye”?!?’ Ah no, cocco! Questa cosa non la concederei nemmeno al mio fidanzato!’ Non so da quel momento in poi che cosa mi passi per la testa…probabilmente la nebbia assoluta.

Lascio cadere la borsa dalla spalla e attraverso con passo deciso la stanza; sento la voce di Roberto mentre mi allontano

“Ale, ti senti bene…ma dove vai?”

E quella di altri presenti

“Oh, ma che fa questa?!”

Mi sistemo i capelli in fretta e mi infilo nel corridoio fuori dalla stanza in cui si era svolta la scena madre. La cosa negativa è che non so dove andare, quella positiva è che mi sento bellissima! A qualcosa come trenta passi da me vedo un gruppo di quattro o cinque persone…’Ecco i gorilla’ e fra loro un’altra persona…Crowe…’ed ecco l’orso’ Rallento per non dare nell’occhio, ci riesco. Crowe entra in una stanza da solo, ‘bene’.

“Solo un secondo” dice agli altri” e chiude la porta.

‘Ale, ma a che cosa stai pensando ?’ A niente probabilmente, devo essere completamente pazza per pensare quello che sto pensando in quel preciso istante. Come quando si legge sui giornali che qualcuno ha ucciso qualcun altro e poi al processo dice che in quel momento con la testa non c’era. Ecco, così deve essere. Io, in quel momento, con la testa, non dovevo proprio esserci! Perché mai in tutta la mia vita sarei riuscita a trovare il coraggio di fare quello che di lì a poco avrei fatto.

Mi guardo attorno…nessuno bada a me o a quella porta. Sgattaiolo come uno scoiattolo, la apro e la richiudo alle mie spalle, mi volto subito.

“Hey - sbraita- ho detto un minuto!”

Mi ritrovo in un’altra stanza, arredata con poche cose: un tavolo, due poltrone, un tavolino più basso, due ampie finestre e …LUI, davanti a me giratosi di scatto al rumore della porta velocemente aperta e chiusa, con la sigaretta fumante in mano. Io, paralizzata.

“Sì?”

Ha lo sguardo serio, non cordiale, e mi guarda con l’aria di chiedermi chi cavolo io sia. E io probabilmente ho l’aria di chi pensa “ che cavolo gli rispondo adesso?!”

Rimango zitta per qualche secondo…

“Cerca qualcuno, signorina?”

‘Eccome se cerco qualcuno! E ce l’ho proprio davanti quel qualcuno! E ha un’adorabile faccia da schiaffi, quel qualcuno! Ma nel film era così attraente?’

“Cercavo lei” ‘voce seria e di chi sa cosa vuole! Brava Ale!’

“Me?” Rivolge leggermente l’orecchio verso di me come se non avesse capito. È chiaro che nei due secondi di numero che è stato nella stanza della “scena madre”, dove ci ha dato un saggio del suo “savoir-faire”, non mi ha nemmeno notata. Posso sfruttare la cosa a mio vantaggio.

Tremo di paura, ma fuori sono una roccia e probabilmente ho lo sguardo più arrabbiato del suo. Alzo un sopracciglio e faccio un passo in avanti verso di lui.

“Non le sembra di aver esagerato, signor Crowe?”

“Mi scusi?” fa un altro tiro deciso e butta fuori il fumo con altrettanta decisione. ‘Adesso mi prende di peso e mi sbatte fuori, me lo sento!’ Ma continuo e alzo pure la voce.

“Sì, prima, non le sembra di aver esagerato? Quella gente l’ha aspettata per quasi due ore…ha presente cosa vuol dire essere in ballo dal mattino presto? Penso di sì, no? Col mestiere che fa!…C’è gente che nemmeno veniva da Roma e si è vista trattare a pesci in faccia dopo due ore di attesa!…”

Mi ha ascoltato in silenzio, non ci credo, non ha mai smesso di fumare e mi sta guardando con uno sguardo che più che serio, definirei ora, decisamente incazzato. Lo so che mi tratterà peggio che a quel giornalista, è solo questione di secondi. Spegne la sigaretta e fa per riaccenderne un’altra, so che dirà qualcosa, ma io evidentemente, amo scherzare col fuoco più di quanto non avrei mai immaginato. Continuo per la mia strada e alzo ancora di più la voce.

