Nel volume La cultura del
narcisismo, Christopher Lasch ha messo in rilievo come, negli anni ’80, si vivesse in un’epoca di
“aspettative decrescenti”, dove l’inflazione provocava l’erosione degli
investimenti e dei risparmi, il futuro si faceva incerto e minaccioso, e
soltanto gli sciocchi rimandavano a domani il divertimento che potevano avere
oggi. Nella discontinuità sociale la tendenza all’autoconservazione sostituisce
quella del “miglioramento di sé”, la cultura del narcisismo diviene una
modalità per massimizzare i vantaggi a breve termine. I giovani, imparano ad
abbandonare il mito del “self-made man” severo, ascetico e laborioso, modello
di operosità, moderazione e soprattutto autodisciplina[1] per sostituirlo con uno di massimizzazione degli interessi
personali immediati.
Il narcisismo, nei suoi aspetti positivi
(quali la ricerca dell’eccellenza personale, il miglioramento del proprio
aspetto in relazione agli altri) ed in quelli negativi, da analizzarsi
successivamente, costituisce un carattere della cultura contemporanea
ampiamente accolto dall’universo giovanile, che sarà oggetto di analisi
dettagliata per meglio comprendere il formarsi dei nuovi “soggetti” della
cultura postindustriale.
L’uso che ne ha fatto uno studioso
della cultura contemporanea, come Lasch, è alquanto differente dalla definizione originale di Freud utilizzata per “designare il comportamento di una persona che tratta il
proprio corpo allo stesso modo in cui è solitamente trattato il corpo di un oggetto sessuale”.[2] In tutti gli uomini il “narcisismo
primario” non sarebbe una perversione, bensì “il complemento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione”, una componente che è
legittimamente attribuita ad ogni essere vivente.[3]
La fonte primaria del narcisismo,
da intendersi come istinto di sopravvivenza ed autotutela, si
differenzia col crescere dell’individuo in amore per se stessi, e più
specificamente in:
L’autoerotismo infantile si
trasforma, con la crescita in età adulta in sublimazione di un’ideale dell’Io.
“Lo sviluppo dell’Io – scriveva Freud – consiste nel prendere le distanze dal narcisismo primario e dà luogo
ad un intenso sforzo per recuperarlo”. Tale allontanamento si effettua per
mezzo dello spostamento della libido su un ideale dell’Io imposto dall’esterno,
derivato dai modelli familiari oppure sociali[4], e il soddisfacimento è ottenuto grazie al raggiungimento
di questo ideale socialmente approvato.[5]
Si può aggiungere, a
quest’annotazione, che nel periodo dell’adolescenza il raggiungimento dell’Io
ideale è ancora da completarsi (come nota pure l’Erickson[6]). Di qui il permanere di uno stato di inadeguatezza ed
insoddisfazione esistenziale che caratterizza la prolungata adolescenza nella
nostra società.
In questo secondo caso si
tratta di un episodio di regressione al passato: “L’Io ideale – scrive Freud – si rivolge a quell’amore di sé di cui l’Io reale ha goduto
nell’infanzia... L’uomo si è mostrato ancora una volta, come sempre nell’ambito
della libido, incapace di rinunciare a un soddisfacimento di cui ha goduto in
passato. Non vuole essere privato della perfezione narcisistica della sua
infanzia”.
“Il processo adolescenziale – scrive
Eugene H. Kaplan – comprende i compiti evolutivi di adattarsi alla maturazione
fisica e sessuale, di raggiungere l’indipendenza dai genitori, di realizzare
relazioni d’amore eterosessuali e di fare progetti ed impegnarsi per il futuro.
