Russell Crowe sulle riviste italiane... e non

(pagina 42)

TV Sorrisi e Canzoni n. 9 del 24/2/2002. Grazie a Kya per le scansioni e l'OCR!
A BEAUTIFUL MIND
Russell Crowe è il mattatore dell'ultimo film di Ron Howard, la biografia romanzata di un bizzarro economista alla strenua ricerca di un'idea scientifica originale. Una "mente bellissima" minacciata da un male terribile, la schizofrenia.

Il Cineracconto

E'il 1947. Mentre il senatore McGarthy comincia la sua crociata anticomunista, John Nash (Russell Crowe) viene ammesso a Princeton per la specializzazione in matematica. I suoi colleghi vengono tutti da ricche e influenti e si sentono naturalmente destinati al successo. Nash invece è entrato nella prestigiosa università grazie a una borsa di studio; fra i colleghi si sente isolato, ammette di essere misantropo e di non sapere corteggiare le donne, ma è fermamente deciso a trovare un‘idea originale che rivoluzioni le conoscenze scientifiche. Una sera, studiando le reazioni dei colleghi davanti a una bella ragazza, John comincia a fonnulare una teoria sull’interazione sociale che lo porta in breve a un ambitissimo posto di ricercatore e professore. Dalla cattedra, Nash attira l’attenzione di due nuovi personaggi: Alicia (Jennifer Connelly), una delle sue allieve più intelligenti, che diventerà sua moglie, e William Parker (Ed Harris), un dirigente della Cia che lo chiama per un incarico top-secret...

--------------------
Di Alberto Anile

Genio e sregolatezza, disturbi mentali in una «mente bellissima».
Hollywood si lascia sedurre da uno scienziato (quasi) pazzo e gli dedica un film, «A Beautiful Mind».

Biografia o non biografia? Il film racconta la vita di John Forbes Nash jr., matematico schizofrenico, autore della «teoria dei giochi», insignito del Nobel per l’economia nel 1994: lo scrittore Akiva Goldsman ha costruito la sceneggiatura partendo dalla biografia «11 genio dei numeri. Storia di John Nash, matematico e folle» di Sylvia Nasar, (in Italia da Rizzoli), e il regista Ron Howard si è studiato il personaggio chiedendogli di poter assistere personalmente a una sua lezione. Tecnicamente parlando, però, il film non è una biografia: «Prendiamo ispirazione dagli elementi della sua vita vera», ha spiegato Howard
allo scienziato; «se c’è qualcosa su cui possiamo basarci per stimolare la nostra creatività, bene, ma non si tratta di una biografia e Russell Crowe non sta facendo esattamente lei».
Perciò parecchio è stato inventato, molto semplificato, moltissimo edulcorato. Il personaggio è storico (e fra, l’altro, vivente) ma quello che ha affascinato gli autori è la lotta di un genio contro una malattia mentale che rischiava di trasformarlo nell’esatto opposto, un minorato.

Russell Crowe... 
Seguendo i consigli del regista, l’australiano Russell Crowe ha creato ex novo il personaggio di Nash evitando l’imitazione. Ha attinto a qualche fotografia, ha guardato qualche filmato, ma ha sempre rinviato l’incontro con il modello. Finché, il primo giorno di riprese, il vero Nash si è presentato sul set.
Colto di sorpresa, Crowe gli ha offerto un tè e una chiacchierata (l’attore ha poi utilizzato alcuni brandelli della conversazione dentro il film), scoprendo che Nash lo seguiva da tempo ed era un suo fan. L’attore lo ha ringraziato con una performance straordinaria, un impressionante tour de force di sguardi vitrei, dita tremolanti e andature sbandate che potrebbe valergli il secondo Oscar della sua carriera.

... e tutti gli altri. 
L’altra sorpresa interpretativa del film è Jennifer Connelly, la bambina di «C’era una volta in America», la ragazza di «Rocketeer», la tossicodipendente di «Requiem for a dream». Diva precoce, la Connelly ha attraversato un lungo periodo di semi-oblio e oggi il ruolo della paziente moglie di Nash rischia di rilanciare clamorosamente la sua carriera. Da segnalare almeno altri due nomi del cast: nel ruolo del dottor
Rosen, medico curantc di Nash, ritroviamo Christopher Plummer («Tutti insieme appassionatamente», «Wolf»,«Dalla parte del cuore»), un grandissimo che si concede col contagocce; mentre Ed Harris interpreta l’agente governativo Parcher aggiungendo un filo d’ironia alla sua faccia da «duro gentile» stile Richard Widmark.

Mezzo secolo dl storia.
Il film attraversa cinquant’anni di vita americana, dall’inizio della guerra fredda ai giorni nostri.Questo, oltre a rendere ricco e variegato il lato scenografico del film, rischiava di complicare il lavoro di Crowe, alle prese con un personaggio dall’evoluzione complessa e altalenante: da studente asociale a professore invidiato, da schizofrenico pericoloso al premio Nobel che è oggi. Per semplificare, Ron Howard ha fatto una cosa che nel cinema non succede quasi mai: ha girato tutto il film seguendo l’ordine cronologico della storia. È partito da Princeton e ha concluso con la consegna del Nobel. A proposito del quale vale la pena di ricordare un piccolo aneddoto: mentre girava la scena, Crowe ha tirato improvvisamente fuori dal cappotto l’Oscar ottenuto per il «Gladiatore». «Visto che dev’essere una premiazione», ha detto al regista, «rendiamola vera». La platea di figuranti ha gradito l’improvvisata garantendo alla scena un entusiasmo e una commozione autentici.