“…e non so se lo ha notato, ma qui dentro è vietato fumare!!!”

Lo guardo fisso negli occhi e con un rapido cenno della testa gli indico il cartello rosso e bianco con la scritta “ no smoking” ‘Ale, se non ti scaraventa adesso è perché hai dei santi in Paradiso.’

Ha la sigaretta in bocca e l’accendino in mano, volge lo sguardo verso l’insegna sempre con la sigaretta che pende ad un angolo della bocca stile James Dean. Se la sfila dalla bocca e la tiene in mano. Ora so che esploderà. “Complimenti, Ale! Rompi le scatole ad un fumatore incallito quando è pure arrabbiato e vedrai quanti insulti ti vomiterà addosso!’

“Ok… lei chi è? Una giornalista?”

“No”

“Lavora qui nell’albergo?…Si è persa?”

“No, un mio amico era uno dei giornalisti, mi ha portato con lui”.

“Ah sì?…E perché?”

“Perché gliel’ho chiesto io!”

“Quindi non è una giornalista”

“Non sono una giornalista…”

“Ah…e a cosa devo questa…”

Cerca coi gesti di definire la mia intrusione, sempre con la sigaretta tra le dita, spenta, dalla quale però sembra proprio non riuscire a separarsi. Con le stesse dita che tengono la sigaretta si gratta nervosamente una tempia sempre guardandomi con quello sguardo tra il severo e lo stupito.

“Ho visto il suo film , sono sveglia dalle sei di stamattina e stanotte avrò dormito sì e no tre ore; non ho fatto colazione, ho mal di testa, il mio amico ha mosso mari e monti per farmi venire qui, l’ho aspettata due ore e, per la miseria, mi spiace, ma lei ora non se ne andrà via così!” Durante quel fiume di parole sono riuscita a muovere addirittura altri due passi verso di lui.

Mi guarda e non credo ai miei occhi: sta per accennare un sorriso.

“Lei fa l’attrice.”

“No!” lo guardo come se fosse lui l’idiota adesso.

“Dovrebbe farci un pensiero, signorina. Ha talento da vendere!”

Penso che dovrei girare i tacchi e andarmene, ma non lo faccio. È da quando ho visto quel film che mi sento una persona diversa, una che può abbattere qualunque muro le si presenti davanti. Anche quello di un divo con l’aria prepotente. Sono andata lì per una ragione precisa e non intendo andarmene.

“Non le sto chiedendo di chiedere scusa per il suo comportamento, signor Crowe. Sono impulsiva quanto lei, mi creda, e se mi avessero dato della scortese avrei reagito come lei, andandomene, soprattutto sapendo di avere torto! Io voglio solo che mi dia il quarto d’ora per cui sono venuta qui!” In realtà non era previsto proprio nessun quarto d’ora quando avevo parlato con Roberto, ma quella frase mi era uscita liscia come l’olio dalla bocca e rimango piantata a quattro passi da lui aspettando una risposta. ‘Ma era così bello nel film?’

Prende il pacchetto di sigarette dalla tasca dietro dei pantaloni, lo apre e rimette dentro la sigaretta che fino a quel momento aveva tormentato tra le dita. Chiude il pacchetto e lo getta sul tavolo, ma non in modo brusco; si appoggia al tavolo con le braccia conserte, con una gamba davanti all’altra e la punta del piede rivolta verso il basso.

“Lei non è una giornalista.” ora sembra calmo

“No” sembro calma anch’io

Inclina di tre quarti il viso, socchiude leggermente un occhio e accenna un sorriso

“Sicura?”

“Sicura.”

“Ok…che cosa vuol sapere?”

“In che senso?”

“Ha visto il film … che cosa vuol sapere del film?”

“Niente, so già tutto del film, io volevo parlare con lei!”

“Oh…” ha alzato la testa e poi annuito un paio di volte, non senza una punta di ironia.