Tutto questo richiede una ristrutturazione ed una crescita intrapsichiche in
cui si associano regressione e progresso, accompagnandosi ad angoscia ed a
sentimenti di lutto. Questi avvenimenti intrapsichici comportano gradi
variabili di tensione manifesta a livello comportamentale ed emozionale, oppure
nessuna di queste manifestazioni”.[7]
Basandosi su studi longitudinali,
J. Offer ha descritto tre percorsi evolutivi lungo l’adolescenza normale: un
gruppo a “crescita continua” che non mostrava perturbazioni nella età
evolutiva, con una valida fiducia in se stessi; un gruppo a “crescita
fluttuante”, caratterizzato da uno sviluppo a scatti, più portato alla
depressione ed all’angoscia, con una maggiore dipendenza dai genitori e dai
coetanei; un terzo gruppo a “crescita tumultuosa”, caratterizzata da dubbi
ricorrenti su di sé e conflitti sempre più intensi con i genitori.[8] In condizioni ideali, il processo adolescenziale
comprenderebbe trasformazione e continuità senza interruzioni sofferte:
tuttavia non sempre le condizioni ambientali e del carattere della persona lo
permettono.
Manifestazioni tipiche del ritorno
all’infanzia, riscontrabili nel narcisismo giovanile sono l’indulgenza verso se
stessi che può assumere aspetti creativi, come la ricerca di una
bellezza esteriore nel sesso femminile – al fine di recuperare quell’archetipo
della prima giovinezza – di forza e prestanza fisica nel sesso maschile, il
recupero volontario da uno stato di malattia temporaneamente debilitante e più
generalmente il riscatto da posizioni di
inferiorità, oppure aspetti involutivi e nevrotici, di ritorno al mito
medievale del “Paese di cuccagna”, esprimibili con la ricerca del
piacere ad ogni costo, con eccessi di consumismo di cibo e/o generi vari
alternati ad anoressia, e – nei casi più gravi – di regressione omosessuale
oppure di ricerca della felicità originaria in paradisi artificiali.[9]
È una premessa essenziale per i
processi d’identità e di identificazione. Da una parte questo tipo di amore si
rivela nello sviluppo di un’identità equilibrata, capace di interagire con
l’ambiente. “L’osservazione dell’individuo normale adulto – scriveva Freud – rivela che la sua megalomania di un tempo si è smorzata e che sono
sfumate le caratteristiche psichiche da cui avevamo inferito l’esistenza del
suo narcisismo infantile”.[10]
D’altronde, questo stesso
sentimento porta alla ricerca di riconoscimento sociale ed amore da parte di
altri. La sensibilità dei giovani, rispetto alle opinioni del gruppo di
riferimento di cui fanno parte, di premi e riconoscimenti ufficiali, di
incontri ed amicizie, ed infine la ricerca di un innamoramento romantico sono
aspetti di questo aspetto costruttivo del
narcisismo. Ad esso Freud attribuisce un’importante componente della personalità femminile
adolescente:
Il paragone tra l’uomo e la donna
rivela poi che nei confronti del tipo di scelta oggettuale esistono fra i due
sessi differenze di fondo, ancorché non riscontrabili ovviamente in ogni
singolo caso[...] Lo sviluppo segue un corso diverso nel tipo di donna che
incontriamo più frequentemente, e che rappresenta, probabilmente, anche il tipo
femminile più [...] autentico. Con lo sviluppo della pubertà dovuto alla
completa maturazione degli organi sessuali femminili latenti fino a quella
fase, sembra prodursi nella donna un incremento dell’originario narcisismo che
non risulta propizio alla configurazione di un amore d’oggetto vero e proprio
con la relativa sopravvalutazione sessuale. Specialmente quando sviluppandosi
le donne acquistano bellezza, interviene in esse una sorta di autosufficienza
che le compensa dei sacrifici che la società impone alla loro libertà di
scegliersi il proprio oggetto. A rigore queste donne amano, con intensità
paragonabile a quella con cui sono amate dagli uomini, soltanto se stesse. In
verità i loro bisogni non le inducono ad amare, ma piuttosto ad essere amate; e
si compiacciono degli uomini che soddisfano questa loro esigenza. Alle donne di
questo tipo va attribuita un’importanza grandissima per la vita amorosa del
genere umano.[11]
Queste caratteristiche del
narcisismo femminile porterebbero all’amore romantico. L’“autosufficienza” e
l’“inaccessibilità” del femminile esercita un “enorme fascino sugli uomini” i
quali “avendo rinunciato alla totalità del proprio narcisismo, sono alla
ricerca di un amore oggettuale”.
