"Questo è il paese che conserva di più
l'antico caratteristico tipo cadorino"
(0. Brentari)

Fino alla meta' dell'Ottocento tutti i paesi dei Cadore avevano case costruite con la materia prima piu' disponibile e rinnovabile in loco: il legno. Poi incendi vasti e distruttivi spinsero le comunità, organizzate in Regole, a decidere per il cambiamento del materiale da costruzione, inserendo nei regolamenti di rifabbrico l'obbligo di usare a pietra. L'unico paese che resistette per decenni a questà "modernitá" fu Costalta, un po' per la fortuna di non aver subito incendi diffusi, un po' per la difficoltà di reperire pietra da costruzione, sicuramente anche per la mentalità conservatrice dei suoi abitanti, che se avesse resistito qualche decennio in più, attraversando la smania distruttrice (soprattutto negli anni Cinquanta del ventesimo secolo) delle costruzioni in legno da sostituire con quelle in pietra e mattoni forati, per giungere fino al giorni nostri, ci avrebbe consegnato un mitico gioiello, che brillerebbe nel paesaggio di prati e boschi in estate, o sulla neve in inverno, per il suo fascino di legno annerito dal sole.
Quel paese che vide Antonio Ronzon nel 1874 e che descrisse così nell'Almanacco Cadorino:

"Chi da San Pietro vuol salire a Costalta deve fare prima un piccolo calvario per giungere in cima al paese, fabbricato in gran parte a legno, indi attraverso erti prati entrare nel rio e subire poi un calvario maggiore. M'era compagno un mio condiscepolo, e salendo trovammo di lodare altamente i Costaltini per la via di comunicazione che con tanto dispendio avevano di recente aperta. Faceva caldo grandissimo ed era sul bollor di mezzogiorno, figurati, lettore, quale io fossi quando giunsi in Costalta, veramente degna del nome! Se si eccettui la chiesa, eretta nuova e ampia nel 1862 sui disegni dell'ingegner Pante, tutto il paese è letteralmente costruito a legno e offre un aspetto veramente singolare e curioso. A guardare così ti dà un'aria di tranquillità pastorale ed arcadica che consola, e, quasi quasi non ti dispiacerebbero quelle pareti conteste di belle travi e levigate, quei pergolati e quei ballatoi, ma quando noti che, scoppiato il fuoco in un canto, non resterebbe agli abitanti altro partito che quello di salvare se stessi, tutto il romanticismo cade, e tu pensi con compiacenza alle belle case di muro. Il villaggio è tutto a gruppi a gruppi, con nome proprio, obbedienti all'ineguaglianza del suolo e posti in pendio sopra un terreno sortumoso e mobilissimo. A questo proposito ho una osservazione da fare, che non credo inutile. Dopo Dio ed i Santi, i Costaltini hanno bisogno di venerare i loro boschi, e specialmente quel bosco che sta al di sopra dei paese. Guai se la scure sacrilega, che ha denudato e tenta denudare tante pendici boscate, osasse entrare in quella selva e profanare il suo sacro orrore! I numi, custodi dei bosco, fuggirebbero, e allora? ... allora io avrei pochi buoni pronostici da fare per Costalta, e non mi fiderei che un bel giorno i settecento abitanti non si trovassero a Mare a fare una meditazione sulla necessità di conservare i boschi. La sarebbe una lezione un po' dura, che io non desidero certo per i miei Costaltini, non posso però fare a meno di consigliarli a pensarci su, e a far incidere sul campanile, su su sotto l'orologio, a vista di tutti e a caratteri di scatola, quest'arietta della zampogna di Virgilio: "Ci piacciono soprattutto i boschi"."