“Mi dica”

“Lei è bravo, mi è piaciuto molto, credo che abbia dato tanto alla riuscita del film e …indirettamente ha dato molto anche a me”. Mi guarda in silenzio e forse…non lo so, non mi sembra la stessa persona che ho visto in quella stanza girare le spalle e andarsene con aria saputa.

“In che senso?”

“In che senso cosa?”

Fa un gesto con la mano come per dare forma alla sua spiegazione.

“Ha detto che il film le ha dato tanto,…in che senso?”

Non mi piace raccontarmi, … su cose personali poi, meno ancora, ma ho dalla mia il fatto che di certo le mie parole moriranno con lui visto che dubito si sognerà di raccontare i fatti miei a qualcuno. Prendo fiato.

“…ok, l’estate scorsa è successo qualcosa che ha scosso molto la mia famiglia da un punto di vista emotivo; ho passato un bel periodo a non sapere come affrontare la cosa, convinta che a un problema del genere non ci fosse soluzione. Ho cercato di darmi una spiegazione razionale, per mesi e mesi, fino a quando …qualcuno mi ha fatto capire che forse più che nella mia mente avrei dovuto cercare la soluzione …altrove….Forse se non avessi deciso di andare al cinema quel giorno sarei ancora qui a dannarmi l’anima. Potrà anche sembrarle ridicolo tutto questo, ma da quando ho scoperto chi è John Nash e da quando ho scoperto chi è lei, la prospettiva delle cose nella mia vita è cambiata notevolmente.”

Mi ha lasciata parlare senza dire una sillaba, devo considerarlo un buon segno?

“Come sta la sua famiglia?”

Sorrido

“…come si dice, signor Crowe, … se oggi non va tanto bene, si riprova di nuovo domani, no?”

Annuisce come se la cosa lo interessasse, forse però è vero. Sta incominciando a piacermi sto Russell Crowe…diretto, ma allo stesso tempo discreto.

“Era questo che voleva dirmi?”

“Più o meno questo, sì”

“Ed è sveglia dalle sei, ha detto?”

“Esatto”

“Senza colazione?”

“Senza colazione.”

“Vuole una gomma?” Mi offre un pacchetto di gomme alla menta.

“No, grazie” e gli sorrido

“Lei è di Roma?”

“No, vivo vicino a Milano, il mio amico è di Roma.”

“Ah già, il giornalista….ho fatto un giro per Roma, … prima.”

“Un giro lungo, direi” gli dico sorridendo non senza un pizzico di sarcasmo

Risponde al sorriso, forse ha apprezzato la battuta.

“È una città fantastica”

“La mia preferita in Italia, sì”

“Mi fa piacere che il film le sia piaciuto…”

Sorrido “Lo so già quasi tutto a memoria”

“… e che abbia avuto quest’effetto positivo su di lei”

“Penso che non lo avrà soltanto su di me”.

“E adesso che farà?”

“Bè…penso che comincerò a vedermi gli altri film che ha fatto. Una mia amica insiste perché io veda ‘il Gladiatore’ ”

Sorride un po’ stupito, ma forse anche lusingato dal fatto di essere stato notato per la prima volta in un film dove il suo talento traspare al di là della mera prestanza fisica.

“Non l’ha visto?”

“Non mi piacciono i film con troppo sangue”

“Non ce n’è poi troppo, direi che è più che sopportabile… E poi lei non mi sembra una persona che si ferma davanti a un po’ di sangue, o mi sbaglio?” mi sorride: l’allusione alla mia intrusione nonché “piazzata” è più che chiara e non posso far altro che rispondere al sorriso un po’ imbarazzata.

Guarda l’orologio al polso, il “mio quarto d’ora” è certamente più che scaduto e decido che è il momento di togliere il disturbo. Ormai sono ad un passo da lui e gli porgo la mano per stringere la sua e salutarlo.

“Signor Crowe…grazie per il suo tempo.”

Mi porge la mano e stringe la mia .

“Signorina…”dice per salutarmi.

Gli sorrido e mi volto per andarmene; gli ho detto quello per cui ero venuta e sono felice, al settimo cielo, direi. Sento la sua voce quando ormai sono alla porta.