Studi successivi, tuttavia, hanno
mostrato che non si tratta solo di una realizzazione nella sfera sessuale, ma
anche negli aspetti sociali del genere e della personalità. Proprio durante
l’adolescenza si scopre il proprio talento.
È più comune che un talento fiorisca
alla pubertà e, anzi, questo periodo della vita può far sentire molte persone
medie particolarmente dotate. Si aprono nuovi mondi intellettuali;
all'improvviso il giovane comprende ogni genere di cose, fino a quel momento
nascoste e oscure; senza preavviso avverte emozioni la cui dolcezza e intensità
sembrano scoperte radicalmente nuove, qualcosa che nessuno potrebbe aver
provato prima. A un periodo della vita in cui molti giovani scrivono poesie
perché devono farlo, anche se forse ciò non accadrà mai più. Non sorprende che
una capacità latente per qualche forma di creatività, che si tratti di canto,
pugilato o matematica astratta, venga ora ad essere fruita e trovi
un'espressione concreta.[12]
L’adolescenza, aggiunge N. Rudas,
è anche l’epoca in cui si tende a padroneggiare tutte le forme di pensiero e di
linguaggio, compreso quello scritto.
L'adolescente acquisisce competenza
nell'uso della scrittura, di cui riesce ad elaborare la dimensione astratta e
metaforica. Tramite lo sconfinamento della prospettiva cognitivo-simbolica e
l'amplificazione del linguaggio il ragazzo si apre così all'esplorazione del
mondo esterno e all'analisi più sottile e profonda di quello interno. Non a
caso, proprio in questa età si affidano spesso al diario o alla pagina più o
meno segreta le riflessioni e le composizioni poetiche e narrative. Il gusto
dell'adolescente per l'introspezione e il suo bisogno di immergersi in una
dimensione immaginativa e intima denotano una nuova capacità di ricerca e
comprensione della realtà, anche basata su aspetti fantastici, estetici,
linguistici. Sotto questo profilo l'adolescenza può essere l'età
dell'iniziazione letteraria, della sua cifra e del suo stile.[13]
Gli aspetti creativi del
narcisismo sono stati a lungo sottovalutati dalla psicologia dell’adolescenza e
dalla psicoanalisi, che si sono soffermate sul trattamento degli aspetti
“patologici” dello stesso periodo. Eppure, per la considerazione sociologica di
questo gruppo di età, costituiscono un argomento di centrale interesse, che
spiega anche sotto la prospettiva della trasformazione e del progresso, la
diversità che si rileva tra le generazioni.
Nei suoi aspetti creativi il
narcisismo costituisce una forma di risposta individuale ai problemi del
sociale dopo la delusione delle aspettative, i timori e la violenza
connessi alla massiccia partecipazione politica che ha caratterizzato la
gioventù degli anni ‘60 e ‘70 che si è affidata a forme di impegno collettivo.[14] I giovani degli anni ’80 e ‘90 non si riconoscono più
in: (a) una forma ideologica ed una tattica politica che accomunino le esigenze
individuali in domande di massa e le livellino secondo criteri di uguaglianza
ideologica che scarsamente riflettono circostanze reali. Al contrario vogliono
tenere tali esigenze distinte come fini di vita personali come parti
costituenti la loro libertà. Inoltre, (b) i giovani degli anni ‘80 si tengono
distanti da forme di azione rivendicativa che strumentalizzino l’individuo e
sacrifichino la libertà individuale alle scelte politico-ideologiche di gruppo.
Ne deriva una separazione tra individuo e società, nelle scelte e nelle azioni,
e la rinnegazione di una comunanza di interessi che possa unire il singolo agli
altri.
