Lectio
Divina di Mt 21,33-43 – domenica 3.10.1999
[33]Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò
una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una
torre, poi la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. [34]
Quando si avvicinò il kairòs dei frutti, mandò i suoi servi
da quei contadini a ritirare il raccolto. [35] Ma quei contadini
presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo
lapidarono. [36] Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma
quelli si comportarono nello stesso modo. [37] Da ultimo mandò loro il
proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! [38] Ma quei
contadini, visto il figlio, dissero in se stessi: Costui è l'erede;
venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. [39] E, presolo, lo
cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. [40] Quando dunque verrà il
signore della vigna che farà a quei contadini?". [41]Gli
rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà in affitto la
vigna ad altri contadini che gli consegneranno i frutti nei loro
kairoi". [42] Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle
Scritture: La pietra che i
costruttori hanno scartata
[43]Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno
di Dio e sarà dato a un popolo che farà i suoi frutti. [44] Chi cadrà
sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo
stritolerà". |
*Le parole sottolineate sono
parole-chiave per la meditatio
Dentro il c.21, questo brano
continua la polemica con gli scribi e i farisei dopo la domanda sull’autorità
di Gesù (21,8). La questione decisiva è l’accoglienza o il rifiuto di Gesù ed
il potere di Gesù di far crescere, far fruttificare il suo popolo (autorità dal
latino augeo = fare crescere, far produrre frutti). La parabola rappresenta un
uomo che ha una vigna (Dio ed Israele, da Is 5, 1-7), che la dà in affitto a
uomini incaricati di farla fruttare: la vigna dunque è del padrone, non degli
uomini. Gli uomini sono affittuari. I servi del padrone sono i profeti: lungi
dall’ascoltarli, i contadini li sopprimono. E sopprimono anche il figlio, pur
riconoscendolo. I contadini quindi sono coscienti dell’identità di
quell’uomo. Ma la il loro schema mentale è quello del sostituirsi al padrone:
l’uomo prende il posto di Dio, vuole la titolarità della vigna ("avremo
noi l’eredità"). Non si dice mai esplicitamente se quella vigna abbia
portato frutto, ma le azioni dei contadini paiono proprio escluderlo.
Gli interpellati dalla parabola,
cioè le autorità di Isreale, riconoscono paradossalmente la necessità della
sostituzione dei contadini, cioè di se stessi: l’affitto va dato ad altri! Ma
Gesù attualizza immediatamente la situazione. E come se dicesse loro: ricordate
il Salmo 118, quello della pietra scartata dai costruttori? Ecco, quella pietra
sono io morto e risorto. Proprio perché mi sopprimete, il regno passerà ad
altri che lo faranno fruttificare. Chi è questo nuovo popolo (ethnos)? Non si
sa chi sia, e in fondo non importa, ma è chiaro quale sarà la sua caratteristica
esistenziale: quella di riconoscere l’unica pietra in Cristo morto e
risorto. Fuori da questo riconoscimento si resta frantumati e stritolati.
Si viene interpellati a vari
livelli, cristologici, ecclesiologici, esistenziali:
·
di che
qualità è il nostro ascoltare ("ascoltate questa parabola…") ?
·
se siamo
vigna porteremo mai frutti se i contadini non ci seminano bene ?
·
se siamo
contadini-responsabili potremo fare a meno della "pietra che
feconda"?
·
riconosciamo
i kairoi della nostra vita, cioè i passaggi del figlio del
padrone della vigna?
Brani di riferimento:
Per la vigna: Is 5,1-7
Per il fr