McCarthy.
Il film parla di un premio Nobel; di teorie matematiche applicabili alla società; di un amore che sa resistere a ogni prova. E anche, in filigrana, della paranoia anticomunista del senatore MacCarthy, che investì l’America tra gli Anni 40 e 50 con la famosa caccia alle streghe. Tanto tragica e folle fu quell’ossessione quanto assurde le visioni di Nash, convinto per buona parte del film di dover decrittare misteriosi messaggi che gli attivisti «rossi» avrebbero disseminato fra le pagine di popolari periodici. Qui il film diventa metafora: la schizofrenia dello scienziato è il riflesso di una grande nazione che rischiò più volte di perdere il contatto con la realtà.

Il nostro parere.

Già autore dei due ultimi «Batman», lo sceneggiatore Goldsman ha confezionato il classico «biopic» (biographic picture) hollywoodiano: curatissimo, narrativamente coerente, prevedibile e commovente allo stesso tempo.
Howard lo ha diretto con semplicità adatta al grande pubblico e in grado di raccogliere qualcuno degli 8 Oscar per cui e in lizza. A bilanciare i difetti c’è l’interpretazione di Crowe, perfezionista versatile stile De Niro, che da sola copre ampiamente il prezzo del biglietto.

A. A.
TV Sorrisi e Canzoni n. 9 del 24/2/2002. Grazie a Kya per le scansioni e l'OCR!
TV Sorrisi e Canzoni n. 9 del 24/2/2002. Grazie a Kya per le scansioni e l'OCR!
Russell il ruvido

Un Oscar annunciato, doti eccezionali, modi bruschi. Ecco la nuova star venuta dall’Australia

Russell Crowe? Scostante, umorale e con pochissima simpatia per i giornalisti. In poche parole, le premesse ideali per un’intervista. L'incontro è fissato al Dorchester Hotel di Londra. Un ruolo difficile per un’interpretazione magistrale. Degna di un Golden Globe, assegnato all’attore lo scorso 20 gennaio, e quasi sicuramente anche di un Oscar. Camicia scozzese e jeans, di persona Russell Crowe è più affascinante che sullo schermo.
Merito dello sguardo. Inquieto, profondo e indagatore.

Che cosa si aspetta da questo film, un altro Oscar?
«E una grande storia, ma parlare di Oscar è prematuro. Spero però che siano premiati sia Ron Howard, un regista incredibilmente bravo cui non è ancora stato dato il giusto riconoscimento, sia Jennifer Connelly».

Come si è preparato a un ruolo così difficile?
«Non ho un metodo precostituito. Ogni personaggio è diverso dall’altro e prevede una diversa disposizione. Ho letto la biografia di Nash scritta da Sylvia Nasar; ma mi è servita solo come base».

Ha mai avuto contatti con il mondo delle malattie mentali?
«Sì. Conoscevo qualcuno che era schizofrenico, ma preferisco non parlarne. Per quanto riguarda Nash, la cosa che mi ha coinvolto di più è stato il fatto che metà della propria vita l’abbia vissuta nella fantasia. L’inquietudine della sua mente mi hanno toccato profondamente. E questo perché al contrario di quello che scrivono i giornali, sono una persona sensibile».

Lei ha fama di essere un duro. È vero che c’era la preoccupazione che la sua personalità schiacciasse Jennifer Connelly?
«Balle!», replica senza mezzi termini. «AI contrario di quello che tutti pensano, sono un uomo attento. E sono un attore. Lo sono da quando ero piccolo e non ho bisogno di dimostrarbo ancora. Che bisogno avrei di fare il duro sul set? Al contrario ho fatto in modo di aiutarla. La sa una cosa? La situazione più "finta" cui mi tocca sottostare sono proprio le interviste...
Ho sempre il sospetto che qualunque cosa dica venga poi usata per dare di me un’idea negativa». 
Sapere perché la pensa così o che cosa sia successo tra lui e la stampa d’oltreoceano è impossibile. Così come avere notizie sulla sua vita privata. «No comment» è la sua risposta. Prima di andarsene, però, forse per mostrarmi il suo lato «buono», Russell mi regala un dolce, impagabile sorriso. 

S. M.
TV Sorrisi e Canzoni n. 9 del 24/2/2002. Grazie a Kya per le scansioni e l'OCR!
vai alla pagina della stampa n. 41 - vai alla pagina della stampa n. 43

 

Questo sito e' creato, mantenuto e gestito da lampedusa. Se hai bisogno di contattarmi, scrivimi all'indirizzo lampedusa@tin.it. Se hai delle informazioni da segnalarmi, contattami via email. Il sito e' online dal 21 febbraio 2001. Pagina creata il 29/03/2002 - aggiornata 13/02/2003