Quello che viene qui chiamato
“narcisismo” costituisce una forma di reazione comprensibile e legittima
rispetto al clima totalitario e a quella violenza “chiliastica” che hanno
caratterizzato – come ha osservato Gianni Statera – il tardo movimento del ‘68 nelle sue pendici
rivoluzionarie (il maoismo e Potere Operaio, prima, il terrorismo dopo) miranti
a strumentalizzare l’individuo per fini politici non sempre trasparenti.[15]
Le caratteristiche del narcisismo
contemporaneo che saranno al centro della nostra attenzione sono le seguenti:
–
l’amore ed il rispetto per se
stessi, dimostrato non solo nell’autoconservazione e nell’autotutela (contro
un patologico istinto di morte), ma anche nella coltivazione della propria
persona, sia dal punto di vista formale ed estetico, che dal punto di vista
intellettuale;
–
l’amore per l’ambiente,
naturale ed umano, che viene coltivato in tutta la sua piacevolezza estetica e
sociale, ambiente nel quale piace riconoscersi e stare a proprio agio, da
interpretarsi come “residuo” del narcisismo primario.
Questo tipo di amore ed
integrazione col mondo circostante, ricercato con mezzi prevalentemente
pacifici, attraverso uno sviluppo graduale della persona nel mondo che lo circonda,
contrasta fortemente con una visione “dialettica” e conflittuale della società,
in cui le idee ed i modi di vita sopravvivono attraverso forme di lotta, gli
uni rispetto agli altri.
Già nel 1964, in Eros e Civiltà,
Marcuse notava che:
Al di là di ogni autoerotismo
immaturo, il narcisismo rivela un’affinità fondamentale con la realtà, che può
generare un ordine esistenziale comprensivo. In altri termini, il narcisismo
può contenere il germe di un differente principio della realtà: la carica
libidica dell’Io (il proprio corpo) può diventare la fonte ed il serbatoio di
nuove cariche libidiche del mondo oggettivo - trasformando questo mondo in un
nuovo modo di essere.[16]
Indicatori di questo tipo
di narcisismo risorgente, a cui vengono particolarmente sensibilizzati i
giovani, sono:
a) una maggiore cura della
persona, anche nei suoi aspetti formali, di presentazione in pubblico, che
contrasta con il modo informale di presentarsi degli anni ‘60. Ciò può essere
individuato in fenomeni come:
-
il mantenimento di una
precisa separazione tra “pubblico” e “privato”, rendendo gli aspetti privati
della propria vita riservati ed inaccessibili ad estranei (protezione della
privacy), in contrasto ad una precedente epoca di disponibilità ad aperte e
pubbliche confessioni. Una rivalutazione strumentale, più che etica, del
“pudore” intesa a nascondere i propri difetti ed i propri vizi.
-
l’esplosione della moda,
sia come fenomeno apprezzato di abbellimento, sia come industria capace di
trasformare anche l’abbigliamento “casual” (comuni jeans) in pezzo “firmato”,
costituisce un altro segnale del desiderio dei giovani (e di coloro che
preferiscono seguire uno stile di vita giovanile) di distinguersi dalla massa e
di valorizzarsi a livello individuale, essendo disposti anche a pagare prezzi
esorbitanti per tagli di grido.
-
l’espandersi del mercato dei
prodotti relativi all’igiene personale ed alla cosmetica, non solo per
consumatori femminili, ma anche per un crescente consumo maschile, per apparire
in forma a qualsiasi età.
-
una rivalutazione
dell’esercizio fisico e dello sport nella vita individuale e familiare
considerati come elementi utili per lo sviluppo del fisico, per il mantenimento
della salute, e persino per attività relazionali, piuttosto che come componenti
(come nel passato) di una vita austera e disciplinata.
