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16-06-2008

Dalla tavola rotonda svoltasi ieri a Costalta
il presidente del Gruppo Abele
chiede un mutamento di rotta
nelle scelte di fondo dell'economia locale

Don Ciotti: "La montagna cambi cultura"

Monito ad abbandonare una concezione
basata su valori effimeri
che garantiscono solo sicurezze prive di solidità

"Le cose non cambieranno mai, se non cambierà la politica e non cambieremo noi".
Parole espresse da don Luigi Ciotti, orgoglioso montanaro cadorino, reduce dall'aver presentato sabato sera in Calabria un rapporto sulla 'ndrangheta e giunto ieri pomeriggio nella sala della Regola di Costalta , per partecipare alla tavola rotonda sul tema: "La cultura salverà la montagna". Un titolo che il Gruppo musicale, organizzatore dell'evento, ha scelto come affermazione e non come interrogativo.
Anche se, come emerso, la strada appare in salita in una società troppo dipendente da valori effimeri, che portano alla frantumazione delle relazioni interpersonali, alla solitudine e favoriscono gli egoismi.
Come successo in Cadore nel corso del ventennio dorato, in cui le occhialerie hanno portato una sicurezza economica, che poi è durata lo spazio temporale di un paio di decenni, in cui si sono trascurati il turismo, la cultura, le altre attività. "Le cose - ha continuato il fondatore, presidente e anima del gruppo Abele e di Libera - non cambieranno finché ci sarà una certa economia e ci sarà una certa finanza; non cambieranno senza una cultura".
All'interno di questo contesto la montagna deve quindi ritornare il soggetto di un investimento, per salvare anche la pianura; dev'essere nuovamente al centro di un'attenzione che, però, sia lontana dalla concezione dell'"usa e getta". Perché, come ha sostenuto il giornalista e scrittore Enrico Camanni, se le Alpi sono la spina dorsale dell'Europa, le Dolomiti ne sono l'anima, che non dev'essere distrutta dalle seconde case, dalla cementificazione che porta cimiteri, cioè abitazioni senza vita, aperte per un paio di settimane all'anno, quando il turista giunge portandosi appresso tutto ciò che gli serve. Un no chiaro e deciso, quindi, contro una mentalità fallimentare che non ha saputo guardare alla condivisione fra locali e turisti e ha arricchito soprattutto i costruttori; e no alla trasformazione delle Alpi in periferie delle città.
Sostegno invece ai servizi da garantire alle "terre alte" che possono insegnare un modo di vivere diverso alle "terre basse".
All' incontro, moderato da Tatiana Pais Becher, ha dato anche un contributo Claudio Tron, su "I valdesi, fede e cultura nella montagna marginale": spremendo troppo la montagna si rischia di essere cacciati dal giardino delle Alpi.
Yvonne Toscani


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