“…lei ha un nome o devo continuare a chiamarla ‘signorina’?”

Sento aprirmi il cuore a quelle parole giunte al mio orecchio così perfettamente recitate quanto sorprendentemente inaspettate; mi sembra di essere di nuovo al cinema con l’unica differenza che il “Professor Nash” sta parlando con me. Mi volto con un sorriso e vedo che lui sta lì, sempre con le braccia conserte, sempre con le gambe nella stessa posizione, in attesa di una risposta. ‘Ma era così sexy nel film?’ Odio dire il mio nome perché in inglese me lo hanno sempre storpiato, ma non si può non rispondergli.

“Alessandra,…mi chiamo Alessandra”

Si avvicina a me con fare calmo ma deciso, mi prende il viso tra le mani e mi stampa un bacio sulle labbra più inaspettato ancora della materializzazione improvvisa del suo John Nash. Rimango ad occhi spalancati per un secondo e mezzo, incapace di dire o fare qualcosa, poi li chiudo e penso solo a respirare dal naso. La sua lingua ha il sapore di tutte le sigarette che si è fumato (tranne una), ma in questo momento mi importa ben poco.

A bacio concluso mi sistema una ciocca di capelli dietro all’orecchio e con una dizione italiana che ha del magistrale pronuncia il mio nome.

“Alessandra … scusa se ti ho fatto aspettare due ore!”

Devo aver avuto un fil di voce quando gli ho risposto che non c’era problema.

All’improvviso mi sento come risvegliata da uno stato di coma. ‘Che ci faccio qui? Ma questo qua è Russell Crowe? Ma… mi ha appena baciata? E io gli ho appena sbraitato in faccia che non poteva fumare? Sono io che ho lasciato la stanza dove avevo promesso a Roberto di starmene zitta zitta, per inseguire un attorone di quel calibro e dirgliene quattro sui suoi modi da cialtrone? Dove avevo lasciato la testa? Dove avevo trovato il coraggio? Forse sono stata inconsapevolmente drogata’. Mi dirigo verso la porta non credendo a quello che ho appena fatto, arrivata alla maniglia e ripreso in parte contatto con la realtà, mi volto verso di lui, probabilmente con l’aria un po’ rimbambita.

“Di solito non faccio queste cose, signor Crowe…entrare senza bussare, …sbraitare…non è da me, direi che lo potremmo considerare un episodio un po’…”

“Straordinario?”

“E definiamolo così.”

Mi guarda con un sorriso e l’aria saggia.

“Qualcosa di straordinario è sempre possibile”, mi strizza l’occhio e con un gesto della mano come per tranquillizzarmi aggiunge

“ E chiamami pure Russell.”

Gli sorrido e scuoto leggermente la testa sentendomi un po’ ridicola.

“Torno dal mio amico.”

“Salutami la tua famiglia”

Chiudo la porta alle mie spalle e torno dal corridoio che avevo percorso un quarto d’ora prima, incurante dello sguardo delle guardie del corpo che mi segue con aria interrogativa ‘Che ci faccio qui? Non sono affari vostri!’

Arrivo nella stanza di prima, i giornalisti sono quasi tutti andati via. Roberto mi aspetta seduto su un divanetto e appena mi vede scatta in piedi e si dirige verso di me.

“Si può sapere dove sei stata?”

Rido senza dire niente

“Tu ne hai combinata una delle tue!”

“Te la posso dire una cosa, Roby?”

“Sentiamola!”

“Quel Russell Crowe è davvero un gran figo!”

Mi guarda con aria di compatimento.

“Ho capito…ti porto a fare colazione…la mancanza di zuccheri ti sta facendo straparlare.”

Uscendo non riesco a resistere e lo abbraccio stampandogli un bacio sulla guancia

“Roby, ti devo pranzo e cena!”

“Ah bè, vorrà dire che quando riuscirai a parlargli mi offrirai anche il ‘dopo cena’.

“Ah sì?”

“Come minimo!”

Fine

AleNash (2003)

 

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