-
una esplicita richiesta di
diminuzione della fatica fisica nel lavoro, considerata fattore di deperimento
della persona (a causa degli sforzi e dell’esposizione a pericoli ed
intemperie), e di diminuzione dell’impegno lavorativo (come fattore stressante
capace di minacciare il proprio equilibrio psicofisico). Si preferisce delegare
l’impiego della forza fisica a meccanismi automatici, oppure a lavoratori
provenienti dal terzo mondo.
b) La disponibilità a coltivare le
qualità personali fino a raggiungere punte di unicità e/o di eccellenza. Questa
tendenza è visibile nel:
-
comune apprezzamento della
validità dell’istruzione superiore (secondaria ed universitaria), non solo a
fini lavorativi, ma anche quale strumento di affinamento personale e di
selezione elitaria.
Questo nuovo apprezzamento della
“funzione” non economica dello studio costituisce il superamento, in meno di un
arco generazionale, di una lunga polemica sulla disoccupazione intellettuale (e
quindi della mancanza di un nesso funzionale tra cultura formativa e lavoro)
che ha caratterizzato la critica della sinistra politica all’istruzione
universitaria. Nella prospettiva del nuovo narcisismo, lo studio e la cultura
che ne deriva divengono strumenti relazionali, attraverso i quali è possibile
ottenere posizioni di prestigio, di influenza e di potere, affermando la
propria capacità su quella degli altri. Nell’affermazione di un libero mercato
del lavoro e della “new economy”, quale meta ambita per arricchirsi ed ottenere
influenza, viene ad essere posta in secondo piano la certezza del posto di
lavoro, che aveva caratterizzato negli anni passati tante lotte sindacali.[17]
In conclusione, l’ambizione di
superiorità, che il narcisismo giovanile alimenta nel desiderio di rimanere al
centro dell’attenzione, può costituire il motivo principale per raggiungere
nuove punte di eccellenza, motivando i soggetti ad obiettivi più avanzati, e
per innalzare, in secondo luogo, i livelli medi, intesi come sottoprodotto di
una rinnovata attenzione dedicata alla persona.
Il narcisismo come amore e cura di
se stessi costituisce un aspetto certamente ambivalente, ma non necessariamente
negativo della società contemporanea.
All’istinto di narciso può infatti
essere collegata l’ambizione personale, la volontà di migliorare rispetto a
risultati ottenuti nel passato, la volontà di autoaffermarsi, la tutela di se
stessi e di coloro con i quali ci si lega ed infine la difesa dei propri interessi.
Secondo l’impostazione che ne
dà Freud, esso costituisce una spinta originariamente erotica. Unito assieme ad altre caratteristiche della personalità, il narcisismo
può avere importanti valenze sociali, a patto che siano tutelate certe
condizioni, quali: l’indipendenza individuale, la libertà di scelta e
l’identificazione dell’individuo con scopi socialmente compatibili.
Rispetto alle tendenze di
autodeterminazione dell’universo giovanile, già evidenziate nelle pagine
precedenti, non è possibile adottare una logica basata unicamente su
“costrizioni” e “vincoli” normativamente dati.
La combinazione praticabile è
basata sul congiungere il senso soggettivo del narcisismo
individualistico, che caratterizza la spinta interiore degli anni ‘80 e ‘90, alla
autopoiesi sociale, cioè all’autodeterminazione creativa comune a tutti
i sistemi viventi di cui i giovani sono parte.
Dal punto di vista di una
rinnovata teoria delle relazioni tra sistemi viventi, il legame tra individuo e
società (cioè tra un sistema autopoietico fisico ed un sistema
autopoietico sociale) è un legame relazionale, nella misura in cui i
bisogni reciproci vengano identificati e soddisfatti in maniera continuativa.