Dodici anni dopo, nel 1886, Ottone Brentari, nella Guida storico-alpina dei Cadere, annotava che gli abitanti di Costalta erano 781 e che le case erano 44, di cui solo 6 con due piani in muratura, e le altre tutte in travi di legno fin dal basamento, "sicché è questo forse il paese che conserva di più l'antico caratteristico tipo cadorino".
Agli inizi dei Novecento un fotografo impresse su lastra e stampò su cartolina l'immagine del paese di Costalta, vista dal basso, dalla località Pramuliogn, nella quale risulta evidente la caratteristica di un paese interamente composto da case di legno, con la sola eccezione della bianca costruzione della chiesa. Il timbro impresso sulla cartolina, conservata da Pietro De Villa Gotter, è del 1903. Negli anni successivi iniziarono le prime edificazioni in pietra: l'attuale latteria, le scuole elementari, due case in Villa, altre due all'inizio del paese, in quella zona che si chiama "Cednove".

Se nel 1886 le case di legno erano 44, si deve dedurre che negli ultimi quindici anni dell'Ottocento vennero edificate più di una decina di case, perché nelle foto di inizio Novecento se ne contano oltre cinquanta. Le ultime costruzioni in travi di abete squadrate e sovrapposte ad incastro portano la data del 1900 (Ceda di Consiöre, Ceda di Sabina).
Il pericolo più incombente per i paesi di legno erano gli incendi e le comunità tentavano di salvaguardare il loro patrimonio edilizio richiamando severamente ogni proprietario di casa sull'uso del fuoco. Nel Laudo dei Comun d'Oltrerino, di cui faceva parte la Regola di Costalta, redatto nel 1575 dal notaio Alessandro Vecellio, figlio dei piu famoso Tiziano l'Oratore, all'articolo 40 sta scritto: ''Che nessuna persona osi portar del fuoco fuori d'un vaso, e chi lo fa debba avere noti meno di 15 anni. In caso contrario lo si multi di 20 soldi per ciascuna volta; e ciò valga anche per il padrone della casa in cui il fuoco è stato accettato; e sia chiaro che a ciascuno sarà lecito denunziare al marigo o al saltaro una tale trasgressione".
La Regola affidava l'incarico di "guardia notturna'' ad un uomo del paese, perché girasse per le stradine e tra le case a controllare che non ci fossero principi d'incendio. Questa guardia passava la notte gridando allo scadere di ogni ora che tutto era tranquillo, oppure chiamando a raccolta la gente qualora ci fosse pericolo di incendio. L'ultima persona che esercitò questo incarico a Costalta fu Valentino Casanova Fuga, Tin Nutal, che esercitò il suo servizio fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Molti anziani ricordano l'annuncio delle ore notturne: e la sua voce non creava fastidio, ma sicurezza. Una delle sculture, quella intitolata "In vaita (vigilanza)" è idealmente dedicata a queste "sentinelle della notte".
Costalta non ebbe mai incendi devastanti come altri paesi del Cadore. Nel secolo scorso alcune case in località Ciaptin furono distrutte da un incendio nel 1930. Un paio di abitazioni in Villa vennero iricendiate dai tedeschi per rappresaglia contro i partigiani nel 1944. L'ultima casa di legno distrutta dal fuoco fu la Ceda di Pule, in Borcia, negli anni Settanta. Ma oltre al fuoco fu la mano degli uomini a intervenire per la demolizione di molte case di legno, per far posto a nuove costruzioni in pietra e mattoni. La smania "innovatrice" si rese attiva soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, quando il paese cambiò completamente aspetto, diventando quell'agglomerato di case in muratura che è attualmente. Ma dentro a questo fitto tessuto urbanistico, sono rimaste ancora una trentina di antiche case di legno. Almeno la metà del patrimonio dei secoli passati è stato conservato, grazie all'attenzione ed all'amore delle famiglie proprietarie.
Su questo prezioso retaggio delle generazioni passate, che è un bene di tutti, non solo dei proprietari delle case di legno, l'associazione CostatArte ha voluto chiedere aiuto all'arte scultorea, con l'intenzione di proporre Costalta come "il paese di legno, con le statue di legno, nelle case di legno".
Un museo all'aperto unico nel suo genere nelle Dolomiti e nel Veneto.


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"COSTALTA, UN PAESE DI LEGNO"