Scrive a questo proposito Humberto Maturana:
Nella misura in cui gli esseri umani
sono sistemi autopoietici, tutte le loro attività come organismi sociali devono
soddisfare le loro autopoiesi. Questo essi fanno del dominio sociale attraverso
il soddisfacimento delle preferenze biologiche primarie (stati di piacere) e
dei rifiuti biologici primari (stati di dispiacere) che costituiscono
l’immediato dominio sperimentale nel quale, come componenti di una società,
necessariamente realizzano i loro mondi individuali e contribuiscono alla determinazione
dei mondi individuali di altri.[18]
Il rapporto fra individuo e
società non è necessariamente un rapporto armonico e vincolante. Un sistema
autopoietico, cioè creativo di sé stesso, secondo la definizione che ne danno i
fautori del concetto, “partecipa alla costituzione di un sistema sociale solo
fintantoché partecipa ad esso, cioè, solo in quanto realizza le relazioni
proprie di un componente del sistema sociale. Conseguentemente, in principio,
un sistema autopoietico può entrare o lasciare un sistema sociale in un
qualsiasi momento soddisfacendo oppure no le appropriate relazioni, e può
partecipare simultaneamente o in successione a molti diversi sistemi sociali”.[19]
Le “macchine” autopoietiche sono autonome,
cioè “subordinano tutti i cambiamenti al mantenimento della propria
organizzazione, indipendentemente da quanto profondamente possano altrimenti
essere trasformate nel processo”.[20] Il narcisismo mantiene mentalmente questo stato di
autonomia ed indipendenza, rivolgendo l’individuo su se stesso.
La “macchine” autopoietiche hanno individualità,
cioè “tenendo la loro organizzazione come un invariante nella sua produzione
continua, esse mantengono attivamente una identità che è indipendente dalle
loro interazioni con un osservatore”.[21] Il narcisismo riconosce ed enfatizza tale individualità,
distinguendola da individualità simili.
Le “macchine” autopoietiche sono unità,
a causa della loro specifica organizzazione autopoietica, e solo a causa di
essa, “il loro operare specifica i loro confini nei processi di
auto-produzione”.[22] Il narcisismo, come modo relazionale rispetto ad altri,
ribadisce l’unitarietà dell’essere individuale ponendo confini e limiti
all’interferenza altrui.
Le “macchine” autopoietiche non
hanno input od output dai quali sono dipendenti e vincolate. “Esse possono
essere perturbate da eventi indipendenti e subire cambiamenti strutturali
interni che compensano queste perturbazioni.[...] Qualunque serie di
cambiamenti interni abbia luogo, tuttavia, essi sono sempre subordinati al mantenimento
dell’organizzazione della macchina”.[23] Il narcisismo spinge al mantenimento della indipendenza ed
alla sostituzione di tutte le relazioni che possano apparire vincolanti
rispetto all’autonomia dell’essere.
Dal punto di vista della teoria
generale dei sistemi viventi, “ogni genere di società è biologicamente
legittimo. Tuttavia non tutti sono ugualmente desiderabili come sistemi nei
quali un essere umano osservatore può desiderare di vivere”.[24] La capacità che l’uomo ha, come essere sociale centrato sul
linguaggio, di diventare osservatore, e di operare come se fosse esterno alla
situazione, gli permette di contemplare le società che egli integra e di far sì
che gli piacciano oppure no. Altri sistemi viventi integrati (ad esempio, i
coralli) non hanno questa possibilità, cioè tale “libertà”.
Nei processi
di socializzazione che riproducono, nelle generazioni, modelli mentali e
comportamentali, è possibile distinguere una fase (che inizia con
l’adolescenza) di identità e distacco nella quale l’individuo compie,
autonomamente e con minor sacrificio, le valutazioni concernenti il suo
posizionamento in una rete di relazioni sociali.
Crescere come membro di una
società consiste nel diventare strutturalmente accoppiato ad essa; l’essere
strutturalmente accoppiato a una società implica avere strutture mentali e
morali che conducono alla conferma comportamentale della società.
Nel dominio delle società umane
questo significa la stabilizzazione della condotta umana; ma la stabilizzazione
della condotta umana comporta sempre una restrizione di creatività attraverso
una restrizione delle possibili interazioni degli esseri umani “individuali”
che sono al di fuori di quelle
prescritte dalla società che essi integrano.[25]
Nell’ambito di questa visione
sociobiologica dei rapporti tra sistemi viventi e sistema sociale, appare
evidente come la gioventù, una volta affrancatasi dai limiti posti dall’infanzia, costituisca il momento di massima autopoiesi,
nel quale i rapporti di dipendenza dall’ambiente sono minimi. Nel momento in
cui subentrano e si affermano sull’individuo i vincoli posti dalla dipendenza
economica e quelli che naturalmente si affermano con l’iniziare di un nuovo
ciclo riproduttivo (al quale è collegato il vivere in famiglia), il
grado di autonomia diminuisce fortemente.[26]
È questa la ragione per cui
l’eterna giovinezza costituisce un mito ed un’utopia che accomuna la società
contemporanea a quelle passate, e la perdita della giovinezza un rimpianto
altrettanto universale.
Nella teoria biologica di Humberto
R. Maturana e Francisco J. Varela, tuttavia, non vengono compiute distinzioni di livello e
di stato nel sistema sociale a cui si riferiscono. In sociologia, al contrario,
risulta evidente come l’impulso verso la creatività possa essere sfruttato ai
vari stadi del ciclo di vita per socializzare, per educare, per sviluppare in
un’età adulta, per lavorare e produrre, per riprodurre e tramandare,
“sublimando” quindi l’autopoiesi a scopi non solamente individuali, ma anche
sociali, senza privare l’individuo di un senso di soddisfazione e di felicità.
La riduzione del dolore attraverso il quale i fini del sistema sociale
vengono ottenuti, sfruttando la creatività e
la produttività individuale, costituisce una delle conquiste della civiltà
contemporanea, una civiltà, per parafrasare Freud, che sembra aver ridotto il senso del “disagio”.
[1]. Christopher Lasch, La cultura del narcisismo. L'individuo in fuga dal
sociale in un'età di disillusioni collettive, trad.it. Bompiani, Milano,
1988, cfr. pp. 67-69. Rispetto agli anni ’80 nei quali scriveva Lasch
l’inflazione ha diminuito i suoi effetti devastanti.
Dal punto di vista teorico la posizione di Lasch si differenzia nettamente da quella di Erich Fromm che usa il termine narcisismo come sinonimo dell'individualismo “asociale” (p. 44); scrive il Lasch, “la precisazione teoretica è importante, non solo perché il concetto si presta facilmente a enfatizzazioni moralistiche, ma perché l'abitudine a identificare col narcisismo tutto quanto sia egoistico e spiacevole offusca la specificità storica. Gli uomini sono sempre stati egoisti e i gruppi sono sempre stati etnocentrici; non si ricava nulla ridefinendo questi attributi in termini psicoanalitici” (p. 45).
[2]. Sigmund Freud, Introduzione al narcisismo (1914), trad. it. di Renata Colorni, Boringhieri, Torino, 1976, p. 15.
[3]. Ibidem, p. 16.
[4]. Sin dalla prima infanzia, come mostrano i nostri studi sui sogni dei bambini (cfr. F.M. Battisti, Il mondo sociale dei sogni, Franco Angeli, Milano, 1998, cap. II), i mass media forniscono modelli ideali di autorealizzazione che vengono acquisiti dai bambini e fatti propri anche nei loro sogni.
[5]. S. Freud, Introduzione al narcisismo, op. cit., pp. 57-58.
[6]. Erik H. Erickson, Identity. Youth and Crisis, W.W. Norton, New York, 1968, specialmente il cap. 4 sulla confusione di identità. Il carattere polimorfo della identità sociale del bambino (e dell’adolescente) viene messo in evidenza da M. Merleau Ponty: “Il bambino e il primitivo si rassomiglierebbero semplicemente perché il bambino lascia meglio vedere un certo fondo comune a tutta l’umanità, a partire dal quale si realizzano le diverse selezioni naturali. Presso il bambino si ritrovano in abbozzo tutte le formazioni possibili. Nello stesso senso in cui Freud parla del polimorfismo sessuale del bambino, si potrebbe dire, secondo Lévy-Strauss, che il bambino è socialmente ‘polimorfo’. […] Questo significa semplicemente che vi è una pluralità di possibilità presso tutti i bambini, civilizzati o primitivi”. M. Merleau Ponty, Il bambino e gli altri, Armando, Roma, 1993, p. 32-33.
[7]. Eugene H. Kaplan, Gli adolescenti fra i quindici e i diciotto anni: un approccio psicoanalitico-evolutivo, in Stanley I. Greenspan, George H. Pollock, The Course of Life. Volume IV: Adolescence, International Universities Press, Madison, Ill., 1991; trad. it., Adolescenza, Borla, Roma, 1997, p. 228
[8]. J. Offer, Three developmental routes through normal male adolescence, in S.C. Feinstein, P. Giovacchini (eds.), Adolescent Psychiatry, vol. 4, Aronson, New York, 1975, pp. 121-141; D. Offer, The Psychological World of the Teenager, Basic Books, New York, 1969.
[9]. Roberta Pilleri Senatore, Amore, cibo e corpo, in Gli adolescenti e l’amore, a cura di Leonardo Tondo, Carocci, Roma, 1998, pp.127-142.
[10]. S. Freud, Introduzione al narcisismo, p. 46.
[11]. Ibidem, p. 39-40. Sempre secondo Freud, il superamento del narcisismo femminile avverrebbe con la generazione di una prole. “Nel figlio a cui danno vita, una parte del proprio corpo si presenta a queste donne come un oggetto estraneo al quale, a prescindere dal proprio narcisismo, possono ora offrire in dono il più pieno amore oggettuale” (p. 41).
[12] Joseph D. Noshpitz, Disturbi dello sviluppo adolescenziale precoce, in Stanley I. Greenspan, George H. Pollock, Adolescenza, op. cit., p. 146.
[13]. Nereide Rudas, Organizzazione adolescenziale e relazione amorosa, in Gli adolescenti e l’amore, a cura di Leonardo Tondo, Carocci, Roma, 1998, p. 28.
[14]. Ci riferiamo al saggio, scritto in precedenza, di C. Lasch, The Agony of the American Left (1969). La cultura del narcisismo, che segue la decadenza della sinistra, affonderebbe le sue radici in tendenze che si evidenziano alla fine degli anni '60.
[15]. Gianni Statera, Storia di un'utopia: ascesa e declino del movimento studentesco europeo, Rizzoli, Milano, 1973.
[16]. H. Marcuse, Eros e Civiltà, op. cit., p. 191.
[17]. Cfr. Jeremy Rifkin, La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato, Baldini e Castoldi, Milano, 1998; Robert Kurz, L' onore perduto del lavoro. Tre saggi sulla fine della modernità, Manifestolibri, Roma, 1997; Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, Milano, 2000.
[18]. Ibidem, p. 40.
[19]. Humberto R. Maturana, Francisco J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, Padova, 1985, p. 39.
[20]. Ibidem, p. 133.
[21]. Ivi.
[22]. Ivi.
[23]. Ibidem, p. 134.
[24]. Ibidem, p. 43.
[25]. Ibidem, pp. 42-43.
[26]. Si ha pertanto un “accoppiamento” tra poiesi individuale e poiesi sistemica, di cui Luhmann ha estesamente parlato in “Interpenetrazione”, cap. 6 di: Niklas Luhmann, Sistemi Sociali. Fondamenti di una teoria generale, trad. it. il Mulino, Bologna, 1990. “La convinzione che i sistemi sociali non sono composti di individui, né potrebbero essere prodotti da processi fisici o psichici, non implica naturalmente che non esistano individui nel mondo dei sistemi sociali. Al contrario: una teoria dei sistemi sociali autoreferenziali e autopoietici provoca esplicitamente un interesse per l'autopoiesi autoreferenziale dei sistemi psichici, insieme a quello per la capacità dei sistemi psichici di articolare di istante in istante la loro autoriproduzione (il “flusso” della loro “vita di coscienza”)”. Ibid. p. 415.